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PRIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, VI della I SeDie dei Documenti Diplomatici, comprende la documentazione relativa al p€riodo 16 maggio 1865-19 giugno 1866, dal trasferimento della capitale a Fil'enze a:lla dichiarazione di guerra all'Austria.

2. Il volume si basa principalmente sulla documentazione conservata ncl1'Archivio Storico del Ministero degli Affari Esteri nelle serie seguenti:

I. Gabinetto e Segretariato Generale:

a) registri copialettere di corrispondenza confidenziale e miscellanea; b) istruzioni per missioni all'estero (buste 18, 19, 20 e 21); c) corrispondenza telegrafica; d) carteggio confidenziale e risHvato (buste 215 e 216 relative alle rela

zioni segrete con l'Ungheria, i Principati Danubiani e la Polonia, busta 218 relativa al trattato di alleanza fra Italia e Prussia dell' 8 aprile 1866);

II. Divisione deUe Legazioni e Divisione Consoilare:

a) registri copialettere legazioni; b) registri copialettere consolati; c) rapporti degli agenti diplomatici e consolari all'estero.

3. -:Numerosi documenti sono <tratti da archivi provati: le Carte La Marmora, conservate presso l'Archivio di Stato di Biella; l'Archivio Visconti Venosta di Santena; le Carte lVIinghetti conservate presso la Biblioteca ComUIUlJ.e dell'Archiginna~io di Bologna; le Carte Blanc conservate presso la Commissione. 4. -Com'è ben risaputo, data l'importanza del periodo, non pochi documenti che non abbiamo potuto fare a meno di riprodurre, erano già editi, talvolta parzialmente, in pubblicazioni ormai • classiche • o indicati in inventari anche recenti. Ci limitiamo a segnalare le principali tra esse, con l'abbreviazione usata nel testo:

Libro Verde n. 8, Documenti Diplomaticd. presentati al Parlamento dal Ministro degli Affari Esteri Presidente del Consiglio dei Ministri il 12 dicembre 1865 (L V 8);

Libro Verde n. 9, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento dal lVIinistro degli Affari Esteri il21 dicembre 1866 (L V 9);

A. LA MARMORA, Un po' più di luce sugli eventi politici e militari dell'anno 1866, Firenze, 1873 (LA MARMORA);

L. CHIALA, Ancora un po' più di luce sugli eventi politici e militari dell'anno 1866, Firenze, 1902 (CHIALA);

u. -GOVONE, n Generale Giuseppe Govone, Torino, 1911 (GOVONE); A. -Luzw, La missione Malaguzzi a Vienna nel 1865-66 per la cessione del Veneto, in « Il Risorgimento Italiano » gennaio-giugno 1922, pp. 125-200, luglio-dicembre 1922, pp. 414-448, gennaio-giugno 1923, pp. 213-260 (LuziO); E. -PASSAMONTI, Costantino Nigra ed Alfonso La Marmora dal 1862 al 1866, in • -Il Risorgimento Italiano », fasce. III-IV (dicembre 1929), pp. 323-468 (PASSAMONTI); S. -JACINI, Un conservatore rurale della nuova Italia, Bari, 1926 (JACINI);

Carteggi e Bibliografia di Costantino Nigra per cura di A. CoLOMBO, W. MATURI,

E. PASSAMONTI, L. MADARO, Torino, 1930 (Carteggi Nigra);

Le lettere di Vittorio Emanuele II, raccolte da F. CoGNAsso, Torino, 1966 (Le lettere di Vittorio Emanuele Il) [quelle provenienti dall'Archivio di Casa Savoia sono state controllarte sugli originali conservati a Cascais].

5. Nel licenziare il volume desidero ringraziare tutti coloro che ci hanno facilitato nelle ricerche ed in particolare il dott. Giovanni Silengo, direttore dell'Archivio di Stato di No~ara, la cui profonda conoscenza delle Carte La Marmora è stata di notevole aiuto.

La ricerca dei documenti è stata curata dalla dott. Emma Ghisalberti, a cui si deve anche la redazione dell'apparato critico.

RuGGERO MoscATI


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 152. Berlino, 16 maggio 1865, ore 23,10 (per. ore 7,30 del 17).

M. de Bismarck vient à l'instant de me dire que, d'après un télégramme d'Usedom, le Gouvernement du Roi n'exigerait plus un traité formel, mais se contenterait d'un simple protocole pour établir relations commerciales avec le Zollverein. Je crois que c'est là une erreur capitale, car le protocole excluant, de l'avis méme de Bismarck, la reconnaissance du Royaume d'Italie, tout en satisfaisant aussi bien que le traité formelles intéréts matériels des états secondaires, la position politique vis-à-vis de ces derniers pourrai,t rester indéfiniment ce qu'elle est aujourdhui. Il nous faut à tout prix un traité formel emportant la reconnaissance et forçant la Prusse à user de son infl.uence sur les Cours secondaires pour l'obtenir. J'attends réponse catégorique que j'ai promis de communiquer le plus tòt possible à Bismarck.

2

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in L V 8, pp. 303-304)

R. 239/91. Londra, 16 maggio 1865.

Siccome aveva l'onore di annunciarLe per telegrafo, Lord Russell, * che mostravasi dapprima restio ad accettare la proposta di V. E. (1),* acconsenti

* finalmente* a sospendere ogni decisione in ordine agli atti della Commissione Europea del Danubio, fino a che sia stata firmata la Convenzione telegrafica di Parigi, * ed a quindi rappresentare a Vienna il diritto che ci darà questo nuovo precedente relativamente alla questione del titolo.* La ragione per cui Lord Russell pareva dapprincipio poco disposto ad adottare questo partito era fondata principalmente sulla poca probabilità che havvi, secondo lui, di vincere l'opposi

zione del Gabinetto austriaco. Infatti non avendo questo ammesso che il modo di procedere tenutosi in occasione del riscatto del pedaggio della Schelda ci desse diritto di introdurre un'innovazione nel sistema fin qui seguitosi nella firma di altre importanti convenzioni relative ad accordi rispetto cui esso aveva una posizione acquisita, si rifiuterebbe certamente ora a considerare che una mera convenzione telegrafica ci ponga in grado di invocare un precedente, che l'atto della Schelda, di gran lunga più rilevante di quest'ultimo, non valse a farci riconoscere. * Di più ad accrescere gli ostacoli s'aggiungeva la risposta in quel momento appunto ricevuta da Vienna, in cui la proposta recentemente fatta da Lord Russell per sciogliere la difficoltà, se non definitivamente respinta dal Conte Mensdorff, veniva da lui poco favorevolmente accolta, e protestava ancora una volta contro l'insistenza spiegata dal Governo Italiano nel volersi dipartire da ciò che erasi fatto antecedentemente.*

In ultimo poi S. S. non mi celava comeché essendo il protocollo di Galatz importantissimo per il commercio britannico, il Governo della Regina fosse desiderosissimo di veder terminati entro il più breve tempo possibile questi accordi, e non contemplasse di buon occhio una nuova dilazione, la quale avrebbe per effetto di ritardarne i vantaggi (1).

* Mi affrettai di rappresentare a Lord Russell che lungi dal produrre una nuova complicazione, il rifiuto del Conte Mensdorff gli dava agio ad abbandonare la proposta di firmare due protocolli separati, mentre schiudevagli la via a nuovi negoziati nel senso suggerito dall'E. V. In secondo luogo parermi che l'opposizione mossaci dai nostri nemici offrisse ai nostri alleati molti argomenti di difesa, fra cui validissimo quello che se in altre occasioni, per spirito di conciliazione, aveva potuto sembrar conveniente al Governo del Re di accettare quel partito che le potenze amiche gli consigliavano, oggi 1e condizdoni del Regno d'Italia ·erano di gran lunga mutate, e nel momento appunto in cui col trasporto della sua capitale, e col progressivo ordinamento interno del paese, la Nazione sanzionava solennemente gli avvenuti mutamenti politici, offrendo all'Europa una guarentigia di ordine e di pace, sarebbe doloroso di essere nuovamente sacrificati alle pretensioni dell'Austria, tanto più ingiuste che nel suo parlamento stesso si •era manifestato il desiderio di stringere delle relazioni commerciali con noi.*

Con mia soddisfazione Lord Russell mi dichiarò che onde dar prova al Governo del Re del suo buon volere * cedeva alle istanze che io a nome di V. E. gli andava esponendo, e * mi prometteva di scrivere a Lord Bloomfield di non più tener parola al Conte Mensdorff della sua primitiva proposta, e di far quindi un ultimo tentativo in nostro favore dopo che la convenzione telegrafica di Parigi sarebbe stata firmata.

* Ripetei allora a S. S. quanto già Le aveva scritto confidenzialmente intorno all'appoggio che ci avrebbe dato la Francia, e Lord Russell mi disse che difatti

«Per parte mia non mancai di riconoscere che un vivo impegno è posto dall'Austria a intralciare in generale lo svolgimento della nostra azione nella sfera che le compete in Oriente in virtù del trattato del 1856. Però rappresentai che la proposta del Governo del Re schiudeva la via ad una soluzione soddisfacente della speciale questione di cui si tratta,

ove le Potenze interessate si decidessero ad appoggiarla efficacemente ,, .

il Principe La Tour d'Auvergne lo aveva assicurato che in questa questione il suo Governo sarebbe stato interamente d'accordo col Gabinetto di St. James. Dal linguaggio di S. S. ho però creduto intendere che sarà necessario di far fare delle istanze presso il Signor Drouyn de Lhuys, acciò non solo delle istruzioni ben precise a questo riguardo vengano inviate all'Ambasciatore di Francia, ma affine di ottenere inoltre che il Governo Imperiale ci appoggi vivamente a Vienna ed unisca i suoi sforzi a quelli che Lord Russell si mostra disposto a fare.

Nella speranza d'avere interpretato presso il primo segretario della Regina i desideri che l'E. V. mi manifestava col di Lei pregiato dispaccio n. 33 (Gabinetto), di cui ho qui l'onore di segnarle ricezione...*

(l) I brani fra asterischi sono omessi in LV8.

(l) In LV8 a questo punto è inserito il brano seguente:

3

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 115. Torino, 17 maggio 1865, ore 11,50.

n y a erreur. Un traité forme! est seul admissible, et meme l'offre de Bismark de chercher à nous faire reconnaitre nous a paru devoir etre réalisée avant négociation de ce traité. M. Usedom m'ayant représenté la nécessité de signer un acte préliminaire dont Prusse pùt se servir pour obtenir reconnaissance états moyens, j'ai consenti à ce que si Bismark le demande, acte préliminaire soi~t signé par le quel Italie et Prusse s'engageraient à négocier traité commerce quand Prusse aurait écarté obstacles diplomatiques existants. Cependant selon

les circonstances et selon l'avis que vous émettrez nous pourrions négocier sans garantie préalable un traité formel, mais jamais un protocole commerciai ni un modus vivendi. Instructions vous ont été expédiées le 15 par poste (1).

4

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 154. Parigi, 17 maggio 1865, ore 16,20 (per. ore 17,45).

La convention télégraphique internationale a été signée aujourd'hui. M Drouyn de Lhuys a fait au moment de la signature l'observation convenue et c~ela sans le moindre incident.

(l) Cfr. Serie I, Vol. V, n. 713, in realtà del 14 maggio.

5

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 155. Berlino, 18 maggio 1865, ore 16,30 (per. ore 21).

Il est désormais convenu que l'on ne fera qu'un traité formel emportant la reconnaissance par les états moyens. La Prusse fera toutes les démarches et exercera la pression néoessaire pour obtenir un résultat favorable. Nos intéréts politiques et commerciaux marcheront ainsi de front, et en cas d'insuccès notre dignité est complètement à couvert.

6

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A PARIGI, ARTOM (Carte Blanc)

L. P. Torino, 18 maggio 1865.

Nei negoziati Vegezzi non si abbandona il principio della riduzione del numero dei Vescovi, né si pregiudica la questione di un riordinamento generale di tutto quanto l'asse ecclesiastico. Tale almeno è l'intento del Ministero, e vi ha motivo di confidare che le cose infatti andranno così.

Quale sarà l'esito dei negoziati, è difficilissimo prevedere. Finora non si prese nessuna risoluzione definitiva circa le concessioni da farsi. Il desiderio che predomina è quello di non rompere i negoziati che sono per se stessi un gran fatto che produsse immensa impressione in Austria (vedi La Presse di Vienna) e la cui continuazione può agevolare il periodo di esecuzione della Convenzione di Settembre. L'importante è che non si facciano concessioni fondamentali che ,impegnino l'avvenire. La disparità di idee è grandissima su tale argomento. Massimo d'Azeglio, Giacomo Durando e Boncompagni, consultati ultimamente su quanto si riferisce direttamente o indirettamente a quei negoziati, emisero pareri assai diversi. La cosa può essere, secondo il modo in cui sarà condotta, di grave importanza politica, e non è da stupirsi se in Europa si persiste a credere che la politica c'entra più o meno. Intanto l'opinione 1in Italia è più rassicurata da qualche giorno in qua; non si vanno più manifestando inquietudini così grandi, si comincia a vedere che !ungi dall'essere un risultato della pressione francese, quei negoziati sono un primo tentativo fatto dal Papa, stanco dei Francesi e disilluso sugli Austriaci, per scuotere l'ingerenza straniera. Il Generale disse a Malaret, che assentì, che è nell'interesse dei negoziati 'e del Governo Franoese stesso che le Tuileries si tengano sulla riserva e non mettano le mani in questa faccenda. Fra qualche giorno si deciderà se e quali proposte Vegezzi avrà da portare nuovamente a Roma.

Dimmi il tuo e vostro parere accademicamente sulla quistione di sapere se la Prussia offrendoci di conchiudere un trattato formale di commercio, il quale non potrebbe essere applicabile se non dopo il riconoscimento d'Italia per parte degli Stati Minori, noi dobbiamo senz'altra previa guaventigia, trattare, lasciando alla Prussia di ottenere poi il riconoscimento per vendere il trattato esecutivo. Altri dice di sì, altri vorrebbe guarentigie preliminari, per esempio, che non si firmasse che un atto preliminare col quale Prussia e l!talia s'impegnassero a conchiudere un trattato su determinate basi quando la Prussia avrebbe, come ne dimostra l'intenzione, rimosso gli ostacoli diplomatici esistenti.

Non solo Cialdini non ha nessunissima missione politica, ma dl Generale lo pregò di astenersi perfino dal vedere uomini del Governo in !spagna, al che Cialdini rispose che era già suo reciso ,intento.

7

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 118. Torino, 19 maggio 1865, ore 14,10.

En présence des bonnes dispositions de Bismarck n'insistez pas trop sur conclusion d'engagement préliminaire. On pourra procéder sans autre à la conclusion d'un traité forme!, après avoir bien constaté que Prusse a pris initiative et s'est chargée d'écarter obstacles diplomatiques qui empechent traité de devenir exécutoire, et en considérant comme garantie suffisante sa promesse spontanée d'obtenir reconnaissance des Etats moyens et son interet à y réussir.

8

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 158. Berlino, 19 maggio 1865, ore 17,27 (per. ore 20,30).

Tout vient d'etre convenu avec M. de Bismarck d'après les instructions veçues ce matin (l) et en conformité de mon télégramme d'hier (2). Dans le seul but, m'a-t-il dit, d'avoir un moy,en d'action plus direct sur les états moyens,

M. de Bismarck désire toutefois qu'il se fasse entre l'Italie et la Prusse un échan

ge de dépeches ou bien qu'on signe acte préliminaire portant l'engagement mutuel de conclure un traité formel aussitòt que par ces démarches la Prusse sera parvenue à écarter les difficultés diplomatiques relatives à la reconnaissance. Détails par poste.

(l) -Cfr. Serie I, vol. V, n. 713. (2) -Cfr. n. 5.
9

PROMEMORIA SULLE SEDI VACANTI DEL REGNO

Torino, 19 maggio 1865.

l. La Santa Sede e ll Governo del Re, riconoscono la convenienza di addivenire di comune accordo ad un nuovo ordinamento del1e Diocesi del R!egno.

2. -Tale riordinamento verrà effettuato in modo che ogni provincia la cui popolazione sia inferiore a 800.000 anime costituisca una sola Diocesi, 'e ne abbiano due quelle provincie che contino una popolaz,ione superiore. Le sedi arcivescovili saranno ridotte proporzionalmente. Per tal modo tutte le Sedi del Regno che ora ascendono a 219, comprese le vacanti, sarebbero ridotte da 60 a 70 circa. 3. -Questa riduzione verrà operata gradatamente per estinzioni naturali,

o per traslocamento dei titolari attuali da una sede ad altra del Regno.

4. -I titolari delle Sedi non comprese fra queUe che debbono conservarsi giusta l'art. l saranno traslocati a quelle sedi vacanti ora o in avvenire, che debbono mantenersi, avuto riguardo alle circostanze di luogo e di persona, così verbigrazia i Vescovi di Susa e di Imola che sarebbero soppressi, potrebbero traslocarsi alle sedi di Torino e di Bologna che debbono conservarsi. 5. -I Vescovi che furono allontanati dalle loro Diocesi in seguito agli ultimi avvenimenti potranno esser chiamati successivamente alle sedi ora, o in avvenire vacanti, purché comprese nel novero di quelle da mantenersi. 6. -Lo saranno egualmente e negli stessi limiti i Vescovi preconizzati da Sua Santità nelle Romagne, Marche ed Umbria, previa una loro dichiarazione di non fare direttamente, né indirettamente, né permettere che alcuno de' suoi dipendenti faccia cosa alcuna contraria alle leggi del Regno. 7. -Il Governo del Re si riserva il diritto di esclusione di alcuni fra essi, che giudicasse pei loro antecedenti, e per consideraz,ione d'ordine pubblico incompatibili colle popolazioni, che debbono reggere. Si riserva egualmente la designazione delle Diocesi, a cui sarebbero chiamati. 8. -Saranno chiamati alle vacanze surriferite nell'ordine seguente, e alternando fra loro per ogni vacanza: l) I Vescovi allontanati dalle loro sedi dopo il 1860; 2) I Vescovi preconizzati da Sua Santità dopo detta epoca;

3) I titolari delle sedi destinate alla soppressione, e da trasferirsi a quelle mantenute.

9. -La giurisdizione delle sedi vacanti a qualunque titolo continuerà ad 'essere esercitata conformemente al diritto canonico, e agli usi della Chiesa, finché non piacerà a S. S. di decretare l'aggregazione alle sedi conservate. 10. -L'Agenzia consolare del Regno esistente in Roma fino al 1863 vi sarà ristabilita nelle condizioni in cui si trovava prima dellà sua soppressione. 11. -I presenti accordi verranno consegnati in un semplice protocollo in doppio originale firmato rispettivamente dai commissari delle due parti concordanti.
10

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (l)

R. 4. (2) Berlino, 20 maggio 1865.

Je viens confirmer en le complétant par quelques détails le contenu de mes deux télégrammes d'hier et d'avant-hier (3) relatifs au projet d'un traité de commerce entre l'Italie et la Prusse, cette dernière agissant au nom du Zollverein.

Nous sommes aujourd'hui pleinement d'accord sur la base de la négociation avec M. de Bismarck qui du reste, camme j'ai eu l'honneur d'en informer

V. E., se montre animé des meilleures dispositions à notre égard. Ecartant comme radicalement inadmissible toute espèoe de protocole ou de modus vivendi qui ne tendrait qu'à perpétuer le facheux état de nos rapports diplomatiques avec les Gouvernements allemands, il est aujourd'hui expressément convenu qu'il ne peut plus désormais étre question que d'un Traité formel emportant la reconnaissance obligée du Royaume d'Italie par les Etats secondaires faisant partie de l'association douanière allemande.

De notre còté nous n'avons pris qu'un seul engagement, celui de conclure sur des bases déterminées un traité de commerce avec la Prusse aussitòt que par des démarches aux quelles nous entendons rester complètement étrangers, elle sera parvenue à aplanir l'es difficultés diplomatiques qui s'opposent à ce que nous traitions avec les Etats qui ne nous ont pas encore reconnu.

De son c6té la Prusse s'engage à mettre tout en ceuvre, à user de toute son influence sur les Cours secondaires pour faire disparaitre les obstacles en question; et le puissant intérét politique qu'elle a dans les circonstances actuelles à réussir, nous est un gage oertain de l'ardeur qu'elle apportera dans ses démarches.

Quant aux arguments dont M. de Bismarck, en dehors de la légi1time influence de la Prusse, compte se servir pour vaincre la résistance de certains Etats qui simplement par une servile obséquiosité envers l'Autriche sé refusent encore à ouvrir les yeux à la lumière persistant dans leur ridicule obstination, voici ce qu'il m'a dit:

• Déjà nous avons fait faire par nos Mìnistres à Munich, à Stuttgard, à Dresde et à Hanovre des ouvertures aux quelles l'on à répondu par des paroles en apparence peu favorables. Mais maintenant nous allons aborder la question franchement, et dans une circulaire où nous leur démontrerons que le commerce Allemand ne peut plus se passer de relations avec un grand pays que le touche de si près, nous les mettrons en demeure de choisir entre des sympathies absurdes et les véritables intérèts de leurs peuples, en leur laissant vis-à-vis de ces derniers la responsabilité d'un refus. Pour 1es amadouer, nous leur dirons encore que la reconnaissance du Royaume d'Italie n'implique point l'approbation du passé, mais constitue simplement l'affirmation d'un fait patent qu'il est impossible de nier et qui se résume dans l'existence incontestable d'un Gouvernement solidement établi, fonctionnant régulièrement et av,ec lequel le plus simple bon sens politique indique qu'il est de toute nécessHé d'avoir des relations •.

Je n'ai pu qu'approuver le genre d'arguments que se propose de développer

M. de Bismarck avec ses confédérés. Toutefois, pour ne pas laisser tout à fait inaperçu ce qu'il me disait au sujet de la non approbation du passé de la part des petits Etats dans les événements d'Italie, je lui ai dit en souriant que les restrictions mentales rentraient dans la liberté de conscience et que le seul fait auquel nous ténions était celui de la reconnaissance officielle résultant du Traité.

De ces considérations politiques passant à un ordre d'idées pratique, M. de Bismarck m'a dit que pour s'appuyer sur un fait qui lui servit d'introduction auprès des Etats secondaires et permit à la Prusse de fai~e valoir son ,influence, il était indispensable qu'il se fit entre cette Légation et le Cabinet de Berlin un échange de dépèches ou qu'il se signàt un simple protocole portant l'engagement de conclure un Traité commerciai aussitòt que la difficulté relative à la reconnaissance aurait été vidée. • C'est seulement en m'appuyant sur cette promesse, a ajouté M. de Bismarck, que je pourrai avec toute raison rejeter sur eux la responsabilité d'un refus contre lequel l'opinion publique de l'Allemagne se prononcerait avec une extrème vivacité, et que par cette raison mème ils y regarderont à deux fois avant de formuler. Je me réserve seulement, m'a dit encore M. de Bismarck, de consulter mon Collègue, le Ministre du Commerce, pour savoir si c'est à l'échange d'une dépèche ou à la signature d'un protocole qu'il convient mieux de donner la préférence •.

D'après cette demande à laquelle je me suis empressé d'acquiéscer, V. E. verra que bien loin d'insister, comme Elle me recommandait de ne pas ,trop le faire par son télégramme d'hier soir (1), sur la conclusion d'un engagement préliminaire qui Hàt le Cabinet Prussien, c'est au contraire ce dernier qui le demande comme élément d'action sur les Confédérés.

Sur l'observation qu'en me retirant j'ai faite à M. de Bismarck, que peutètre il serait à propos que l'Allemagne fùt instruite de la future démarche du Cabinet Prussien auprès des Cours Allemandes afin que l'opinion publique exerçàt sa puissante pression sur leur décision, il m'a répondu qu'il y avait déjà pensé

et que par une indiscrétion calculée la presse reprodurait sa circulaire quelques jours après qu'el1e aurai't été envoyée à son adresse.

En résumé je crois que notre position dans toute cette affaire est aussi bonne que possible, et que sans compromettre en rien notre dignHé et ,en laissant entièrement à la Prusse la responsabilité de son initiatiV'e, nous n'avons qu'à attendre paisiblement le résultat de ses démarches.

En ayant l'honneur d'accuser réc,eption à V. E. de sa dépeche commerciale en date du 14 courant ainsi que de celle Cabinet n. 5 ... (1).

P. S. -La dépeche destinée au Comte de Launay est partie hier soir aV'ec le Courrier Anglais. J'ai également remis au Baron Galvagna la lettre ministérielle qui lui annonçait sa nominatio n définitive d'Attaché à cette Légation. Je ne puis que me féliciter du choix que V. E. a bien voulu faire de ce jeune homme, dont le zèle, l'assiduité et la parfaite conduJite ne laissent rien à désirer.

Ci-joint une pièce chiffrée.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

En réponse à la Dépeche Cabinet n. 5, je dois dire que le hasard m'ayant fait rencontrer ce matin un Ministre d'une petite puissance allemande et la conversation étant tombée sur la démarche que l'on disait avoir [été] faite à Paris par la Prusse pour savoir de quel còté serait la France dans le cas d'une rupture avec l'Autriche, ce diplomate m'a assuré de la manière la plus positive que la démarche en question avait été positivement faite et qu'il avait lu de ses propres yeux la dépéche de M. de Goltz, où il était dit que la France se prononcerait pour la Confédération Germanique.

(l) -In LVB, pp. 183-184 è edita, in italiano, la prima parte di questo rapporto, profondamente modificata. (2) -Questo e gli altri rapporti da Berlino sulle trattative commerciali appartengonoalla serie commerciale, con un'apposita numerazione. (3) -Cfr. nn. 5 e 8.

(l) Cfr. n. 7.

11

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 189. Parigi, 20 maggio 1865.

Il discorso pronunciato da S.A.I. il Principe Napoleone all'inaugurazione del monumento eretto Ln Ajaccio a Napoleone l" ed ai suoi fratelli, e la lettera in cui il Duca di Persigny espone al Signor Troplong Presidente del Senato le sue impressioni sullo stato delle cose in Roma, ed il suo giudizio sulla soluzione della questione romana, hanno prodotto molta sensazione nel mondo politico.

V. E. leggerà senza dubbio questli due documenti nel loro testo originale, ed io mi affretto a tal fine a spedirle gli esemplari della lettera del Duca di Persigny ch'Ella mi chiese col dispaccio telegrafico d'oggi (2). Io mi limiterò perciò a qualche breve osservazione sul significato politico di queste due manifestazioni.

S.A.r. il Principe Napoleone volle nel suo discorso riassumere in certo modo le dottrine poHtiche del fondato11e della dinastia napoleonica, e dimostrare che ben lungi dal contraddire alle tendenze del secolo, esse ne sono l'espressione pratica più spiccata e più precisa. Oltre questo scopo generale l'oratore ebbe per intento di rispondere all'ultimo discorso del Signor Thiers, e di opporre allo storico del Consolato e dell'Impero le opinioni del primo Console e dell'Imperatore. E come avviene ogni qualvolta l'entusiasmo domina nell'animo dell'oratore questi ha commisto alle op1nioni del suo protagonista }e sue opinioni personali, e cercò nella corrispondenza di Napoleone I e nelle memorie di S. Elena, tutti quei frammenti che potessero servire d'appoggio a questo modo di eonsiderare la grande personalità storica, a cui la Corsica innalza finalmente un monumento. Per le labbra eloquenti del suo nipote, Napoleone I ammira e consacra l'unità delJ.'Italia, dichiara che Roma le appartiene e che il potere temporale ha cessato d'esistere, che il principio di nazionalità deve riorganizzare l'Europa, che le libertà civili e politiche sono indispensabili alle moderne società 'ecc. ~ecc. A noi giova che la dinastia Napoleonica s'identifichi vieppiù con queste dottrine, e noi non possiamo che far plauso ad esse, qualunque sia l'1imbarazzo in cui le parole del Vice Presidente del Consiglio Privato mettono necesssariamente gli organi ufficiali ed ufficiosi del Governo. A questo proposito farò osservare a V. E. che il Moniteur non ha né riprodotto il discorso del Principe Napoleone, né fatto alcun cenno di esso, e che il Constitutionnel ne omise gli squarci più importanti, specialmente quelli in cui dichiara che l'alleanza austriaca non sarà mai una politica francese, e quelli che contengono la minuta scritta di mano di Napoleone I del rapporto che precede il decreto che distrusse il potere temporale del Papa.

Malgrado queste precauzioni, e benché sia noto che il Principe Napoleone non esprime nei suoi discorsi che le sue opinioni personali, l'effetto delle sue parole sarà considerevole; gli stretti rapporti che lo uniscono al Capo del Governo, la sua qualità di Vice Presidente del Consiglio di Stato danno importanza ai suoi giudizii, e faranno sì che il suo discorso abbia una certa influenza sul partito liberale in Francia ed in Europa.

Il Duca di Persigny è pure com'è noto uno dei più notevoli personaggi dell'Impero uno di quegli uomini che videro in ogni tempo nella dinastia Napoleonica il simbolo e lo strumento d'ogni progresso civile e politico. Senza av:ere alcuna missione, egli si recò a Roma, ossia, come lo dichiara egl!i stesso, egli assunse spontaneamente la missione d'andare a Roma a studiare la questione romana. Con una franchezza che aborre da ogni fraseologia dip,lomatica, il Duca di Persigny dichiara che Roma è occupata da una fazione radic~almente ostile all'Impero Napoleonico ed alla Francia, che questo partito è profondamente odiato dalla popolazione romana, che non attende che il richiamo dei soldati francesi per rovesciare il potere temporale. Malgrado ciò egH non crede che Roma possa essere r1iunita all'Italia. Roma la città delle grandi memorie classiche e religiose non appartiene né ai Romani, né agli Italiani ma a tutta l'Europa, al mondo intiero: questa considerazione basta perché il Duca di Persigny cerchi la soluzione non neUa distruzione del potere temporale, ma nella sua trasformazione. I Romani dovrebbero secondo lui essere ad un tempo sud

lO

diti del Papa e cittadini Italiani: il Governo romano dovrebbe divenire uno dei governi più liberali d'Europa, il Papa intendersi coll'Italia, e colla Francia, sull'esecu2lione della Convenzione del 15 Settembre, a questo patto l'Italia dovrebbe rinunciare ad ogni sua pretesa su Roma, ed il Papato sarebbe riconciliato colla civiltà.

Benché così divrergenti sulla soluzione della questione romana il Principe Napoleone ed il Duca di Persigny concordano nel parlare colla più vriva simpatia dell'unità italiana. Per questo aspetto essi hanno reso entrambi un gran servizio alla nostra causa. Né l'uno né l'altro esprimono il penstero del Governo Imperiale, né quello dell'Imperatore, ma siccome la soluzione stessa della questione romana dipende dad. progressi della causa dell'unità i'taliana nell'opinione pubblica, queste manifestazioni dei due personaggi che stanno sui gradini del trono avranno servito a giovare indirettamente alla causa d'ItaMa.

(l) -Cfr. Serie I, vol. V, n. 713. Il d. 5 non è pubblicato. (2) -Non pubblicato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE VEGEZZI (l)

(Ed. in L V 8, pp. 31-35)

Torino, 22 maggio 1865.

La S. V. Illustrissima è incaricata dal Governo del Re di proseguire le trattative iniziate colla Santa Sede per provvedere alle Sedi vrescovili vacanti nel Regno. Ella si atterrà in quei negoziati alle unite istruzioni deiliberate dal Consiglio della Corona. Ho pi,ena fiducia nella sua saviezza e nella sua sperimentata sagacia per il compimento di sì importante missione, e fo voti perché la medesima possa riuscire al risultato che è egualmente nel desiderio così del Re e del suo Governo come della S. Sede.

• -Si deliberano le istruzioni (in data 22 Maggio) definitive al Comm. Vegezzi intorno alle cinque questioni capitali che si sono sollevate nelle trattative iniziate dal Pontefice per il ritorno dei vescovi assenti dalle loro Sedi, e la provvista delle Sedi vacanti. Le deliberazioni hanno luogo all'unanimità dei presenti (mancano Angioletti e Vacca) ad eccezione di quelle vertenti. l. --Sul numero di vescovi nuovi da nominarsi intorno al che fanno le loro riserve Lanza, Natali, Jacini e Sella.

2. -Sul giuramento dei vescovi intorno al che Lanza crede che per evitare il pericolodi mandar a monte le trattative converrebbe per ciò che riguarda le province ex-pontificie limitarsi ad esigere una dichiarazione generale di obbedienza alle leggi dello Stato.

Sui discorsi politici che si potessero promuovere dalla Corte pontificia crede il Ministro J acini che l'inviato del Governo debba lasciare intravvedere la possibilità, salvo a riferirsi al Governo, che ad importanti concessioni politiche che avviino alla realizzazione del programma nazionale si possa rispondere con importanti concessioni nel senso di maggior libertà della chiesa. Ma gli altri Ministri allo stato attuale delle trattative credono più conforme alla dignità del Re e dell'Italia, e più utile aila cosa stessa, che l'inviato del Re si limiti per ora a prender nota dei discorsi politici che gli potessero essere fatti, ed a riferirne immediatamente al Governo •.

ALLEGATO

ISTRUZIONI

Torino, 22 maggio 1865.

Il Consiglio della Corona dopo i più maturi esami e discussioni ha determinato di dare a lei, a seconda eziandio del ben giusto suo desiderio, le norme alle quali ella vorrà esattamente attenersi nel trattare e concertare gli accordi in corso colla S. Sede in seguito all'autografo diretto da Sua Santità alla Maestà del Re in data del 6 marzo ultimo passato (1).

Gli oggetti sui quali debbono cadere codesti accordi sono principalmente questi cinque:

Il ritorno dei Vescovi che sono lontani dalle loro sedi.

L'ammissione dei Vescovi preconizzati prima di queste trattative.

La nomina alle altre sedi vacanti.

L'exequatur alle bolle di nomina.

Il giuramento da prestarsi dai nominati.

Intorno a ciascuno di questi oggetti l'incaricato dal Governo del Re terrà queste norme:

Del ritorno dei Vescovi lontani dalle loro sedi:

Io Il Governo del Re consente l'accordo del ritorno in massima generale. 2o Deve però distinguere i Vescovi dal ritorno dei quali non teme che possano sorgere inconvenienti, da quelli il ritorno dei quali darebbe luogo a disordini od inconvenienti gravi, che vedonsi designati nelle note rimesse a lei. 3o Il Governo è disposto a consentire il ritorno dei primi, purché si faccia separatamente, successivamente, in modo per quanto si possa insensibile; inoltre si determini sin d'ora nominalmente l'ordine del ritorno, o si prenda accordo che quest'ordine sarà designato o dal Governo, o dalla S. Sede la quale però ne darà previo avviso al Governo; in fine rimanga inteso, in quella guisa che parrà migliore, che coloro i quali non ritorneranno potranno incorrere nella decadenza comminata dalle leggi canoniche.

4. -Riguardo ai Vescovi dal ritorno dei quali si teme che possano nascere disordini o perturbazioni: si designeranno : si prenderanno da ambe le Alte parti le informazioni, che si crederanno opportune, e comunicandosi i risultamenti si verrà a successivi concerti collo scopo per quanto sia possibile di procurarne il ritorno. 5. -L'incaricato concerterà le altre minori condizioni e modalità del ritorno in quella maniera che potrà venire accetta alla S. Sede, e sarà ravvisata da lui prudenziale.

Dei preconizzati prima delle attuali trattative:

6. Il Governo del Re non può accettare la nomina * di Mons. Ballerini alla sede di Milano, né ad altra sede d'Italia * (2).

7. E' disposto ad ammettere gli altri preconizzati prima delle presenti trattative cioè prima di marzo 1865, salvo l'osservanza dell'exequatur e del giuramento.

8. -Avendosi appaganti riscontri sul preconizzato in marzo 1865 acconsentirà eziandio alla sua ammissione. 9. -Il Governo ravvisa opportuno, che l'ingresso dei preconizzati nelle diocesi rispettive abbia luogo successivamente e distintamente; e che sia riservato in ulti

mo l'ingresso dei preconizzati a Bologna, ed a Loreto, e non prima che esso siasi assicurato, che non possano temersi gravi perturbazioni.

10. Gli ammessi, che avuto l'ordine dalla S. Sede non andassero alle loro sedi, possono incorrere nella decadenza che sia dalle leggi canoniche stabilita.

Delle nomine alle sedi vacanti.

11. In ordine alle altre sedi vacanti il Governo è disposto a consentire solo la nomina alle seguenti sedi: Torino, Alessandria, Aosta, Asti, Cuneo in Piemonte; Sarzana in Liguria;· Sassari, Alghero in Sardegna; Milano, Como in Lombardia; Arezzo, Livorno, Pistoia, Prato in Toscana; Amalfi, Capua, Aquino, Gerace, Lecce, Potenza nel Napoletano; Catania, Messina, Girgenti, Noto in Sicilia.

Per atto di speciale riguardo alla persona del S. Padre, quando così desideri, consentirà il Governo alla nomina per le sedi di Sinigaglia nelle Marche e di Modigliana in Toscana.

12. -Il Gov·erno non può acconsentire alla nomina ad altre sedi. 13. -L'incaricato presenterà a nome del Governo la lista delle nomine da farsi; per stabilire queste liste egli ha le più ampie facoltà di prendere tutti quei concerti che giudicherà opportuni.

DeWExequatur.

14. -Il Governo del Re non può accordare dispensa dall'exequatur richiesto dalle leggi del Regno. 15. -Sarà perciò necessario che ciascuno nominato trasmetta la bolla di sua nomina, e ne chieda la esecutorietà al Governo. 16. -Le modalità della trasmissione e della domanda di exequatur si potranno concertare nei modi che riescano più commodi.

Del giuramento.

17. Il Governo del Re non può dispensare dal giuramento nella formola generalmente adottata per il Regno, e debbe esigerlo da tutti, cioè tanto dai preconizzati che verranno ammessi in seguito a questi accordi, quanto dagli altri nuovi eletti (1).

Norme generali.

18. -Si debbe procurare per quanto possibile che l'accordo comprenda tutti gli oggetti caduti in discussione, ed in divergenza. 19. -Quando non si potesse conseguire il concordio su tutti gli oggetti sopradetti, potrà l'incaricato pigliare accordi parziali sur uno, o su altro degli oggetti medesimi, o su parte di alcuno, ed avviarne l'esecuzione, purché il concordio parziale non leda, non offenda gli altri punti che rimanessero sospesi, o non composti.

Serbate queste norme l'incaricato dal Governo del Re potrà conchiudere senza bisogno di autorizzazione ulteriore.

« Dans !es Conseils des Ministres qui se tinrent sur !es instructions à donner à Vegezzi pour la 2ème phase de sa mission, Lanza et Jacini, désirant beaucoup que les Négociations aboutissent, voulaient qu'on cédàt mème sur le serment. Le Général ne voulut pas; il montra la diplomatie reconnaissant et proclamant elle-mème que sur ce terrain, celui de la souveraineté, nous ne pouvions pas céder; et il ajouta que dans sa conviction, cela ne nuirait pas à un accord. Rome est plus près de céder, selon lui, qu·on ne Ie crolt. 11 laisse deviner quelque confiance qu'en échange de ces concessions spirituelles Rome fera à présent ou plus tard des concessions politiques, mais ce point est mystérieux ».

(l) Cfr. ACS, Verbali delle deliberazioni del Consiglio dei Ministri dal 12 giugno 1861 al 30 maggio 1867, deliberazione n. 173 in data 22 maggio 1865:

(l) -In realtà del 10 marzo, cfr. Serie I, vol. V, n. 608. (2) -In LVB «del preconizzato alla sede di Milano •·

(l) Cfr. il seguente brano di un appunto di Blanc, datato 22 maggio (Carte Blanc):

13

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 114-115)

L. P. Parigi, 22 maggio 1865.

Mi valgo d'un'occasione sicura per darle qualche notizia che non posso mandarle per la posta.

I Ministri non celano la loro irritazione pel discorso pronunciato dal Principe Napoleone. Essi condannano altamente quanto il Principe disse sulle libertà interne, sulle idee religiose di Napoleone I, sul potere temporale, e sulla dottrina di Monroe relativamente all'America. Gli danno carico soprattutto di non aver pronunziato il nome di Napoleone III. In consiglio fu proposto che s'inserisse nel Moniteur un articolo per sconfessare ,le asserzioni del Principe, ma l'Imperatrice si oppose, e fu deciso che il Moniteur non farebbe menzione del discorso, salvo ad attendere gli ordini dell'Imperatore.

L'Imperatrice del resto si occupa molto degli affal'i della Reggenza, dà molte udienze, presiede il Consiglio dei Ministri, e mostra un'attività, che è molto commendata, nel disimpegno delle sue nuove funzioni.

L'Imperatore non è aspettato che verso il 4 o il 5 del mese venturo.

La missione Vegezzi continua a preoccupare la pubblica attenzione in Francia. Io serbo a questo riguardo la massima riserva. Non ho nulla da aggiungere a quanto mi disse il Signor Drouyn de Lyuys intorno alle istruzioni mandate a Sartiges. Ma posso dirle l'opinione di Rouher; la quale è che è utiLe che si tratti e si conchiuda per la questione dei vescovati; ma che non si pigUno altri impegni. Secondo Rouher un accomodamento sulla questione dei vescovati facilita alla Francia il richiamo delle truppe. Questa è l'opinione sua.

Le notizie giunte d'America le quali recano la proclamazione di Johnson sulla prezzolata cattura di J,efferson Davis, e gli arruolamenti che si permettono contro il Messico, inquietano qui il Governo e gli uomini d'affari. Io spero che queste inquietudini sono esagerate. Diffatti ammesso anche che qualche banda raccolta agli Stati Uniti penetl'li nel Messico, se il Governo di Washington non le ajuta, ciò non costituirà un pericolo grave pel Governo Messicano. I Nord-Americani accostumati a guerreggiare muniti di tutto, a camminare sulle strade di ferro, ad essere ben nutriti, non potranno far gran cosa nelle vaste solitudini del Messico, e sono meno temibili dei seguaci di Juarez accostumati al paese ed alle privazioni. Ciò ben inteso, se il Gov,erno americano non dà ajuto agli invasori. D'altro lato mi pare difficile che il Governo Messicano voglia correre deliberatamente il rischio di rompere colla Francia.

La questione della firma della Convenzione telegrafica fu risolta secondo il nostro desiderio. Devo dire che fui ajutato sinceramente da Drouyn de Lhuys, e credo che i miei rapporti personali col Princ,ipe di Metternich abbiano anche giovato. Ho insistito presso Drouyn de Lhuys e presso Lord Cowley perché

appoggino efficacemente la stessa soluzione per la firma dell'atto del Danubio. Me l'hanno promesso, spero che riusciremo.

Mi congratulo per l'esito della so>ttoscrizlione del prestito, che sorpassò ogni nostra speranza. Del resto devo dirle che ogni giorno noi andiamo guadagnando nella pubblica considerazione. Ne pigli una buona parte per Lei, glielo dico non per semplice complimento.

14

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 167. Londra, ... (per. ore 23,59 del 23 maggio 1865).

Ayant communiqué à lord Russell que convention télégraphique était signée et que Gouvernement du Roi s'appretatt à soutenir ce second précédent pour Galatz S. S. me dit qu'après avoir murement réfléchi il ne pouvait pas transmettre nouvelle proposition à Vienne ayant essuyé déjà trop de réfus et qu'il ne nous aurait appuyé qu'après que France aurait pris l'initiative {1).

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 27. Pietroburgo, 24 maggio 1865 (per. L' l giugno).

Je regrette que les nouveUes politiques m'aient fait défaut pour un intéressant entretien avec le Prince Gortchakow. Il s'est borné à toucher quelques mots sur la mission de M. le Commandeur Vegezzi (2).

D'après des renseignements puisés à des sources dignes de foi, nous aurions renoncé au droit royal du placet, renonciation, à ses yeux, des plus graves et à laquelle ni la Russie orthodoxe, ni la France catholique ne sauraient se résoudre. Il comprendrait encore que les éveques de certaines Provinces fussent dispensés de preter serment de fidélité au Ro}, vu la position respective des parties contractantes, mais l'abandon du placet priverait, non sans danger. le pouvoir civil d'une de ses prérogatives les plus importantes: • Il est vrai, ajoutait-il sur le ton de la plaisanterie, que vous passez pour de grands pècheurs, et qu'un peu d'humilité doit contribuer à racheter vos fautes •.

La réserve m'était commandée dans une affaire d'une nature aussi délicate. Je me suis donc contenté de dire que, avec amis ou adversaires, nous

« A cet égard, je n'ai aucune donnée pour admettre comme exacte l'assertion de certaine Gazette, qu'il [Gorcakov] ait agi à Rome pour détourner le Pape de s'entendre avec Notre Auguste Souverain. Cette assertion partait probablement du point de vue qu'un règlement meme partiel, de la question Romaine, pourrait faire surgir celle de Venise. Or, il ne manque pas de personnes ici qui prétendent que cette question Vénitienne, si elle était remise sur le tapis, porterait aujourd'hui quelque dommage à la Russie •.

traitions toujours le front haut; mais qu'à ma connaissance rien n'avait encore été conclu avec Rome, et que nous n'aurions pas meme encore arreté définitivement quelles concessions il conviendrait d'accorder ou de refuser au sujet de la question des Evechés, la seule qui format l'objet des pourparlers dont le St. Siège avait pris l'initiative. Il convenait donc, avant de prononcer un jugement, d'attendre le résultat de ces négociations, d'un caractère exclushnement relig1eux -et réservées avec un so'in jaloux aux parties directement intéressées -et cela d'autant plus que le Gouvernement de Sa Majesté par ses antécédents honorables, offrait les plus sérieuses garanties. Tout en écartant des préventions systématiquement hostiles à un accord pour le règlement d'affaires ecclésiastiques, il saurait se montrer le gardien vigilant, et au besoin le défenseur habile, des droits de l'Etat et des intérèts nationaux.

Le Vice-Chancelier n'ayant pas insisté, je n'ai rien ajouté à ces observations, qui m'avaient paru appropriées à la circonstance. Seulement je me suis permis de faire quelques allusions à la brochure publiée, il y a peu de jours, par M. de Persigny, et dont les journaux donnaient un e~trait télégraphique. A ce propos, le Prince Gortchakow rappelait quel avait été en 1859 le désir de la Russie, à savoir celui de la formation, au Nord de la Péninsule, d'une Monarchie forte et prospère. Le Gouvernement Impérial voyait alors dans cette combinaison les meilleurs avantages, sans aucun des dangers comme ceux auxquels auraient pu nous exposer les événements de 1860. Il signalait, parmi ces dangers, celui de s'acheminer vers la république.

J'ai répondu que c'étaient là des considérations d'un ordre purement rétrospectif, et que d'ailleurs de semblables craintes devaient ètre aujourd'hui complètement dissipées, en présence de l'attitude des gouvernants et gouvernés, qui, depuis la constitution du Royaume d'Italie reconnu successivement par les nations les plus civilisées, avaient fait preuve de tant d'.esprit pratique, de modération, et de dévouement à notre glorieuse Dynastie, saluée partout avec acclamation.

Il m'a paru que S. E. ne voulait pas autre chose que remémol'er des faits politiques, en se plaisant à deviser à leur sujet. Etait-Elle peu:t-ètre sous le coup de quelque insinuation malveillante sur le transfert de la capitale? Quoi qu'il en soit, n m'a semblé opportun de lui tenir le langage que je viens de citer.

(l) -Su questo argomento cfr. il r. 241/92 da Londra del 24 maggio, non pubblicato. Del contenuto di questo telegramma fu data notizia a Nigra con t. 128 del 25 maggio. (2) -Si inserisce qui un brano del r. confidenziale 29 di Launay del 7 giugno:
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 171-172. Berlino, ... (per. ore 20,50 del 25 maggio 1865).

Il doit y avoir demain à la chambre des députés interpellation relartivement aux négociations d'un traité de commerce .entre Zollverein et ItaUe, que l'on déclare èt!e de la plus grande importance pour le commerce allemand. Bismarck y répondra en disant que le Gouvernement ttalien ne consentant à négocier que sur la base d'un trai,té formel, Gouvernement prussien doit avant tout faire les démarches nécessaires auprès des membres du Zollveréin pour obtenir leur consentement. En me faisant [part] de sa réponse projetée Bismarck m'a dit que s'étant décidé pour l'échange d'une dépéche avec nous plutòt que pour un protocole préliminaire, dans le but d'avoir point de départ dans les démarches auprès des états secondaires, désireratt que vous adressiez immédiatement dépèche portant que l'Italie ne consent à entrer en négociations [que] sur la base d'un traité formel. Si V. E. m'y autorise par télégraphe, je puis adresser immédiatement cette dépèche. Mais sur [qu',elle est] destinée à recevoir une grande publicité je désirerais connaìtre les termes précis dans lesquels la dignité du Gouvernement du Roi exige qu'elle soit rédigée (1).

17

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 126. Firenze, 25 maggio 1865, 01·e 23,35.

Vous pouvez adresser immédiatement à M. de Bismarck dépéche portant que ensuite du désir que la Prusse nous a témoigné d'améliorer rapports commerciaux entre Zollverein et Italie, Gouvernement du Roi lui donne assurance de la disposition où il est d'accorder à l'Allemagne le meilleur traitement possible. Le Gouvernemenrt du Roi r,egarde camme indispensable à tous les points de vue Que les accords commerciaux à intervenir consistent en un traité forme! que ratifieraient les membres du Zollverein; c'est une manière de voir dont nous ne saurions nous écarter. Sur oette base, nous sommes préts à entrer en négociations avec le Gouvernement prussien lorsque celui-ci croira pouvoir le faire.

18

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 67. Madrid, 25 maggio 1865 (per l' l giugno).

Nella discussione del bilancio del Ministero di Stato il Deputato della Unione liberale Signor Alarcon interpellò il Ministero sul motivo per cui si lasciava una Legazione in Torino, mentre questa città aveva ceduto a Fivenze l'onore di essere la capitale d'Italia, e chiese che si mutasse la parola Torino in quella di Firenze. Si rallegrò poscia di vedere soppresso l'articolo della Legazione presso l'E'X Re di Napoli.

Il Ministro di Stato Signor Benavides rispose che l'Incaricato di Spagna in Torino aveva ricevuto un permesso per venire in Spagna, 'e che prima che spi

rasse il tempo concesso per questo congedo si deciderebbe ove avrebbe a recarsi. Sulla soppressione della Legazione presso l'ex Re di Napoli disse che come non eranvi affari da trattar~e il Rappresentante di Spagna presso la Santa Sede poteva rappresentare pure il paese presso l'ex Re, sopprimendosi per conseguenza non la rappresentanza ma la Legazione.

Io già aveva pveveduto ,tale risposta del Ministro di Stato, e sia per telegrafo che con rapporto poHtico (l) aveva avuto da più giorni 1l'onore di farla conoscere all'E. V.

Non credo però di troppo abbondare trasmettendo qui unito a V. E. il sunto ufficiale dei discorsi pronunciati in siffatta occasione dal Deputato interpellante e dal Ministro alle Relazioni Esteriori (2).

(l) Con r. 5 del 24 maggio Barrai comunicò che il linguaggio dei giornali prussiani esprimeva unanimemente il desiderio di veder infine scomparire gli ostacoli a nuove relazioni commerciali con l'Italia.

19

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 115-116)

L. P. Parigi, 25 maggio 1865.

L'Imperatore ha telegrafato oggi da Algeri che manderebbe un ufficiale d'ordinanza con due lettere, una per l'Imperatrice ,ed una pel Principe Napoleone. Entrambe queste lettere si riferiscono al discorso d'Ajaccio, di cui l'Imperatore ebbe comunicazione solamente il 21 corrente. Il Principe difatti spedì il discorso da Ajaccio colla • Gioire • la quale arrivò ad Algeri il 19; ma l'Imperatore era in corsa e non tornò ad Algeri che il 21.

Ieri vi fu alle Tuileries uno scambio di spiegazioni tra l'Imperatrice e H Pl'incipe. La conversazione durò più d'un'ora; ma naturalmente non poté essere conchiudente, perché non si conosceva l'impressione dell'Imperatore né si potevano presumere le sue determinazioni. Il Marchese di Gallifet che porterà la lettera dell'Imperatore arriverà a Parigi domani col convoglio delle 6 del mattino o con quello delle 6 pomeridiane. Né l'Imperatrice né il Principe, né i Ministri sanno il contenuto delle lettere, dimodoché vi è una certa inquietudine nel loro spirito. Il più probabi,le si è che l'Imperatore farà inserire nel Moniteur una disapprovazione del discorso del Principe. Non credo che si p.I'endano misure più gravi. Ma anche q_uesta sola misura avrà una gravità considerevole il cui carattere non Le sfuggirà certamente. Il Nunzio, e gli Ambasciatori d'Austria e di Prussia hanno l'intenzione di rompere ogni rapporto col Principe Napoleone e d'astenersi per l'avvenire di farsi inscrivere o di comparir,e al Palais Royal, come ha fatto l'Ambasciatore di Russia dopo il discorso del Principe sulla Polonia di duJe anni fa. So positivamente che il Conte Goltz ha domandato al suo Governo l'autorizzazione di agire a questo modo. La risposta di Berlino

non è ancora giunta. Il Conte Goltz è soprattutto esacerbato da quanto il Pdncipe disse sulla condotta della Prussia verso Napo:leone I, condotta che Sua Altezza Imperiale tacciò di slealtà. Gli Ambasciatori e il Nunzio hanno avuto un istante l'idea di fare un passo collettivo presso Drouyn de Lhuys; ma oggi quest'idea pare abbandonata e probabilmente ciascuno di essi si limiterà a dire al Ministro degli affari esteri, isolatamente, che per l'avvenire si asterranno da aver rapporti col Principe.

Avrò cura di tenerla al fatto di questi gravi incidenti, sia per telegrafo, sia per lettera.

Sto riunendo gli elementi per farle una relazione sullo sciopero degli operaj di Parigi. Posso dirle fin d'ora che le cause principali di questo movimento sono tre, cioè: l) la tendenza degli operaj verso le dottrine sociali, frutto delle dottrine socialiste che han preceduto il moto del 1848 in Franda; 2) un rincarimento nel pane e nella carne; 3) la legge del 1864. Quest'ultimo punto abbisogna di qualche spiegazione. Prima del 1864 1le coalizioni degli operaj aventi per eff,etto lo sciopero, erano punite come delitti. L'anno scorso l'Imperatore, animato dal pensiero di migliorare la posizione degli operaj, volle fornir loro i mezzi di poter liberamente discutere le condizioni dei loro rapporti coi padroni, e fece propome la legge sulle coalizioni che fu votata. Secondo questa legge gli operaj possono, senza essere imputati di delitto, intendersi fra loro pacificamente sulla questione dei salari e delle ore di lavoro 'e discutere i loro interessi coi padroni. Gli operaj approfittarono largamente di questa concessione, e gli scioperi si vanno succedendo. Finora il caratte11e degli scioperi è pacifico e lega~e. ed è a sperare che non si muti. Tuttavia la frequenza di questi fatti inspira naturalmente nel Governo una certa inquietudine. Sarebbe invero deplorabile che gli operaj, sconoscendo il beneficio che l'Imperatore procurò loro, si servissero della legge per promuovere imbarazzi al Governo. Giacché nessun Governo in Francia si preoccupò mai così vivamente, come quello dell'Imperatore, del modo di migliorare le condizioni delle classi basse.

P. S. -La ringrazio molto della sua lettera molto interessante del 21 corrente.

(l) -R. 66 del 18 maggio, non pubblicato. Con d. 5 del 26 maggio La Marmora comuniCo a Cavalchini: « L'assenza del Signor Zarco del Valle in occasione del trasferimento del Corpo Diplomatico da Torino a Firenze non mi pare del resto tal fatto da dover essere argomento di alcuna preoccupazione in Italia"· (2) -Non si pubblica.
20

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 174. Londra, 26 maggio 1865, ore 17 (per. ore 20,55).

Agent secret assure que Mazzini depuis trois ou quatl'e jours est parti pour le continent et les bruits sur le mauvais état de sa santé (l) étaient répandus à dessein. Ayant demandé officieusement à la police de vérifier cette nouvelle elle s'y est r'€fusée; je vous préviens pourtant de ces faits pour que vous preniez vos précautions.

(l) Comunicate da Maffei con t. 161 del 21 maggio, non pubblicato.

21

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 117-118)

L.P.R. Parigi, 26 maggio 1865.

Il Marchese di Gallifet, ufficiale d'ordinanza dell'Imperatore, giunse stamane a Parigi col convoglio di Marsiglia delle 6. Portò una lettera all'Imperatrice ed una al Principe Napoleone. Quest'ultima è molto severa. L'Imperatore espone la penosa impressione da lui provata nel leggere il discorso pronunziato dal Principe ad Ajaccio. Disapprova l'interpretaz,ione data agli atti dell'Imperatore Napoleone I, condanna l'evocazione di sentimenti d'odio che non sono più de' tempi nostri. Dice che Napoleone I aveva per regola di mantenere una disciplina severa, prima nella sua famiglia e poi nel suo Governo, inguisaché non vi era che una azione ed una volontà. Conchiude che oramai si atterrà alla medesima condotta. Nella lettera all'Imperatrice è contenuto l'ordine di far inserire nel Moniteur quella diretta al Principe. È molto probabile che quest'ordine sarà eseguito; giacché l'Imperatrice non vorrà pigliar sopra di sé di sospendere una riiSOluzione dell'Imperatore. Tuttavia so che si preSentarono all'Impm·atr.ice delle osservazioni sulla convenienza di sospendere la pubblicazione della lettera. È evidente che dopo una pubblicazione di questa natura H Principe potrà difficilmente rimanere alla Vice Presidenza del consiglio privato (1).

Non aggiungo al·tro per oggi, giacché molto probabilmente quando questa lettera Le giungerà, il telegrafo Le avrà di già portato il testo della lettera imperiale.

22

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 7. Berlino, 27 maggio 1865 (per. il 30).

Aussitòt après la réception du télégramme d'avant-hier de V. E. (2) relatif à l'importante affaire de notre futur Trai.té de Commerce avec le Zollverein, je me suis empressé de rédiger une note au Président du Conseil dans le sens des instructions qui m'avaient été transmises, et dont ei-joint se trouve la copie. Pour témoigner au Comte de Bismarck la confìance que nous mettions dans ses bonnes dispositions à notre égard et qui réeHement ne sauraient etre meilleures,

je suis allé lui donner lecture de ma note avant de lui en faire l'envoi officiel; et c'est sur sa demande qu'en faisant mention du meilleur traitement que l'Italie était disposée à accorder à l'Allemagne, j'ai ajouté: sur le pied de la nation la plus favorisée et rentrant dans le système des Traités passés avec la France et la Belgique. Au reste M. de Bismarck a trouvé la communication de cette Légation tout à fait appropriée aux circonstances du moment, et va immédiatement s'en servir comme d'un point de départ dans les démarches officielles que ses Agents seront prochainement chargés de faire auprès des Gouvernements secondaires. M. de Bismarck m'a dit que déjà avant-hier il avait écrit par le télégraphe aux Ministres Prussiens pour les inviter à faire connaitre aux différents Ministres des Affaires Etrangères que, l'Italie ne consentant à négocier une Convention Commerciale que sur la base d'un Traité formel tel que ceux passés avec la France, la Belgique et l'Anglet,erre, le Gouvernement Prussien avait cru devoir les prévenir confidentiellement de cette intention arretée du Gouvernement Italien, en attendant qu'il les mit prochainement et officiellement en demeure de se prononcer à cet égard. C'est pour justifier l'envoi de ces instructions parties antérieurement à la note de oette Léga:tion, que

M. de Bismarck m'a prié de donner à cette dernière la date du 22 au lieu du 26 que j'y avais mise.

Il n'est pas douteux qu'à la prem1ere rumeur qu'ils auront entendue sur l'intention du Cabinet de Berlin de négocier au nom du Zollverein une Convention commerciale av,ec l'Italie et sur la condition sine qua non que nous mettons à sa conclusion, il n'est pas douteux, dis-je, que les Gouvernements secondaires se soient immédiatement adtessés à Vienne pour savoir ce qu'ils ont à faire et prendre le mot d'ordre dans la résistance servile, que au mépris des intérets vitaux de l'Allemagne ils vont tout d'abord essayer d'organiser. Mais heureusement ils devront compter sérieusement avec l'opinion publique qui s'élève avec une énergie toujours croissante contre c•ette espèce de barrière absurde que des passions aveugles soufflées par l'Autriche tentent encore de maintenir entre deux peuples que des sympathies et des intéréts communs rapprochent. Le courant dans ce sens est tellement fort, il s'est produit dans les Parlemenrts aussi bien que dans les Chambres de Commerce de toute l'Allemagne avec une telle unanimité, une telle violence, qu'il y aurait imprudence de la part de Gouvernements déjà si 'impopulaires de ne pas y céder. D'un autre c6té la Prusse pro:fondément irritée dans ce moment des manoeuvres aussi adroites que perfides employées par l'Autriche pour faire avorter ses projets annexionnistes dans les Duchés, mettra bien positivement tout en oeuvre pour vaincre la résistance des Cours secondaires, et l'importance des intéréts politiques et commerciaux ·engagés dans la question, nous est un gage certain de l'ardeur qu'elle apportera à faire réussir son projet.

Malgré des symptòmes aussi favorahLes je n'ose encore me flatter de la certitude de voir se conclure un Traité auquel vtendrait s'ajouter forcément comme conséquence la reconnaissance du Royaume d'ltalie. Depuis que je suis en Allemagne j'ai pu me convaincre de la haine profonde que nous porte l'Autriche à commencer par l'Empereur, et du servilisme vraiment dégradant avec lequel des Etats soi-disant indépendants s'associent aux rancunes de la Cour de Vienne. Mais ce que je puis dire avec la plus entière certitude, et ce qui me donne une certaine confiancie dans l'avenir, c'est que jamais nous n'avons ·eu des chances plus favorables et que la Prusse sera d'autant plus sincère et plus énergique dans la pression qu'elle va exercer sur ses Confédérés, qu'elle y a en réalité un plus grand intérèt que nous.

Sur la demande que j'ai adressée à M. de Bismarck relativement à la durée que pourraient avoir les négociations, il m'a répondu: • Vous pouvez etr.e sur que les Etats secondaires ne se presseront pas de répondre, la consultation avec Vienne prendra du temps; mais sous l'action de la Presse nous les obligerons bien à parler ».

En prenant congé de M. de Bismarck je lui ai encore demandé de me tenir au courant des dispositions des différentes Cours Allemandes, ainsi que de leurs réponses, à mesur.e qu'elles viendraient à se produire; et comme il me l'a formellement promis je ne manquerai pas d'en informer immédiatement V.E.

P.S. -Je joins ici in extenso la réponse de M. de Bismark à l'interpellation Bunsen (1), dont je n'avais pu donner l'analyse dans ma dépèche d'hier (2) que sur des Notes prises à la Séance.

(l) -Con r. 191 del 27 maggio Nigra comunicò che il Moniteur aveva pubblicato la lettera dell'Imperatore al Principe Napoleone e che questi aveva dato le dimissioni da membro del Consiglio privato e da presidente della Commissione per l'Esposizione Universale del 1867. (2) -Cfr. n. 17.
23

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 180. Londra, 29 maggio 1865, ore 14,55 (per ore 17,15).

Des rapports dignes de foi qui me parviennent d'un bureau de police privée que j'ai découvert, m'informent que Mazzini a été réellement absent pour une semaine. On m'a supposé qu'il a été à Gènes il est maintenant de retour et on l'a vu hier (3).

24

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 33. Berlino, 30 maggio 1865 (per. il 3 giugno).

Conformément aux instrucrbions renfermées dans la dépèche que V.E. a bien voulu m'adresser sous la date du 18 courant (4), je n'ai point manqué d'appeler l'attention de M. de Bismarck sur le fait tout à fait anormal que

constituerait dans les accords relatifs à la libre navigation du Danube, l'existence de deux Conventions séparées entre les Puissances signataires, et cela uniquement par une condescendance vris-à-vis de l'Autriche dont les susceptibilités sont tout à fait déplacées dans une affaire de ce genre. A l'appui de mes observations, j'ai cité les deux précédents qui avaient eu lieu à l'occasion du rachat du péage de l'Escaut, ,et plus récemment encore dans la Convention télégraphique signée à Paris, et où 11'Autriche n'avait point émis les prétentions qu'elle élève aujourd'hui à Galatz.

M. de Bismarck est dans un de ces moments où il comprend fort bien tout ce qu'ont parfois d'exorbitant les prétentions de l'Autriche, et il m'a répondu immédiatement qu'il enverrait à l'Agent Prussien à Galatz des instructions pour que moyennant une déclaration semblable à celle qui a été insérée dans le rachat du péage de l'Escaut, il ne soit dressé qu'une seule Convention pour l'acte de navigation du Danube (1).

P.S.-La Convention Douanière entre la Prusse et l'Autriche dont j'ai déja fait connaitre à V.E. les principales dispositions à été adoptée à une grande majorité par ·la Chambre des députés. Quant au traité de commerce entre la Prusse et la Belgique, il a été signé aujourd'hui et les ratifications s'en échangeront dans 15 jours. J'aurai soin d'adresser sous bande à V.E. le texte de ces deux Conventions qui ne peuvent manquer d'intéresser le Ministre du Commerce (2).

(l) -Non rinvenuta. (2) -R. 6, non pubblicato. (3) -Cfr. il rapporto s. n. di Maffei a Cerruti del l" giugno, non pubblicato, contenente più estese notizie circa l'attività di Mazzini. (4) -Non pubblicato.
25

IL MINISTRO A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 185. Berna, 1 giugno 1865, ore ... (per. ore 18,35).

n me revient de très bonne source qu'on attend Garibaldi ces jours a Rheinfelden en Argovie. M. Struve démagogue de 1848 maintenant hOtelier y fait préparatif pour le recevoir avec éclat. Chargé d'affaires de France en a informé son Gouvernement.

« Il [Gorcakov] continuait à qualifier d'illogique l'opposition du Cabinet de Vienne, dans le cas surtout où elle devrait se maintenir à Galatz d'une manière si contraire aux procédés observés à Bruxelles, et tout récemment à Paris. Ce serait un véritable • enfantillage », mais en présence d'une telle obstination, la Russie ne saurait s'exposer à de nouveaux refus. Jusqu'ici, ni la France, ni l'Angleterre, n'avaient fait de nouvelles démarches dans le sens de notre combinaison.

Je n'avais pas l'instruction d'insister davantage. Le Vice-Chancelier d'ailleurs laissait assez entendre qu'il ne se souciait point de se mettre en avant. Mais je crois toujours qu~ la Russie voterait en notre faveur, si la France et l'Angleterre posaient nettement la question dans les conférences, à Galatz ou à Constantinople •.

(l) De Launay comunicò con r. 16, Pietroburgo 7 giugno:

(2) Un estratto in italiano di questo rapporto è edito in LVB, pp. 307-308.

26

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, È AGLI INCARICATI D'AFFARI AD AMBURGO, GALATERI DI GENOLA, E A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI

(Ed. in LV 8, pp. 190-193)

D. (1). Firenze, 2 giugno 1865.

Comme Vous le savez, * les rapports commerciaux ·entre l'Italie et l'Allemagne sont réglés par le traité de Commerce et de Navigation conclu entre la Sardaigne ·et le Zollverein le 23 juin 1845 légèrement modifié par les Conventions additionnelles du 20 Mai 1851 e du 28 Octobre 1859. * (2) L'Allemagne ne jouit * donc * pas sur le marché italien des avantages assurés à la plupart des Etats Européens par nos traités les plus récents bien qu'elle ait au moins autant d'intérét que l'Italie à l'établissement réciproque entre les deux pays de relations commerciales conformes aux progrès du droit conventionnel économique en Europe.

Dans le but de mettre un terme, autant qu'il dépend de lui, à cet état de choses, le Cabinet de Berlin nous a fait dernièrement des ouvertures pour la négociation d'accords commerciaux entre les deux Etats. Le Gouvernement du Roi y a répondu en témoignant les meilleures dispositions et en déclarant qu'il ne tiendraH pas à lui que des stipulations propres à assurer le plus large développement possible des intéréts commerciaux des deux pays ne fussent arrétés entre la Prusse et l'Italie.

Toutefois la situation respective de l'Italie et de la majeure partie des Etats membres du Zollverein étant irrégulière et présentant par cela méme des obstacles d'une nature exceptionneUe, les deux Gouvernements ont diì d'abord traiter en voie préliminaire de la forme à donner aux accords éventuels à intervenir.

On eut à examiner divers modes de procéder. L'un de ces modes eiìt-été que les Gouvernements de Florence et de Berlin établissent de fait par un simple protocole, un modus vivendi entre l'Italie et le Zollverein.

Mais cette forme d'arrangement ne pouvait pas étre considérée par le Gouvernement du Roi comme convenable à l'égard d'Etats qui ne reconnaissent pas l'Italie * et le P.arlement, à qui l'arrangement eiìt diì étre soumis, se serait indubitablement refusé à l'admettre dans de telles conditions *.

On ne pouvait pas davantage s'arréter à un autre procédé qui eiìt consisté à conclure un traité avec la Prusse agissant en son nom seulement, traité dont les avantages, au moyen d'une combinaison de certificats d'origine à déterminer, auraient été appliqués au fur et à mesure en Italie à chaque Etat du Zollverein qui eiìt accedé en due forme au traité, pendant que l'Italie attendrait pour jouir de ces mémes avantage sur le marché Allemand, l'adhésion de tous les Etats du

Zollverein. Ni la dignité ni les intérets de l'ltalie ne permettaient au Gouvernement du Roi de stipuler des accords de cette natur,e, * qui, pas plus que celui dont il vient d'etre question, n'auraient eu de chances d'ètre approuvés par le Parlement. *

Il ne restait donc qu'à s'occuper de la conclusion d'un traité formel rauquel adhéreraient en bonne et due forme tous les Etats membres du Zollverein et qui ne pouvrait devenir exécutoire, de part et d'autre, qu'après les ratifications des Souverains de ces Etats.

Le Cabinet de Berlin, en effet, a paru apprécier l'importance des raisons qui nous déterminaient à regarder ce mode de procéder comme le seui admissible et nous a exprimé loyalement et spontanément son intention d'user de son influence légitime auprès de ses Confédérés de l'Union douanière pour écarter les obstacles que leur attitude politique oppose à l'établissement d'accords commerciaux entre l'Italie et le Zollverein sur la base indiquée.

En conséquence, et pour reconnaitre les bonnes dispositions du Cabinet prussien, le Gouvernement du Roi a autorisé M. le Comte de Barrai, à déclarer à S.E. M. de Bismarck qu'il étai~t pret à accorder à l' Allemagne le traHement de la nation la plus favorisée, fondé sur le principe d'une parfaite réciprodté et rentrant dans le système des traités passés avec la France 1et la Belgique; qu'il regarde comme indispensable à ~tous les points de vue, que les accords à intervenir consistent en un traité formel que ratifieraient tous les membres du Zollverein; et que sur cette base, mais sur cette base seulement, il ~est tout disposé à conclure avec le ZollVlerein (l) des Conventions Commerciales que dans l'intéret de l'Allemagne comme de l'Italie il sera heureux de voir aboutir.

Vous remarquerez, M. 1e Ministre, qu'en posant la question dans oes termes, le Gouvernement du Roi n'a point entendu demander la reconnaissance du Royaume d'Ita<lie de la part des Etats Secondaires (2) du Zollver~ein, comme condition préliminaire des négodations commerciales à suivre avec la Prusse. Dans no,tre pensée, il appartenait exclusivement à cene-ci de choisir et d'employer les moyens nécessaires pour que le traité à conclure sur la base convenue put devenir exécutoire. Du reste nous nous ~en remettions entièvement au Gouvernement prussien du soin d'apprécier jusqu'à quel point il pouvait ou devait selon le droit et l'usage allemand agir dès à présent au nom de ses Confédérés, ou se concerter d'avance av,ec eux.

C'est par suite de cette résolution prise par le Gouvernement du Roi de se borner en tout ceci à répondre de la manière la plus satisfaisante possible à l'initiative de la Prusse * sans en prendre aucune à son tour, * que je me suis abstenu de vous charger (3) d'aucune démarche à ce sujet, et je dois à cette occasion vous prier, M. le Ministre, de continuer à Vous comporter de manière à faire sentir que le Gouvernement du Roi attache à la reconnaissance du Royaume d'Italie de la part des autres Etats une valeur exactement proportionnelle à l'empressement et aux sentiments de cordialité qu'ils peuvent y mettre.

Sur ces ,entr,efaites S.E. M. de Bismarck vient d'avoir l'occasion de déclarer à la Chambre des Députés de Berlin, que dans la situation actuelle, telle qu'elle est déterminée par les explications échangées par lui avec nous (l) il n'y a pas d'autres empèchements à l'établissement de bonnes relations commerciales entre les deux pays que ceux que peut présenter la constitution particulière du Zollverein; il a ajouté qu'en conséquence il se croyait en devoir de négocier sans retard avec les Gouvernements des Etats Secondaires (2), des quels il dépend actuellement d'affranchir, selon l'expression très juste de S.E. M. de Bismarck, les rapports commerciaux des deux pays des dommages que leur porte 'l'état de choses actuel.

En attendant le résultat, quel qu'il soit, des démarches du Cabinet de Berlin auprès des Etats Secondaires, je tiens, Monsieur , à ce que vous régliez votre conduite (3) sur les informations qui précèdent, et dont le point capitai est que l'Italie ne prend aucune part, ni directe, ni indirecte, aux tentatives que fait en ce moment la Prusse dans l'intéret surtout de l'Allemagne, pour amener ses Confédérés de l'Union douanière à des dispositions qui n'excluent pas la ratifìcation du traité éventuel dont il est question.

* (Pour Carlsruhe) P.S. -Je Vous accuse réception de Votre dépèche Confidentielle N. XXXIX ,et de Votre lettre particulière du 12 Mai * (4).

(l) -Il dispaccio venne inviato a Carlsruhe col n. 20, a Francoforte ed Amburgo col n. 16. (2) -I brani fra asterischi sono omessi in LV8. (l) -In LVB c avec la Prusse •. (2) -La parola c secondaires > è omessa in LV8. (3) -Nella copia inviata ad Amburgo, invece di " vous charger •• « faire faire •·
27

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S.N. Parigi, .2 giugno 1865 (per. il 5).

Il Governo Francese, preoccupandosi dell'esecuzione delle CJlausole della Convenzione del 15 Settembre, ha fatto in questi ultimi giorni alcuni passi, di cui ho l'onore di render conto all'E.V. ,in via confidenziale.

Anzitutto il Governo francese fec.e comprendere ,al Governo Pontificio

(senza però ricorrere, a quanto credo, ad una comunicazione ufficiale) che era

pronto a mettere al servizio della Santa Sede i suoi buoni uffizii, ,i suoi mezzi,

e la sua esperienza per l'organizzazione d'un corpo di truppa composto di volon

tarii cattolici esteri, conformemente al disposto della Convenzione (5). La

Francia avendo da lungo tempo una legione estera organizzata regolarmente,

sarebbe stata in caso di fornire al Governo Pontificio direzioni e consigli appog

giati ad una già lunga esperienza.

« Il Generale espresse a Malaret una certa sorpresa che nel tempo stesso in cui il Papa si ravvicina a noi, il Governo francese abbia creduto di tirar fuori la questione delle forze cattoliche da reclutare per lui. Egli ravvisa in ciò un manque de tact ». (Carte Blanc~.

M'affretto a dire che il Governo Pontificio si sarebbe finora limitato a rispondere che, ove le clausole della Convenzione fossero state scrupolosamente eseguite dalle Parti Contraenti, non si sentiva in Roma il bisogno d'aumentare con un corpo di truppe estere al soldo di Sua Santità il numero delle truppe attualmente assoldate; che cioè le truppe attualmente al serv,izio della Santa Sede sono considerate come sufficienti a mantenere l'ordine e l'autorità del Pontefice, anche dopo la partenza della guarnigione francese, se s'impedirà ogni invasione dalla frontiera e non si promuoverà una rivoluzione all'interno.

Ma prima che queste disposizioni del Governo Pontificio fossero conosciute a Parigi, S.E. il Signor Drouyn de Lhuys aveva domandato ai Governi d'Austria e di Baviera se erano disposti, nell'eventualità che la Santa Sede organizzasse una Legione Straniera in conformità e nei termini della Convenzione, a permettere nei loro stati rispettivi l'arruolamento ed a controllare questa operazione in guisa che si escludessero dall'arruolamento gli elementi cattivi e pericolosi, e non vi si ammettessero che gli utili e i buoni.

Il Governo Austriaco dichiarò anzitutto che si presterebbe, entro i limiti di quanto è permesso dalle leggi, ~ad ogni facilitazione a questo riguardo, ma domandò alla sua volta se non fosse il caso di stipulare, d'accordo cogli altri Stati Cattolici, ove si assolderebbero le truppe, alcune guarentigie che avessero per effetto d'aumentare il valor'e morale di questo fatto.

S.E. il Signor Drouyn de Lhuys appena ebbe comunicazione di questa risposta del Gabinetto di Vienna, si affrettò a scrivere (negli ultimi giorni dello scorso Maggio) al Duca di Gramont un dispaccio nel quale richiama la questione ai suoi veri termini.

Egli incarica l'Ambasciatove di Francia a Vienna di togUere la via ad ogni specie di malinteso e di dichiarare al Conte Mensdorff-Pouilly, che non si tratta di surrogare l'occupazione francese con un'occupazione cattolica, che non si tratta d'organizzare un corpo di truppa rappresentante tale o tal altro Stato Cattolico estero; ma che si tratta unicamente (e pel solo caso in cui la Santa Sede lo creda utile) di facilitare e controllare l'arruolamento negli Stati Cattolici per aumentare l'esercito pontificio con una legione composta di volontarii cattolici esteri che sarebbero al servizio del Papa e avrebbero bandi,era Pontificia, conformemente alle stipulazioni della Convenzione; che perciò non era il caso di cercare od ammettere guarentigie che falsassero il concetto della Convenzione stessa.

I termini di questo dispaccio sono molto precisi e molto netti nel senso sopraindicato. Naturalmente il medesimo linguaggio sarà tenuto alla Baviera, ove occorra, ed alla Spagna.

Del resto il Governo Pontificio non essendo disposto, per quanto risulta finora, a formare una legione estera, la questione cade di per sé. Ma era intanto necessario che l'Austria e gli altvi Stati Cattolici fossero ben chiariti sia del significato di quella parte dehla Conv,enzione che si riferisce all'esercito Pontificio, sia delle intenzioni della Francia in proposito.

4-Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

(l) -In LVS « Entre lui et nous "· (2) -In LVS « des autres Etats du Zollverein ». (3) -Nella copia per Amburgo, « langage ». (4) -Analogo dispaccio venne inviato i giorni seguenti alle altre legazioni. (5) -In una !.p. del lO giugno ad Artom Blanc scriveva:
28

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 188. Berlino, 5 giugno 1865, ore 11,21 (per. ore 13,17).

Dans le but d'en tirer parti auprès des états moyens, Bismarck désirerait savoir plus tòt possible si le commerce autrichien avec les anciennes provinces sardes jouit encore des avantages stipulés par l'article 15 du traité de 1851 et surtout dans quelles conditions s'exercent ses rapports commerciaux avec les provinces annexées.

29

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 140. Firenze, 5 giugno 1865, ore 15,50.

Traité 1851 avec Autriche est appliqué régulièrement dans anciennes provinces, et a été étendu par nous malgré non réciprocité à provinces annexées. L'Autriche n'a pas demandé ,et par conséquent ne jouit pas en !talie selon article 15 des avantages accordés dans nos récents traités.

30

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 10. Berlino, 5 giugno 1865 (per. il l0).

M. de Bismarck vient de me dire que pour rendre toujours plus 1impossible la résistance des Etats secondaires à la conclusion d'un Traité de commerce avec l'Italie emportant avec lui la reconnaissance du nouveau Royaume, il serait très à propos de leur offrir, camme une proposition venant du Gouvernement Italien, de donner à ce Traité la rneme base et d'y stipuler les memes conventions que celles énoncées dans le Traité angla<is qu'ils viennent d'accepter. • Par cette proposition, m'a dit M. de Bismarck, nous les mettrions en demeure ou d'accepter la convention, ou, en refusant, de se montrer inconséquents avec eux-memes aux yeux de toute l'Allemagne qui ne manquerait pas alors de manifester hautement san indignation en voyant clairement que les plus grands intérets de la nation sont misérablement sacrifiés à d'aveugles p;:tssions politiques •.

J'ai répondu à M. de Bismarck, que je ne voyais aucun inconvénient à accueillir cette idée, puisque le Traité Anglais n'était que la reproduction à peu près textuelle de celui avec la Belgique déjà proposé, et comportait camme ce dernier, avec le libre établissement des sujets respectifs dans les deux Pays, le traitement de la nation la plus favorisée. Toutefois j'ai ajouté que comme il ne s'agissait que d'un retard de quelques jours je préférais en référer à mon Gouvernement pour faire une réponse définitive.

En faisant part à V.E. de cette conversation, et en La priant de vouloir bien m'adre:3ser quelques mots de réponse par le télégraphe, je ne puis qu'insister sur la convenanee 8bsolue de nous associer à la manière de voir de lVI. de Bismarck. L'Gdoption en principe du Traité Anglais nous assurant le traitement de la nation la plus favorisée, nous acquérons de plein droit et sans autre convention, ioutes les faveurs accordées à la France par son dernier Traité avec le Zollverein, faveurs panni lesquelles, pour ne citer que les deux plus importantes pour nos produits, il faut placer en téte l'exemption totale de droit d'entrée pour les soies sous quelque forme qu'clles se présentent et un droit insignifiant de 15 silbergross, soit environ l fr. 75 es. par quinta! sur les huiles de toute qualité.

M. de Bismarck en est venu ensuite à me parler de l'accueil qu'avaient fait les principaux Gouvernements secondaires à la première circulaire du Gouvernement Prussien pour les engager à conclure un Traité avec l'Italie. La Bavière a répondu négativement et cela, a dit M. de Pfordten, pour des motifs politiques dont quelques uns concordaient avec la manière de voir du Cabinet de Vienne. La Saxc a répondu que la question devait étre portée à la Diète de Francfort; mais elle ne s'est pas montrée absolument contraire, et mème M. de Beust a dit en souriant à l'Agent Prussien que si l'affaire était portée à l'Assemblée de Franc:fort, il espérait que le vote de l'Envoyé Saxon se trouverait dans la minorité. Le vVurtemberg ne s'est pas montré positivement hostile, mais, comme le Hanovre et la Resse Electorale, il a exprimé l'opinion que la question devait étre déférée à la Dlète de Francfort. Les autres n'ont rien encore formulé sur leurs intetions. En défìnitive il n'y a que Bade qui s'est montré franchement et immédiatement favorable.

D'après la manière dont M. de Bismarck m'a parlé de cette première opposition à laquelle il s'attendait, j'ai pu me convaincre qu'il n'y attachait pas la moindre lmportance. "Nous leur avons fait une proposition, m'a-t-il dit, il nous ont répondu par un refus; cela devait se passer ainsi. Mais, maintenant, nous allons aborder la position en faisant de l'agitation par le moyen de la Presse et des interpellations dans leurs Chambres, et nous verrons bien s'ils sont de force à résister. De votre còté, a-t-il ajouté, il serait à désirer que Vos journaux reproduisent lcs articles des n6tres et y ajoutent leurs commentaires sur la résistance inqualifiable de certains Gouvern(i'ments assez peu soucieus des véritablcs intéréts de leurs pcuples pour les sacrifier à des considérations purement dynastiques. C'est là-dessus qu'il faut ,insist'òr, et si Vous pouviez engager quelqucs organes de la Presse française à pubHer des articles dans ce sens, le succès serait d'aulant plus ccrtain que h prcssion en devenant plus générale pèserait davantage sur les Gouvcrnements secondaires dont la posltion deviendrait de plus en plus difficile vis-à-vis de lcurs populations parfaitcment éclairées alors sur la véritable cause d'une résistance sans excuse. Il ne sera pas non plus hors de propos de rappeler, à titre de rapprochement, qu'autrefois certains petits

Gouvernemens bien connus en .&llemagne faisaient, dans un but financier, un

trafic de leurs sujets qu'ils vendaient à des sociétés d'émigration, et qu'en

sacrifiant aujourd'hui les intérets matériels de leur peuple à une idée politique,

oes memes Gouvernements continuent cette hideuse tradicHon; il n'y a que la

forme de changé •.

J'ai répondu à M. de Bismarck que dans une 02uvre dont le succès devait

profiter à l'Allemagne comme à l'!talie, nous nous. associerions avec empresse

ment aux efforts du Gouvernement Prussien, et que la Presse italienne avait

trop le sentiment des intérets bien entendus des deux Pays pour ne pas mettre

à leur disposition son intelligent concours (1).

P. S. -V. E. trouvera ci-joint un nouveau texte du traité anglais dont j'avais déjà eu l'honneur de lui envoyer sous bande un ,exemplaire.

31

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (2). Berlino, 5 giugno 1865.

En me parlant hier au soir des rapports extremement tendus avec Vienne,

M. de Bismarck m'a dit textuellement • Nous sommes en aussi mauvais termes que possible, mais aujourd'hui, nous sommes résolus à ne pas prendre l'initiative d'une rupture, dont il nous convient de laisser la responsabilité à l'Autriche; seulement nous allons prendre dans les Duchés une atHtude tellement énergique et procéder à de tels actes de possession que l'Autriche sera bien obligée de se facher tout de bon, et alors nous lui répondrons (3).

32

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigm, pp. 117-118)

L. P. Parigi, 6 giugno 1865.

La ringrazio della sua lettera del 2 corrente che mi pervenne jeri per la posta. Essa mi giunge opportuna. Se l'occasione si presenta, terrò ai Ministri

• Il Conte di Bernstorff mi parlò l'altro giorno della probabilità della conclusione di un trattato di commercio fra l'Italia e lo Zollverein e le espressioni favorevoli di cui l'ambasciatore Prussiano. assai noto per le sue tendenze retrograde. si servì riguardo a questo importante fatto che farà riconoscere il Regno d'Italia dalla maggior parte degli Stati della Confederazione Tedesca, sono una prova di più del progresso che la questione Italiana compie ogni giorno in Germania>.

dell'Imperatore H linguaggio che Ella mi indica intorno alla questione dei vescovi. Ma credo di secondare il di Lei pensiero non impegnando una discussione su questo soggetto. Nell'interesse del successo dei negoziati credo più utile che la Franoia non se ne mescoli. Finora ho tenuto a questo proposito la più gran riserva. Parlando accademicamente Drouyn de Lhuys e Rouher espressero l'opinione che il Governo italiano non dovrebbe insistere sul giuramento; ma m'affretto ad aggiungere che parlavano in nome proprio e come d'opinione affatto personale. Io mi limitai· a domandar loro se la Francia potrebbe rinunziare al giuramento dei vescovi. Mi risposero che no. La conversazione rimase lì. Del resto sia persuaso che il Governo francese, mentre desidera vivamente che i negoziati riescano, non ha menomamente l'intenzione d'influire in qualsiasi cosa sui nostri negoziati con Roma ,e sulle nostre risoluzioni o su quelle del Papa.

Ho visto jeri il Principe Napoleone e gli dissi ch'Ella aveva rimesso la sua lette~a nelle mani del Re (1). Il Principe vive ora a Meudon colla Principessa e coi figli. Mi pare abbastanza calmo. Egli aspetta l'arrivo dell'Imperatore che è annunziato dal 10 al 14, e gli domanderà il permesso di recarsi a Prangins in !svizzera colla famiglia. Credo e spero che si verrà ad una riconciliazione. Ma la cosa non è facile. Dall'un lato il Principe è umiliato e :lierito dalla pubbLicazione della 1lettera, la quale difatti gli fa la posizione la più falsa del mondo, d'altro lato l'Imperatore è profondamente corrucciato con lui non tanto per le opinioni politiche manifestate nel discol1so, quanto parché ha creduto di vedere nel discorso un principio di opposizione personale e dinastica contro la reggenza; e badi che non è la prima volta che questo sospetto entrò nello spirito dell'Imperatore. Il fatto è dunque g~ave. Fo voti perché la cosa s'accommodi; ma temo che ciò non accada così presto come desidero. Certe ferite possono solamente aver rimedio dal tempo che tutto risana.

Ho impegnato Drouyn de Lhuys a pigliare a Vienna l'iniziativa della proposta che noi accettiamo intorno alla firma dell'atto del Danubio. Mi promise di farlo e diede ordine in mia presenza perché si scrivesse a Vienna in questo senso.

Ho ricevuto un telegramma del Ministero che m'invita a fare un rapporto su quanto pervenne a mia notizia intorno ai fatti d'Alessandria d'Egitto. Finora nessuno me ne parlò qui, ,e non se ne parla nel mondo ufficia,le. Ieri sera alle Tuileries parlai con tutto il mondo ufficiale, coll'Imperatrice Reggente, coi Ministri, coi diplomatici esteri, e nessuno disse una sola parola di questo fatto, che io non conosco che da quanto ne scrissero i giornali. Andrò espressamente da Drouyn de Lhuys ,e vedrò di sapere da lui quanto gli fu scritto dal ConsoiLato Generale di Francia in Ales~andria. Spero di poter avere un'udienza domani o dopodomani, e Le scriverò subito dopo.

de toi •·

* Ho visto il nuovo Ambasciatore di Turchia. Lo dicono istrutto e capace. Godo che abbia trovato minori imbarazzi di quel che si temeva nell'insediamento del Governo a Firenze.

Ho visto Persigny; gli ho fatto complimenti pel suo opuscolo e gli feci

anche sapere, colla debita rbcrva intorno al fondo della questione, che aveva

piaciuto a Lei, del che fu molto lieto.

Ho pure visto d'Azeglio, che partì jeri per Londra. I San Germano lo precedettero d'un giorno '' (1).

(l) Cfr. il seguente brano del r. 245/94 di Maffei del 2 giugno:

(2) -Al r. confidenziale 3, non pubblicato. (3) -Con r. 34 del 3 giugno Barrai aveva comunicato che Bismarck in un discorso alla Camera aveva detto: • qu'une guerre malheureuse pourrait seule faire renoncer la Prusse aux conditions qu'elle avait formulées et à la possession du port de Kiel; et que si aucune entente ne devait intervenir avec les Etats, la Prusse attendrait de pied ferme qu'onvint la déloger des Duchés •.

(l) Cfr. la risposta del Re in data 5 giugno (Le lettere di VittoTio Emanuele II, Vol. Il, pp. 816-817) di cui si pubblica il brano seguente: « Quoique mes idées camme tu le sais déjà, soyent en grande partie égales aux tiennes tu devais pourtant t'attendre à ce que l'Empereur suivant sa politique actuelle ne fììt pas satisfait de ton discours. Ce qui me fache c'est que cet acte de désapprobation ait été aussi publié. Laisse le tranquille poulr quelques temps il reviendra sur ces idées et serà fàché de ce qu'il a fait, car il a besoin

33

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 11. BeTlino, 7 giugno 1865.

Aussit6t après la réception du télégramme d'avant-hier de V.E. (2) je me

'

suis empressé de faire part à M. de Bismarck des importantes informations

qu'il renfermait sur les conditions favorables dans lesquelles s'exerce en Italie

le Commerce Autrichien. Le fait de l'application, dans toute l'étendue du ter

ritoire Italien, de l'Article XV du Traité de 1851, constituc à l'avantage de

l'Autriche un régime de faveur des plus préjudiciables aux intérèts du Zollve

rein; et d'après ce qu'il m'a dit, Td. dc Bismarck va immédiatement, dans une

seconde circulaire, appeler l'atteation des Etats moyens sur cette circ6nstance

ignorée de la plus p<Jrt d'entr'e,Ix e'; dont la révélation inattendue va produire

une très grande sehsation en Allemagne. En effet l'opinion publique déjà si

fortement surexdtée en faveur d'une Conveniion qui ouvre enfin les portes

de l'Italie au Commerce allemand, ne pourra qu'ètre profondément irritée de

voir que pendant que les produits de l'Autriche jouissent du traitement de la

nation la plus favorisée, le Zollverein, seul, gràce aux perfides instigahons du

c~:Linet de Vienne auprès des Cours secondaires, en est encore réduit à la Con

vention surannée de 1843, et subit des pertes considérables dont l'Autriche est

la p1·emière à profiter. D<ms sa circulaire J\T. de Bismarck ne fera pas mention de

cette comparaison qui aurait un caractère d'acrimonie trop personnelle, mais,

m'a-t-il dit, le fait parle de lui-mème, et le sentiment public saura bien le

relever et l'apprécier à sa juste valeur.

En attendant que je fasse connaitre à V.E. l'effet produit par cette deux

ième circulaire sur les Gouvernemens moyens, j'ai l'honneur de Lui transmet

tre ci-joint la traduction de la première communicatiol! à leur adresse (3), qui

Ya incessamment paraìtre dans les journaux Allemands, et dont M. Philipsborn

a bien voulu me faire part. D'après ce qu'il m'a dit, tous les Etats secondaires

ont maintenant fait connaìire verbalement leur manière de voir relativement

à la conclusion d'un Traité de commerce avec l'Italie. Aux premières consi

dérations qu'ont fait valoir la Bavière et la Saxe pour justifier leur refus, ils

en ont ajouté d'autres se rapportant à des m.otifs de fcanillc. C'est dc ces deux

Gouvernements que viendra la résistance la plus opiniatre, et si l'on parvient

à la vaincre tout le reste cédera. Nassau et Darmstadt se sont retranchés der

rière la résolution qu'adopterait Munich. Les Saxes Grand Ducales et Weimar

qui sont plus particulièrement sous l'influence Prussienne ne font qu'une rési

stance d'apparence, et ont demandé à se consulter. Quant au Gouvernement

de Francfort dont les sympathies suivent le cours de la Bourse de Vienne et

sont toujours Autrichiennes, il a répondu qu'étant le siège de la Diète, il croyait

que c'était à cette dernière à se prononcer.

Mais comme j'ai eu l'honneur de le faire observer à V.E. ces premières oppositions auxquelles il fallait s'attendre n'ont aucune importance. Si ces Gouvernemens,-tous vendus à 'l'Autriche, devaient ne tenir compte que de leurs propres sentimens, il n'y a pas de doute qu'ils persisteraient dans leur refus opiniatre, et la Prusse n'aurait pas mème essayé de leur faire changer d'opinion. Mais au-dessus de cette mauvaise volonté il y a la double pression de l'intérèt commerciai et de l'opinion publique; et ces deux élémens coalisés que va mettre en mouvement la P!'esse Prussienne constituent une force redoutable contre laquelle viendra infailliblement se briser la résistance de Gouvernemens trop impopulaires pour oser l'affronter. M. de Philipsborn ne doute pas du succès, seulement, m'a-t-il dit, il faut de la patience: • En attendant, a-t-il ajouté, je puis déjà Vous dire que d'après les rapports de nos Agens, notre première communication a mis toutes les Cours secondail'es dans une ex,trème agitation, et les nouvelles circulaires dont nous la ferons suivre vont leur faire une situation de plus en plus intolérable aux yeux de toute l'Allemagne •.

(l) -Il brano fra asterischi non è edito in Carteggi Nigra. (2) -Cfr. n. 29. (3) -Non si pubblica.
34

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO DELL'INTERNO, LANZA

D. 228. Firenze, 8 giugno 1865.

La stampa liberale tedesca da qualche tempo a questa parte si occupa con vivo interesse dei rapporti commerciali attualmente esistenti tra Italia e Germania e propugna con molto calore la conclusione di apposi,to trattato simile ai trattati testé conchiusi dallo Zollverein colla Francia e col Belgio.

Tra gli altri giornali la National Zeitung di Berlino pubblica su quell'argomento un articolo (l) sul cui tenore il Conte di Barrai richiama la particolare attenzione del R. Governo, ritenendo egli che esso articolo esprima il concetto della maggioranza della Camera prussiana.

Il sottoscritto si pregia di trasmettere all'Onorevole suo Collega dell'Interno tale articolo pregandolo a volerlo far riprodurre senza indugio nella

Gazzetta Ufficiale ed interessandolo altresì a voler promuovere, da akuni fra

più accreditati organi del nostro giornalismo, degli articoli nei quali in ricambio del linguaggio amichevole dei periodici liberali di Germania e segnata· mente di quelli di Prussia, si manifestino i sensi di simpatia che l'Italia nutre per la nobile naZlione germanica e la soddisfazione che dessa proverebbe ove cessassero per parte dei Governi minori di Germania gli ostacoli che si opposero finora allo stabilimento di regolari e favorevoli rapporti commerciali fra i due paesi. La stampa italiana potrà fare sentire altresì che per tale rispetto tutti in Italia vedranno con viva soddisfazione che le più larghe e più favorevoli concessioni siano accordate alla Germania.

Il Gabinetto particolare di questo Ministero già prese per parte sua opportuni provvedimenti perché corrispondenti di giornali tedeschi tanto in Francia che in Italia facciano palesi le buone disposizioni dell'opinione in Italia a tale riguardo.

(l) Con d. 229 del 10 giugno !;a Marmora sollecitò presso il ministro dell'Interno la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'articolo della Nationa! Zeitung, già riportato da varii giornali italiani.

35

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 203. Parigi, 8 giugno 1865.

Ho l'onove di segnare vicevuta all'E.V. del dispaccio in data del l • corrente circa l'incidente insorto a Scutari per gli affari del Monrtenegro (1).

Parlai jeri l'altro di quest'incidente a S.E. il signor Drouyn de Lhuys, ed avendolo trovato disposto a favorire l'intervento di Italia :in questa, e nelle altre questioni simili gli rimisi a titolo di semplice memoria degli argomenti che gLi avevo esposti a voce una nota verbale di cui mi pregio inviare copia all'E.V. (2).

ALLEGATO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

NoTA VERBALE

Dans le mois de Mars 1865 le Consul d'Italie à Scutari, Albanie, reçut du Gouvernement Ottoman à Scutari l'invitation de prendre part avec les Agents Consulaires de France, d'Angleterre, de Russi e et d'Autriche à une conférence pour discuter sur une violation de territoire commise par 150 Monténégrins armés. Le Consul d'Italie signait en conséquence avec les autres Consuls une dépéche collective au Prince de Monténégro pour l'engager à empécher dans l'avenir le renouvellement de ce fait.

Par suite, à ce qu'il parait, des réclamations de l'Internonce d'Autriche à Constantinople, le Gouvernement de la Sublime Porte aurait reproché au Gouvernement de Scutari d'avoir admis l'intervention du Consul d'Italie dans cette affaire.

Postérieurement le Prince de Monténégro a adressé sur ces faits une communication aux Agents Consulaires des Puissances garantes à l'exception du Consul d'Italie.

Les affaires du Monténégro touchent comme celles des Principautés Danubiennes, et de la Servie au principe d'intégrité de l'Empire Ottoman, que le traité de Paris a mis sous la sauvegarde des Puissances garantes. Il parait donc incontestable qu'on doit leur appliquer l'art. 7 de ce traité.

En effet soit pendant les hostilités entre la Turquie et le Monténégro, soit pendant les négociations pour la pacification de ce pays, le Ministre d'Italie à Constantinople a été appelé plusieurs fois à prendre part aux démarches des Puissances garantes, et il a reçu à ce sujet plusieurs communications officielles du Gouvernement de la Sublime Porte.

Le droit du Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie est donc consacré en principe par le traité de Paris, et il a reçu en outre la sanction pratique par des précédents dont on ne saurait contester l'autorité et la valeur (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Con r. 207 del 15 giugno Nigra informò che Drouyn de Lhuys aveva scritto a Costantinopoli per appoggiare la domanda d'intervento dell'Italia.
36

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S.N. Belgrado, 8 giugno 1865.

Tandis que les Consuls Généraux d'Angleterre et de France s'abstiennent voici [sic] leurs Gouvernements de prendre part aux fetes Serbes et l'Autriche affecte indifférence, le Consul Général de Russie qui se trouV1ait à Moskou profitant du congé pas encore expiré reçoit tout-à-coup l'ordre de retourner à son poste pour présenter au Prince Miche! pendant les fètes le Grand Cordon de l'ordre de Saint Alexandre. On a poussé et on pousse toujours plus, maladresse incroyable, la Serbie dans les bras de la Russte et celle-ci fait des efforts pour mieux se la affectionner et se rendre sympathique aux Serbes de l'Autriche et peut etre aussi pour contrebalancer influence française dans les Prin

cipautés Unies et l'anglaise à Constantinople mais n'importe pour quel but. Le mal est que cela pourrait bien finir pour nous ètre nuisible à moins qu'elle ne pousse la Serbie à l'insurrection; la Serbie n'aimerait pas mieux si elle y voyait quelque chance de succès mais pour le moment je ne crois pas que ni l'un ni l'autre feraient une pareille chose.

Les journaux autrichiens font grand bruit de l'accueil enthousiaste fait à l'Empereur à Pesth. Les renseignements que je me suis procuré avec beaucoup de ménagement surtout à la Légation de Suède et de Russie 'et à des témoins oculaires confirment ce que en disent les journaux.

Il parait que Deak s'est entendu avec l'anoien parti Conservateur et que l'accord avec l'Autriche est presque assuré, cependant ce n'est pas encore un fait accompli.

(l) Annotazione marginale: • Inviare come pro-memoria questo documento alle Legazioni accreditate presso quelle Potenze garanti che non sarebbero state ancora da noi avvisate del fatto né pregate di riconoscere il nostro diritto (d'ordine di S.E.) •.

37

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 40. Baden, 9 giugno 1865 (per. il 13).

Je m'empresse d'accuser réception de la Dépéche de Cabinet N. 20 (l)

au sujet de l'initiative Prussienne et de l'état des négociations avec le Cabinet

de Berlin pour un Traité Italo-Allemand.

Les notions que V.E. a bien voulu me communiquer me mettent à méme

de bien connaitre les vues du Gouvernement du Roi sur cette impor.tante que

stion et le terrain sur lequel •l'Italie est en droit de se piacer pour offrir à

l'Allemagne le trai·tement de la Nation la plus favorisée, fondé sur le principe

de parfaite réciprocité.

J'ai eu l'honneur d'entretenir hier longuement le Baron de Roggenbach à Carlsruhe de ce qui forme l'objet de la Dépéche précitée. Le Ministre Badois tout en appréciant les bonnes dispositions du Gouvernement du Roi, et en approuvant i'abstention de l'Italie à ne point prendre d'initiative, ni se mé1er des négociations entre la Prusse et les autres Confédérés du Zollverein, de méme que de ne point exiger la reconnaissance préalable de la part des signataires éventuels du Traité, n'est pas tout à fait d'accord sur l'utilité au point de vue Italien, de bruler, pour ainsi dire, nos vaisseaux au sujet de toute décision à venir relativement au bia.is indiqué par lui et dont il est question dans ma Confidentielle 39 (2).

S.E. semblait persister dans conviction qu'il serait plus avantageux pour nous de réserver la question de l'application du Traité aux Etats Allemands qui l'auraient ratifié, pour amener plus promptement les autres Membres du Zollverein rénitents à en faire autant, forcés par leurs propres populations que le refus Gouvernemental mettrait dans une situation si désavantageuse.

Je me suis permis de répondre à cette remarque particulière en observant au Baron de Roggenbach que sans discuter la question de dignité et des difficultés, ou plutòt impossibilités Parlementaires, justement mises en re1i.ef dans la Dépéche de V.E., il me semblait qu'en admettant le fait d'une pression morale, comme le prévoyait et l'assurait mon interlocuteur, de quelques milliers de Commerçants et Industriels Bavarois, Wurtembergeois ou autres pour faire adhérer leur Gouvernement au Traité, cette p11ession seraH bien plus forte et efficace de la part de toute l'Allemagne lorsqu'e11e se verrait privée à cause de la Constitution particulière du Zollverein et par la résistance de quelques Gouvernements de jouir en masse sur le marché Italien des avantages assurés à la plus part des Etarts Européens.

Du reste ma conversation sur ce point n'avait aucune portée officielle, ainsi que j'ai eu soin de bien le constater d'avance, m'étant borné, pour ce

qui concernait le Ministre Badois, à me conformer aux instrucHons que V.E. m'a fait l'honneur de me transmettre.

Avant de prendre congé le Ministre m'à répété que quant à Bade il n'avait pas besoin de m'assuver étre prét à adhérer au Traité, et lui personnellement faire des voeux pour sa conclusion dans l'dntérét Allemand aussi bien que dans l'intéret Italien.

Quant aux autres Etats qui n'ont pas reconnu l'Italie, malgré les réponses plus ou moins négatives à Berlin du Wurtemberg et de la Bavière surtout, laquene semble avoir fait ces jours-ci des réprésentations assez accentuées aux ouvertures Prussiennes cont:-c l'éventualité de notre Traité, le Wurtemberg et la Bavière eux-mémes, ainsi que les autres Etats du Zollverein, au dire de M. de Roggenbach, ne pourront pas résis·ter longuement à la croisade que faìt déjà la Presse libérale Allemande, et que feront bientòt le Commerce et l'Industrie de chaque Pays en faveur du Traité Italo-Allemand.

Le Ministre de Prusse, en général peu expansif dans les rapports politiques avec ses Collègues, m'a parlé ces jours-ci chez lui, avant la réception de la Dépéche de V.E., de notre Traité avec la Prusse, et du désir sincère de la part de son Gouvernement de voir aplanir les difficu1t~ qui s'opposent, par le fait de nos rapports actuels avec les Etats Secondaires Confédérés, à 1la conclusion d'accords Commerciaux aussi avantageux et désirables pour l'Allemagne que pour l'Italie.

Le Comte Flemming avait reçu de Berlin la Copie de la Note du Comte de Barrai et communication des expLications de S.E. M. de Bismark au Parlement, documents qu'il venait d'envoyer à M. de Roggenbach.

Mon Collègue m'a répété à peu près de prime abord les arguments de

M. de Roggenbach, relatés dans ma Confidentielle XXXIX, pour prouver combien il serait désirable et utile à l'Italie elle méme dans l'intérét politique de faire des concessions que mon interlocuteur reconnaissait lui-méme momentanément désavantageuses pour nous. A quoi j'ai répliqué ce que j'avais cru devoir répondre en thèse générale aux ouvertures du Baron de Roggenbach en constatant entre autres nos difficultés Parlementaires pour faire approuver un Traité qui n'offrirait pas une entière réciprocité et porterait atteinte, meme apparemment à la dignité et aux intéréts du Pays.

M. de Flemming m'a semblé admettre, en continuant notre entretien de la manière la plus cordiale, la portée de mes observations et m'a témoigné l'espoir que les bonnes dispositions du Gouvernement Prussien et l'opinion publique Allemande, laquelle a fait de grands progrès dans ces derniers temps en notre faveur, influeront en présence des grands avantages du Traité éventueil., sur la situation, pour vaincre les préjugés. politiques de l'Allemagne à notre égard.

Hier à une soirée chez lui j'ai dit à mon Collègue de Prusse avoir reçu depuis notre dernier entretien des communications et des instructions de V.E. au sujet du Traité en lui •exposant brièvement la posHion expectante que le Gouvernement du Roi venait de prend!'e tout en continuant à étre animé des meilleures dispositions envers la Prusse et S.E. M. de Bismark, dont l'attitude bienveillante, loyale et spontanée avait été fort appréciée à Florence, et qui a paru de son còté apprécier, à la suite des explications échangées de part et d'autre, l'importance des raisons qui nous déterminent à regarder un Traité formel et l'adhésion en bonne et due forme de tous les Etats Membres du Zollverein, avec la condition sine qua non de toutes les ratifications Souveraines pour le rendre exécutoire, comme le seul mode admissible pour la conclus•ion d'un Traité entre l'Italie et le Zollverein. lVI. de Flemming m'a répondu que de son còté il venait aussi de recevoir des communications de Berlin dans l'intérèt de ce Traité, au sujet desquelles il ava..it adressé le matin mème une Note à M. de Roggenbach, se montrant très satisfait de voir si appréciées par nous l'attitude et les déclarations de son Gouvernement, ainsi que l'attitude de la presse Prussienne et la publication des Dépèches de M. de Bismark dans l'intérèt commun.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Prince Guillaume de Baden a daigné me faire longue visite il m'a demandé avec empressement nouvelles politique Italie et parlant du traité Italien-Prussien à déploré et désapprouvé ouvertement difficulté créée par Etats secondaires Allemands dont il connaissait pas exactement portée; j'ai cru, pour mieux mettre à mème de juger situation, pouvoir lire a Son Altesse dépèche de cabinet de V. E·.

Après lecture écoutée avec grande attention Prince m'a dit ne pouvoir qu'apprécier justesse de nos raisons, trouver correcte notre manière de piacer question et déplorer davantage attitude des Etats secondaires Allemands.

So n Altesse en parlant de l'Allemagne m'a dit à deux reprises ètre un grand malheur pour elle que Autriche soit toujours par sa politique la plus grande ennemie des intérèts Allemands.

J'ai appris ces jours derniers que Prince a dit quelque part que l'Italie avait raison et Etats secondaires Allemands étaient plus que jamais dans leur tort de ne pas conclure de suite un traité avantageux pour l'Allemagne.

(l) -Cfr. n. 26. (2) -Cfr. Serie l, vol. V, n. 710.
38

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 128. Firenze, l0 giugno 1865.

Trasmetto a V.S. Illustrissima in seno alla presente un estratto di Dispaccio del R. Ministro in Berlino (l) in cui trovansi testualmente riprodotte alcune notevoli parole che in recente colloquio col Conte di Barrai il Signor di Bismarck diresse al medesimo sull'argomento del progettato Tratta•to Commerciale tra l'Italia e lo Zollverein.

Lascio a Lei di giudicare se e in qual modo si possa da codesta Legazione

promuovere nella stampa qualche manifestazione nel senso accennato dal Si

gnor di Bismarck.

Questi dichiarò ulteriormente al Conte di Barrai che non annetteva im

portanza al rifiuto già espresso dalla Baviera di accettare la proposta prussiana

né considerava come serie le risposte evasive finora pervenute dalla Sassonia,

dal Wurtemberg, dall'Annover e dall'Assia Elettorale i cui Governi chiedono

che la questione venga deferita alla Dieta di Francoforte.

Soggiunse il Presidente del Consiglio di S.M. il Re di Prussia che egli aveva

motivo di ritenere che tanto per mezzo della stampa quanto in v1ia di interpel

lanza in seno alle varie Camere la pubblica opinione eserciterà una forte pres

sione sulle deliberazioni degli Stati minori ai quali, secondo lui, tornerà perciò

meno agevole lo sottrarsi con persistenti dinieghi alle insistenze pressoché

unanimi delle popolazioni.

Intanto come EHa sa, i giornali pubblicano la circolare colla quale il Governo prussiano espone ai suoi Confederati dello Zollverein lo stato della questione.

Passando a discorrere della vertenza dei Ducati dell'Elba il Signor di Bismarck disse al R. Inviato che sebbene i rapporti tra i Gabinetti di Berlino e di Vienna siano nei peggiori termini possibili, il Governo Prussiano tuttav~a non piglierà l'iniziativa d'una rottura coll'Austria, volendone lasciare a questa la responsabilità, ma assumerà atteggiamento energico nei Ducati e procederà ad atti di possesso, lo che potrà indurre il Gabinetto di Vienna a decide~i sulla linea di condotta che avrà da seguire.

Segnando ricevuta dei Dispacci di Serie Politica N. 198 (l) e 199 (1)...

(l) Cfr. n. 30.

39

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 12. Berlino, 10 giugno 1865.

J'ai eu l'honneur de recevoir la dépéche de V.E. en date du 3 Juin (l) et je m'empresse de Lui offrir mes remercimens pour la communication qu'Elle a bien voulu y ajouter de la circulaire adressée aux Missions de S.M. en Allemagne au sujet de notre futur Traité avec le Zollverein (2).

* V.E. trouvera ci-joint la nouvelle circulaire du Cabinet Pruss,ien à ses Agens près les Gouvernemens secondaires pour appeler la sérieuse attention de ces derniers sur la situation extrèmement désavantageuse dans laquelle se trouve placé en Italie le commerce du Zollverein en comparaison de1s conditions tout à fait favorables faites à celui de l'Autriche par suite de l'application de l'article 15 du Traité de 1851. Ainsi que m'en avairt prévenu M. de Bismarck, la circulaire s'abstient de tout commentaire sur la circonstance si remarquable que l'Autriche, tout en conseillant aux Gouvernements du Midi de ne pas re

connaìtre l'Italie, se garde bien de leur dire que ses propres relations commerciales avec le nouveau Royaume sont parfaitement à couvert et jouissent dans toute l'étendue du territoire Italien du traitement de la nation la plus favorisée * (1). Mais le fait par lui mème, aussi bien que les conséquences qui en dérivent, sont trop saisissants pour ne pas sauter aux yeux de tout le monde et la Presse d'un commun accord avec les différentes Chambres de Commerce ne manqueront pas de faire ressortir la complicité coupable des Gouvernemens du Zollverein, qui non seulement trahissent les intérèts de l'Allemagne, mais encore sont dupes de l'Autriche.

En attendant qu'ils publient la nouvelle circulaire du Gouvernement Prussien, les journaux allemands donnent déjà le texte de l'article 15 du Traité du 18 Oetobre 1851; et les commentaires dont ils l'accompagnent sont de nature à produire une grande sensation en Allemagne. Je joins ici la traduction d'un de ces commentaires tiré d'un article de fond de la Gazette Nationale de ce matin (2), qu'il serait très à propos de faire reproduire par nos journaux.

Si à tous ces moyens d'action sur l'opinion publique le Cabinet Prussien peut ajouter, comme j'ai eu l'honneur d'en faire la demande à V.E., le fait de notre consentement à traiter sur la base du récent Traité Anglais que tous les Gouvernemens du Zollverein viennent de ratifier, la lumière se fera tellement vive en Allemagne, et d'autre part la mauvaise foi des Gouvernemens sera mise tellement en évidence que leur position ,en devenant intolérable, les forcera nécessairement à changer d'attitude à notre égard.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 26.
40

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 145. Firenze, 11 giugno 1865, ore 12,40.

Votre dépèche du 7 (3) indique que mon télégramme du 5 (4) a été inexactement compr1s. L'Autrkhe jouit dans toutes nos provinces, ensuite des mesures d'unification et sans réciprocité du traitement stipulé par traité 1851, mais eHe n'a pas demandé et en conséquence n'a pas été admise jusqu'à présent à profiter de l'article 15, ni par conséquent à jouir des concessions accordées dans nos récents traités avec France, Angleterre etc. Toutefois si l'Autriche en fait la demande et si elle accorde réciprocité de traitement à toutes nos provinces, nous ne pouvons pas lui contester la jouissance gratuite et de plein droit du traitement de la nation la plus favorisée aux termes de l'article 15 (5).

(l) -Il brano fra asterischi è edito, in italiano e con varie modifiche, in LV8, p. 201. (2) -Non si pubblica. (3) -Cfr. n. 33. (4) -Cfr. n. 29. (5) -Con t. 148 del 12 giugno Cerruti comunicò a Barrai che dal 1859 l'art. 15 non era stato applicato neanche nelle antiche province sarde.
41

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 147. Firenze, 12 giugno 1865, ore 11,50.

Sur le désir exprimé par M. de Bismarck, et vu le traité anglo-prussien que vous m'avez envoyé, vous pouvez lui répondre que nous n'aurions pas difficulté à prendre pour base d'un traité commerce le traité anglo-prussien. Cependant, cette déclaration de votre part ne doit pas avoir ce caractère d'une offre de notre part, mais celui d'une réponse à l'initiative prise à cet égard par M. de Bismarck (1).

42

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. (2). Firenze, 12 giugno 1865.

Le Gouvernement autrichien ayant eu à exprimer sa manière de voir sur l'enròlement de volontaires catholiques étrangers destinés, aux termes de l'Artide III de la Convention du 15 Septembre 1864, à maintenir l'Autorité du Saint Père et la tranquillité tant à l'intérieur que sur la frontière, il crut pouvoir demander au Gouvernement français s'il ne serait pas utile de stipuler de concert avec les autres Etats catholiQues où ces troupes seraient recrutées, certaines garanties q_ui auraient pour conséquence d'augmenter la valeur morale du fait de la formation de ce corps.

Le Gouvernement français en réplk:uc à cette ouverture s'empressa de placer la question dans ses vérilables termes et déc,Jara pour couper court à tout malentendu, qu'il ne s'agit nullement de substituer une occupation catholique à l'occupation française ni d'orgzniser un corps de troupes représentant tel ou tel état catholique; mais qu'il peut etre question uniquement et dans le cas seulement où le Saint Siège qui n'a point encore manifesté ses dispositions à cet égard, le jugerait utile, de faciHter et de contròler l'enròlement de volontaires destinés à former une légion étrangère qui serait au service du pape et n'aurait d'autre drapeau que le drapeau pontificai, conformément aux stipulations arretées dans la Convention du 15 Septembre; il a ajouté que par conséquent il n'y avait pas Heu d'admettre d'autres garanties qui fausseraient le caractère de la dite Convention.

En vous faisant connaitre cette circonstance confidentiellement et pour votre information particulière ...

(l) -Questo telegramma fu redatto dopo una consultazione telegrafica con Sella che si trovava a Torino (cfr. t. 195 di Sella del 12 giugno). (2) -A Berlino il dispaccio venne inviato col n. 7 e a Pietroburgo col n. 14.
43

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. 17. Firenze, 12 giugno 1865.

Je vous remercie des détails que vous m'avez donnés par votre dépéche

confidentieHe N. 27 (1) sur la manière de voir du Prince Gortschakoff à l'égard

des négociations que M. Vegezzi a été chargé de conduire avec la Cour de Rome.

Je n'ai pas, pour le moment, de nouv·elles ultérieures à vous donner sur ces

négociations; elles sont toujours pendantes et rien n'a été conclu jusqu'ici.

Les larges concessions que le Gouvernement du Roi est disposé à faire au

Saint-Père, en restant, bien entendu, scrupuleusement dans les limites d'un

arrangement purement ecclésiastique, autorisent à espérer que les négociations

auront un bon résultat.

J'approuve entièrement le langage que vous avez tenu en cette circonstance

au Prince Gortschakoff ... (2).

44

L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Roma, 12 giugno 1865.

Giunti in Roma diemmo notizia del nostro arrivo al Cardinale Segretario di Stato il quale dagli ufficiali della frontiera era per telegrafo .stato ragguagliato già del nostro prossimo arrivare: succe-ssivamente visitandolo lo pregammo di accordarci udienza come prima lo potesse: egli aderì cortesemente dandocela quasi immediata: ci diemmo poi a raccogliere i maggiori possibili riscontri di quanto si fosse operato durante la nostra assenza, e ci risultò che tutto l'estremo partito nero usò ogni mezzo per distorre il Santo Padre dal dare seguito ai trattati, nei quali dice contenersi il preludio della rovina della

S. Sede, ad ogni modo certamente il suo disdoro. Seppimo pure che i sebbene pochi ai quali lasciavamo raccomandata la nostra causa, non intralasciarono, per quanto poterono osare, di controbHanciare cotali mene: perciò, comunque fredde non ostanti i calori· estivi, furono cortesissime sempre le accoglienze avute, e ci parve conservata, per fermo volere del S. Pontefice, la risoluzione di continuare i trattati per portarli ad esito. Avemmo col Cardinale Segretario di Stato ripetute udienze, lunghissime discussioni; accennerò soltanto di volo che

parlammo prima dei Vescovi assenti, e del loro ritorno; quindi venimmo ai preconizzati, ed avemmo immediatamente di fronte le quistioni deHo exequatur e del giuramento, la quale ultima, come principalissima, ed assorbente in sé quasi le altre, ci premeva di mettere ,subito a galla. Come era nostro dovere ci siamo attenuti rigorosamente alle istruzioni, non senza osservare che, tranne il ritorno dei Vescovi assenti, rimaneva inutile il discorrere delle altre cose non riuscendo un concordio sul giuramento dal quale non potevamo declinare. La discussione fu lunga e ripetuta; la questione fu discor,sa sotto tutti gli aspetti che aveva, e persino sotto quelli che non aveva. E quantunque ci sembrasse che si fosse presa, prima ancora di parlare con noi, una risoluzione negativa, tuttavia con modi rispettosi dichiarammo, che non avremmo potuto ritenere per buona la nega>tiva se non se ne faceva speciale parola al S. Padre. Ci fu ripetuto in varie guise, che volendosi da noi il giuramento, si voleva una ricognizione esplicita in diritto: ci furono opposti gli esempi della Spagna, della Francia nei primi anni del regno di Luigi Filippo, della Russia per la Polonia: il giuramento non venne ammesso mai in semplici ricognizioni di fatto: fu sempre oggetto di concordati che ne stabiHvano anche la formola. Non la intratterrò delle nostre risposte, avvertendo solo che dovemmo animarci di più nel persistere nella dimanda atteso il valore, che vedevamo attribuirsi al giuramento, e che a nostro avviso realmente non ha, ma che non volemmo contrastare in

ora, appunto perché lo esigiamo. Sebbene la discussione non lo esigesse, pure abbandonando per qualche istante il giuramento, toccammo alle altre divergenze sul numero delle sedi, ed anche in massima delle persone, ma per ,tornare poi alla questione del giuramento. Il Cardinale Segretario di Stato annuì alle nostre istanze di parlarne al S. Pontefice: pQscia abbiamo saputo che, immediatamente dopo l'ultima udienza, ne trattò con Lui; che il S. Padre adunò la Congregazione dei Cardinali degli affari ecclesiastici straordinari, convocandola senza dare 1e dilazioni d'uso, e senza cenno del motivo dell'adunanza: che la Congregazione tenne già una riunione nella quale non fu presa risoluzione, essendosi ravvisato necessario lo studiare il quesito: che intanto molte notabtlità per dottrina furono invitate quale dai Cardinali, quale dal Pontefice, ed invitate a dare voto. Questa fase della discussione non potrà a meno di occasionare qualche dilazione, di cui perciò male ci dorremmo, poiché v,ediamo che delle nostre istanze si fa tanto caso. Non oseremmo predire l'esito di codeste consultazioni; siamo però portati più facilmente a credere che il giuramento non sarà ammesso. Qualunque però sia l'esito non fu la nostra dimanda respinta per sistema, fu pvesa in quella massima considerazione che volevamo, fu usato tutto il riguardo che potevamo sperare.

Non occorre che io noti a V. E. come ci siamo fatto un dovere di porre in rilievo che si ravvisava nel giuramento un'esplicita politica ricognizione del Regno d'Italia in diritto; e se per questo motivo si voleva respingere, noi eravamo in ragione di dire che per una considerazione puramente politica la S. Sede avrebbe intralasciato di appagare una necessHà, una esigenza religiosa tanto vivament,e sentita da Lei; e che noi a ciò non potevamo credere. Anzi per crescere gl'inconvenienti del rifiuto del giuramento lasciammo intravedere, che quando al contrario si accogliesse, sugli altri punti anche del numero delle sedi

avrebbero trovato più proclive il Governo del Re a piegarsi ai desideri della

S. Sede perché ,eminentemente religiosi. Quando il giuramento si accettasse richiedendo qualche maggiore provvisione oltre le accordate nelle istruzioni, io voglio credere che V. E. ci darà i poteri per consentirle: per ora basti averlo accennato, perché il dimandarlo sarebbe intempestivo non essendo ancora il giuramento accettato.

Compiuto questo mio debito di darle un qualche conto di ciò che si fece, ond'Ella non creda che stiamo ozioseggiando fra questi poco amabHi calori, io debbo pregare V. E. perché voglia ricordar,si di far tenere al Cav. Maurizio mio collega la lettera che il Comm. Vacca mi promise, colla quale gli sia ufficialmente confermata la qualità di Aggiunto alla mia missione. Egli tiene ciò in grande calcolo; a mio avviso egli ha ragione; ed io vivamente desidero che questa sua giusta speranza sia appagata. Vivissima ne presento perciò la preghiera all'E. V.

(l) -Cfr. n. 15. (2) -Con d. 16 dello stesso 12 giugno La Marmora comunicò a Launay che Inghilterra,Francia e Prussia avevano adottato il punto di vista italiano sulla forma degli atti relativi alla navigazione del Danubio ed espresse la speranza che Gorcakov sarebbe stato dello stesso avviso.
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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 250/97. Londra, 12 giugno 1865 (per. il 15).

Nella mia visita a Lord Russell ieri feci parola di quanto V.E. mi scrisse sul dispaccio (senza numero e indicazione di categoria) in data del l o giugno (l), relativamente alle istruzioni a darsi per la nostra ammissione nel discutere che si facessero gli affari del Montenegro.

E difatti Lord Russell pienamente ammise il nostro diritto d'intervenire aggiungendo che se aveva fatto un'eccezione era per gli affari di Siria. Ma che il Montenegro rientrava in quelle questioni dipendenti dal trattato di Parigi. Onde gli chiesi licenza di comunicargli officiosamente il dispaccio di

V.E. in cui parlasi della vertenza or ora occorsa a Scutari e cosi potrebbe Mylord farsi una idea più precisa di quanto era accaduto e dar istruzioni in proposito a Costantinopoli. Del resto pare che anche riguardo ai protocolli della Commissione Danubiana siano per essere firmati a Costantinopoli invece di Galatz, avendo Lord Russell mandato istruzioni in proposito come essendo più agiato lo intendersi fra i Plenipotenz,iari nella Capitale. Ed intanto si sono mandate istruzioni a Vienna citando i precedenti di Bruxelles e Parigi, onde ottenere se sia possibile di applicarli anche alla Commissione Danubiana.

Il Marchese di S. Germano avendo ricevuto da Torino notizie non buone della salute di suo padre, mi sono creduto autorizzato a permettergli d'andare ad accompagnare sua madre che parte stasera a quella volta.

(l) Non pubblicato.

46

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. P.S.N. Parigi, 12 giugno 1865.

Facendo seguito ad altre mie precedenti comunicazioni dello stesso genere, ho l'onore di trasmettere a V.E. le indicazioni contenute nel foglio qui annesso, di cui La prego di voler fare l'uso riservato che la cosa richiede.

ALLEGATO

Parigi, 11 giugno 1865.

D'après des renseignements que l'on ne peut donner que sous toute réserve, Garibaldi songerait, en ce moment, à faire une nouvelle expédition. Il a envoyé dernièrement en Angleterre un de ses agents, par l'intermédiaire duquel douze ou quinze jeunes gens ont été enròlés; on leur a remis de l'argent pour se rendre à Génes, en leur disant que le but de l'expédition était Venise.

On a lieu de croire que Garibaldi cache le véritable but de cette expédition qui serait dirigée contre Rome. Il quitterait prochainement Caprera sur son yacht, avec une quarantaine de ses partisans les plus dévoués, pour aUer débarquer sur le littoral occidental de l'ltalie, au nord de Rome, à la hauteur de Perugia, où l'attendrait un certain nombre de garibaldiens qui s'y rendraient sur un petit bateau à vapeur, pouvant contenir de 5 à 600 personnes que Garibaldi chercherait, en ce moment, à louer à Gènes.

Garibaldi posséderait une certaine somme d'argent pouvant s'éléver à 40 ou

50.000 francs. Quant aux armes, elles lui seraient fournies par Dolfi qui, depuis plusieurs années, a à sa disposition des armes achetées pour le compte de Garibaldi et qui devrait, au premier ordre, les expédier sur le point qui serait indiqué (1).

47

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LV 8, pp. 198-200, con data 11 giugno)

D. S.N. Firenze, 13 giugno 1865.

La circulaire dont S.E. M. de Bismarck accompagne l'envoi aux Gouvernements membres du Zollverein de votre dépèche adressée à S.E. en date du 22 Mai, est une nouvelle preuve que le Cabinet de Berlin est guidé, dans cette circonstance, par les notions les plus justes et les plus élevées sur les intérets de l'Allemagne. Tout en continuant à rester entièrement étrangers aux négociations dont cette pièce paraìt marquer le début entre la Prusse et les Etats

moy,ens, nous en suivrons la marche avec intéret et sympathie. Nous connaissons trop bien les Iiens de Cour et les affinités politiques où quelques uns des Gouvernemens Al1emands sont engagés, pour ne pas prévoir que de longues hésitations et des divergences intérieures d'un caractère plus ou moins grave seront chez les Etats moyens et pour un temps peut-etre assez long le principal résultat des ouvertures prussiennes. Quoi qu'il en soit, nous nous associons sincèrement aux souhaits que forment aujourd'hui l es meilleurs amis de l'AHemagne, pour que les besoins économiques, le commerce et l'industrie de cette nation ne soient pas sacrifiés dans cette occasion à une politique d'antagonisme qui nuit avant tout à ses auteurs.

Comme nouvel éclaircissement sur nos dispositions à l'égard des négociations commerciales qui pourront ultérieurement avoir 1ieu entre 1es deux pays,

S.E. M. de Bismarck à ce que Vous me faites connaitre par Votre dépéche du 5 Juin (l) désire savoir si nous consentirions, le cas échéant, à traiter sur la base du traité anglo-allemand. * Ayant pris connaissance du texte de ce traité, joint à Votre dépéche commerciale du I.er Juin * (2), je ne vois, non plus que mes Collègues 1es Ministres des Finances et de l'Agricolture et Commerce, aucune difficulté à ce que 1es bases du traité Anglo-Allemand soient admises pour le futur traité de commerce entre l'Italie et le Zollverein. Je dois à cette occasion confirmer ce que j'ai eu plus d'une fois l'occasion de dire à M. le Comte d'Usedom: c'est que lorsque ces négociations viendraient à s'ouvrir, la Prusse nous trouverait préts à accorder les faveurs commerciales les plus larges.

L'importance des rapports futurs entre l'Italie et l'Allemagne en dehors des relations officielles entre Gouvernemens est telle à nos yeux, que nous n'épargnerions pour préparer et faciliter oes rapports aucune des concessions que peut autoriser l'état actuel de nos traités de commerce comme de ceux du Zollverein avec les autres puissances. C'est dans ce sens que Vous voudrez bien répondre aux demandes d'éclaircissements préalables de M. de Bismarck et Vous étes spécialement autorisé à répondre affirmativement à sa question relative à l'acceptabilité de notre part des bases du traité Anglo-Allemand.

A l'égard du traitement dont jouit actuellement l'Autriche en Italie, et que

M. de Bismarck désire connaitre exactement, Vous pourrez l'informer que le traité Austro-Sarde de 1851 a été étendu à tout le Royaume, par mesure d'unification et s'y trouve appliqué sans réciprocité de la part de l'Autriche, qui continue à appliquer à une partie de nos exportations des clauses de traités qui sont périmés, et à adresser pour les formalités nécessaires les provenances de quelques uns de nos ports à de prétendus Consuls qui ne représentent aucun Etat actuellement existant. L'artide 15 du traité austro-sarde de 1851, par lequel le traitement de la Nation la plus favor,isée sera appliqué de plein droit et à titre gratuit par chacun des deux Etats à l'autre, n'a pas eu d'application pour l'Autriche dans les Etats du Roi depuis 1859, l'Autriche ne nous ayant jamais demandé depuis l'époque de l'agrandissement du Royaume, à jouir des faveurs accordées par les traités de commerce et de navigation postérieurement conclus par nous.

L'Autriche en fait ne jouit donc pas plus que le Zollverein des avantages qu'assurent au comme·rce de la France, de l'Angleterre ecc., nos traités récents avec ces Etats: mais l'Autriche conserve actuellment cet avantage sur le Zollverein, que pour etre admise à en jouir, elle n'a pas besoin, comme celui-ci de conclure avec l'Italie un arrangement particulier et de compenser par des concessions équivalentes celles qui lui seraient faites, mais seulement d'invoquer expl'essément le bénéfice de l'artide 15 en accordant dans les formes requises par notre dignité la réciprocité dans l'Empire à tout le Royaume d'Italie sans distinction de provinces.

Le mouvement d'opinion très favorable qui se manifeste dans la presse Allemande à l'égard de ces négociations a produit la meilleure 1impression en Italie. Les journaux 1es plus imporlants de la Péninsule témoignent à l'envi des sympathies du peuple italien pour la noble nation Allemande, et reconnaissent le caractère éclairé et libéral de l'initiative prise par la Prusse pour un rapprochement si profitable aux intérets des deux pays.

Je continue à compter sur votre activité et votre sagesse éprouvée, M. le Comte, afin que quelle que soit l'issue des négociations actuelles, 1e Gouvernement du Roi puisse se rendre le témoignage de s'etre preté, dans l'intéret des deux peuples, à tout ce Que pouvait lui permettre le soin légitime de sa dignité (1).

(l) Annotazione marginale: c Comunicato all'Interno •·

(l) -Cfr. n. 30. (2) -Non pubblicato. Il brano fra asterischi è omesso in LV8.
48

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (2). Carlsruhe, 13 giugno 1865 (per. il 16).

Faisant suite confidentiel quarante (3), j'informe V.E. que Roggenbach a donné ordre Ministre Badois Berlin de déclarer que Bade adhèrera traité éventuel entre Italie et Zollverein selon les conditions Italiennes. Il me revient de bonne source l'idée conçue comme simp1e projet pour gagner plus facilement Bavière et Saxe au traité Italie-Zollverein d'améliorer le cas échéant situation financière des dynasties dépossédées alliées de Bavière et Saxe. Je me suis abstenu de toute réfl.exion et en réfère seulement à titre d'indice sans en connaitre au juste la portée.

(l) Con r. 15 del 19 giugno Barrai annunziò di aver comunicato a Thile il contenuto di questo dispaccio e di avergli dato copia di alcuni articoli dei giornali L'Opinione, La Perseveranza e La Nazione sulla questione del trattato di commercio.

(2) -Al r. 37. (3) -Cfr. n. 37.
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 119-121)

L.P. Parigi, 13 giugno 1865. Ieri andai a Ivieudon a far visita al Principe Napoleone. Lo trovai a letto, costrettovi da due contusioni, una al ginocchio e una al tergo, che riportò dalla caduta che fece sabato scorso presso l'Ippodromo. Era in piccola vettura americana e guidava egli stesso il cavallo, che s'impennò. Il Principe fu balzato dalla vettura ed una delle ruote gli passò sul ginocchio. Per ventura la carrozza era leggerissima e non cagionò frattura. Fra due o tre giorni il Principe sarà ristabilito. Quando entrai dal Principe vi trovai la Principessa Clotilde e la Principessa Matilde che era venuta a posta a pigliar nuove del cugino da S. Graziano, ove si recò in villeggiatura da otto giorni. Quando rimasi solo, il Principe mi disse che jeri doveva veder l'Imperatore ma che l'accidente arrivatogli ne lo aveva impedito. Aveva perciò mandato il Generale Franconnière, suo primo Ajutante di Campo a scusarsi presso l'Imperatore e a narrargli l'accaduto. L'Imperatore disse a Franconnière che avrebbe mandato a prender nuove del Principe e mostrò interesse per la sua salute. Franconnière disse che non trovò nell'Imperatore nessuna traccia d'irritazione e la sua impressione fu che si mostrò piuttosto benevolo. Appena il Principe sarà guarito andrà a vedere l'Imperatore. Ier l'altro incontrai alle corse il Marchese di Lavallette ed esso mi parlò dell'incidente d'Ajaccio in termini più miti che per lo innanzi. Evidentemente si va facendo un po' di calma su questo disgraziato affar.e. Dal suo lato il Principe si mostra disposto ad accettare con moderazione la nuova situazione fattagli dalla lettera dell'Imperatore. Egli mi disse che la sua intenzione era di starsene all'infuori d'ogni pubblico affare, e di dimorare il meno possibile a Parigi. Domanderà all'Imperatore il permesso di recarsi in !svizzera per qualche tempo, poi torne::à sia a Meudon, sia al Palazzo Reale, farà delle escursioni e rimarrà nell'ombra finché il tempo abbia fatto dimenticare l'accaduto. Gli ho rimesso a suo tempo la lettera che il Re mi ha mandato per lui. Ho pure rimesso la lettera di Sua Maestà alla Principessa Clotilde. L'Imperatore è tornato in ottima salute e col volto abbronzato dal sole d'Africa. Assisteva domenica alle corse di Longchamps ove il gran premio della città di Parigi, debolmente contrastato dagli altri concorrenti, fu vinto dal celebre Gladiateur, cavallo francese del Conte Lagrange. A questa occasione l'Imperatore fu salutato da vivi applausi. Uno degli ultimi atti dell'Imperatrice Reggente fu la concessione della Legion d'Onore alla Signora Rosa Bonheur, pittrice distinta d'animali. Questo atto, che mi si dice aver avuto luogo per spontaneo impulso dell'Imperatrice Reggente senza previa consultazione dell'Imperatore, può dar luogo per l'avvenire a non poche contestazioni. Finora questa decorazione non era stata accor

data a donne, salvo ad una o due suore di carità ed a due o tre cantiniere per atti di coraggio o ferite riportate sui campi di battaglia.

Un'altra misura che segnala gli ultimi giorni della Reggenza fu il condono fatto ai giornali che avevano ricevuto avvertimenti. Questo condono fu in generale ben accolto dalla stampa, benché esso dimostri che nessuna mutazione radicale verrà fatta nella legislazione che regge questa materia. So d'altronde che l'Imperatore non ha nessuna intenzione di toccare, in ciò, allo statu qua esistente.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi dimandò giovedì scorso notizie delle nostre pratiche con Roma. Gli dissi che Vegez2li era ripartito con istruzioni che dovevano provare alla Corte di Roma le nostre buone intenzioni, ma che vi erano naturalmente certi limiti che il Governo del Re non potrebbe oltrepassare, alludendo alla questione del giuramento di cui egli mi aveva parlato precedentemente. Devo confermarle che il Signor Drouyn de Lhuys mostrò sincero desiderio che le pratiche abbiano buon esito, senza voler per nulla pesare sulle nostre deliberazioni e su quelle della Corte di Roma. A questo riguardo non abbiamo che a lodarci della condotta del Governo francese. Bensì avremmo avuto ragione d'attenderci che il Governo francese prima di interpellare l'Austria e la Baviera sug1i arruolamenti per la legione pontificia, ce ne avesse parlato, in vista principalmente dei negoziati pendenti tra Italia e Roma. Il momento non era in ogni caso opportuno per intavolare una simile questione. Dal lato dello stretto diritto non v'è dubbio che la Franoia potesse fare questi passi. Ma credo che il Governo francese doveva usarci il riguardo di parlarcene. Nel fondo della questione, il dispaccio che io le segnalai d'ufficio, e di cui il Signor Drouyn de Lhuys mi diede lettura in via puramente confidenziale ,e riservatissima, era concepito in termini che mi parvero molto corretti, e tali da levare ogni malinteso nello spirito del Gabinetto Austriaco sul vero carattere dei passi fatti dalla Francia. Ma il rifiuto della Col'te di Roma di profittare dell'offerta d'una legione straniera a suo servizio e con bandiera pontificia, leva per ora ogni questione. lo non ho fatto, ben inteso, nessuna osservazione al Signor Drouyn de Lhuys intorno ai passi da lui fatti a Vienna e a Monaco, perché bramavo anzitutto conoscere la di Lei impressione, e in cosa di tanta importanza e molto delicata non voglio nulla compromettere né impegnare l'azione del Governo senza le sue istruzioni. Spero ch'Ella approverà questa mia riserva.

Ho ricevuto il dispaccio (l) con cui Ella mi comunica quanto il Signor Bismark disse a Barrai intorno alla convenienza di far esercitare dai giornali esteri, massime dai francesi, una pressione sugli Stati dello Zollverein per la conclusione d'un trattato di commercio tra quegli Stati e l'Italia.

Farò parlare in questo senso la Revue des deux Mondes nella cronaca scritta dalla penna fina ed elegante di Forcade. Tenterò lo stesso presso i Débats. Ma non vorrei che Bismark s'ingannasse o c'ingannasse intorno all'efficacia di questo mezzo, giacché di regola generale ogni consiglio che viene dalla Francia è mal ricevuto ed accolto con diffidenza e sospetto di là dal Reno.

led il Corpo Legislativo votò il bilancio degli affari esteri. Domani l'Imperatore all'occasione del suo ritorno riceverà il Corpo diplomatico.

(l) Cfr. n. 38.

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L' ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Roma, 14 giugno 1865.

1-lon tengo ancora la risposta ufficiale alle nostre proposte, che non avrò fuorché in udienza di dimani a sera 15 corrente, ma so già di oerto che si ricusa ricisamente di consentire al giuramento dei nuovi Vescovi in tutte le provincie di nuova annessione; e si ricusa inoltre di consentire a che facciano dimanda di exequatur i preconizzati singolarmente nelle provincie staccatesi dal Pontificio. Tutto il sistema della S. Sede sta nel dire: il Regno d'Italia non è riconosciuto, non si ha con esso concordato, lo ammettere il giuramento e la dimanda di exequatur sarebbe una ricognizione, che non si può consentire trattandosi solo d'interessi religiosi. Queste cose le so in modo certo.

Ho poi inteso a dire, e non sono alieno dal crederlo, che il Cardinale Antonelli fu fatto suo dal partito contrario alla conciliazione, che ora fa causa comune e solidaria coi principi scaduti, che nutre lusinga che possa succedere uno scompaginamento attese in specie le ,.,ostre angustie finanziarie.

Io ritengo in modo positivo che il Governo del Re intende di star fermo non solo sulla dimanda dello exequatur, il qual,e è una sola conseguenza dell'esistenza di fatto del Regno d'Italia, ma e:z,iandio su quella del giuramento ora che la dimanda fu fatta, e che il rifiuto quasi costringe a dare al giuramento un valore che altrimenti io non saprei riconoscere.

Tuttavia dopo l'udienza nella quale avrò la risposta ufficiale, manderò dispaccio per corriere a V.E. ovveramente pregherò il Cav. Maurizio di recarsi costì, ond'Ella possa conoscere lo stato delle cose in tutti i suoi ragguagli, e favorirmi un riscontro prima che io pr,enda visita di congedo dal S. Padre, la quale però allo stato delle cose desidero di fare soUecita non avendo oggimai motivo la continuazione della nostra dimora a Roma dopoché un concordio sulle cose religiose per motivi politici si mostra impossibile.

Mi sarebbe spiaciuto che ciò fosse accaduto per causa religiosa come sarebbe stata quella del numero delle sedi, e fu perciò che ,instai tanto fortemente che mi si dessero maggiori facoltà di quelle che mi si vollero accordare: ma per buona fortuna la questione del giuramento e dello exequatur presentò lo scoglio.

Non ho potuto sapere se almeno sul ritorno dei Vescovi si voglia convenire, stanteché è questo un punto estraneo a quelli in divergenza: ciò avvenne forse perché come cosa di minor rilievo non fu oggetto di discorso con coloro dai quali tengo le informazioni.

Sarà cortesia di V.E. se ricevuto il corriere che le manderò dopo l'udienza del 15, o dopo l'arrivo del Cav. Maurizio vorrà mettere questa pratica fra le prime alle quali voglia provvedere per mettermi a segno di ciò che io debba fare.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 14. Berlino, 14 giugno 1865.

J'ai vivement regretté de voir par le télégramme de V.E. en date du 11 (l) que par suite d'une transmission défectueuse de quelques-uns des chiffres qui se trouvaient à la fin de son télégramme du 5, (2) je me suis mépris sur la véritable application donnée en Italie au Traité de Commerce de 1851 avec l'Autriche, qui n'a point réclamé et ne pouvait par conséquent point jouir du bénéfice de l'artide 15. Je me suis empressé d'aller faire part de cette regrettab1e erreur à M. de Bismarck qui en a paru quelque peu contrarié. Mais sur l'observat,ion que je lui ai présentée que le double fait de l'extension, sans réciprocité, de tout le reste du Traité à toute l'ltalie et de la faculté qu'avait l'Autriche de pouvoir réclamer l'application de l'art. 15, justifiait amplement la dernière circulaire Prussienne, S.E. n'a plus paru attacher la meme importance à l'erreur commise. Au reste, l'annonce que je lui ai faite, par la mème occasion, de la disposition où était le Gouvernement du Roi d'accepter le Traité Anglais comme base de la Convention çommerciale à intervenir entre l'Italie et le Zollverein, a causé à M. de Bismarck une véritable satisfaction. D'après ce qu'il m'a dit, cette acceptation sera pour la Prusse un moyen de pression d'autant plus efficace que tous les Gouvernements du Zollverein, sans exception, viennent de ratifier la Convention avec l'Angleterre, et qu'ainsi un refus de leur part ne pouvant s'expliquer que par des motifs purement politiques soulèverait contre eux les colères de toute l'Allemagne. V.E. trouvera ci-joint la copie de la communication que M. de Bismarck m'a demandé de lui adresser à ce sujet (3), et dans laquelle comme dans la première note de cette légation, je me suis attaché, par le choix des expressions, à bien faire ressortir que dans tout le cours de cette affaire, nous n'avons jamais fait que répondre aux offres et propositions de la Prusse, sans jamais avoir pris l'initiative d'une demande quelconque.

La Presse Allemande continue sa polémique en faveur d'un Traité de Commerce avec l'Italie. Mais ce qu'il y a de très remarquable c'est que la Gazette d'Augsbourg vendue comme chacun sait à l'Autriche, s'·est tout à coup mise de la partie, et publiait avant-hier un artide où elle faisait ressortir l'importance du Traité en question au point de vue des intérets des deux Pays. Bien plus, dans un autre artide, elle se prononçait en faveur de la reconnaissance du Royaume d'Ita1ie, dont le résultat, ajoutait-el1e, serait si favorable à la masse des artistes, négociants, fabricants et ouvriers de toute espèce d'origine Allemande qui par l'absence de toute autre Légation que celle de la Prusse

en Italie, se trouvent ainsi sans protection directe. La feuille Autrichienne cherchait ensuite à démontrer que la reconnaissance n'implique pas celle des principes de droit public, auxquels le nouvel Etat doit son origine, ni la garantie de l'avenir; que, au reste, son existence est un fait accompli dont l'origine peut etre regrettée, mais ne saurait plus etre niée. Enfin, partant du principe que l'Italie s'est bien gardée d'attaquer les provinces Autrichiennes faisant partie de la Confédération Germanique, et que par le fait l'Autriche se trouve vis-à-vis de l'Italie, dans une toute autre P.osition que les Etats Allemands, elle en tire la conclusion que l'Autriche est assez puissante pour ne pas désirer l'intervention des Etats moyens dans sa querelle, et que à Vienne l'on ne saurait raisonnablement se blesser de les voir reconnaitre le nouveau Royaume où ils pourraient balancer les intérets Français.

La seule condition que met la Gazette d'Augsbourg à la reconnaissance de l'Italie est qu'il faudrait peut-etre lui demander une déclaration préalable portant qu'elle entend respecter les territoires Allemands de nationalité Italienne, dans le genre de celle qui fut faite à la Suisse lorsque le Député Bixio voulut réclaml'r la Tessin comme territoire Italien.

Tel est en résumé l'article du journal autrichien, aui en raison de son origine et des symptòmes remarquables qu'il laisse percer sur le retour à une appréciat,ion plus saine de la situation de l'Italie, méritait d'etrc signalé dans son ensemble à l'attention de V.E.

(l) -Cfr. n. 40. (2) -Cfr. n. 29. (3) -Non si pubblica.
52

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 11. CostantinopoLi, 14 giugno 1865 (per. il 23 ).

Ringrazio l'E.V. per quanto Ella mi fece l'onore di comunicarmi a mezzo del dispaccio dei 30 maggio n. 125 (1). Giudico opportuno di esporre a V.E. alcune osservazioni sull'argomento delle Capitolazioni suggeritemi dall'attitudine dei miei Colleghi.

Il Marchese di Moustier il quale fu il promotore delle Conferenze sulla questione delle Capitolazioni nei Principati, ora s'adopera a troncarle, quantunque se tutti fossimo rimasti uniti, anche senza dipartirei da una prudente moderazione nelle nostre domande, avremmo raggiunto per certo un favorevole risultato, e tolto ad un tempo i rispettivi Agenti da una posizione che nuoce al loro prest,igio presso il Governo Rumeno.

Il rapido cambiamento di attitudine del Marchese di Moustier non si sa abbastanza spiegare. È bensì vero ch'egli va sommessamente dicendo che fattosi accorto dell'eccessivo impegno dimostrato dai Rappresentanti d'Austria e di

Russia per contrastare l'autorità del Principe Cuza, non istava più negli interessi della Francia d'incoraggiare quell'ostilità; ma egli è altresì vero che se il Marchese di Moustier si fosse mantenuto fedele all'assunto della Conferenza, gli sarebbe stato facile di porre la briglia ai rappresentanti proclivi a trascorrere ad eccessi. Non mi farò certamente l'eco dei rumori che corrono sui motivi attribuiti all'Ambasciatore di Francia per arrestarsi a mezzo della via. L'onorabilit:ì del Marchese di Moustier mi è troppo conosciuta, perché si accplga l'ombra del sospetto, ma d'altra parte non v'ha a dubitare che il Principe Cuza pose in giuoco tutti gli espedienti della scaltra politica di cui è maestro, per separare il Marchese di Moustier dai suoi Colleghi. Ci aspettiamo quindi che l'Ambasciatore di Francia avrà piena soddisfazione nella quest,ione che riflette l'osservanza dei trattati di commercio, questiÒne in cui si accentrano gli interessi francesi in Rumenia. Il dispaccio poi del Signor Drouyn de Lhuys, di cui il Marchese di Moustier ci diede copia, si attaglia troppo ai suoi desideri per non supporre ch'esso sia stato provocato come mezzo di toglierlo dal difficile terreno sui ·cui aveva posto il piede.

Incresciosi oltre ogni credere si dimostrarono i Rappresentanti d'Austria e di Russia. Tuttavia non osarono spingere troppo oltre l"opposizione, limitandosi ad esprimere dubbio, che operando ognuno dl noi isolatamente, si possa mai ottenere dal Governo Rumeno l'esatto rispetto delle Capitolazioni (1).

Accennai più sopra alla difficile posizione in cui trovansi gli Agenti delle Potenze garanti ia Bucarest, ed alla quale bisognerebbe provvedere. Tuttavia non si può nascondere ch'essi agirono con qualche precipitazione, allorché in corpo e con solennità si presentarono al Principe Cuza, per richiamarlo all'osservanza delle Capitolazioni. Questa dimostrazione poteva essere giustificata se fosse stata accertata l'azione concorde ed energica dei Rappresentanti delle Potenze garanti, mentre che ora il Principe usufruttò la circostanza per atteggiarsi a Sovrano che respinge con fierezza una tentata umiliazione.

Qui mi cade in acconcio confermare quanto sarà stato palesato all'E.V. dalle comunicazioni del Cav. Strambio sullo sgoverno del Prlnc,ipe Cuza. L'opposizione si organizza e può prendere tra breve minacciose proporzioni. Le casse dello Stato esauste, lo scontentamento delle classi medie, la resistenza delle popolazioni agricole al soddisfacimento di quanto per recente legge è da loro dovuto agli antichi proprietarì, la corruzione fattasi endemica nelle amministrazioni e nei tribunali, l'ostilità crescente verso gli stranieri, la malafede eret1:J a sist21nu di govc::uo, q_u'2:~to è per SO.\J.'uni C(ìpi lo specchlo della presente situazione nei Principati.

il) Si pubblica qui ;m bra"o del r. confidenziale 1::: c\ i Greppi, in data 28 giugno:

"Nelle conferenze che si ~ennero per regolare la questione dell"osservanza delle capitolazioni e dei trattati di con11ncrcio nei Principati 1Jniti, ebbi sen1pre cura di serbare un contegno tale da evitare qualsiasi urto colle mozioni iniziate in ultimo dal Marchese di Moustier. sebbene in contraddizione con quelle di cui precedentemente erasi fatto promotore.

Quantunque il sistema che si sta per adottare, quello cioè di porre in disparte l'azione comune, per agire ognuno di noi separatan1ente, non produrrà che in1periettissin1i risultati, io seguendo lH trac~ia che l'E.V. ha la bontà di farmi, porrò ogni studio per indirizzare sulle singole questioni, le isLruzioni al R. Agente in Bukarest che per essere nel loro spirito conformi a quelle dei miei Colleghi, potranno trov-are qualche accoglimento presso il Governo Rumeno».

Indarno il Principe Cuza va studiando mezzi per togliersi da questi impacci. In oggi la questione religiosa gli suggerisce l'espediente di dichiarare la Chiesa Rumena indipendente. Egli crede con questo mezzo di sottrarsi alla sorveglianza russa. Nè pare a questo voglia Limitarsi, e v'ha chi gli attribuisce il pensiero di convertire la Chiesa Rumena a Cattolica, colla speranza di cattivarsi sempre più la Francia. Mi è dato però di sapere che il Marchese di Moustier diede per istruzione all'Agente francese a Bukarest, di astenersi da qualsiasi pratica che possa essere interpretata quale incoraggiamento ad una conversione suggerita semplicemente dalla voglia di far dispetto alla Russia ed al Clero Greco.

P.S. -Ricevo in questo istante invito da parte dell'Ambasciatore d'Inghilterra, per una conferenza che si terrà domani all'oggetto di discutere la questione del deposito delle indennità pei Conventi. Aali Pascià assisterà a questa Conferenza.

(l) Non pubblicato.

53

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 70. Madrid, 15 giugno 1865 (per. il 20).

I giornali ultramontani di qui nel riferire i primordi della mancata rivoluzione che aveva per centro la città di Valenza insinuarono che l'anima di tali complotti fosse il Generale italiano Enrico Cialdini. Un giovine deputato, Maggiore di Artiglieria, il Signor Lopez Dominguez, che conobbe il Generale Cialdini in Oriente ed in Italia volle fare dichiarare al Governo menzognero l'asserto dei giornali retrogradi, e diressegli in proposito nel parlamento una interpellanza. Il Signor Castro, Ministro di Finanze, soddisfece al desiderio del Deputato e dichiarò non avere il Governo notizia alcuna che il Generale Cialdini avesse preso parte nel movimento dei gJorni scorsi. Trasmetto qui unito a V.E. il sunto ufficiale della discussione (1).

La condotta del Capitano Generale di Valenza salvò gli ufficiali compromessi, ed è opinione che il tribunale non potrà incontrare in essi colpa.

L'ira intanto del Governo si scaglia contro i militari amici del Generale Prim, e vengono rilegati gli uni a Ceuta, gli altri nelle Canarie. Quanto poi al Generale stesso, si pubblicò nella Gazzetta ufficiale un ordine reale che gli impone di presentarsi immediatamente in Madrid. Non si sa però ov'egli trovisi presentemente, quantunque credasi, che viste fallite le sue combinazioni, rientrasse in Francia e da Marsiglia s'imbarcasse per Genova, onde passare quindi in Germania.

(l) Non si pubblica.

54

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 130. Firenze, 16 giugno 1865.

Il R. Ministro in Londra m'informa che il Gabinetto di St. James in questo momento appunto si adopera presso il Gabinetto di Vienna per fargli accettare una soluzione delle diffkoltà relative alla firma dell'Atto Pubblico del Danubio analoga ai precedenti di Bruxelles e di Parigi. Il Conte di Launay mi riferisce a sua volta che la Russia senza voler prendere alcuna iniziativa, voterà in favor nostro Quando altra Potenza ponga nettamente la questione. Ella poi sa che la Prussia ha già fatto pervenire al suo Agente in Galatz l'ordine di assentire alla proposta che venisse fatta di riprodurre per l'Atto Pubblico del Danubio il procedimento osservatosi così per l'atto di riscatto della Schelda, come per la Convenzione telegrafica di Parigi.

Possiamo quindi ritenerci finora come sicuri d'essere appoggiati in questa vertenza dalla maggioranza delle Potenze i cui agenti pl'endono parte al regolamento delle quistioni relative alla navigazione del Danubio: non possiamo però dissimularci che nella impazienza che ha rtaluna Potenza di condurre a termine la cosa, l'Atto Pubblico possa forse in un dato momento venire improvvisamente firmato in una forma, intorno a cui noi non saremmo stati consultati, siccome avvenne testè per la proposta di redigere due Convenzioni distinte, e senza tener conto dei reclami dei Rappresentanti del R. Governo. Al qual riguardo non è inutile che Ella sappia che con Rapporto del 12 (l) il Marchese d'Azeglio m'informa che Lord Russell ha recentemente trasmesso apposite istruzioni agli Agenti Bri·tannici perché la sede delle Conferenze per la Navigazione del Danubio da Galatz sia trasferita a Costantinopoli, dove spera sia per r·iuscire più ag.evole l'accordo tra i varii Rappresentanti.

In tale stato di cose non è fuor di proposito !'•esaminare se non convenga al R. Governo di prendere esso stesso l'iniziativa di una formale proposta, che verrebbe enunciata dal R. Delegato alle Conferenze, e che sarebbe concepita nel senso che la Commissione Europea abbia a dichiarare che essa riprende la forma diplomatica consueta nella redazione dei propri atti, e che il fatto della compartecipazione delle varie Potenze in atti ed accordi aventi uno scopo meramente commerciale ed economico punto non pregiudica la loro reciproca situazione politica.

Più scopi vantaggiosi si verrebbero così a conseguire. Si proverebbe che nel R. Governo non è minore di quel che lo sia negli altri il desiderio di sollecitamente addivenire alla conclusione dell'Atto Pubblico Danubiano: si prenderebbe una posizione corretta e conciliante, avendosi ragione di credere che il procedimento accettato a Bruxelles ed a Parigi dall'Austria non le sia disag

gradevole nella occorrenza di che si tratta: si eliminerebbero fin d'ora e per sempre gli imbarazzi continui che ad ogni tratto sopravvengono nel corso dei lavori della Commissione Europea: si eviterebbe infine che a nostra previa insa.puta, e per effetto di impazienza e di sorpresa venga adottato di fatto un modo

di firma disfanne dai nostri diritti e dalle nostre legittime suscettibilità.

Prego adunque V.S. Illustrissima di voler sollecitamente farmi conoscere

se vi sia, secondo il di Lei avviso e tenuto conto dello stadio attuale degli of

ficii fatti a Vl2nna dal Governo Imperiale, qualche diflìcoltà a che il R. Go

verno nel termine più bceve e :fors'anche prima che giunga a Parigi un riscon

tro da Vienna, prenda l'iniziativa della summenzionata proposta.

Segnandole ricevuta del suo pregiato rapporto n. 205 Pol... (l).

P.S. -Le unisco per sua informazione l'estratto di un dispaccio del R. Ministro in Berlino.

(l) Cfr. n. 45.

55

L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Roma, 16 giugno 1865.

Ieri sera fummo presso il Cardinale Segretario di Stato per sentire le deliberazioni della S. Sede sulle proposte portate da noi e discusse nella preceduta riunione, e per continuare le trattative lasciate in sospeso perché fossero esplorate le intenzioni del S. Pontefice.

Le risposte del Cardinale furono ricisamente negative tanto sull'exequatur, quanto sul giw·amento. Per quanto in parole si riconosca che esiste di fatto il Regno d'Italia, per quanto in parole si dica che non occorre riconoscerlo, e che non si può disconoscere perché in fatto esiste, tuttav·ia non vuole che la

S. Sede (secondoché ci pare) consenta a fatto od atto qualunque, che ne contenga comunque soltanto in fatto la implicita ricognizione. Essa non tiene alcun conto del riflesso che, chi richiede lo exequatuT ed il giuramento non è la

S. Sede, ma il Governo del Re; che noi non pretendiamo nemmeno da Essa un consenso a ciò, ma solamente volendo procedere con lealtà, dichiariamo, trattando, che vogliamo lo exequatur ed il giuramento: non tiene conto del rilievo che la dimanda di exequatur debbe .farsi, ed il giuramento debbe prestarsi dai singoli Vescovi, e non dalla S. Sede, così non si può dire che tali fatti conterrebbero una esplicita ricognizione del Regno d'Italia per parte della S. Sede, che a tali fatti rimane estranea e soltanto viene f:1tta avvertita che hanno luogo.

Visto che su questi punti, i quali racchiudono princip1i politici il Cardinale stava sull'inflessibile, affinché non si potesse dire che l'accordo veniva meno anche per cause religiose, non mi astenni dal dire, che consentendo la

S. Sede su nuesti punti, sulle minori questioni del numero delle serl i il Governo non sarebbe alieno dal venire a più larghi accordi, non potendosi impicciolire la quistione a numeri: ma neppure ciò valse.

Essendo tali le risoluzioni della S. Sede, non avendo nemmeno ristretto

il rifiuto alle sole Provincie ex-pontificie, ma fattolo generale per tutti gli

Stati dei Principi spodestati; non avendo fatto la proposta di un surrogato al

giuramento, ciò che non si poteva fare da noi, mi parve inutile il pregare il

Cav. Maurizio di venire costì, e perché non accorrevano a portarsi maggiori

ragguagli, e perché la partenza sua, che sarebbe stata avvertita, avrebbe po

tuto ingenerare un sospetto, che si fosse nella intenzione di cedere su quei punti

principalissimi, ciò che non posso e non debbo credere, né lasciar credere.

Siccome però sarebbe male che io senz'altro avviso ricusassi in modo assoluto codeste istanze della S. Sede senza averne, e senza lasciare passare il tempo necessario per averne dalla E.V. una speciale facoltà in conferma di quelle, che per l'evenienza di questo caso stanno già racchiuse nelle istruzioni, perciò ne scrivo, pregandola di favorirmi gli ordini suoi.

Sopra una cosa sola si poté cadere d'accordo, ed è sul ritorno dei Vescovi assenti dalle loro sedi. In massima si concertò adunque che si consente al ritorno gradatamente, separatamente, insensibilmente.

Stanteché però la S. Sede in nulla si piegava sulle altre materie delle trattative, parve a noi, che il Governo dovesse ritenere a sé il determinare liberamente l'ordine, ed il tempo del rito!"no, designando separatamente. successivamente chi primo, chi secondo ecc. dovesse ritornare.

Conseguentemente fu inteso che, siccome si ammette il ritorno dovunque possibile, così il Governo del Re, usata la dovuta prudenza onde non arrivino sconcerti, farà gradatamente, e non senza sollecitudine avvertiti i Vescovi, i quali vengono ammessi al ritorno, che possono rientrare, e oiò ben inteso con avviso singolare a caduno, quando viene il suo turno. Qualora però alcuno di essi non ritorni (cosa che la S. Sede non ammette come probabile) il Governo potrà prendere le risoluzioni che crederà di ragione.

A questo proposito debbo soggiungere, che qui farebbe stupenda impressione, e varrebbe a mostrare la ferma schiettezza del procedere del Governo del Re, se sin d'ora si cominciasse il ritorno di qualche Vescovo.

Mons. Marongiu Arcivescovo di Cagliari è un povero vecchio, se non capace di far bene, incapace di fare male qualsiasi: prima di queste trattative il Governo voleva già ammetterlo al ritorno: egli desidera vivamente di ritornare. Credo che sarebbe atto giusto, e a tempo eminentemente prudente se il Governo autorizzasse sin d'ora il ritorno; anzi se volesse darm,i ordine di recarmi presso di lui a significargli che gli è libero di ritornare. E siccome è poverissimo, ed è grettamente qui provveduto, sarebbe anche carità se gli si facesse una largizione dello stretto necessario per le spese del viaggio, al che

ritengo possono bastare lire cinquecento.

Il S. Pontefice ci riceverà il 21, od il 22. Come può comprendere V.E. terrei vivamente, che in Questa sola parte del ritorno dei Vescovi sulla quale cadde accordo con libera facoltà di esecuzione al Governo, questo mostrasse quel fare schietto e generoso che meglio di ogni altro acquista le simpatie; terrei moltissimo se potessi dire al S. Padre il ritorno già cominciò: un invito con autorità di ritornare fu già recato da me.

Credo dover mio infine di significarle che nozioni assai precise mi assicurarono che probabilmente arriverà al Gov,erno qualche sollicitazione par parte di Francia perché si ceda sul giuramento, e sull'exequatur. Se ciò non sarà, sarà tanto meglio: ma quando accadesse non nuocerà se V.E. si troverà previamente posta sull'avviso.

Un'ultima preghiera mia le porta calda istanza affinché mi usi la degnazione di rinviarmi il corriere colla risposta prima del 21.

(l) Non pubblicato.

56

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LV 8, pp. 130-131)

R. 209. Parigi, 16 giugno 1865 (per. il 18).

Mi sono affrettato di consegnare al Ministro Imperiale degli Affari Esteri una nota verbale conforme al tenore del dispaccio di Gabinetto n. 127 da V.E. indirizzatomi in data del 7 corrente (l) r,elativamente ai condannati politici tuttora detenuti nelle carceri di Roma benché appartenenti alle Provincie annesse al Regno d'Italia. Ho l'onore d'inviare qui unita all'E.V. una copia di questa nota verbale in calce della quale posi la lista dei detti detenuti colle relative annotazioni conformemente al dispaccio sovraccitato.

ALLEGATO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

NOTA VERBALE Parigi, 14 giugno 1865.

Par la dépeche du 12 Décembre 1864, et par une note verbale du 22 Mai 1865, le Ministre d'Italie a eu l'honneur d'exposer à S. E. le Ministre Impérial des Affaires Etrangères les raisons d'humanité et de haute convenance qui font désirer au Gouvernement du Roi d'Italie que le Gouvernement pontificai adhère à la mise en liberté, où à la consignation aux Italiens des individus originaires des provinces qui font actuellement partie du territoire Italien, et qui, emprisonnés pour cause politique, sont encore actuellement détenus dans les prisons pontificales. Le Ministre d'Italie vient de rècevoir l'instruction de rappeler à S. E. le Ministre Impérial des Affaires Etrangères ses demandes précédentes à ce sujet et de lui communiquer une liste (l) qui n'est peut-ètre pas complète des individus dont il s'agit. En lui envoyant ces indications, S. E. le Général La Marmora, Président du Conseil, insiste tout particulièrement pour réussir à obtenir par l'entremise bienveillante du Gouvernement Impérial la mise en liberté où la consignation de ces individus et la remise au Gouvernement italien des dossiers et des documents relatifs à leur condamnation, et qui sont indispensables pour pouvoir prendre à leur égard les mesures opportunes.

(l) Non pubblicato.

57

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Baden, 16 giugno 1865 (per. il 19).

En absence du Ministre des Affaires Etrangères le Sous Secrétaire d'Etat à Stuttgard a dit ces jours derniers à Ministre Etranger, qu'après le refus de Bavière de prendre part à négociations du traité Halien, Wurtemberg n'est pas obligé pour le moment à cause de unanimité obligatoire imposée par la constitution du Zollvere.in, de se prononcer pour ou contre.

Il a ajouté se croire autorisé à dire: • que si toute autre opposition venait à tomber, Wurtemberg mettrait point de obstacle à négociation qui amenerait nécessairement reconnaissance de l'Italie » sans cacher toutefois le peu de sympathie de son Gouvernement pour ce résultat.

58

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. 18. Firenze, 18 giugno 1865.

Votre expédition du 26 mai -7 juin (2) m'est régulièrement parvenue.

J'ai pris connaissance avec intérét des détails que Vous m'avez transmis notamment sur les relations de la Russie avec les Etats-Unis d'Amérique. Le Gouvernement du Roi de son coté ne peut que se féliciter des rapports qui existent entre lui et le Cabinet de Washington, rapports dont le caractère amicai n'a pas été troublé un seui instant par les crises que vient de traverser l'Union Américaine.

Je dois, à cette occasion, Vous informer que le Gouvernement des EtatsUnis a chargé son Représentant à Florence de demander au Gouvernement du Roi qu'il fut mis un terme au traitement exceptionnel appliqué dans nos eaux aux navires de guerre fédéraux, et que désormais l'entrée de nos ports flìt interdite aux batiments portant le pavillon des Confédérés.

Le Gouvernement du Roi a répondu favorablement à la demande dont il s'agit, et à cette occasion les relations constamment excellentes des deux Gouvernements ont été de nouveau constatées et affirmées.

En effet, pendant les temps les plus critiques de la guerre américaine, nos navires et ceux de la Russie ont été l'objet, sur les cotes de l'Union, de

5-Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

démonstrations d'amitié tout exceptionnelles. C',est un fait qu'il m'est agréable de rappeler, parce qu'il prouve combien sont naturels et combien doivent etre permanents les rapports amicaux entr~e les trois puissances.

Je vous remercie des informations que Vous m'avez données sur les funérailles de feu S.A.I. le Césarewitch Nicola Alexandrowitch et j'approuve entièrement la conduite que Vous avez tenue en cette douloureuse circonstance.

(l) -Al r. 50. (2) -R. confidenziale 29, non pubblicato.
59

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

(Carte Blanc)

L.P. Firenze, 18 giugno 1865.

Je profite d'un courrier Prussien pour vous écrire à la hate quelques mots et surtout pour vous remeroier de votre lettre si aimable du 7 Juin.

La mission Vegezzi échoue sur la question du serment et de l'exéquatur. Meme sur ces deux points le Pape ne montrait pas de répugnance personnelle à céder, mais les Cardinaux et Congrégations consultés n'en ont pas voulu entendre parler pour les diocèses autres que ceux du Piémont ed de la Lombardie.

Nous avions cependant écarté totalement la question politique et ce n'est point une reconnaissance en droit, une renonciation aux réserves Pontificales sur les provinces perdues par le S. Siège, que nous demandions.

Le Pape pouvait réserver meme formellement ses droits de souveraineté, on ne lui demandait pas d'ordonner aux éveques de prèter serment au Roi, mais seulement de ne pas s'opposer à ce que le Gouvernement leur demandat le serment pour leur installation. De meme l'exequatur devait ètre, selon les vues du Gouvernement, pour simple formalité, accordé en masse et par un seul acte à tous les nouveaux éveques. On ne pouvait atténuer davantage les droits jusqu'ici inaliénables de la couronne, ni mettre le Pape plus à l'aise.

L'obéissance au souverain de fait, mème à un tyran, dans la sphère des choses civiles, a toujours été prechée par l'Eglise, ainsi que la soumission aux lois établies, quelles qu'elles soient, qui ne blessent pas la religion. Le serment ne pouvait donc alarmer légitimement aucune des suceptibilités romaines, et il était pour le Gouvernement une nécessité d'ordre intérieur. Sans serment, les deux tiers des Evèques nouveaux seraient entrés dans leurs diocèses des Romagnes, des Marches, du Napolitain, etc. comme Missi dominici d'une restauration; il y aurait eu de toutes parts provocations et désordres populaires. On semblait avoir compris à Rome la convenance de ne pas ètre trop exigeant; mais pendant l'absenc'e de M. Vegezzi le parti contraire à la conciliation avait fait du chemin, et gagné jusqu'à des personnes qui d'abord avaient favorisé les Négociations et qui maintenant les contrarient. De Belgique, de Bavière, d'Espagne, de France, d'Autriche, les remontrances les plus violentes furent adressées à Rome sur sa condesoendance envers l'ennemi du S. Siège et du CathoUcisme. Là dessus 1es journaux officieux de Paris, où l'on affecte naturellement désirer beaucoup un accord, sont pourtant venus maladroitement affirmer et répéter que :Le Gouvernement ItaUen n',insistait pas sur le serment et cédad.t tout; ce qui eut le double effet de faire croire ici au public qu'il y a une pression du Gouvernement français sur le nòtre dans cette affaire, et de donner à la Cour de Rome des illusions de nature à la rendre plus inflexible encore. Le fait est qu'on n'a plus d'espoir de s'entendl'e. Pour prouver jusqu'au bout qu'on ne met d'autre sentiment en tout cela que celui du respect des choses ecclésiastiques, on a autorisé M. Vegezzi à se mettre d'accord avec le

S. Siège, si celui-ci le veut, sur les Évèchés du Piémont et de la Lombardie à l'égard desquels il n'existe pas de difficultés. Il est plus que probable qUJe tout se bornera à cela.

60

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

L.P. CONFIDENZIALE. Parigi, 18 giugno 1865.

Le mando qui una nota interessante. La prego di farne il solito uso riservatissimo e di distruggerla quindi.

P.S. -Vorrei poterle mandare questa e simili comunicazioni con altro mezzo che quello della posta, di cui non sono interamente sicuro. Ma non ho occasioni.

ALLEGATO.

Confidenziale-Riservata Giugno 1865.

Mazzini fa sapere a Nicotera le seguenti cose.

Mazzini non crede di dover convocare i capi del partito. La convocazione tenuta a Lugano dopo Aspromonte, e a cui convennero Mazzoni, Cattaneo, Bertani, Mosto, Mario, Cuneo, Campanella, non servì a gran cosa. Vi fu deciso di fondare un'associazione di due gradi, il primo pubblico, il secondo segreto e repubblicano. Mazzini diede 5000 franchi per fondare il Dovere. Ma gl'impegni assunti in quella riunione non furono tenuti. Perciò Mazzini rinuncia a simili congressi. E' pronto a recarsi ove occorra per l'azione, ma vecchio e malaticcio ed espulso anche dalla Svizzera, non vuol muoversi per chiacchiere. I suoi amici devono intendersi ciascuno direttamente con lui. Del resto chi convocare? Crispi? Mordini? Corti, che fece nel Diritto professione di fede monarchica? Mario dichiarò non volere alcun capo ed esser opposto a qualunque moto per Roma o Venezia se prima non si proclama la repubblica. Cattaneo è federalista. Miceli crede di poter salvar l'Italia col Parlamento. Nicola (Fabrizi?), non sogna che Borbonismo minaccioso. Grillenzoni, Quadrio, Pianéiani sono con Mazzini. E' d'uopo adunque che ciascuno dei capi e Nicotera pel primo s'intenda con Mazzini per lo scopo e coi mezzi da lui indicati.

Scopo nazionale. Venezia. Cercar di far nascere un moto insurrezionale abbastanza forte per produrre un'agitazione minacciosa in Italia. O il Governo del Re sarà trascinato a seguir l'impulso: allora avremo le nostre Alpi, l'insurrezione probabile in Austria, l'imprevedibile, la coscienza della propria forza inspirata ai giovani italiani; più specialmente la formazione di un esercito di volontari a noi devoti, che sì potrà quando si voglia lanciar su Roma. Oppure il Governo resisterà, ed allora mercè dimostrazioni organizzate nelle città più importanti e brutalmente represse, potrà nascere l'occasione che cerchiamo, ma sopra un campo in cui le simpatie della maggioranza saranno per noi.

Scopo interno. Repubblica. Pel giorno d'un colpo di Stato, d'un Ministero mili

tare, d'un invio di truppe al Messico, d'un tentativo dì cessione di territorio, d'un

fatto come quello di Torino, d'un evento imprevisto qualsiasi, bisogna cercar ri

solutamente d'aver nelle mani il mezzodì dell'Italia come base per fondarvi un Go

verno provvisorio che dica: La Monarchia non volle, non seppe, non potè far l'Italia:

la faccia il paese: una Costituente detterà da Roma il patto italiano.

Come mezzo Mazzini propone un'associazione la falange sacra, che ha già delle affigliazioni in tutta l'Italia. Le risorse finanziarie sarebbero, oltre ai tentativi di Mazzini per avere a Londra delle somme considerevoli, una sottoscrizione mensile dai membri della falange d'un franco. 100.000 sottoscrizioni mensili danno 1.200.000 franchi l'anno. 200.000 sarebbero impiegati in sussidì, per la stampa, pei profughi, pei feriti etc. Un milione deve bastare per l'azione. Non è mestieri creare un primo grado d'associazione. Questo è già costituito dalle Società democratiche, del progresso etc. E' d'uopo stabilire rapporti fra esse e formarsene elementi per la falange sacra. Mazzini si riserva di riannodare questa associazione a quella dei repubblicani del resto d'Europa. Egli propone a Nicotera di prendere la direzione della falange sacra a Napoli e d'intendersi con lui. Gli propone inoltre di unirsi con Mat., con Mauro (?) con chi vorrà, di formare un consiglio segreto di direzione della falange per tutte le provincie napoletane. Il lavoro di dettagli\' sarà fatto da giovani che sono già in rapporto con Mazzini. Si potrà quindi associarsi anche Bertani ed altri. Questa è la via. Se si fa qualche cosa per la Venezia noi ajuteremo, continuando imperturbabilmente l'opera repubblicana. Bisogna scuotersi, concentrar le forze. Ogni ritardo, ogni esitanza è ormai colpevole.

61

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE VEGEZZI

(Ed. in L V 8, pp. 35-36)

Firenze, 19 giugno 1865.

Ho ricevuto le tre lettere che Ella mi diresse da Roma i.n data del 12, del 14 e del 16 corrente (1).

Il Governo del Re deplora che le risoluzioni prese dalla Corte Pontificia non lascino possibilità di riuscire ad un accordo del quale, nell'interesse religioso delle popolazioni e per ispirito di conciliazione e di deferenza verso la

Santa Sede, esso aveva con premura accolto la proposta. E poiché Ella avrà a dipartirsi da Roma tra breve, recandosi dal Santo Padre a prendere commiato, Ella in tale occorrenza non mancherà di porgergli la testimonianza del rincrescimento che prova il Governo del Re perché la Santa Sede non abbia trovato sufficienti le concessioni consentite da esso. Tali concessioni non si sarebbero potute estendere fin là dove vorrebbe la Corte di Roma, senza alterare profondamente l'indole puramente ecclesiastica che l'accordo, scondo noi, doveva assolutamente conservare.

Noi abbiamo negoziato col Capo Venerato della Chiesa, non già col Sovrano dello Stato Pontificio; noi abbiamo negoziato per interessi religiosi che ci sono comuni con tutti gli altri Stati Cattolici e che sono all'infuori d'ogni controversia politica.

Ci duole che la Santa Sede non abbia creduto di mantenersi in questi termini, come ne dà prova il suo rifiuto ad ammettere i diritti dello Stato nella materia dell'exequatur ed in quella del giu'ramento.

Diffatti il Governo del Re non intese mai di domandare alla Corte di Roma una conferma dell'ordine di cose stabilito dalla volontà Nazionale in qualunque parte di Italia, né tale poteva essere, com'Ella ebbe a dichiararlo, il significato del giuramento e dell'exequatur, che ragioni imperiose di dignità, di diritto interno e d'ordine pubblico imponevano al Governo di mantenere.

Il giuramento e l'exequatur nelle forme proposte dal Governo dovevano avere per iscopo di constatare quegli incontestabili doveri di sottomissione alla Sovranità regnante e di obbedienza alle leggi vigenti che furono sempre dalla Chiesa raccomandate ai suoi Ministri ed ai fedeli nelle cose che non sono del dominio religioso.

Riandando le fasi succ,essive dei presenti negoziati ci riesce grato di potere constatare che, all'infuori di questi due punti, la Santa Sede non abbia potuto a meno di riconoscere come soddisfacenti per se stesse le concessioni fatte dal Gov;erno del Re, e che sole preoccupazioni estranee alla quistione religiosa avranno, come risulta dalle dichiarazioni della Corte di Roma, fatto sì che essa abbia richiesto concessioni maggior,i, e tali, come già dissi, da non potersi ammettere.

Per continuare però fino all'ultimo a dar prova della somma de:llerenza che il Governo professa verso la Chiesa in ogni argomento d'ordine ecclesiastico in cui non si vengano ad implkare i diritti della Corona e della Nazione, e per non lasciare senza alcun risultato, per quanto sta in lui, l'iniziativa presa dal Santo Padre, il Governo del Re la autorizza ad annunciare a Sua Santità che esso, dal canto suo, si presterà a che i Vescovi ora assenti dalle loro diocesi vi ritornino nel modo già da Lei combinato colla Santa Sede.

* Ella è inoltre autorizzata nel caso in cui creda che la Santa Sede vi sia disposta, a mettersi d'accordo con essa perché sia provvisto nei termini già conoertati, alle Sedi Vescovili delle antiche provincie Sarde e della Lombardia,, per le quali non esistono difficoltà fra la Santa Sede ed il Governo del Re * (1).

(l) Cfr. nn. 44, 50 e 55.

(l) Il brano fra asterischi è omesso in LVB.

62

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'ONOREVOLE, VEGEZZI

L. P. Firenze, 19 giugno 1865.

Avendo preso in considerazione quanto V.S. mi riferiva circa le circostanze specJali, in cui versa Monsignor Marongiu, nella sua lettera del 16 corrente (1), mi pregio di significarle che il R. Governo non ha alcuna difficoltà a che egli faccia ritorno alla sua diocesi di Cagliari. Pensai però che era conveniente di consultare 'in proposito il prefetto di quella provincia, per avere la certezza che quel ritorno non sia per dar luogo a speciali inconvenienti, e mi l'echerò a premura di farle pervenire un cenno in proposito appena mi giungerà un riscontro alla comunicazione che tosto spedii per questo oggetto a Cagliari

Intanto io La autorizzo fin d'ora pel caso in cui Monsignor Marongiu abbia effettivamente a far ritorno alla sua diocesi, ad anticipargLi pel viaggio una somma conveniente, che potrà essere portata fino al doppio di quella già da Lei indicatami come strettamente sufficiente.

63

IL MINISTRO DELL'INTERNO, LANZA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed in DE VECCHI, pp. 299-300)

L. P. Firenze, 19 giugno 1865.

Il dissenso che es,iste tra gli onorevoli m1e1 colleghi e me sulla grave questione delle trattative con Roma; la profonda mia convinzione che l'indirizzo dato a queste trattative abbia reso impossibile un accordo col Sommo Pontefice anche sopra interessi puramente religiosi, e perciò abbia il ministero mostrato di abdicare alla politica di risolvere la questione Romana mediante la graduale separazione delle attribuzioni e dei dirHti della Chiesa da quelli dello stato sulla base della libertà religiosa; persuaso come io sono che abbandonata questa politica non rimane più che a seguire l'altra della forza materiaLe e dello scisma, la qual,e prevalendo trascinerebbe l'Italia a rovina, ~o mi vedo quindi costretto per mantenermi fedele ai miei principi ed alle mie convinzioni di ritirarmi dal Ministero.

Non è senza grande rincrescimento che mi separo da colleghi che sommamente stimo, e coi quali avrei voluto sopportare ancora il peso del potere, fino a tanto che la nav1e dello stato fosse arrivata in acque meno agitate; ma è troppo evidente che io non potrei proseguire oltre a condividere la responsa

bilità ministeriale dopo che sopra un argomento di somma importanza politica

mi trovo di un'opinione tanto contraria a quella de' miei colleghi.

Voglia pertanto degnissimo Signor Presidente rassegnare a Sua Maestà la mia dimissione, esprimendole le più sentite grazie per quella fiducia e benevolenza sovrana che degnò manifestarmi chiamandomi a far parte del suo Consiglio.

(l) Cfr. n. 55.

64

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 153. Firenze, 20 giugno 1865, ore 16,30.

Gouvernement pontificai ne voulant absolument pas entendre parler d'exequatur ni permettre de serment en dehors des évechés des anciennes provinces et de la Lombardie, le Gouvernement du Roi a autorisé M. Vegezzi à exprimer au Saint-Père nos reg11ets et à conclure cependant, avant de quitter Rome, l'affaire du retour des éveques absents et celle des destinations aux évechés des anciennes provinces et de la Lombardie.

65

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 16. Berlino, 20 giugno 1865 (per. il 23).

Le dernier rapport du Ministre de Prusse à Munich, porte que bien décidément, ren dehors des raisons de famille, dont on parle peu, les prétextes allégués par le Gouvernement Bavarois pour repousser la conclusion d'un traité de commerce entre l'Italie et le Zollverrein se rattachent surtout aux égards diì.s à l'Autriche dont l'amour-propre serait vivement blessé par une convention signée par ses fidèles satellites, et emportant implicitement la reconnaissance du nouveau Royaume. De plus il parait que le Gouvernement de Munich chercherait à établir que le commerce de l'Allemagne avec l'Italie n'a point des proportions aussi considérab1es que lui prete la Prusse, et qu'ainsi la perte qui pourrait en résulter, n'a qu'une importance tout à fait secondaire.

Comme dans cette affaire aussi bien que dans toutes les autres qui intéressent plus directement les Etats moyens, la Bavière peut étre considérée comme étant, si j'ose m'exprimer ainsi, le Chef de fHe donnant le mot d'ordve aux autres, l'on peut dès à présent prévoir le theme que vont adopter les Gouvernemens du Zollverein pour refuser leur adhésion au traité. Et si à ces fins de non recevoir inventés par le Cabinet de Bav:ière l'on ajoute les insinuations timidement avancées par les Gouvernemens de Saxe et de Hanovre, pour déférer la question à la Diète de Francfort, l'on aura dans son ensemble le plus

complet, le système d'opposition que l'on s'apprete à organiser avec toutes les variantes laissées à l'imagination de chacun des Etats.

Je ne parlerai pas des prétendus égards dus par les Etats moyens à l'Autriche, qui suivant les besoins et bien souvent les caprices de sa politique les a tour à tour humiliés ou sacrifiés. C'est là une considération qui ne supporte pas l'examen et qui ne peut s'expliquer q_ue par le servilisme melé à la peur. Je ne m'étendrai pas davantage sur la convenance de porter la q_uestion à la Diète de Francfort; j'ai fait connaitre dans ma dernière dépeche à V.E. combien est peu fondée une pareille prétention et quelle attHude p!'endrait la Prusse dans le cas où elle viendrait à ètre formulée. J'en viens immédiatement à la seule raison en apparence plausible, qui si elle n'était pas absolument fausse, pourrait jusq_u'à un certain point justifier l'opposition des Gouvernemens du Zollverein; celle alléguée par le Cabinet de Munich, q_ue le commerce allemand avec l'Italie n'a point les proportions considérables q_u'on lui prete, <et qu'ainsi la perte qui pourrait en résulter n'a q_u'une importance secondaire.

Pour combattre un pareil argument q_ui ne repose q_ue sur de fausses données, le Gouvernement Prussien a pris le moyen le plus sur: celui d'éclairer l'opinion publique de l'Allemagne. Dans des tableaux comparatifs que l'administration s'apprète à publier, l'on va établir le chiffre exact des branches de commerce allemand en souffrance en Italie, et en faisant connaitl'e d'autre part l'état relativement prospère de l'industrie Autrichienne dans la péninsule, l'on en arrivera à mettre dans la dernière évidence l'énorme différence qui existe entre ses produits et ceux du Zollverein impitoyablment sacrifiés à une aveugle politique (1).

66

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 38. Berlino, 20 giugno 1865.

Aussitòt après la réception de la dépèche de V.E. en date du 14 courant (2) relative à l'incident de Scutari, je me suis empressé de me rendre chez M. de Thile auquel, pour témoigner la con:lliance que nous plaçons dans la loyauté et l'esprit de justice du Gouvernement Prussien, j'ai donné lecture de la com

p. 205:

« Au milieu de l'agitation qu'a soulevée parmi les Etats secondaires la perspective d'un traité commercia! avec l'Italie, le Chargé d'Affaires d'Autriche ne pouvait rester lui seul inactif. Avant-hier donc, M. de Chotek s'est rendu chez M. de Thile et lui a exprimé toutes les plaintes de son Gouvernement pour une éventualité aussi pénible dans ses conséquences politiques pour l'Autriche. M. de Thile s'est borné à lui répondre en termes trés nets que la Prusse ne pouvait sacrifier Ies intérets matériels de l'Allemagne à des considérations politiques; et cet argument n'a pas trouvé de réplique de la part du Chargé d'Affaires Autrichien •.

munication de V.E. M. de Thile m'a aussitòt répondu que, malgré son peu de sympathies pour son Collègue d'Autriche, le Comte Brassier n'avait absolument rien écrit à ce sujet; mais que les faits étant tels que les a présentés le Consul d'Italie à Scutari, le Gouvernement Prussien n'aurait pas la moindre difficulté d'appuyer nos justes réclamations, comme déjà il l'avait fait dans une circonstance analogue; celle de la signature de l'Acte de navigation du Danube.

Sur l'observation que je fis ensuite que je ne comprenais pas comment le Cabinet de Vienne pouvait avoir une si grande influence dans les ConseHs de la Porte Ottomane, qui lors de la guerre de Crimée n'avait cependant eu aucune espèce de secours de l'Autriche, M. de Thile m'a répondu:

• Il n'en ,est pas toujours ainsi, l'Autriche a dans les affaires d'Orient des hauts et des bas qui ne peuvent s'expliquer que par les manoeuvres adroites de M. de Prokesch; dernièrement encore ce diplomate avait embrassé chaudement la politique Russe dans l'affaire des Couvents dédiés, mais il a été obligé de modifier sensiblement son atUtude et d'adopter d'autres allures •.

En me retirant, M. de Thile s'est réservé de me faire encore une réponse plus précise que je m'empresserai de transmettre à V.E. (1).

(l) Si pubblica qui un brano del r. 17, pari data, di Barra!, ed. in italiano in LV8,

(2) Non pubblicato. Sulla questione cfr. n. 35, allegato.

67

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 19. Pietroburgo, 21 giugno 1865.

En suite de la dépèche (Cabinet) N. 16 (2), je me suis empressé de notifier au Ministre Impérial des Affaires Etrangères, l'adhésion de la France, de l'Angleterre et de la Prusse à la demande que les deux précédents de Bruxelles et de Paris fussent appliqués à la signature de l'acte de navigation du Danube. J'émettais en mème temps l'espoir que l'assentiment de la Russie ne nous ferait point défaut.

L'Ambassade Britannique avait fait également une communication dans ce sens.

Le Prince Govtchacow m'a promis d'écrir,e le mème jour (19 juin) au Général Ignatieff, d'une manière favorable à nos vues. Pour rédiger en parfaite connaissance de cause ses instructions, il m'a prié de lui laisser nouvellement prendre lecture de la dépèche de V. E., N. 11 (2), dont je lui avais déjà donné connaissance dans les premiers jours de ce mois.

Pendant qu'il agit lui-mème à Constantinople, le Prince Gortchacow nous

recommande de faire insister auprès du Cabinet Autrichien. V.E. se souviendra

que, précedémment, il avait indiqué la France ,et l'Angleterre, comme étant les Puissances les mieux aptes à soutenir sur ce terrain notre juste prétention. Débouté dans les remonstrances faites de son còté à Vienne sur ce meme sujet, évidemment il ne se soucie plus d'y revenir à la charge (1).

(l) -Un estratto in italiano di questo rapporto è edito in LV8, p. 362. (2) -Non pubblicato.
68

L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Roma, 22 giugno 1865.

Mi valgo della cortese profferta dell'Egregio mio amico il Signor Comm. Grattoni per fare arrivare in modo sicuro a mani di V. E. questa ultima l,ettera mia.

A mezzanotte del 20 sul 21 l'Usciere Cavagnino mi ha rimesso le due note di V. E. del 19 corrente (2).

Di compiuto accordo coll'Onorevole mio Collega il Cav. Maurizio ho dovuto risolvere di non valermi in modo alcuno della seconda autodzzazione, che, colla prima di esse note, si volle darmi di prendere accordo colla S. Sede per provvedere limitatamente alle sedi Vescovili delle provincie Sarde, e della Lombardia.

Avrò l'onore fra pochi giorni di rassegnare in persona le considerazioni, che d'altronde la E. V. ha certamente previste, e per le quali nelle conting,enze in cui versano le trattative, crederemmo di scostarci da ogni norma di prudenza, da ogni calcolo di previsione, e dallo spirito istesso delle istruzioni da,teci il 22 di maggio (3) se procedessimo a quelle nomine in modo così circoscritto, ciò che a veder nostro farebbe svanire quel poco di utile sorto dallo avere la S. Sede ricevuti gJ',inviati del Re Vittorio Emanuele. Non potevamo poi stare in forse anche perché una proposta affatto simile ci era venuta dall'Eminentissimo Segretario di Stato, ,e noi l'avevamo pensatamente declinata.

Monsignor Marongiu era nelle prime liste rimessemi dal Ministero posto quasi primo nel nov,ero dei Vescovi al cui ritorno nulla ostava: mi duole vivamente che sia sorta necessità di nuovi ragguagli, cosicché non mi sia conceduto, all'udienza di S. Santità, di poter mostrare, col dire già recato un avviso di ritorno, che dove non s'incontrano quistioni di principii, il Governo del Re usa un fare largo.

Dimani o posdimani Sua Santità ci riceve in udienza di congedo: avuto il ricevimento, compiute le poche visite di partenza, muoveremo tosto alla volta di costà, a riferire l'esito, che V. E. però già conosce, della nostra missione.

(l) -Un estratto in italiano di questo rapporto è edito in LV8, p. 309. (2) -Cfr. nn. 61 e 62. (3) -Cfr. n. 12.
69

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 17. Berlino, 22 giugno 1865 (per. il 25).

M. de Thile vient de m'informer que dans un nouvel entretien que le Ministre de Prusse à Munich a eu avec M. de Pfordten, celui-ci, revenant encore une fois sur les considérations dynastiques qui s'opposent à la conclusion d'un Traité de commerce avec l'Italie, lui a fait la proposition d'y suppléer par l'établissement d'un modus vivendi qui .en consacrerait les mèmes avantages jusqu'à ce que l'on put le convertir en un traité forme!.

J'ati répondu immédiatement à M. de Thile, que 1es ,intentions de mon Gouvernement avaient été exprimées avec trop de netteté pour que M. de Pfordten put se méprendre un instant sur leur valeur, et que j'en étais moi-mème tellement pénétré que je croyais inutile de faire mention de la proposition Bavaroise.

M. de Thile m'a dit alors qu'il avait bien prévu l'accueil qui serait fait à une proposition dans laquelle au reste la Prusse n'entrait pour rien, et au sujet de laquelle elle partageait entièrement notre manière de voir; mais que s'il m'en avait fait part, c'était surtout pour me fair•e connaitre l'extreme embarras où se trouvent les Etats secondaires, la Bavière en tète, vis-à-vis du projet de traité, et les efforts qu'ils tentent déjà pour en sortir. • C'est là, a-t-il ajouté, un heureux symptòme qui prouve que si l'on n'est pas encore revenu à la raison, l'on commence cependant à en chercher le chemin •.

70

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 155. Firenze, 23 giugno 1865, ore 11,50.

Azeglio télégraphie que Gouvernement autrichien refuse arrangements proposés pour acte Danube. Voyez s'il y aurait opportunité de notre part de prévenir les puissances que nous allons faire proposition indiquée dans dépèche cabinet n. 130 (l) et d'ajouter que d'après leurs déclarations antérieures nous comptons sur leur appui.

(l) Cfr. n. 54.

71

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 209. Parigi, 23 giugno 1865, ore 14,35 (per. ore 16,45).

Ainsi que je vous ai écrit M. Drouyn a écrit à Vienne pour proposer la solution que nous acceptons pour la signature de l'ac•te du Danube je sais qu'.en cette affaire l'initiative de toute autre puissance est préférable à la nòtre, mais si on décide à faire faive la proposition par notve commissaire pour éviter le danger d'une surpvise, je crois qu'il faut en prévenir immédiatement 1es puissances dans le sens de votre télégramme; en ce cas je vous prie de me télégraphier pour que je puisse faire immédiatement les démarches nécessaires.

72

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 213. Madrid, 24 giugno 1865, ore 22,25 (per. ore 0,58 del 25).

Ministre des affaires étrangères vient de me charger verbalement de faire connaitre au Gouvernement du Roi décision Gouvernement espagnol reconnaìtre Royaume d'Italie. Ministre des affaires étrangères m'a exprimé ensuite désir de s'entendre préalablement avec le Gouvernement du Roi pour trouver un moyen ou formule pour ne pas susciter contre Cabinet forte opposition catholique. J'attends instruction de V. E.

73

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

T. 157. Firenze, 25 giugno 1865, ore 12,20.

Le général Cialdini qui jouit de la pleine confianoe du GouV1ernement du Roi est en Espagne ·inv~t.ez le en mon nom à s'entendre avec vous pour arranger avec le Gouv.ernement espagnol l'affaire de la reconnaissance.

74

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S.N. Madrid, 25 giugno 1865 (per. il 30).

Ho creduto mio dovere il riferire all'E.V. nei miei dispacci della serie politica avere il Generale O'Donnell nel programma del nuovo Ministero da lui tracciato nelle due Camere annunciato al paese, quantunque con termini alquanto ambigui, la risoluzione presa dagli attuali Consiglieri della Corona di seguire l'esempio delle altre potenze europee 11iconoscendo il Regno d'Italia.

Non appena infatti mi fu dato vedere il nuovo Ministro delle relazioni esteriori Signor Bermudez, questi mi confermò le disposizioni favorevoli all'Italia del nuovo Gabinetto, ·e m'incaricò senz'altro di annunciare all'E.V. la decisione suddetta. Come però il Presidente del Consiglio parlando nelle Camere aveva fatto parola di non intendere con siffatta politica di venire meno al rispetto dovuto al Capo della Chiesa, così il Ministro degli Affari EsterJ mi soggiunse che nell'atto del riconoscimento sarebbe desiderio dell'attuale Gabinetto di evitare la quistione religiosa, e di trovare d'accordo con no.i un modo qualunque onde dare qualche soddisfazione ai sentimenti cattolici così radicati nel popolo spagnuolo. Seguì dicendo: • quanto me voi sapete come il partito Nocedal sia forte in Parlamento .ed appoggiato altrove. Quindi senza per questo porre in dubbio alcuno l'atto stesso del riconoscimento cui siamo decis,i di compiere, spero che il vostro Governo vorrà facilitare la via, ed accedere a che ci salviamo dalle ire dei clericali con una formola od un atto che ci esima dalla taccia di mancare ai doveri di nazione cattolica verso la Santa Sede ». Mi narrò quindi come già il Nunzio di Sua Santità, l'Incaricato del Re Francesco II avessero tentato direttamente presso di lui e per mezzo dei loro amici anche fra il corpo diplomatico di stornare il Governo da questa decisione, invocando molti motivi per provare la opportunità di ritardare tale misura, sperando sempre che il tempo porterebbe frutti migliori alla loro causa. So pure che la Legazione di Austria vede con rammar.ico siffatto mutamento, e se il suo capo non si trovasse ora assente da Madrid certo avrebbe accomunato i suoi sforzi a quelli

dei nostri nemici.

Il Signor Bermudez si fece pure a richiedermi in termini assai vaghl se non potrebbero farsi delle riserve, come praticarono Russia e Prussia. Ignorando io però interamente quali siano le intenzioni in proposito dell'E.V., risposi che non m'erano particolarmente presenti alla memoria le circostanze tutte del riconoscimento per parte di quelle due potenze. Osservai solo che quattro anni fa l'Italia era in condizioni ben diverse di adesso. E mi limitai a stabilire con lui, quantunque a voce, i due punti precisi ch'ei m'incaricava di trasmettere al mio Governo, ·e che mi sono dato premura d'indicare all'E.V. per telegrafo prima, e quindi col mio dispaccio di jeri della serie politica (l) onde avere le opportune istruzioni.

Devo però in pari tempo aggiungere all'E.V., nonostante le contrarie asserzioni del Signor Bermudez, che il Gabinetto attuale incontra gravi difficoltà nell'attuazione delle cose liberali promesse nel suo programma non tanto in paese quanto in Corte. Per il riconoscimento stesso, il Generale O'Donnell dopo averlo apertamente propugnato in questi ultimi mesi, ora giunto al timone dello Stato, non poteva, senza disdirsi pubblicamente, non annunciarlo al paese; ed anzi tutta Madrid la sera stessa del cambiamento ministeriale, prima di udire la voce del nuovo Gabinetto, diede il riconoscimento come sicuro, sendo le attuali opinioni della Unione liberale troppo note perché potesse cadere dubbio in proposito. So di certo che la notte stessa in cui la Regina chiamò a sè il Duca di Tetuan inviandogli un biglietto scritto di propria mano, questi prima di accettare l'incarico di comporre la nuova amministrazione pose varie condizioni fra le quali era quella del riconoscimento d'Italia. E Sua Maestà convinta della necessità di ricorrere ai servizi di lui, annuì ai patti. Il Re stesso v.i consentì prima che giurassero i Ministri. Ma ben tosto le recriminazioni della parte clericale, la influenza delle credenze superstizioni e delle persone che circondano la Corte potrebbero avere il disopra. Sicchè è da tenersi conto delle difficoltà contro cui il Gabinetto attuale ha da lottare, e mi fu facile l'intendere che ad esse principalmente alludeva il Signor Bermudez nella sua conversazione con meco.

Siffatti ostacoli che frappongonsi alla 1ibera attuazione dei propositi del Ministero è così grande [sic] che jeri circolavano perfino in città voci di una nuova crisi; e si giunse a dire che il Nunz,io aveva chiesto i suoi passaporti, cosa interamente falsa, chè anzi mi consta non essere egli stato fino ad oggi ricevuto ancora da Sua Maestà.

Credo che il Generale O'Donnell saprà ora lottare e vincere. Ma mi è forza il non dissimulare all'E.V. quale sia la sua posizione, e come sia cosa pure scu.sabile ov'egli ricorra a certi spedienti per tergiversare ed ,eludere le difficoltà, sendo fino nella opinione di molti che insistendo egli nell!e sue ,idee cadrà :fra non molto.

I partiti intanto riprendono vigore. I giornali progressisti in parte scagliansJ. con violenza contro il Duca di Tetuan, ed in parte invece lo adulano invitandolo a porsi a capo della rivoluzione. Il partito moderato egualmente si scinde, ed alcuni appoggiano il Gabinetto sperando colla conciliazione degli animi di evitare le risoluzioni estreme, mentre altri in quella vece lo combattono ad oltranza. Queste div.isioni dei partiti a lui contrari fanno, a mio giudizio, la sua forza in paese, ed anzi sono un segno di vita. Ma disgraziatamente in !spagna le influenze di Corte sono più forti di quelle del Parlamento, e decidono il più delle volte delle sorti dei Ministeri.

Aspetterò gli ordini dell'E.V. prima di dare alcun passo tendente a riannodare od a spingere, ora che il vento pare propizio, i negoziati per il riconoscimento, onde p11ima conoscere s'Ella crede della dignità del paese di accettare veruna 11estrizione o riserva, e di chiedere maggiori spiegazioni al Governo Spagnuolo (1).

(l) Non pubblicato.

(l) Con r. 22 dello stesso 25 giugno il ministro a Lisbona, Taliacarne, informò che il conte d'Avila aveva offerto la mediazione portoghese per facilitare il riconoscimento del regno d'Italia da parte della Spagna e che egli aveva risposto che l'Italia non riteneva di dover sollecitare tale riconoscimento la cui iniziativa doveva partire dalla Spagna.

75

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

T. 158. Firenze, 26 giugno 1865, ore 21,30.

Vous pouvez répondre verbalement au ministre des affaires étrangères que nous verrons avec plaisir le Gouvernement espagnol reconnaìtre l'Italie; que quant aux formes à adopter je ne saurais en indiquer d'autres que celles qu'ont employées les autres états catholiques qui nous ont reconnus purement et simplement.

76

PROMEMORIA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (l)

Firenze, 27 giugno 1865.

I nostri inviati ,ebbero a rimarcare una gran differenza fra la prima e la seconda gita a Roma. Tanto il S. Padre si mostrava la prima volta disposto alla conciliazione, di altrettanta poca voglia lasciava travedere nella seconda.

Il terreno era cambiato.

Si avvidero tosto i negoziatori che il partito ultra clericale aveva sull'animo del Pontefice preso il sopravvento. Essi hanno la cedezza che Hubner e Bach, checché se ne dica, molto si adoprarono per far andare a monte le trattative, e riuscirono a persuadere il Pontefice a non separare la sua causa da quella degli altri Principi spodestati.

Il Ministro francese è anche di questa opinione e disse aver più volte ripetuto al Governo Papale, ,e allo stesso Pontefice, che di una questione religiosa se ne voleva fare una questione politica e che in tal modo sarebber fallite le trattative.

Del giuramento non si volle sentire a parlare neppure per i Vescovi a nominarsi nelle Provincie annesse che non appartenevano agli ex-Stati Pontifici. Non vogliamo fare un atto qualsiasi, disse Antonelli, che possa in qualsiasi modo essere interpretato come un riconoscimento del Regno d'Italia.

I negoziatori avendo prodotto una bolla che avevano trovato modo m procurarsi, e colla quale la Curia Romana stabiliva che in generale e ab eterno

il Governo Pontificio, nell'interesse della religione, doveva sempre trattare coi

governi di fatto, quand'anche non riconosciuti in diritto, il Card. Antonelli non

sapendo che cosa rispondere, alle ripetute osservazioni in proposito dei nego

ziatori, si limitava a crollare le spalle.

Antonelli disse che non abbiamo leggi che impongano il giuramento.

Sulla questione dell'exequatur, i negoziatori, spinti da vivo desiderio di

arrivare a qualche componimento, oltrepassarono perfino le loro istruzioni,

proponendo che si limitasse la cosa ad una semplice pr,esentazione per parte

del Vescovo nominato, delle sue bolle di nomina all'autorHà Governativa, Pre

fetto, o Procuratore regio. Il Cardinale Antonelli rifiutò anche questa transa

zione. Comunque i negoziatori siano di parere che la Corte Romana finirebbe

per cedere su questo punto, non hanno maggiormente ,insistito, persuasi quali

erano, che nelle attuali sue disposizioni quand'anche da noi si transigesse sul

giuramento, si sarebbe cercato altro pretesto per non conchiudere trattative in

questo momento. Credono i negoziatori che il Papa si lusinghi ancora, che i

francesi non abbandonino Roma, e che il Regno d'Italia non possa durare.

Credono perciò i negoziatori che convenga lasciar loro tempo a riflettere. Intanto

non si può già dire che le trattative siano state rotte, neppur si può dire che

furono semplicemente sospese. La verità sta nel dir,e che per ora non ci siamo

potuti accordare, che sopra un sol punto: il ritorno dei Vescovi assenti, come

e quando il Governo lo crederà meglio; che questo potrà servire di addentellato

per riappiccar ancora trattative. Non per ora però, come si è detto.

Del modo e delle forme, colle quali i negoziatori furono accolti, non hanno

che a lodarsi. Nell'ultima udienza di congedo, il S. Padre li ha ricevuti, con una

certa solennità, quasi fossero ufficialmente stati inviati da un Governo ricono

sciuto. Il Pontefice li trattenne circa l ora e 1/2.

Merode e Antonelli si osteggiano quanto possono. Merode non può soffrire i francesi; si dimostra liberale e per nulla contrario a un accordo politico, vedendo che l'opinione pubblica è troppo contraria al potere tempora1e. Si mostrò risentito delle accuse che si muovono ch'egli favorisca il brigandaggio, '€ vorrebbe che H Governo Italiano e il Papalino si accordassero sulle misure a prendersi, senza riguardi ai limi,U dei due Stati. Vorrebbe un accordo per le dogane, e altro. Nella popolazione tutti, compresi molti prelati, eccetto i partiti estremi, vorrebbero un mezzo di conciliare il Papato a Roma, e che i Romani appartenessero al Regno d'Italia.

I liberali moderati ci raccomandano: seguitate a stare dignitosi, ma fermi. Il Cardinale d'Andrea non gli si era tolto il piatto. Da 6 anni non vedeva il Papa. Non v,i è governo. Si dice che non vi è più Papa solo Pio IX. I Negoziatori seppero che il Papa aveva detto: Temo che Antonelli mi abbia imbrogliato le cose. La bolla è di Gregorio XVI del 31 sulle controversie fra la Corte Romana e Luigi Filippo.

(l) Il documento, di pugno di La Marmora, reca l'intestazione • Note prese all'arrivo del Vegezzi nel Consiglio dei Ministri del 27 giugno 1865 •.

77

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI. AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 73. Madrid, 27 giugno 1865 (per. H 2 luglio).

Ho l'onore d'informare l'E.V. che il Ministro degli Affari Esteri di Sua Maestà Cattolica oggi stesso spedirà ai rappresentanti spagnuoli all'estero una circolare tendente a spiegare la politica del Gabinetto attuale. In questo documento, redatto interamente dal Signor Bermudez de Castro, è annunziato il prossimo riconoscimento del Regno d'Italia in termini chiari e soddisfacenti, e sono riferite le ragioni con le quali egli ha creduto dover spiegare questa decisione presso il Nunzio di Sua Santità. * Tale circolare è mantenuta sino ad ora interamente segreta, ed io devo queste notizie a confidenzialissime informazioni avute *.

Il Signor Zarco del Valle ha già ricevuto l'ordine dal Ministero di fare tosto ritorno al suo posto. Quantunque per affari di famiglia ei desiderasse di passare l'estate in Madrid deve partire alla volta di Firenze in questa stessa settimana, non volendo il Signor Bermudez che la sua assenza possa essere diversamente interpretata (1).

I Signori Nocedal, Aparisi con altri del loro partito agitansi in modo straordinario contro la politica del Gabinetto a noi favorevole. Hanno annunciato l'altro giorno su questo punto una interpellanza alla Camera, alla quale il Ministero non vuole rispondere. Essi però tentano forzarlo ad accettare la discussione e useranno per questo ogni loro influenza. Intanto hanno redatto una petizione che deve raccogliere firme in ogni parrocchia di Spagna per protestare contro il riconoscimento. I rappresentanti di Roma e Napoli qui residenti mostransi oltremodo accorati, ed implorano solo dal governo che tardi qualche mese a compiere questo atto.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 161. Firenze, 28 giugno 1865, ore 16.

Vegezzi est arrivé. On ne peut dire que les négociations sont rompues, ni assurer qu'elles seront reprises. On peut dire que nous n'avons pu nous mettre d'accord que sur un point, celui du retour des éveques absents, qui aura Lieu à mesure que le Gouvernement le jugera praticable. L'avenir pourra amener des accords plus complets sur la question des éveques.

(l) Fin qui il rapporto è edito, con qualche variante, e ad eccezione del brano fra asterischi, in LV8, p. 150.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 19. Berlino, 29 giugno 1865 (per. L' l luglio).

Je m'empresse de venir informer V.E. de nouvelles proposHions que vient de me faire confidentiellement M. de Thiele relativement à notre futur traité de commerce avec le Zollverein, et dont l'idée primitive, m'a-t-il dit, est venue de M. d'Usedom.

La première de ces propositins consisterait à signer dès à présent entre la Prusse et l'Italie une ,espèce de protocole portant l'engagement qu'aussitòt que la Prusse serait parvenue à obtenir le consentement des Gouvernements du Zollverein, l'on procéderait immédiatement à la conclusion de la Convention commerciale suivant la base convenue.

J'ai fait observer à M. de Thiele que ce serait là un acte parfaitement inutile, puisque la note du 22 Mai de cette Légation n'avait pas d'autre signification que celle d'un engagement de cette nature, et que d'autre part pour donner une base à ses négociations avec les Etats secondaires, M. de Bismarck avait lui-meme préféré la forme d'une dépeche plutòt que du protocole en question qu'aurait nécessairement entrainé des longueurs par suite de l'obligation où aurait été le Ministère de le soumettre au Parlement.

M. de Thiele a aussitòt partagé mon opinion et m'a dit qu'effectivement, après la note de cette Légation, un nouv,el engagement serait un pléonasme qui n'avait plus sa raison d'etre. La proposition a donc été définitivement écartée.

La seconde proposition serait celle-ci: La Prusse et l'Italie signeraient un traité forme! de commerce, auquel, comme cela s'est pratiqué avec la France, les Membres de l'Union Douanière Allemande seraient invités à accéder séparément.

J'ai répondu à M. de Thiele que la proposition me paraissaH acceptable, mais que en l'absence d'instructions positives, je demandais à en référer à mon Gouvernement.

En attendant que V.E. me fasse connaitre les intentions du Gouvernement du Roi à cet égard, je crois devoir dès à présent Lui exposer ma manière de voir que je soumets à Sa haute appréciation.

Il n'y a pas de doute qu'un traité de commerce signé entre l'Italie et la Prusse, avant le consentement des Etats du Zollverein, et calqué, quant à la forme, sur celui conclu en 1862 avec la France, ne convient parfaitement à nos intérets politiques, sans changer en rien la bonne position que nous avons adoptée dès le commencement des ouvertures prussiennes. Le fait de la signature de la Prusse au bas du Traité constituerait un engagement moral de la part de cette puissance d'exercer sur ses Confédérés une plus grande pression à laquelle comme par le passé, nous resterions complètement étrangers.

D'un autre còté notre acceptation nous vaudrait immédiatement l'adhesion de Bade et peut-ètre mème de Saxe-Weimar au traité, ce qui produirait déjà une très grande sensation .en Allemagne, et mettrait de plus en plus dans l'embarras les Gouvernements opposants. Enfin, quoique M. de Bismarck soit bien positivement regardé ici comme le Ministre du Règne actuel, ce n'est pas en Prusse qu'il faut compter sur la durée d'une ligne politique; et la conclusion du traité en question quoique, au pis aller, laissée à l'état de lettre morte, n'en constituerait pas moins un fait accompli sur lequel, quelque puisse ètre plus tard la politique de la Prusse, il serait impossible de revenir. En un mot nous aurions acquis sans l'avoir demandée une base solide sur laquelle, suivant les circonstances, nous pourrions asseoir tout à la fois nos intérèts politiques et commerciaux.

Mais pour que l'acceptation de la nouvelle proposition prussienne ait pour nous les résultats que je viens d'indiquer, il y a, à mon avis, une condition sine qua non, de laquelle nous ne devons pas nous départir, et qui doit former à elle seule un article séparé à inséver dans la Conv,ention. Cette condition, c'est que le Traité ne pourra entrer en v,igueur que lorsque tous les Gouvernements du Zollvere:in y auront donné leur adhésion, 'et 'en auront échangé les ratifications. Par cette déclaration suspensive rédigée en termes formels, l'on préviendra toute espèce de modus vivendi que peut ètre l'on serait tenté d'introduire en vue de la réalisation plus ou moins prochaine du traité et nous gardel1ions notve position nette et franche, telle que dès le commencement notre dignité nous a conseillé de prendre.

Dans tous les cas, le départ de M. de Bismarck nous donne tout le temps de réfl.échir, et comme pendant son absence, qui durera jusqu'au commencement d'Octobre, toute affaire est suspendue, il ne s'agirairt pour le moment que de faire connaitre en termes généraux notre opinion à M. de Thiele, sauf à donner plus tard une déclaration plus précise.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 74. Madrid, 29 giugno 1865 (per. il 3 luglio).

Ebbi l'onore di ricevere jeri mattina il telegramma che l'E.V. mi diresse (1), col auale m'incaricava di far conoscere verbalmente al Ministro delle relazioni estere che il Governo di S.M. il Re vedrebbe con piacere il Governo spagnolo riconoscere l'Italia, ma che in quanto alla forma da adottarsi l'E.V. non poteva indicarne altra che quella impiegata già da varie potenze cattoliche, cioè il

riconoscimento puro e semplice. Vidi stamane il Signor Bermudez de Castro, e gli comunicai la risposta ricevuta.

Il Signor Ministro di Stato osservò che le circostanze speciali della Spagna non solo come potenza cattolica ma come legata per !la dinastia regnante in vincoli di stretta parentela ed amicizia con due dei principi spodestati in Italia esigevano, a parer suo, che si adottasse una forma qUjalunque od un atto preventivo che spiegasse al paese la condotta del Governo, e desse ai sentimenti della Regina una soddisfazione per l'abbandono che fa delle convinzioni sino ad ora in lei dominanti. •Queste circostanze, ei mi disse, non le avevano nè il Portogallo nè il Belgio. Epperò il riconoscimento puro e semplice era in quei piccoLi stati naturale, precipuamente avendo queste potenze preso la determinazione di riconoscere l'Italia quasi al principio della costituzione di questo Regno. Ma la Spagna dopo avere osservato nei quattro anni decorsi una politica quasi ostile all'ItaUa, non può ora con un atto puro e semplice cioè all'annunzio del titolo preso dal Re di Sardegna di Re d'Italia dichiarare falsa la politica seguita sino al dì d'oggi, e sconfessarla pubblicamente riconoscendo l'Italia come se questi quattro anni non fossero trascorsi. Vorrei perciò che il vostro Governo si persuadesse della necessità in cui mi trovo di ricercare alcun atto preventivo che senza ledere la digniità dell'Italia dia pure a noi forza per rompere con la politica passata, e mostrare che il riconoscimento si fece dal Gabinetto attuale colla profonda convinzione d'iniziare Ùna politica utile e ragionevole •.

Mi citò quindi l'esempio della Prussia la quale aveva cominciato le trattative con una Nota che metteva alcune riserve. E proseguì: • Voi mi dite che il trattato del 15 settembre risolvette alcune delle riserve poste dalla Prussia, ma il trattato del 15 settembre non è che un atto tra Italia e Francia, e perciò non dà a noi la soluzione desiderata. E la famiglia Borbonica di Napoli in che situazione si troverà come venga dalla Spagna abbandonata? Sarebbe dunque a desiderarsi di toccare questo punto e di vedere se possedendo essa beni privati che furongli tolti, il Governo italiano sarebbe disposto a restituirli almeno in parte •.

Desiderando evitare tale discussione, preferii rispondere al Signor Ministro di Stato che non sapevo bene se i Borboni avessero beni propri, e che ignoravo completamente poi quali fossero le intenzioni dell'E.V. Solo, esprimendo una idea interamente mia, mi facevo ad osservare che in ogni caso i punti da lui toccati esigevano qualche trattativa, e che queste non sarebbersi mai potute intraprendere se non fra potenze amiche, sendo, a mio giudizio, impossibile tale discussione fra potenze che non si erano peranco riconosciute.

Disse il Signor Ministro di Stato che potrei avere in ciò ragione, ma che almeno desidererebbe che si prendesse preventivamente un qualche impegno.

Mi indicò quindi l'utmtà pure di conoscere le ,intenzioni del Governo italiano sulla categoria della missione da inviarsi per riannodare le relazioni. Ma soggiunse che su tutto oiò non aveva peranco idee precise, e che si riservava perciò di farmi ricercare fra due o tre giorni onde aprirmi del tutto la sua mente, come avesse stabiUto qualche cosa di più concr·eto. Il colloquio terminò con queste sue parole: • Voglio sperare che il vostro Governo si darà carico

della nostra posizione fatta bersaglio di tutte le ire dell'ultramontanismo perché siamo francamente disposti non solo a riconoscere il Regno d'Italia, ma ad

entrare con lui in stretta amicizia •.

Attenendomi agli ordini di V.E. serbai la maggiore riserva, e mi limitai ad assicurare il Signor Bermudez che come mi farà chiamare, accorrerò disposto a trasmettere a V.E. le sue osservazioni (1).

(l) Cfr. n. 75.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE 33. Firenze, 30 giugno 1865.

Le premier de ce mois, le grand acte de la translation de la Capitale du Royaume à Florence était accompli. Sa Majesté présidait dans cette ville le Conseil des Ministres; le Corps diplomatique y avait établi sa résidence, et toutes les administrations centrales y fonctionnaient réguLièrement. Les divers services n'ont souffert aucune interruption; les quelques boureaux spéciaux qui ont été détachés momentanément par mesure d'ordre rejoindront progressivement ici les administrations dont ils dépendent. C~tte opération a été exécutée sans embarras, sans troub1e, avec une faoiHté qui prouve combien est profond le sentiment de l'identité des intérets chez les citoyens de tout le Royaume.

Avant de prendre congé de la noble et glorieuse ville de Turin par un vote de gratitude, le premier Parlement italien a achevé la tàche que le pays lui avait donnée. Les derniers travaux des deux Chambres, dont je vous exposais le programme dans ma Circulaire du 11 Mars dernier, avaient pour objet un ensemble considérable de dispositions législativ,es de première importance. La préoccupation principale de la représentation nationale dans les dernières séances qu'elle a tenues dans l'ancienne Capitale du Royaume a été, vous le savez, que l'unification fut complétée. Elle l'a été dans l'ordre administratif par l'application à tout le Royaume des lois de 1859 profondément modifiées. Elle l'a été dans l'ordre de la législation par la promulgation dans toute l'Italie des Codes civil, de commerce, de procédure civile et pénale et de la marine marchande, ainsi que des lois sur l'organisation et la compétence des ,tribunaux, sur les expropriations, et sur la propriété littéraire et artistique.

Le Gouvernement du Roi a reçu en outre du Par1ement l'autorisation de modifier les circonscriptions administratives et judiciaires, indispensable pour faire produire tous leurs effets à quelques unes des réformes lég,islatives votées.

Quant à la mise en vigueur des memes lois pénales dans tout le Royaume sans distinction, elle impliquait la question de la peine de mort; question dont la solution, à ce que les faits démontrèrent, n'était pas mure dans l'opinion publique.

Nos lignes de chemin de fer construites ou ~en projet ont été coordonnées en un système de tronçons conforme aux nécessités d'une bonne exploitation, aux condi>tions géographiques, et à l',intéret de la circulation; les lignes qui appartenaient au Gouvernement ont été cédées à l'exploHation privée, autant dans l'intéret de la réconstitution des réseaux que dans celui du trésor.

L'exposé de la situation financière a démontré la diminution progressive du défìcit, l'accroissement constant des recettes, et a permis d'assigner un terme peu éloigné pour l'équilibre du budget; aussi la votation de l'exercice provisoi!'e du budget de 1865 et des lois de régularisation de di:vers impòts, ainsi que celLe de l'emprunt de 425 millions, ont-elles réuni dans le Parlement une grande majorité.

La loi de suppression des corporations réligieuses, dans les conditions d'urgence qui pesaient sur les travaux du Parlement, et dans l'incertitude qu'une préparation insuffisante avait laissé dans beaucoup d'esprits, n'a pu arriver à etre votée. L'introduction d'amendemens peu cohérents entre eux, et que le Ministère d'aiUeurs ne jugea pas acceptables, causa le retrait du projet, que le Cabinet s'est engagé à présenter à la prochaine Législature.

Ces motifs du retrait de cette loi furent d'ailleurs exposés par le Ministre de l'Intéri~eur dans sa Circulaire du 5 Mai, où des éclaircissements étaient aussi donnés sur les négociations qui venaient' d'etre engagées avec le Gouvernement du Roi par le Saint Siège.

Ces négociations, Monsieur, doiv,ent etre succinctement retracées dci.

* -Par une lettre en date du 6 Mars, adressée à S. M. le Roi Victor Emmanuel II le Saint Père manifesta les préoccupations que lui causait la vacanoe d'un si grand nombre de sièg,es épiscopaux en Italie, et exprima le désir d'une entente qui mit fin à cet état de choses. Sa Majesté et son Gouvernement, qui ont toujours eu pour principe de séparer entièrement les choses de la religion de celles de la politiqUJe, accueillirent avec empressement les ouvertures du S. -Père. La question des évechés vacants, purement ecclésiastique, offrait, selon nous, à la condition Que des deux parts on la traitat comme telle, une heureuse occasion de prouver au S. Père que son autorité est entourée, en Italie, d'un respect aussi profond et d'une déférence plus grande peut-ètre que dans les autres Etats catholiques. Le Commandeur Vegezzi, qui se recommandait également par ses qualités personnel1es à la confiance du Saint Père et à celle du Roi, fut chargé de se rendre à Rome pour établir, d'accord avec le Saint Siège, les points sur lesquels l'entente devait avoir lieu, et pour procéder à un échange de vues sur les moyens d'arriv,er à cette entente. Le Commandeur V~egezzi devait naturellement se borner, dans ses entretiens, à la question des évechés vacants. Les autres questions relatives à la situation de l'Eglise catholique qui impliquent de graves interets de l'ordre civil, telles que celles des corporations religieuses, de la propriété ecclésiastique, etc., devaient etre rigoureusement écartées. Il ne pouvait donc etr,e question d'un Concordat, d'un règlement des rapports à venir de l'Eglise et de l'Etat; il s'agissait uniquement de pourvoir d'un commun accord à une situa~tion donnée, dans un intérèt actuel de l'ordre :religieux, sans préjuger aucun droit et sans engager l'avenir. Il est à peine besoin d'ajc.uter que le Gouvernement italien ne traitant Qu'avec la Père des fidèles, et non avec le Souverain des Etats Romains, les négociations n'avaient

à toucher d'aucune mamere aux problèmes politiques actuellement pendants entre la Cour de Rome et la nation italienne. Ces limites étaient posées d'avance à la discussion comme raisonnables en e11es mèmes, et comme étant d'ailleurs indispensables pour arriver actuellement à un accord.

Le premier voyage du Commandeur Vegezzi à Rome, l'audience qu'H eut l'honneur d'avoir de Sa Saintété, et les conférences qui furerut tenues ent11e le Cardinal Secrétaire d'Etat et lui, eurent pour résultat la constatation des points à régler, et l'échange de témoignages réciproques et de vues communes qui donnèrent au Gouvernement du Roi l'espoir qu'un accord pourrait se réaliser.

Les poin1s désignés éta,ient les suivants:

Retour des évèques éloignés de leurs diocèses. Installation des évèques préconisés depuis 1859. Nomination aux évèchés qui n'ont pas de titulaires.

Le Commandeur Vegezzi fit connaitre que le Gouvernement du Roi, fidèle à ses tendances, était disposé à faire aux prérogatives spirituelles du Saint Siège les concessions les plus larges, en mème temps qu'il maintiendrait les droits du pouvoir civil et 1es prérogatives de la Couronne.

De son còté, le Saint Siège admettait le principe de l'ingérence du Gouvernement dans les nominations, et celui de la convenance de modifier successivement, avec les égards et après 1es études convenables, la circonscription des diocèses.

A l'égard des questions de personnes et des détails de l'arrangement, ce qui en fut dit sans ces premiers pourparlers suffit pour qu'il parut assuré qu'il n'existait là dessus aucun >empèchement grave à une entente.

Sur ces ~entrefaites, le Cardinal Secrétaire d'Eta~t et l'Envoyé du Gouv,ernement ayant reconnu l'opportunité de préparer les élémens définitifs de l'accord, 1e Commandeur Vegezzi se rendit à Turin pour recevoir des instructions détaillées ~et précises.

Ces instructions furent arrètées sur les bases suivantes: Le retour des évèques absents admis en général, sous les r~estrictions et exceptions reconnues d'un commun accord opportunes. La reconnaissance des évèques préconisés sauf des exceptions que, par des considérations spéciales, le Saint Siège n'excluait pas entièrement.

La nomination aux évèchés dépourvus de Htulaives, limitée aux Sièges épiscopaux qui devraient ètre conservés lors d'une révision ultérieure des circonscriptions diocésaines.

Les prérogatives roya1es de l'exequatur et du serment actuellement maintenues sans distinction pour tous les nouveaux évèques, d'après l,e droit public en vigueur en ltalie, mais appliquées dans des formes qui ne puissent ni alarmer les susceptibilités légitimes de la Cour de Rome, ni impliquer des questions politiques.

Ces propositions, qui n'étaient que 1e développement des déclarations faites dans les premiers pourparlers, furent apportées à Rome par le Commandeur Vegezzi. Le Saint Siège ne méconnut pas la va1eur des concessions faites par le Gouvernement du Roi sur le fond mème de la question, où aucune difficulté

d'ordre politique ne pouvait intervenir. Mais à l'égard de l'exequatur et du serment, une opinion soutenue dans ceDtaines régions à Rome et qu'appuyaient de tout leur pouvoir de hautes influences, voulait qu'ils fussent refusés, afin qu'aucun acte du Saint Siège ne parut impliquer meme la constatation de fait de l'existence du Royaume d'Italie.

Le Saint Père prit néammoins en sérieuse considération les propositions du Gouvernement du Roi sur ces deux points, et les soumit à l'examen d'une Congrégation et de plusieurs notabilités ,ecclésiastiques. Cel1es-ci prirent des délibérations absolument contraires à l'exequatur et au serment, non seulement à l'égard des anciennes provinces du Saint Siège, mais à l'égard meme de toutes les provinces annexées au Royaume depuis la guerre de 1859. Cette décision ne permettait plus de tomber d'accord que sur un seui point, celui du retour des éveques absents, point qui fut réglé en effet à l'amiable. En vain le Commandeur Vegezzi fit-il observer que le Gouvernement du Roi n'entendait point que la Cour de Rome eut à confirmer l'ordre de choses établi en Italie; que le serment et l'exequatur, prérogatives inaliénables dans les circonstances présentes, constataient seulement ces devoirs de soumission au Souverain régnant et d'obéissance aux lois établies, les quels ont toujours été recommandés par l'Eglise à ses Ministres et aux fidèles; que nous ne demandions pas au Saint Siège d'ordonner aux éveques de preter serment et de se soumettre à l'exequatur, mais que nous lui faisions simplement connaitre que ces actes seraient requis des éveques par le Gouvernement. La Cour de Rome persista à transformer la question religieuse en question politique.

Le Commandeur Vegezz,i prit donc congé de Sa Sainteté, en lui exprimant au nom de Gouvernement du Roi le regret que nos concessions n'eussent pas paru suffisantes, et en ajoutant que pour ne pas laisser sans résultat, en ce qui dépendait de lui, l'initiative prise par Sa Sainteté, le Gouv,ernement pourvoirait de la manière convenue au retour des éveques absents de leurs sièges.

Ces négociations auront pour résultat au moins de constater que sur les

questions ecclésiastiques et réligieuses un accord est (l) facile entre l'Italie et le

Saint Siège, et que les difficultés actuelles tiennent uniquement aux préoccu

pations politiques qui dominent encore à Rome.

L'initiative prise par le Saint Père permet d'espérer que ces préoccupations

iront en diminuant. Désormais la situation ne sera peut ètre plus aussi tendue

entre le Saint Siège et l'Italie; 1es égards marqués avec les quels l'Envoyé du

Gouvernement a été reçu par le Saint Père, notamment dans son audience de

congé, et les démarches de haute courtoisie dont il a été l'objet de la part des

personnages de la Cour pontificale, laisseront leur trace, nous aimons à le croire,

dans les relations à venir de Rome avec l'Italie.

A mesure que les illusions qui règnent à Rome s'effaceront, que les ingé

rences qui nous sont hostiles cesseront de peser, dans des intérets étrangers à

la religion, sur les délibérations de l'Eglise, l'attitude du Saint Siège envers

l'Italie achèvera sans doute de se modifier, et le Gouvernement du Roi pour

ra faire de nouveaux pas dans la voie des concessions dont le terme définitif sera la plus grande liberté possible de l'Etat et de l'Eglise * (1).

Il ne s'est produit du reste ces derniers temps dans les relations entre le Royaume et les provinces pontificales, que des incidents de peu d'importance, dont deux peuvent cependant etre indiqués ici.

Les documents diplomatiques qui ont été présentés à la Chambre des Députés par le Ministre des Affaires Etrangères dans la séance du 29 Mai 1863 ont constaté le trailtement auquel les navires nationaux sont assujettis par les Autorités Pontificales à leur entrée dans les ports appartenant au S. Siège. Le pavillon italien n'étant pas admis dans ces ports, les Capitaines de notre marine qui y aborderaient se trouveraient ob1igés ou d'amener le pavillon italien, ou de hisser celui d'une autre puissance, ce qui constituerait une irrégularité au point de vue du droit maritime, et une atteinte à la dignité nationale. Lors des fetes de la Semaine Sainte, une compagnie italienne de navigation à vapeur, essaya d'établir un service direct extraordinair·e entre Marseille et Civitavecchia. Ses bàtiments ne pouvaient pas, comme appartenant à une Compagnie privilégiée par le Gouvernement, éluder les lois maritimes qui défendent d'amener le pavmon ou d'en emprunter un étranger; mais la Compagnie put croire qu'en raison du but de son entreprise, l'administration pontificate tolèrerait au moins dans cette circonstance la présenoe dans le port de Civitavecchia de bàtiments italiens, comme l'Autriche les admet dans les ports de l'Adl'iatique. L'attitude cependant des autorités pontificales ne changea en rien, et la Compagnie dut renoncer à son projet, quoiqu'elle eì1t déjà publié les manifestes annonçant l'ouverture d'un service destiné surtout à des pèlerinages.

Les communications en chemin de fer entre le Nord et le Sud de la péninsule étant du còté occidental de l'Apennin beaucoup plus propres à un service accéléré que du còté orientai, l'administration Royale des Postes aurait voulu obtenir du Gouvernement Pontificai l'autorisation de faire passer par le territoire romain la malie des correspondanoes venant du Piémont, de la Lombardie et de la Toscane à destination de Naples. Pour que ce projet put etre effectué dans des conditions pratiques de rapidité ·et d'économie, il fallait nécessairement que le Gouvernement Pontificai consentit à ce que le transi<t sur son territoire se fit en plis clos et sous l'escorte d'un courder italien, ainsi qu'il est pratiqué

·dans plusieurs autres pays d'Europe pour le transit à travers des enclaves.

Le Gouvernement du Roi recourut à l'intermédiaire du Gouvernement Fran

çais pour que des ouvertures fussent faites dans ce sens à l'administration pon

tificale. Celle-ci ne crut pas pouvoir donner son adhésion sans demander la

réciprocité pour les correspondances échangées entre les Etats Romains et la

France, ce qui ne pouvait etre admis, la réciprocité n'étant pas applicable à un

cas absolument différent, et pouvant dans cetJte circonstance constituer un pré

cédent destructeur de tout le système actuel des correspondances internationales.

Vous savez, Monsieur, que le Gouvernement Prussi:en nous fit récemment

des ouvertures pour le règlement des rappo1:1ts commerciaux entre l'Italie et le

Zollverein, qui continuent d'etre basés sur des accords tels que le commerce de

l'Union douanière Allemande avec la péninsule est exclu du bénéfice des réductions et des facilitations accordées par nos Traités réoents à la plupart des Etats Européens.

Le Gouvernement du Roi a accueilli favorablement ces propositions dans l'intérèt commun des deux pays. Toutefois, la plupart des Etats qui font partie du Zollverein n'ayant pas de rapports diplomatiques avec l'Italie, et cette circonstance étant de nature à opposer soit à la conclusion, soit à la mise à exécution pratique d'un accord commerciai des difficultés exceptionnelles les deux Gouvernements durent entrer en des pourparlers préliminaires sur les moyens d'arriver à un résultat. Le Gouvernement du Roi, que les premières puissances ont spontanément reconnu, n'entendait point, comme Vous le comprendrez aisément, Monsieur, demander la reconnaissance des Etats moyens de l'Allemagne comme condition préalable de la négociation d'un traité de commerce. Nous nous déclaràmes prèts à négocier avec le Gouvernement Prussien aussitòt qu'il croi

rait pouvoir se porter fort que les négociations auraient un résultat pratique, et à conclure avec lui un traité formel semblable aux traités conclus entre l'Allemagne et l'Angleterre, :la Belgique, la France etc. C'était le seul mode de procéder qui, dans l'état des choses, fùt conciliable à la fois avec notre digni.té et avec les intérèts de l'Italie. Le Gouvernement Prussien rendit justice aux raisons qui déterminaient notre résolution, et nous fit connaitre qu'il allait faire auprès des ses Confédérés les démarches nécessaires pour écarter les obstacles qui s'opposent à la conclusion d'un traité Italo-Allemand dans la forme convenue. C'est à la Prusse exclusivement qu'il appartient de faire disparaìtve ces obstacles, en invoquant les intérèts essentiels de l'industrie et du commerce du Zollverein, dont les rapports avec l'Italie sont actuellement plus désavantageux mème que ceux de l'Autriche avec la péninsule. En ce qui nous concerne nous avons assez prouvé nos bonnes dispositions, en répondant de la manière la plus favorable aux questions qui nous ont été faites par le Cabinet Prussien sur le traitement que nous serions disposés, le cas échéant, à accorder au Zollv·erein.

S.E. M. de Bismarck ayant désiré savoir d'avance si nous consentirions à prendre pour base le récent traité de Commerce Anglo-Allemand, le Gouvernement du Roi a déclaré q_u'il n'y voit aucune difficulté et qu'en général il apprécie trop l'importance q_ue doivent prendre un jour les relations entre les deux peuples pour ne pas ètre résolu à accorder à l'Allemagne toutes les facilités et tous les avantages que comportent le libéralisme de notre politiq_ue commerciale, et le système des traités q_ue nous avons conclus dans ces dernières années avec d'autres nations. Laissant se produire la suite et les résultats de négoc.iations de la Prusse av·ec les Etats moyens, nous y demeurons naturellement entièrement étrangers.

Les Conférences convoquées à Paris, par suite de l'initiative de la France, pour la révision des accords télégraphiq_ues internationaux de Bruxelles et de Berne, ont abouti à la conclusion d'une nouvelle Convention, qui a été signée le 16 Mai dernier par les Plénipotentiaires de presque tous les Etats du continent Européen. Le Ministre du Roi à Paris ayant des motifs de prévoir qu'à l'occasion de la signature les représentants de l'Autriche et des aut:res Etats qui n'ont pas reconnu le Royaume d'Italie soulèveraient de nouveau les difficultés qui

s'étaient présentées à Bruxelles en Juillet 1863 lors de la signature du Traité pour le rachat du péage de l'Escaut, il fut chargé par le Gouvernement de faire connaitre à S.E. M. Drouyn de Lhuys, Président de la Conférence, qu'il admettrait une déclaration faite par lui au moment de la signature de la Cbnv,ention, analogue à celle qui avait été admise pour la signature de l'acte de Bruxelles, mais qu'il n'accepterait aucune forme d'actes, réserve ou restriction ayant pour effet de mettre en discussion sa qualité de Représentant du Roi d'Italie. Le précédent de Bruxelles fut consécutivement agréé par toutes les parties, et la difficulté fut évi,tée comme elle l'avait été dans l'acte de rachat du péage de l'Escaut S.E. lVI. Drouyn de Lhuys fit observer, au moment de la signature, que la Convention télégraphique avait exclusivement pour objet de régler des rapports économiques, et n'avait par conséQuent pas pour effet dc préjuger d'aucune manière les situations politiques des Puissances contractantes entre elles; après quoi les Représentants procédèrent à la signature. L'observation préalable du Président fut mentionnée dans le procès verbal de la Séance.

Le Gouvernement du Roi ne prévoit pas que des difficultés sérieuses puissent s'opposer à l'adoption du mème mode de procéder dans les actes de la Commission européenne pour la navigation du Danube.

Cette dernière question n'est pas la seule qui offre actuellement des difficultés particu1ières dans les Provinces Unies. Les Agents des Puissances signataires du Traité de Paris de 1856 à Buckarest ayant dernièrement signalé aux Envoyés respectifs des Puissances auprès de la Sublime Porte plusieurs innovations décrétées par le Gouvernement Roumain et qui étaient en opposition avec les principes dont s'inspirent les Capitulations en vigueur enrtre l'Empire Ottoman et les Puissances chrét,iennes, les Représentants de l'Italie, de la France, de la Grande Bretagne, de la Prusse, de la Russie et de l'Autriche, furent invités par l'Ambassadeur de France, Doyen du Corps diplomatique, pendunt l'absence momentanée de l'Ambassadeur d'Angleterre, à des Conférences spéciales ayant pour but d'examiner la situation créée par les déterminations du Prince et d'arrèter d'un commun accord les mesures à adopter.

La Conférence s'étant réunie une première fois le 21 Février, il fut convenu de faire connaìtre en forme d'instructions identiques aux Consuls respectifs à Bukarest, les principes qui devaient régler leur conduite dans chaque conjoncture; il fut aussi délibéré qu'en attendant les Consuls seraient prévenus que 1eurs rapports touchant la violation des Capitulations ayant amené les Représentants des puissances à se préoccuper d'un tel état de choses, la question serait examinée sérieusement à Constar.t,inople, et qu'on inviterait en outre les Consuls à faire conna1tre au Gouvernement du Prince Couza la résolution des Représentants de procéder à cet c:wmen.

Le lexte de cette communication préalable aux Consuls fut arrèté par la Conférence dans sa séance du 2 Mars; le 31, les Agents des Puissances garantes furent reçus en audience solennelle par le Prince Couza; ils firent connaitre à Son Altesse l'objet de la démarche qu'ils avaient mission de faire auprès d'Elle et lui donnèrent lecture de la dépeche identique qu'ils avaient reçus de Constantinople. Ils ajoutèrent qu'ils n'avaient pas à entrer pour le moment en discussion sur le fond de la question des Capitulations; que 1eur but n'était que de poser

un principe, mais que les Représentants des Puissances s'occupaient de la rédaction d'un travail qui spécifierait les drorits des étrangers et l'es devoirs des autorités Moldo-Valaques. Sur quoi le Prince fit connaitre qu'en ce cas il attendrait, pour apprécier s'il y avait lieu de prendre des dispositions sur les matières en question, qu'on lui communiquat le travail annoncé; et que jusque là il continuerait à procéder, comme par le passé, d'après les principes du droit des gens et de l'équité, tels qu'ils sont entendus et pratiqués en Europe: qu'il avait d'ailleurs chargé son Agent à Constantinople de donner des explications aux Représentants des Puissances.

En attendant ceux ci poursuivaient aotivement la tache qu'ils s'étaient partagée de manière que chacun d'eux ,eut à rédiger des instructions sur une partie donnée de la question complex'e des Capitulations.

Mais quelques dissentiments se sont produits dès le principe entre les Représentants sur des points spéciaux, et quoique la question des Capitulations ait encore été traitée dans deux Conférences toutes récentes, il est à prévoir qu'à cet égard les travaux des Représentants des Puissances à Constantinople ainsi que l'action des Consuls auprès du Prince Couza ne pourront pas garder un caractère colleotif. La Légation du Roi, pour sa part, a fait parvenir au Représentant de l'Italie à Bukarest des instructions sur les matières pour les quelles les éléments de discussion ont déjà été élaborés à Constantinople, c'est à dire sur l'application des traités de Commerce conclus avec la Sublime Porte, sur la manière de procéder dans l'exécution des instructions, sur l'assistance consulaire aux débats judiciaires, sur la manière de procéder à l'égard d'un crime commis par un étranger contre un autre étranger sur le sol roumain, et sur les droits des Consulats à intervenir lors de l'arrestation par les Autorités locales d'un de leurs ressortissants.

Les affaires du Montenegro, qui rentrent dans le méme ordre de relations viennent de donner lieu à un incident où le Gouvernement du Roi a du rappeler les droits qui lui appartiennent.

Dans le mois de Mai·s dernier le Com:ul de Sa Majesté à Scutari d'Albanie avait été invité par le Gouverneur Ottoman de cette ville à prendre part avec les Consuls d'Angleterre, de France, de Russie et d'Autriche, à une Conférence sur une violation de frontière commise par des Monténégrins armés, et avait signé conjointement avec eux une dépéche collective adressée au Prince de Montenegro pour l'engager à empècher à l'avenir de semblables provocations.

Plus tard, le Prince de Montenegro adressa une communication sur cette affaire aux Agents Consulaires des Puissances garantes, à l'exclusion du Consul du Roi; celui-ci en fit des remontrances à Son Altesse, qui lui répondit que des protestations ayant été faites au sujet de l'admission à la Conférence d'un Consul qui ne représentait point une grande Puissance, il s'abstiendrait à l'avenir de comprendre l'Envoyé italien dans toute démarche collective auprès du Corps Consulaire au sujet des affaires du Montenegro.

Aussit6t que le Gouvernement du Roi eut connaissance de ce fait, il recommanda au Consul du Roi à Scutari de maintenir énergiquement son droit de participation; et comme la difficulté survenue paraissait due à une influence actuellement dominante à Cettigne, et qui nous est contraire, nous adressames aux puissances garantes de l'Empire OHoman une communication ayant pour objet de revendiquer les droits de l'Italie.

En effet, les affaires concernant le Montenegro sont incontestablement de celles qui intéressent le principe de l'intégrit~ et de l'indépendance de l'Empire Ottoman, principe que le Traité de Paris a mis sous la garantie de chacune des Puissances signataires, avec les mèmes droits et les mèmes devo:irs pour chacune d'elles. En fait, soit pendant les hostilités ,entre le Montenegro et la Turquie qui ont pris fin en 1862, soit pendant les négociations qui réglèrent la situation de ce pays, le Ministre du Roi à Constantinople fut appelé à prendre part aux démarches faites à ce>t égard par les Représentants des Puissances garantes, et reçut à ce sujet des communications officielles de la Sublime Porte.

Le 8 courant encore dans une Conférenoe tenue chez l'Internonce entre les Représentants des Puissances garantes, le Baron de Prokesh appela l'attention de ses collègues sur un mémo-ire que le Prince Nicolas avait présenté à Vienne, touchant la question des frontières entre le territoire de la Turquie et celui du Montenegro, et le Représentant du Roi eut a s'associer au blame dont quelques mesures prises à cet égard par le Gouvernement Ottoman fur,ent l'objet de la part de la Conférence.

Notre droit de pre!1dre part à toute ingérence des Puissances garantes dans les affaires du Montenegro était donc établi en fait aussi bien qu'en droM de la manière la plus inattaquable. La justesse de ce point de vue a été reconnu par les puissances amies, et tout récemment le Prince du Montenegro a fait connaìtre au Consul du Roi qu'il ne manquerai,t pas à l'avenir de l'inviter à prendre part à toute ingérence des Puissances garantes dans les rapports entre le Montenegro et la Sublime Porte.

Un incident regrettable s'est dernièrement produit à Alexandrie d'Egypte, où quelques matelots i<taliens ont été maltraités par des indigènes et mème par des Cavass de la police locale. L'attitude digne et ferme du Consul Général du Roi, efficacement appuyé par le Commandant de la station navale italienne, a obtenu de la justice du Gouvernement du Vice Roi, et des sentiments personnellement bienveillants de Son Altesse une réparation complète dont le Journal Officiel reproduit les détails.

Pour faire suite aux informations que contient ma circulaire du 11 Mars (l) sur les affaires de l'Amérique du Sud, je noterai ici que le Gouvernement Paraguayen nous ayant annoncé offioiellement l'ouvertuve des hostilités, e>t supposant que le Brésil pourrait chercher à faire des enròlements en Europe, il a prié le Gouvernement du Roi de vouloir bien prendre des mesures propres à empècher qu'aucune atteinte ne fUt portée sur le terri<toire italien au maintien de la neutralité.

Le Gouvernement du Roi signala aux autorités du Royaume l'éventualité dont il s'agit, afin d'assurer l'observation des devoirs des puissances neutres.

* La situation des sujets du Roi dans les régions de la Plata ne s'est guère améliorée depuis l'occupation de Montevideo par le Général Flores; le commerce souffre beaucoup des hostilités maintenant engagées entre le Paraguay

d'un còté et la Républ,ique Argentine, l'Uruguay et le Brésil de l'autre. La station navale italienne se composait, au moment du départ du dernier courrier, du • Veloce", de l'« Ercole, et du «Principe Umberto •.

Je dois vous faire connaitre à ce propos que la location faite au Gouvernement du Roi de l'ìle de las Ratas, (ìle de la liberté) pour le service de la Marine Royale, vient d'étre dénoncée par le Gouvernement Orientai, qui s'est prévalu de la clause insérée au contrat qui rendait la concession réslliable à volonté par un simple avis notlfié quatre mois à l'avance. Le lVIinistre d'Italie en a référé au Gouvernement du Roi, qui en a pris acte. Vous savez déjà, Monsieur, que la concession temporaire de cette station était de la part du Gouvernement Orientai un de ces actes sans portée politique et de pure cour,toisie dont on trouve plusieurs exemples dans les relations des Etats maritimes.

Cette résiliation, arretée avec un peu de précipitation peut ètre par le nouveau pouvoir établi à Montevideo (1), est d'ailleurs un fait sans importance au point de vue des intérèts de notre colonie à la Plata.

Celle-ci vient d'acquérir un élément d'influence de plus par le :taH; que les batiments de commerce appartenant à des italiens et qui constituent la plus grande partie du matériel navigant sur les eaux de la Plata, ont renoncé à arborer. tout autre pavillon que le pavillon national, et se sont assuré la protection du Gouvernement du Roi. Ce fait se rattache à un ensemble très remarquable de tendances qui va se développant chez les italiens fixés dans 1es pays dont il s'agit.

Depuis que la constitution de l'Italie en un seul Royaume a eu pour effet, dans les régions de la Plata, de réunir en un corps compact nos nationaux auparavant divisés en autant de fractions qu'il y avait de Principautés dans leur pays d'origine, notre colonie a cessé de s'attacher à suivre la fortune variable de tel ou tel parti; les italiens ne sont plus un appoint pour les guerres intestines dont ces contrées sont presque périodiquement le théatre; ils ne sont plus et ne veulent plus étre qu'italiens. Par leur sage réserve au milieu des guerres actuelles, par leur confiance dans la protection qui leur est acquise, par leur fidélité au pavillon Royal dont ils tiennent à honneur de se couvrir, il se sont placés en dehors des luttes et des rivalités de partisans aux quelles ils avaient pris jadis trop (2) de part.

Cette attitude, qui doit augmenter le respect du nom itaLien et achever de fonder notre influence à la Pla.ta, peut naturellement déconcerter et contrarier padois des projets d'enròlemens, des plans de politique conçus peut ètre dans l'hypothèse que d'anciens errcmens (3) se renouvellemient dans la colonie italienne. De là ( 4) quelques variations dans la manière d'agir des autorités locales à notre égard. Le Gouvernement du Roi, n'y attachant pas un caractère plus sérieux qu'il ne convient (5), ne changera point la ligne de con

duite ferme et correcrte qu'il s'est tracée depuis l'origine des conflits actuels dans la Plata. Ce qui importe à l'ltalie, c'est de faire 11especter les droits de ses nationaux, quels que soient les événements, et les i1Jaliens de la Plata savent que la mère patrie ne manquera pas à cette tàche * (1).

Le Gouvernement du Roi a reçu dernièrement du Ministre des Etats Unis de l'Amérique du Nord une double communication de son Gouvernement, ayant pour objet de demander, vu la cessation des opérations sécessionistes sur mer comme sur terre, que le Gouvernement du Roi abrogeàt toute mesure restrictive à l'égard du séjour des navires fédéraux dans les ports du Royaume et prit l'es mesures propres à empècher l'entrée dans ces mèmes ports de tout navire portant le pavillon des Etats Confédérés. Le Gouvernement du roi répondit à cette communication en annonçant au Représentant des Etats Unis f!Uant à la première demande que la marine fédérale serait dès à présent admise de nouveau au traitement ordinaire, et quant à la seconde que les navires Confédérés ne seraient plus admis dans les po11ts du Royaume, hors le cas de relàche forcée, dans le quel les mesures indiquées par le droit des gens, seraient aussitòt appliquées.

Le Gouvernement du Roi n'avait du reste cessé pendant toute la crise qu'a traversée l'Union Américaine, d'entretenir avec le Gouvernement Fédéral les relations les plus amicales. Lors de l'assassinat du Président Lincoln les deux Chambres du Royaume se sont rendues solennellement les organes des regrets et des sympathies de la nation entière, et le Gouvernement du Roi s'est associé à cette manifestation en chargeant son Ministre à Washington de transmettre l'expression de ses sentiments au Gouvernement des Etats Unis en mème temps qu'il ferait parvenir à son adresse le Message envoyé par la Chamb11e des Députés au Président du Congrès Américain.

Je dois vous signaler, en finissant, la fondation à Paris, à Pétersbourg et à Mexico de Sociétés italiennes de bienfaisance, sous le patronage du Gouvernement et la Présidence honoraire des Ministres du Roi dans ces Capitales.

Vous apprendrez aussi avec intérèt que la Colonie italienne à Tunis vient de poser la première pierre d'un édifice destiné au Collège national Italien et dont l'emplacement avait été cédé gratuitement par Son Altesse le Bey (2).

(l) In LVB, pp. 150-151, questo rapporto è edito completamente modificato. E' pubblicato esattamente solo il primo capoverso.

(l) In LVB • serait •·

(l) Il brano fra asterischi è edito, con data 5 luglio, in LVS, pp. 58-62.

(l) Cfr. Serie I, vol. V, n. 610.

(l) -In LV8 è soppresso l'inciso che inizia con arrètée. (2) -In LV8 « tant ». (3) -In LV8 « tendances à l'esprit de parti». (4) -In LV8 qui aggiunto "peut etre », (5) -In LV8 è soppressa la frase "n'y attachant pas un caractère plus sérieux qu'il ne convient • ed è sostituita dalla seguente « est convaincu que la réserve et la neutralitè de notre Colonie dans les agitations qui ont troublé les contrées de la Pl"'ta est non seulement une cause de prospérité pour nos nationaux mais aussi un précieux élément de stabilité et d'ordre pour ces Etats eux-memes ».
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 216. Parigi, 30 giugno 1865 (per. il 2 luglio).

Giusta il desiderio espressomi da V. E. col dispaccio telegrafico d'oggi (3), mi o.ffretto a comunicarLe quanto è venuto a mia notizia circa la crisi mini

steriale scoppJata a Vienna. Secondo i giornali e le lettere arrivate da Vienna, l'Imperatore sarebbe da lungo tempo convinto della impossibilità di compiere la riconciliazione coll'Ungheria, colla Croazia e colla Transilvania continuando nel sistema di cui il signor Schmerling è la presonificazione. Le difficoltà incontrate da questo Ministro presso il Reichsrath, l'impopolarità del signor Plener, Ministro delle Finanze, la confessione fatta quasi pubblicamente da questi due uomini di Stato della impossibilità d'introdurre ed applicare nella monarchia austriaca, con tutte le sue conseguenze, il sistema parlamentare inglese, avrebbero indotto l'Imperatore a far ritorno dalla patente di febbrajo a quella dell'ottobre, ossia dal sistema centralizzatore a quello della federazione.

L'Austria fu, com'è noto a V.E., sino al 1848 un gruppo di Stati e provincie aventi amministrazione distinta e separata, e riuniti insieme in un vincolo dinastico la cui espressione politica era la cancelleria aulica di Vienna. La rivoluzione del 1848, mettendo in gravissimo pericolo l'esistenza stessa dello Stato austriaco, fece nascere nei Ministr~ Schwartzenberg e Bach il pensiero di ridurre quel complesso di provincie a forma di Stato centralizzato ed unitario, come la Francia. Questo tentativo che fu messo in atto con tutti i rigori del dispotismo ed a cui vennero sacrificate anche quelle apparenze di istituzioni rappresentative che erano rimaste incolumi sino al 1848, non fece che aumentare il malcontento delle popolazioni delle diverse razze, e venne a naufragare finalmente nel 1859. Dopo Magenta e Solferino, l'Austria capì di avere bisogno .d'una nuova trasformazione la quale fosse destinata a far credere all'Europa ed alle popolazioni stesse dell'Impero alla rigenerazione del Governo austriaco. Le due patenti di ottobre 1860 e di febbrajo 1861 furono il risultato di questo sforzo. La prima stabiliva l'indipendenza quasi completa, sotto il rapporto amministrativo, delle Diete di ciascuna provincia, e la loro riunione in un Reichsrath, composto d'una sola Camera alta, i cui membri sarebbero stati nominati diret

tamente dal Governo. Questa costituzione, di cui fu autore principale il Conte Rechberg, spiacque grandemente agli abitanti delle provincie tedesche le quali temerono di veder ridotta la loro influenza politica a quella proporzione che è stabilita dal numero della popolazione, la quale è appena il quinto della popolazione totale. La necessità di acquietare questo malcontento, che era specialmente formidabile nelle classi bancarie e nella borghesia di Vienna, fece che l'Imperatore aderisse alle idee di Schmerling e facesse ritorno alle idee unitarie, ma questa volta congiunte alLe forme costituzionali. La patente di febbrajo spiacque moltissimo non solo all'Ungheria, alla Croazia ed alla Transilvania, ma altresì alla Boemia ed alla Gallizia; inoltre il vecchio partito feudale e militare e la Corte videro con pena l'autorità assoluta dell'Imperatore inceppata ad ogni istante dal Reichsrath, specialmente nelle materie finanziarie. Malgrado che sia stato costretto a sacrificare il Conte Rechberg al Barone di Schmerling, l'Imperatore ebbe sempre maggior simpatia pel primo di questi due Uomini di Stato, ed i Capi del partito militare non cessarono mai i loro intrighi per togliersi d'attorno un uomo che simulava tendenze liberali e rappresentava l'elemento borghese, essenzialmente avverso alla politica dinastica tradizionale degli Absburgo. Ad ogni modo è certo che Schmerling stesso non riesci a porsi d'accordo col Reichsrath, benchè fosse composto quasi esclusivamente di ele

menti tedeschi e boemi; e che questa specie di apparato costituzionale, se indusse in inganno l'opinione pubblica in Europa, non riuscì mai ad esser popolare né a Vienna nè nelle provincie dell'Impero. La vecchia aristocrazia ungherese che continuò a vivere a Vienna ,ed a far causa comune coi capi del partito militare, non cessò di rappresentare all'imperatore la necessità di far ritorno alla patente dell'ottobre; essa apparecchiò le dimostrazioni con cui fu accolto a Pesth recentemente Francesco Giuseppe e probabilmente allora fu ordito l'intrigo che sta ora svolgendosi a Vienna.

Il Conte Belcredi che pare chiamato a succedere al Barone Schmerling e che in ogni caso sarà l'anima del nuovo Gabinetto è uno dei capi dell'aristocrazia federale; egli non appartiene al partito assolutista, ma non è Illeppure costituz,ionale come Schmerling: è quindi la persona più adatta a coprire col suo credito quella specie di colpo di Stato che l'Imperatore medita da lungo tempo e di cui la necessità di far concessioni all'Ungheria gli fornisce il pretesto. Ecco, a quanto dicesi, il programma del nuovo Ministero. L'Imperatore convocherebbe la Dieta ungherese, andrebbe a farsi incoronare a Pesth, e giurerebbe il diploma tradizionale; istituirebbe un ministero ungherese (si parla persino di Déak come ministro di giustizia): si permetterebbe tacitamente alla Dieta di pigliar per base le leggi ungheresi del 48; ma se ne promuoverebbe l'abolizione nelle forme legali per mezzo della Dieta stessa offrendo in compenso un'autonomia amministrativa più larga compatibile colla patente d'ottobre e coi principj federali cui essa s'inspira. Quand'anche non si vada sin là, pare probabile l'istituzione di una sola cancelleria pei tre Regni d'Ungheria, Croazia e Transilvania, il che basterà forse a lusingare l'amor proprio degli Ungheresi (1).

Quanto alla politica estera, si afferma che il Conte Mensdorff rimanga alla direzione di essa avendo nel tempo stesso la Presidenza del Consiglio. È prematura ogni supposizione sull'influenza di questo mutamento sulla poLitica austriaca così verso la Prussia come v~erso l'Italia. È noto però che l'aristocrazia feudale militare austriaca è intimamente legata coi capi del partLto feudale in Prussia. Essi non sarebbero al,ieni dal lasciare alla Prussia qualche maggiore influenza in Germania per ottenere il suo concorso in una possibile guerra contz:o l'Italia e contro la Francia. Ad ogni modo l'Imperatore spera di rtrovarsi più forte nella politica estera, quando si sia tolta la spina del malcontento unghel"lese e quando non abbia più a discutere ogni anno il bilancio della Guerra e degli Esteri con dei Deputati i quali avevano prese sul serio le loro funzioni. La seconda Camera del Reichsrath sarà quindi sciolta nei primi giorni di luglio, e forse non sarà

• Des lettres d'Autriche portent que c'est surtout sous l'impression de très vive inquiétude que lui ont causée nos négociations avec Rome, que l'Empereur d'Autriche s'est rapproché de la Hongrie et que la conciliation a réellement fait des progrès notables. Peut-etre serait-ce un sujet intéressant que de savoir ce qu'on juge à Berlin de possible ou convenable de faire pour empecher cette réconciliation. Si la Prusse entend se rapprocher sérieusement et efficacement de l'Italie, elle ne saurait en donner une preuve plus sure qu'en faisant quelque chose dans ce sens; mais on ne peut se dissimuler que cela supposerait un antagonismeplus décidé ou pour mieux dire plus mur que l'actuel entre la Prusse et l'Autriche. La situation mérite évidemment une grande attention. M. Usedom a dit nettement au Général qu'on l'avait chargé de Berlin de s'informer des dispositions qu'on serait pret à prendreici en cas de rupture ouverte entre la Prusse et l'Autriche. Le Général a répondu que les choses ne semblaient pas en étre encore là •.

6 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

più convocata, se come corre voce la Camera alta rimarrà sola rappresentanza comune di tutte le parti dell'Impero.

È pure prematura la ricerca delle conseguenze di questa crisi nell'interno della monarchia. Le provincie tedesche propriamente dette vedranno con pena sacrificata la loro influenza a quella delle razze magiare e slave: i banchieri sopra tutto rammaricheranno il control~o apparente esercitato dai deputati sulle finanze dello Stato. Non è improbabile perciò che questi nuovi tentativi dimostrino sempre più all'Europa l'impossibilità di far durare con forme liberali uno Stato composto di elementi così discordi ed eterogenei.

P. S. La crisi ministeriale austriaca non essendo per anco terminata, e non avendo avuto le mie informazioni da sorgente austriaca, prego l'E.V. di voler accogliere queste considerazioni colla riserva voluta, e piuttosto come materia di controllo che come un giudizio assoluto.

(l) -Il brano fra asterischi è edito in LVB, pp. 519-521. (2) -Con dispaccio riservato dell'B luglio La Marmora invitava il Ministro dell'Interno a ordinare indagini per accertare in che modo questa circolare, di cui gli unici esemplari usciti dal Ministero degli Esteri erano stati inviati per posta agli agenti all'estero, fosse venuta a conoscenza della Gazzetta del Popolo di Torino che nel suo numero del 7 luglio ne pubblicava una analisi. (3) -T. 167, non pubblicato.

(l) Si pubblica qui un appunto di Blanc in data 18 giugno (Carte Blanc):

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

T. 172. Firenze, l luglio 1865, ore 11,50.

Quand Prusse et Russie ont reconnu Italie elles ont par motifs politiques réservé leur liberté d'appréciations sur les moyens employés lors de constitution nouveau royaume et sur la poHtique à venir du Gouvernement italien. Quant aux puissances catholiqucs comme Brésil, Portugal, républiques hispano-américaines, Mexique Belgique elles ont reconnu Italie purement et simplement. Le Gouvernement du Roi regarde reconnaissance comme simple rétablissement des relations diplomatiques entre deux Etats existants et dont la politique respective reste parfaitement libre. Les formes du rétablissement des rapports seraient combinées de la manière la plus honorable pour l'Espagne comme pour nous. Ces notions sont pour votre information particulière, je m'en remets à votre prudence quant à l'usage que vous devez en faire.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 72. Londra, Luglio 1865 (per. il 4).

Benchè nella corrispondenza offioiale che V.E. mi fece l'onore d'indirizzarmi, le negoziazioni con Roma per mezzo del Commendatore Vegezzi siano state totalmente omesse, credo che non riesca senza interesse per V. E. il sapere che in generale in Inghilterra l'opinione pubblica seppe con soddisfazione che erano state interrotte. Non ho potuto a meno di far osservare a chi me ne parlava che questa difficilissima questione non poteva apprezzarsi giustamente che da chi viveva nel paese, praticava la religione cattolica, ed aveva fatto di questioni Italiane lo studio della vi,ta. In generale chi ne parlava non si era probabilmente dato il fastidio d'indagarle menomamente, ma erano le loro osservazioni inspirate da simpatia per l'Italia e da diffidenza per Roma. Onde esprimevano un'idea astratta e generale più che fatti precisi. Lord p,almerston col quale ne parlai due giorni fa, parlò egli pure in quel senso, e questo mi par dover notare, poiché vedo che certi giornali ltaliani asseriscono il contrario. Lord Russell anch'esso sempre si espresse come convinto dalla necessità di camminare in questi negoziati cogli occhi aperti. Jeri il Principe Latour d'Auvergne dovette parlargliene manifestando il rincrescimento del Governo Francese che non si fossero potuti portare a termine, e manifestando pure la speranza che non essendo che interrotti potrebbero riprendersi ulteriormente in circostanze più proprie.

Siccome ho telegrafato a V.E. l'ambasciatore di Francia venne incaricato di parlare a Lord Russell della resistenza dell'Austria agli aggiustamenti proposti per terminare la vertenza dei protocolli della Commissione Danubiana, pare che Lord Russell siasi limitato a rispondere che era di parere di far nulla, finchè qualcosa si sapesse ulteriormente per parte nostra.

Il Parlamento si separerà ai 6 di questo mese, e quindi immediatamente avranno luogo le elezioni. Intrighi, contestazioni, e scialacquo di danaro avverrà, da quanto dicesi, più che mai; ma nessuno dubita che il risultato non sia favorevole al partito attualmente in potere. Lord Derby ha cercato ritardarne H momento più che ha potuto, poi ha commesso il grave errol'e di mettersi contro in ultimo tutti i cattolici Irlandesi, facendo annullare il Bill per la modificazione al giuramento cattolico già passato ai Comuni. Questa sera però egli cercherà un compenso, screditando il Governo col muovere un voto di sfiducia contro Lord Westbury il Gran Cancelliere, la cui posizione è molto lesa dagli intrighi di nepotismo, discussi in questi ultimi tempi.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 20. Pietroburgo, 2 luglio 1865 (per. il 10).

J'ai fait au Vice-Chancelier la communication dont me chargeait la dépeche de V.E. en date du 14 Juin (sans numéro) (1). J'ai cité et développé les arguments énoncés dans ce document et son annexe.

Le Prince Gortchacow s'est expr,imé dans un sens analogue au langage qu'il avait tenu quand il avait été appelé, dès l'origine, à se prononcer sur notre droit de participation aux affaires de Syrie. Notre droit sur ce point, comme pour le Monténégro, ne saurait, strictement parlant, découler du Traité de Paris.

J'ai objecté qu'ayant contracté des obligations générales et positives pour le principe de l'indépendance et de l'intégrité territoriale de l'Empire Ottoman (Art. 7), c'était bien là un engagement indivisib1e auquel on ne saurai1t opposer en détail des fins de non recevoir, sans porter atteinte à cette corrélation qui existe entre nos droits et nos devoirs. Au reste notre droit avai,t reçu une sanction pratique par la présence de notre représentant à Constantinople à maintes démarches des autres Puissances relativement au Monténégro. Nous espérions donc que l'appui de la Russie ne nous ferait pas défaut, d'autant plus qu'elle n'a aucune raison, comme l'Autrkhe, de nous contester une part d'influence légitime dans ces régions.

Sans entrer dans le mérite de ces considérations, le Vice-Chancelier s'est contenté de me dire que nous devrions, s'il y avait lieu, faire valoir nos raisons à Constantinople. Il m'a prié en meme temps de laisser entre ses mains l'annexe précité, pour qu'il instruisit le Général Ignatieff de cet incident.

J'ai demandé s'il chargerai,t ce diplomate de soutenir nos justes prétentions dans le cas où elles seraient soumises à la conférence.

Le Ministre Impérial des Affaires Etrangères, tout en s'exprimant avec bienveillance à notre égard, n'a voulu prendre aucun engagement. A son avis, s'il y avait eu méprise de la part du Gouverneur Ottoman à Scutari en admettant l'intervention de notre Consul, ce Gouverneur aurait reçu une réprimande, ce qui confirmait le fait de l'erreur commise. Nous agirions peut-etre mieux en n'attachant pas trop d'importance à ces sortes d',incidents. L'Italie était assez forte pour attendre, sans trop se préoccuper, le bénéfice du temps dans des questions secondaires qui trouveront une solution par la force meme des choses, entre autres quand l'Autriche, se rendant aux conseils qui commencent chez elle à se faire jour dans l'opinion publique, modifierait son attitude vis-à-vis de la Péninsule.

Comme mon interlocuteur ne paraissaH pas disposé à entrer carrément dans nos vues sur le sujet de cet entretien, mon insistance eut été hors de mise et j'ajouterai meme, sans dignité. J'ai seulement déclaré que nous ne demandions que le libre exercice d'un droit inscrit dans les traités et que nous ne nous préoccupions pas outre mesure des chicanes que l'Autriche cherchalit, sous les prétextes les plus futiles, à semer sur notre route; et cela précisément parceque nous n'admettions point que les autres Puissances, garantes comme nous des stipulations de Paris, partageassent en aucune façon les préventions et le mauvais vouloir systématique du Cabinet de Vienne.

V.E. verra s'il est le cas ou non de nous ranger à l'opinion du Prince Gortchakow. Il n'avouai,t pas, il est vrai, que son .Iangage s'inspirait en partie de certains ménagements à observer envers l'Autriche, mais il y a peut-ètre quelque chose de vrai dans sa manière de voir si nous ne voulons pas trop dépenser de paroles, au lieu de les faire entendre seulement lorsque des intérets

majeurs sont en jeu. Que les nécessités que nous impose l'état de nos frontières Orientales, viennent à disparaitre, nous prendrons alors des allures plus dégagées et notre influence en Orient, comme ailleurs, sera recherchée par ceux qui hésitent aujourd'hui à nous y traiter sur un pied de parité complète. En attendant, il pourrait suffire, une fois pour toutes, de réserver nos droits que tòt ou tard nous saurons faire prévaloir, sans à chaque occasion demander en quelque sorte un jeton de p1·ésence aux conférences.

(l) Non pubblicato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 230. Madrid, 3 luglio 1865, aTe 4,40 (peT. o1·e 7,30).

Ministre affaires étrangères trouve ma réponse verbale insuffisante et désire que je lui lise et lui laisse copie d'une dépèche de V.E. exprimant satisfaction du Gouvernement du Roi pour déclaration faite. Ministre affaires étrangères adressera ensuite note pour reconnaitre, basant décision sur traité 15 septembre etc. explications récentes de Rouher à M. Thiers. Ambassadeur de France me prie de faire mon possible pour acceptation (1).

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 174. Firenze, 3 luglio 1865, ore 14.

Il peut se faire que quelques états moyens croient pouvoir éviter reconnaissance en ratifiant traité éventuel sous la mème réserve faite au rachat Schelde et à Convention télégraphique Paris. Le cas est tout différent, par plusieurs raisons essentielles que je vous fais connaitre par poste. Ne laissez aucun doute sur l'inadmissibilité d'un tel procédé si l'on vous en parle.

• Venuto poi in discorso col Signor Ministro di Stato della rappresentanza reciproca tuttora esistente fra Spagna e l'ex Re di Napoli, egli soggiunse che subito dopo avere spedito la nota di riconoscimento, avrebbe posto fine a siffatte relazioni».

(l) Con r. confidenziale 76 del 4 luglio Cavalchini trasmise più dettagliate notizie circa il colloquio con Bermudez. Di tale rappcrto si pubblica solo il brano seguente:

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L'ONOREVOLE VEGEZZI AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (Ed. in L V 8, pp. 37-57)

Torino, 3 luglio 1865.

Ho l'onore di trasmettere a V.E. la relazione dell'operato dal mio collega e da me nel secondo periodo della nostra missione in Roma. * Appena avrò ricevuta la memoria del mio collega trasmetterò il conto delle spese da noi fatte * (1).

ALLEGATO

VEGEZZI E MAURIZIO A LA MARMORA

Torino, 3 luglio 1865.

In sui primi giorni dell'ora spirato Giugno i sottoscritti si recarono in Roma a ripigliare e proseguire colla S. Sede i negoziati iniziati nel precorso aprile in esecuzione degli onorevoli mandati loro conferiti dal Governo del Re.

Ripigliando codesti negoziati essi, come era loro dovere, si attennero rigorosamente alle istruzioni deliberate dal Consiglio della Corona alla data del 22 di Maggio (2).

Gli oggetti principali dei negoziati, come giova ricordare, erano cinque:

Io Il ritorno alle loro Sedi dei Vescovi che si trovano assenti sia per provvedimento Governativo, che per libera loro volontà. 2o L'ammessione dei Vescovi preconizzati dalla S. Sede prima dell'iniziamento delle trattative. 3o La nomina alle Sedi Vescovili vacanti. 4o Il R. Exequatur alle Bolle di nomina. 5o Il giuramento da prestarsi dai Vescovi che vengano nominati.

Gli scriventi esposero a Sua Eminenza il Cardinale Antonelli, Segretario di Stato, che continuò ad avere l'incarico di questi negoziati da Sua Santità, quali erano gli accordi ai quali il Governo del Re era disposto di accondiscendere.

Cominciarono essi a trattare del ritorno dei Vescovi assenti dalle loro Sedi, come oggetto non solo separato e distinto, ma affatto indipendente dagli altri; parve loro in seguito che fosse opportuno di trattare prima delle due ultime questioni sull'exequatur e sul giuramento, sia perché contenevano questioni di principii, sia perché non riuscendo accordo su queste, non si poteva passare né all'ammessione dei Vescovi preconizzati, né alla nomina a Sedi vacanti, sia, all'ultimo, perché se i negoziati avessero dovuto fermarsi, o restare inconchiusi, o rompersi, pareva che più conforme fosse alla dignità del Governo che ciò accadesse nell'incontro di divergenza su punti racchiudenti questioni di principii, che non su quelli nei quali o si trattasse solo di qualche sede di più, o dell'accettazione o no di qualche persona, ritenuto massimamente che in ordine alle persone non era sorta divergenza grave se non quanto al preconizzato all'Episcopato di Milano, e che la S. Sede si era mostrata non aliena dal piegarsi alla ricisa dichiarazione fatta a nome del Governo del Re di non poter ammettere quella preconizzazione.

{l) I brani fra asterischi sono omessi in LV8.

Del ritorno dei V escovi assenti da Ile loro sedi.

Sul ritorno dei Vescovi assenti dalle Sedi, i sottoscritti riferirono che il Governo del Re, acconsentendo alle istanze della S. Sede, attese le addotte considerazioni non insisteva sulla condizione già proposta che i Vescovi i quali volessero ritornare nelle loro diocesi dovessero dirigere una dichiarazione al Governo od una pastorale al popolo nella quale s'impegnassero solennemente di essere fedeli al Re ed ossequienti alle leggi dello Stato.

Ciò stante su questo oggetto riuscì l'accordo, fu adunque trattato e quindi conchiuso:

Io Che il Governo del Re consente in massima generale che i Vescovi assenti dalle loro Sedi ritornino ad esse, salvi i luoghi nei quali la certezza di tumulti

o disordini nelle popolazioni, la sicurezza medesima del prelato, la necessità di evitare occasione di scandali, rendano od impossibile od imprudentissimo il ritorno. 2r• Il consenso fu dato ed accettato, a condizione che il ritorno si faccia separatamente, successivamente, e per quanto sia possibile, insensibilmente.

3o Fu inteso che il Governo del Re determinerà esso l'ordine, la gradazione del ritorno, e ciò colla possibile sollecitudine, ed avrà cura di fare avvertito cadun Vescovo assente della libera facoltà di ritornare, salvo a prendere quelle risoluzioni che crederà di diritto ed opportune, nel caso che alcuno dei Vescovi ammessi al ritorno non volesse rientrare nella Diocesi sua.

In occasione dei primi trattati sembrò agli scriventi, che a questo oggetto del ritorno dei Vescovi assenti dalle loro diocesi la S. Sede desse una grande importanza. Nel primo periodo dei negoziati allorquando da loro si osservava che di parecchi Vescovi non si poteva fin d'allora acconsentire l'immediato libero ritorno perché si aveva motivo di temere, che potesse dar luogo a disordini, a tumulti, e perché i prelati stessi avrebbero corso forse un pericolo, epperciò era necessario,. innanzi di prendere una risoluzione, di assumere nuove ed esatte informazioni, per la S. Sede si osservava, che le informazioni ed i ragguagli che essa aveva, la persuadevano ben diversamente; che essa quindi temeva che le informazioni del Governo del Re non fossero esatte ed al preciso vero conformi. Per queste ragioni pareva che la S. Sede incontrasse grave difficoltà ad accettare che il ritorno di alcuni prelati più altamente locati in dignità, come l'Arcivescovo di Fermo e quello di Napoli, Cardinali entrambi, fosse ammesso solo in massima, ed a calcolo sospensivo per il caso in cui venisse a risultare, che senza pericolo di tumulti e senza rischio per essi medesimi potesse aver luogo. Medesimamente era parso agli scriventi, nel primo periodo dei trattati, che la S. Sede mentre ammetteva che il ritorno doveva essere fatto gradatamente, insensibilmente, tuttavia desiderasse che la determinazione dell'ordine del ritorno dovesse essere lasciata a lei, anche per questa considerazione, che in tal modo poteva essa dare gli ordini del ritorno, che forse per alcuni avrebbero potuto essere necessari.

All'oggetto di conciliare questi divergenti propositi delle due alte parti in negoziato, ai sottoscritti era venuto in pensiero che si potessero fare di questi prelati assenti dalle Diocesi loro tre categorie, prendendo a norma le memorie che il Ministero di Grazia e Giustizia aveva loro fornito: che in una si potessero comprendere i prelati al cui ritorno non constava che potesse esservi ostacolo; in una seconda quei Vescovi intorno ai quali occorreva ancora prendere più vicine informazioni per sapere se senza inconvenienti potessero essere ammessi a ritornare; in una terza infine quelli dal ritornare dei quali si ha tutta ragione di credere anche oggi che potrebbero nascere disordini, e che perciò debbono essere rimandati per gli ultimi, onde ed il conosciuto ritorno degli altri prepari le popolazioni a riceverli, ed il tempo attutisca le passioni, e si abbia infine maggior campo ad accertarsi che il ritorno sia senza gravi inconvenienti possibile. Perciò avevano essi allestite tre liste delle tre categorie, proponendo che intanto il determinare l'ordine di ritorno dei compresi nella prima lista restasse alla S. Sede, salvi ulte-

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riori concerti quanto a quelli compresi nelle altre due liste, dopo le assunte nuove informazioni.

Ma nelle ultime trattative, per la S. Sede non si rinnovarono instanze per avere la disposizione dell'ordine del ritorno; ciò forse perché non trovava opportuno il prendere sopra di sé la risponsabilità delle conseguenze dell'ordine del ritorno, atteso il difetto di tranquillanti ragguagli sullo spirito delle popolazioni. Fu anzi osservato dal Cardinale Segretario di Stato che il determinare l'ordine del ritorno, il quale si era in accordo doversi fare separatamente, insensibilmente, era cura che doveva essere tutta propria del Governo del Re, come quello che doveva provvedere alla tranquillità del paese. Ciò stante non potevano a meno gl'Incaricati dal Governo del Re di accettare che la cosa fosse lasciata al prudente arbitrio del Governo, e quindi concordarono nella conformità avanti riferita, la quale, se non altro, ha il pregio d'essere più semplice e di esigere minori contatti dei due Governi, i quali contatti non potevano a meno di rendere più difficile la esecuzione degli accordi, ed avrebbero potuto anche dar causa a novelli dissapori.

Siccome il numero dei Vescovi assenti dalle Diocesi è notevole assai, cioè di 40, dei quali 36 nelle Provincie Napoletane, giusta l'ultima nota rimessa dal Ministero di Grazia e Giustizia, e 4 nelle altre Provincie, questa parte del negoziato che riguarda il ritorno dei Vescovi assenti sembrava che dovesse essere tenuta in gran conto dalla S. Sede; dovettero perciò gli scriventi cercare di conoscere le cause probabili del minor conto nel quale loro pareva tenersi questo oggetto delle trattative.

E, se le indagini non li indussero in errore, codesta differenza d'apprezzamento si debbe attribuire primieramente a che parecchi, se non tutti, dei Vescovi assenti dalle Diocesi e dimoranti in Roma, non amando ritornare nelle loro diocesi, o scorgendovi troppo grave rischio, si adoperarono a tutta possa affinché non si prendesse accordo al riguardo; e secondariamente alle vive ed insistenti dissuasioni di coloro che presero ad osteggiare ogni accordo, i quali, secondoché venne affermato ai riferenti, lavorarono assai, e con grandissimo impegno perché niun esito sortissero le trattative, quantunque state iniziate dal Pontefice, affaticandosi eziandio a spargere che il Governo del Re, quando gli venisse lasciata la determinazione dell'ordine del ritorno separato e successivo si sarebbe fatto poco o nulla sollecito di stabilirlo.

E si fu appunto in virtù di smentire codeste accuse che i sottoscritti avevano dimandato nella loro nota del 16 di Giugno (l) che il Governo, cominciando a dare sollecita esecuzione al ritorno, volesse ordinare la libera ammessione a rientrare a Monsignor Marongiu Arcivescovo di Cagliari, e che volesse dal'e loro autorità di recargli notizia dell'ammessione, attesoché già nelle prime note era egli posto fra quelli al cui ritorno nulla ostava, *ed egli poi era di ritornare desiderosissimo *.

Quest'ordine avrebbe chiarito come ricisamente schietto procedesse il Governo del Re; ma nella nota di riscontro del 19 di Giugno (2), fu significato che si era ravvisato conveniente di consultare il Prefetto della Provincia per avere la certezza che il ritorno non potesse dar luogo a speciali inconvenienti; e questa sopraggiunta necessità impedì che si potesse dar tosto principio all'esecuzione dell'accordo.

Dell'Exequatur alle Bolle di nomina.

Nel fare ragguaglio di quanto il Governo del Re era disposto a consentire, gli scriventi avvertirono che, stante il grande numero dei Vescovi preconizzati prima di queste trattative, il quale era maggiore di quello che già si credesse, il Governo non poteva acconsentire ad altre nomine, oltre le già dichiarate, se non alle

due di Modigliana e Sinigallia a norma dei numeri 11 e 12 delle istruzioni del

22 Maggio.

Ma poi, per le considerazioni fatte in principio di questa relazione, essi osser

varono che occorreva innanzitutto discorrere le maggiori questioni dell'exequatur

e del giuramento, dalle quali queste necessariamente dipendevano; non senza ri

flettere che se codeste maggiori divergenze si vincevano con un accordo, sulle

altre poi, perché minori, e non risolventi quistioni di principio, la composizione

avrebbe dovuto, a loro avviso, riuscire più facile.

Il rilievo venne accolto come ragionato, e si parlò dell'exequatur per il pri

mo, e poi del giuramento.

Sovra entrambi questi punti e nelle varie sedute nelle quali se ne trattò non

si poté arrivare nemmeno ad un ravvicinamento.

Ora essi debbono fare ragguaglio in breve del sistema al quale si attennero

nel trattare questa parte del negoziato.

Lo exequatur, essi avvertirono, non è nell'ultima sua sostanza che l'atto del

Sovrano dello Stato, col quale, presa cognizione del provvedimento della S. Sede,

dichiara che nulla osta alla sua esecuzione, e la acconsente, come la stessa parola

lo esprime.

È principio e prammatica del diritto pubblico del Regno, che niun provvedi

mento della S. Sede possa aver esecuzione, se prima non fu presentato al Governo

del Re, se non fu esaminato, se non risultò che non off.ende i diritti di Sovranità,

le leggi del Regno.

Indipendentemente dalle disposizioni positive del diritto pubblico interno, ed indipendentemente dal sin qui praticato, la ragione di richiedere lo exequatur discende spontanea dal diritto, che ha ogni Governo, anche considerato come solo Governo di fatto, di difendere la propria esistenza e i diritti dei quali si trova in possesso.

Richiedendo l'exequatur, il Governo del Re non vuole ingerirsi in cose religiose, che non siano di sua competenza; vuole solo accertarsi che il provvedimento dell'autorità ecclesiastica non trasmoda oltre le cose religiose sulle quali ad essa appartiene di provvedere.

L'opportunità dell'exequatur emerge più palese quando l'autorità religiosa che emanò il provvedimento riunisce in fatto in sé ed esercita autorità di Sovrano in altro Stato.

Nella specialità delle cose delle quali si tratta risulta evidentemente necessaria l'osservanza dell'exequatur rispetto alle bolle di nomina dei preconizzati prima delle presenti trattative nelle Romagne, nelle Marche e nell'Umbria, che si staccarono dallo Stato Pontificio, perocché occorre esaminare la qualità nella quale l'autorità le emanò, e la giurisdizione che con esse sia stata assegnata ai nominati.

La giurisdizione civile, che prima si assegnava ai Vescovi ed agli Arcivescovi in quelle Provincie dal S. Pontefice come Sovrano temporale, non potrebbe ammettersi come conferita dalle preconizzazioni posteriori alla separazione di quelle provincie dal dominio Pontificio; ed alle relative bolle il decreto di exequatur dovrebbe apporre un'apposita limitazione.

Il rispetto, che vuolsi usare al S. Pontefice non permetterebbe che si dimandasse la emanazione di nuove bolle o la loro riforma, né ciò sarebbe necessario alla incolumità dei diritti del potere civile, il quale, avuta l'esibizione delle bolle provvederebbe nel decreto di exequatur limitando la piena esecuzione loro alla parte religiosa o prettamente ecclesiastica.

I negoziati furono aperti e condotti ritenuta per base la sola esistenza di fatto del Regno d'Italia, e previa intelligenza che non si cercava né si pretendeva alcuna ricognizione di diritto del Regno medesimo; insomma in sulle basi della notissima Bolla Sollicitudo della Santità di Papa Gregorio XVI del 5 agosto (nonis) 1831: ma il Governo del Re dichiarando che vuole che i provvedimenti siano sottoposti all'exequatur, non richiede veruna espressa ricognizione in diritto dalla S. Sede, e tanto meno la pretende.

Il Governo del Re non dimanda che la S. Sede ordini ai Vescovi di chiedere

l'exequatur; non dimanda che la S. Sede acconsenta a che esso lo possa richiedere;

se un ordine od un consenso siffatto si richiedesse da lui, se gli potrebbe opporre

il sospetto che cercasse una indiretta ricognizione del diritto di sua sovranità; così

però non è.

Il Governo, per procedere lealmente in questi negoziati, per allontanare da sé l'accusa che, dato un consenso in occasione della esecuzione, esiga poi il concorso di condizioni o l'adempimento di forme non previste, non pensate, non prese a calcolo al tempo dei negoziati, doveva dichiarare, come dichiarò, e preavvisò, che non altrimenti avrebbe permessa la esecuzione dei Pontifici provvedimenti, sia che si tratti di Vescovi già preconizzati, che di quelli da nominarsi, se non gli venissero presentate le bolle per l'exequatur, ma dichiarò e preavvisò ad un tempo che ciò non vuol fare per concessione o per accordo che gli vengano fatti, ma per diritto proprio, cioè perché esiste di fatto, perché è in ragione di difendere la sua esistenza di fatto, la Sovranità, i diritti che in fatto possiede.

I Vescovi poi ai quali spetterebbe di presentare le bolle di loro instituzione, quantunque siano ufficiali superiori della Gerarchia Ecclesiastica, non si possono tuttavia confondere colla S. Sede, né con essa unificare; il loro operato non si potrebbe dire operato dalla S. Sede, né scambiarsi con una esplicita ricognizione del Regno d'Italia, che fosse fatta dalla S. Sede medesima.

Oltre a ciò infine, stando alle chiarissime disposizioni della sopraccitata Bolla SoHicitudo, quand'anche la dimanda dell'exequatur fatta dai Vescovi si volesse ritenere, ciò che non è, come un atto della S. Sede; quand'anche si volesse consi-· derare come racchiudente l'esplicita designazione del Regno d'Italia, e la esplicita qualificazione di Re Vittorio Emanuele II, come Re d'Italia, tuttavia codesta designazione, codesta qualificazione non potrebbero, secondo la prammatica della Corte di Roma sancita con quella Bolla, ritenersi quali ricognizioni od attribuzioni di diritto, *e come non gioverebbe in diritto •:• al Re d'Italia, non nuocerebbero in diritto ai principi spodestati che prima avessero imperio nelle provincie del Regno d'Italia.

Per questi riflessi avvertivano i Delegati dal Governo del Re, che la dichiarazione fatta trattando a nome del Governo medesimo, che esso avrebbe richiesto la presentazione delle bolle di nomina per l'exequatur, mentre poneva in salvo quello stato di fatto, che si era prestabilito ùi voler rispettare nei negoziati, senza sancirl-:l, d'altro canto poi non pregiudicava a nessuna delle pretensioni di diritto della S. Sede, né doveva così formare un ostacolo alla conclusione dei negoziati, : quali avendo scopo di appagare un'esigenza tutta religiosa, non si potevano ferrnare per un lontano timore di implicitamente recondito pregiudizio politico, che pure non aveva soda ragione di essere.

Le discussioni fatte nel primo periodo dei negoziati avevano persuaso li scriventi che la difficoltà stava tutta nella clirnanda dell'exequatur. Sin d'allora per parte della S. Sede si era esplicitamente dichiarato che essa né voleva, né credeva di potersi opporre a che il Governo emanasse in occasione di caduna instituzione quei decreti, che a norma del suo interno reggimento, credesse meglio opportuni per far luogo alla esecuzione delle provvisioni pontificie, purché la S. Sede restassevi estranea. Essi però non avevano potuto concepire neppure un lontano sospetto che si potesse spingere l'opposizione fino al segno di vietare ai Vescovi di esibire le bolle di loro instituzione; perciò, attesa la difficoltà di concepire una formola

di domanda da farsi dai Ves:::ovi, la quale vincesse tutte le esitazioni e scansasse tutte le suscettibilità, valendosi fino all'estremo delle facoltà loro impartite col

n. 16 delle istruzioni, li scriventi proposero che la presentazione delle bolle pontificie all'Ufficiale deputato dal Governo tenesse luogo della dimanda dell'exequatur, né altra instanza occorresse fuori della effettiva remissione delle bolle, dietro della quale il Governo provvedesse per l'emanazione del decreto di esecuzione.

I riflessi e le facilitazioni sovraccennate non valsero tuttavia a riavvicinare ad una composizione.

Per la S. Sede si disse, che l'uso degli exequatur non altrimenti fu introdotto se non per riconoscere se i provvedimenti fossero emanati dal Pontefice; non già per sindacare se il Pontefice fosse stato, o no, nei limiti della sua autorità e giurisdizione emanandoli.

Che quando era certo che una nomina era stata fatta dal S. Pontefice, più non occorreva perciò né esibizione, né presentazione di bolle al potere civile.

Che la S. Sede consentendo a che si dovesse fare dimanda per l'ammessione ad esecuzione de' suoi provvedimenti in materia prettamente religiosa, avrebbe imposto alla Chiesa una soggezione, una dipendenza nuova affatto, ch'essa non poteva accettare; e che mal si conciliavano col grande apoftegma politico di libera Chiesa in libero Stato proclamato come norma dei rapporti del Governo Civile colla Chiesa.

Che se il Governo del Re desiderava di essere accertato di caduna delle nomine fatte, oltreché si sarebbe potuto farne la designazione nelle stesse memorie dell'accordo che si riuscisse di comporre, a maggior suo appagamento non sarebbesi dissentito di dargliene nuova assicuranza con apposito avviso o nota in occasione di ogni presa di possesso e d'altra parte il fatto solenne della presa di possesso che si celebrà coll'intervento del Capitolo e del popolo avrebbe poi sempre bastato a procacciargliene la più assoluta certezza, senza che occorresse l'esibizione in visione delle bolle di nomina.

Che lo acconsentire al Governo del Re l'esercizio del diritto di farsi esibire le bolle sarebbe stato per parte della S. Sede un'esplicita ricognizione di legittima Sovranità, che a norma delle basi sulle quali s'intrapresero i negoziati, la S. Sede non poteva ammettere.

In riassunto, sviluppando più acconciamente simili riflessi, il Cardinale Segretario di Stato ricisamente dichiarò che non calava ad accordo, mantenendosi il Governo del Re nella pretensione di sottomettere le bolle all'exequatur, anche colle proposte facilitazioni di esecuzione.

Se le istruzioni non avessero impedito agl'incaricati dal Governo del Re di declinare dalle fatte dichiarazioni, avrebbe forse bastato a dissuaderli la ricisa opposizione della S. Sede a che i preconizzati prima di queste trattative rendessero ostensibili ed esibissero le bolle delle loro nomine, perché dovendo esistere una ragione sufficiente di siffatta opposizione, questa non poteva a meno di persuaderli della necessità di persistere nell'addimandata esibizione.

Così non si poté riuscire su questo punto a conclusione d'accordo, e rimase viva la divergenza.

Del giuramento da prestarsi dai Vescovi.

Come è agevole a prevedere, difficoltà non solo uguali, mà notevolmente maggiori si incontrarono sull'oggetto del giuramento.

Giusta la S. Sede, ammettere il giuramento è un riconoscere compiutamente il diritto di legittima sovranità a favore del potere verso del quale venga il giuramento ammesso.

Il giuramento, si soggiungeva in più, non ha luogo che verso i Sovrani coi quali la S. Sede tiene concordato; anzi i concordati medesimi sogliano stabilire sempre la formala.

Bene sta, dicevasi, che da ufficiali e magistrati civili, i quali vengono investiti di civili ufficii; si esiga dal Sovrano, se così vuole, un giuramento. Ma i Vescovi non sono ufficiali civili, né viemmeno potrebbero essere considerati come tali singolarmente dopoché coll'adozione del matrimonio civile verrà a cessare in loro ogni giurisdizione in tema di rapporti civili.

Intende la S. Sede, diceasi, che i Vescovi siano ossequienti e fedeli al Re, che lo amino, lo rispettino, lo onorino: intende essa che siano sottomessi alle autorità, e che si astengano dal farsi capi o complici di controrivoluzioni; sentono i Vescovi che questi sono i loro doveri, né la S. Sede, quando nol credesse soverchio, avrebbe difficoltà alcuna di loro ricordarli ed inculcarli; ma non segue da ciò che debbano, non solo ma che possano giurare in genere di osservare leggi, che venissero emanate anche contrarie ai precetti della Chiesa.

A tutte guise inutile è poi cotesto giuramento politico; od i Vescovi scelti saranno, come non si dubita, probi ed onesti, ed allora rispetteranno le autorità dello Stato senza bisogno di giuramento; o si suppone che alcuno ve ne possa essere capace di mancare a quei suoi doveri, e questo non sarà maggiormente trattenuto dal giuramento che abbia per ventura prestato.

Prima che il Governo del Re si fosse in proposito spiegato, i sottoscritti per la considerazione specialmente che alcune provincie del Regno prima facevano parte degli Stati Pontificii, erano entrati in avviso, che un modo solo vi era per ravvicinare su questo terreno le parti, quello di dispensare i Vescovi tutti dalla prestazione di ogni giuramento: non mancavano esempi di dispense speciali, individuali; e li confortava in quest'avviso la inutilità, per non dire la sconvenienza del giuramento politico, dal quale non si potrebbe dire, che un bene sia derivato mai ad uno Stato, essendo prettamente vero il riflesso che leggesi nel Decreto del 2 Marzo 1848 del Governo Provvisorio della Repubblica Francese: • Depuis un demi-siècle chaque nouveau gouvernement a exigé et reçu des serments, qui ont été successivement remplacés par d'autres à chaque changement politique •.

Ma quando il Consiglio della Corona pronunciandosi su questa controvertibile questione determinò, seguendo i precedenti, di esigere il giuramento, gl'Incaricati da esso dichiararono che non potevasi prescinderne.

La maggior parte delle considerazioni fatte intorno all'exequatur tornò loro acconcia anche in ordine al giuramento. Non istà, dicevano essi, che il giuramento dei Vescovi possa essere scambiato

o confuso con un'esplicita ricognizione della S. Sede: i Vescovi non sono la S. Sede; l'operato dei singoli Vescovi non è operato della S. Sede; non istà che il giuramento di fedeltà prestato da un Vescovo ad un Sovrano racchiuda la virtuale ricognizione di legittimità di quel Sovrano per parte della S. Sede.

Non si chiede alla S. Sede né che ordini ai Vescovi di giurare, né che consenta che giurino: solo, trattando, si fa questa avvertenza che il Governo richiederà a caduno dei Vescovi preconizzati e di nuova nomina la prestazione del giuramento: la S. Sede non avrà ad emettere atto alcuno, non potrà perciò incorrere in ricognizione né espressa, né implicita.

Dirà essa forse che non può permettere la prestazione di giuramento? Ma così facendo essa verrebbe ad impugnare ed a contrastare l'esistenza di fatto di quel potere civile che non può disconoscere, ed attualmente impera.

Da che il giuramento politico dei Vescovi il più sovente sia stato regolato da concordati, non sembra seguirne che possa essere richiesto solamente nei casi di esistenza di apposito relativo concordato. Le leggi civili somministrano troppi esempi di giuramenti richiesti ed imposti dal solo potere civile senza verun concorso dell'autorità ecclesiastica, né si può perciò dubitare della legale efficacia dei civili ordinamenti i quali impongono l'obbligo di giurare.

Sebbene al sopravvenire della osservanza non lontana delle nuove leggi sia per cessare la civile giurisdizione dei Vescovi in ordine ai matrimonii, fatto sta ed è che intanto l'hanno tuttavia.

Del rimanente, anche senza giurisdizione civile, in un paese nel quale l'immensa maggioranza dei cittadini è cattolica, i Vescovi hanno tale eminente posizione sociale, hanno tale influenza, che bastevolmente per ciò solo si può dire ragionata la necessità che loro s'imponga di prestare giuramento; né con ciò si fa torto alla Chiesa, ma si riconosce e confessa la importanza delle posizioni nella gerarchia Ecclesiastica.

Quanto al merito del giuramento poi, parve agli scriventi potersi da loro osservare primieramente che, se la S. Sede riconosceva che i Vescovi debbono essere ossequienti e fedeli al Re e soggetti alla autorità dello Stato, non poteva con ragione vietare che eglino giurassero di adempiere cotali loro obbligazioni; e che del rimanente poi il Governo non poteva ammettere, che si sancissero nello Stato leggi alle quali non si potesse promettere obbedienza con giuramento; ed inoltre dato, e non concesso codesto inammessibile supposto, non avrebbe potuto fornire un motivo per ricusare il giuramento, essendo nota la dottrina teologica la quale insegna che non può essere il giuramento vinculum iniquitatis, né ritenersi esteso a tali supposte leggi.

Infine, quantunque per la maggior parte il giuramento di adempire ai proprii doveri sia superfluo, non si potesse dire però che mancasse di ogni efficacia; e viemmeno che come tale si potesse designare da chi professa principii religiosi; e che un tale riflesso poi avrebbe provato troppo, perché avrebbe condotto a dire essere inutile in tutti i casi il giuramento.

Le contrapposte ragioni lasciarono ciascuno nella propria tesi, ed il ravvicinamento, stando fermo il Governo sullo esigere il giuramento, comparve impossibile su queste basi, e rimase la questione incomposta.

Della qual cosa, secondoché riuscì ai sottoscritti di raccogliere dai vari discorsi coi pratici delle prammatiche della S. Sede, può rendere forse ragione il giuramento che prestano i S. Pontefici salendo al trono di conservare e difendere la integrità del temporale dominio, giuramento per cagione del quale si ritiene che, non solamente non possano consentire, ma che debbono opporsi a che si presti giuramento di fedeltà a Sovrano, il quale imperi in paesi già compresi nello Stato Pontificio.

Ma questi ragguagli medesimi, e singolarmente poi le disposizioni della Bolla SoHicitudo persuadevano gli scriventi, che la S. Sede avrebbe dovuto distinguere i paesi che nel passato erano soggetti al dominio pontificio da quelli che stavano sotto l'impero di altri Principi spodestati, e che quanto a questi ultimi il giuramento avrebbe dovuto ravvisarsi ammessibile. Checché ne sia di ciò, sta vero però, che il Cardinale Segretario di Stato non fece, non accolse trattando questa distinzione; solidariamente ritenne tutti quei paesi come nella medesima condizione, dichiarando che in nessuno di essi poteva ammettere che si assumesse giuramento dai Vescovi; e così si presentò, sotto l'aspetto politico, solidario l'interesse della S. Sede con quello dei Principi spodestati in questa questione.

Della Proposta di fare le Provvisioni alle Diocesi delle antiche Provincie.

Siccome la divergenza sul giuramento e sull'exequatur non si estendeva alle Diocesi dell'antico Regno di Sardegna, ossia delle antiche provincie dello Stato per le quali la S. Sede dichiarò non avere difficoltà che i Vescovi e dimandassero l'exequatur e prestassero il giuramento a norma dei concordati, così per venire almeno a concerti parziali, la S. Sede propose che si concertasse la nomina dei Vescovi alle Diocesi vacanti nelle antiche Provincie, alle quali il Governo del Re aveva dichiarato non dissentire che fosse provveduto.

Esaminata la proposta, i riferenti giudicarono di non poterla accettare.

Già nelle prime istruzioni era stato loro avvertito di non calare a partiti, che non avessero in base il riconoscimento in via di fatto del Regno d'Italia; e nelle seconde del 22 di maggio autorizzando l'incaricato a venire anche ad accordi parziali, si avvertiva però che questi non ledessero, non offendessero gli altri punti, che rimanessero sospesi o non composti.

Il fatto dei negoziati era così accaduto, né si poteva cangiare; eransi cwe 1 negoziati iniziati e condotti per provvedere alla vedovanza delle Sedi Vescovili indistintamente vacanti in Italia, all'ammessione dei Vescovi preconizzati prima delle trattative per Diocesi non comprese nelle antiche Provincie, al ritorno dei Vescovi allontanati dalle loro Sedi, e questo fatto non si poteva cancellare.

Se in esito delle discussioni si fosse venuto a provvedere esclusivamente alle Diocesi delle Antiche Provincie dello Stato, o vogliasi anche della Lombardia, si sarebbe accettato un fatto, che avrebbe contenuto esplicito il disconoscimento, anche in via di puro fatto, del Regno d'Italia, e che avrebbe offeso gli altri punti di divergenza che rimanevano sospesi.

E questo disconoscimento, questa offesa sarebbero stati resi vieppiù chiari dalle cause della provvisione così limitata e circoscritta.

La limitazione avrebbe di vero avuto per motivo il ricusarsi della S. Sede alla visione delle Bolle per l'exequatur, ed alla prestazione del giuramento dai Vescovi delle altre Diocesi del Regno, e lo acconciarvisi per quanto riguarda le provincie antiche dello Stato.

Il contrapposto avrebbe portato implicita, ma chiarissima questa dichiarazione, che Re Vittorio Emanuele si riteneva e si considerava come Re nelle antiche Provincie, come Re di Sardegna; che poi nemmeno in fatto non si riguardava come Re nelle altre provincie, anzi che si contrastava a lui il fatto di essere in possesso dei diritti, che ai Sovrani delle Provincie alle quali non si estendessero le provvisioni, competevano nei rapporti colla Chiesa.

Il Governo del Re accettando la provvisione così circoscritta, per essere conforme a se medesimo, avrebbe dovuto esigere l'exequatU1· ed il giuramento dai nominati; fatte poi quelle provvisioni, non sarebbero rimaste in divergenza che le provvisioni per le altre Provincie.

E quando, in ordine a queste, i negoziati si fossero o continuati, o ripresi, il Governo li avrebbe resi più difficili ancora, perché non avrebbe più potuto né adottare una generale dispensa, né accettare un surrogato al giuramento, senza accogliere una diversità di trattamento fra diocesi e diocesi per lui poco o nulla dicevole; quando a vece se senza fare provvisioni limitate si lascia intatto lo stato delle cose, potrà il Governo ove lo creda, e senza sconvenienza, accogliere una generale dispensa od un surrogato.

Oltreché, non scemandosi i motivi religiosi che ha la S. Sede di venire ad accordi, più facilmente consentirà ad accettarli, e non si accresceranno poi nelle popolazioni i motivi d'opposizione al Governo.

Scopo dell'accettazione di questi trattati era pure quello di disarmare coloro che, per considerazioni religiose, sono ostili al Governo e lo accusano d'ingiusto verso la religione e la Chiesa perché non voglia consentire che sia provveduto alle Sedi Vescovili.

Ma se in esito si fosse veduta usata nelle diverse provincie una diversa misura, provvedendosi nelle antiche, e non nelle altre, la soddisfazione di pochi avrebbe potuto crescere il malcontento di molti, senza che si potesse impedire col fare pubbliche le cause del diverso trattamento; perché in questi minuti ragguagli per lo più non si discende dal pubblico, che guarda al generale dei grandi fatti, ai fatti in sé, senza soffermarsi sul1e sempre controvertibili causali dalle quali abbiano potuto dipendere.

Che la S. Sede avesse accolti gl'Inviati sebbene non ufficiali, ma ufficiosi del Re d'Italia era fatto compiuto; ma se si concertava una provvisione limitata alle Provincie dell'antico Regno Sardo, il fatto sarebbe rimasto colorato ben altrimenti.

Così è, che il giorno dopo della seduta nella quale i riferenti avevano espresso di non potere accettare la limitazione delle provvisioni, personaggio in Roma distintissimo per ingegno e per dottrina, prevedendo la proposta che doveva venire fatta, o conscio di essa, ma non informato ancora della data risposta, così scriveva ai sottoscritti: • Bisogna pure riflettere che ~ il partito nero * cede con facilità sopra questo punto (delle provvisioni limitate) perché dice, le trattative in questa questione non sono fra il Papa ed il Re d'Italia, ma fra il Papa ed il Re di Piemonte, al quale per un trattato accettato da tutti è annessa pure la Lombardia •.

Perciò sebbene a compimento del loro mandato i riferenti credessero di dover procurare che anche su altri oggetti, in parte almeno, si combinasse un qualche accordo, avrebbero ritenuto di scostarsi affatto dalle norme loro tracciate, e dalle sincere intenzioni del Governo accogliendo le provvisioni circoscritte alle antiche provincie ed anche alla Lombardia.

Della limitazione del numero delle Sedi.

Del numero delle Sedi alle quali si sarebbe consentita dal Governo la provvisione si fece un solo cenno nel principio della ripresa dei negoziati, perché le trattative volsero quasi subito sull'exequatur e sul giuramento; e la non riuscita composiziOne sin ora su questi punti non permise che si venisse a parlare ctel numero delle sedi.

Si lesse e si udì ripetuto in pubblico che l'incaricato del Governo del Re aveva dimandato che si addìvenisse a nuova circoscrizione delle diocesi: non sta vero.

Gli scriventi si limitarono a portare il consenso a che si provvedesse per la nomina ad alcune Diocesi e non a tutte; non dissimularono certamente che era nelle intenzioni del Governo di venire a nuova circoscrizione, ma 'essi primi dichiararono che, anche indipendentemente dall'attuale condizione dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, una nuova circoscrizione richiedeva lungo ed accurato studio sull'importanza delle Sedi, sui mezzi di comunicazione, né si pretendeva di sospendere le provvisioni fino a che così lungo lavoro fosse ultimato, e solo espressero la loro personale convinzione che quando il lavoro di nuova circoscrizione fosse compiuto e ragionato, venendo rassegnato alla S. Sede, questa avrebbe voluto esaminarlo.

Vero è che quando intese che si consentiva solo alla provvisione in due altre Sedi, oltre le designate in occasione dei primi trattati, il Cardinale Segretario di Stato osservò che soverchiamente ristretta era l'adesione, che limitata era e ragionevole la maggior dimanda da esso fatta, e che richiamò così di volo le singolari considerazioni, in specie in ordine alla Sardegna, per le quali si addimandavano provvisioni ad altre sedi oltre le già assentite.

Però i trattati per questo punto non progredirono oltre, atteso il non riuscito accordo finora sugli altri oggetti principali e di massima che dovevano essere prima risolti.

Venuti a questi risultamenti i sottoscritti, che non avevano nei loro poteri quello di dichiarare rotte o sciolte definitivamente le trattative sugli oggetti non concordati, hanno dovuto limitarsi e si limitarono a conchiudere l'accordo sul ritorno dei Vescovi assenti dalle loro sedi nella conformità avanti riferita, ed a prendere atto, negli altri oggetti dei negoziati, che non era riuscito un accordo, ma non dissero né rotti né definitivamente chiusi i negoziati, restando libero alle altissime parti di ripigliarli quando lo vogliano e lo ravvisino opportuno.

Li scriventi non avrebbero potuto altrimenti governarsi, attesa eziandio l'ultima proposizione fatta dalla S. Sede per le provvisioni restrittivamente alle Diocesi delle antiche Provincie, che essi giudicarono di non poter accogliere, ed in queste intelligenze presero congedo.

I sottoscritti non credono di dover intrattenere la E. V. sui minori incidenti occorsi nei negoziati, né sulle lagnanze che loro vennero fatte a causa di provvedimenti presi dal Governo sovra oggetti che, se non erano compresi nei ne;:;oziati, li lambivano però assai da vicino; ma non possono dissimulare che questi ultimi fatti concorsero a rendere meno proclive la S. Sede a conchiudere accordi_.

I ragguagli che con diligenza raccolsero da ogni parte li persuasero che il partito avverso all'Italia e quella diplomazia che con esso parteggia fecero grandissima agitazione per impedire che i negoziati si chiudessero con un generai accordo: ma questa stessa agitazione li aveva confermati nella convinzione, che una felice riuscita dei negoziati, la quale avrebbe disarmate molte ostilità, avrebbe aperto adito a moltiplicare i punti di contatto e di ripetuti rapporti con Roma, poteva essere fonte e via di molti e grandi vantaggi.

Perciò, e per il dovere che l'onorifico mandato loro imponeva, e per l'amore che necessariamente si porta a vedere riuscite le cose alle quali si pose mano, adoperarono nel compire alla loro missione tutta l'energia della loro volontà, tutto l'impegno che poterono maggiore, e sono dolenti, nel rassegnare il loro mandato e la relazione del loro operato di poter solo dire che mantennero salvi e non pregiudicati i diritti e la dignità dello Stato.

(2) Cfr. n. 12.

(l) -Cfr. n. 55. (2) -Cfr. n. 62.
89

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 20. Berlino, 4 luglio 1865 (per. il 7 ).

J'ai eu l'honneur de recevoir le télégramme d'hier de V.E. (l) dans lequel Elle a bien voulu me faire part de certaines subtilités au moyen desquelles les Puissances secondaires pourraient chercher à éluder la question de reconnaissance découlant naturellement de la signature du 'traité de commerce. Jusqu'à présent rien absolument ne m'a été dit dans ce sens, et j'attendrai, bien entendu, que l'on prenne l'in1tiative de m'en parler pour repousser ces subtilités, en me prévalant des raisons explicatives dont V. E. m'annonce l'envoi par la poste.

M. de Thile que j'ai vu hier m'a dit qu'il ne s'était produit aucun fait nouveau relativement à notre traité de commerce. Je lui remets à mesure qu'ils me parviennent de Florence, les articles de nos Journaux qui traitent avec une habileté rémarquable de la question, et qui en étant reproduits instantanément par la Presse Allemande lui servent admirablement bien de point de départ pour continuer une polémique dont le résultat ne peut qu'e,tre excessivement favorable au succès des négociations entamées par la Prusse. Au reste l'agitation en faveur de l'établissement de nouvelles relations commerciales avec l'Italie est aujourd'hui générale en Allemagne; en Bavière, en Saxe, en Wurtemberg, en Hanovre il n'y a qu'une opinion à cet égard; et jamais contraste plus frappant ne s'est vu entre l'attitude hostile des Gouvernemens et les voeux ardents des populations. D'après ce que m'a dit M. de Thile, il est difficile que les Etats récalcitrants puissent lutter longtemps contre un pareil courant; et sous l'actlon combinée de la Presse et des Chambres des Députés et de Commerce, ils se verront bien, bon gré mal gré, contraints de céder.

Le Ministre de Hambourg est venu me parler du désir qu'aurai,t le Gouvernement de la Ville de conclure un traité de commerce et de navigation avec l'Italie. Je lui ai répondu que je m'empresserai de porter cette proposition à la connaissance de mon Gouvernement aussitòt qu'il me l'adresserait offioiellement.

Il serait, je crois, d'autant plus à propos d'accueillir les avances du Gouvernement de Hambourg, que la conclusion d'un traité avec cette Ville la plus commerçante, sans contredit, du li:ttoral Allemand, ferait jeter les hauts cris à tout le commerce maritime du Hanovre, du Mecklembourg et de l'Oldenbourg, qui en recevrait nécessairement un contre-coup des plus sensibles, et se prononcerait par conséquent avec une nouvelle véhémence contre une politique absurde ne se faisant aucun scrupule de sacrifier les intérets vitaux du pays à d'inexplicables sympathies.

(l) Cfr. n. 87.

90

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 180. Firenze, 5 luglio 1865, ore 13.

Je désire ètre assuré par vous que états défavorables à l'ltalie ne sont pas trop engagés pour · leurs réponses négatives aux circulaires prussiennes, et qu'ils ne considéreraient pas conclusion immédiate du traité formel avec Prusse comme défi qui aurait pour effet d'augmenter leur résistance (1).

91

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

(Ed. in L V 8, pp. 151-154)

D. 6. Firenze, 5 luglio 1865.

Vos derniers rapports me font connaitre que le Gouvernement Espagnol est disposé à (2) reconnaìtre le Royaume d'Italie. Le Gouvernement du Roi a été 'très sensible à cette détermination bienveillante du Cabinet de Madrid, et attache un haut prix aux dispositions amicales qui lui sont rtémoignées dans cette circonstance.

Je vous prie, M. le Baron, d'etre auprès du Ministre des Affaires Etrangères de S. M. la Reine l'interprète de ces sentiments, en lui donnant l'assurance qu'ils sont partagés par S. M. le Ro·i et par l'Italie entière.

Toutefois S. E. M. Bermudez de Castro vous a exprimé le désir de s'entendre avec nous sur la signification, que devrait avoir la reconnaissance du Royaume d'Italie par l'Espagne.

Il me suffira à cet égard de dire que le Gouvernement du Roi regarde la reconnaissance d'un Etat par l'autre comme n'ayant par elle-mème ni plus ni moins de portée que le rétablissement pur et simple entre eux de rélations diplomatiques régulières, et comme ne pouvant en aucune façon avoir pour effet de lier la politique de l'un des deux Gouvernements à celle de l'autre.

Il ne peut y avoir lieu là-dessus à aucune difficulté entre l'Italie et l'Espagne.

Vous m'écrivez encore, M. le Baron, que le Gouvernement Espagnol désire baser, dans ses communications officielles, sa résolution de nous reconna!tre sur le fait de la conclusion de la Convention du 15 Septembre. Pour ne donner lieu à aucune équivoque, je crois convenable d'établir à cet égard deux points qui ne sauraient, selon moi, etre contestés.

En premier lieu, vous savez, M. le Baron, que les autres puissances catholiques qui nous ont reconnus ont parfaitement senti qu'au point de vue des intérèts religi·eux, elles n'avalent aucune explication à nous demander sur notre attitude envers le Saint Siège, les faits ayant assez prouvé que ces intérèts ne sont en aucune façon compromis par la reconstitution de l'unité de l'Italie.

En deuxième lieu, j'observerai que la question d'occupation territoriale réglée entre l'Italie et la France par la Convention du 15 Septembre les intéressait l'une et l'autre exclusivement, et que cette mème Convention a été condue entre les deux parties contractantes en dehors de toute ingérence de la part d'autres puissances.

Cela étant, dans le cas où le Gouvernement Espagnol croirait à propos d'invoquer comme motif déterminant de sa résolution actuelle la Convention du 15 Septembre, il devrait ètre naturellement entendu que la mention de cet acte international dans les communications officielles de l'Espagne ne pourrait en aucune façon porter atteinte au principe d'après lequel la Convention du 15 Septembre, comme la situation politique qu'el1e a eu pour objet de régler, ne concernent que l'Italie et la France.

Quant à l'opinion que vous a exprimé S. E. M. Bermudez de Castro sur l'opportunité de mettre de nouveau en question l'interprétation de la Convention du 15 Septembre, je ne saurais, je l'avoue, la partager. Les deux puissances contractantes, auxquelles il appartenait de s'en occuper, ont fixé entre elles cette interprétation, régulièrement et en voie diplomatique, ainsi qu'il résulte du télégramme adressé le Ire Novembre 1864 (l) au Gouvernement du Roi par le Ministre d'Italie à Paris, et de ma dépèche à ce Ministre en date du 7 Novembre (2). Les autres Puissances ont pu puiser dans ces pièces qui ont un caractère international (3), tous les renseignements qu'elles ont pu désir<2r pour leur information particulière; mais je ne croirais pas régulier de prendre acte des constatations qu'il leur conv.iendrait, pour des raisons quelconques, de faire à ce sujet.

Le Ministre des Affaires Etrangères d'Espagne vous a encore entretenu des biens dont les familles des princes déchus pourraient avoir à réclamer la restitution de la part du Gouvernement Italien. Vous voudrez bien assurer ::'vi. Berrt1udez de Castro qu'en principe le Gouvernement du Roi n'a jamais entendu retenir celles de ses propriétés qui seraient reconnues comme ayant un caractère privé; il ne s'agirait donc que de déterminer régulièrement si les biens en question ont ce caractère. C'est là une difficulté à l'égard de laquelle il sera beaucoup plus facile d'arriver à une solution, comme vous l'avez fort bien remarqué, quand les rapports réguliers entre l•es deux Etats seront rétablis.

J'espère, M. le Baron, que le Gouvernement Espagnol verra dans ces franches explications la preuve de notre désir de répondre d'une manière aussi satisfaisante que possible aux ouvertures qui nous sont faites.

Vous ètes autorisé à donner lecture de cette dépèche à S. E. M. Bermudez de Castro et à lui en laisser copie s'il le désire.

(l) -Questo telegramma venne inviato in seguito a timori espressi da Sella nel t. 237, pari data, che non si pubblica. (2) -In LV8 c a l'intention de •· (l) -Cfr. Serie I. vol. V. n. 373, allegato. (2) -Cfr. Serie l, vol. V, n. 388. (3) -In LV8 • dans les pièces relatives à cet objet qui ont été publiées et ont un caractère international •.
92

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 21. Berlino, 6 luglio 1865.

Je viens confirmer, en la complétant, la réponse que j'ai eu l'honneur de mander aujourd'hui par le télégraphe à V. E. (l) relativement à l'effet que produirait sur les Etats moyens la conclusion immédiate d'un traité de commerce avec la Prusse.

Il est très possible qu'un pareil traité augmentat l'irritation des Etats opposants; mais leur irritation proviendrait surtout de la position toujours plus difficile qui, par suite, viendrait à leur etre faite vis-à-vis de 1eurs populations; et d'autre part, en ayant soin de bien établir par une note officilelle, que }',initiative de la proposition v:Lent de Berlin, leur mauvaise humeur retomberait exclusivement sur la Prusse qui, comme j'ai pu m'en assurer dans une conversation avec M. de Thile, ne parait pas s'en soucier beaucoup.

Je persiste donc à croire qu'un traité formel avec la Prusse, auquel adhérerait déjà immédiatement Bade et peut etre meme Saxe Weimar et Oldenbourg, constitueratt dès à présent une base solide sur laquelle nous pourrions, peu à peu et à mesure que les circonstances favorables s'y preteraient, asseoir tout à la fois nos relations commerciales et politiques avec les Etats moyens. La France n'en a pas agi autrement lorsque le moment est venu de négocier son récent traité avec le Zollverein, qui était peut etre encore plus difficile que le notre; et dans le temps M. Latour d'Auvergne a dit ici à ce propos que • s'il n'avait pas pris le parti de traiter directement avec la Prusse, en laissant à celle-ci le soin de pecher ses Confédérés à la ligne, il n'en aurait jamais vu la fin •.

Il y aurait bien encore une importante modification à apporter à l'idée première d'un traité immédiat avec la Prusse, celle de spécifier que les Etats qui y adhéreraient, jouiraient immédiatement et ipso facto du traitement de la nation la plus favorisée ainsi que de tous les autres avantages stipulés dans le traité. Il n'y a pas de doute que l'adoption d'une pareille clause serait un puissant stimulant pour les autres Etats récalcitrants, et rendrait leur · position encore plus difficile par suite de la comparaison que feraient les populations voisines, et des plaintes véhémentes qui en résulteraient. Mais alors il faudrait entrer dans ce dédale de certificats d'origine qui prètent si faciliment à la fraude, et d'autre part je ne sais pas si notre dignité n'est pas mieux à couvert en attendant, pour conclure un traité, que la Prusse nous offre une somme d'adhésions complète, à l'obtention desquelles nous sommes restés étrangers, plutOt que d'avoir l'air de les rechercher nous mèmes par l'appat d'offres avantageuses stipulées à l'avance. Ce n'est là qu'une nuance, il est vrai, mais peut-ètre mérite-t-elle, avec l'inconvénient des certificats d'origine, d'ètre étudiée.

De toute manière, ainsi que déjà j'ai eu l'honneur de le faire observer à

V. E., rien ne nous presse de prendre une résolution immédiate; et comme d'ailleurs, d'après ce que m'a dit M. de Thile, M. de Bismarck a du ou doit écrire à M. d'Usedom, pour mieux préciser sa proposition à V. E., le Gouvernement du Roi a tout le temps de réfléchir sur la réponse la plus convenabl>e à donner.

En terminant, je ne dois pas oublier d'informer V. E. que, en l'absence de l'ambassadeur de France, le Premier Secrétaire de la Légation, a été chargé d'exprimer à M. de Thile la satisfaction qu'éprouvait le Cabinet des Tuileries de voir le commencement de négociations commerciales avec l'Italie, dont la réalisation doit amener la reconnaissance du nouveau Royaume par les Etats secondaires (1).

P. S. -Je reçois à l'instant et je m',empresse d'offrir tous mes remerciements à V. E. pour sa Circulaire (Cabinet) du 30 Juin (2), dans laquelle je trouve retracée avec tant de netteté toute la politique du Gouvernement du Roi pendant le trimestre qui vient de s'écouler.

(l) Cfr. t. 239, non pubblicato.

93

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 218. Parigi, 7 luglio 1865 (per. il 9).

Recentemente il Governo Pontificio ha domandato al Governo Francese che, allo spirare dell'epoca fissata pel richiamo della guarnigione francese dalla Convenzione del 15 settembre, almeno un reggimento francese fosse ancora lasciato in Roma. Ma S. E. il Signor Drouyn de Lhuys, in un dispaccio scritto al Conte di Sartiges nei primi giorni del mese corrente, incarica l'Ambasciatore di Francia di dichiarare molto esplicitamente al Governo Pontificio che la Francia eseguirà integralmente la Convenzione, che lo sgombero del territorio della Santa Sede per paDte delle truppe francesi sarà operato per intiero e senza eccezione, e che se la Santa Sede fa fondamento sulla non-esecuzione della Convenz,ione, si prepara una dura e sicura illusione [sic].

S. E. il Signor Drouyn de Lhuys scrisse pure nei primi giorni del corrente luglio ai Rappresentanti della Francia a Berlino ed a Francoforte per appoggiare la proposta prussiana presso gli Stati che compongono lo Zollverein in ordine al riconoscimento del Regno d'Italia.

« Seulement si l'on pouvait exprimer un voeu de plus au Ministre des Affaires Etrangères de France, ce serait celui d'exercer son action prépondérante sur les Cabinets de Munich et de Dresde qui sont la véritable tète de pont de la résistance, et qui, peut-ètre, à un moment donné, ne seraient nullement fàchés de mettre en avant le désir de la France pour se justifier auprès de l'Autriche, et échapper ainsi à une situation qui, sous l'impulsion de la Presse et de l'opinion publique, va devenir de jour en jour plus intolérable •.

Non parlerò qui degli uffici fatti dalla Francia relativamente alla quistione del riconoscimento del Regno d'Italia per parte della Spagna. Oggi stesso devono giungere a Firenze i dispacci dil"etti dal Signor Drouyn de Lhuys al Barone di Malaret, e da questi l'E. V. avrà comunicazione di quanto scrive il Ministro imperiale degli Affari Esteri intorno a questa questione.

Ho ricevuto la circolare del 30 giugno (1). La ringrazio di avermi sped1to questo documento di cui presi noti:zJia con vivo interesse per l'importanza delle materie in esso svolte. Ho giudicato utile di dar lettura a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys di quella par.te di essa circolare che si riferisce ai nostri negoziati con Roma. Mi parve che questa lettura abbia lasciato sullo spirito di

S. E. una impressione favorevole. Il Ministro imperiale mi ringraziò di questa comunicazione.

Sembra che l'Imperatore, invece di recarsi a Fontainebleau ed a Vichy, come era stato annunziato, si rechi a Plombières sul finire di questa o sul principio della veniente settimana.

(l) Con r. 22 del 13 luglio Barrai trismise copia della nota di Drouyn de Lhuys e aggiunse:

(2) Cfr. n. 81.

94

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 8. Francoforte, 7 luglio 1865 (per. il 10).

Ainsi que je le pensais la séance tenue hier par cette Diète Germanique n'a eu trait qu'à des affaires courantes; mais comme quelque Collègue était d'opinion contraire, j'ai cru convenable retarder d'un jour l'envoi de la dépeche confidentielle que je m'empresse d'adresser à V.E.

Malgré les réponses négatives des Cabinets de Munich, de Stuttgard et de Dresde, les démarches faites par la Prusse à l'égard du traité commerciai entre le Zollverein et l'Italie, finiront par abòutir aux conséquences politiques voulues par le Cabinet de V.E. et par celui de M. de Bismarck. Ce Ministre, sous ce · rapport, est franchement entré dans nos idées, et dans cette occasion il exerce une pression véritable sur les autres Cabinets de la Confédéra,tion.

En effet, postérieurement aux notes par lesquelles les Cabinets Saxon, Bavarois et Wurtembergeois déclinaient l'opportunité d'un traité commerciai ItaloAllemand, les Gouvernements de Munich, de Stuttgard et de Karlsruhe proposaient à la Prusse, comme centre dil"igeant du Zollverein d'accéder à un traité de commerce que ces trois pays venaient de signer avec la Suisse. A son tour

M. de Bismarck répondait par un refus. Comme de raison dans sa réponse négative, ce Ministre ne dit pas que son non soit provoqué par la non adhésion de ces Cabinets à la proposition Prussienne d'un trai.té entre le Zollverein et l'Italie, mais il l'a laissé entendre de vive voix, et M. de Savigny, Ministre de Prusse à la Diète, l'a fait sonner très clairement aux oreilles de ses Collègues

de Francfort. Tout ça exerce une pression véritable sur les Cabinets de Stuttgard et de Munich, car quant à celui de Karlsruhe, il est tout-à fait hors de cause, il nous a reconnu et il nous est favorable.

Je crois donc ne pas me tromper en annonçant à V.E. que la pression Prussienne et l'agitation qui se manifeste déjà dans les Chambres de Commerce Allemandes, finiront, combinées ensemble, par l'empo11ter sur les répugnances dynastiques des Cabinets.

Celui de Stuttgard nous est presque plus contraire que ceux de Dresde et de Munich. * A Stuttgard le Roi ne compte pas, le Gouvernement est dans sa femme. Or la Reine Olga nous est très contraire, non pas par son opinion politique, mél.is par des antipathies personnelles. Son antipathie où a-t-elle son origine? Je ne sais pas trop le dire; je sup!Jose principalement par opposition à sa belle-soeur la Reine des Pays-Bas. M. Warnbuhler Ministre des Affaires étrangères nous est hostile parce qu'il est bien avec la Reine. Ce lVIinistre aux formes très polies n'a pas d'opinion politique..Je crois qu'il ne serait pas inaccessible à des offres d'argent faites adroitement * (1).

Ainsi l'adhésion au traité de commerce avec l'Italie, aux conditions voulues par notre Gouvernement, est un fait dont non seulement je ne doute pas, mais que je crois pouvoir annoncer dans un terme assez prochain.

Cette adhésion aura 1ieu pa11tiellement par chaque état, et quand il y aura des reconnaissances assez marquantes, si le Gouvernement du Roi le juge à propos, ce ne sera plus qu'une simple formalité, celle de porter la question de notre reconnaissance par devant la Diète Germanique. Par les Etats qui nous auraient reconnu, il sera aisé de voir combien de voix nous seraient acquises, car dans ce cas, la majorité serait suffisante, et l'unanimité n'y est aucunement nécessaire. Un vote favorable sera d'autant plus aisé, que par son revirement ministériel, l'Autriche coupe ses meilleurs liens avec l'Allemagne. Dans cet état de choses, je crois de l'intérèt du Gouvernement du Roi de me tenir dans la nonchalance la plus apparente.

La Prusse est ravie de ce qu'arrive en Autriche. Quel est 1e motif de cette crise? Déjà dans mes rapports datés de Berlin, j'avais marqué à V.E. l'antipathie de l'Empereur François-Joseph pour M. de Schmerling. Malgré des boutades réciproques, la Cour Impériale a toujours été Hongroise. Les deux seules personnes qui aient une infiuence véritab1e sur l'esprit de l'Empereur sont le Comte Paul Esterhazy et le Général Crenneville. Or ces deux personnes ont fini par détacher l'esprit inquiet de leur maìtre de la poHtique allemande et bourgeoise de M. de Schmerling. Dans ces moments-ci pour l'Autriche c'est une faute. On ouvre à la Prusse des portes, qu'elle n'avait pas encore la force d'enfoncer. Pour nous, je crois un bienfait plus l'Autriche séparera sa fortune d'avec les intérets et la politique de l'Allemagne. A cet égard je me réserve de revenir dans une prochaine dépèche.

Le premier effet de cette crise a déjà eu son contrecoup dans la question des Duchés, Maintenant M. De Bismarck ne tient plus aucunement à ménager le

Due d'Augustembourg, ainsi qu'ill'avait fait jusqu'à ces derniers jours, et M. von der Pfordten, qui avait proposé de retarder les prochaines vacances de la Diète, pour continuer à s'occuper des affaires des Duchés, en alléguant que l'Autriche était aussì de son avis, a tout récemment reçu un démenti de Vienne. Je sais en effet que le chargé d'affaires d'AUJtriche à Karlsruhe y a lu une note du Général Mensdorff pour démentir cette asser,tion du Cabinet Bavarois, et ici M. de Klibeck doit s'en ètre expliqué avec M. de Schrenk, Envoyé de Bavière. Ainsi la Diète prendra des vacances de deux mois à dater du 20 du courant.

(l) Cfr. n. 81.

(l) Il brano fra asterischi fu trasn1esso in cifra.

95

RELAZIONE DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, A VITTORIO EMANUELE II

(Ed. in L V 8, pp. 62-70)

Firenze, 8 luglio 1865.

Tosto che la Maestà Vostra ebbe degnato comunicarmi la lettera autografa che in data del 6 di marzo di Quest'anno Le veniva indirizzata dalla Santità di Pio IX (1), i miei colleghi ed io ne facemmo immediatamente il soggetto delle nostre deliberazioni, ed avvisammo unanimi che fosse a darsi seguito all'officio del Santo Padre, e per atto d'ossequio al Capo della Chiesa caHolica, e per la natura dell'officio stesso risguardante le sole ragioni del potere esecutivo ed interessi del tutto religiosi e spirituali, di cui però è da tener gran riguardo per rispetto alle credenze ed ai sentimenti della gran maggioranza della Nazione ed all'efficacia che esercitano sulle condiz,ioni morali e sulla concordia e tranquillità del paese.

Ci confermò in tale avviso la considerazione che non lievi utilità sarebbero derivate dal venire ad accordi colla Santa Sede intorno ai tre capi su cui il Santo Padre aveva eccitata la sollecitudine della Maestà Vostra: il ritorno dei Vescovi assenti dalle Diocesi, la provvista delle sedi vacanti e l'ammissione dei titolari già preconizzati senza intesa del Governo in alcune provincie del Regno.

Intorno al primo capo noi avevamo già da tempo dovuto occuparci sopra istanze delle popolazioni propense od avverse al ritorno de' loro pastori, né potevamo essere alieni da un provvedimento che mantenesse intatta la dignità del Governo e fosse consentaneo alle norme della civile prudenza. Il secondo capo ci porgeva occasione di chiarire la Santa Sede circa gl'intendimenti del Governo in ordine alla circoscr,izione diocesana del Regno, e di chiedere che fino a quando essa non fosse definitivamente determinata, si lasciassero vacanti quelle Sedi vescovili che per la loro esiguità o per altre ragioni si fosse divisato di sopprimere. Il terzo capo ci metteva sulla via di riescire all'emenda d'un fatto

ch'era contrario alle prerogative della Corona e dello Stato ed aveva suscitato osservazioni e richiami.

D'altra parte, mentre eravamo nella fiducia che il Santo Padre, rivolgendosi alla Maestà Vostra, aveva pur dovuto tener presenti le condizioni proprie di un Governo rappresentativo, le speciali del Regno d'Italia e la Vostra lealtà e fermezza, opinavamo altresì che la Santa Sede fosse per pigliare indirizzo da quelle savie sue tradizioni che in più congiunture l'avevano recata a segregare la trattazione dei negozi spirituali da qualsivoglia controversia politica: tradizioni solennemente sancite nella Bolla Sollicitudo Ecclesiarum di Papa Gregorio XVI che porta la da,ta del 5 agosto 1831. Perciò noi deliberammo potersi e doversi secondar la domanda del Santo Padre che una persona laica fosse mandata a Roma, affine di conferire intorno i tre capi sopra accennati e di studiar modo di riescire in proposito a qualche accordo.

ll Vostro Governo non esitò pertanto a proporre alla Maestà Vostra a consentire che l'incarico di tale missione fosse commesso all'onorevole deputato commendatore Saverio Vegezzi, a cui si dié compagno e cooperatore il cavaliere avvocato Giovanni Maurizio.

Le istruzioni che vennero lor date ponevano in sodo prima di tutto che le conferenze si tenessero estranee a qualsivoglia quistione politica, ed escludessero ogni materia che non si riportasse ai tre capi surriferiti, ed in ispecie qualsivoglia tema che entrasse nelle competenze del potere legislativo. In secondo luogo dichiaravano che, mentre nel corso delle conferenze o delle conseguenti trattative non occorreva accennare al riconoscimento del Governo di Vostra Maestà da parte della Santa Sede, per non far perdere alle conferenze e trattative stesse il loro vero carattere d'un tentativo d'accordi circa interessi al tutto religiosi e spirituali, non potevasi né dovevasi consentire che esse, o nell'insieme,

o sopra verun punto speciale includessero la negazione del fatto della esistenza del Regno d'Italia, avvegnaché il Governo di Vostra Maestà, se non ha mestieri di formale riconoscimento da parte della Santa Sede, tien didtto e dovere di non prestarsi ad alcun atto che possa tradursi a significare una rinuncia all'esercizio della Sovranità e delle Regie prerogative in qualsivoglia parte del territorio del Regno.

Le istruzioni intorno ai tre capi recavano che si assentisse alla restituzione alle sedi di quei Vescovi il cui ritorno non potesse esser causa di turbamento della pubblica tranquillità, e che dessero guarentigia di osservare e far osservare dal loro clero le leggi dello Stato; che delle sedi vacanti si riempissero solo quelle che si divisasse conservare nella futura circoscrizione diocesana del Regno; che la presentazione dei soggetti fosse fatta da Vostra Maestà col previo gradimento della Santa Sede, e che di tale presentazione constasse dall'atto della preconizzazione e dalle Bolle che si sarebbero sottoposte al Regio Exequatur; che da ultimo taluno dei titolari già preconizzati non fosse ammesso per gravi ragioni di ordine pubblico e di politica convenienza, e si ammettessero gli altri su cui non cadessero eccezioni, purché si consentisse la traslazione ad altre sedi dei preconizzati a sedi che si divisasse sopprimere, e resultasse della loro

presentazione da parte di Vostra Maestà nelle Bolle da sottoporsi anch'esse al Regio Exequatur.

Assicurati per tal guisa que' principii che ogni Gov,erno civile ha stretto debito di tutelare, il Governo di Vostra Maestà non si peritò di dar corso alle trattative, riposando dall'un canto sull'accorgimento de' suoi negoziatori, e mettendo pegno dall'altro che il paese, in cui al primo suono che ne usdva erasi déstata certa apprensione, avrebbe deposto ogni dubbiezza, quando avesse avuto piena ed esatta notizia delle norme che il Governo si era prefisse ,e delle quali reputò suo debito dar tosto sentore colla Circo1are indirizzata dal Ministro dell'Interno ai Prefetti del Regno il 2 dello scorso maggio.

Due periodi corsero le trattative, segnati dai due viaggi che fecero a Roma i negoziatori nell'aprile e nel giugno. Accolti dal Santo Padre con dimostrazioni di singolare benevolenza, particolarmente indirizzate all'Augusta Persona della Maestà Vostra, essi la prima volta non potevano che esporre gl'intendimenti del Governo di Vostra Maestà, e raccogliere a riscontro quelli della Santa Sede nel concetto che, salvi i punti di massima, potesse farsi luogo, come è il caso di ogni negoziazione, a qualche opportuno componimento sui punti di minor rilievo. In effetto, come essi trovarono arrendevole la Santa Sede al non richiedere indistintamente il ritorno di tutti i Vescovi assenti, così accennarono che il Governo di Vostra Maestà avrebbe smesso il proposito di porre al ritorno peculiari condizioni; e come la Santa Sede non aveva disdetta la opportunità di una nuova circoscrizione delle diocesi del Regno, così non avvisarono insistere sul preciso numero delle sedi da tener vacanti o da coprire, essendo agevole a riconoscere che in tale argomento dovevasi calare a un partito intermedio fra quello del Governo e quello della Santa Sede, sopra l'apprezzamento delle ragioni che dalle due parti si sarebbero messe fuori a sostegno dell'uno o dell'altro. Parimente, non avendo la Santa Sede significata una decisa repugnanza ad entrare nelle vedute del Governo circa taluno dei Vescovi già preconizzati, i negoziatori espressero la propensione del Governo ad agevolare alla Santa Sede le vie d'assicurare le condizioni degli altri ,tutti secondo decoro e convenienza.

Ma per ragguagLiare il Governo col vivo de11a voce degli intendimenti manifestati dalla Santa Sede, e singolarmente per chiarirlo delle difficoltà sollevatesi nelle conferenze intorno all'Exequatur delle Bolle di nomina dei Vescovi e intorno al loro giuramento, i negoziatori chiesero ed ottennero di ricondurs,i alla sede del Governo. I ragguagli dati dal commendatore Vegezzi furono da noi raccolti ed apprezzati come la gravità dell'argomento richiedeva, e ci porsero tema a mature discussioni specialmente sui due punti anzidetti. Quanto al primo fu riconosciuto che il Governo di Vostra Maestà non po,teva rinunciare ad una così preziosa guarentigia del principato civile com'è la concessione dell'Exequatur alle provvisioni pontificie, che forma parte del nostro diritto pubblico interno, che nell'articolo 18 dello Statuto è inscritta fra le prerogative riservate alla Corona, e che il nostro Stato ha comune con quasi tutti gli altri Stati cattolici. Quanto al secondo punto, sebbene potesse parer dicevole sciogliel'e i vescovi dall'obbligo del giuramento in ossequio a que' principii di libertà civile e religiosa e di separazione della Chiesa dallo Stato, che il Governo di

Vostra Maestà si onora di professare, non pertanto, dacché un tale obbligo è imposto da apposite leggi nella massima parte del Regno, e non potrebbe ammettersi diversità di trattamento per le diverse provincie, fu determinato di mantenerlo, nel concetto altresì che a levarlo bisognasse un provvedimento legislativo.

Intorno a che si considerò ancora che in quasi tutti gli Stati cattolici, corre ai vescovi l'obbligo del giuramento, e che se ne fossero stati prosciolti nel Regno nostro, non si sarebbe ciò attribuito agli spiriti liberali del Governo di Vostra Maestà, bensì a una concessione determinata da ragioni politiche. Né si credette che la Santa Sede sarebbe per sollevare intorno a ciò difficoltà insuperabili, ove fosse deliberata a provvedere agli interessi religiosi e spirituali del nostro Regno, dappoiché consuona con questi il mantenimento della civile concordia, e i vescovi posti fra noi, come dappertutto, ad esercitare un apostolato di carità e di pace, mal saprebbero adempierne tutte le parti con la dovuta efficacia sul clero e sulle popolazioni delle loro diocesi, quando non fossero nelle condizioni stesse della maggior parte de' Vescovi cattolici, in omaggio altresì alle più consentite tradizioni della Chiesa ed a quegli alti suoi insegnamenti che impongono l'obbedienza a tutte le podestà.

I negoziatori pertanto, con la conferma delle primitive istruzioni, ricevettero pure il mandato d'insistere circa il giuramento de' Vescovi espresso nella formala adottata nel Regno, e quindi scevra di quegli aggiunti servili e sconvenevoli alla dignità dell'Episcopato che s'incontrano in altDe formale, e di insistere ancora circa la presentazione delle Bolle pel regio Exequatur, con facoltà d'assentire su quest'ultimo punto a qualche temperamento di forma, purché la disposizione rimanesse intatta nella sostanza, e con quella eziandio di ridurre ad apposita convenzione gli accordi a che si venisse colla Santa Sede, e di pigliar pure accordi parziali sovra uno od altro degli oggetti delle trattative, purché da essi non fossero pregiudicati gli altri punti che rimanessero in sospeso.

Muniti di tali nuove istruzioni i negoziatori tornarono a Roma; ma sciaguratamente non vi trovarono più le disposizioni conciliatrici, ond'erano stati confortati nel loro primo viaggio, e benché vi avessero ancora cortesi accoglienze, dovettero accorgersi che qualche avversa influenza si era attraversata al buon procedimento delle trattative.

Non tocca al Governo di Vostra Maestà il farsi ad indagare quali consigli abbiano potuto prevalere sopra la Santa Sede in guisa da renderla del tutto restia a quei componimenti a cui sulle p11ime era paruta inchinevole, e nemmanco di farsi a ribattere gli argomenti onde può essere stata condotta a respingere i nostri partiti. Il Governo di Vostra Maestà rispetta la indipendenza della Santa Sede, né crede suo compito entrare con essa ·in alcuna discussione di principii, sebbene gliene potrebbero fornir materia le tradizioni più antiche e rispettate, le dottrine di gravi canonisti e i procedimenti tenuti dalla Santa Sede medesima in tempi non remoti e non dissimili da questi e verso Governi posti a un dipresso nelle condizioni del Governo italiano. Ma professando di rispettare l'indipendenza della Santa Sede, non dobbiamo rispettar meno l'indipendenza del Governo di Vostra Maestà; e perciò se ci possiamo dolere che non siano

stati accolti i partiti da noi proposti per far ragione agli interessi religiosi e spirituali nel Regno, non abbiamo motivo di dolercene se ne fu causa l'aver noi inteso a mantener salve le prerogative del civile principato ed intatto il diritto nazionale da cui il Governo di Vostra Maestà ripete la sua massima forza.

Al che ci è pur d'uopo soggiungere che non deviammo punto dai nostri primitivi propositi, né inducemmo alcun sostan:z;iale cangiamento nelle istruzioni date ai negoziatori, dappoiché accennammo di subito alla riserva circa l'Exequatur, e solo ci fu necessità spiegar su tal punto i nostri concetti rimpetto alle obbiezioni della Santa Sede, siccome ci fu pure necessità far dichiarazioni espli·::ite intorno al giuramento dei Vescovi dopo aver risaputo che la Santa Sede costituiva di tal punto una grave quistione. Del rimanente è na.turale a vedersi che il Governo di Vostra Maestà, conscio dell'origine sua e de' suoi doveri verso il Parlamento e il paese, non poteva prefiggersi altre norme nelle intraprese trattative se non quelle che ha esposte qui, intanto che si può chiedere quali fossero le intenzioni della Santa Sede nel promoverle in seguito alla proposta che ne usciva spontanea dal cuore di Sua Santttà Pio IX, se pure non reputava che il Governo di Vostra Maestà potesse trascorrere a negar sé medesimo e a disconfessare tutti quei principii che si professano da ogni Governo indipendente.

L'essere stati respinti i nostri partiti circa il giuramento dei Vescovi e l'Exequatur, fu causa che non si proseguissero le negoziazioni intorno agli altri punti, e perciò esse non ebbero ulterior seguito. Se non che fu dichiarato che il Governo di Vostra Maestà non si smoverà dal proposito di consentire man mano al ritorno di quei Vescovi assenti che possano essere restituiti alle Sedi senza pericolo di pubblici commovimenti, non essendo questo che un provvedimento d'ordine int.erno e già determinato precedentemente dal Governo medesimo.

Dopo di che i negoziatori fecero ritorno e rassegnarono il loro mandato, benemeriti per aver adempiuto ad un difficile dovere e posta l'opera loro a serbare inviolate le ragioni e la dignità dello Stato.

Con questa succinta esposizione m'è avviso d'essermi sdebitato dell'obbligo che, in un coi miei colleghi, mi correva di ragguagliare la Maestà Vostra intorno a un argomento di tanta gravità e che provocò giudizi così discordanti e così diverse aspettazioni. La Maestà Vostra vi .troverà fedelmente ritratti tutti i particolari che già Le son noti per la parte che prese alle deliberaz·ioni dei Consiglieri della Sua Corona. Che se dividerà con noi il rammarico che le trattative con la Santa Sede non abbiano avuto il desiderato successo, vorrà pure riconoscere con tutto il paese che in questa occasione furono serbat.i illesi i diri.tti della Nazionee del Principato, mentre si era sinceramente cercato di soddisfare a quegl'interessi spirituali e religiosi che mai non avrebbero dovuto né dovrebbero con altri interessi confondersi. Forse non è remoto il giorno in cui la tanto augurata separazione della Chiesa dallo Stato tragga con sé il completo segregamento degl'interessi religiosi e spirituali dai politici; a benefizio comune della Chiesa e dello Stato, e a particolare giovamento di questa Italia che dalla loro confusione ebbe a durare più lunghe e dolorose prove. Ma intanto sarà onore

del Gove::no di Vostra Maestà che in questo incontro non sia venuto meno all'obbligo suo di assicurare gl'interessi politici, mentre si reputerà sempre a debito e gloria di soddisfare agl'interessi religiosi e spirituali entro que' limiti che sono segnati dall'indole lor propria, dalle leggi del regno e dalle norme dell'odierna civiltà (1).

(l) Cfr. serie I, vol. V, n. 608.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

D. 9. Firenze, 9 luglio 1865.

J'approuve la réponse que Vous avez faite aux propositions émises par

M. de ThHe relativement au futur Traité de Commerce avec le Zollverein; et que Vous m'avez rappo::tée par Votre dépèche du 19 Juin N. 19 Commerciai (2). Je ne reviendrai par sur la première de ces propositions qui a été sans autre écartée par M. de Thile lui mème en suite de Vos observations.

Quant à la seconde d'après la quelle la Prusse et l'Italie signeraient immédiatement un Traité formel de Commerce, auquel, comme cela s'est pratiqué avec la France, les Membres de l'Union Douanière Allemande seraient invités à accéder séparément, je crois devoir attendre les communications officielles, dont Vous m'annoncez par Votre Rapport N. 20 (3) que M. le Comte d'Usedom a du ètre chargé par le Cabinet de Berlin.

* Il parait, M. le Ministre, que ne sachant comment éluder la logique de la situation quelques Gouvernements Secondaires auraient imaginé d'invoquer les précédents de l'acte de rachat de l'Escaut et de la Convention télégr~phique internationale du 16 Mars dernier pour ratifier le futur Traité Italo-AHemand sans reconnaitre l'Italie.

Vous savez, M. le Ministre, que le Gouvernement du Roi a résolu de ne présenter en aucun cas au Parlement un traité de commerce conclu de quelque manière que ce sott entre le Zollverein et nous, si les Etats participants à ce traité ne reconnaissent pas l'ltalie. Il serait donc superflu de s'arrèter à une idée de ce genre, autrement que pour signaler la différence profonde qui existe entre les précédents qu'on veut invoquer et le cas actuel.

En effet l'acte de rachat du péage de l'Escaut et la récente Convention télégraphique de Paris avai,ent le caractère d'engagements collectifs pris sur des obj,ets d'intérèt économique par un certain nombre de puissances. En rencontrant dans la réunion des plénipotentiaires, les Représentants de Puissances qui n'ont point reconnu le Royaume d'Italie le Délégué du Gouvernement du Roi pouvait et devait admettre que la position respective de ces Gouvernements

et du nòtre fUt réservée afin d'éviter que des difficultés étrangères à la plupart des Puissances contractantes, dénuées de tout à propos et sans rapport meme indirect avec les questions à régler, ne vinsent troubler des accords d'un intéret général. Cette réserve était d'autant plus naturelle qu'en raison de la manière de procéder adoptée dans ces actes, les puissances sans rapports dlplomatiques entre elles ne se trouvant pas, pour ainsi dire, placées face à face, pouvaient ne point se considérer comme engagées dans une négociation personnelle et directe l'une envers l'autre, la personnalité morale de la Conférence dominant en quelque sorte la leur, et que les ratifications ne devaient etre échangées qu'avec la Puissance qui avait pris l'initiative de l'accord.

Je n'ai pas besoin de faire ressortir la différence radicale qui ~existe entre la par,ticipation simultanée de puissances sans rapports diplomatiques entre elles à une Conférence de puissances tierces, et la situation du Zollverein à notre égard dans la négociation d'un Traité de commerce. lei chacun des Etats du Zollverein aurait affaire directement et uniquement à l'Halie, et échangerait directement avec elle les ratifications du Traité: il s'agit d'une question exclusivement spéciale à eux et à l'Italie, question qui dépasse meme en certain dégré l'ordre économique puisque les Traités de commerce ont eu de tout temps la plus grande influence sur la politique des Etats; et les Gouvernements dont il s'agit prétendraient à étre admis à nier de notre consentement, l'existence du Royaume d'Italie dans l'acte mème qui ouvrirait l'Halie entière à leur industrie et à leur Commerce? Une telle prétention n'a pu étre émise sérieusement, et il faut y voir sans doute un effet de l'embarras qu'ont certains Gouvernements secondaires à justifier aux yeux des populations allemandes leur résistance aux propositions de la Prusse. Encore, s'il existait entre ces Etats et nous quelqu'une de ces questions graves, qui donnent un caractère sérieux et digne de considération au réfus que peut faire une Puissance d'en reconnaitre une autre, alors une proposition de ,tene nature pourrait paraitre dictée par une certaine sollicitude pour les intéréts publics. Mais dans le cas actuel, la résistance des Etats secondaires est inspirée par des mobiles qu'aucun d'eux n'a encore osé avouer, mobiles étrangers aux intéréts du Zollverein et désobUgeants pour la Puissance qui est à la téte de l'association douanière elle méme, des préoccupations de cet ordre ne sauraient avoir droit à nos égards, lors mème qu'elles ne se traduiraient pas, comme il ardve, en l'étrange projet de nous faire accepter une situation peu digne * (1).

Je n'ai pas besoin de Vous dire, M. le Ministre, que si de telles idées étaient émises devant Vous, Vous ne devriez répondre qu'en faisant sentir que des insinuations de ce genre sont de celles que les Agents du Roi excluent de leui' correspondance diplomatique avec leur Gouvernement.

En Vous accusant réception de Vos intéressants Rapports de la Série Politique depuis le N. 39 au N. 42 et de la Série Commerciale depuis le N. 17 au

N. 21 et de Vos Dépèches Confidentielles n. 3, 4 ...

(l) -In una lettera a Sella del 10 luglio (Le lettere di Vittm·io Emanuele II, vol. II, p. 819) il Re scriveva : « Debbo ancora pregarla di dire a La Marmora che io fui soddisfatto della relazione stampata della questione Vegezzi », (2) -Cfr': n. 79. (3) -Cfr. n. 89.

(l) Il brano fra asterischi è ed., in italiano, con alcune modifiche e ad eccezione delle frasi in corsivo, in LVS, pp. 205-207.

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 245. Londra, 10 luglio 1865, ore 4,50 (per. ore 9,45).

La seconde édition du Times aujourd'hui publie sans en indiquer origine, un télégramme affirmant que peu de temps avant rupture des négociations avec Rome le Roi par une lettre apportée au Pape par un de ses chambelans lui avait offert de payer une rédevance pour les ex-provinces papales actuellement unifiées et de ne les tenir qu'en fief. On ajoute que Sa Majesté aurait fait savoir au Pape que les négociations seraient reprises dès qu'un nouveau Ministère serait formé, avènement inévitable et que ne se ferait pas longtemps attendre (1).

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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 79. Madrid, 12 luglio 1865 (per. il 17).

Com'ebbi l'onore di riferire g1a all'E. V. per telegrafo (2), jeri alle due dopo mezzodì mi presentai al Ministero di Stato, e diedi lettura al Signor Bermudez de Castro della Nota di V. E. del 5 corrente (3) !asciandogliene quindi copia dietro sua richiesta. Risposemi che la semplice lettura da me fattagli non era sufficiente per giudicare le cose in essa contenute, e che meglio da se solo l'avrebbe esaminata. Osservò però che parevagli troppo estesa principalmente nella parte che riguardava la convenzione del 15 settembre e troppo categorica nelle sue dichiarazioni • je la trouve trop serrée ». Già io mi sapeva che il suo desiderio era di avere una Nota la quale solo recassegli ringraziamenti e buone parole, ond'essere interamente libero nella sua azione, e nella scelta delle idee per la redazione del dispaccio annunziante il riconoscimento ufficiale d'Italia. Gli soggiunsi però che io aveva creduto del mio dovere di riferire al mio Governo tutti i punti ai quali aveva accennato nei suoi colloqui, onde anzi con siffatte franche spiegazioni evitare che nascessero poi male intelligenze e dissapori. Principalmente mi pareva ciò necessario in sulla convenzione del 15 settembre, avendomi egli anche ultimamente ripetuto: « Dites et faites tout ce que vous voudrez, mais vous ne réussirez à m'empécher de me servir de la convcntion du 15 septembre ». Lo rassicurai però che in quanto alla Nota dell' E. V., leggendola pacatamente, ei la troverebbe franca ed amica in ogni punto, arrendevole, e dettata dal voto di conciliare la nostra dignità coi desideri del Governo Spagnuolo.

« Vous pouvez assurer de la manière la plus formelle qu'il n'y a pas un mot de vrai dans le télégramme dont vous me parlez ».

Il Ministro di Stato passò indi a lamentarsi con meco del modo come alcuni, e il Nunzio di sua Santità particolarmente, agivano contro al Ministero; mi disse che bramerebbe già fosse qui in Madrid la missione italiana, e a tale proposito mi pregò di trattarlo con fiducia dicendogli chi sarebbe stato mandato dal

R. Governo per il riconosc·imento, e perfino quale savebbe il personale della nuova Legazione, onde stabilirne egli una precisamente eguale in Firenze. R:sposi che altro non sapeva in proposito se non che la Missione sarebbe interamente degna dell'alto suo ufficio, ma che del resto queste erano cose cui facilmente avrei di subito conosciute per telegrafo qualora però fosse prima compito il riconoscimento. Ci laseimamo così in ottime relazioni.

Appena venti minuti erano scorsi, lorchè un usciere d:el Ministero venne in Legazione a chiamarmi per parte del Signor Bermudez. Accorsi, com'era naturale, e mi recò meraviglia il vedere il Ministro, accinto quasi all'ira, muo. vermi rimprovero perché già tutta Madrid conosceva la Nota dell'E.V. Mi aggiunse che l'avrei vista pubblicare e commentare nei fogli della sera stess8, che si diceva da alcuni sembrare che a bella posta e per affettazione vi si fosse omesso di far parola della Regina e dei suoi sentimenti personali verso l'Italia in questa occasione favorevoli, e dispiacere infine la dichiarazione sulla convenzione del 15 settembre come non obbligante l'Italia che verso la Francia. Disse che mi aveva voluto avvertire che stava per scrivere in proposi.to al Signor Zarco del Valle non potcndosi trattare senza la segretezza delle pratiche. A tali parole del Signor Bermudez mi limitai rispondere essermi indifferente qualsiasi cosa ch'egli stimasse di scrivere a Firenze, che la Nota, giuntami solo la sera innanzi, non era esci,ta dalle mie mani, e che se vero fosse che la si conosceva in Madrid prima della consegna da me fatta, solo ne avrei imputato la posta, avendo presso di me a disposizione di chi lo volesse verificare, la sovraccarta che portava fino all'evidenza il segno dell'operata apertura e del risigillamento.

Queste cose, già da me rilerite all'E.V. per telegrafo, le sono note. Credo però nel mio dovere in questa circostanza di ripetere all' E. V. che veramente la Nota fu sempre nelle mie mani, e che accetto senza esitanza tutta la responsabilità, avendo io agito come l'obbligo mi correva. L'unica persona con cui mi sia-cadurto in discorso su tale argomento si è un amico del Signor Ulloa, des•t.inato a Ministro di Spagna a Firenze, il quale la sera innanzi mi richiese per parte dell'Ulloa, a cui preme di potere occupare presto il suo nuovo posto, a che punto fossero le trattative, quasi accusando me della loro lentezza perchè interessato a prolungarle quale amico dei progressisti. Io non provai difficoltà nel confessargli che avevo già ricevuto la Nota dell'E.V. da cui speravo buone risultanze. So che questa persona è assai amica del Generale O'Donnell, e che glielo avrà anco riferito, ma non vedo perché trattandosi di persona cotanto interessata avrei fatto misterio di una cosa così semplice e nota a tutti in paese, sendochè g1i amici del Ministero siano da molti giorni i primi a dire ovunque pro~enire H ritardo nel riconoscimento dalla Nota dell'E.V. che non era ancora giunta. Ma dal fatto dell'arrivo di una Nota niuno poteva dedurre quale ne fosse il contenuto; ed io stesso nel mio primo colloquio avuto jeri mattina col Signor Bermudez gli parlai dell'amico dell'Ulloa, e delle sue interrogazioni, onde metterlo al fatto dello zelo dei suoi amici.

Del resto se la Nota fosse stata veramente conosciuta in Madrid, come assevera il Signor Bermudez, ei me ne avrebbe fatto parola la pr,ima volta in cui andai da lui. In meno di mezz'ora di tempo, non poteva senza ,escire dalla sua camera, imparare a un tratto quanto prima ignorava interamente. E' per me più che evidente ch'è da cercarsi altrove il motivo per tale improvviso mutamento, ed io lo ritrovo facilmente nell'avere la Nota dell'E. V. frastornato progetti che tra il Signor Ministro di Stato e il Presidente del Consiglio avevano formato sulla forma da dare al riconoscimento. Il Signor Bermudez, a cui siffatti modi di trattare gli affari non sono ignoti, ha voluto così lasciarsi aperta una via onde iniziare nuovi negoziati a Firenze nel caso in cui trovasse troppe difficoltà a compiere il riconoscimento prendendo le mosse dall'ultima Nota di

V.E. Mi è però avviso che ora, dopo averla meglio ponderata, ei si arresterà forse davanti a questo passo, e da informazioni avute so che questa mane si disse con aLtri soddisfatto delle risposte di V.E., cui si apprestava di riscontrare.

Inoltre non è affatto vero che la Nota sia conosciuta in ci,ttà. Nessun giornale della sera ne ha fatto poi menzione; tra i vari uomini politici di ogni partito da me visti tra jeri ed oggi, nelle direzioni giornalistiche, fra i membri del corpo diplomatico nulla fino ad ora ha traspirato, locchè prova quanto insussistente sia il motivo addotto dal Signor Bermudez per un tale mutamento d'idee.

Per parte mia aspetterò ora con fiduciosa ansietà gli ordini e il giudizio dell'E.V. che, spero, troverà irreprensibile la mia condotta, avendo la coscienza di avere ag,Uo con discretezza quanto con lealtà.

Qui intanto il partito neo cattolico combatte ad oltranza il Ministero, e tenta conciliarsi di bel nuovo l'animo della Regina. Le proposte contro il riconoscimento si vanno accumulando, e fra di esse primeggia quella, di cui ho l'onore di accluderle un esemplare, del Cardinale Arcivescovo di Burgos, sendoché quasi non di altro che di essa si parli da due giorni. In questo punto i fogli annunziano che il Ministero esigendo da Sua Maestà la dimissione del Cardinale dal carico di ajo del Principe delle Asturie, siavi di nuovo crisi ministeriale, avendo la Regina chiamato presso di sé alla Granja, per influenza dei clericali, il Marchese di Novaliches. Credo però che il Duca di Tetuan è deciso di lottare contro di tali ostacoli, e che per ora rimarrà al potere, sendo per molti motivi necessario agl'interessi della dinastia.

(l) La Marmora rispose con t. 188 dell"ll luglio:

(2) -Con t. 246 dell'l! luglio, ore 19,05, per. ore 22,15, non pubblicato. (3) -Cfr. n. fll.
99

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 189. Firenze, 13 luglio 1865, ore 12.

Mi dica se è vero il congresso proposto dall'Imperatore di cui parlano tutti i giornali (1).

(l) Nigra rispose con t. 249, pari data: • La nouvelle du congrès est un canard •·

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 248. Costantinopoli, 13 luglio 1865, ore 7 (per. ore 19,40).

Le ministre de Prusse d'après les instruc,tions de son Gouvernement à fait démarche auprès d'Ali pacha pour appuyer notre participation affaire Monténégro. Ali pacha s'est borné à répondre que le Gouvernement de Scutari avait réuni les consuls sans autorisation et qu'il lui avait été défendu d'or en avant de les réunir pour tra<iter affaire Monténégro.

101

IL MINISTRO A MONTEVIDEO, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 16. Montevideo, 14 luglio 1865.

Ho ricevuto il riverito Dispaccio dei 30 del decorso Maggio (l) con cui

V. E. si è compiaciuta darmi istruzioni sulla condotta che questa R. Legazione dovrà serbare si nelle difficoltà suscitateci dal Governo Orientale rispetto alla Isola della Libertà e al vapore Nazionale • Tevere •, quanto in tutte le altre che potessero sorgere in avvenire.

Le precedenti istruzioni ricevute da codesto R. Ministero m'inculcavano già di evitare accuratamente tutto ciò che potesse dare il menomo motivo a complicazioni internazionali in queste lontane regioni; ed uniformandomi strettamente a quanto venivami ingiunto mi pareva non solo di non aver fatto daL mio canto alcuna provocazione di sorta, ma di essere andato, nelle spiacevoli discussioni insorte, fino all'estremo limite. concessomi dalla tutela dell'onore e della dignità nazionale.

Del resto io spero che i miei posteriori rapporti avranno pienamente rassicurato il R. Governo.

Solo sento il debito di manifestare rispettosamente ma francamente a V. E. la mia intima convinzione, avvalorata ormai dalla esperienza, che in nessun luogo come in questo è V'ero il detto si vis pacem para beHum, e però il più sicuro mezzo di non avervi delle serie complicazioni si è quello di essere sempre pronto a farsi rispettare e a rendersi da se medesimo immediata giustizia. Infatti se in quel giorno in cui il Generai Flores ordinò che un battaglione andasse ad occupare l'Isola della Libertà non si fosse trovata pronta la R. cannoniera • Veloce • a respingere siffatto tentativo, saremmo stati poscia obbligati a riprendere l'isola di forza ed a far veri atti di guerra per vendicar l'oltraggio inferto alla R. Bandiera. Così al contrario se avessimo avuto qualche cannoniera di poco calato, che avesse potuto penetrare nel Tigre per prendervi le

7-Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

tre golette italiane il cui carico è stato indebitamente sequestrato dal GovernoArgentino, non saremmo ora noi obbligati a reclamare, e forse con poco successo, contro siffatto operato.

Ebbene, a conseguire lo scopo che il R. Governo si propone, cioè a dire la conciliazione della tutela degl'interessi nazionali in queste contrade coi doveri di alta politica nascenti dalla situazione generale delle cose in Europa, mi è mestieri far notare all'E. V. che la nostra stazione navale, com'è attualmente composta, compresavi pur la • Magenta », non giunta peranco, non può rispondere adeguatamente a sì giusto e santo desiderio. Sarebbe per ciò di assoluta necessità aggiungere ad essa per lo meno altre tre piccole cannoniere, che fossero in grado di penetrare nell'interno dei fiumi. Se il R. Governo si decidesse a tale sagrifizio potrebbe viver tranquillo e sicuro di non aver qui a temere complicazioni di sorta alcuna, poiché vi avrebbe una forza navale atta a far fronte a qualunque evento, indipendentemente dall'effetto morale, che sarebbe forse da per sé solo bastante.

In quanto alla Isola della Libertà, dopo la nota giustificativa ottenuta dal Governo Orientale, che ebbi l'onore di trasmettere a V. E. con rapporto dei 14 Giugno scorso di N. 11 (1), la questione di amor proprio essendo in gran parte eliminata, non ci rimane che ad eseguire il contratto e riconsegnar l'Isola, poiché, dopo quanto è succeduto, non ho veramente nessunissima speranza di riuscire a persuadere l'attuale Governo di cose, in sé chiarissime, ma di cui non vuole o forse non può persuadersi. Il R. Ministro di Marina avrà ricevuto in questo frattempo il progetto di contratto da farsi col Signor Capurro, il quale offre di costruirci sopra un suo terreno, sulla spiaggia del mare, munito già di conveniente sbarcatoio, magazzeni coperti dell'ampiezza e dalla forma che da noi si desidera, in tre mesi di tempo, mediante il fitto di un franco al mese per metro quadrato. Io spero che il detto R. Ministero vorrà autorizzare la celebrazione di questo contratto di fitto, che parmi il più vantaggioso che possa ottenersi in questi luoghi e il più conducente in pari tempo su ·tutti i rapporti (2).

In quanto al • Tevere • mi duole doV'er dire a V. E. che questo giudice di commercio ha profittato dell'assenza del Generai Flores per commettere una illegalità peggiore della prima. Non potendo, in seguito all'accettata garantia, ritenere il bastimento, ha avuto la strana idea di ordinare la detenzione del Capitano, Signor Barbaro, al momento stesso in cui preparavasi a partire, sotto pretesto che dovesse qui lasciare un procuratore, il quale fosse sempre pronto a ricevere la notificazione degli atti giudiziarì. L'annessa corrispondenza, (Annessi N. I, II e III) (3) porrà meglio l' E. V. al fatto delle cose. Oggi finalmente è stato tolto il divieto e il Signor Barbaro ha potuto riprendere il comando del bastimento e partire per Buenos Aires.

Nessun fatto impovtante di guerra è accaduto nella passata quindicina. I Paraguayani avanzano sempre e sono all'Uruguayana, Provinc.ia di Rio Grande, a sette leghe dalla frontiera Orientale. Gli alleati sono accampati alla Concor

dia e finora non si muovono. Hanno però sofferto in questo intervallo una defezione sensibilissima. Tutto il corpo del Generale Urquiza, 9.000 uomini circa, si è sbandato e più non esiste. Egli fa le viste di 'esserne profondamente addolorato, e promette di ricomporlo in 20 giorni.

Intanto se n'è tornato tranquillamente alla sua estancia di S. José.

P. S. -Mi giunge in questo momento una lettera confidenziale del R. Console in Buenos Aires, (Annesso N. IV) da cui V. E. potrà scorgere lo stato di viva inquietezza in cui trovasi la nostra colonia colà per effetto degli ultimi avvenimenti. Penso di far subito una escursione a Buenos Aires.

Stimo pure opportuno trasmettere a V. E. una corrispondenza diretta da un Dottore Odicini ad un giornale di qui H Siglo, con la risposta che le è stata fatta dal giornale Italiano. Essa ha mosso a sdegno la gran maggioranza degli Italiani, e piovono ogni giorno al periodico Italiano il Commercio articoli di confutazione. (Annessi N. V e VI).

(l) Non pubblicato.

(l) -Non pubblicato. (2) -L'isola della Libertà fu riconsegnata il 14 agosto alla scadenza del fitto. (Cfr. r. 18 di Barbolani, Montevideo, 14 agosto). (3) -Gli annessi non si pubblicano.
102

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 253. Madrid, 15 luglio 1865, ore 5,04 (per. ore 10,35).

Incident singulier d'autre jour complètement passé. Ministre affaires étrangèrés m'a dit que la réponse à la dépeche de V.E. part aujourd'hui pour Florence (1). Président du Conseil a démontré satisfaotion pour dépeche de V.E. Nomination de Ulloa à envoyé extraordinaire et ministre plénipontentiaire à Florence a été approuvée par la Reine.

103

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 258. Baden, 18 luglio 1865, ore 15,45 (per. ore 20,05).

Dans récente déptkhe von der Pfordten déclara • mieux vaut ne pas conclure traité de commerce mème avantageux plutòt que de modifier bases politiques.

« Il Signor Bermudez me ne indicò il contenuto, dicendomi che si era limitato a tro

vare nel convegno del 15 settembre un argomento di conforto per la Spagna a cui stanno a

cuore gl'interessi del Pontificato, e cosi, retrocedendo dalle sue prime intenzioni di pren

dere questo convegno per la base stessa del riconoscimento, mi lasciò fraintendere che si

era adoperato principalmente a porre in armonia le sue dichiarazioni con le spiegazioni

date dall'E.V.

Inoltre egli ha preso atto, a quanto disse, di quanto contiene il dispaccio di V.E. sui

beni privati dei principi spodestati, non già per quei della dinastia austriaca, ma per quei

di Napoli e di Parma congiunti con vincoli di stretta parentela coi Borboni di Spagna. Quindi

soggiunse: "molto probabilmente essi non accetteranno mai da voi danaro, ma a me basta

di avere adempito a quello ch'era del mio decoro di fare; e spero che il vostro Governo sarà

soddisfatto, sendoché il mio dispaccio sia assai più conciliante che noi fossero quei che hanno

accompagnato il riconoscimento della Prussia e di altre potenze " •.

J\II. Varnbuler maintient opmiOn de ne pas se prononcer actuellement d'après attitude Bavière. Malgré refus surtout de la Bavière et de la Saxe presse allemande est toujours accentuée ouvertement en faveur traité. Rapports entre Autriche et Prusse sont tendus en ce moment.

(l) Con r. 80 del 16 luglio Cavalchini comunicò:

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 40. Pietroburgo, 19 luglio 1865 (per. il 27).

Le jour meme de mes audiences chez LL.MM. et chez le Césaréwitch (1), j'ai vu le Prince Gortchakow, qui a suivi la Cour à Péterhoff. Je lui ai rendu compte de mon entretien, qui s'était prolongé plus que de coutume, avec l'Empereur.

Faisant allusion à l'embleme des trois noeuds qui entourent le médaillon appendu au Collier de l'Annonciade et qui signifie que les Chevaliers de cet Ordre doivent etre unis de coeur et d'ame, j'ai d1t que c'étai~t bien là aussi le symbole de l'union intime qu'il convenait de cimenter 'entre deux nations faites pour s'aimer et se comprendre, parce qu'elles sont des alliées naturelles dans toute l'acception du mot. Durant mon entretien avec le Czar, cette véri,té, toujours présente à ma pensée, avait inspiré mes raisonnements. Je Lui avais parlé, avec beaucoup de détails, sur les merveilleux progrès opérés depuis la Constitution du nouveau Royaume d'Italie, dont l'unité étaH assurée par le sentiment de force qu'elle puisait en elle-meme et dans un Gouvernement éclairé. Des difficultés restaient sans doute à surmonter, mais nous attendions avec confiance le couronnement de l'édifice. Si nous l'appelions de tous nos voeux, sans vouloir néanmoins précipi,ter le cours des événements, c'était en grande partie pour mieux tendre la main à la Russie quand nous aurions en notre pouvoir toutes

Jes clefs de la Péninsule. Jusqu'alors la Russie croit avoir peut-etre, ·en ce qui

nous concerne, quelques ménagements à garder dans la politique générale en

suite de ses rapports avec l'Autriche, mais le moment viendra où nos pays

prendront réciproquement une liberté d'allures, qui leur permettra d'agir plus

ouver,tement au mieux d'intérets qui se rencontrent de tant de cotés. En atten

dant, il n'importe pas moins au Cabinet de St. Pétersbourg de se montrer autant

que possible, vis-à-vis de l'Italie, ce qu'il sera sans aucun doute quand nous

serons débarrassés de toute préoccupation vers nos frontières orientales et vers

l'Adriatique, ce point de jonction de la race Slave et Latine.

Le Prince Gortchakow a répondu en exprimant sa satisfaction que j'eusse

eu l'avantage de manifester ma pensée à Son Souv~erain auprès duquel, m'assu

rait-il, j'étais très bien noté. Comme j'avais aussi parlé de la déclaration récente

du Prince de Monténégro, (Circulaire du 30 Juin échu) (1), S.E. m'a dit à ce sujet: • Vous laissez assez comprendre que l'Autriche, et 'toujours l'Autriche, cherche à vous barrer le chemin. Je me rends compte de vos observations. Mais sur cette question, comme sur celles qui pourraient surgir soit à Scutari, soit dans les Provinces Roumaines, ne perdez pas de vue les agents d'un parti avancé que, aussi bien que nous, vous ètes intéressés à combattre. Votre Gouvernement est à l'abri du reproche de révolutionnaire, et à cet égard je forme les voeux les plus sincères pour que le Général de La Marmora reste longtemps au pouvoir. Mais il y a des émissaires du parti démagogique, et peut-ètre mème des agents secondaires, qui compromettent les meilleuves causes. Ils agitent vers le Danube; ils s'appuyent sur des éléments sans consistance, sur Couza entre autres, dont le pays tombe en pourri,ture. Ils feignent d'ignorer que la position la plus importante, parmi les anciens Etats tributair,es de la Porte, est la Servie. Tout calcul, tout mouvement qui ne compteraient pas sur cet Etat et sur son Prince, resteraient stériles. Or, là, gouvernants et gourvernés sont mieux inspirés que partout ailleurs dans ces régions, et se garderaient bien de jouer 1eurs destinées, en se pretant aux projets insensés de certains brouillons. Quant aux affaires qui se rattachent plus ou moins directement à l'Orient, je ne puis que le répéter, l'Italie est assez forte pour attendre le bénéfìce du temps. Elle ne devrait pas, entre autres, attacher trop d'importanc~e à des incidents de la nature de celui de Scutari (voir mon rapport de la Série Politique N. 20) (2). Au reste je sais apprécier votre langage sur les nombreux points de rapprochement qui existent entre nos Pays. Vous n'avez pas encore, dites-vous, toutes les clefs de votre maison. En nous plaçant à votre point de vue, nous nous expliquons que vous visiez à atteindre une position qui vous rendrait de plus en plus indépendants de vos voisins. Mais vous avez déjà cherché bien des issues irrégulières. A Naples... •.

Ici j'ai arrèté court mon interlocuteur par les paroles suivantes:

• Si des irrégularités ont été commises dans le grand mouvement qui entraìna la chute .d'un ancien Royaume, si mal gouverné d'ailleurs par les Bourbons, il ne faut s'en prendre qu'à la force irrésistible des choses. Mais c'est là un fait accompli sur lequel il n'y a plus à revenir. L'Italie ne consentira jamais à se laisser défaire. C'est là pour moi une conviction profonde, que je partage avec l'opinion publique de mon Pays. Le Général de La Marmora l'a déclaré carrément à la Tribune quand il disait que nous ne reculerions pas. La moindre tentative pour un mouvement en arrière couterait à l'Ualie et à l'Europe plus de sang et de sacrifìces de toute sorte, que si nous devions traverser les phases d'une nouvelle lutte pour compléter notre programme unitaire. En énonçant chaleureusement cette conviction devant V.E. je suis l'interprète fìdèle de tous mes concitoyens •.

Pour rester dans le vrai, je m'empresse d'ajouter que les complaintes du Prince Gortchakow sur Naples n'avaient évidemment qu'un caractère rétrospectif. Mais, comme à deux reprises déjà, il m'avait fait des allusions dans ce sens, il m'a

paru opportun de les repousser par un langage péremptoire, pour bien faire sentir que c'était là un point hors de discussion. Je savais d'ailleurs qu'il était encore épris d'amour platonique pour l'ancien projet d'une triade en Italie. Si, contre toute attente, il revenait à la charge, je serais presque tenté de rétorquer l'argument et de lui demander si la Russie serait disposée à rendre gorge pour la Pologne ou la Finlande.

Au reste, la conversation a repris son cours sur un ton de parfaite bienv,eillance de sa part ,et de franchise de mon còté, de cette franchise que le ViceChancelier se pique d'apporter aussi dans ses rapports avec les chefs de mission.

M. de Bismarck entre autres, connaissant son faible, lui rappelle à chaque occasion combien il avait eu à se louer, quand il résidait ici, du franc-parler du Ministre Impérial des Affaires Etrangères. C'est peut-etre uniquement pour toucher une corde sensible, la fiatterie. Ainsi, le Prince Gortchakow lui ayant fait présenter quelques observations sur les allures d'une politique qui mettait trop à découvert la Monarchie Prussi,enne, M. de Bismarck a répondu qu'il saurait se modérer, car il se souvenait avec plaisir qu'il avait été l'élève du Princ,e.

V. E. aura remarqué que ce Ministre, ainsi qu'il l'avait déjà fait à mon début à ce poste, appelait mon attention sur des menées d'agents secondaires. Je me suis borné à lui réi,térer l'invitation, si le cas se présentait pour un de nos fonctionnaires en sous-ordre ou quel qu'il fùt, de me signaler le fait d'une manière plus circonstanciée. J'en référerais alors à mon Gouvernement, qui s'empresserait, quand il reconnaìtrait après un examen, un abus réel, de sév~ir en toute justice.

Avant de prendre congé, j'ai demandé s'il ne pourrait pas me fournir quelques éclaircissements sur la crise ministérielle à Vienne. A son avis, cette crise, qui remonte à l'initiativ;e personnelle de l'Empereur François-Joseph, se prolongerait quelque temps encore. C'était évidemment la question Hongroise qui formait le noeud de la situation. Mais, avant de s'engager sérieusement dans une voie de réconciliation avec ces Provinces, Sa Majesté Impériale attendait de connaitre le résu1tat des investigations dont Elle avait chargé M. de Majlath. Elle ne voudrait s'avancer qu'à bon escient, car, s'il devait lui résulter que certaines transactions avec les principes sur lesquels repose la constitution de Février 1861, n'auraient d'autre effet que celui de mécontenter l'élément allemand, sans se rattacher la Hongrie, la Cour de Vienne hésiterait probablement à donner suite à ses projets.

J'ai aussi désiré savoir si le Cabinet de St. Pétersbourg avai,t reçu l'av;is d'une réduction dans l'armée Autrichienne. Il m'a été répondu affirmativement, et méme il a été fait allusion au bon eflìet que produirait partout une telle mesure qui serait prise également en Italie. J'ai fait observer que ce n'était pas la première fois qu'on annonçait, sur la rive gauche du Mincio, un désarmement qui n'avaU jamais été exécuté d'une manière sérieuse; que d'ailleurs l'attttude de l'Autriche, soit en Allemagne, soit sur le Danube, soit à Constantinople, soit à Rome, n'indiquait nullement des vues pacifiques à notre égard; ,et que notre Ministère avait oependant, dès la fin de l'année dernière, opéré des licenciements partiels dans l'armée, sans toucher toutefois aux cadres.

Le Prince Gortchakow ajouta qu'il hésitait d'autant moins à precher dans ce sens, qu'H ne cessait de tenir le meme langage, peu écouté il est vrai, en Russie, où les généraux ne voulaient pas affaiblir les cadres, quoique ce fut cependant le seul moyen de procéder à de notables économies.

A propos du bruit colporté par les journaux de démarches récentes pour la réunion d'un Congrès, l'Empereur lui-mème m'a dit que la nouvelle n'avait aucun fondement. Dans ces derniers temps du moins, aucune communication à ce sujet n'avait été faite à son Gouvernement.

En accusant réception et en remerciant V.E. de sa dépéche du 18 juin

(cabinet) n. 18 ... (1).

(l) Launay era incaricato di rimettere al principe ereditario russo il collare dell'Annunziata (cfr. r. confidenziale 39, pari data, che non si pubblica).

(l) -Cfr. n. 81. (2) -Cfr. n. 85.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 270. Madrid, 23 luglio 1865, ore 12,35 (per. ore 15,30).

Ministre des affaires étrangères m'a communiqué résu1tat de la négociation et m'a chargé verbalement de remercier V. E. pour la courtoisie employée. Ministre des affaires étrangères attend connaitre choix de l'envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire italien pour publier nomination Ulloa dans la Gazette.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI

(Ed. in LV 8, pp. 162-163)

D. 7. Firenze, 23 luglio 1865.

J'ai pris connaissance avec intérèt de vos rapports n. 79, du 12 Juillet et 80 du 16, ainsi que de vos dépéches télégraphiques du 11 et du 15 (2). J'approuve entièrement le langage que vous avez tenu à M. Bermudez de Castro, et je vois avec plaisir que nos déclara.tions ont été comprises et appréoiées.

En effet, S.E. le Ministre des Affaires Etrangères de la Reine a adressé le 12 de ce mois à M. Zarco del Valle, Chargé d'Affaires d'Espagne à Florence, une dépéche dont ce représentant m'a 1aissé copie (3), et qui répond d'une manière satisfaisante aux observations que, d'après les entretiens que vous aviez eus avec M. Bermudez de Castro, j'avais cru opportun de faire dans la dépéche que je vous ai adressée le 5 Juillet (4).

Dans celle qu'il adresse à M. Zarco del Valle, M. Bermudez de Castro nous donne l'assurance des sentiments amicaux sous les auspices des quels l'Espagne rétablit avec nous ses relations, et s'associe à nos vues sur la portée de l'acte de la reconnaissance.

Le Ministre des Affaires Etrangères de la Reine allègue la conclusion de la Convention du 15 Septembre camme un des faits qui ont influé sur les résolutions actuelles de l'Espagne; mais admettant la justesse des remarques que nous avait suggérés l'éventualité où il se fonderait sur cette considération dans ses communications officielles, il déclare ne pas méconnaitre que l'accomplissement et l'interprétation de la ConV'ention du 15 Septembre concernent exclusivement les deux Puissances contraotantes. Je ne crois dès lors pas nécessaire de revenir sur ce sujet.

Veuillez donc, M. le Baron, assurer M. Bermudez de Castro de la parfaite réciprocité de sentiments avec laquelle le Gouvernement du Roi répond à ceux que S.E. nous témoigne pour l'Italie, et lui exprimer la confiance où nous sommes que le rétablissement de rapports réguliers entre les deux pays sera également avantageux à l'un et à l'autre.

Je me réserve de vous annoncer très prochainement par le télégraphe le choix du personnag.e qui sera chargé de l'honorable mission de notifier officiellement à S.M. la Reine le titre de Roi d'Italie pris par Notre Auguste Souverain et de représenter l'Italie auprès du Gouvernement espagnol.

(l) -Cfr. n. 58. (2) -Cfr. nn. 98 e 102. Gli altri documenti non sono pubblicati. (3) -Cfr. LVB, pp. 155-161. (4) -Cfr. n. 91.
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L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAVALCHINI GAROFOLI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 81. Madrid, 23 luglio 1865.

Stimo del mio dovere di rendere l'E.V. consapevole della soddisfazione addimostratami nelle sfere ministeriali per l'accordo raggiunto col nostro Governo. * Il Signor Generale O' Donnell, cui io fui jeri mattina a ritrovare, ebbe a mostrarsi meco oltremodo cortese, e m'intrattenne lungo lasso di tempo sulle cose spagnuole e nostre * (1). A proposito delle mene clericali e car1iste mi disse non averne timore sendone l'agitazione soltanto a fior d'acqua, mentre H fondo del mare nel quale sta navigando l'attuale amministrazione è colmo quanto mai. * M'incaricò specialmente di fare intendere al Governo del Re come quello di Spagna, operato il riconoscimento, desideri l'amicizia, l'accordo con noi, ond'entrambi calcare la medesima via di libertà.

Il Signor Bermudez de Castro mi ha letto jeri il dispaccio consegnato alla

E. V. dal Signor Zarco del Valle *; e lo trovai quale le indicazioni da lui datemi. l'altro giorno me lo facevano presagire. Nel punto della Convenzione del 15 settembre, il Signor Bernudez fu sempre meco troppo esplicito perché non dubiti

ch'era nella sua prima intenzione d'insistervi maggiormente, ma vado lieto che le dichiarazioni dell'E. V. abbiano valso a smuoverlo. Mi comunicò quindi i telegrammi seguiti col Signor Zarco per chiarire alcuna frase del dispaccio e per la nomina dell'Inviato italiano a Madrid. Aggiunse che solo aspettava ora di conoscere a questo riguardo la decisione definitiva dell'E. V. per pubblicare immantinente nella Gazzetta di Madrid la nomina del Signor U!lloa a Ministro Plenipotenziario a Firenze. Sperava di poterlo fare al più presto, e quantunque ei parta oggi per S. Ildefonso, mi disse che lascerebbe ordini perché, anche lui assente, si pubblicasse subUo il decreto se oggi o dimani giungesse la nuova della nomina del rappresentante italiano. Ma sovratutto * egli si professò riconoscente all'E. V. per la franchezza e la squisita cortesia impiegata dal nostro Governo per i negoziati, e mi richiese di trasmettere a V. E. l'espressione di questo suo sentimento *, locché ebbi già l'onore di compiere col mio telegramma di jeri.

(l) I brani fra asterischi sono editi con qualche modifica, in LV 8, p. 163.

108

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 274. Berlino, 24 luglio 1865, ore 16 (per. ore 20,15).

Entrevue du Roi de Prusse et l'Empereur d'Autriche a été décidée à Ratisbonne malgré opposition du Roi d'Hanovre; elle aura lieu à la fin de juHlet à Salzbourg ou Gastein. Empereur d'Autriche aurait insisté disant que l'entrevue était d'autant plus nécessaire que les deux Gouvernements se trouvaient le plus en désaccord.

109

IL MINISTRO A WASHINGTON, BERTINATTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R.R.S.N. Washington, 28 luglio 1865..

Dall'epoca in cui, per impedire la presa di possesso mercé pagamento per parte del Governo Federale delle nostre fregate corazzate, io tenni al Seward quel linguaggio che venne altamente approvato dal Ministero, sino a quella in cui, per ispiegare i motivi che c'indussero a riconoscere l'Impero del Messico, io parlai al medesimo nel senso che è noto alla E.V. e che fu ugualmente approvato, io non potei mai dissimulare a me stesso come la presenza dei Francesi al Messico potesse esser causa, o .tosto o tardi, di complicazioni e di imbarazzi tra quella potenza e gli Stati Uniti, e qual condotta io dovessi conseguentemente tenere in ordine a siffatta quistione per impedir che il GoVJerno del Re venisse a provar, a sua vicenda e per indiretto gli effetti di quelle medesime complicazioni.

Non è mestieri che io soggiunga che, se io ebbi l'occhio anzitutto agli interessi del mio Governo, non preterii però occasione onde giovare alla Francia medesima, e specialmente al nostro augusto alleato, al quale mi parve esser buona politica il risparmiar, potendolo, le collisioni da questa parte dell'Atlantico, perché abbia disponibili dall'altro tutte le sue for:z,e, onde, può darsi, che possiam quando che sia, abbisognare di nuovo.

Checché ne sia, si volle or son pochi giorni, far credere che per noi si tratti in certe eventualità previste dall'Imperator dei Francesi, far nel Messico, e di concerto con lui quel che abbiam fatto in Crimea. Tal voce, che mi si disse esser stata mandata attorno da qualche giornale, venne riferita dal Marsh a questo Governo. Ebbi in conseguenza un'amichevole conferenza col Seward cui cercai di provare l'improbabilità di tal cosa. Quindi entrammo di proposito nella quistione messicana, nella dottrina di Monroe, ,e nella polLtica generale degli Stati Uniti. Il Seward si mostrò conciliante, e desideroso di evitar immediati o non lontani conflitti. Gli dissi che in quest'ordine d'idee io credevo, che il mio Governo, anziché pigliar parte a combinazioni politiche capaci di farli nascere, avrà piuttosto adoperato la sua amichevole influenza onde antivenirle. Tale essere la mia persuasione dopo i dispacci ricevuti pel corso di 10 anni, dacché ho l'onore di rappresentarlo agli Stati Uniti, dietro le istruzioni datemi durante la ribellione, e pel fatto d'avermi costantemente mantenuto in questa stessa missione, mentre sapevasi che io era solo o quasi solo fra i mi,ei colleghi, ad appoggiar colle mie simpatie il Governo federale. Il Seward risposemi: • Tutti sanno la vostra condotta, e tutti, governo 'e popolo, v;e ne sanno buon grado •. Quindi continuò: • Voi sapete, la lettera secreta, (e che non vedrà forse mai la luce) che il Thouvenel mi scrisse in nome dell'Imperatore. Voi conoscete la missione confidenziale che io diedi all'Arcivescovo di New York, Monsignor Hughes, per l'Europa. Voi non ignorate quanto feci intendere al Colonnello Cipriani, allorché pranzai con lui in casa vostra, onde lo facesse conoscere all'Imperatore Napoleone. Or bene; io vi pregherei di fare una escursione voi stesso al di là dell'Atlantico per rendere un servizio agli Stati Uniti, al vostro governo, ed a

quello della Francia. L'esser di recente maritato vi dà l'occasione di far quel che si dice un viaggio di nozze, e quindi di riempir·e una missione che non potrà in nessun modo essere conosciuta. Io voglio valermi dell'influenza del vostro governo, della vostra amicizia, e della confidenza che m'avete sempre ispirata, e della facilità colla quale potete interpretar le mie idee, onde far oerte comunicazioni all'Imperatore Napoleone, che non saprei come farle altrimenti pervenire alle sue orecchie •. Dissi al Seward di far chiedere un congedo ad hoc all'E.V. e mi mostrai interamente disposto a fare quanto pote,va essere di comune utilità.

Rividi il Seward-nel dì seguente a quello in cui questa importante conversazione ebbe luogo, e mi ripeté le stesse cose, soggiungendomi che aveva reso conto del nostro colloquio al Presidente Johnson, il quale aveva interamente approvato la proposta fattami da lui, e cominciava intanto dal ringraziarmi per le buone disposizioni da me mostrate nell'interesse del Gov;erno Federale.

Posto che l'E. V., come ben spero, approvi la mia condotta, nelle attuali circostanze, io crederei molto conducente al proposito che la R. Legazione in Parigi fosse fin d'ora informata, ed in modo riservato di quanto mi venne proposto, e che mi desse all'occorrenza quell'appoggio che è in grado di darmi onde io possa adempiere con successo la mia confidenziale missione.

Non è necessario ch'io aggiunga quanto mi saranno utili non men che indispensabili le istruzioni che l'E. V. vorrà darmi a questo stesso riguardo, sia che Ella creda che io debba immediatamente recarmi a Firenze prima di dar opera alle mie comunicazioni all'Imperator de' Francesi, sia che giudichi più speditivo ch'io cominci dal far queste direttamente, e poscia mi rechi dalla E. V. per renderle conto del mio operato.

Qual sia il tenore delle comunicazioni che io debbo fare nol saprei in giornata, attesoché il Seward, che è partito per la campagna, sta appunto preparandole onde siano pronte allorché avrò il congedo, e sarò in grado di partir per l'Europa.

P. S. -Confermo quanto dissi nella mia poscdtta, in ordine al Signor Cantagalli nell'antecedente dispaccio confidenziale, qualora l'E. V. non abbia a sua disposizione immediata chi possa venire a Washington per far le mie veci durante il mio temporario congedo.

110

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 224. Firenze, 31 luglio 1865, ore 13,20.

Veuillez m'informer si circulaire française sur mission Vegezzi, dont parle Europe Francfort existe et quelle en est teneur.

111

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 297. Parigi, 31 luglio 1865, ore 17,36 (per. ore 19,05).

En l'absence de M. Drouyn de Lhuys M. de Banneville m'a dit qu'il y avait en effet un petit bout de circulaire constatant l'attitude du Gouvernemelllt français à l'égard des négociations Vegezzi. Cette attitude aurait été de se tenir à l'écart tout en faisant connaitre le désir qu'elles pussent aboutir. Je vous préviens pour toute bonne fin que l'absence de Drouyn se prolongera jusqu' au 12 aoùt (1).

(l) Il contenuto di questo telegramma venne esposto più ampiamente nel r. 221 del 2 agosto di cui si pubblica solo il brano seguente: • la circolare farebbe inoltre risultare il vantaggio che risulta dal solo fatto dei negoziati stessi, la cui sospensione lascia del resto la possibilità di future trattative •·

113

ISTRUZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, PER IL MINISTRO DESTINATO A MADRID, TALIACARNE

Firenze, ... luglio 1865 (1).

Comme je Vous l'ai annoncé par le télégraphe, Vous ètes chargé par Sa Majesté de l'honorable mission d'aUer représenter le Gouvernement du Roi auprès de celui de S. M. la Reine d'Espagne.

En présentant à la Reine les lettres de notification du titre pris par S. M. Notre Auguste Souverain ainsi que vos lettres de créance, que vous ,trouverez ci-jointes, avec les copies d'usage, Vous Lui exprimerez le désir du Gouvernement du Roi que les meilleures relations se consolident entre les deux Couronnes et les deux nations, ainsi que les voeux que le Roi et Son Gouvernement forment pour le bonheur de la famille Royale d'Espagne et pour la prospérité de ce noble pays. Vous vous inspirerez d'ailleurs dans cette circonstance du contenu mème des lettr,es royales.

Vous aurez à faire preuve dans vos rapports soit officiels soit personnels avec les hommes d'Etat espagnols de cet esprit de modération et de rectitude, de cette sincéri:té de langage, de cette réserve rigoureuse à l'égard de toutes les affaires intérieures du pays, que le Gouvernement du Roi regarde comme la première règle de conduite pour ses Agents diplomatiques, et qui sont nécessaires en Espagne plus peut-étre qu'ailleurs, à cause de l'activité qu'y déploient les partis et des complications qu'y présente souvent la politique à l'intérieur. Votre langage et Vos actes s'inspireront sans cesse des sentiments d'amitié que nous désirons voir s'affirmer de plus en plus entre les deux nations et Vous mettrez tous Vos soins à ce que les bonnes relations entre elles regagnent promptement ce que l'interruption des rapports politiques entre nos Cabinets a pu leur faire perdre. Plus l'Italie a mis de soin à s'abstenir par dignité de toute avance dans

la période à laquelle la résolution si sage du Cabinet actuel vient de mettre fin, plus elle se sent à l'aise aujourd'hui pour témoigner au Gouvernement Espagnol sa confiance dans les bonnes dispositions qu'il lui témoigne et son empressement à y répondre avec la plus parfaite réciprocité. Nous considérons en effet l'interruption qui a eu lieu dans nos rapports politiques comme le résultat de circonstances particulières que le Gouvernement Espagnol a pu sentir peser sur lui, et dont nous le félicitons de s'ètre affranchi. Je ne doute pas,

M. le Ministre, que Vous ne Vous acquittiez de votre nouvelle tàche avec le zè1e et le dévouement que le Gouvernement du Roi a trouvés jusqu'ici en Vous.

Le peuple italien et le peuple espagnol sont de mème race; tous deux ont soutenu pour leur indépendance des luttes héro'iques; tous deux ont le culte de l'honneur national et l'orgueil patriotique d'une race dont les destinées ont été grandes et le seront ,encore; tous deux ayant joui d'une prospérité et d'une civilisation exceptionnelles au moyen àge, ont à réaliser aujourd'hui les progrès

nouveaux dans lesquels d'autres nations les ont dévancés à leur tour. L'Espagne à plusieurs égards nous a donné des exemples dont elle doit reconnaitre la trace dans ce qui s'est passé récemment en Italie. Comme nous venons de le faire, elle réunissait jadis ses provinces pour constituer cette puissance espagnole, qui a ja.té tant d'éclat, et de notre temps nous l'avons vue suivre non sans tatonnements et sans difficulté, mais aussi avec persévérance les voies de la liberté constitutionnelle. Qu'il soit permis à l'Italie d'aspirer de son còté à ce que la pratique sage et régulière chez elle de ces memes libertés, à ce que l'expérience des résultats obtenus par l'abnégation et l·e dévouement de tous à la patrie commune, en déhors de toute préoccupation de parti ou de forme politique, ne

soient pas sans exercer quelque heureuse ·influence sur l'esprit public de l'Espagne, et que les deux peuples, inaugurant une ère nouvelle dans l'histoire des races latines. marchent ensemble à la réalisation d'une liberté sans trouble et d'un progrès sans secousse.

Vous trouverez, j'en suis convaincu, dans la grande majorité de l'opinion publique de vives sympathies pour la cause de l'Italie et pour les principes que nous r.eprésentons, et le Cabinet espagnol vient de donner la preuve qu'il partage ces sympathies et qu'il sait y conformer la politique de l'Espagne. Vous vous attacherez donc à entretenir avec les hommes marquants des diverses fractions du parti libéral des relations empreintes de la cordialité que doiv•ent ressentir les uns pour les autres l·es citoyens des deux péninsules, et soigneusement exemptes, bien entendu, de tout exclusivisme, de toute préférence meme qui soit de nature ,à exciter la défiance. Ce n'est point à tel ou tel parti, c'est à l'Espagne que s'adressent les sentiments dont l"Italie compte que Vous saurez etve l'organe, et si aujourd'hui le parti qui se préoccupe le plus des intérèts ecclésiastiques a pu, mal éclairé sur notre politique, ou entraìné par des passions qui ne nous émeuvent point, oubUer les liens communs qui doivent unir les deux pays, nous pensons que le temps n'est pas loin peut-etre où dans ses rangs memes tous les hommes de bonne foi rendront justice à la conduite que nous tenons, conduite qui doit favoriser en les affranchissant les uns des autres les intérets de la religion et ceux de la politique.

C'est .en effet un grave malentendu sur les effets de la politique de l'Italie dans l'ordre religieux qui a été, avec des considérations dynastiques que nous compr•enons, la cause réelle de l'interruption des bons rapports entre nous. L'Italie n'a pas oublié que lors de la guerre de 1859 la nation espagnole se montrait sympathique à notre mouvement d'indépendance, bien que certaines influences s'étudiassent à l'inquiéter sur les suites de la guerre. Ces suites, en fait, s'étendirent plus qu'on n'avait di't le prévoir, mais n'est-il pas vemarquable que ce furent précisément nos ennemis qui rendirent impossible la neutrali:té des autreSi territoires italiens, neutralité désirée en général par l'Europe, mais anéantie politiquement par l'espèce de vassalage où l'Autriche avait réduit ces Etats, militairement par l'occupation autrichienne elle-meme? Aussi en novembre 1849 le Gouvernement de la Reine manifestait amicalement au Gouvernement du Roi la confiance que la nouvelle situation se régulariserait, du consentement du Saint-Siège lui-meme. Sans revenir sur les événements accomplis dans le Sud

de la péninsule, nous pouvons dire en passant qu'ils portent le mème caractère d'inévitable fatalité et que la force des choses y a dominé incomparablement la volonté des hommes. Mais c'est la question des possessions territoriales du Saint-Siège qui a été surtout le motif des appréhensions, puis de l'hostilité morale du Gouvernement Espagnol. Il semblait à l'Espagne que des convenances morales d'ordre supérieur, convenances qu'on croyait mises en question, celles de la sauvegarde des intérets catholiques, dussent prévaloir mème contre les impossibilités pèatiques que les événements avaient démontrées. Cependant peu à peu 1es puissances les plus conservatrices, se rassuraient sur le caractère et la portée de notre rénovation intérieure: le bon sens général éliminait des questions politiques pendantes les intérèts religieux qui n'en dépendent point et reconnaissait la grandeur et la légitlmHé de cette ambition d'un peuple catholique qui veut recouvrer son entière liberté civile et politique, d'un peuple libéral qui veut donner à l'Eglise une indépendance plus précieuse que ses privilèges, en conservant au Saint-Siège ce qu'il y a de plus sacré et de plus respectable dans la souveraineté dont il est investi. Le Gouvernement Espagnol à son tour, instruit par la suite de notre politique et par les éclaircissements que nous avons souvent donnés sur le respect que les pouvoirs publics professent en Italie à l'égard des questions religieuses, sur l'incompétence mème où ils reconnaissent ètre pour les définir ou les résoudre, a commencé à faire et fera de plus la part des droits incontestables qu'a politiquement un peuple à la p1eine et entière possession de lui-meme, la part de l'indépendance absolue dans laquelle savent se maintenir à cet égard, comme l'Espagne l'a montré, les nations qui ressentent

et qui veulent inspirer le respect d'elles-memes.

Je crois entièrement superflu, M. le Ministre, de démontrer qu'en ces matières ecclésiastiques où en vertu de l'ancien droit public le pouvoir civil, et le pouvoir religieux sont encore actuellement liés l'un à l'autre, la ligne de conduite du Parlement et du Gouvernement ne s'est point écartée je ne dirai pas des limites jusqu'où les autres Gouvernements ont cru pouvoir aller, mais meme d'égards spéciaux dus à la présence du Saint-Siège au coeur de l'Italie et à la situation particulièrement délicate qui en résulte. Je ne crois pas qu'aucun des pays qui dans les temps modernes ont entrepris l'reuvre ardue mais indispensable de la réforme des rapports de l'Etat avec l'Eglise y ait apporté les précautions, les ménagements et, s'il m'est permis de le dire, les lenteurs, avec lesquels le Gouvernement du Roi depuis 1848 a dénoué peu à peu les attaches qui enchainaient l'un à l'autre, à leur détriment commun, le pouvoir re1igieux et le pouvoir civil. Celui-ci ne saurait ètre accusé chez nous d'avoir excédé ses attributions ou empiété sur le domaine qui doit etre réservé aux pasteurs des consciences, et ce reproche pourflait lui etre adressé parla nation espagnole moins que par toute autre, puisque l'Epagne a conservé à l'autorité civile, en matière épiscopale ,surtout, des prérogatives plus étendues que celles auxquelles les évéques sont soumis aujourd'hui en Italie. La réforme capitale que tous les Gouvernements se sont crus en devoir depuis le siècle dernier d'apporter à leur législation en ce qui concerne la faculté jadis concédée à l'église de posséder des biens de main morte, a été depuis longtemps opérée par l'Espagne avec une hardiesse et un succès qui ont inspiré à des hommes d'état éminents en Italie la pensée d'imiter le mode de désamortisation appliqué par elle, tandis que ce n'est que dans la deuxième législature du Royaume d'Italie qu',après les études et avec la maturité qu'exige cet imposant objet, la meme question aura été réglée chez nous. L'Espagne qui a rencontré tant de difficultés dans ses rapports avec le Saint-Siège, et dont le Gouvernement sous la Souveraine régnante est resté onze ans sans etre reconnu à Rome, est à meme d'apprécier exactement le mérite de l'esprit de transaction et de ménagement dont l'Italie n'a pas cessé de faire preuve.

D'ailleurs, après les démarches faJtes récemment par 1e Saint-Siège auprès du Gouvernement du Roi et après l'acceuil fait par Sa Majesté et par nous, avec l'approbation marquée de l'opinion publique, aux ouvertures pontificales, il n'est plus possible de contester que sur le terrain religieux une entente ne soit plus facile pour le Saint-Siège avec l'Ita1ie qu'avec aucun des autres pays catholiques. Les difficultés politiques qui, bien qu'étrangères en elles-memes aux négociations qui viennent d'avoir lieu entl"e Rome et noUis, ont pu par des circonstances spéciales s'y meler et en retarder la conclusion, * pourront etre levées un jour, e't nous désirons qu'il en soit ainsi * (1). Des dispositions plus complètes, fondées sur le principe toujours invoqué en vain à Rome depuis mille ans, de la liberté de l'Eglise, seront prises par le Gouvernement du Roi, il l'a formellement déclaré, lorsQue les empechements résultant de la situation politique de la Cour de Rome ne s'y opposeront plus en Italie comme ils s'y sont opposés jusque ici dans toutes le monarchies. Loin donc de marcher à un abaissement quelconque du prestige et des droits de l'Eglise, ritaUe ~est en chemin de les rétablir dans leur intégrité, et nous prévoyons que si jamais il y avait lieu à des échanges de vues entre l'Italie et les autres Gouvernements catholiques sur la situation faite chez eux à l'Eglise par le contre-coup de la si,tuation qui lui aura été faite en Italie, ce pourrait etre principalement à cause des difficultés que pourrait paraitre présenter ailleurs l'ex,emple des concessions sans précédent dans le passé que l'Ltalie aura accordées à l'Eg1ise Catholique.

Le Gouvernement du Roi sera toujours pret d'ailleurs, et il l'a constamment déclaré, à reconnaitre l'importance qu'il y a pour les autres puissances à ce que l'indépendance et la liberté entière de l'exercice à l'autorité spirituelle du Saint-Siège envers leurs sujets soit garantie du céìté de l'Italie par des moyens sùrs et efficaces, plus sùrs et plus ef:ficaoes, ajouterai-je, que ceux au maintien desquels a été employé presque depuis la restauration l'occupation étrangère dans les Etats pontificaux. C'est là le point véritable qui dans les affaires de Rome intéresse la catholicité; et là dessus le Gouvernement du Roi,

je le répète, accueillera toujours avec égard les justes observations de ces puissances, et mettra un soin particulier à s'entendre avec elles. C'est avant tout dans son propre intéret que le GouV1ernement du Roi en agira ainsi, car sa responsabilité dans ses relations extéri.eures et son indépendance dans sa politique à l'intérieur seraient trop gravement compromises si, par suite d'une

sujétion quelle qu'elle fUt de l'autorité ecclésiastique envers lui, il donnait le spectacle funeste de l'emploi des influences religieuses au profit de sa politique, comme le passé a donné le non moins triste spectacle de l'emploi du bras séculier au profit de la religion. L'immense majorité des Italiens considère comme la plus décevante des ambitions, celle de reconstituer en sens inverse cette union ou pour mieux dire cette confusion du pouvoir religieux et du pouvoir politique qui n'a fait nulle part plus de mal qu'en Italie; et notre propre intérét est en ceci le meilleur gage que nous puissions donner de notre politique à venir.

Quant à la situation politique des provinces romaines et aux rappovts réciproques entre la Cour de Rome et ses sujets, le principe que l'Italie fera prévaloir constamment et préservera aussi efficacement qu'il sera nécessaire contre toute atteinte, c'est celui de non intervention. Il n'est pas inutile de rappeler à ce sujet, M. le Ministre, qu'il n'a jamais été admis, et que la prétention n'avait meme jamais été élevée depuis l'origine du droJt public moderne jusqu'à ces derniers temps, que les puissances catholiques eussent le droit comme telles de prendre parti dans les différends entre la Cour de Rome et ses sujets. Lorsque nous avons vu ces interventions avoir lieu, ce fut avec le caractère d'un fait spécial se rattachant à la politique particul.ière de telle ou telle puissance, mais jamais avec un caractère collectif d'où l'on put conclure à un droit d'ingérence pour cause religieuse. C'est ce qui fut constaté très nettement en 1849 dans les Conférences de Gaète, où la France n'admit point d'inrtervention collective à Rome et se réserva de régler la situation dans des vues libérales et conformes aux intéréts du peuple romain. Il n'est pas besoin de rappeler

que la meme chose arriva lorsque cette question fut posée de nouveau en 1861 par l'ambassadeur d'Espagne à Paris qui parlait, comme celui d'Autriche, d'employer l'action des puissances catholiques à établir que la capitale du monde catholique appartient aux nations catholiques. Le Ministre des Affaires Etrangères de France détruisit par une réponse ferme autant que mesurée cette théorie recente qui faisait des Etats du Saint-Siège une propriété de main morte affectée à la catholicité tout entière, et fit sentir l'étroite connexité entre la régularisation des faits qui ont si considérablement modifié la situation de la péninsule, et la solution à donner à la question romaine. Le méme poinrt de vue a présidé à la conclusion de la Convention du 15 Septembre 1864, à laquelle aucune autre puissance n'a été appelée à prendre part avec celles qui étaient intéressées en fait à régler cette question d'occupation territoriale. Le Gouvernement du Roi n'admet aucune restriction à ce principe. Les deux puissances contractantes ont réservé pour certaines éventualités leur liberté d'action, mais elles n'ont admis, et l'Italie n'admettra pour aucune éventualité et dans aucun cas l'ingérence d'une autre puissance.

Je n'insiste pas davantage sur ce sujet. Les communications échangées entre le Cabinet de Madrid et nous à propos de l'acte de la reconnaissance de l'Italie, ont défJni cette question dans ses véritables termes, et j'ai vu avec plaisir que le Gouvernement Espagnol a reconnu la justesse de notre manière de voir à l'égard de la convention du 15 Septembre et de la situation qu'elle a eu pour objet de régler.

C'est donc sans risque d'ombrage réciproque sur ce sujet si délicat et si difficile que les deux Gouvernements inaugurent leurs bonnes relations.

Vous Vous bornerez toutefois à cet égard, M. le Ministre, à suivre les directions que je me réserve de Vous adresser en temps opportun, en vous abstenant de faire sans nécessité des déclarations en général inutiles. Vous réglerez du reste à l'occasion Votre langage sur celui que tient le Gouvernement du Roi dans ses dépeches récentes au Baron Cavalchini en dans les instructions présentes, mais sans rechercher des discussions à ce sujet et en observant la plus grande réserve possible.

Pour épuiser ce qui touche à l'acte de la veconnaissance, si l'on Vous fait à Madrid des ouvertures relatives au règlement des réclamations de certains Princes appartenant aux familles déchues, pour la 11estitution de biens qu'ils disent avoir un caractère privé, Vous pourrez déclarer de nouveau que le Gouvernement du Roi n'a jamais eu la pensée, comme il l'a assez fait connaìtre, de s'appropr.ier ceux de ces biens qui auraient réellement ce caractère, mais que si des constatations sur la nature des biens dont il s'agit, faites dans les formes régulières et légales, les fait reconnaitre comme des biens particuliers de ces familles, ce que la justice pourra demander sera fait. Il va sans dire que le Gouvernement du Roi réserve entièrement sur ce point la compé

tence respective du pouvoir ~législatif et du pouvoir judiciaire et que les com

munications qui auraient lieu entre le Cabinet de Madrid et nous sur cette

question, qui est d'ordre intérieur, n'auraient naturellement qu'un caractère

officieux.

En ce qui concerne notre politique vis à vis de l'Autriche, politique sur

la modération et la fermeté de laquelle nous ne pourrions rien dire qui ne

fut déja connu, il n'est pas déraisonnable de conjecturer que la puissance qui

a donné au monde l'exemple de l'abandon de Saint Domingue, comme l'Angle

terre s'est désintéressée des Hes ioniennes, pourra un jour employer son in

fluence dans l'intéret du repos et de la stabilité de l'Europe, pour la solution

de la question vénitienne. Il est vrai que l'Espagne en raison de sa situation,

reste ordinairement, pour ainsi dire, en dehors des agi,tations de la poHtique

du continent. Mais précisément à cause de l'indépendance que lui donne cette

situation, ses affinités de race et de principes avec la nation j,talienne peuvent

se traduire plus librement, et la cause qui a reçu des grandes puissances occi

dentales des encouragements et des appuis signalés en bien des c1irconstances

trouvera sans doute dans l'Espagne que tant de bons rapports relient à la

France et à l'Angleterre une arnie de plus.

La communauté de nos intérets dans la Méditerranée, l'importance de nos

colonies et de notre influence respective dans l'Amérique du Sud, où nous

sommes les deux puissances qui comptent le plus de nationaux et qui sont

appelées à développer le plus de relations, ce sont là encore des puissantes rai

sons pour que l'Espagne et l'Italie ne se séparent point dans les affaires géné

rales de l'Europe. Tous ces éléments déterminants prévaudront désormais, j'en

ai la confiance, auprès du Cabinet de Madrid, sur les conseils d'une politique

de systèmes et de partis, qui en associant sans raison l'Espagne aux destinées douteuses de l'Autriche, constituent pour la monarchie espagnole un péril san& profit au dedans ,et au dehors.

Je n'ai pas de plus amples éclaircissements à Vous donner ici sur la politique du Gouvernement du Roi; ceux que je Vous ai adressés à Lisbonne sur la marche successive de nos affaires ,extérieures sont suffisants pour Vous servir de règle jusqu'à nouvel ordre dans la résidence où Vous etes. Je confie donc sans autre recommandation à Votre tact et à Votre prudence la direction des affaires politiques dans ce poste important, où Vous aurez soin de suivre avec attention et de me faire connaitre en détail la marche des événements et les progrès de l'opinion libérale et arnie de l'Italie.

Vous trouvel'eZ dans les archives de la Légation les pièces relatives aux affaires spéciales en cours et le Baron Cavalchini Vous donnera à cet égard toutes les informations nécessaires. L'une de ces affaires, celle des archives napolitaines qui furent refusées aux Consuls du Roi par les agents espagnols à qui elles avaient été remises par ceux de François II, avait pris une gravité plus facheuse qu'on ne pouvait le prévoir, et entraina en 1861 le rappel du Baron Tecco de Madrid, mais elle ne peut plus etre en ce moment l'objet d'aucune difficulté, et le Gouvernement Espagnol s'empressera sans doute de faire opérer la consignation par les agents espagnols aux agents du Gouvernement du Roi de toutes les archives des anciens consulats napolitains. Vous voudrez bie~ éviter jusqu'à nouvel ordl'e de prendre l'initiative d'aucune réclamation à cet égard auprès de S. E. M. Bermudez de Castro.

Nos rapports commerciaux avec l'Espagne pourraient avoir une grande extension et contribuer dans des proportions considérables à la prospédté des deux pays, malgré la similitude de leurs productions respectives. Mais en raison meme de cette similitude les relations entre les deux Royaumes, dont les ports sont pou!'tant si voisins, ne pourront acquérir leur développement na,turel que sous l'influence de conditions moins restrictives que celles auxquelles l'Espagne assujettit notre commerce en matière de navigation indirecte, de cabotage et meme de tarif douanier. Il serait hautement désirable qu'un Traité de Commerce et de navigation fùt conclu entre l'Italie et l'Espagne. Je me réserve de Vous transmettre à cet égard des instructions précises et formelles, mais Vous pourrez, en attendant, si l'occasion vient à se présenter, préparer les vo,ies. Les Conventions actuellement en vigueur entre l'Espagne et nous doivent naturellement etre renouvelées pour etre mises en harmonie avec celles que le Royaume d'Italie a conclues depuis quatre ans avec les autres Etats. Dans ce nombre je signale particulièrement à Votre attention la Convention postale du 29 Septembre 1851 qu'il y a urgence à renouveler sur la base des principes établis dans la Conférence internationale de Paris en 1863. Les Conventions de 1851 et de 1857 pour l'exécution des arrets judiciaires et l'extradition des malfaiteurs devraient etre aussi modifiée d'après l'état actuel des deux législations et le système des conventions analogues conclues récemment par le Royaume d'Italie avec d'autres Puissances. La Convention consulaire et celle pour la garantie de la propriété littéraire et artistique, quoique conclues récemment, pourraient-elles aussi ètre modifiées. Je Vous indiquerai bientòt sur quelles

bases, à notre avis, ces modifications devraient etre établies quand Vous m'aurez fait connaitre les dispositions du Gouvernement Espagnol à cet égard.

Les sujets italiens établis en Espagne sont nombreaux et nous avons des intérets privés considérables à protéger dans ce pays. Le système actuel de nos Consulats, assurément incomplet, demande pour étre réorganisé des études, pour lesquelles je compte en partie sur votre activité éclairée.

J'ai la confiance, M. le Ministre, que Vous saurez représenter dignement et utilement l'Italie dans Votre nouvelle résidenoe.

113.

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 41-42 .e in CHIALA, pp. 8-10)

L. P. Firenze, 4 agosto 1865.

Dopo che ella è partita da Firenze venne da me due volte il Ministro di Prussia. Egli non mi leggeva, né credo avesse ricevuto note diplomatiche ma con telegrammi alla mano del suo Primo Ministro Bismarck, mi chiedeva la prima e mi faceva maggiore premura la seconda di dichiarare quale sarebbe stato il contegno dell'ItaLia, nel caso probabile d'una guerra fra la Prussia 'e l'Austria. Come ella si può immaginare io ho ricevuto queste comunicazioni colla massima riserva, e anzicché dimostrare la mia interna soddisfazione, per un evento cosi favorevole ai nostri destini, sollevai dubbi e difficoltà certamente non infondate, ma nello scopo principalmente di guadagnare tempo.

Se il Governo Prussiano dissi al Ministro D'Usedom ha seriamente intenzione di muover guerra all'Austria, ci faccia una proposta seria e formale noi l'esamineremo, ma se si tratta soltanto di servirsi d'una nostra dichiarazione per fare una pressione diplomatica sull'Austria in favore della Prussia, ciò non ci conviene.

Siccome a questa mia osservazione, il Ministro D'Usedom venne nella seconda visita a ripetermi che la Prussia era decisa di far la guerra all'Austria, gli dichiarai senz'altro che noi non potevamo prendere impegno senza conoscere quali fossero le intenzioni dell'Imperatore dei Francesi, e non esitai per anco a suggerirgli che il Governo Prussiano ne facesse altrettanto.

• Voi capite -replicai a d'Usedom -di quale importanza sia, per noi e anche per voi, sapere se la Francia sia favorevole o contraria a quella guerra; *e se la Prussia soggiunsi, sapesse fare qualche sacrifizio nelle sue Provincie Renane, l'esito della guerra non sarebbe più dubbio, e la Prussia troverebbe larghi compensi, nello Schleswig non solo ma nell'annessione di qualche stato secondario, che sparire dovrebbe dalla carta troppo complicata della Germania * (1).

Ripetei a più riprese al Ministro Prussiano che noi dobbiamo andare molto cauti nell'impegnare una nuova guerra all'Austria; in quanto che siamo persuasi che sarà una guerra à outrance. L'Austria cercherà naturalmente di distruggere l'Italia, e noi non potremo rimetteve la spada nel fodero, finché l'Austria non avrà più un soldato ,in Italia, * e sarà ridotta al punto da non poterei più nuocere.

Di ogni cosa io tenni parola col Barone Malaret, il quale persuaso, a quanto mi parve dell'importanza della proposta prussiana anticipò di alcuni giorni la sua partenza per Parigi. Egli mi promise di recarsi subito da lei prima ancora di veder Drouyn de Lhuys o l'Imperatore. Io sono persuaso, come ella mi assicurava, che l'Imperatore dei Francesi desidera la pace; ma se l'occasione propizia gli si presenta di allargare la sua frontiera sul Reno, la potrà egli rigettare? Non è possibile. Nulla a mio avviso, può meglio consolidare la dinastia Napoleonica, che un aggrandimento della Francia sul Reno. Lo stesso Thiers, il più grande oppositore del presente Impero, mi dichiarava un giorno che se l'Imperatore riesciva in un modo, o nell'altro a strappare per la Francia la sua naturale frontiera sul Reno, egli si sarebbe rallié *.

Prima però di impegnarci colla Prussia noi non dobbiamo neppure escludere la supposizione che l'Austria vedendo da lungi il temporale che sta per piombargli adosso, e nell'impossibilità di rischiare una lunga guerra, collo stato disperato delle sue finanze e la confusione politica in cui si trova, si risolva finalmente a far sacrifizio della Venez,ia.

Ella avrà rimarcato, come tutti i giornali tedeschi ne parlino, e non vedendole smentire queste notizte comincio per credere anch'io che qualche cosa si tratti fra Vienna e Pavigi. Ella stia bene all'erta, perché potvebbe ancora essere un giuoco del Governo Austriaco, per sortire dalla presente difficol/Ìà. Nissuno è meglio di lei in posizione per giudicare la cosa.

Per meglio stuzzicare lo spirito bellicoso e l'amor proprio dei Prussiani dissi a d'Usedom che nissuno pigliava al serio le minacce della Prussia e l'Austria forse meno degli altri attesoché disarmava e appunto in questo momento.

Al Barone Malaret ho poi dichiarato a più riprese perché il Governo prussiano ne sia bene informato che qualora la guerra fra la Prussia e Austria venisse realmente a scoppiare, è impossibile che l'Italia non vi prenda parte. Nissun Governo lo potrebbe impedire.

(l) Le istruzioni sono prive di data. Taliacarne fu accreditato il 26 luglio.

(l) In una prima stesura, invece della frase fra asterischi, si legge « seront levées bientòt peut-étre nous voulons l'espérer, par des concessions nouvelles du Parlement d'Italie et de la Cour de Rome ».

(l) I Brani fra asterischi non sono editi in LA MARMORA.

114

IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Madrid, 6 agosto 1865 (per. L' ll).

*Par suite des ordres que V. E. m'a transmis avec son télégramme du 28 Juillet dernier (1), j'ai quitté Lisbonne le 31, et je suis arrivé à Madrid le 3 du courant.

Ce meme jour je me suis rendu avec M. le Baron Cavalchini chez le Ministre des Affaires Etrangères. M. Bermudez de Castro m'a fait un excellent accueil, et m'a exprimé à plusieurs reprises, de la manière la plus chaleureuse, le sincère et vif désir du Gouvernement espagnol de renouer avec celui de Sa Majesté les relations les plus cordiales * (1).

Le jour suivant le Ministre s'est empressé de me rendre ma visite, et dans le cours d'une longue conversation, il a particulièr.ement insisté sur les difficultés de toute nature, que le Cabinet actuel a eu à surmonter pour réussir à mener à bonne fin sa décision de reconnaitre le Royaume d'ltalie. Il m'a meme parlé d'une dépeche du Comte de Mensdorff datée du 21 Juillet dernier, dont le Chargé d'Affaires d'Autriche lui a donné lecture par ordre de so n Gouvernement. Cette dépeche qui avait pour but d'empecher la reconnaissance du Royaume d'Italie par l'Espagne, insinue que cet acte pourrait mettre en danger le tròne de la Reine, et tàche de convaincre le Gouvernement Espagnol que c'est uniquement le profond intérèt que porte la Maison d'Autriche au bienetre de l'Espagne et à la famille Royale qui lui a dioté ces observations amicales.

M. Bermudez de Castro a adressé le 3 du courant une dépeche au Ministre d'Espagne à Vienne en réponse à celle du Comte de Mensdorff. Comme ce document pourrait intéresser le Gouvernement du Roi, je me suis hasardé à demander la permission d'en prende lecture. M. Bermudez a paru beaucoup hésiter, mais enfin il y a consenti, et il m'a dit que si je voulais bien me donner la peine de passer samedi au Ministère des Affaires Etrangères, il me fournirait le moyen de satisfail"e à mon désir qu'il trouvait du reste fort nature!.

Mettant à profit ces bonnes dispositions de M. Bermudez de Castro, je n'ai pas manqué de me rendre hier chez lui à l'heure qu'.il m'avait indiquée. Ce Ministre m'a donné lui-meme lecture de la dépeche en question en en accentuant fortement les parties les plus saillantes. Terminée cette lecture j'ai hasardé une nouvelle tentative, cette fois-ci dans le but de pouvoir me mettre en mesure d'envoyer à V. E. la copie meme de la dépeche de M. de Bermudez, ou du moins quelques extraits de ses passages les plus importants. Le Ministre, après quelques nouvelles hésitations, m'a dit à peu près ceci: • Je veux bien vous remettl"e cette dépeche, mais si vous en faites des extraits, ou meme une copie, ce que je serais censé ne pas savoir, vous devrez prévenir votre Gouv.ernement que cette communication est strictement confidentielle, .et que par conséquent la dépeche n'est destinée, pour à présent du moins, à aucune espèce de publicité. J'en ai vivement remercié le Ministre, et j'ai emporté la dépeche: je m'empresse de transmettre ci-joint à V. E. la copie que j'en ai de suite fait faire (2).

J'ai en méme temps l'honneur de vous transmettre ci-jointe, M. le Ministre, la copie d'une circulaire se référant à la reconnaissance du Royaume d'Italie, que M. Bermudez de Castro a adressé le 2 courant à tous ses collègues, et qu'il m'a remis lui-méme (1).

M. Ulloa qui d'abord devait partir aujourd'hui, a retardé son départ jusqu'à demain à cause de ses affaires privées. Il s'arrétera quelques jours à Paris avant de se rendre à Florence.

ALLEGATO.

BERMUDEZ DE CASTRO A DE LA TORRE AYLLON

Madrid, 3 agosto 1865.

El Encargado de Negocios de Austria me ha dado lectura de un despacho que con fecha 21 de julio le dirige el Seiior Conde de Mensdorff y que a petici6n mia ha dejado en mi poder confidencialmente. Con el mismo caracter remito a V.E. adjunta una copia, para el caso de que V.E. ignare su contenido.

Es cierto que durante el ultimo Ministerio presidido por el Seiior Duque de Tetuan, la politica seguida por el Gobierno de la Reina respecto a la cuesti6n de Italia se encontraba basta cierto punto en armonia con la de Austria; pero no lo es menos que esta conformidad de miras no reconocia por origen ningun acuerdo ni estipulaci6n prévia por la cual ambas naciones se hubiesen comprometido a seguir una misma marcha politica en la cuesti6n de que se trata. Espaiia y Austria podian caminar de acuerdo mientras sus respectivos intereses asi lo aconsejasen; pero ninguna de las dos habia perdido su piena libertad de acci6n para separarse en esta o en cual-quiera otra cuesti6n politica cuando sus Gobiernos lo juzgasen conveniente. No me es facil, pues, comprender las razones que puedan absistir al Seiior Conde de Mensdorff, para asegurar que el primer acto de este Ministerio no ha respondido a sus esperanzas; esto pareceria implicar la idea de acuerdos preexistentes que en certa manera disminuyesen la acci6n independiente en que, tanto con respecto a este asunto como a los demas de su politica exterior, ha conservado y desea conservar el Gobierno de la Reina.

Muchos son los lazos de amistad y reciproca consideraci6n que unen a las dos naciones y mas estrechos son aun desde que el Gobierno del Emperador ha creido conveniente para el bien de sus Estados cambiar las antiguas instituciones del Imperio por otras muy semejantes a las que rigen en Espaiia; muchas son también las cuestiones politicas en que los Gobiernos de ambas naciones podran estar de acuerdo; pero no podrian asegurarse, en mi entender, como la asegura el Seiior Conde de Mensdorff, que la Espaiia tenga en Italia intereses identicos a los del Austria.

Sentimos viva y profunda simpatia hacia los Principes de la familia de Borb6n que han perdido sus Estados; hemos aguardado cuatro aiios para reconocer el Reino de Italia, en la esperanza de que nuevas eventualidades o un acuerdo de las Potencias Europeas resolviese de un modo definitivo esta cuesti6n tan complicada; pero cuando ese Reino de Italia se ha consolidado durante este periodo, cuando los intereses politicos y materiales de Espaiia aconsejan su reconocimiento, el hecho de prescindir de afectiones personales y de intereses puramente dinasticos, que en nada afectan sin embargo a la familia reina.l}te, anteponiendo a toda otra consideraci6n la del bien del pafs, no podria jamàs alegarse en contra nuestra, antes bien este hecho seria la màs evidente prueba de la sinceridad y del desinterese de nuestra conducta.

Como potencia esclusivamente cat6lica nos interesamos vivamente por todo cuanto tiene relaci6n con el sumo Pontifice; pero este interés es pura y exclusivamente en fav6r del Santo Padre, sin mezela alguna de aspiraciones politicas de

ningun género. Sin poner en duda ni por un solo momento el interés que anima al Austria en fav6r del Jefe de la Iglesia Cat6lica, no puede desconocerse el hecho de que tiene al mismo tiempo otros intereses de muy distinta indole en la Peninsula Italiana; y esta es la raz6n en que me fundo para no convenir en que existe esa absoluda identidad de miras a que alude el Sefior Conde de Mensdorff.

Tampoco puedo estar de acuerdo con el Sefior Ministro de Negocios Estranjeros en que el reconocimento de los hechos consumados en Italia no cree una posici6n mas dificil para elevar la voz en fav6r de la Santa Sede; solo una cosa hay de cierto y positivo en la conducta que hasta aquì hemos seguido, y es que todos nuestros esfuerzos han sito completamente estériles y ineficaces para el fin que nos propusimos.

Por otro lado el reconocimento de los hechos consumados no es una mera teoria jamas puesta en practica. Espafia y Austria han seguido siempre esta politica y sin remontarme a epocas no muy distantes todavia, solo recordaré que en 1830 y en 1848 hemos reconocido juntamente con el Gobierno Imperia! hechos que se consumaron en Francia produciendo la caida de las dos ramas de la casa de Borb6n; y aun aproximandonos a épocas mas cercanos, no es posible olvidar que la Monarquia Italiana ha sido reconocida por toda la Europa con levisimas excepciones y que el mismo Austria ha sancionado tacitamente la incorporaci6n al antigua Reino del Piemonte de una de las màs bellas provincias que forman hoy·parte del Reino de Italia.

Consignados los motivos de nuestra conducta en el despacho dirigido al Embajador de S.M. en Roma, y siendo de todo punto inneoesario entrar en nuevas explicaciones concluiria aquì esta comunicaci6n sino me fuere imposible dejar de hacerme cargo de las observaciones que contiene la ultima parte del despacho del Conde de Mensdorff al Encargado de Negocios de Austria.

Participo pienamente de la opini6n de ese Sefior Ministro de Negocios Estranjeros de que es en ·efecto un punto muy delicado el entrar en appreciaciones respecto al estado interior de otra naci6n; y he aqui porque no me creeria yo autorizado para hacer observaciones acerca de la situaci6n interior del Imperio Austriaco.

Agradeciendo, sin embargo el amistoso proposito que guia al Sefior Conde deberia evitar el responder a apreciaciones de cuja, mayor o menar exactitud no puede haber mas juez que el Gobierno de la Reina, pero son tan reiteradas las protestas que hace de que el entrar en este terreno no le muev·e otra cosa mas que un vivo sentimiento de amistad hacia nos otros, que creo corresponder a el tranquilizandole sobre los temores que parece abrigar acerca del trono mismo de la Reina. Para ello basta solo recordar la historia. Huerfana y aun meciendose en la cuna cuando muri6 su augusto padre el Sefior Don F·ernando VII, viò combatidos sus derechos por un Principe usurpador a la cabeza de un pardido fanatico. Abandonada de casi toda la Europa, la Naci6n-sac6 a salvo no solo sus legitimos derechos, sino las instituciones sobre que asentava su Trono; y esas instituciones que a los ojos de muchos parecian el mas grave peligro fueron su mas poderoso escudo en la gran catastrofe de 1848.

En quella época de triste recordaci6n para toda Europa, no peligrò un momento el Trono de la Reina, y no hubo siquiera necesidad de hacer el mas leve sacrificio personal para salvar almenos las instituciones monarquicas; Espafia atravesò tranquila· aquella espantosa crisis, y ese trono merced a las instituciones que le rodeaban, resisti6 impasible al huracan que puso al borde del abismo a antiguas Monarquias que se consideraban inquebrantables.

En conoepto del Gobierno esas mismas instituciones que el Austria ha adoptado recientemente, esta intima uni6n que existe entre la Corona y sus subditos salvaran otra vez el Trono de nuestra Reina, si alglin peligro le amenazase, peligro que por fortuna no existe y que el Gobierno està seguro de evitar con su politica liberai y conservadora a la vez, politica que adoptada en tiempo oportuno, hubiera quizas salvados a los Soberanos que reinaban en Italia.

Al espresarse en este sentido con M. de Mensdorff, ruego a V.E. que le espresse cuan vivamente siento que la politica inaugurada por el Gobierno de S.M.

respecto de la cuesti6n de Italia no esté de acuerdo con la que Austria, por razones que respeto, cree conveniente seguir, y que le asegure igualmente que, lamentando que haya sobrevenido esta desidencia en nuestro modo respectivo de considerar esta cuesti6n, confio en que las relaciones entre ambas naciones ser{m en todas los demas puntos tan cordia1es y tan amistosas como basta aqui lo han sido.

(l) Non pubblicato.

(l) -Il brano fra asterischi è edito in italiano in LV8, p. 164. (2) -Cfr. il seguente brano del r. 8 di Tagliacarne del 28 ottobre: • M. Bermudez attache une grande importance à la Note qu'il a adressée à l'Autriche, dont j'ai eu l'honneur d'envover copie à V.E. par ma dépéche confidentielle du 6 aout et qui vient d'étre récemment publiée par les journaux •.

(l) Non si pubblica.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora, ed in CHIALA, pp. 10-15)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 8 agosto 1865.

* Ieri il corriere Longo mi ha rimesso la di lei lettera del 4 corrente (l) nella quale Ella mi parla di cosa gravissima. Non potrò risponderle che fra alcuni giorni, perché l'Imperatore è assente e Drouyn de Lhuys non torna a Parigi che il 13 o 14. Ma intanto approfitto dell'occasione di mio suocero che va a Torino per farle pervenire questa lettera il cui scopo è di accusarle ricevuta della sua, e di parteciparle le mie prime impressioni * (2).

Anzitutto devo dirle che il Barone di Malaret, gdunto qui domenica, scrisse il giorno stesso, prima ancora che parlasse con me, a Drouyn de Lhuys che è a Champvallon, e lo informò di tutto. Questo passo fatto da Malaret mi mette nella necessità di passare per l'intermediario regolare ed ufficiale di Drouyn de Lhuys. Dal momento che Drouyn de Lhuys sa che io devo interpellare il governo francese sull'eventualità di una rottura fra l'Austria e la Prussia, non posso, passando sul suo capo, dirigermi all'Imperatore. Converrà adunque aspettare il ritorno di questo ministro e parlar con lui.

* Una rottura tra le due potenze tedesche di prim'ordine, è per noi uno dei più lieti e felici eventi che la fortuna d'Italia possa far nascere, giacché ci dà il mezzo di aver la Venezia, e d'averla senza il soccorso della Francia. Ma, benché sia possibile, questa eventualità è ben lontana ancora dall'aver quel carattere di certezza che è necessario perché noi possiamo pigliare un impegno positivo ed immediato. Al momento in cui scrivo è ancora possibile il convegno di Gastein, lo so in modo positivo. Spero che il convegno non avrà luogo, e che se avrà luogo, riuscirà a nulla; ma intanto è possibile che abbia luogo. Adunque Ella agì prudentemente, mettendo in dubbio nel suo discorso con Usedom, la probabilità d'una rottura tra l'Austria e la Prussia, e facendo capire al Ministro di Prussia che piglierebbe in considerazione una proposta seria quando si tratti di una guerra vera e seria, ma che il Governo italiano non si presterebbe a servir di spauracchio all'Austria nelle mani di Bismarck.

Ma il timore dei Prussiani si è che quando H momento sia giunto la Francia mandi all'Italia il suo veto. A mio giudizio, bisogna levar dal capo dei Prussiani questa falsa idea. La Francia può darci consigli amichevoli, come si

pp. 43-45.

addice fra Potenze alleate; ma non vuole né può mandarci nessun veto e noi non sapremmo accomodarci ad accettarlo * Esaminiamo ora le varie combinazioni a cui può dar luogo la pendenza austro-prussiana.

}o È possibile che si venga ad un accomodamento. * Se ciò si verifica (e lo sapremo dopoché il conv·egno di Gastein avrà o non avrà avuto luogo) converrà aspettare o far nascere altre occasioni *.

2o Una triplice alleanza tra l'Italia, la Francia e l'Austria, la quale avesse per risultato di far risolvere la questione dei Ducati ·in un senso anti-prussiano, di far cedere la Venezia all'Italia, di far dare all'Austria compensi in Allemagna o sul Danubio. Questa combinazione avrebbe la simpatia dell'Inghilterra, quando non si tratti di nessuna cessione sul Reno alla Francia. Ma mi affretto a dirle che la credo impossibile per due ragioni, cioè l 0 perché

* l'Austria non si determinerà mai, finché vive l'Imperatore attuale, a cedere la Venezia quando non vi sia forzata dalle armi*; 2° perché l'Imperatore Napoleone rifugge da ogni idea di tirar la spada, a meno che non si tratti di difendere il territorio francese attuale.

3° Altra combinazione sarebbe quella a cui Ella accenna nella sua lettera, d'una triplice alleanza tra la Francia, la Prussia e l'Italia contro l'Austria, il cui risultato dovrebbe essere di risolvere la questione dei ducati nel senso Prussiano, di allargar la Prussia in Germania, di concedere alla Francia una rettifica di territorio sul Reno, di dar·e la Venezia all'Italia. Anche questa combinazione la credo impossibile perché * nessun governo in Prussia può cedere un'oncia di territorio tedesco *, e perché *l'Imperatore Napoleone*, ammaestrato dall'esperienza, * ha cessato d'ambire il Reno, e nemmeno una promessa formale di rettifica della frontiera renana, può spingerlo a far la guerra, dalla quale in questo momento evidentemente abborre *. Le ambizioni dell'Imperatore Napoleone in fatto di conquiste, se pure esistono in una forma che non sia semplicemente ideale, sono rivol,te alla frontiera belgica piuttosto che alla Renana.

4° * Rimane una combinazione, la sola che mi paja rivestire caratteri di probabilità pratica, ed è un'alleanza italo-prussiana contro l'Austria, e limitata all'Austria, colla neutralità francese, la quale condurrebbe necessariamente alla neutralità dell'Inghilterra e della Russia *.

Quest'alleanza avrebbe per iscopo: far la guerra all'Austria dalle sue bande non far pace separata; cessione della Venezia all'Italia; soluzione della questione dei ducati nel senso prussiano; ingrandimento territoriale della Prussia a danno dell'Austria e d'altre minori Potenze tedesche, fra le quali verrebbe in primo luogo la Sassonia.

Una tale combinazione, come dissi, mi pare presenti maggiori caratteri di probabilità, perché scarta ogni ingerenza dell'Inghilterra, della Russia, della Francia; perché è infinitamente più facile ottenere dalla Francia una neutralità benevola, che una cooperazione armata, ed è anche meno pericoloso; perché infine allontana ogni questione di cessione renana alla Francia, questione la cui semplice enunciazione fa bollire il sangue in ogni vena tedesca.

Ma v'i sono anche qui difficoltà gravi e non bisogna dissimularle.

Evidentemente questa combinazione è quella che più sorride al Gabinetto di Berlino. Ma *il Gabinetto di Berlino vorrebbe avere la certezza della neutralità benevola della Francia. Esso non vorrebbe che quando la guerra fosse dichiarata e guerreggiata, la Francia non venisse fuori, come il Nettuno di Virgilio, adettar la pace, a porre condizioni, o a convocare un congresso a Parigi. La difficoltà consiste adunque nell'ottenere dalla Francia una promessa di neutralità assoluta. L'Imperatore Napoleone potrà o vorrà dare questa promessa? Vorrà darla per iscritto, come desidera la Prussia? * Non temerà la Francia che l'Italia sia battuta sul Mincio e che un'invasione austriaca nella Lombardia non la forzi a valicar di nuovo le Alpi? O forse la Francia non temerà che scoppiata la guerra, e con essa le passioni che la accompagnano, l'Italia metterà di nuovo in campo la questione della rivendicazione immediata di Roma? Eéco le difficoltà. Sono gravi, ma possono vincersi. Io credo possibile l'ottenere dalla Francia la neutralità quando le difficoltà non fossero altre. Ma ve n'è una, che, agli occhi dell'Imperatore Napoleone, ha un peso eccezionale. Il principio dell'Imperatore Napoleone è quello della nazionalità e del rispetto della volontà popolare. Una guerra fatta dalla Prussia all'Austria, nelle circostanze presenti è essa conforme a questo principio? In altri termini: l'opinione pubblica in Allemagna sosterrà essa Bismarck? E qui appare in tutta la sua enorme importanza l'errore di questo Ministro che colla sua politica anti liberale all'interno si alienò l'animo di tutta quanta l'Allemagna nel momento appunto in cui la Prussia avrebbe bisogno d'attingere nelle forze vive della nazione l'appoggio morale e materiale di cui essa abbisogna.

Comunque sia, v'è ora una questione preliminare che domina la situazione. Si tratta cioè di sapere se il Convegno di Gastein avrà luogo, e se riuscirà. Credo di no. Ma bisognerà vedere. Penso che verso il 15 corrente lo si saprà in modo positivo.

Non credo che si tratti nulla di positivo tra l'Austria e la Francia in questo momento. Penso che tutt'al più il Signor Drouyn de Lhuys avrà potuto, all'occasione del riconoscimento dell'Italia fatto dalla Spagna, consigliare l'Austria di fare altrettanto. Ma non parmi probabile che sia stato questione della Venezia. Credo piuttosto che il Principe di Metternich avrà avuto anch'esso, come l'Ambasciatore di Prussia, l'ordine di cercar di scoprire quaLe sarebbe l'attitudine della Francia in caso di rottura tra l'Austria e la Prussia. Ma siccome l'Imperatore Napoleone e Drouyn de Lhuys sono assenti entrambi, così né Metter

nich, né Goltz non hanno potuto finora fare nessuna interpellanza o ricerca in proposito.

Adunque quando sia giunto Drouyn de Lhuys io lo vedrò subito e cercherò di sapere da lui quello che ci occorre. Insisterò soprattutto perché parli coll'Imperatore prima di rispondermi. Intanto posso fin d'ora dirle la mia opinione su questa grave questione, giacché mi fa l'onore di domandarmela, ed è, che ci conviene entrare in lotta, sempreché la Prussia faccia davvero, in due casi, cioè se la Francia c'entra anche lei, ovvero se essa promette la sua neutralità.

Capisco anch'io che sarebbe desiderabile, massimamente al punto di vista militare, l'avere la cooperazione armata della Francia. Ma se ,questa coopera

zione non può ottenersi, come è probabile, deve bastare alla Prussia ed. a noi che la Francia ci lasci fare.

Ho visto oggi il Colte Goltz. Anch'esso ha l'incarico dal suo Governo di domandare quale sarà l'attitudine della Francia. Io, che non ho la responsabilità che ha Lei, ho potuto parlare con esso con maggior libertà. Gli ho detto che finora noi non credevamo ad una rottura; che non volevamo servir di spauracchio all'Austria; ma che se la Prussia si decideva a far davvero una guerra seria e ad oltranza, la necessità della situazione e l'interesse nostro ci avrebbero necessariamente spinti a fare altrettanto per parte nostra. Conchiusi: quando sarete decisi, ma decisi davvero, sapete dove stiamo di casa, venite a trovarci e, spero, c'intenderemo.

La prego di farmi sapere qualche cosa intorno alla proposta del Signor Geffcken.

P. S. -I giornali francesi han ricevuto ordine di non segnalare la presenza del cholera a Marsiglia. Ma questa è ormai confermata da numerose lettere particolari. I casi finora si limitano a quindici al giorno circa.

(l) -Cfr. n. 113. (2) -I brani fra asterischi sono editi, con qualche leggera variante, anche in La Marmora,
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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 327. Berlino, 11 agosto 1865, ore 16,50 (per. ore 22,30).

Je viens d'apprendre d'une manière positive et toute confidentielle que

M. Bismarck a écrit dernièrement ici que le Cabinet de Berlin est on ne peut mieux avec l'Italie et que celle-ci est prete à faire la guerre dès que Prusse entrerait en campagne.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

A S Biella, Carte La Marmora, ed. in CHIALA, pp. 15-20)

L. P. ,CONFIDENZIALE. Parigi, 13 agosto 1865.

Il Signor Drouyn de Lhuys giunto a Parigi 1'11 corrente, ripartì subito per Chàlons, e non fu di ritorno che jeri sera. Ben sapendo che al suo ritorno a Parigi lo aspettavano importanti comunicazioni di diplomatici ,esteri, volle prima di dare udienze ufficiali pigliare le istruzioni dell'Imperatore.

Questo Ministro mi ricevette oggi alle 2 p.m. Esco in questo momento, alle 4, dal Ministero degli Affari Esteri, e le scrivo subito per rispedirle il corriere di Gabinetto questa sera stessa.

Dissi al Signor Drouyn de Lhuys: che già doveva sapere, da quanto gli aveva scriHo Malaret, l'oggetto della mia visita; che la Prussia aveva fatto presentire l'animo del Gabinetto di Firenze per l'eventualità d'una ro,ttura fra l'Austria e Lei; che dalla diplomazia prussiana questa rottura era presentata non solo come probabile, ma come imminente; che alle interpellanze Prussiane il Presidente del Consiglio dei Ministri del Re d'Italia aveva risposto: non credere alla probabilità ed alla imminenza d'una guerra; che se la Prussia fosse decisa a far davvero una guerra grossa e seria e ad oltranza, farebbe delle proposte e sarebbero esaminate; ma che se la Prussia intendesse serv:irsi dell'Italia come di uno spauracchio per ottenere concessioni dall'Austria, ciò non sarebbe convenuto al Governo Italiano.

Soggiunsi: che io aveva istruzioni di chiamare l'attenzione del Governo dell'Imperatore sopra questa grave eventualità; che il Governo Italiano aveva un interesse comune colla Francia in queste circostanze, che la condotta dell'Italia doveva necessariamente influire sulle risoluzioni dell'Imperatore, giacché per la sua posizione speciale, in caso specialmente di rovescio, l'Italia poteva impegnare necessariamente, fatalmente l'azione della Francia; che tutte queste combinazioni consigliavano il Governo del re ad interpellare francamente, ma in via affatto confidenz:iale, l'Imperatore Napoleone, perché ci facesse conoscere il suo modo di pensare.

Procedendo più oltre nel discorso esposi al Signor Drouyn de Lhuys le varie combinazioni a cui può dar luogo la rottura fra le due maggiori Potenze Germaniche, e le quali dovrebbero avere per risultato la cessione della Venezia all'Italia, e vantaggi considerevoli per la Francia. Non ripeterò qui l'esposizione di quer;te varie combinazioni, giacché accennai le principali nella mia lettera precedente.

• L'occasione, dissi a Drouyn de Lhuys, da tanto tempo sperata è prossima a presentarsi. L'Imperatore vorrà egli !asciarla sfuggir:e? L'Italia e la Francia si veggono cercate d'alleanza per questioni che non hanno provocato. Dalle risposte che saranno per fare dipende la soddisfazione dei più grandi interessi dell'Europa. Il governo francese ci pensi, e ci risponda •.

Terminai, dicendo al mio interlocutore: • badate che non vi domando una risposta immediata. Se credete di dover parlare all'Imperatore, prima di rispondermi, fatelo; non ho nessuna fretta; ma vi prego di darmi una risposta autorevole, perché io devo portarla a notizia del mio Governo •.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi rispose che non aveva bisogno di consultare l'Imperatore, avendolo di già fatto in previsione delle comunicazioni alle quali si attendeva dalla parte della Prussia, dell'Austria e dell'Italia.

(Difatti mentre pronunziava queste parole, l'usciere entrava ad annunz:iare la visita del Principe di Metternich).

Il Ministro imperiale disse adunque che era in misura di farmi una risposta affatto conforme alle idee dell'Imperatore, con cui aveva recentemente discorso di queste cose.

Ecco la risposta, la quale del resto sarà fatta egualmente a Metternich e a Goltz nei termini stessi.

• La Francia non crede ad una guerra fra la Prussia e l'Austria. Non ci crede, e non la desidera. Che se la guerra venisse a scoppiare fra le due grandi Potenze tedesche, finché essa sarà limitata alla questione danese e non implicherà gl'interessi francesi, la Francia continuerà nella condotta tenuta finora, si conserverà cioè estranea e neutrale. Se invece la guerra venisse ad allargarsi e ad implicare in qualche modo gl'interessi francesi, allora la Francia si riserverebbe di provvedere ai suoi interessi nel modo e nel tempo che le parranno convenienti, e che ora è impossibile il determinare. Se poi o la Prussia o l'Austria avessero dei vantagg,i speciali ad offrire alla Francia, alla cui verificazione la Francia non pensa, e che essa non provoca, facciano delle proposte e saranno esaminate • .

Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse, continuando, che in realtà non credeva ad una rottura immediata. Secondo le sue notizie, il convegno fra i due maggiori sovrani tedeschi doveva aver luogo. Da questo convegno non sarebbe certamente uscito un accomodamento vero e definitivo; ma più probabilmente ne sarebbe nato un 1·epléìtrage che avrebbe durato per qualche tempo, per finire poi in una guerra, ma assai più lontana.

* • Quanto all'Italia, il Ministro Imperiale sogg~iunse, trovo la risposta del generale La Marmora al Conte Usedom opportuna e conveniente, e per mio conto l'adotto per i tre quarti. Credo che il Gabinetto di Flrenze farebbe. bene a continuare nella medesima risposta. La sua posizione è eccellente. Sappia aspettare •.

Interruppi il mio interlocutore per dirgli: • e se il governo italiano non potesse, o nel suo interesse non credesse di poter agire con tutta questa riserva; se, in altri termini, credesse di dover entrare in una fase d'azione, penso bene che la Francia non si opporrebbe? • .

• -Certamente no, rispose Drouyn de Lhuys; il Gabinetto di Firenze è giudice de' suoi interessi ed ha piena libertà di azione. Ma in questo caso l'Italia farebbe la guerra a suo rischio e periglio •. • -Ma, soggiunsi io, se per avventura gli eventi della guerra conducessero l'Austria al Ticino, alla Stura, alle Alpi? •. • -Allora, rispose Drouyn de Lhuys, si verificherebbe uno di quei casi, nei quali la Francia si riserva di provvedere a' suoi interessi; giacché è interesse grave della Francia che l'Austria non ripigli in Italia il terreno perduto • * (1). • -Voi vedete bene, diss'io, che in certo modo noi possiamo colla nostra condotta implicare e compromettere l'azione della Francia. Parmi adunque che sarebbe cosa giudiziosa l'intenderei fin d'ora per un modo di procedere conforme •. • -Ed è appunto per ciò, rispose Drouyn de Lhuys, che *vi consiglio la riserva *. Lasciate che la Prussia e l'Austria vengano a presentare a noi e a voi le loro condizioni. * Non affrettateVIi a compromettere la vostra azione. L'Austria stessa potrà forse tentare un accomodamento con voi. Il Principe di Metternich mi fece di già qualche apertura per un accordo puramente commerciale fra l'Austria e l'Italia (è sempr,e Drouyn de Lhuys che parla); quest'accordo

non dovrebbe avere, a quanto dice l'Austria, altro scopo che di faciLitare e regolar meglio i rapporti fra la Venezia e la frontiera italiana; ma forse la cosa

non s'arresterà lì • *.

• Quanto a ciò, ripostai io, è inutile il lusingaroi. Non credo possibile che l'Austria pensi seriamente a cedere la Venezia all'Italia; e l'Italia non può venire a patti coll'Austria che a questa condizione •.

La conclusione di tutto questo discorso si è: Che l'Imperatore Napoleone non crede ad una guerra immediata tra l'Austria e la Prussia. Che questa guerra, checché ne dica Drouyn de Lhuys, sarebbe vista con piacere dall'Imperatore.

Tuttavia si è convinti, che più tardi la rottura sarà inevitabile.

Che allora solamente sarà il caso di prendere una determinazione.

Che se la guerra scoppiasse ora, la Francia eviterebbe di pronunciarsi, ma si riserverebbe di prendere una risoluzione quando i suoi interessi venissero in questione; e per interessi francesi s'intende non solo il danno emergente, ma il lucro cessante; si comprende cioè anche il caso in cui per effetto della guerra si spostasse l'equilibrio delle potenze in Europa.

Che se o l'Austria o la Prussia hanno qualche vantaggio a proporre alla Francia in cambio di un'alleanza, formolino le loro proposizioni, e la Francia esaminerà se le convenga d'accettarle:

Risulta quindi evidente che la Francia vuole approfittare della posizione da essa abilmente acquistata nella vertenza Dana-Germanica, per cavarne un profitto.

La Francia adunque non è aliena dall'entrare in una combinazione che le offra un vantaggio. Ma non vuoi far proposte; le aspetta; e le aspetta dalle due p-arti.

Ora qual'è il vantaggio che si può offrire alla Francia? Quale la combinazione? Il vantaggio sarebbe la rettificazione della frontiera renana. Ma la Prussia non può offrire alla Francia un'oncia di suolo tedesco senza che la Germania

tutta quanta si opponga. L'Austria potrebbe forse indursi ad accordare questa

rettifica del Reno, tanto più che ciò sarebbe a danno delLa Prussia; ma anzi

tutto le provincie renane non sono dell'Austria, il che agli occhi dell'Impera

tore Napoleone ha un grande peso; in secondo luogo l'Austria s'indurrebbe a

sacrificare una parte del territorio germanico non suo, a patto però di nulla per

dere in Italia, il che non conviene a noi, e, valga il vero, non conviene all'autore

del proclama di Milano.

La combinazione migliore, perché la più semplice, pare a me sia quella di un'alleanza Prusso-Italica, colla neutralità della Francia assicurata. La Francia non vuole per ora promettere questa neutralità assoluta. Ma io persisto a credere che non è impossibile l'attenerla. Imperciocché la cessione della Venezia all'ItaLia è di per se stessa un fatto favorevole alla politica dell'Imperatore Napoleone. Io penso che gli sforzi della Prussia e i nostri dovrebbero tendere a ciò. Pare a me che la Prussia, che è la più immediatamente interessata nella

questione potrebbe sottomettere all'Imperatore Napoleone un piano di ciò che desidera il Ga~inetto di Bedino, cioè: alleanza coll'Italia; risultato dell'alleanza; cessione della Venezia all'Italia; ingrandimento della Prussia specificato; soluzione della questione dei ducati nel senso prussiano. Con questo progetto alla mano, si dovrebbe domandare alla Francia che cosa vuole in cambio della neutralità benevola, o in cambio d'un'azione combinata.

Tutto ciò ben inteso, se i Gabinetti di Vienna e Berlino non giungono ad un accomodamento provvisorio, del quale mi dorrebbe assai.

Se la Prussia non si presenta alla Francia con una proposta formolata (e badi che Drouyn de Lhuys vorrebbe lasciare agli altri anche la cura d'indicare i compensi da dare alla Francia) non otterrà altra risposta che quella che le ho accennato di sopra.

So positivamente che Bismarck fece domandar all'Imperatore Napoleone la facoltà d'andare a conferir con lui a Plombières. Ma l'Imperatore fece rispondere che non venisse e· che se aveva qualche cosa a comunicargli, lo facesse per iscritto.

Conchiudo: l'Imperatore Napoleone non ha voglia di far la guerra, sarebbe lieto che l'Austria e la Prussia se la facessero tra loro, perché egli potesse a tempo debito tirarne un profitto per la Francia. Non-dico però che non voglia assolutamente far la guerra. Se essa può farsi in buone condizioni e se gli si fanno buone proposte, esaminerà, vedrà. Vorrebbe in una parola non perdere il vantaggio della eccellente posizione che la sua saviezza, la sua costanza, la sua abilità gli hanno fatto in Europa.

Voglia ella esaminare e ponderare tutte queste cose. Se il convegno dei due sovrani tedeschi non ha luogo o non ha risultato, se la Prussia ha veramente risolto la guerra, evidentemente noi non dobbiamo ~asciar passare un'occasione così favorevole. In questo caso converrebbe, mi pare, concertare un piano colla Prussia e tentare di farlo accettare a Parigi.

Ella non può dubitare che per parte mia ci metterò tutto l'ardore che una tale eventualità m'ispira.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, pp. 43-46.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 71. Bucarest, 14 agosto 1865 (per. iL 25).

Alcuni particolari abboccamenti che precedettero la partenza del Principe Couza e si proseguirono dappoi, prepararono le segrete congreghe che ebbero luogo nell'or scorsa settimana, convenendovi i capi del partito liberale che qui si trovano al completo, alcuni di essi accorsi anche espressamente dal di fuori ed alcuni pochi uomini importanti della bojaria o dei partiti mezzani che sono rimasti in paese allo scopo di avvisare assieme alle necessità della situazione presente, erano in tutto un sedici o venti persone.

In quelle riunioni si riconobbe unanimemente che il Principe Couza, come capo del Governo della Romania, è universalmente ora avversato da tutti i partiti, da tutte le classi sociali e da ogni persona singola, non rinvenendosene quasi più una sola che ne dica od osi dirne del bene, mentre invece generali sono le sofferenze ed i lamenti, completo è il disordine che regna nel paese e spadto affatto è il credito dl questo sia all'interno che all'estero.

Si affermò che cresce ogni giorno di più l'irritazione delle classi popolari contro il Governo, il quale le ha aggravate d'imposte senza procurar loro alcuna miglioria e che perciò dappertutto, nelle botteghe, sulle piazz'e, nei sobborghi s'impreca al nome di Couza.

Si soggiunse che più calmo non è lo spirito nelle provincie e che si spande e penetra ovunque la convinzione dell'urgenza di sopprimere la causa del male se non vuolsi andare a rovina.

Si osservò quindi che le cose sono giunte a tal punto che una popolare sommossa pareva essere ormai divenuta inevitabile ed assai prossima e che esca al fuoco fu aggiunta coll'introduzione del monopolio del tabacco la quale il Ministro presente aveva promesso di aggiornare ad un anno ma fissò poi al Jo agosto corrente (u.s.) cagionando gran danno e più grande perturbazione negl'interessi di molte migliaia di persone.

Si disse infine che, per carità di patria, tutti quelli che sono, ad un titolo qualsiasi, a capo della nazione rumena debbano ajutare, accelerare e dirigere la rivoluzione che s'aspetta, onde menarla a buon termine ed impedire catastrofi che potrebbero compromettere per ancora lungo tempo il risorgimento nazionale.

Che, se i principali rappresentanti della bojaria e della democrazia, stretti

in accordo, volessero unirsi al popolo, questo non tarderebbe più un istante ad

insorgere e la rivoluzione diverrebbe facile, incruenta, brevissima e consistereb

be forse in una passeggiata che si farebbe a folla fino al palazzo del Governo.

Che i negozianti, benché in parte stranieri, i quali ebbero più di ogni altra

classe a soffrire dal malgoverno del paese, per cui venne arrestato ogni slancio

del commercio e dell'industria, non tarderebbero pure, quantunque finora tenu

tisi in aspettazione, ad associarsi, quando vedessero entrare nel movimento le

alte classi della cittadinanza.

Che l'armata si pronunzierebbe favorevole o si terrebbe almeno passiva,

perché essa pure è malcontenta e con una parte di essa, e specialmente coll'ele

mento valacco, si sono stabilite intelligenze, e ad ogni modo non potrebbe far

uso delle armi contro una massa di popolazione inerme, né gli ufficiali, che sono

particolarmente tratti da tutte le famiglie di Bucarest, potrebbero osare di co

mandare il fuoco.

Che fra i ministri non v'ha perfetta armonia, né tutti possono lusingarsi di

possedere la fiducia del Principe, il generale Floresco specialmente ben potendo

supporre di essere stato chiamato al Ministero dell'Interno solo per essere pri

vato del comando dal l<> corpo d'armata stato affidato ad un Moldavo, il Colon

nello Lupesco, come già prima era stato privato del portafoglio della guerra, per

essere forse fra breve tempo posto in aspettativa, mentre intanto egli ed i colle

ghi suoi sanno di essere sorvegliati nel Ministero dal Ministro della guerra,

generale Mano, altro moldavo devoto e tutti assieme dal Prefetto di polizia, Marghiloman e questo, cogli altri e con tutto il paese, dall'Ispettore generale dei telegrafi, Librecht; quali condizioni personali erano troppo umilianti perché non potessero inspirare la voglia di farle cessare per sempre.

Si ricordò pure che due tra i principali Ministri, quelli dell'Interno e delle Finanze poco prima del loro avvenimento al potere, parevano ben disposti ad entrare essi stessi in congiure a danno di Couza.

Insomma si fecero i più bei discorsi per provare che tutto spingeva alla rivolta e che circostanze più favorevoli non si sarebbero date mai, delle quali non profittando, l'Europa che si assorda di lamenti, avrebbe attribuito ai rumeni la taccia di vigliacchi meritevoli della sorte loro.

L'insurrezione avrebbe dovuto scoppiare al grido di Abbasso Couza, Viva

il Principe forestiem.

Un Governo provvisorio sarebbesi istituito che avrebbe immediatamente convocato le Camere attuali, i cui membri, sebbene stati scelti dalla polizia di Couza, avrebbero all'unanimità sanzionato il verdetto popolare del suo decadimento e quelli che gli si erano mostrati più devoti, avrebbero più forte gridato contro di lui.

Un'assemblea constituente avrebbe in seguito promulgato una nuova costituzione e. fatto la scelta di un Principe destinato a fondare la dinastia dei Re di Rumenia.

Nelle premesse tutti convennero ed eguale era in ognuno il desiderio dello scopo finale, ma i bojari e loro aderenti non si dimostrarono fin dapprincipio troppo disposti ad unire la loro azione a quella dei liberali o sia perché, come si disse, meno ancora di questi ultimi, essi sian dotati di coraggio e più abbiano ad arrischiare, o sia perché vogliano tenersi in riserva per poter poi usufruttare i risultati dell'insurrezione, quando andasse fallita o sia perché non pongano, siccome con estranei protestano, alcuna fiducia nei democratici, con cui formarono bensì, nella passata assembl,ea quelLa coalizione detta mostruosa, che spinse il Principe al colpo di Stato, ma dei quali avversano pure i principii e le aspirazioni contrarie ai loro interessi, o sia infine perché essi confidino, siccome non dubitarono di manifestarlo, nell'intervento ·estero che i medesimi pajono credere inevitabile e desiderare, specialmente se dovesse provenire dalla Russia, dalla quale vorrebbero attendere il ristabilimento dei loro privilegi e della loro supremazia in paese.

Tuttavia ogni speranza d'accordo non era perduta e fu dato convegno per un'ultima riunione serale nella domenica 13 corrente.

Il Signor Brailoi, gran bojaro, ex Ministro della Giustizia, si era anzi incaricato di redigere il programma della rivoluzione, proponendo fin d'allora, organo in questo di almeno una parte ragguardevole del suo partito, di acclamare a sovrano il Duca di Leuchtenberg, a quale proposta il Signor Rosetti, capo del partito democratico disse che opporrebbe quella del Principe NapoleoEe, ma osservandosi da esso e da altri quanto intempestivo fosse l'occuparsi fin da quel momento di candidature dinastiche.

Si sa infatti che, mentre questa idea del Principe forestiero fa progressi nel paese ed anche nelle classi secondarie, essa è però accolta di mala voglia dai molti aspiranti indigeni al trono di Rumania appartenenti a partiti div~rsi e

8 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

potrebbe venire anche apertamente avversata quando fosse complicata con,

designazione di nomi che agli uni od agli altri secondo le particolari viste non

sorridano.

Si crede pure che le preoccupazioni personali che si manifestarono in quel

le riunioni della scorsa settimana circa la composizione della futura caimaca

nia ossia Governo provv,isorio abbiano aggiunto alle cause del disaccordo.

Fatto sta che jeri la riunione rimase deserta di bojari.

Un solo di essi vi è comparso per dire che egli e molti degli amici suoi sono d'avviso che le rivoluzioni scoppiano, ma non si preparano e che non possono porre ciecamente confidenza in un pronunziamento anche parziale dell'armata, che il Principe Couza ha lavorato fin qui per farne una guardia pretoriana, la cui forza, nei reggimenti che sono di guarnig,ione in Bucarest, appartiene in gran parte all'elemento moldavo e moldavi sono la più parte dei comandanti superiori come di moldavi e di polacchi ed altri forestieri fu composta la nuova gendarmeria.

Constatata dunque la mancanza completa di unione, si è deciso in quella riunione di astenersi affatto da ogni azione, sia perché, così parziale, potrebbe fallire, sia perché un movimento, appaventemente democratico, anche momentaneamente vittorioso, produrrebbe cattiva impressione nell'Europa monarchica e conservatrice e potrebbe prontamente venir soffocato da intervenzione forestiera, specialmente, siccome vi sarebbe a temere, se l'ordine perfetto non potesse essere mantenuto in paese.

Oggi tanto io quanto altri dei miei colleghi abbiamo ricevuto le assicurazioni più formali in questo senso.

Ma gli spiriti sono molto agitati e forse, come si dice, fu già data tale spinta alla rivolta che questa che si attendeva ogni giorno nella scorsa settimana, potr,ebbe quandochessia impensatamente scoppiare, malgrado gli sforzi che i capi democratici protestano ora di fare per trattenerla.

La Sentinella Romena, organo del loro partito, ha pubblicato jeri una lettera del Signor Gio Bratiano, (All. n. I) (l) il quale ne è capo supremo insieme al Rosetti suddetto, al Prefetto di Polizia, colla quale dichiara di essere venuto dalla campagna per assistere e dirigere la rivoluzione imminente, che egli chiama e ravvisa sarà una evoluzione.

Un gran numero di persone ricevettero per la posta e furon anche sparsi per le strade, in fogli litografati, esemplari di una parodia del proclama pubblicato dal Principe Couza quando partì pei bagni (All. n. II) ed un appello aUe armi contro la Polizia ed i briganti ufficiali e privilegiati (All. n. III) ambi scritti a seconda delle passioni popolari e ad uso delle infime classi.

Si aggiungano le manifestazioni sempre più ostili della stampa estera, della stessa Europe di Francoforte, diretta da un Rumeno, H noto Ganesco, una parte di periodici forestieri malcontenta fors'anche della cessazione dei sussidii che ad essi concedevansi, essendo generalmente noto che il considerevole fondo stato stanziato per la stampa estera fu consunto pei bisogni suoi personali dal

Ministro degli Affari Esteri, Signor Balanesco, che è considerato come una delle vergogne del Governo principesco.

Furono anche. pubblicati all'estero ed in questi Principati stessi, alcuni opuscoli, nei quali si dipinge con assai tetri colori la situazione presente delle cose. Memorie manoscritte circolarono sullo stesso argomento e più vivaci delle altre.

Una ne fu perfino fatta ad uso esclusivo dei Consoli, pr,ima dell'avvenimento del Ministero presente dal Signor Scarlat (Carlo) Crezzulesco, senatore, uomo dovizioso ed onesto, fratello del Presidente dell'attuale gabinetto, col quale ho ottime relazioni. Il predetto Signor Crezzulesco, che è alquanto eccentrico e frequenta le nostre case, è sempre preoccupato dall'idea che noi non sappiamo esporre le cose quali bruttamente sono e persuadere i Governi nostri delle tristissime condizioni di questo paese ed ha voluto perciò venire in nostro soccorso col rimetterei la memoria suddetta, la quale re per la forma e per ragione della persona, è abbastanza caratteristica perché io creda di dovermi astenere dal rassegnarne copia a V. E. (Ali. n. IV).

Il Governo è inquieto, conosce il pericolo e si prepara alla lotta. La reprimerà, secondo il codice penale, se vi sarà manifestazione criminosa di pochi, ma sarà assai imbarazzato se questa manifestazione prendesse altre proporzioni a fronte delle quali potrebbe riconoscersi realmente impotente.

Tanto rilevai dai discorsi del Generale Floresco, col quale m'incontrai la sera di jeri stesso e che si dimostrava informato della riunione rivoluzionaria che si teneva in quei momenti pur mostrandosi calmo ed esprimendo intenzioni temperanti, che potranno però venir sopraffatte da quelle de' suoi colleghi, coi quali non trovasi in accordo sincero e perfetto.

(l) Gli allegati non si pubblicano.

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IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 44, Baden, 15 agosto 1865.

Des nouvelles officielles arrivées aujourd'hui directement de Vienne assurent la réussite probable d'un compromis Austro-Prussien sur le récent conflit politique au sujet des Duchés de l'Elbe, dont l'initiative ou pour mieux dire l'idée appartient à M. de Bismarck, qui à la onzième heuve paraìt ne pas vouloir rompre enrtièrement en visière avec l'Autriche et l'Allemagne.

V o ici l'idée émise par le premier Ministre Prussien: celle du partage du Gouvernement provisoire, en attendant la possibilité de trouver des bases pour une solution définitive, dans les Duchés conquis par la guerre entre les deux copossesseurs légaux, so i t entre l'Autriche et la Prusse.

Cette base d'arrangement provisoire à été discutée immédiatament en Consei! des Ministres à Vienne, présidé par l'Empereur François-Joseph. Le Comte Mensdorff et le Comte Majlath avec le parti Hongrois ministériel se sont prononcés contre; mais la majorité avec le Ministre des Finances s'est prononcée pour, et l'Empereur s'étant rangé du còté de la majorité l'avis de celle-ci a prévalu en dernier ressort.

On ignore encore quel et comment se fera le partage. M. de Roggenbach croit que la Prusse gardera le Schleswig en ayant soin d'y incorporer Kiel, et laissera gouverner le Holstein, qui est déjà territoire Allemand, à l'Autriche. J'ai demandé au lVIinistre Granduca! s'il croyait cet arrangement, tout provisoire q_u'il se:ait, bon pour l'Allemagne et s'il n'y accroit pas le danger qu'une fois la Prusse maitresse pro tempore du Schleswig, de Kiel, de Diippel et de l'ìle d'Alsen, ce pro tempore ne risquerait pas de devenir définitif en faisant travailler le pays par une administration Prussienne bien organisée et habile, et en emmenant par là les populations memes à un plébiscite pour l'annexion définitive pure et simple Prussienne, tandis que l'Autriche, si cette éventualité venait à se vérifier, trop éloignée pour pouvoir garder le Holstein qui d'ailleurs est déjà territoire Allemand, et sans utilité pour elle, et trop faible pour faire la guerre, sera forcée de subir l'annexion Prussienne.

Le Ministre Badois tout én me répétant qu'on n'avait encore accepté à Vienne que l'idée du partage provisoire pour en négocier en suite les conditions, a pourtant convenu que ce compromis était dangereux pour l'Allemagne et favorable à la Prusse qui aura provisoirement la part du lion sauf à la garder plus tard, les circonstances aidant, qu'en ce cas, qu'il ne considère pourtant actuellement qu'un risque, il serait dans l'intérèt de l'Autriche de céder l'Holstein à l'Allemagne laquelle le constituerait en Etat Confédéré, sous la souveraineté du Due d'Augustenbourg.

D'après ces hypothèses de pis aller au point de vue Allemand il me semble, ai-je remarqué au Baron de Roggenbach, qu'à l'heur qu'il est le Due d'Augustenbourg a déjà perdu la moitié de ses chances pour la souveraineté des Duchés de l'Elbe. S.E. en a convenu en observant que désormais il est impossible à l'Autriche meme réunie à l'Allemagne de faire la guerre à la Prusse, car la première puissance n'est pas en état de la faire seule, et quant à ses alliés éventuels Allemands meme en supposant qu'ils se décident à l'etre, avant que les contingents militaires des Etats Confédérés entre autres Saxon et Hanovrien soient appelés sous les drapeaux et préts à marcher, la Prusse qui est déjà toute prete militairement parlant, aurait déjà occupé la Saxe et le Hannover par ses armées.

D'après mon entretien rapporté ci-dessus avec le Ministre Badois à la suite des nouvelles de Vienne il me semble que la foi de M. de Roggenbach dans la constitution du Schleswig-Holstein en état indépendant sous la souveraineté du Due d'Augustenbourg est bien ébranlée.

Mais comme avant tout la politique de ce Ministre Badois est une Prusse forte et prépondérante en Allemagne, malgré ses sympathies connues et prononcées pour le Due d'Augustenbourg, ce n'est pas du còté de Bade à mo!h avis, que M. de Bismarck doit craindre le plus d'opposition dans ses idées annexionnistes.

D'ailleurs la force militaire de la Prusse donnera toujours beaucoup à reflechir au moment d'une rupture aux Etats Confédérés, meme les moins disposés en sa faveur; et cela est ci vrai que M. Von der Pfordten lui-meme, malgré son attitude ouv,ertement hostile jusqu'ici à la Prusse et favorable à l'Autriche, semble maintenant déjà amené à des idées plus conciliantes et plus pratiques.

Les réflexions ci-dessus rédigées à la hate pour etre à meme de profìter d'une occasion particulière qui part pour Turin dans une heure peuvent .etre ·erronées, comme les éventuali:tés signalées fort chanceuses, car les phases de la question du Schleswig-Holstein ont tellement et continuellement subi de si brusques variations qu' il est aventuveux d'en prévoir l'issue finale.

Ci-joint une lettre particulière pour V. E.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 350. Bucarest, 17 agosto 1865, ore 8,10 (pe1·. ore 21 del 19).

La tranquillité matérielle continue. Le Gouvernement s'efforce de reduire l'iinportance des événements, mais il fai•t des proclamqytions et prend des dispositions militaires faisant supposer de graves dangers. L'entente pour la révo~ lution n'ayant pas eu lieu entre les chefs boyards et démocrates elle avait été ajournée; l'émeute du 15 parait avoir été spontanée dans le peuple irrité contre le Gouvernement pour surcharge d'impòts et vexations municipales. On criait follement hurrahs à ... (l) à-bas les voleurs et les monopoles. La lutte a eu lieu sans chefs, ni armes, ni direction; les troupes moitié ivres ont eu plus de fatigues que de dangers et ont commis des actes atroces, on croit que les tués sont de 30 a 40 et les blessés 100 à 150. Parmi les personnes marquantes six démocrates et un boyard ont été arretés outre 500 autres pris pendant les troubles. Le Gouvernement avoue seulement 5 tués et 24 blessés et 150 arrestations. Des informations à peu près identiques sont transmises par mes collègues.

121

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 6. Francoforte, 17 agosto 1865.

Depuis ma dernière dépèche en date du 29 Juillet (2), la cr.ise du conflit entre la Prusse et l'Autriche se nouait et se dénouait à Gastein, et bien que je n'aie encore rien de positif à mander à V. E. sur le résultat de l'entrevue qu'aura lieu le 19 de ce mois à Salzbourg entre l'Empereur François-Joseph et le Roi Guillaume, je ne v·eux cependant pas prolonger davantage mon silence.

Pendant ces deux dernières semaines les rapports entre l'Autriche et la Prusse étaient si tendus, que si ces deux Puissances avaient voulu ètre consé

quentes à leurs propositions et à leurs notes, la guerre aurait du etre leur der

nier mot.

En effet la dernière note Prussienne adressée à l'Autriche proposait de partager en deux portions l'Holstein et le Schleswig et ainsi, puisqu'on n'arrivait pas à s'entendre, les deux Puissances auraient gouverné et administré à leur guise le territoire qu'on se serait partagé. Il faut avouer que sous des apparences assez justes et loyales, ceÙe proposition Prussienne était passablement perfide. La Prusse aurait commencé par gouverner sa part en l'englobant avec le reste de la Monarchie, qu'aurait-elle fait l'Autriche de la partie du SchleswigHolstein que la Prusse lui abandonnait? Le ,ton meme avec lequel lVI. de Bismarck faisait cette étrange proposition, c'était un défi qu'on jetait au Cabinet de Vienne, et un souffiet sur les joues de la Confédération.

De là l'alarme des Etats secondaires, notamment de la Bavière et de la Saxe. Il me revient d'une source dont je ne saurais douter, que dans la prévision d'une rupture positive avec l'Autriche, M. de Bismarck aurait entretenu M. von der Pfordten et M. de Beust sur la position qu'il conseillait à la Confédération Germanique. Le Ministre 'Prussien n'aurait pas caché aux Ministres Bavarois et Saxon • qu'il n'ignorait pas que leurs sympathies politiques étaient pour l'Autriche. Que cependant dans leur intéret il croyait devoir faire observer que la seule position possible pour la Confédération était celle d'une parfaite neutralité. Si les Etats Germaniques s'y engageaient, la Prusse se serait engagée à son tour à localiser la guerre aux frontières Austro-Prussiennes. Dans ce cas

M. de Bismarck assurait les Etats Germaniques que toutes les autres Puissances européennes auraient gardé la meme réserve qu'avait déjà été gardée par elles lors de la guerre contre 1e Danemark. Que si les Etats de la Confédération ne voulaient pas suivre une pareiille ligne de conduite, comme il n'était guère douteux que la Bavière et la Saxe se seraient ralliées à l'Autriche, dans ce cas la Prusse à son tour aurait proposé aux Etats du Nord de la suivre, et dans le cas de refus, elle aurait occupé ces Etats. Une pareille démarche aurait eu pour conséquence assez possible l'occupation Autrichienne dans les Etats du Sud, puisque la Prusse aurait occupé ceux du Nord de l'Allemagne. L'équilibre de la Confédération ainsi rompu, c'était rendre la question Austro-Prussienne une question Européenne, et faire beau jeu à la France qui en aurait fait son profit, tandis que la perte des Etats secondaires devenait presque certaine, que la victoire restat aux drapeaux de l'Autriche ou de la Prusse •.

Ce langage de M. de Bismarck augmenta l'agitation de tous les Ministres allemands, leurs continuelles allées et venues entre Vienne, Dresde, Munich et Gastein. Le noeud de la question était dans ce dernier endroit, il faudra donc attendre 1e résultat de l'entrevue de Salzbourg, entrevue que ces derniers jours paraissait presque compromise.

Si maintenant elle a lieu c'est que l'Autriche a cédé. Ainsi qu'il arrive assez souvent, on serait tombé d'accord aux dépens d'un tiers, c'est-à-dire, du Due d'Augustembourg. Ce Prince eut été le préféré de la P russe, dans le cas où l',annexion des Duchés aurait été positivement impossible, mais dès que M. de Bismarck entrevit que cette annexion était plutòt contestée qu'entravée, le Prince d'Augustembourg, dont au cotnmencement le Ministre Prussien voulait se servir comme d'un moyen de pis-aller, ce mème Prince devint un obstacle, d'autant plus à cause des Etats Moyens qui ont été pour lui des amis bien compromettants. De là le volteface de M. de Bismarck, auquel on sacrifie en attendant ce Due in partibus.

Quelles so n t l es autres bases sur lesquelles l'Autriche et la Prusse auraient pu s'entendre? L'entrevue de Salzbourg donnera des données à cet égard. Il faut néanmoins que le rapprochement des deux Puissances Germaniques se fonde sur des compromis bien vagues encore, puisque de part et d'autre on garde un silence qui compromet assez tout espoir d'entente solide et véritable.

Le résultat immédiat des négociations qui ont eu lieu ces deux dernières semaines c'est l'éloignement d'une lutte armée entre l'Autriche et la Prusse, lutte qui n'aurait certainement pas manqué de devenir le signal d'une guerre Européenne. Entr'autres la Russie a pesé de tout son poids pour l'emptkher, mais je crois qu'elle prechait, comme on dit, à des convertis, la Prusse n'a pas encore assez d'hommes, et l'Autriche manque absolument d'argent.

Aussitòt que je pourrai avoir quelques données sérieuses sur l'entrevue de Salzbourg, et sur celles des autres P~inces Allemands, qui se rencontreront ou là ou à Baden, je me ferai un devoir d'en référer à V. E.

P. S. -Je joins ici une lettre particulière à l'adresse de M.le Secrétaire Général.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Non pubblicato.
122

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 343. Costantinopoli, 18 agosto 1865, ore 10,30 (per. ore 21).

Ensuite de troubles de Bukarest Sublime Porte a par télégraphe invité prince Couza à rentrer dans ses états (1). Lord Lyons remplace Bulwer.

123

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 354. Berlino, 21 agosto 1865, ore 17,50 (per. ore 20,50).

Dans l'entrevue qui a eu lieu à Salzbourg il a été arreté qu'à partir du premier septembre le Schleswig sera gouverné exclusivement par la Prusse, le

Holstein par l'Autriche. Le Lauenbourg est acquis définitivement à la Prusse moyennant des compensations pécuniaires à l'Autriche, la Prusse obtiendra route militaire, .}es postes et les télégraphes sur cette route et la construction d'un canal.

(l) Con r. 39 del 23 agosto Greppi informò • Manchiamo tuttora di ragguagli scritti sugli avvenimenti di Bukarest. Gli ultimi telegrammi annunziano che la tranquillità era ristabilita. Regna però in questo corpo diplomatico l'opinione che l'autorità del Principe Couza sia assai scossa e che l'assenza sua fu e sarà posta a profitto de' pretendenti Bojardi per minarg!i il terreno sotto i piedi. Aali Pascià fece telegrafare all'Ambasciatore Ottomano a Vienna acciocché prescrivesse al Principe Couza che viaggia di presente in Germania, il pronto ritorno a Bukarest. Né dico a caso prescrivesse giacché mi s'assicura che i termini impiegati fossero assai precisi •.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI

D. (l) Firenze, 22 agosto 1865.

(Pour Paris). Vous n'ignorez pas que dès le mois de Novembre dernier, le Gouvernement du Roi a reçu avis que l'Autriche n'était pas éloignée d'entrer, le cas échéant, en négociation avec le Royaume d'ItaHe pour l'établissement régulier de meilleures relations commeroiales et diplomatiques entre les deux Etats. Vous savez aussi que

M. le Baron de Malaret m'a fait des communications au sujet de dispositions meilleures du Cabinet de Vienne, et que je n'ai pas dissimulé au Ministre de France la manière de voir du Gouvernement du Roi à cet égard.

M. le Chargé d'Affaires de France est venu encore tuot récemment m'·entretenir (pour Paris) à ce sujet; (pour Londres) du meme sujet; cette fois il s'agirait seulement d'un arrangement entre les Autorités de la Vénétie et celles des provinces italiennes, à l'effet de faciliter et d'étendre les relations commerciales entre les deux pays, arrangement qui n'aurait qu'un caractère local. J'avais lieu, M. le Ministre, de considérer cette dernière ouverture comme devant etre appréciée non pas d'après sa teneur effective, mais à titre d'acheminement à la négociation d'accords diplomatiques plus réguliers. En conséquence, je ne me suis pas arreté à relever ce qu'il y a d'anormal et d'impraticable dans ce projet d'un arrangement purement local entre les autorités administratives de certaines provinces de deux Etats qui l'un et l'autre appliquent le meme régime douanier à tout leur territoire, et dont l'un au moins, personne ne l'ignare, entend conserver une entière unité d'administration pour toute la monarchie sans aucune distinction de provinces.

En priant donc M. ·le Chargé d'Affaires de France d'assurer de nouveau

S.E. M. Drouyn de Lhuys que j'apprécie vivement les sentiments de conciliation et de bienveillance qui ont porté le Gouvernement de l'Empereur à nous communiquer ees diverses ouvertures, je lui ai exposé les memes considérations que j'avais eu l'occasion de développer dans plusieurs entretiens avec M. le Baron de Malaret. Le Gouvernement du Roi, tel a été le sens de mes explications, met son honneur à etre l'expression fidèle du sentiment national, et puise sa force dans la conformité complète de ses tendances avec celles de la majorité libérale et modérée des populations. Or il est incontestable que lors meme que la question vénitienne resterait au moins implicitement réservée, ce qui je le

reconnais, n'a pas semblé etre mis en question, une négociation commerciale entre l'Autriche et l'!talie, jointe à la reconnaissance réciproque qui en serait inséparable, serait regardée aujourd'hui en Italie comme une consécration de l'état territorial actuel des deux lVIonarchies et repoussée comme une atteinte aux aspirations nationales. Est-il besoin d'ajouter qu'auprès de considérations pareilles, des avantages commerciaux quels qu'ils fussent ne pèseraient d'aucun poids dans l'opinion publique'? Je ne conteste pas qu'il ne fiìt à désirer que les souffrances qu'impose aux populations limitrophes du Po et du Mincio l'état de choses actuel fussent atténuées autant que possible; mais les sentiments communs qui animent ces populations sont tels, les faits l'ont prouvé, que l'asptration aux sacrifices patriotiques y domine les besoins ordinaires du bien-etre; c'est malheuresement une de ces situations tendues et violentes qui rendent inapplicables, l'Autriche a pu l'apprendre par expérience, les règles de la saine politique et de la bonne administration. La Vénétie a repoussé toutes les concessions, toutes les réformes de l'Autriche pour ne revendiquer que son droi t à l'indépendance. Un arrangement qui, pour réformer quelques tarifs, et pour revetir de formes diplomatiques plus régulières des relations politiques où il n'y aurait rien d'ailleurs de changé, semblerai·t interrompre cette sorte de revendication continue de la nationalité des provinces véni·tiennes, ne serait aujourd'hui ni compris,

ni admis en Italie.

(Pour Paris). J'ai fait remarquer à M. le Chargé d'Affaires de France

(Pour Londres). Vous savez, M. le Ministre, combien d'inquiétudes, combien d'appréhensions en sens divers avaient excité nos négociations récentes avec le S. Siège, bien qu'un accord avec le Chef de l'Eglise sur les questions ecclésiastiques pendantes (pour Paris) fiìt (pour Londres) soit désiré par une grande partie du pays. Que serait-ce d'un accord avec l'Autriche, qui ne se justifierait actuellement par aucune considération assez grave pour balancer les répulsions inévitables du sentiment national?

(Pour Paris). J'ai ajouté encore

(Pour Londres). J'ajouterai

que la situation des affaires politiques en Europe

(pour Paris), (et spécialement en Allemagne)

situation que l'Autriche avait sans doute pr.ise en considération lorsqu'elle

s'·est montrée disposée à se rapprocher de nous, contl'ibuerait précisément à

faire paraitre plus inopportunes encore, aux yeux des populations italiennes,

des négociations de ce genre.

Du reste, pour apprécier le caractère réel d es dispositions de l'Autriche, nous avons diì les rapporter à l'ensemble des procédés du Cabinet de Vienne envers l'Italie. Cette comparaison, M. le Ministre, révè1e un tel contraste entre les tendances dont l'expression nous a été transmise et celles qui inspirent tous les actes de la diplomatie autrichienne, que si ces communications nous eussent été faites par des intermédiaires moins autorisés, nous aurions eu peine, je l'avoue, à les regarder comme sérieuses. Mon intention n'est point de dresser ici un exposé de griefs sans conclusion pratique; il n'est que trop à prévoir que ces griefs s'accumuleront inévitablement entre l'Autriche et l'Italie, tant que la question Vénitienne ne sera pas résolue. Loin de m'étonner que

la situation respective des deux Etats vis-à-vis l'un de l'autre, ainsi que les conséquences qui en résultent naturellement, ne se soient pas améliorées pendant que le Cabinet de Vienne montrait des dispositions à un rapprochement, je suis porté à croire que le fait mème du rétablissement des-rapports diplomatiques entre les deux Cours n'y apporterait aucun changement essentiel. Mais si la situation, au fond, ne pouvait que rester la mème, il semblait logique d'autre part que pendant que le Cabinet de Vienne visait à établir avec (pour Paris) l'Italie (pour Londres) nous de meilleurs rapports, il s'abstìnt au moins d'entraver la politique de puissances tierces dans leurs relations avec (pour Paris) nous. (pour Londres) l'Italie. Cependant depuis quelques mois la diplomatie de l'Autriche déploie une activité exceptionnelle pour mettre obstacle mème à des combinaisons où les puissances, avec lesquelles nous traitons ont un intérèt au moins égal au nòtre.

Je n'ai pas besoin d'appuyer ici, M. le Ministre, sur l'emploi que le Gouvernement ..~trichien a fait de son influence à Rome lors de nos négociations avec le St. Siège au sujet des évèchés vacants. Il a agi de mème auprès des Gouvernements moyens de l'Allemagne pour les détourner de conclure avec l'Italie un Traité de Commerce et de Navigation réclamé par les organes les plus autorisés des intérèts germaniques. Il est allé jusqu'à faire adresser au Gouvernement autrichien a fait de son influence à Rome lors de nos négociaentations et des plaintes contre la proposition faite par la Prusse aux autres Etats du Zollverein de conclure un traité de Commerce avec l'Italie. Dernièrement l'Envoyé d'Autriche à Madrid a formellement protesté auprès du Gouvernement de la Reine contre la reconnaissance de l'Italie par l'Espagne. Les obstacles que l'Autriche oppose aujourd'hui mème à la signature des actes de la Commission Européenne pour la Navigation du Danube montrent encore mieux jusqu'où descendent les préoccupations de l'Autriche à l'égard de nos rapports avec les autres Puissances. Il est difficile de ne pas voir ici encore quelque chose plus qu'une conséquence naturelle de la situation respective des deux monarchies; car aucune raison de dignité où d'intéret ne s'opposait à ce que l'Autriche adhérat à la proposition admise par nous, par égard envers les autres puissances garantes, et approuvée ou appuyée par celles-ci, d'adopter pour la signature de ces Actes le procédé accepté par l'Autriche elle-mème pour la signature de l'Acte de rachat du péage de l'Escaut et pour celle de la Convention télégraphique internationale conclue tout récemment à Paris.

A en juger par de tels incidents, l es dispositions de l'Autriche envers l'Italie (pour Paris) tendraient (pour Londres) viendraient à empir.er plutòt qu'à devenir meilleures. Je ne veux pas y attacher, M. le Ministre, plus d'importance qu'il ne convient. La reconnaissance de l'Italie par l'Espagne n'a pu ètre empèchée: on ne parviendra pas davantage, j'en ai la confiance, à empècher la Papauté de s'entendre un jour avec l'Italie sur les intérets de l'Eglise dans la Péninsule, ni l'Allemagne de renouer avec nous des rapports éminemment profitables à ses intérèts. Mais au point de vue qui nous occupe en ce moment, {pour Paris) le Gouvernement de l'Empereur reconnaitra sans doute que des faits pareils (pour Londres) il faut reconnaitre que des faits pareils

étaient de nature à jeter au moins de l'incertitude sur le véritable caractère (pour Paris) des manifestations diverses (pour Londres) de ces manifestations diverses de la politique autrichienne.

Le Gouvernement du Roi n'a point cessé de désirer une solution pacifique de la question Vénitienne; il n'hésiterait pas à se preter aux combinaisons qui pourraient préparer un tel résultat, et il ne doute pas du concours qui lui apporterait alors le pays.

Mais les circonstances actuelles sont loin d'offrir encore des perspectives favorables. Les puissances amies à qui nous avons signalé tant de fois les dangers de la situation (pour Paris) présente (pour Londres) actuelle et spécialement la France et l'Angleterre, qui ont placé la question vénitienne au premier rang de celles que l'Europe aurait à régler dans l'hypothèse de la réunion d'un Congrès Général, apprécieront qui de l'Autriche ou de nous est particulièrement responsable des embarras que l'antagonisme existant entre les deux Gouvernements apporte trop fréquemment dans la marche régulière des affaires européennes.

(Pour Paris). Aujourd'hui que la plupart des Gouvernements ressentent des besoin de paix

(Pour Londres). A une époque où l'Europe ressent des besoins de paix, de transactions réciproques, de relations meilleures entre les peuples, le Gouvernement du Roi n'a pas manqué de s'attacher sans cesse à diminuer, autant qu'il était en lui, les difficultés d'un état de choses que les inévitables problèmes de la question Vénitienne ne rendent déjà que trop grave. Mais le Cabinet de Vienne en (pour Paris) redoublant de témoignages d'hostilité diplomatique (pour Londres) renouvelant ses hosti1ités diplomatiques contre nous sur tous les points, meme sur le terrain de relations politiques, ecclésiastiques et commerciales qui ne le touchent pas, a aggravé une situation déjà difficile, jeté de nouveaux germes de juste défiance (pour Paris) et de ressentiments bien explicables (pour Londres) et de ressentiment bien ·explicable dans l'esprit des populations italiennes, (pour Paris) et opposé ainsi (pour Londres) il a opposé lui-méme les obstacles les plus sérieux aux accommodements d'ordre secondaire dont il semble avoir laissé voir le désir dans le meme temps au Governement de (pour Paris) l'Empereur (pour Londres) l'Empereur des Français.

(Pour Paris). Veuillez, M. le Ministre, vous exprimer en ce sens dans vos entretiens avec S. E. M. Drouyn de Lhuys.

P.S. -J'ai reçu régulièrement vos rapports politiques n. 223 et 224 (1).

(Pour Londres). Veuillez, M. le Ministre, vous exprimer dans ce sens dans vos entretiens avec les Ministres de S. M. Britannique et en vous accusant réception de vos dépeches du n. 101 au n. 104 pol. et du n. 74 au n. 81 conf....

(l) Il dispaccio venne inviato a Londra col n. 40 e a Parigi col n. 138.

(l) Non pubblicati

125

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 225. Parigi, 24 agosto 1865.

Se occorresse di mostrare quale scarso interesse piglia ora la Francia nelle questioni di politica estera, se ne avrebbe facilmente la prova nell'indifferenza manifestata dall'opinione pubblica rispetto agli affari di Germania, i quali avrebbero in altri tempi porta occasione ai giornali di una polemica appassionata sovratutto quando parve che una guerra fra l'Austria e la Prussia potesse fornire il pretesto alla Francia d'una politica attiva, tendente ad un allargamento territoriale. Ma l'indifferenza della nazione trovò la sua espressione officiale nella neutralità proclamata dal Governo, tutto al più fiancheggiata dall'espressione del platonico desiderio che le popolazioni dei Ducati venissero consultate circa le loro sorti. L'accordo di Saltzburgo non preoccupò l'attenzione del pubblico francese più che l'avessero fatto le fasi precedenti di questa interminabile questione: qualche frizzo del Giornale dei Débats sulla politica di Bismarck qualche parola di commiserazione della Francia sulla situazione a cui si è ridotta l'Austria ecco tutto.

È tuttavia pregio dell'opera di esaminare i caratteri di quell'accordo perchè esso dimostra a mio avviso quali sono i veri rapporti delle due Potenze Tedesche. Io mi permetto perciò di esporre a V. E. qualche considerazione a questo riguardo.

Quando l'Austria si associò alla Prussia nel muover guerra alla Danimarca, un diplomatico Prussiano ebbe a dire che l'Austria imitava con ciò l'esempio della Sardegna guerreggiante in Crimea per procurarsi mediante sacrifizi disinteressati un titolo a vantaggi futuri. Ed infatti potè sembrare abile politica quella dell'Austria di mettersi a capo del moto nazionale Tedesco contro la Danimarca, e di costringere la Prussia a dividere con lei la gloria ed i vantaggi materiali della facile impresa.

Ma H Governo Prussiano costretto ad accettare un aiuto di cui non aveva d'uopo, non rinunziò per questo alle sue mire ambiziose; lasciò che l'Austria versasse il sangue dei suoi soldati, e spendesse il suo denaro contro la Danimarca, e non fece altra concessione che di tendere ad un'annessione indiretta dei Ducati invece di appropriarseli direttamente.

La partecipazione alla guerra Danese, che nel concetto del Conte Rechberg, doveva essere un trionfo della politica austriaca, non preparò quindi aLla casa d'Asburgo che una serie di umiliazioni. Ove lo si paragoni alle orgogliose speranze del Conte Rechberg, il compromesso di Gastein è quindi tutt'altro che una vittoria: ma ove si ponga mente ai pericoli che una guerra colla Prussia avrebbe fatto correre all'Austria, ai suoi imbarazzi interni, alle poco fiorenti sue finanze, non potrà non giudic2rsi come un'abile ritirata quella con cui l'Austria cede bensì il Lauenborgo ma con compenso in danaro, abbandona lo

Schleswig, ma ritiene l'Holstein, ch'essa non cederà probabilmente alla Prussia se non quando abbia potuto strappare all'animo deferente del Re Guglielmo alcuno di quei compensi politici, che il Conte Bismarck seppe rifiutare finora.

Ed è quello appunto, a mio avviso, il carattere principale del compromesso che i due Monarchi Tedeschi hanno firmato a Saltzburgo. Esso inaugura un nwdus vivendi che è provvisorio ma che può durare indefinitamente, e lasciar quindi il campo alla diplomazia tedesca di svolgere il lento procedimento dei suoi negoziati. Se l'Austria non riescirà ad ottenere le indennità da lei chieste, la vedremo favorire il partito del Duca d'Augustenborgo, e promuovere nell'Holstein manifestazioni in favore del pretendente. Eguale cosa farà la Prussia nello Schleswig pel Duca d'Oldenborgo, se però non troverà più conveniente di mutare in dominio diretto il semplice possesso che le è ora conferito. Ma è più probabile assai che continuino personalmente fra il Re di Prussia e l'Imperatore d'Austria i negoziati circa il compenso territoriale od altro che permetterà all'Austria di cedere alla Prussia anche l'Holstein e di ritirarsi da un'avventura in cui non fu senza pericolo per lei che fossero, benchè invano, pronunciate le parole di nazionalità e di volontà popolare.

Le vere vittime dell'accordo sono gli abitanti dei Ducati. La guerra era stata intrapresa per non disgiungere lo Schleswig dall'Holstein, ed eccoli ora più disgiunti che mai. Ad ,eccezione del nord dello Schleswig, ove gli abitanti deplorano di essere stati violentemente separati dalla Danimarca, le popolazioni dei Ducati amano il Duca d'Augustenborgo e ne desiderano il governo. Ora la Prussia ha dichiarato, senza essere contradetta dall'Austria, che il Re attuale di Danimarca era il solo che avesse diritto al possesso dei Ducati: questa dichiarazione esautora il Duca di Augustenborgo, e mentre contiene u:na sconfessione implicita della guerra fatta alla Danimarca pone la conquista come fondamento legale del condominio Austro-Prussiano e delle ulteriori pretese Prussiane. Così in questa questione Dano-Germanica tutti i principii dell'antica e moderna politica furono successivamente invocati e violati: e l'indifferenza con cui la Francia e l'Inghilterra assistono a questi avvenimenti deve ammonirci a non avere cieca fiducia in certi principii la cui forza intima è visibile a grandi intervalli, ma non impedisce che la violenza abbia ancora in certi periodi la sua prevalenza nella Storia.

Il trionfo diplomatico della Prussia non è del resto senza difficoltà e senza danno. Nello Schleswig la popolazione d'origine Danese vorrà riunirsi alla Danimarca mentre gli altri abitanti del Ducato vorranno far causa comune coll'Holstein pel Ducato d'Augustenborgo. Ciò obbligherà la Prussia a governare colla forza e militarmente il Ducato, mentre l'Austria potrà fare senza danno pompa di facile governo nell'Holstein. Inoltre la lentezza con cui il signor Bismarck raggiungerà indirettamente l'intento non corrisponde certo alle brillanti speranze di questo Ministro, la politica del quale attira alla Prussia l'odio dei Governi e delle popolazioni germaniche, che sono ora meno che mai disposte a riunirsi attorno agli Hohenzollern per conquistare l'unità a cui aspirano. La via scelta dal signor Bismarck non è dunque quella che possa condurre la Prussia all'adempimento della sua missione storica in Germania.

126

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL SEGRETARIO DELLA LEGAZIONE A PARIGI, ARTOM (Carte Blanc)

L. P. Firenze, 25 agosto 1865.

Voi sapete che non si parla più della questione di Roma. È un tema esaurito per ora, e le voci di negoziati segreti caddero da sé. Ma si parla della politica del Governo riguardo a Venezia. Le voci di negoziati tra l'Austria e noi, accreditate dalla stampa officiosa di Parigi, sono exploitées dal partito d'azione in Italia. L'opuscolo di Massimo d'Azeglio così rassegnato ad una pace indefinita accreditò tanto più tali rumori, che il Ministero dell'Interno lasciò credere che quello fosse il programma del Governo. Si parla nel Veneto di prossime convocazioni per ,elezioni Municipali: il partito dell'astensione dignitosa e della continua e perpetua protesta incontra difficoltà in quella credenza, non smentita ben inteso dalle autorità austriache, in probabili accordi tra il Governo del Re e l'Austria.

Lettere particolari recano che nei negoziati tra l'Austria e la Prussia l'Austria si mostrò sicurissima dal lato dell'Italia, e lasciò capire che da noi si desiderava ardentemente un ravvicinamento. Infine rapporti che il Comm. Cerruti considera come autorevolissimi sulle cose d'Ungheria e di Croazia riferiscono che negli uomini che ebbero relazioni coi personaggi del Governo, è ferma la convinzione che non si ha più nulla da sperare dall'Italia. Non si può guarì dubitare che il Gabinetto di Vienna non abbia adoperato utilmente presso alcuni Capi Ungheresi, Croati e presso qualche Italiano forse, certi brani della corrispondenza spedita a Vienna dal Metternich dopo i colloqui avuti con Drouyn de Lhuys.

Perciò si credette necessario il dispaccio che riceveste recentemente sulla questione delle nostre relazioni coll'Austria (1). Se continua così è che noi ne rimarremo dupes. Ci si fanno delle ouvertures che non hanno nulla di officiale, che diplomaticamente appena esistono di modo che non possiamo servircene per dimostrare l'influenza crescente d'Italia né per tracciare la linea precisa della politica governativa dinnanzi al paese; ma nello stesso tempo si spargono nel pubblico voci di ravvicinamento, si svolgono a nostro danno e si fa uso purtroppo efficace di documenti che fanno supporre per parte nostra vivo desiderio ed anche avviamenti a trattative coll'Austria.

Ora non sarà possibile presentare al parlamento, fra altri documenti relativi ad altre questioni, anche questo nostro dispaccio colle opportune correzioni? Se no, la questione Veneta rimane al bujo all'apertura del nuovo parlamento, e con non lieve inconveniente, date le circostanze.

(l) Cfr. n. 124.

127

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI (l)

(Ed. in L V 8, pp. 309-310)

D. 41. Firenze, 26 agosto 1865.

Le accludo per sua informazione e perchè all'occorrenza ne faccia parola con Lord Russell, le informazioni trasmessemi da Costantinopoli sul reciso rifiuto dell'Austria di ammettere per la firma degli atti della commissione del Danubio il modo di procedere pur da essa già accettato a Brux,elles ed ultimamente a Parigi.

Ella potrà fare osservare che mentre il Governo del Re, per deferenza alle Potenze amiche, fece una proposta conciliativa ·e convalidata da due precedenti, il Gabinetto di Vienna, dichiarando di non avere nessuna premura di risolvere tale difficoltà, pone deliberati ostacoli alla conclusione di atti che altamente interessano altre Potenze e segna<tamente l'Inghilterra.

Ella è autorizzata, ove se ne presenti l'occasione, a domandare * confidenzialmente * (2) a Lord Russell se egli non reputi opportuno, ora che tutte le altre Potenze garanti hanno accettato la nostra proposta, di risolversi a procedere alla firma degH atti della Commissione in quella forma, lasciando all'Austria il giudicare quanto le convien di decidere per parte sua.

* Segnandole ricevuta de' suoi pregiati rapporti n. 105 Politico e n. 82 Confidenziale... * (3).

128

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A WASHINGTON, BERTINATTI

D. CONFIDENZIALE S. N. Firenze, 27 agosto 1865.

Ho ricevuto e letto il suo dispaccio confidenziale 25 scorso (4). Mi rincresce che non siasi creduto dall'onorevole Signor Seward di poterle preventi~amente confidare quale sarebbe il preciso oggetto della missione di cui vorrebbe incaricare la S. V., ma è lecito supporre si tratti di quistione che propriamente interessa la Francia e gli Stati Uniti. Non parrebbemi quindi conveniente che il Ministro d'Italia accetti l'incarico di far comunicazioni al Governo Francese mentre vi è un Inviato Francese a Washington. D'altronde sarebbe pericoloso per noi l'intrometterei in quistioni che non ci toccano direttamente. Quindi se la S. V. Illustrissima ha qualche suo personale motivo per venire .in congedo le dò la facoltà di farlo lasciando la cura degli affari correnti della Legazione

al Signor Cantagalli. Ma Ella non dovrà prendere col Signor Seward verun impegno di comunicazioni ad altre Potenze, e saprà certamente trovar termini che attestando il pregio in cui Ella e noi teniamo la fiducia che le si vorrebbe dimostrare non ci vincolino ad un passo qualunque verso la Francia.

P. S. -Mi pervenne in questo momento l'altro suo dispaccio riservato del 28 luglio (1). Vedo che mi ero bene apposto nelle mie induzioni. Mi stupisce

· però che un uomo di Stato così illuminato e così esperto come il Signor Seward abbia prestato tanto facilmente l'orecchio a supposizioni che non hanno il menomo fondamento, e mi stupisce viemaggiormente ancora che il Signor Marsh abbia trasmesso quasi fossero serie notizie, al suo Governo voci insussistenti di giornali, senza prima parlarcene francamente e chiederci esplicite dichiarazioni. La S. V. Illustrissima ha fatto bene a smentir subito quelle voci perché sono assolutamente false e nulla vi ha potuto dar appoggio. Né il presente gabinetto, né i pYecedenti non hanno sognato mai a dipartirsi, in una ipotesi qualunque, dalla più assoluta astensione negli affari del Messico, né dalla Francia ci venne mai fatta anche la più lontana allusione ad un nostro qualsiasi concorso. Si è appunto per il fermo proposito di non !asciarci impigliare in quella quistione che noi, per quanto desideriamo di far cosa grata agli Stati Uniti, non crediamo poterei impegnare a fare comunicazioni alla Francia. Le ripeto adunque Signor Cavaliere la raccomandazione di non assumere verun impegno a questo riguardo. Se per ragioni sue personali Ella si decide a recarsi in congedo, è ben inteso che dovrà venire immediatamente a Firenze.

(l) -In pari data venne inviato a Nigra un dispaccio che riproduce solo il lo ed il 3o capoverso del presente. (2) -I brani fra asterischi sono omessi in LVB. (3) -Non pubblicati. (4) -Non pubblicato.
129

IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 3. Madrid, 29 agosto 1865 (per. il 4 settembre).

Dès ma première entrevue avec M. Bermudez de Castro, j'avais diì. me

persuader que je ne serais seçu par la Reine qu'à son retour à Madrid. Ce

Ministre avait beaucoup insisté sur l'impossibilié dans laquelle, selon lui, se

trouvait Sa Majesté de m'admettre pour la présentation de mes lettres de

créance dans la maison privée et très modeste qui lui sert de demeure à Zarous.

Voyant clairement que c'était un parti pris, et d'ailleurs ne voulant ab

solument pas débuter ici en soulevant des difficultés, je me suis soigneuse

ment abstenu de toute observation à ce sujet, malgré que je fusse persuadé

d'avance des inconvénients d'une situation anormale qui pouvait durer long

temps et donner lieu, ain"i qu'elle l'a déjà fait, à des suppositions tout-à-fait

erronées et malveillantes.

Mais l'arrivée en Espagne de S.A.R. le Prince Amédée, qui ne pourra

guère, à mon avis, se dispenser de rendre visite à la Reine, m'a induit à faire

quelques démarches purement officieuses auprès du Secrétaire Général dl,l

Ministère des Affaires Etrangères. dans l'espoir qu'on aurait pu arranger de

façon à ne plus retarder ma réception. J'aurais pu ainsi, sans aucun inconvé

nient et selon les formes d'usage, présenter moi-mème Son Altesse Royale à Sa

Majesté Catholique, car j'espérais, je l'avoue, que le Ministère espagnol aurait

été le premier à reconnaitre la nécessité de m'admettre avant l'arrivée du

Prince à Madrid, à présenter à la Reine la lettre par laquelle le Roi Notre Au

guste Souverain Lui annonce qu'il a pris le titre de Roi rl'ItaUe.

Le Vicomte del Ponton, Sous-Secrétaire d'Etat, a écrit dans ce sens à

M. Bermudez, qui est depuis plusieurs jours à Biarritz. Mais ce Ministre vient de lui répondre que la Reine ne pourra me recevoir qu'à son retour à Madrid après le quinze septembre. Il ajoute ensuite que si le Prince venait à exprimer le désir de rendre visite à la Reine, Elle ne pourrait pas l'inviter à venir à Zarous, parce Que Son Altesse Royale n'y trouverait mème pas un hotel ni une maison privée où se loger.

J'ai de suite fait part de ceci au Colone! Morra, qui accompagne le Priuce, pour sa gouverne. Il est toutefois probable que si Son Altesse Royale voulait bien se rendre à Zarous de S. Sébastien pour y passer seulement une ou deux heures, on finirait par m'engager à le présenter moi-mème, à Sa Majesté, tout en n'ayant point encore remis mes lettres de créance.

D'après un télégramme que je viens de recevoir, le Prince Amédée partira le 2 Septembre au soir de Grenade pour venir ici. Je lui ai procuré un train spécial pour passer en chemin de fer sur la partie de la ligne qui n'est point encore livrée à la circulation, et j'irai à sa rencontre jusqu'à Venta de Cardenas avec une partie du personnel de la Légation.

J'ai su par l'Ambassadeur de France que la première entrevue entre Sa Majesté Catholique et l'Empereur des Français aura lieu à S. Sébastien le 9 Septembre. La Reine d'Espagne rendra ensuite la visite à Leurs Majestés Impériales à Biarritz le 11 du mème mois.

(l) Cfr. n. 109.

130

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 122-123)

L. P. Parigi, 29 agosto 1865.

Le scrivo oggi d'ufficio (l) sulla comunicazione da me fatta a Drouyn de Lhuys intorno alle aperture dell'Austria per un accomodamento commerciale. Portai a notizia del Ministro Imperiale tutte le ragioni ch'Ella m'indicò nel Suo

dispaccio del 22 corr,ente (1). ll Signor Drouyn de Lhuys mi disse che trovava questa risposta naturale, e non fece nessuna osservazione.

ll Signor Drouyn de Lhuys mi parlò della questione della medaglia da accordarsi ai soldati che hanno combattuto nella difesa di Roma. Mi disse che ne aveva scritto all'Incaricato di Francia a Firenze, ed aggiunse che questa cosa avrebbe fatto una cattiva impressione nell'esercito francese, e che si vedeva obbligato di parlarne all'Imperatore.

Io risposi che per la prima volta mi si parlava d'una tale questione, che avrei domandato in proposito il di lei avviso e le di lei istruzioni, che però avevo due osservazioni a fargli fin d'ora, cioè 1° che si trattava semplicemente d'una medaglia commemorativa, e non già d'una medaglia remunerativa; 2o che facevo le mie riserve intorno alla spedizione di Roma, spedizione che io non poteva a meno di deplorare. Lasciai adunque intatta la questione; giacché prima di dire o fare alcuna cosa in proposito ho bisogno di avere da lei istruzioni precise. La prego adunque di scrivermene o farmene scrivere.

La convenzione di Gastein fece qui pessima impressione. Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che le due grandi Potenze Germaniche avevano calpestato ogni principio: principio di nazionalità, principio di sovranità popolare, principio dell'interesse delle popolazioni; che la sola regola di condotta seguita in questi deplorab1li negoziati era la forza e l'interesse di ciascuna delle potenze contraenti. Il fatto è che questo accomodamento non è una vittoria né per la Prussia, né per l'Austria; non per la Prussia perché sarà per lei una sorgente d'impopolarità maggiore .in Allemagna e ·in Europa; non per l'Austria perché la sua dignità è sacrificata ed ha stabilito un precedente di vendita che le sarà, se Dio vuole, fatale un giorno. Del resto l'Austria ha potuto convincersi di qual peso sia per lei l'ostilità dell'Italia giacché fu questa ostilità che la forzò a passare sotto le forche caudine di Bismarck. Ma aspetto le due alte parti contraenti alla scadenza di un anno.

Giovedì vedrò l'Imperatore perché devo annunziargli l'arrivo del Principe Amedeo e concertare il giorno in cui Sua Maestà potrà riceverlo. Il telegrafo porta le dimissioni di Lanza a cui non m'attendevo. Suppongo che il suo Segretario Generale l'abbia ric!otto a ciò. Me ne rincresce. Se l'Imperatore mi riceverà in udienza privata e se mi dirà qualche cosa che meriti esserle riferita, le .telegraferò (2).

(l) Con r. 227 di cui si pubblica il brano seguente: • Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri mi disse che non s'era fatta alcuna illusione sul valore e sull'esito di queste aperture:che però aveva giudicato essere conforme alla parte che la Francia rappresenta fra i due Gabinetti di Firenze e di Vienna il non rifiutarsi a farsi interprete presso l'Italia di codeste aperture: che del resto nulla trovava a ridire alle osservazioni che l'E.V. mi incaricava di fare a questo riguardo •.

131

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. CONFIDENZIALE 373. Parigi, 30 agosto 1865, ore 20 (per. ore 21,35)

Un article du Morning Post sur les articles secrets de la convention austroprussienne, dit que la Prusse s'est engagée à proposer à 1a Diète germanique la

garantie des possessions non allemandes de l'Autriche. J'ai lieu de eroire que cet article a été fait ici à Paris. Le but de l'artide est évidemment celui de provoquer des explications car ici on ne satt rien sur l'existence d'articles secrets; en tout cas je ne crois pas à la clause de la garantie.

(l) -Cfr. n. 124. (2) -Alcuni brani sono editi in LA MARMORA, pp. 48-49 e in CHIALA, pp. 24-25.
132

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 51. Berlino, 31 agosto 1865 (per. il 4 settembre)

L'arrangement de Gastein continue à préoccuper de plus en plus l'opinion publique. Ce n'est pas tant l'importance des stipulations, qu'on y a arretées qui inquiète les esprits, comme les conséquences que la Convention pewt porter avec soi. On est arrivé à se demander si cet arrangement doit rester un fait isolé, ou bien si l'on ne doit le considérer que comme le préliminaire de résolutions qui se manifesteront dans la suite.

Je viens de savoir à ce sujet que le Gouvernement lmpérial a prescrit à son agent à Berlin de controler ce qui pourrait y avoir de vrai dans les cinq articles secrets de la Convention ratifiée à Salzbourg et que le Ministre de France à Francfort a transmis avant-hier à Paris comme puisés à bonne source. Une depeche à peu près identique a été envoyée à l'agent diplomatique anglais. Je ne doute pas que V. E. aura été à son tour informée du prétendu contenu de ces articles, mais à toute bonne fin je crois devoir les Lui transcrire ci-après, tels quels ils sont parvenus à ma connaissance.

Article 1° Le port de Kiel deviendra exclusivement por.t Prussien, ainsi que la forteresse de Rendsbourg. Article 2o Des lois très sévères à l'égard du droit de réunion, et de la presse seront mises immédiatement en vigueur dans le· Holstein.

Article 3o Le Due d'Augustenbourg pourra continuerà résider dans le Duché, mais à la condition de s'abstenir absolurnent de toute rnanoeuvre tendante à y rnaintenir son infiuence.

Article 4° Quand faire se pourra, l'Autriche cèdera à la Prusse ses droits de condominium dans le Holstein pour une somme de 12 millions de thalers.

Article 5" Les deux grandes Puissances aUemandes se concerteront pour proposer à la Diète une motion tendante à faire entrer dans la Confédération les possessions non allemandes de l'Autriche.

Ce dernier article nous intéressant particulièrement, j'ai cru devoir, quoiqu~

V. E. ne m'en ait pas chargé, aller aux informations, pour tàcher de découvrir si vraiment la Prusse avai t pu se mettre d'accord avec l'Autriche sur une proposition qui est évidemment contraire à tous ses intérets et qu'elle avait rejetée avec une force convenable, et tout au moins louable au fameux Congrès des Princes à Francfort.

L'absence du Président du Conseil rendait ma tàche presqu' impossible, celle de mes collègues de France et d'Angleterre n'était pas plus aisée. Les réponses que nous avons reçues concordent parfaitement. Le Ministre de l'Intérieur, le seui qui soit en communication directe avec M. de Bismarck, a répondu qu'il ne savait rien du traité secret, et que quant à l'entrée des possessions autrichiennes extrafédérales dans la Confédération, il croyait n'en etre pas question, comme aussi d'une garantie quelconque de la part de la Prusse. Comment voulez-vous, a-t-il ajouté, que l'Autriche puisse croire à une garantie réelle de la P russe, et comment voulez-vous que nous nous privions de gaieté de cceur d'un aussi puissant levier que l'Italie? Je n'ai pas voulu répondre qu'on remise le levier sous un hangar, une fois que l'édifice est complètement bati, parce que effectivement il me semble que l'e grand édifice germanique aura encore pour quelque temps besoin de ses maçons.

Quoi qu'il en soit il me revient que M. de Gotz a été chargé de demander formellement à la France un traité de neutralité. Une telle demande après l'arrangement de Gastein a du étonner le Gouvernement Impérial, qui ne voudra certes pas engager sa liberté d'action pour l'avenir. En attendant le Gouvernement Impérial a envoyé une déplkhe à so n Chargé d'Affaires dans laquelle on recherche les motifs qui ont pu induire le Gouvernement Prussien à conclure un acte de telle nature, qu'on qualifie comme un fait dont l'Europe avait depuis longtemps perdu le souvenir et qui rappelle les temps les plus funestes de l'histoire. Quoique cette dépeche ne soit pas destinée à etre lue, et ne doive servir que pour l'instruction personnelle de son Agent, elle n'en est pas moins un indice assez clair de l'impression produite à Paris par l'entente des Puissances Allemandes.

Si je ne puis éclairer V. E. sur l'existence, ou la non existence d'articles secrets à la Convention de Gastein, il me résulte pourtant d'une conversation que j'ai eue avec le Comte Eulenbourg qu'on négocie dans ce moment, et que peut-étre la négociation est à bon port, pour arriver à une réforme de la Confédération Germanique. Cette réforme me parait d'autant plus importante que les deux grandes Puissances allemandes, laissant de còté la question politique, qui pourrait ,les amener à des divergences d'opinion irréconciliables, se trouveraient en position de pouvoir disposer, dans un moment donné, de toute la force militaire de la Confédération.

M. de Bismarck étant attendu de jour en jour ,il me sera peut-etre possible de voir un peu plus clair dans cet imbroglio, et tenir V.E. au courant un peu plus précisément de la situation.

133

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 377. Baden, l settembre 1865, ore 15,05 (per. ore 18,40).

J'ai appris de source certaine qu'avant convention Gastein on s'attendait à non réussite, mais tout était prét pour rupture entre Autriche et Prusse. De méme je sais pour sur que Bismarck a donné assurance à Stuttgart sur la bonne entente actuelle austro-prussienne et que Roi de Prusse a dit dernièrement et très hautement à Varnbi.iler à la gare de Stuttgart Q.Ue la réconciliation entre Prusse et Autriche était désormais tout à fait complète.

134

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (A S. Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 123-126)

L. P. Parigi, 2 settembre 1865.

Ho ricevuto la sua lettera del 28 agosto e la ringrazio molto delle notizie che mi dà intorno alla mutazione avvenuta nel seno del Gabinetto. Queste notizie mi giungono utilissime ed opportune perché i corrispondenti dei giornali francesi han perso la bussola ed interpretano tutto a rovescio. È importante che il Governo francese abbia idee più esatte in proposito, e la sua lettera mi serve appunto a questo scopo.

* -Ier l'altro fui ricevuto dall'Imperatore ed ebbi con lui una conversazione di mezz'ora circa, assai interessante* (1). Cominciai ad annunziargli il prossimo arrivo del Conte di Pollenzo e la visita che Sua Altezza Reale desidera fare alle loro Maestà. L'Imperatore mi disse che partiva il 6 per Biarritz; che il 9 andava a visitare la Regiona di Spagna a San Sebastiano e 1'11 la Regina sarebbe venuta a Biarritz a restituire la visita. Rimangono liberi i giorni 8 e 10, ed in uno dei due giorni il Principe Amedeo potrebbe far la sua visita a Biarritz che si trova appunto a mezza strada fra Madrid e Parigi. La cosa fu combinata a questo modo, ed io scrissi in questo senso al Principe. * -La conversazione si aggirò quindi sugli incidenti politici degli ultimi giorni. Raccontai all'Imperatore i passi fatti dalla Prussia a Firenze e la risposta di Lei data. Poi soggiunsi che siccome era possibile che più tardi la medesima eventualità si presentasse con maggiore probabilità di una soluzione non pacifica, avrei desiderato sapere l'avviso dell'Imperatore ed anzi gli domandai consiglio. La prego di considerare la risposta dell'Imperatore come affatto confidenziale e di tenerla per lei solamente. L'Imperatore mi disse chiaramente che se l'occasione si presenta d'una rottura seria tra l'Austria la Prussia, l'Italia non deve !asciarla sfuggire. Però ,l'Imperatore si mostrò preoccupato della questione militare. Egli fece l'ipotesi che l'Austria, stando sulle difese dal lato della Prussia si volgesse rapidamente con tutte le sue forze sull'Italia, facesse una punta a Milano, e tentasse l'Appennino. Quest'ipotesi preoccupa l'Imperatore evidentemente perché, se l'Austria tocca alla Lombardia, l'azione della Francia verrebbe necessariamente ad impegnarsi, quello che vorrebbe evUare.

Ma io osservai a Sua Maestà che l'ipotesi contraria è la più probabile, cioè che l'Austria si limiti ad una guerra difensiva in Italia ove è protetta dal quadrilatero, e concentri tutto il peso delle sue forze sulla Prussia.

L'Imperatore convenne che questa ipotesi sarebbe forse più probabile, e parve credere che in tal caso l'Italia dovrebbe agire sull'Adriatico, e sollevare la costa illirica e possibilmente l'Ungheria. Ma sventuratamente tutto ciò non è per ora che mera ipotesi.

Io volli però domandare all'Imperatore se fosse disposto ad accordare alla Prussia la neutralità, di cui questa si contentava, nel caso d'un conflitto AustroPrussiano. L'Imperatore mi rispose affermativamente. Deploro profondamente che Bismarck non abbia saputo in tempo questa disposizione dell'Imperatore, perché forse una tale assicurazione avrebbe potuto determinar la guerra.

Io penso che, senza peccar d'indiscrezione Ella potrà abilmente, e senza citare le sorgenti, far sapere ad Usedom questa circostanza. Insomma secondo l'Imperatore la nostra condotta è naturale e semplice. Non compromettersi leggermente, ma non scoraggiare la Prussia, e se l'occasione si presenta, pigliarla. Io dissi all'Imperatore che mi pareva suo interesse che cooperasse anch'esso a far nascere quest'occasione. Ma l'Imperatore mi disse che se esso avesse anche solo l'apparenza di mescolarsi in questo conflitto, ciò avrebbe prodotto un risultato affatto contrario ai nostri desiderii. L'Imperatore pensa che esso deve assolutamente mostrarsi estraneo alla questione, come ha fatto finora. Non è che seguendo questa condotta ch'egli può giungere a separare le due grandi potenze germaniche. L'Imparatore non è contento della Convenzione di Gastein, prima perché allontana il conflitto delle due Potenze, secondo, perché essa viola i principi di nazionalità e di rispetto alla volontà popolare. M'ha domandato s'io credevo che questo accomodamento potesse durare. Gli risposi che a mio avviso da questo accomodamento sarebbe nato più tardi un conflitto inevitabile, ma non gli celai che intanto l'Austria era riuscita a guadagnar almeno l'inverno, tempo prezioso, perché ne avrebbe profittato per aggiustarsi coll'Ungheria *.

L'Imperatore mi parlò dell'affare della medaglia per la campagna dei volontari di Roma, e mi disse che questo fatto faceva a ,Jui e all'esercito francese cattiva impressione. L'Imperatore credeva che la medaglia portasse un'iscrizione che mentova l'assedio di Roma. Rettificai questa sua opinione; gli dissi che ne avevo scritto a Lei, dei cui sentimenti egli non poteva dubitare. Infine lo pregai, pel caso in cui la cosa non potesse accomodarsi, a non darle un'importanza esagerata, importanza che non può né deve avere. Tuttavia non devo celarle che l'impressione cattiva rimane. Aspetto quindi le notizie ch'Ella mi promise col telegrafo, affinché io possa valermene per menomare quest'.impressione.

L'Imperatore mi parlò poi di Roma. Egli mi disse che era importantissimo per lui, per noi, per tutti, che allo scadere del termine fissato dalla Convenzione per l'evacuazione di Roma, non succeda nessun movimento nelle provincie pontificie; che Sartiges gli aveva detto che il solo partito d'azione è impotente a fare un movimento a Roma, e se lo fa, il Papa può reprimerlo facilmente colle sue sole forze, ma che se il partito nazionale tenta un movimento d'accordo

o colla permissione del Governo italiano, le forze del Papa non potranno reprimerlo. L'Imperatore ci scongiura perciò ad evitare per quanto dipende da noi un simile fatto che sarebbe egualmente deplorabile per tutti. L'Imperatore è risoluto ad uscire ad ogni costo da Roma, e lo farà inevitabilmente. Ma desidera che per parte nostra ci sforziamo a rendere minori le difficoltà. Io assicurai l'Imperatore, che il Governo del Re era dal suo lato risoluto ad adempiere strettamente la Convenzione, ad impedire ogni attacco esterno, ad astenersi da ogni eccitazione nel territorio Romano non solamente, ma ben anche a consigliare qua,lunque dei Romani che si fosse a lui diretto, di impedire ogni dimostrazione, ogni movimento. Non dissimulai all'Imperatore che le nostre difficoltà sulla frontiera sarebbero aumentate; ma gli dissi che poteva contare sulla nostra ferma determinazione d'adempiere strettamente e interamente i nostri obblighi. lo credo che, quando si avvicinerà il termine predetto, il Governo dovrà far pervenire al comitato Romano istruzioni in questo senso. Ci pensi e mi scriverà poi il suo avviso, quando verrà il tempo in cui dovrò riparlare di queste cose al governo francese.

* Mi pare di non aver dimenticato nulla. Ma se mi ricorderò di qualche cosa che potesse essermi sfuggita, le riscriverò di nuovo *.

Consegno questa lettera a Briganti Bellini, che parte domattina per Firenze. Le perverrà forse con un po' di ritardo. Ma preferisco questo inconveniente a quello di servirmi della posta.

* Le rinnovo la preghiera di considerare queste cose come assolutamente confidenziali, perché l'Imperatore parlò con me privatamente e senza nessun carattere ufficiale *.

Ho rimesso la sua lettera alla graziosa duchessa; stia certo che non penso nulla di male, quantunque io abbia trovato la duchessa più giovane, più elegante, e più seducente che mai.

(l) I brani fra asterischi sono editi in CHIALA, pp. 25-27.

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IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 47. Baden, 6 settembre 1865 (per. il 16).

Veffet produit en Allemagne par le récente Convention Austro-Prussienne est fort peu favorable à l'Autriche.

Les stipulations de Gastein et Salzbourg déjà signalées en résumé par ma Confidentielle du 15 et 22 Aout (1), laissent à la Prusse la haute main absolue dans le Schleswig et une infl.uence prépondérante dans le Holstein sans compter l'annexion légalisée du Lauenbourg.

En effet ayant le droit de fortifier le port de Kiel avec garnison Prussienne, Rendsbourg avec garnison mixte, 'et le Pays sillonné stratégiquement et commercialement par des communications fluviales, terrestres, et rtélégraphiques Prussiennes, meme le Holstein sera bien plus Prussien qu' Autrichien de fait.

On assure que les Gouvernements Confédérés ont été complètement tenus à l'éca:nt à la dernière heure des stipulations cle Gastein et que M.M. Von der Pfordten et Beust surtout, qui paraissaient s'y intéresser davantage jusqu'à des allées et venues pour s'aboucher entre eux et avec M. de Bismarck, sont assez mécontents du secret si bien gardé à leur égard.

D'autres Gouvernements secondaires ne semblent pas au contraire si hostiles au succès Prussien. J'ai toute raison de eroire en effet que l'article de l'Allgemeine Zeitung du 23 Aout, favorable à la Omvention Austro-Prussienne est l'expression de plusieurs Cabinets Allemands, entre autres de celui de Wurtemberg, tandis que l'opinion publique et Nationale, loin de se partager, est tout à fait contraire à la Convention, y compris celle en Autriche. Il y a déjà eu à Leipzig une réunion dite des 36 qui représentent les Comités permanents des tous les Parlements Allemands, et l'un des Membres Militants de ce Comité assurait ces jours-ci que le résultat de cette réunion sera la convocation du plenum de tous les Députés Germaniques (comme celle qui eut lieu il y a deux ans, je crois, à Francfort) pour discuter sur la situation actuelle au point de vue Allemand et délibérer le quid agendum en présence de la Convention de Gastein.

Reste à savoir si l'Autriche, et :;urtout la Prusse et meme les Gouvernements secondaires en général, laisseront transformer en agitation de pareilles manifestations, et le cas échéant, si, avec l'organisation peu pratique du rouage Allemand, cette manifestation pourra modifier les conséquences des récents accords Austro-Prussiens.

A l'égard de l'opinìon des masses après la Convention de Gastein un fait est à signaler, celui que meme les Paysans s'en occupent et se disent • puisque les Souverains vendent des Populatio:!S entières comme ils l'ont fait quant au Lauenbourg, pourquoi n'aurions nous pas le droit de nous affranchir à notre tour et de racheter les droits féodaux et autres? • Je tiens ce fait de témoins désintéressés.

Un des doyens du Corps Diplomatique à Francfort caractérisait ces jours ci la clause II quant à la création d'une flotte Allemande d' • amère illusion • de meme que l'opinion exprimée par lui que l'établissement d'un Gouvernement provisoire Prussien n'est que le premier pas à un Gouvernement définitif, dans le Schleswig du moins est plus ou moins partagée par la Diplomatie Etrangère en Allemagne et par des personnages indigènes politiquement et personnellement désintéressés dans la question.

Quant à la politique de M. de Bismarck dans cette dernière phase Schleswig Holsteinoise, elle est généralement considérée camme de plus en plus habile et favorable aux intérets Prussiens et l'on va jusqu'à prédire le remplacement de M. de Mensdorff-Pouilly à Vienne par M. de Blorme, le Négociateur Autrichien de la Convention de Gastein, lequel est originaire des Duchés de l'Elbe et gendre du Comte Buoi.

Peut-etre, M. de Bismarck aurait été moins disposé à la conciliation avant, et malgré son incontestable triomphe de Gastein, si ses vues avaient trouvé l'unisson avec de hautes volontés et reconnu le terrain à l'étranger, qu'on se doute avoir été exploité, favorable à des projets personnels plus aventureux.

Ma Dépeche télégraphique du l septembre (l) a déjà informé V. E. du revirement qui s'est opéré à la dernière heure à Gastein. Pour ce qui concerne les rap

ports entre l'!talie et l'Allemagne, j'ignore si la Convention de Gastein peut exercer une influence non pas dans le courant de l'opinion publique manifestée si ouvertement dans ces derniers temps, mais dans les régions Gouvernementales des Etats Confédérés. De toute manière l'es paroles que le Roi de Prusse a daigné m'adresser, et celles plus explicites de son premier Ministre, réferées textuellement par mes récens télégrammes et annexe à ma Dépèche

n. 53 A.C. (l) (d'autant plus importantes, vu les Personnages aux quels elles étaient adressées) me semblent du còté de la Prusse très rassurantes.

Quant aux Etats secondaires, mon dernier Rapport politique n. 43 (2) sur le vote de la Chambre Wurtembergeoise accepté par le Ministère, démontre, ce me semble, de quelle manière la manifestation de l'opinion publique et la prépondérance des intérèts matériels dominent déjà la situation politique.

Lord A. Loftus, Ministre d'Angleterre à Munich, actuellement à Bade, me disait ces jours-ci, en me demandant à quoi nous en étions pour notre Traité de Commerce, avoir provoqué, avant son départ de Munich, une conversation à ce sujet avec M. Von der Pfordten, et avoir trouvé le premier Ministre Bavarois peu disposé personnellement en faveur de l'Italie jusqu'à lui répondre d'une manière assez vive. Le Ministre Britannique ajouta, que dans son opinion la Bavière elle-mème, camme les autres Etats Confédérés, ne pourrait à la longue se refuser à faire droit aux intérèts de leurs peuples qui réclament des rapports réguliers avec l'Italie.

P.S. -Je viens d'ètre prévenu par des correspondants Politiques amis dans le Wurtemberg qu'il serait bon de faire rectifier par la Presse Italienne et Allemande les assertions erronées du Rapport de la Chambre annexé à ma dépèche Politique n. 43 quant aux droits de l'Italie sur des territoires Allemands tels que Trieste.

(l) Cfr. n. 119. Il rapporto del 22 non è pubblicato.

(l) Cfr. n. 133.

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IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (3). Baden, 6 settembre 1865.

J'ai été ces jours derniers reçu par S. M. le Roi de Prusse. A propos du Traité Italo-Allemand qui a commencé le sujet de mon audience j'ai cru pouvoir dire a Sa Majesté combien le Gouvernement du Roi avait apprécié les bonnes dispositions du Gouvernement Prussien; à quoi le Roi répondit que ces bonnes dispositions continuaient, mais que impliquent pour l'Allemagne une question politique aussi importante que celle commerciale, de là, le temps d'arrèt qu'avaient subi les negociations en espérant qu'elles seront reprises et les difficultés écartées.

P. -S. -J'ai trouvé le Roi de Prusse plutòt belliqueux que pacifique dans ses idées. Les paroles de Sa Majesté à propos de la Convention de Gastein semblaient empreintes presque de regret pour avoir sacrifié à Ja conciliation, dans l'intérèt de la paix générale. En faisant allusion à_ l'Italie sans la nommer Sa Majesté m'a dit spontanément à plusieurs réprises que dans le cas de guerre il serait important pouvoir compter d'avanc,e sur des alliés siìrs. M. -de Roggenbach persiste à croire, après ses entretiens avec des hommes d'Etat prussiens, que les bons rapports entre l'Italie et la Prusse, dans l'état actuel des choses, sont désirables pour M. de Bismarck en ce qu'ils donnent plus de forces à sa politique envers l'Autriche qui a mis à découvert sa faiblesse à Gastein d'une manière si évidente.
(l) -Cfr. n. 136. (2) -Non pubblicato. (3) -Al r. 53.
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IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. San Sebastiano, 8 settembre 1865 (per. il 13).

L'arrivée tout-à-fai,t inattendue de S.A.R. le Due d'Aoste parait avoir eu une grande influence sur les décisions du Gouvernement Espagnol par rapport à la reconnaissance de l'Italie, et le Cabinet de Madrid a fini par se convaincre de la nécessité de mettre un terme à la situation anormale qui se prolongeait depuis plusieurs semaines.

Son Altesse Royale ayant demandé par mon entremise à ètre reçue à Zarous par Sa Majes-té Catholique, S. E. le Ministre d'Etat me fit répondre, il y a trois jours, que la Reine aurait vu Son Altesse Royale avec plaisir le 7 du mois courant, mais qu'Elle désirait que j'eusse accompagné le Prince, afin de remettre avant avec toutes les solemnités nécessaires, mes lettres de créance.

* Je suis donc parti de Madrid le 6 avec Son Altesse Royale et sa suite, et avec tout le personnel de la Légation, et le 7 à deux heures et demie, ainsi que j'ai eu l'honneur de le mander à V. E. par mon télégramme d'hier, j'ai été admis devant la Reine et sa Cour à remettre en une audience solennelle la lettre par laquelle S. M. le Roi, Mon Auguste Souverain, annonce à Sa Majesté Catholique qu'il a pris le titre de Roi d'Italie, et à présenter ensuite mes !ettres de créance.

J'ai l'honneur, M. le Ministre, de vous transmettre ci-joint la copie du discours que j'ai prononcé à cette occasion, et de la réponse de Sa Majesté * (1).

S.A.R. le Due d'Aoste, dont j'avais annoncé la visite, a été reçu vers trois heures, et l'entretien a duré près de dix minutes.

Le Due de Tetuan, et les autres membres du Cabinet qui étaient à ZaroW! se sont rendus dans la journée chez Son Altesse Royale pour Lui présenter leurs hommages, et M. Bermudez de Castro s'est également rendu chez moi.

Son Altesse Royale a été invité à diner au Palais qu'habite Sa Majesté et qui n'est réellement qu'une maison particulière appartenant à la Marquise de Narros. J'ai aussi eu l'honneur d'étre invité à ce banquet qui était de 40 couverts, et auquel assistaient le Roi, l'Infante, fille ainée de la Reine, les grands officiers de la Couronne et les principales dames de la Cour. Leurs Majestés ont été toute la soirée d'une amabilité très marquée envers Son Altesse Royale; quelques instants après le diner Elles sont entrées dans une chambre séparée avec l'Infante, et la Reine a engagé elle-méme le Prince à les y suivre. Un quart d'heure après Son Altesse Royale a pris congé de Leurs Majestés et est rentrée chez Elle. Une des meilleures maisons de Zarous avairt été mise à la disposition du Prince ainsi que les voitures de la Cour.

Aujourd'hui à six heures du matin nous sommes repartis de Zarous pour Saint Sébastien, où j'ai eu l'honneur de prendre congé de Son Altesse Royale qui est partie pour Pau où Elle passera la journée de demain. Elle sera à Biarritz le 10 afin d'y étre reçu par l'Empereur Napoléon.

Quant à moi, je rentre immédiatement à Madrid avec le personnel de la Légation.

Je crois égaJ.ement devoir faire connaitre à V. E. que Son Altesse Royale, pendant son séjour en Andalousie et à Maddd a été reçue par toutes les Autorités civiles et miUtaires avec tous les honneurs qui pouvaient se concilier avec l'incognito qu'Elle désirait strictement garder. Le Gouvernement leur avait donné l'ordre de se présenter dans chaque ville, et méme dans chaque gare de chemin de fer par laquelle le Prince devait passer, afin de se mettre à sa disposition et de le suivre dans tous Jes lieux qu'il désirait visiter, l'obligeant ainsi souvent à refuser méme les offres empressées de oes fonctionnaires.

(l) Il brano fra asterischi è edito in italiano e con qualche modifica in LVB, pp. 166-167, preceduto dalla frase seguente. • Mi fu ieri l'altro officialmente annunziato da S.E. il Ministro di Stato che S.M. la Regina mi avrebbe ricevuto in udienza solenne il 7 a S. Sebastiano •.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. S. N. Berlino, 12 settembre 1865 (per. il 16).

J'ai profité de l'entretien que j'ai eu ce matin avec le Président du Consei! pour lui demander si pendant son voyage en Allemagne, notre traité de Commerce projeté avait obtenu enfin l'approbation des Gouvernements des Etats Moyens. M. de Bismarck m'a répondu: • Hélas non! Nous ne pouvons plus écrire, et il faut laisser agir l'opinion. Nous trouvons les plus grands obstacles dans la Bavière, qui outre ses attaches à l'Autriche, prétend se conformer dans son opposition à une politique indépendante •. M. de Bismarck m'a dit ensuite qu'il croyait avoir trouvé le moyen de vaincre tous les obstacles, qu'il l'avait fait proposer à Florence, mais que le Gouvernement du Roi n'avait pas cru pouvoir entrer dans ses vues. En accordant le traitement de la Nation la plus favorisée à ceux des Etats du Zollverein qui avaient reconnu le Royaume d'Italie on aurait fait surgir une telle jalousie dans les différents Etats du Zollverein que aucun d'eux n'aurait pu résister à cette pression, bien plus forte que notes et protocoles. Je me suis servi des arguments que V. E. m'a fournis par sa remarquable dépeche commerciale en date de 1er Aout (1), et il ne m'a pas été difficile à lui prouver que par le moyen indiqué par S. E. on obtiendrait exactement l'effet opposé à celui qu'on désirait atteindre. S. E. a paru se convaincre de la justesse de mes raisonnements; elle m'a fait observer seulement que dans le traité de commerce que nous avons récemment conclu avec la Suisse nous avons justement maintenu les certificats d'origine pour les trois articles que la Prusse exporte le plus en Italie. Pourquoi devait-elle (la Prusse) porter la peine de l'opiniàtreté des petits Etats Allemands, elle qui avait tout fait pour la vaincre? J'ai répondu que j'ignorais les raisons qui avaient pu induire le Gouvernement du Roi à maintenir pour ces trois articles les certificats d'origine, mais que je croyais pouvoir l'assurer que la pensée da nuire à la Prusse n'avait pu en aucune façon etre le mobile du Gouvernement du Roi.

M. de Philipsborn qui m'a aussi entretenu de cette matière, s'étonne que depuis un mois on ne reçoive plus de réclamations des commerçants allemands; il croit attribuer ce silence à ce que le commerce a trouvé le moyen de faire entrer en Italie ses marchandises en les faisant passer par la France, ou par la-HoJ.lande. M. de Philipsborn éroit que le commerce Italien jouit présentement, dans ses relations commerciales avec l'Allemagne, du nouveau tarif général établi récemment par le Zollverein. Si la chose est vraie, à part la question politique, nous avons tout le temps pour conclure avec l'Allemagne des s,tipulations commerciales, car nous ne pourrions obtenir davantage.

Je serai obligé à V.E. de me faire connaitre si cette dernière circonstance est exacte.

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L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 52. Berlino, 12 settembre 1865.

J'avais demandé de voir S. E. M. de Bismarck à son retour de Carlsbad pour l'entretenir au sujet du chemin de fer Helvétique en exécwtion des ordres que Vous m'avez envoyés par Votre dépeche confidentielle N. 507 (1). Ce Ministre m'a gracieusement accordé ma demande, et dans la longue conversation que j'ai eue ce matin au Ministère des Affaires Etrangères après avoir épuisé le sujet qui m'avait amené, après lui avoir demandé si pendant ses entrevues avec les Ministres des Etats moyens allemands, la question de notre traité de Commerce avait été posée * M. de Bismarck est venu de lui meme à me parler de l'arrangement de Gastein. Il m'a paru excessivement satisfait du succès obtenu, mais préoccupé de l'impression que cette convention avait produit tant dans la

presse Française quant auprès du Gouvernement Impérial. L'Italie a beaucoup mieux compris, d'après ce que lui résultait de Florence, la signification de l'acrte que la Prusse vient de signer. • La France, m'a-t-il dit, n'a pas apprécié l'arrangement du Lauenbourg à son juste point de vue. Heureusement on commence à revenir à Paris sur cette première impression. Si j'avais été le Gouvernement Français voilà comment j'aurais apprécié l'achat du Lauenbourg. Je m'en serais fait un mérite. Les Lauenbom·geois avaient manifesté le désir de devenir Prussiens. C'est donc un fait qui s'est avéré dans le sens du principe des Nationalités, principe propugné par la France. Quant aux avantages que nous avons obtenus dans les Duchés, je les aurais attribués à la bonne entente qui règne entre la Prusse et la France car, comment aurais-je pu seulement penser à menacer l'Autriche d'une guerre si je n'avais pas été sur de ne pas etre molesté par une armée d'observation Française de 300/m hommes sur le Rhin? C'est donc à l'alliance Française que je dois les avantages que j'ai remportés sur l'Eider •.

• Mais comment comprendre que l'Autriche vous ait fait tant de concessions sans compensation aucune? Est-il admissible qu'elle n'ait pas profité de l'occasion pour vous demander à son tour des concessions que la presse Anglaise a qualifié d'articles secrets , ? • Ah ceci, repartit lVI. de Bismarck, en souriant, mais avec beaucoup de vivacité, ce résultat je le dois à mon habileté! J'ai menacé l'Autriche d'une guerr·e, j'ai parfaitement reconnu qu'eUe ne voulait, ou ne pouvait pas la faire. J'ai alors de plus en plus insisté, et quand un adversaire ne veut pas se battre, c'esi le seul moyen pour l'amener à faire toutes les concessions compatibles avec son horineur. L'Autriche a cédé voilà tout. Je dois au reste lui rendre cette justice. EUe ne s'est pas un instant écartée dans nos pourparlers de la seule question qui formait le sujet de nos conférences. Je peux donner ma parole d'honneur que rien au dehors du texte que vous connaissez de la Convention, rien n'a été dit et encore moins écrit entre l'Autriche et nous. Il faut bien qu'on le sache. L'arrangement de Gastein a été conclu uniquement pour mettre fin à un état de choses dans les Duchés, qui aurait fatalement conduit l'Autriche à nous déclarer la guerre. Son avantage elle l'a trouvé dans la sécurité de vivre en paix avec nous. C'est à elle à décider si le prix qu'elle a donné pour obtenir cette sécurité n'est pas trop élevé • * (1). On parle pourtant, remarquai-je, que vous etes en train de remanier la consitution militaire de la Confédération; si ce fait se vérifiait, l'Autriche pourrait se trouver, dans un moment donné, d'avoir à sa disposition toutes les forces de la Confédération. • Jamais, répliqua lVI. de Bismarck, nous ne laisserons à l'Autriche disposer de nos forces dans un but qui serait contraire à· notre politique •.

Je me hatai de prendre acte de cette déclaration, et j'espère que V. E. en sera aussi satisfaite que moi-méme.

En se résumant lVI. de Bismarck a encore ajouté qu'en somme la Convention de Gastein ne faisait Que prolonger le provisoire et retardait le choc final; répétant enfin sa locution favorite S. E. me congédia avec ces mo·ts: Le potage a encore besoin de mitonner quelque temps avant d'arriver à sa complète cuisson.

(l) Non pubblicato.

(l) Copia del brano fra asterischi fu inviata il 16 settembre a Londra e Parigi.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 293/107. Londra, 12 settembre 1865.

La ConV1enzione di Gastein continua ad essere qui il tema di molte congetture, e si seguitano col più vivo interesse le negoziazioni che hanno luogo fra la Prussia e l'Austria per le varie questioni che nascono dalla delimitazione della frontiera tra lo Schleswig e l'Holstein, e dalle divergenze pel porto di Kiel, la stazione navale e le strade militari che debbono attraversare il territorio dell'Holstein. Intanto, premendomi di conoscere dal Governo Britannico fino a che punto po·tessero essere fondate le voci di accordi segreti passati fra la Prussia e l'Austria nelle recenti stipulazioni, massime per ciò che potesse concernere la guarentigia per i possedimenti del ~eneto da quest'ultima tante volte cercata, profittai di un giorno in cui Lord Palmerston era V1enuto a Londra per andargli a domandare se qualche cosa fosse pervenuta al di lui conoscimento su questo soggetto.

V. E. non ignorerà come nella settimana scorsa il Morning Post, il quaLe ha la riputazione di ricevere alcune volte le ispirazioni governative, sostenesse di sapere da buona fonte che a Gastein era stato pattuito un impegno di tale natura tra i due Potenta·ti Tedeschi.

Entrati dunque in discorso con Lord Palmerston, Sua Signoria non mi tacque quanto l'Inghilterra riprovasse lo scioglimento stato dato alla questione dei Ducati del Nord, ma che non essendo stata consultata essa non avea cercato in nessuna guisa di far prevalere una influenza qualunque sulle trattative che ne decisero le sorti.

Quanto agli accordi segreti, Sua Signoria mi dichiarò assolutamente di non aver su questo particolare alcuna informazione, ma parergli difficile che la Prussia si fosse, tranne forse in apparenza, lasciata strappare dall'Austria qualche concessione importante. Da un altro lato non essere però, secondo lui, interamente improbabile che nell'eventualità di una qualche grande complicazione europea le due preponderanti potenze tedesche avessero arrestato una linea di condotta comune in ordine a questioni d'interesse puramente germanico, ma non credere che per tutto ciò che spettasse i possessi non compresi nella confederazione, si fossero passati degl'impegni definitivi fra l'Austria e la Prussia, e che quest'ultima avesse fatte delle concessioni tali da essere strascinata in un conflitto nato per questioni estranee alla confederazione. Ecco la versione che a detta di Lord Palmerston sarebbe la più conforme al vero. Da ogni sua parola tuttavia traspariva un profondo sentimento di biasimo per la politica a cui s'inspirarono i Ministri che diressero la convenzione di Gastein, ma più particolarmente per quella seguita dal Signor di Bismarck.

Da altra fonte non meno autorevole mi fu confermato che il Governo Britannico non ebbe nessuna comunicazione sulla natura dei negoziati per l'assetto della questione dei Ducati, che precedettero il convegno di Salzbourg, né s'aspet

tava ad esserne informato tranne se la Prussia avesse avuto intenzione di far entrare lo Schleswig nella Confederazione Germanica nel qual caso l'Inghil:terra avrebbe dovuto essere consultata come gran potenza segnataria del trattato del 1815. Il Governo della Regina ricevette solo contezza del testo della convenzione di Gastein quando essa divenne un fatto compiuto, ed ha dipoi inviato una nota ai suoi rappresentanti a Berlino ed a Vienna incaricandoli di accusare ricevuta della fattagli comunicazione sulle nuove condizioni politiche dei Ducati Tedeschi, e di esprimere in pari tempo a quei due Gabinetti che prendendo atto della loro dichiarazione sul carattere provvisorio dei provvedimenti ora adottati, si asteneva dal portare un giudizio sopra i medesimi. Ho inoltre saputo che un altro membro del Governo Inglese disse negH scorsi giorni ad uno dei rappresentanti esteri presso questa Corte, che l'Inghilterra profondamente offesa del modo con cui le due grandi potenze Germaniche compierono la spogliazione della Danimarca, e del procedere inqualificabHe tenuto recentemente dalla Prussia in ispecie, aveva risoluto di tenersi interamente in disparte in tutto ciò che riguardasse la politica Germanica, desiderando mostrare in tal guisa la sua disapprovazione ed il ca<ttivo senso che la condotta delle potenze Germaniche aveva prodotto non solo nelle sfere ufficiali, ma anche nell'opinione pubblica del paese.

Passando ora ad altro argomento, rassegnerò all'E. V. che, appena giuntomi il dispaccio di Gabinetto n. 40 (l) in cui Ella esponeva quale fosse lo stato attuale delle nostre relazioni coll'Austria e gli ultimi passi fatti dal Gabinetto di Vienna per conchiudere una specie di convenzione commerciale fra le autorità locali della Lombardia e deLla Venezia, io non mancai di parlarne col Signor Layard ed avendomi questi manifestato il desiderio di prendere conoscenza di tale dispaccio, mi affrettai di aderirvi mandandogliene una copia, che seppi quindi essere stata posta sotto gli occhi di Lord Russell.

È mia opinione che questo desiderio del Foreign Office si collegasse coi negoziati che sembrano essere ora sul punto di riaprirsi fra il Governo Inglese e l'Austriaco per la conclusione di un trattato di commercio. V. E. saprà come le pratiche che ebbero luogo nella scorsa primavera non sortissero nessun esito, per la ripugnanza mostrata dal Governo austriaco nell'accogliere i principi di libero scambio proposti come basi fondamentali dall'Inghilterra. Questo passavasi nel mese di febbrajo e nel partire da Vienna i Commissarii Britannici che erano incaricati di taH trattative non ricevettero un assoluto rifiuto, e fu convenuto da ambo le parti di sospendere ogni cosa fino a questo mese di settembre.

Or fa una settimana il Signor J. Beaumont, membro del parlamento e principale Commissario del Governo Inglese in questa transazione, ripartì per Vienna allo scopo di riprendere le interrotte negoziazioni. Il Signor di Beaumont, sebbene di sentimenti favorevoli al Governo austriaco, è d'opinioni assai liberali e credo sia di parere che l'Austria lasciando in disparte la questione politica, dovrebbe affrettarsi a stringere relazioni commerciali coll'Italia. Mi spiace di non essere riuscito a vederlo prima della sua partenza onde tenergli un linguaggio conforme al precitato dispaccio dell'E. V., e fargli vedere quanto

nuoce agl'interessi di tutta la Germania l'opposizione che l'Austria ci fa sistematicamente per impedire che lo Zollverein conchiuda un trattato di commercio con noi, e quanto quest'attitudine ostile sia in contraddizione colle proposte di un riavvicinamento da lei più volte tentato. Ho però ragione di credere che un personaggio influente, quantunque ora non rivestito di nessun carattere ufficiale, abbia parlato in questo senso al Signor Beaumont.

(l) Cfr. n. 124.

141

GYORGY KOMAROMY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Parigi, 12 settembre 1865.

Je regarde comme un devoir envers le Gouvernement Italien aussi bien qu'envers mes compatriotes qui m'honorent de leur confiance de donner au Gouvernement Italien un aperçu fidèle, et exacte de la situation actuelle de la Hongrie, et principalement de la position du parti d'action dans ces circonstances.

A cet effet j'ai l'honneur M. le Commandeur de Vous adresser ci-joint un mémoire et de Vous prier d'en faire auprès du Gouvernement Italien l'usage que Vous jugerez bon et nécessaire.

:::omme je n'ai pas l'avan-tage de connaitre personnellement M. le Ministre Sella, M. Lanza et le Baron tiicasoli j'ai prié le Comte Csaky de leur communiquer le contenu de ce mémoire, comme moi-meme j'aurai l'honneur de le communiquer à M. le Chevalier Al'tom (1). Comptant sur la sympathie et la bienveillance envers notre cause, et ma propre personne dont Vous avez ,eu la bonté de donner tant des preuves j'ose Vous prier de bien vouloir me faire parvenir au plus tot possible une réponse définitive ou par M. le Chevalier d'Artom, ou directement ici à Paris.

ALLEGATO.

MEMOIRE

8UR LA SITUATION POLITIQUE ACTUELLE DE LA HONGRIE ET PRINCIPALEMENT DE LA POSITION

DV PARTI D'ACTION DANS LES CIRCONSTANCES PRÉSENTES.

Parigi, 12 settembre 1865.

L'expérience des quatre ans évolus depuis la dissolution de la diète hongroise de 1861 a donné la conviction au Cabinet d'Autriche que les mesures violentes l'introduction d'un régime provisoire semblable à l'état de siège, d'une administration coercitive et arbitraire se montraient completement inefficaces à forcer la Hongrie de renoncer à ses anciens droits constitutionnels, droits sacrés, pour elle par des siècles, modifiés et affermis par la législation en 1848, qu'il fallait enfin renoncer à l'espoir de faire accepter à la Hongrie la constitution octroyée à la Monarchie et de voir siéger .au Reichsrath des députés envoyés de la Hongrie

La résistance passive que le pays opposait avec une inébranable perseverance à ces procédés arbitraires du Gouvernement, devait paraliser le développement des forces, et l'action de la Monarchie à l'étranger autant qu'à l'intérieur.

Les dépenses pour l'entretien d'une armée énorme ,et indispensable épuisaient les finances de l'Empire, tout en détruìsant les chances des ressources et d'expédients usités en pareil cas. L'administration bureaucratique si couteuse nécessitait une taxation exorbitante, et entrainait la décadence du commerce, la torpeur de l'industrie, et la ruine de l'agricolture.

En présence de cette situation de jour en jour plus menaçante l'Empereur François Josef a pris le parti d'abandonner la voie suivie jusque là et de tenter de nouveau une réconciliation avec la Hongrie, d'autant plus que le moment actuel paraissait singulièrement favorable.

En effet l'époque présente où le Cabinet d'Autriche se trouve en relations amicales avec les puissances de l'Europe, où l'Italie mème semble renoncer à ses projets belliqueux sur la Vénétie, où les négociations avec Rome avaient ébranlé la confiance du parti libéral en Europe et surtout en Italie et en Hongrie, cette époque sembla de toute opportunité pour aborder l'oeuvre proposée.

Par l'arrangement du voyage de l'Empereur à Pest, projeté et concerté avec un parti quoique peu nombreux, mais composé en pluspart de grands seigneurs et d'anciens hommes d'état, la question de la réconciliation fut mise à l'ordre du jour dans le pays, de façon que le succès bien que hérissé de difficultés ne parait cependant par absolument impossible.

On avait adroitement répandu l'assertion que l'Empereur était personnellement animé de sentiments sincères et loyaux pour la Hongrie, que ce n'était que

M. Schmerling et son parti centralisateur qui l'avait empèché jusqu'à présent de donner suite à ses intentions. Et que maintenant le moment propice arrivé il congédia les anciens ministres, appella des Hongrois aux hautes fonctions du royaume, abolit les cours martiales, ordonna la convocation de la diète, et promit de sanctionner le rétablissement de l'intégrité du royaume en vertu de laquelle la Transylvanie, la Croatie, la Slavonie et les frontières Militaires appartiennent à la Couronne de la Hongrie. Et qu'enfin en retour de toutes ces concessions qui assureraient à la Nation son autonomie politique et administrative, qui mettraient fin aux calamités matérielles et morales qui donneraient un nouvel élan à son progrès, un nouveau développement à son activité, il ne demande à la Nation assemblée en sa légale diète que d'abolir l'article de la loi 1848, qui érige pour la Hongrie séparément des Ministères des affaires étrangères, de la guerre et des finances; et de reconnaitre que les affaires concernentes de commun la Monarchie entière, soient indivisibles et traitées de concert par tous les intéressés.

Bien que toujours intimement convaincu, que les peup1es habitant la Hongrie ne puissent devenir libres, ni jouir en sécurité de bien ètre, ni arriver au rang auquel par leurs facultés et leurs ressources ils croyent pouvoir aspirer, qu'en se séparant définitivement de l'Autriche, et de sa dynastie, bien que cette conviction ait pris des fortes racines dans les coeurs de la majorité de la Nation: Le Comité et so n parti ne peut cependant se dispenser de compter sérieusement avec la force majeure de la situation et avec les difficultés qui s'opposent à la réalisation de son but définitif.

Entourée de Gouvernements maldisposés, dépourvue d'armes et d'argent, en face d'un Gouvernement disposant de tant de moyens, et d'une armée bien organisée, la Hongrie ne pourrait qu'avec bien peu de chances de succès recourir présentement à une agression insurrectionnelle lors mème que reduite à la dernière extrémité il ne lui resterait d'autres chances de salut.

Voici l'exposé fidèle de l'état des choses en Hongrie pour le présent. Ajoutons la situation générale de la politique en Europe et spécialement en Italie, alors la conduite à tenir par le comité et son parti se trouve assez nettement tracée.

Le comité entièrement denué des moyens sans lesquels il est impossible d'entretenir mème une agitation, encore moins de mettre en scène un mouvement révo

9 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

lutionnaire se doit renfermer dans une attitude d'attente et d'observation pret à agir aussitòt qu'une occasion favorable se présentera. En attendant il doit arreter ses dispositions antérieures devenues momentanément inutiles, restreindre son activité à défendre un à un pas à pas chaque droit de la Nation, lutter sur tous les terrains, surtout à la prochaine diète pour sa cause, et reserver les forces de la Nation pour une chance propice qu'un revirement de I'opinion publique, et des événements imprévus peuvent amener en Europe.

Dans le cas que le comité pourrait gagner l'assurance que le Gouvernement Italien prit la résolution bien déterminée de faire dans un temps plus ou moins éloigné au sujet de la Vénétie décidément la guerre à l'Autriche, et qu'il voudrait bien s'engager à garantir en attendant par des moyens matériels et moraux l'activité du parti d'action e n Hongrie: le comité se croirait certes obligé de mettre en jeu tous ses efforts afìn que les propositions de l'Autriche dont d'ailleurs la perfìdie est de notoriété publique soient refusées par la diète en y attachant des conditions d'autant moins acceptables qu'elles mèneraient à l'inévitable dissolution de l'Empire.

Le comité du reste ne se permettrait point, et cela lui serait meme impossible d'organiser une opposition aussi déterminée, et de pousser la Nation à une résistance opiniatre qu'à la condition qu'il eut des assurances positives de l'appui et du concours du Gouvernement Italien.

En supposant que le Gouvernement Italien juge de la meme façon la situation que je viens de lui signaler, et qu'il n'est pas moins pénétré de la haute importance de la question de réconciliation qui s'agite dans ce moment en Hongrie et de toute l'influence que sa solution doit exercer sur l'avenir de l'Italie et de la Hongrie je me permets d'espérer que le Gouvernement Italien voudra avoir l'extrème obligeance de m'éclairer sur ses vues et sur ses intentions quant à la politique qu'il compte à suivre à l'égard de la Hongrie et de me notifìer de meme s'il se sent disposé à renouer et entretenir des rapports réguliers avec le comité sur la base des appréciations ci-dessus détaillées.

(l) Anche a Visconti Venosta fu inviata da Csaky il 7 settembre una memoria sulla situazione ungherese. Il testo conservato in AVV è molto diverso Iormalmente, anche se il contenuto è sostanzialmente lo stesso.

142

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, INCONTRI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 29. Pietroburgo, 13 settembre 1865 (per. il 20).

La convenzione di Gastein è sempre il fatto che più vivamente occupa l'opinione pubblica in Russia in questo momento e forma il soggetto delle quotidiane polemiche dei giornali russi. Sebbene la stampa non abbia qui la importanza che può avere in altri paesi, in cui più sviluppata è la vita politica, pure è degno di essere osservato che tutti i periodici di qualunque colore sieno, si trovano d'accordo nell'attaccare l'Austria per le onerose stipulazioni alle quali sottoscrisse e nel fare il più triste quadro delle sue condizioni interne che la forzarono ad una tale compiacenza verso la Prussia.

Quanto alla opinione del Governo Imperiale su tale trattato non credo che sia dato ad alcuno ancora di conoscerla. Mi risulta che finora il Gabinetto di Pietroburgo non solo non la manifestò in alcun atto ufficiale, non avendo ancora risposto alla comunicazione che la Prussia gli fece dei patti di Gastein, ma non lasciò in alcun modo intravedere l'impressione prodottagli da questo fatto.

Il Principe Gortchacow, a quanto seppi da varii capi di missione che lo videro in questi giorni, evita con straordinaria affettazione di entrare in discorso su tale materia, ed interrogato risponde evasivamente, accennando solo al carattere provviso-r,io di questo accomodamento, e quindi pone la conversazione su altro soggetto. Fu notato a questo proposito che jeri, giorno onomastico di S. M. l'Imperatore, il Vice Cancelliere si astenne dal comparire alla cerimonia che ebbe luogo nella Chiesa di S. Alessandro Newsky dicendosi ammalato, e ciò fu in generale attribuito al desiderio di evitare le questioni che avrebbero potuto esse-rgli fatte sul contegno della Russia, dai membri del Corpo Diplomatico che assistevano tutti a tale funzione.

Questo completo mutismo del Ministro Imperiale degli Affari Esteri, questa eccessiva riserva del Governo Russo nella questione che tiene adesso iJ primo posto nella politica Europea, non devono però sorprendere quando si consideri e la condotta tenuta dal Gabinetto di Pietroburgo nella questione dei Ducati dell'Elba fino dal principio, e le condizioni in cui trovasi al presente la Russia.

Fino dal sorgere infatti della questione dello Schleswig-Holstein, e sovratutto fino dal momento in cui fra l'Austria e la Russia cominciarono a prodursi dei dissapori, il Governo Russo si tenne in una attitudine eccessivamente riservata, non contrario forse in definitiva ai progetti della Prussia, ma al tempo stesso bramoso di non scontentare l'Austria, specialmente a cagione delle difficoltà che questa potrebbe suscitargli nelle Provincie Polacche qualora egli avesse tenuto un contegno a lei ostile.

Precipua ragione poi di questa politica, direi così, di raccoglimento della Russia e degli sforzi fatti per mantenere, per quanto dipendeva da lei, la buona armonia fra le due grandi potenze Germaniche, sono le condizioni finanziarie ed amministrative in cui essa si trova attualmente. Infatti da un canto scarsità di denaro, e quindi necessità di economie le quali vanno facendosi in tutti i rami del pubblico servizio ed in specie nel bilancio della guerra, come già ebbi l'onore di far notare all'E. V., dall'altro canto il recente cambiamento nelle condizioni sociali di una gran parte dei suoi sudditi il che fece sorgere molte difficoltà non peranco vinte, la rivoluzione Polacca appena finita di domare, le nuove leggi che in breve entreranno in vigore e che cambieranno in modo assai radicale molte istituzioni, come le leggi sulla stampa e sulla giudicatura; tutto questo pone l'Impero in uno stato di trasformazione tale, che rende necessario di non occuparsi della politica estera che giusto quanto è indispensabile onde la guerra non scoppi in specie alle proprie porte (1).

Sono certo che la risposta che verrà fatta alla comunicazione Prussiana porterà l'impronta di questa riserva e non entrerà in alcuna appreziazione dell'atto di Gastein.

Una nuova prova di questo fermo desiderio del Governo Imperiale di non cambiare di attitudine rispetto alla Germania, la si ebbe i giorni scorsi nell'ordine inviato di qui, dopo la notizia degli accordi Austro-Prussiani, al Gran Duca Costantino di non più visitare colla flotta russa il porto di Kiel e i porti Prussiani, come era annunziato che doveva farsi. Il Gran Duca infatti tornò direttamente da Copenhagen a Cronstadt, e la maggior parte dei legni che componevano la squadra sono pure rientrati in quel porto.

(l) Con r. 30 del 27 settembre Incontri informò che il Journal de St. Pétersbourg aveva pubblicato un articolo di tono assai risentito in risposta a una pubblicazione del Moniteur du Soir di Parigi circa l'atteggiamento riservato tenuto dalla Russia a proposito dell'accordo di Gastein. Se ne pubblica il brano seguente: • Una tale risposta che viene attribuita a qualcunodei Segretari del Principe Gortchakow mostra quanto il Governo russo è stato colpito nel vivo dall'osservazione fatta dal giornale francese circa la politica di riserva che egli in questiultimi tempi adottò in tutte le questioni estere ed in ispecie in quella dei Ducati dell'Elba. Duole alla Russia il vedere che questa sua attitudine può essere all'estero interpretata perquello che veramente essa è. cioè per il risultato dei grandi imbarazzi in cui essa si trova attualmente nelle sue condizioni interne... •.

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L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 8. Francoforte, 13 settembre 1865.

Depuis la dépeche que j'ai eu l'honneur d'adresser à V. E. sous la date du 9 de ce mois (1), j'ai pu m'aboucher encore avec les rares chefs de mission qui se trouvent à Francfort. L'accord est unanime pour déclarer que la Convention de Gastein est une victoire pour la Prusse et une défaite pour l'Autriche. C'est le commencement de la fin de cette interminable question SlesvicoHolsteinoise, il est vrai, mais la solution vers laquelle elle s'achemine, n'est du gout ni des Gouvernements, ni de celui de la nation Allemande. La Prusse, sure, comme elle parait etre de la neutralité de l'Europe a pour longtemps découragé par cette récente victoire diplomatique, les résistances qui en Allemagne s'opposaient jusqu'ici à ses aspirations ambitieuses.

L'opinion publique commence de son còté à se relàcher ostensiblement de l'intéret qu'elle montrait autrefois pour les Duchés. Fatiguée des assemblées, des quétes et des démonstrations de toute espèce, mises en scène depuis plus de seize ans, il parait presque sur, que la majorité du peuple allemand verrait, si non avec indifférence, du moins avec très peu de regrets, avorter le projet de la constitution d'un troisième Etat.

L'Autriche a montré clairement qu'elle ne Youlait, ni n'osait en cette occurrence risquer une guerre contre la Prusse, et ne pouvant penser sérieusement à tenir longtemps la position qui lui reste dans le Holstein, dont toutes les places fortes et les principales communications sont échues en partage à sa rivale, elle se trouvera obligée de subir, pour le développement futur de l'affaire, la loi que cette meme rivale voudra lui imposer.

Les Etats moyens de l'Allemagne enfìn, quoique bien désireux de s'opposer à une annexion, qu'ils doivent regarder comme un présage funeste du sort qui pourrait leur étre réservé, sont trop faibles pour s'y opposer. Ces Etats dans ces moments-ci so n t bien plus démoralisés par la faiblesse de l'Autriche, qu'ils ne sont positivement irrités de l'abandon dans lequel elle les laisse.

Je n'ai pas encore des données trop positives pour soumettre déjà à V. E. mes appréciations sur le point de vue politique d'après lequel la France, la Russie et l'Angleterre apprécient la Convention de Gastein. Il parait cependant qu'une entente de la Prusse avec la France soit très appréhendée par le séjour que feront simultanément à Biarritz l'Empereur Napoléon, son Ministre des Affaires Etrangères et M. de Bismarck.

Je joins ici une lettre particulière à l'adresse de V. E.

(l) Non pubblicato.

144

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 270. Firenze, 14 settembre 1865, ore 11,10.

D'après bulletin Nloniteur d'hier on pourrait supposer que Gouvernement français ait reçu avis que l'Autriche s'est désistée de so n opposìtion au sujet signature acte du Danube. Dites-moi si tel est vraiment le sens qu'il faut attribuer à la nouvelle donnée par le Journal Officiel de l'Empire (1).

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 231. Parigi, 16 settembre l 865 (per. il 19).

I giornali recano un sunto della circolare indirizzata da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys ai Rappresentanti della Francia all'estero circa la convenzione di Gastein. L'assenza prolungata del Ministro Imperiale degli Affari Esteri, e quella altresì del Marchese di Banneville, Direttore degli Affari Politici, m'impedì d'assicurarmi in modo diretto dell'autenticità di questo sunto. Però esso coincide talmente col giudizio recato da S. E. il Signor Drouyn de Lhuys sul patto di Gastein nel colloquio che io ebbi con lui prima della sua partenza su quest'argomento che credo di poter affermare che i ragguagli dati dal Journal de Bruxelles su quel documento sono abbastanza esatti.

La severità delle appreziazioni contenute in quella circolare, e l'importanza politica della medesima sono notevolmente diminuite dalla circostanza che quel documento non è destinato ad essere ufficialmente comunicato ai Governi esteri. Pare che il Signor Drouyn de Lhuys si sia proposto soltanto di appagare l'opinione pubblica in Francia, la quale forse avrebbe biasimata

l'apatia con cui il Governo lasciò compiere nel Nord dell'Europa dei fatti abbastanza importanti. Importava forse anche dal punto di vista della politica Imperiale di rinnovare le proteste in favore del principio di nazionalità violato nello Schleswig Settentrionale rispetto agli abitanti Danesi di quel Ducato, e del principio della volontà popolare che fu sempre invocato dalla Francia in codesta questione. Del resto io non credo che il documento di cui si tratta sia per modificare notevolmente i Tapporti attuali della Francia coll'Austria e la Prussia.

(l) Con t. 384 del 6 settembre Maffei aveva comunicato le istruzioni date da Russell a Costantinopoli di firmare il protocollo relativo al Danubio anche senza la partecipazione dell'Austria.

146

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 21 settembre 1865.

Je crois devoir rapporter a V. E. une conversation que j'ai eu avec le Consul de Valachie; il me disait: • Maintenant l'Autriche veut englober la Transilvanie à la Hongrie, c'est une opiniatreté. Dites-moi si la Transilvanie s'insurge et que le Prince Couza la soutient, croyez-vous qu'il pourrait compter avec l'Italie? •. Je lui ai répondu: • Je ne connais pas les intentions de mon Gouvernement; du reste il m'est avis que l'Italie songe à se constituer comme puissance conservatrice, mais si moi j'étais le Gouvernement Italien je n'oserais pas avoir confiance dans le Prince Couza •. Il m'a dit: • Je le comprends, mais ne pourrait-on pas trouver des volontaires en Italie? •. • En Italie je pense que Vous trouverez toujours vingt ou trente mille volontaires dans le parti d'action pour se battre contre l'Autriche, mais il faudrait que le Gouvernement Italien ferme les yeux sur les enròlements. Je ne crois pas que la Transilvanie, si elle sera unie à la Hongrie puisse tenter quelque chose de sérieux contre l'Autriche soutenue par la Croatie. Si elle s'était unie à la Hongrie et à la Croatie pour combattre l'Autriche lorsqu'.il en était temps (maintenant elle ne se trouverait pas dans le cas de tenter une chose aussi difficile), après la victoire elle se serait arrangée avec les Hongrois reconnaissants.

147

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Baden, 22 settembre 1865.

Grand Due en audience pnvee m'a confirmé hier explicitement malgré prochaine retraite de M. Roggenbach la maintien de la politique Badoise envers Italie, sujet, dont il est question dans ma dépèche télégraphique du 20 (2).

S. -A. R. m'a dit se féliciter de plus ero plus des bons rapports avec nous et croire qu'ils sont dans l'intéret réciproque, de meme que espère qu'ils s'étendront à toute Allemagne.

Grand Due regrette retraite Roggenbach arrètée verbalement, mais pas eneore immédiate m'assurant à l'amiable n'influera non plus en rien sur la marche libérale de la politique intérieure. Veuillez bien ajouter chiffre no 12288 et 12292, pour dénoter Baron de Edelsheim actuellement Ministre de Baden à Vienne.

(l) -Al r. 54. (2) -T. 399, non pubblicato.
148

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 233. Parigi, 22 settembre 1865 (per. il 24).

L'Austria si è finalmente risoluta a non insistere ulteriormente a porre ostacolo a che nell'atto finale per la navigazione del Danubio, che sta per essere firmato si faccia menzione del titolo di Re e Regno d'Italia. Essa consente che in questa circostanza si proceda al modo stesso che fu adottato per la firma della recente Convenzione telegrafica internazionale conchiusa a Parigi.

S.E. il Signor Drouyn de Lhuys nel comunicarmi questa notizia, che trasmisi ieri per telegrafo all'E. V. (l) mi annunziò che anche il Governo Inglese era stato informato di questa risoluzione del Gabinetto di Vienna.

149

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, pp. 28-29)

L. P. Parigi, 22 settembre 1865.

Ieri * dopo la mia conferenza col Signor Drouyn de Lhuys ebbi appena il tempo di scriverle intorno alla questione principale e la più spinosa, quella cioè delle medaglie, della quale spero che oramai non se ne parli più * (2).

Passo ora a dirle il resto. Parlai a lungo col Ministro Imperiale della sua circolare sulla Convenzione di Gastein. Egli mi spiegò lo scopo di questa circolare, il quale è doppio, cioè: primo quello di affermare una volta di più i principi di nazionalità che sono quelli della Francia e i nostri, violati dalla

convenzione, secondo (e questo me lo disse confidenzialmente e in modo affatto riservato, così che la prego di non farne uso) quello di dare un po' di coraggio all'Austria affinché non ceda così facilmente alla Prussia, e non cedendo si venga più facilmente ad un conflitto. Il Signor Drouyn de Lhuys mi parlò presso a poco in questo senso; " l'interesse della Francia e dell'Italia è che l'Austria e la Prussia s~ano ~n disaccordo e possibilmente in conflitto. Se la Prussia è troppo sicura dell'appoggio dell'Italia e della neutralità della Francia, che cosa accade? Accadrà che l'Austi"ia spaventata cederà per l'avvenire come ha ceduto a Gastein; e cedendo sempre eviterà il conflitto. Se invece la Francia dà indirettamente un po' di coraggio all'Austria, essa resisterà alle esigenze prussiane, e da questa resistenza scaturirà la lotta, o almeno il dissidio ». Io osservai che non bisognava però inoltrarsi in questa via che non mi pareva scevra di pe!'icoli, ed accennai alla cattiva impressione prodotta dalle circolari francese ed inglese a Berlino, e mi valsi a questo fine d'alcune frasi che trovai nel dispaccio di Berlino ch'Ella ebbe la cortesia di comunicarmi. Il Signor Drouyn de Lhuys comprese e convenne con me che non bisognava d'altra parte scoraggiare il Signor Bismarck e mi disse che sarebbe utile che io scrivessi a Lei una lettera ch'Ella potrebbe abilmente far leggere per mezzo di Puliga a Bismarck e la quale conterrebbe alcune spiegazioni rassicuranti. Promisi di farlo, e Le mando qui unita questa lettera ch'Ella può mandare a Puliga colle sue istruzioni. A noi, come alla Francia conviene di fatti che la Prussia non creda ad un revirement nella politica francese. Se Ella, come credo, è del medesimo avviso, potrà dar seguito a questo passo. Ma bisognerebbe che la cosa fosse fatta naturalmente e in modo che il Gabinetto di Berlino non creda che la lettera gli vien comunicata per consiglio di D!'ouyn de Lhuys. In sostanza la politica francese in questo momento, scontenta del riavvicinamento operatosi a Gastein, desidera che sorga un nuovo dissidio, e per ottenere questo risultato non vuol scoraggiare né l'Austria né la Prussia. Noi abbiamo in ciò un interesse uguale ed anche maggiore. Credo che ci convenga l'unire i nostri sforzi a quelli della Francia. * Del resto anche Drouyn de Lhuys mi

disse che da Dresda aveva ricevuto avviso di tendenze di riavvicinamento all'Italia. Ho insistito presso il Ministro perché lo incoraggi . *

ALLEGATO.

NIGRA A LA MARMORA (Ed. in Carteggi Nigra, pp. 128-129)

L.P. Parigi, 22 settembre 1865.

Après avoir vidé les autres sujets de conversation, j'ai amené le discours sur la circulaire française relative à l'arrangement de Gastein. J'ai dit à M. Drouyn de Lhuys qu'elle avait été médiocrement goutée à Berlin, et que la coesistence d'une circulaire anglaise écrite sous la meme impression aurait pu faire croire à un concert qui aurait eu indirectement pour effet de donner une espèce d'appui à l'Antriche. J'ai ajouté qu'en faisant cette remarque je ne faisais que constater un fait, dont il était bon de tenir compte, mais que je n'entendais nullement ni justifier ni prononcer un jugement sur la convention de Gastein.

M. Drouyn de Lhuys s'est attaché alors à me démontrer longuement quel devait etre le vrai sens de sa circulaire. Il me dit tout d'abord qu'il n'y avait eu aucun concert avec l'Angleterre à ce sujet; que la seule comparaison des dat,es suffisait à mettre en clair le caractère individuel et séparé des deux documents; que la circulaire française n'était pas destinée à le publication; qu'elle n'était et ne devait etre qu'un exposé, envoyé aux représentants de l'Empereur, de la pensée du Gouvernement français sur la question des Duchés, pensée qui avait été constamment la meme et qui n'était un mystère pour personne, puisque dès le commencement le Gouvernement français s'était toujours prononcé en faveur de l'application à la question des duchés des principes de nationalité et du respect des voeux des populations; que la France n'avait en quelque sorte qu'affirmé une fois de plus ses principes à cette occasion. Il termina en me disant que cette circulaire n'avait nullement pour but d'indiquer le point de départ d'un changement de politique vis à vis de la Prusse; que ce n'est pas sur un arrangement aussi provisoire que celui de Gastein qu'on pourrait baser un changement qui n'est nullement dans

les vues du Gouvernement français; que la France enfin ne désire autre chose que de continuer les rapports bons et amicaux qu'elle a avec la Prusse, si cela convient à cette Puissance.

Tel est en résumé le langage que le Ministre de l'Empereur m'a tenu sur ce sujet. Autant il m'a paru ferme dans l'affirmation des principes de nationalité et de respect aux voeux des populations, qui sont aussi les nòtres, autant il m'a paru avoir à coeur de détruire tout ce qu'il peut y avoir d'exagéré dans l'interprétation qu'on peut donner à Berlin de sa circulaire.

(l) -Con t. 401, non pubblicato. (2) -I brani fra asterischi sono omessi in CHIALA.
150

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 9. Francoforte, 23 settembre 1865 (per. il 27).

Le :Manifeste de l'Empereur François-Joseph qui a paru à Vienne il y a trois jours, confirme les prévisions que j'avais eu l'honneur de soumettre à V. E. par ma dépèche politique N. 5 en date du 29 Juillet échu (1). C'est toute une nouvelle phase politique dans laquelle cet Empire va entrer. Ainsi que j'en avais émis l'opinion l'Empereur François-Joseph n'a souscrit la Convention de Gastein-Salzbourg (dont cependant la conséquence devait etre celle de relacher beaucoup les liens qui resserraient l'Allemagne à l'Autriche) que dans le but d'en renouer des nouveaux et des plus solides enire ses Etats allemands et la Hongrie. Cette nouvelle tentative répondra-t-lle au but qu'on a espéré atteindre? Pour le moment je ne saurais que m'en référer à ce que j'avais l'honneur de mander dans ma dépeche du 29 Juillet. Dans quelques jours je pense avoir des communications plus précises qui me mettront à meme de m'adresser encore à V. E. sur ce sujet. Elle aura du demeurant déjà rémarqué que le décret impérial du 18 courant qui convoque nominativement toutes les Diètes des différents pays de l'Empire, y compris le Conseil Municipal de la Ville de Trieste, ne fait aucunement mention de la Vénétie.

Malgré les notes assez caractérisées des Cabinets de Paris, de Londres et de St. Pétersbourg au sujet de la Convention de Gastein, la plus grande partie des hommes d'Etat de l'Allemagne pense que la divergence de vue des Cabinets de Paris et de Berlin soit plus apparente que réelle. Mes relations particulières lors de mon séjour à Berlin l'automne passé et pendant mon séjour actuel à Francfort me font pencher aussi vers cette opinion. Ainsi que j'avais !l'honneur de l'écrire à V. E. le 2 Novembre de l'année dernière, quoique tout ce que

M. de Bismarck a accompli dans les derniers temps soit dans la marche traditionnelle de la politique Prussienne, il faut cependant que la France dans le secret de son Cabinet ait prononcé le mot • en avant • pour que le Ministre du Roi Guillaume ose marcher si droit à son but.

Pour ma part je ne crois nullement à une entente Austro-Prussienne. L'Autriche a subi, et non pas provoqué, la Convention de Gastein, et quoique je ne croie pas aux bruits de ces derniers jours qui colportaient déjà une nouv-elle brouille entre 1es deux signataires de cette Conv-ention, je puis néanmoins assurer à V. E. que non seulement la rivalité, mais que la défiance et la haine entre ces deux grandes Confédérées allemandes est bien loin d'avoir cessé.

Quant aux Etats moyens de l'Allemagne, leur position a empiré, sans avoir changé pour cela. Ils prévoient et pressentent leur danger, mais comme ce danger n'est pas imminent, ils ont renoncé pour le moment à la politique bruyante de M. von der Pforiten et de M. de Beust, et sous le coup de la victoire diplomatique de la Prusse, ils trouvent plus politique et plus pratique d'attendre les événements. Au demeurant leur politique pourra se dessiner plus clairement après le 26 Octobre prochain, quand la Diète reprendra ses séances; en attendant les Etats moyens de l'Allemagne feront le plongeon.

Le 25 de ce mois doit se réunir à Francfort le Congrès annuel commerciai Allemand. Le Comité qui siège ici a déjà fait paraitre une brochure concluante à la signature d'un traité de commerce entre l'Italie et le Zollverein. Vers les permiers jours du mois d'Octobre des députés des différentes Chambres Allemandes se réuniront ici. Le but de cette réunion sera la question des Duchés, mais il est à prévoir qu'on s'y occupera aussi du Traité commerciai ItaloAllemand. Ces deux réunions de commerçants et de députés ayant un caractère purement individuel, leurs décisions ne peuvent avoir aucune portée officielle, mais néanmoins elles ne manqueront pas d'avoir une influence véritable sur les Gouvernements du Zollverein.

Ainsi que je le mandais dans mes dépéches précédentes, la conclusion de ce traité aura lieu malgré les répugnances dynastiques. A cet égard, j'ajouterai, que la Convention de Gastein aura pour nous des conséquences favorables.

* Le Mecklenbourg et l'Oldenbourg sont favorables et je sais qu'un discours discret en a été tenu à la Cour d·3 Saxe-Weimar * (1).

A cet égard pour ma part, ainsi que je l'ai déjà mandé à V. E., je crois de la dignité et méme de l'intérét du Gouvernement du Roi de me tenir dans une stricte réserve et méme dans la nonchalance la plus apparente.

(l) Non pubblicato.

(l) Il brano fra asterischi fu inviato in cifra.

151

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, A MILANO

T. 273. Firenze, 24 settembre 1865, ore 15,45.

Un courrier de cabinet prussien a apporté dépeche Bismarck à Bunsen qu'il m'a lue sans laisser copie. Malgré convention Gastein nien n'est changé à l'état précédent des choses. Prusse continuera à réclamer incorporation complète Duchés à la Prusse où tout au moins commandement militaire et maritime. Tout ce qu'ont dit les journaux sur garantie Etats non allemands Autriche est faux. Ordre maintenir avec Italie rapports parfaite entente. J'envoie par poste deux lettres arrivées de Paris pour vous.

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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 298/109. Londra, 25 settembre 1865 (per. il 28).

Per solo compito di esattezza, mi pregio informarLa che l'ultimo dispaccio di Lord Russell in ordine alla Convenzione di Gastein è autentico, e che la smentita data a questo riguardo da un giornale estero non ha nessun fondamento. Siccome avevo l'onore di rassegnare V. E. Lord Russell si era da principio limitato ad accusare ricevuta a Vienna ed a Berlino della comunicazione statagli fatta intorno alla Convenzione predetta, aggiungendo che, stante il carattere provvisorio di essa, si asteneva dal fare alcun commento.

Non si fu che dopo di aver ricevuto informazione dal Governo Francese della Circolare da lui diramata che il primo segretario di Stato britannico prese la risoluzione di farne altrettanto. L'incaricato d'affari di Francia andò in !scozia a comunicare a Sua Signoria il testo del dispaccio del suo Governo, e Lord Russell gli palesò allora che il Gabinetto inglese avrebbe preso una uguale determinazione.

Questa notizia essendo stata subito annunciata a Parigi dal Barone Baude, si ebbe cosi sentore da alcuni giornali semi-ufficiali francesi che il Governo inglese aveva intenzione di emanare un tal dispaccio, prima ancora che esso venisse diramato dal Foreign Office.

Nel portare questi ragguagli alla di Lei conoscenza...

153

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Ginevra, 25 settembre 1865.

Je suis très heureux de pouvoir par le temps triste qui court Vous donner de bonnes nouvelles.

J'espère que le Mémoire sur la situation politique en Hongrie (l) que j'ai eu l'honneur d'envoyer le l er Septembre à MM. les ministres Lanza et Sella, ainsi qu'à M. le baron Ricasoli et M. Visconti Venosta Vous est parvenu de par M. Komàromy.

Vous avez du voir M. le Commandeur que nous sommes toujours prets ~t en état de résister à l'Autriche à la condition d'etre appuyés par le Gouvernement Italien. Depuis ce temps rien n'a changé si ce n'est que l'Autriche par le Manifeste et la convocation de la Diète Hongroise a fait un pas de plus vers la conciliation.

Je dois vous avouer M. le Commandeur que je ne m'attendais pas à un concours du Cabinet actuel, et qu'en conséquent je voyais notre cause perdue, j'étais donc le plus agréablement surpris en recevant hier une lettre de notre ami Mordini dans laquelle il m'annonce qu'ayant eu occasion de lire à Florence le Mémoire en question il s'est en meme temps convaincu qu'on est disposé d'entrer en négociation avec nous.

M. Mordini m'ayant invité d'une manière positive de formuler des propositions je lui adressais aujourd'hui meme la lettre ci-jointe en copie.

Le Général Eber est arrivé ici il y a quelques jours, accompagné du Prince Ghika ci-devant prince de Samos, Ministre Président et Président du Senat dans les Principautés-Unies, et de M. Bàlatsano ci devant ministre dans les mémes Principautés, le résultat des longues et approfondies conversations que nous avons eues, est le protocole que j'ai l'honneur de vous envoyer ci-joint en copie.

Ces Messieurs sont retournés en leur patrie pour se munir d'une autorisation signée par les principaux chefs des différents partis qui se sont unis pour renverser le prince Couza.

Les immenses avantages qui résulteraient pour notre cause de la réussite de ce projet sont faciles à saisir, -il s'agit d' ... (2) et de combiner les divers fils de ce grand mouvement que nous préparons avec tant de persévérance, et du quel j'en suis convaincu sortiront victorieuses la liberté et l'indépendance de l'Italie et de la Hongrie.

Je m'addresse à Vous M. le Commandeur, non pas en Votre qualité de membre du Gouvernement, mais comme au plus ardent et plus distingué combattant de nostre cause, la bienvei:llance du quel je me flatte avoir été assez

hereux de conquérir, et je Vous prie de bien vouloir de me preter Votre sage

conseil, que je me fais un devoir de suivre en toute occasion, pour savoir de

quelle manière je dois entamer ce sujet délicat.

L'affaire des armes marche bien, une partie est déjà en Transylvanie.

L'entente avec les Serbes est excellente, les régiments des confins, moyen

nant argent sont à nous, et le prince Michel montre toujours les meHleures dispo

sitions pour nous.

J'ai prié M. Cairoli de faire des démarches auprès du Général Garibaldi

pour qu'il invite M. Bratiano un des Chefs du parti rouge dans les Principautés

Unies à agir sur les Roumains en Transylvanie, pour qu'ils s'entendent avec les

Chefs de notre parti. J'attends d'heureux résultats de cette démarche.

Voilà M. le Commandeur les choses importantes que j'avais à Vous dire, j'espère que Vous en serez content.

N'osant confier cette lettre à la poste, pas meme par l'entremise de M. le

Consul d'ltalie, j'ai prie M. Rényi de se faire porteur de la présente depeche.

Vous savez M. le Commandeur que M. Rényi jouit de toute notre confiance,

il pourra Vous donner d'amples renseignements connaissant parfaitement toutes

nos affaires, excepté des détails par trop délicats, comme la candidature dont

il est question dans le protocole.

M. le Chevalier Capello a eu l'extrème obligeance de donner a M. Renyi un passeport que j'ai promis de rendre aussitot après son voyage, j'ose donc

M. le Commandeur Vous prier de bien vouloir faire donner un passeport a

M. Rényi, car la nécessité de le faire voyager en service du Comité peut dans les circonstances actuelles se présenter fréquemment.

J"espère M. le Commandeur que Vous voudrez bien m'honorer de quelques mots, et me dire si l'adresse • Euryale Corvin • que Vous m'aviez donnée pour Turin peut ètre aussi employée pour Florence.

ALLEGATO.

PROTOCOLLO

Le dix neuf Septembre Mille huit cent soixante cinq se sont réunis a Genève

M. M. Le Comte Théodore Csàky, le Général Ferdinand Eber, le prince Jon Ghika et Jean Bàlatchano pour délibérer sur les bases d'une convention à conclure entre le Comité National Hongrois et le parti National des Principautés Unies. On est tombé d'accord sur les points suivants:

lo Il y aura alliance défensive entre la Hongrie et les Principautés-Unies.

2o Un traité spécial pour assurer cette alliance sera conclu aussitc'ìt que les circonstances le permettront.

3° Les Principautés-Unies reconnaitront et respecteront l'intégrité du térritoire de l'Etat Hongròis y compris la Transylvanie, ainsi que l'indépendance de la Hongrie, si par la suite la nation la décrétait.

4° La Hongrie reconnaitra et respectera l'intégrité du territoire des Principautés Unies y compris la Bucovine, le cas de rétrocession échéant, ainsi que l'indépendance de l'Etat Roumain si par suite la nation la décrétait.

5° Le Comité National Hongrois ayant le plus sincère désir de donner satisfaction aux aspirations légitimes des Roumains de la Transylvanie, en tant qu'elles ne porteraient pas atteinte à l'intégrité territoriale de l'Etat Hongrois, le parti National des Principautés Unies pretera son concours pour engager les chefs du parti National Roumain de Transylvanie à entrer en rélations directes avec ceux du parti d'action hongrois, pour la conclusion d'une entente basée sur le respect du principe des nationalités.

6° Le parti national des Prinoipautés Unies désirant assurer par l'élection d'un prince étranger, le succès du mouvement qui doit avoir lieu prochainement dans les dites Principautés, et son choix étant tombé sur Son Altesse Royale le Prince Amédée de Savoie, le Comité National Hongrois s'engage à preter son concours pour assurer l'acceptation par ce Prince du tròne des Principautés Unies.

7o Le parti National des Principautés Unies s'engage en cas d'acceptation par le Prince Amédée de Savoie, à conclure une Convention avec S. M. le Roi d'Italie à la fin de lui assurer la participation des Principautés Unies à une guerre contre l'Autriche.

So En cas de refus du Prince Amédée de Savoie tous les articles du présent protocole, l'article 7 except, resteront en vigueur, et le Comité National Hongrois s'engage à preter le meme concours auprès de tout autre candidat au tròne des Principautés Unies.

9o Le Comité National Hongrois met à la disposition du parti national des Principautés Unies tous les hommes et toutes les armes dont il dispose dans les dites Principautés, et s'engage en outre à faciliter par tous les moyens en son pouvoir le mouvement qui se prépare.

1Qo Le mouvement réussi le parti National des Principautés Unies s'engage, de son còté, à mettre à la disposition du Comité National Hongrois au moins quinze mille fusils et une batterie de huit pièces de canon, de n'apporter aucun obstacle au rassemblement sur le térritoire des dites Principautés d'un corps hongrois, destiné à agir en Transylvanie, et de faciliter par tous les moyens en son pouvoir le mouvement hongrois.

Ho Le parti National des Principautés Unies prend l'engagement de dénoncer à la première occasion la cessation du traité d'extradition conclu entre l'Empereur d'Autriche et le prince Couza et dans tous les cas, de ne jamais exécuter l'artide concernant les réfugiés politiques.

12o Le Prince qui acceptera la candidature offerte par le parti national des Principautés Unies devra aussi approuver les stipulations ci-dessus.

Le présent protocole fait en double après avoir été soumis à l'approbation du Comité National Hongrois et des Chefs du p'lrti National des Principautés Unies devra etre signé et ratifié en forme de convention, dans le plus bref délai.

Comte Théodore Csàky Jon Ghica

Ferdinand Eber J. Balatchano

(l) -Cfr. n. 141, allegato. (2) -Parola illeggibile per il deterioramento dell'originale.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

D. (1). Firenze, l ottobre 1865.

(Per Parigi) Il Visconte di Treilhard

(Per Londra) L'Incaricato d'Affari di Francia venne a darmi lettura d'un dispaccio direttogli da S. E. il Ministro Imperiale degli Affari Esteri perché me ne facesse conoscere il contenuto.

Il Signor Drouyn de Lhuys annuncia in quel Dispaccio essere intenzione del Governo francese di incominciare tra breve lo sgombro del territorio pontificio per parte delle sue truppe, in guisa che lo si sia compiuto pel termine fissato dalla Convenzione del 15 Settembre 1864. S. E. aggiunge che a seconda degli accordi passati col Governo Pontificio le prime località ad essere sgombrate dalle truppe francesi saranno quelle che si trovano in prossimità della frontiera del Regno verso le province napoletane, e che la concentrazione della divisione d'occupazione si opererà su Roma, Civitavecchia e Viterbo (1).

Nel recare a sua conoscenza per semplice sua informazione, il tenore della fattami comunicazione, Le segno (per Parigi) ricevuta dei suoi pregiati Rapporti di Serie Politica N. 232-233 (2}. (per Londra) ricevuta dei suoi pregiati rappovti N. 107, 108 e 109 di Serie Politica N. 84 e 85 di Serie Confidenziale (3).

(l) II dispaccio venne inviato a Londra col n. 43 e a Parigi col n. 143. Lo stesso testo venne inviato in pari data in francese a Berlino, Pietroburgo e Madrid.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIQE MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

D. l. Firenze, l ottobre 1865.

Votre Rapport Confidentiel du 22 Septembre dernier (4) m'est parvenu régulièrement avec la pièce chiffrée qui y était annexée. * J'approuve le langage que Vous avez tenu à l'agent des Principautés Unies, et je vous prie de garder toujours :la méme réserve en évitant scrupuleusement d'engager d'aucune manière la liberté d'action du Gouvernement du Roi * (5).

En vous accusant en meme temps réception pour la régularité de la correspondance de la pièce chiffrée que Vous m'avez adressée en date du 20 Mai dernier, ainsi que des deux Rapports également en chiffre du 17 et 27 Juillet... (6).

156

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

D. 3. Firenze, l ottobre 1865.

Il cav. Nigra mi scrive essergli stato annunziato officialmente dal Ministero Imperiale degli Affari Esteri che l'Austria si è finalmente acconciata a non insistere ulteriormente nelle difficoltà mosse a che nell'atto finale per la NavigaziOne del Danubio si faccia menzione del titolo di Re e di Regno d'Italia.

Essa consente a che in questa circostanza si proceda nel modo stesso che fu

adottato per la firma della recente Convenzione telegrafica internazionale di

Parigi, e dell'atto pel riscatto del pedaggio della Schelda (1).

Tale si è il risultato delle pratiche inoltrate presso il Gabinetto di Vienna dalle potenze amiche in seguito agli ufficii che il R. Governo fece pervenire, secondoché Le aveva manifestato il divisamento col Dispaccio N. 2 del 18 maggio pp. (2), ai Gabinetti di Parigi e di Londra. Benché la dichiarazione dell'Austria non rifletta precisamente se non la firma dell'atto pubblico, stimo inopportuno l'insistere perché la nuova forma si abbia immediatamente ad adottare anche nei protocolli ed ogni altro atto della Commissione danubiana. Ella non muoverà quindi a tal riguardo abbiezione alcuna ed attenderà che sia venuto il momento della firma dell'Atto finale per concertare coi suoi Colleghi il modo di tradurre ad effetto la convenuta soluzione della vertenza. Se però anteriormente alla firma dell'Atto pubblico, in alcuna circostanza, la questione fosse sollevata da alcuno tra i suoi Colleghi, Ella non mancherà di sostenere il principio invocato dal R. Governo ed ora ammesso anche dall'Austria, e che deve valere non solo per l'atto finale ma per qualsivoglia atto della Convenzione di Galatz.

SegnandoLe ricevuta per regolarità di carteggio dei Suoi Rapporti di questa Serie speciale nn. 86, 87 in data 12 e 29 maggio p.p.... (3).

(l) -Cfr. quanto comunicò Nigra con r. 235 del 5 ottobre, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 148. Il r. 232 non è pubblicato. (3) -Cfr. nn. 140 e 152. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (4) -Recte 21, cfr. n. 146. (5) -Il brano fra asterischi fu inviato in cifra. (6) -Non pubblicati.
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L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 9. Francoforte, l ottobre 1865 (per. il 4).

Le congrès commerciai allemand aura une influence véritable, et doit hater le jour de la signature du traité de commerce entre l'Italie et le Zollverein. Ces congrès en Allemagne ont plus de force et plus de portée que chez nous et qu'en France. En effet, l'année dernière non seulement les Gouvernements, mais la nation allemande dans sa presque majorité, étaient très contraires à l'accession au traité commerciai conclu entre la France et la Prusse. On y était contraire, parcequ' on jugeait ce traité camme trop favorable à la France, et aussi parceque l'esprit dynastique des Cours d'une part, et l'esprit libéral des classes commerciales d'autre part, partant de deux points différents, se Tencontraient dans un meme sentiment d'hostilité contre le Gouvernement Français. Néanmoins, M. de Bismarck, qui tenait absolument à l'adhésion du Zollverein à son traité commerciai avec la France, fit agir le congrès commerciai allemand, et peu de temps après les Chambres commerciales des petits

Etats finirent par renverser les Ministères du Wurtemberg et de la Bavière, qui étaient les chefs de l'opposition et l'accession du Zollverein au traité commerciai Franco-Prussien eut lieu à peu de distance.

Dans le cas présent la victoire sera encore plus facile. On n'aura qu'à combattre les répugnances dynastiq_ues. A l'heure où nous sommes les petits Etats comprennent qu'on ne fait pas de la politique aux dépens des intérets matériels des peuples qu'on gouverne. Il n'y a donc qu'à laisser que les choses suivent leur marche régulière. Cette marche mène les Etats du Zollverein à la reconnaissance du Royaume d'Italie.

Le départ de M. de Bismarck pour Biarritz, et la halte qu'il ne manquera certes pas de faire à Paris, soit dans son allée, soit dans son retour, ce départ est toujours envisagé comme la preuve d'un accord tacite entre la France et la Prusse. Le soupçon de cet accord alarme non seulement les petits Etats de l'Allemagne, mais ceux-là aussi qui so n t placés entre la France et le Rhin. On connait l'esprit remuant, large, aventureux et tenace du Ministre Prussien. Aussi non seulement est-on persuadé que la Prusse gardera les deux Duchés, dont l'Autriche se servira pour battre monnaie, mais l'on va plus loin encore.

On dit que M. de Bismarck pourrait bien proposer au Cabinet de Paris des arrangements à sa façon, par lesquels on proposerait à ce Cabinet le Palatinat Bavarois (qui est le point véritable dont la France ait besoin) plus peutetre le Luxembourg. Dans ce cas les Pays-Bas seraient indemnisés par les Flandres. Anvers deviendrait une espèce de Ville Libre, comme Hambourg. La Prusse de son còté garderait non seulement les deux Duchés, en rendant une partie du Schleswig au Danemark, mais pousserait sa marche vers la ligne du Main.

Je conçois tout ce qu'il y a de vague, d'obscur, d'aventureux dans toutes ces prévisions d'avenir, je remarquerai néanmoins à V. E., que toutes ces prévisions que, il y a quelques années, auraient été traitées de rèves sauvages ou fous, ces mèmes prévisions forment maintenant la préoccupation de bien des hommes d'Etat en Allemagne et en Belgique.

Pour ce qui regarde l'Allemagne, ces idées deviennent mème nationales, on sent que l'Allemagne ne saurait se faire aue par une incarnation Prussienne. Car si de ce còté du Rhin, l'Autriche inspirait la sympathie, la Prusse garde et conserve la confiance. Enfin, malgré sa lutte avec les Chambres, pour les grandes masses populaires, M. de Bismarck a le meilleur des prestiges, celui du succès. Si je dois dire mon opinion personnelle, ces bruits décèlent une crainte, celle d'une entente entre la Prusse, la France et l'Italie.

Au demeurant, l'Autriche dans ces moments-ci ne saurait se débarrasser de la Prusse, et d'autant moins lui faire une opposition ouverte sur le terrain Allemand. Le bruit mème de la retraite du Comte de Mensdorff et de la rentrée aux affaires du Comte de Rechberg viendrait confirmer mon opinion.

A ce qu'il parait, l'Empereur François-Joseph, veut un ralliement complet et sincère avec ce qu'on nomme la Hongrie. Si ce ralliement a lieu positivement, il est incontestable que l'Autriche se met sur la voie d'un meilleur avenir au point de vue militaire et financier.

Le parti Hongrois est pour l'abandon de la Vénétie, moyennant indemnités financières et territoriales. Ce programme serait un rapprochement avec l'Italie, et une provocation à la Russie. Mes informations particulières me font croire que l'Angleterre travaille dans ce sens.

Toutes ces prévisions seraient logiques, si le ralliement avec la Hongrie et l'abandon des idées autrichiennes avaient lieu positivement. Mais il s'en faut beaucoup pour que la marche que l'Empereur François-Joseph suit depuis 1859, soit toujours lumineuse et ferme dans ses principes, rigoureuse et sure dans ses déductions. Ses projets sont toujours couverts d'ombre, et peut-etre mes affirmations d'aujourd'hui, n'attendent-elles que l'expérience de demain pour recevoir le démenti le plus autorisé.

Dans ma prochaine dépeche j'aurai l'honneur d'entretenir V. E. sur la réunion des députés allemands ici à Francfort, réunion que j'ai déjà annoncée dans ma dépeche Politique N. 9 en date du 23 Septembre (1).

(l) -Della risoluzione dell'Austria furono informati, con dispacci pari data, D'Azeglio, Greppi, Puliga e Incontri. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. Serie I, vol. V, n. 711. Il rapporto del 29 maggio non è pubblicato.
158

IL CAPO GABINETTO DEL RE, VERASIS, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. R. Torino, 7 ottobre 1865.

Mi permetta di venirla a ringraziare per la lettera di Scovasso ch'Ella mi fece pervenire. In esso foglio si ripete l'utilità che vi sarebbe a mandare un Agente in Croazia, io umiliai la cosa come era mio dovere a Sua Maestà la quale mi disse che mentre apprezzava i riflessi del Console in Belgrado pur credeva la cosa difficile per motivi finanziarj, massime chiedendosi 100/m franchi dal partito d'azione Ungaro-Croato per lavorare nei Confini Militari, Sua Maestà però diedemi incarico di riferire la cosa alla S. V. Gentilissima affinché in modo riservatissimo Ella ne faccia il caso che giudica, mentre la Maestà Sua apprezza molto il modo di vedere politico della S. V. nella quistione Ungherese e Slava essendo questo identico alle vedute della Maestà Sua.

Il Re desidera in oltre sapere se l'Imperatore Massimiliano ha il Collare dell'Annunziata ed avendomi incombenzato di saperli dire tal cosa, io ricorro all'innata cortesia della S. V. pregandola a volermi mettere in grado di obbedire ai cenni di Sua Maestà.

Spero vederla presto in Firenze...

159

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL CONTE MALAGUZZI (AS Biella, Corte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 53-57)

L. P. Firenze, 9 ottobre 1865.

Avendomi voi fatto sperare che S. lVI. I. R. l'Imperatore d'Austria nel nobile scopo di ottenere una conciliazione coll'Italia, possa indursi a fare il generoso

Bacrifizio dei suoi possessi italiani, siete incaricato di aprire a questo fine tratta. tive ~:ol Gabinetto di Vienna, che ad ogni modo non potranno prorogarsi oltre ìl primo del prossimo novembre. Voi conoscete abbastanza i sentimenti conciliativi che animano S. M. il Re e il suo Governo, e non mancherete di farlì valere per stabilire quelle basi che sole possono raggiungere un perfetto accordo fra i due Stati, e spegnere per sempre ogni rivalità.

ALLEGATC

l. -QUESTIONE FINANZIARIA.

Quesito. -Pesano sul Veneto come quota pari;e della totalità del debito austriaco duecentocinquanta milioni circa di fiorini (pari a cin•a 620 milioni di lire) che rappresentano il dodicesimo del debito austriaco, essendo appunto il Veneto il dodicesimo del complesso dell'Impe:r.fl.

Esiste inoltre un debito speciale sul Veneto di 40 milioni di fiorini (pari ~~ 100 milioni di lire) unicamente fondato su quella provincia. In aggiunta a questi oneri, che necessariamente ricadrebbero sul Governo italiano, il prezzo di indennità pagabile all'Austria a qual somma potrà essere spinto?

Risposta. -Si accetta il principio. Sono però da verificarsi le cifre, giacché non sembra che la popolazione della Venezia sia la dodicesima parte di quella t.otale dell'Impero, ma piuttosto la quattordicesima. Si crede che il debito speciale del Veneto, che sembra essere di 60 milioni di fiorini, sia compreso nei 250 milioni di fiorini erte costituiscono la quota parte del Veneto nel debito totale dell'Impero Ciò premesso, sembrerebbe che il debito da accollarsi al Regno d'Italia sarebbe di 500 milioni.

Ad ogni modo, il Governo italiano non può in nessun caso, e sotto qualsiasi forma, oltrepassare la spesa del miliardo (500 per il debito e 500 per indennità).

Quesito. -Ad evitare inopportuni dettagli, deve intendersi compresa nella cessione la consegna di tutto il valor mobile tanto militare che amministrativo, ovvero vuolsi fare altrimenti?

Risposte.:. -È naturale che il Governo austriaco cederebbe tutto il materiale stabile e trasporterebbe tutto il mobile (salvo, ben inteso, quegli ulteriori accordi che si potranno prendere).

Quesito. -È autorizzato l'incaricato italiano a mettere in vista un trattato commerciale e di navigazione della maggiore ampiezza possibile? ed ove occorra, una reciproca revisione di tariffe per facilitare gli scambi fra i due territorii?

Risposta. -Dare le più ampie assicurazioni che il Governo italiano è disposto a fare coll'Austria un trattato di commercio e navigazione sul piede della nazione più favorita.

Quesito. -Se alla riuscita delle trattative parziali o generali, potessero contribuire, o fosse conveniente, largizioni pecuniarie, ne è fatta facoltà? Risposta. -Il Governo italiano ripugna troppo da simili mezzi, per paterneanche far cenno.

II. -QuEsTIONE PoLITico-AMMINISTRATIVA.

Quesito. -Deve la consegna del regno Lombardo-Veneto farsi secondo gli attuali confini politico-amministrativi, o può interessare al Governo italiano qualche speciale ritaglio o rettificazione delle nuove frontie~?

Risposta. -La geografia indica essere l'Isonzo il vero confine dell'Italia (dalla parte del Friuli).

Quesito. -Dacché per essere il Tirolo italiano compreso nella Confederazione germanica, la sua cessione non potrebbe essere oggetto della convenzione attualmente proposta, e poiché d'altra parte non può esserne trascurata l'annessione al Regno italiano in epoca più o meno vicina, non dovrebbe formare questa cessione l'oggetto di un protocollo segreto che ne preveda e ne regoli l'eventualità, stabilendone sin d'ora i compensi, fra i quali è prevedibile il caso di una cooperazione per un dato intento della politica imperiale?

Risposta. -Credo anch'io conveniente un trattato speciale e segreto per facilitare successivamente la cessione al regno d'Italia di quella parte del territorio Tirolese che trovasi di qua delle Alpi, e che comunque gli abitanti siano Italiani è compresa nella Confederazione germ.:mica.

Quesito. -Quali norme stabilisce il Governo italiano per la restituzione della corona d'Italia e dell'ordine cavalleresco annessovi?

Risposta. -È naturale che l'Austria, cedendo i possessi italiani rimetta la corona di ferro. Si potrebbe per questa rimessione scegliere una propizia occasione come quella, per esempio, di un matrimonio fra le due case regnanti.

Quesito. -Se l'incaricato italiano debba schivare ogni discussione sulla questione romana, o se per tacitare il partito cattolico, cotanto influente a Vienna, possa lasciar sperare un raddolcimento della politica italiana v,erso Roma, fosse pur anche solo di forma, quasi come intervento ufficioso della corte imperiale.

Risposta. -Si deve schivare ogni discussione sulla questione romana, lasciando però capire che la cessione della Venezia all'Italia deve naturalmente aiutare la conciliazione con Roma nell'interesse della cattolicità; conciliazione d'altronde molto desiderata dal Governo Italiano.

Quesito. -Gioverà autorizzare l'incaricato a secondare le convenienze dell'Imperatore qualora per servire alle medesime si voglia nell'opinione dell'Europa far valeve e credere che l'iniziativa fu spontanea dell'imperatore Francesco Giuseppe, il quale instaurando ora all'interno la politica della nazionalità volle generosamente consacrarla con un magnanimo sacrificio verso la nazionalità italiana.

Risposta. -Il Governo italiano non ha nessuna difficoltà di lasciare all'Imperatore d'Austria l'iniziativa di queste trattative (come risulta del resto dalla mia lettera al Conte).

III. -QUESTIONE INTERNAZIONALE (1).

Quesito. -L'accoglienza attendibile dell'imperatore Napoleone alla conciliazione austro-italiana potrà mai cangiarsi in una temibi1e difficoltà pel Gabinetto di Firenze?

Risposta. -Io ho la convinzione che l'Imperatore dei Francesi aderirebbe non solo, ma vedrebbe con piacere la riconciliazione sincera fra l'Austria e l'Italia (2).

Quesito. -Secondo tutte le probabilità la conciliazione austro-italiana metterà a partito disperato la Prussia nella sua politica aggressiva verso la Confederazione germanica e più specialmente contro l'Austria; cosicché fra le eventualità prevedibili vi è quella (sebbene inverosimile) che la Francia ne tragga partito per ottenere la cessione delle provincie renane in rivalsa dell'appoggio armato che accordasse alla Prussia.

Risposta. -Che farebbe la Prussia non lo saprei; ma non credo che la Francia cercherebbe tirar partito àa questa eventualità.

Quesito. -L'Austria liberata dai timori che l'attitudine d'Italia le ispirava, abilitata quindi a raccogliere tutte le sue forze materiali ed in aggiunta le morali che appunto estrarrà dalla conciliazione coll'Italia, potrebbe di leggieri essere tratta ad una repentina v,endetta sulla Prussia; il che le darebbe la opportunità di stabilire la sua supremazia militare sulla Germania e con ciò di mettersi salda sul capo la corona imperiale germanica. È fuor di dubbio che a questa politica si inclina da ogni parte a Vienna perché politica tradizionale dinastica e popolare. Può essere che a Vienna si inclini ad una politica più timida e si pensi ad ampliare la corona di Santo Stefano spingendola sino all'estremo limite della riva sinistra del Danubio. Verificandosi taluna delle suesposte contingenze potrà l'Italia essumere una parte cooperativa in compenso della cessione che otterrebbe, e più ancora in vista della dominazione sull'Europa centrale che l'Italia si mette in caso di dividere coll'Austria?

E se questa cooperazione fosse posta come condizione risolutiva della conciliazione?

Risposta. -Il Governo Italiano non può prendere impegni per future emergenze, avendo ferma intenzione di consolidare l'unità e provare al mondo che vuol essere anzitutto potenza conservatrice.

(l) Cfr. n. 150.

(l) -Questo paragrafo è edito anche in CHIALA, pp. 32-33. (2) -Sulla missione Malaguzzi cfr. A. Luzro, La missione Malaquzzi a Vienna nel 1865-66 per la cessione del Veneto, in «Il Risorgimento Italiano», gennaio-giugno 1922, pp. 125-200, luglio-dicembre 1922, pp. 414-448, gennaio-giugno 1923, pp. 213-260, in cui sono edite, oltre a queste istruzioni, tutte le lettere di Malaguzzi a La Marmora conservate in A S Biella, Carte La Marmora.
160

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

R. S. N. Bucarest, 13-17 ottobre 1865.

Credo sia bene ed anzi dover mio di far sapere in qualche modo, ma riservatissimamente, e possa anche particolarmente interessare la S. V. Illustrissima quel che sto per raccontarle succintamente e senza commenti.

Nello scorso mese ricev,ei lettera del Generale Klapka (N. I) (l) colla quale io era pregato di rimetterne altra al Principe Couza, cui dicevamisi sarebbe stata gradita.

Soddisfeci all'incarico, in via privata e ben persuaso, per la stima che professo al Generale, ch'esso non mi avrebbe richiesto di cosa che non mi potesse per alcun verso convenire e lo dissi a Couza, mostrandomi però, con scopo di leggero eccitamento, un po' attonito.

Il Principe risposemi che l'amicizia che esisteva fra noi non consentivagli di far mistero su cose anche intime che potessero in qualsiasi misura interessarmi e mi diede perciò anzi tutto visione di una lettera direttagli a Ems dal Conte de Scherthoss, ma qui da esso soltanto ricevuta, al suo ritorno, a quanto assicurò, e colla quale il Conte suddetto per riparazione dell'insulto da lui ricevuto nell'agosto del 1864 in Bucarest quando venne improvvisamente ed arbitrariamente espulso da questi Principati, sfida a duello S. A Rumena.

(N. Il).

Tale lettera pare abbia fatto più impressione sull'animo del Principe di quel che lo voglia lasciar apparire scherzando e dicendo: • Savez vous qu'il est bien désagréable à moi de ne plus pouvoir sortir des frontières sans avoir sur mes talons cet enragé de Scherthoss? •. Nè volli contrastargli la sua poco

fedele versione, necessitata dal bisogno della propria giustificazione, giacché trattasi di un incidente ormai vieto e relativamente al quale, per quanto il proceder suo e del suo governo poterono averci offesi, già aveva fatto, in parole almeno, sufficiente ammenda. Quale versione è contenuta nella lettera che il Principe indirizzò al Generale Klapka (N. III) per informarlo della provocazione dello Scherthoss, contando al certo ch'esso sarebbesi adoperato per calmarne le ire.

Ma il Generale, che aveva appreso per altra via il passo dello Scherthoss, già aveva preso l'iniziativa per condannarlo ed esprimerne il suo rammarico colla lettera indirizzata al Principe Couza (N. IV) precedentemente a quella che Sua Altezza ha a lui diretta, quantunque giunta qui più tardi.

Spiacemi che il Generale confessi in tale lettera una missione politica che fu sempre dal Conte Scherthoss e da me negata ed io ebbi a dire a Sua Altezza che andai sempre persuaso che il Conte Scherthoss non abbia mai avuto ad esercitare in questo paese alcuna politica missione, perché se per caso si fosse esso proposto di dire alcuna cosa a Sua Altezza, prima di lasciare i Principati, che potesse avere rapporto con questioni politiche o per incarico fors'anche dello stesso Generale Klapka, questo non costituiva un fatto che fosse di natura ad allarmare il Governo di Sua Altezza, perché per esso non avrebbesi avuto ad esercitare alcuna azione segreta, all'infuori cioè della conoscenza e della volontà del Governo stesso.

Il Principe poi volle spontaneamente ed in via confidenziale spiegarmi quelle parole della lettera del Generale che accennano ad una splendida prova di simpatia e di benevolenza datagli da Lui in questi ultimi tempi, ricordandomi ch'Egli, se come rumeno non ama gli ungheresi, ebbe però sempre molta stima e simpatia pel Generale Klapka, col quale è in buone relazioni da tempo anteriore al suo avvenimento al trono e che perciò fu lieto di poter rendergli servizio quando il medesimo ebbe a lui ricorso con lettera a Ems, che mi lesse e nella quale il Generale espone le sue estreme strettezze finanziarie per escire dalle quali con onore senza diminuire la propria indipendenza politica rispetto a personaggi di altri paesi cui avesse ricorso, chiede a lui, Couza, un imprestito di 40/m. franchi, che avrebbe fiducia di rimborsare nel termine di ,tre anni.

Il Principe si fè premura di spedire al Generale la domandatagli somma,

ritirandone semplice quietanza, che ho pur visto.

Ho ammirato l'atto generoso, ma ho pur detto che si è felici di essere

Principi quando si può rendere servizio ad uomini che hanno il valore del

Generale Klapka e forse ancora un avvenire di potenza.

Sua Altezza mi ha aggiunto che ha poi visto il Generale Klapka e gli ha

ripetuto che si può contare su di lui per ogni cooperazione in eventuali imprese

avvenire cui venga spinto da Francia ed Italia.

Da molto tempo io non aveva più udito parlare del Maggiore Buda, quan

do, alcune settimane sono, l'Agente Austriaco mi disse che il medesimo, pre

sentatosi alla frontiera di Orsova per penetrare negli Stati austriaci, con pas

saporto rumeno, e riconosciuto, venne arrestato, per essere pendente contro

di lui un processo criminale a Pesth, a titolo di falsificazione di banco-note,

in relazione al quale processo l'I.R. Cancelleria di qui aveva quindi avuto

l'ordine di assumere l'interrogatorio di altre persone residenti in questi Principati. Forse il Buda ha contato troppo sulle relazioni che aveva qui stabilite

o sulle benemerenze che avevasi acquistato.

17 ottobre.

P. S. -Oggi il Principe Couza mi ha letto un telegramma del suo Agente in Parigi, il quale informa essergli stata rimessa lettera del Generale Klapka per Sua Altezza coll'incarico di far sapere anticipatamente all'Altezza Sua che il Generale ha aggiustato convenientemente l'affare ad Essa noto. Il Principe me ne ha mostrato soddisfazione.

(l) Gli allegati non si pubblicano.

161

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 431. Londra, 18 ottobre 1865, ore 19,5() (per. ore 4,06 del 19).

C'est avec une profonde douleur que je dois vous annoncer la mort de lord Palmerston décédé ce matin à 10 heures 3/4 (1).

162

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 290. Firenze, 20 ottobre 1865, ore 10,55.

Hier le Roi est arrivé. En apprenant la mort de lord Palmerston il en a éprouvé un vif regret que partagent son Gouvernement et l'Italie entière.

c Egli cessò di vivere prima che venissero meno quelle grandi qualità che ne crearono la fama. Egli avea singolar fermezza, gran determinazione, ed indomito coraggio politico;calma incredibile nei più importanti momenti e comando tale su di se stesso che impossibile riusciva il fargli dire una parola di più di quello che non voleva. Nello stesso tempo granrettitudine. Egli poteva ingannare col non dire ma non coll'asserire il falso, come purtroppo certi politici si credono lecito di fare. Inoltre egli aveva al più alto grado il senso del dovere e questo spiega come alla sua età egli sovente, malgrado le osservazioni in famiglia, intraprendesse certe escursioni, cerimonie, inaugurazioni dalle quali altri avrebbero creduto poter prescindere.

Finalmente uno dei principii che lo guidavano era di far qualunque cosa il meglio che poteva secondo le sue facoltà e quindi rimettersene alla Provvidenza senza inquietarsenepiù oltre.

Naturalmente la qualità che primeggiava tutte le altre era la sua sagacità che gli permetteva di discernere il nodo reale di una questione oppure di prevedere le conseguenze di un atto politico. Soventi lo sentii a rimarcare dagli ambasciatori che per quanto cercassero celare la parte debole di una questione, Lord Palmerston la vedeva immediatamente.

Solo poteva forse cadere in errore per quella qualità che forse il pubblico era meno disposto a concedergli, la generosità del suo cuore che lo portava a sentire caldamente in certe quistioni sia per la dignità del suo paese sia per chi era oppresso •.

(l) Si pubblica qui un brano del r. confidenziale 89 di D'Azeglio del 19 ottobre relativo a Palmerston :

163

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 435. Londra, 20 ottobre 1865, ore 6,15 (per. ore 12,24).

Le Globe annonce ce soir semi officiellement que lord Russell a été chargé par la Reine de réorganiser le Ministère (1).

164

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA, A BRUXELLES, LUPI DI MONTALTO, A LONDRA, D'AZEGLIO, A MADRID, TALIACARNE, A PARIGI, NIGRA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, E AGLI INCARICATI D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, E A PIETROBURGO, INCONTRI

D. Firenze, 24 ottobre 1865.

Quoique encore .incomplètement connus, les résultats des élections permettent dès à présent de porter un jugement sur la signification du grand acte que le pays vient d'accomplir.

Les candidats élus au premier scrutin appartiennent pour les deux tiers au parti constitutionnel modéré; l'autre tiers ne comprend un'un nombre infime de cléricaux et se compose presque entièrement de membres plus ou moins avancés de la gauche constitutionnelle.

Les deux tiers environ des collèges électoraux devront se réunir de nouveau dimanche prochain pour le scrutin de ballottage. Le nombre considérable des ballottages est du à plusieurs causes: l'admission au droit électoral des contribuables soumis au nouvel impòt de la richesse mobilière, et peu habitués à la vie politique, a augmenté la proportion entre les abstentions et les électeurs inscrits, de telle sorte que des candidats qui avaient obtenu un

• -Per gli interessi nostri non farà gran differenza chi succeda. Credo che venuta meno l'influenza preponderante di quell'uomo di Stato, non mancheranno le simpatie degli altri membri del suo Ministero e metto in prima linea appunto Lord Russell e Gladstone. In seconda Lord Granville, Clarendon il Duca di Somerset. Ma sicuramente la base di tutto sarà sempre la tendenza verso noi della Nazione Inglese nella quale più che sui Ministri faccio capitale e che m'impedirebbe perfino di veder con gran trepidazione l'avvento di un Ministero Tory •. - • -Ieri andai da Lord Russell onde partecipargli i sensi di cordoglio col quale avea il Governo ed il paese col Re alla testa ricevuto l'annunzio della morte di Lord Palmerston. Se potea qualcosa alleviare questa gran perdita era il vedergli succedere un uomo come lui che tutta la sua vita era stato partigiano dell'Italia e promotore dei suoi destini •.

nombre de voix considérable plus de 500 ou 600, par exemple, se sont trouvés pourtant n'avoir pas le iiers des votes dont le collège dispose depuis l'adjonction des nouveaux électeurs. Mais la cause principale du grand nombre des ballottages est la quantité exceptionnelle des candidatures libérales et modérées qui se sont posées devant les électeurs. Sur cent ballottages, il y en a quatrevingt-dix où •.:les ca:1d;dats de la méme couleur sont en présence. Ce fait prouve que si l'activité politique et le désir de prendre part aux affaires publiques n'a pas pénétré encore assez profondément dans toutes les couches du corps élcctoral, en revanche dans les classes de la Société où l'on peut prétendre aux nobles travaux dont l'intéret général est le but, l'empressement à y concourir est considérable, et que de nouvelles générations d'hommes politiques aspirent à prendre place à còté des hommes principaux de la première Législature pour s'associer à l'oeuvre nationale. Au contraire les candidatures des deux partis extrémes, rétrogrades et avancées, sont très peu nombreuses, et ces deux partis, le parti de la réaction surtout, ont du présenter les memes candidats dans un nombre considérable de collèges, faute d'avoir pour chaque localité un candidat acceptable.

Plusieurs hommes de l'ancienne majorité, et des plus éminents sont donc en ballottage et au point de vue des personnalités il faut reconnaitre que les élections témoignent d'un besoin partiel d'hommes nouveaux, besoin qui s'explique par l'impression laissée par les froissements d'intérets auxquels a donné lieu l'oeuvre accomplie par la Chambre précédente, particulièrement en fait d'impòts. Mais les représentants les plus considérables de l'ancienne majorité, les hommes qui se sont fait un nom dans le grand parti libéral et national, se retrouveront au sein du nouveau Parlement.

Au point de vue des principes, les élections sont le triomphe complet de la politique libérale et nationale suivie depuis cinq ans par le Gouvernement du Roi. Les divers partis dont la tendance est rétrograde, autonomistes, municipalistes, cléricaux ont échoué, malgré le zèle et la discipline dont ils ont donné le salutaire exemple au parti libéral, leurs candidats ont pu dans certains collèges importants, à Florence par exemple, arriver au ballottage, mais avec un nombre de voix qui ne leur laissent pas de chances de succès. De meme le ,parti révolutionnaire, qui se place en dehors de la constitution, n'a pu obtenir que quelques manifestations isolées, à Genes par exemple. Au contraire le grand parti libéral se retrouvera compact, et seulement insensiblement modifié par

l'adjonction de quelques personnalités jouissant d'influences locales, et par une

légère tendance de la part d'un certain nombre de députés de l'Italie supé

rieure, à incliner vers la gauche modérée.

Tel est, M. le Ministre, le résultat des élections tel qu'on peut le déterminer

dès aujourd'hui. Le Gouvernement du Roi regarde cette expression solennelle

de l'état actuel des esprits en Italie, comme étant en général d'un bon augure

pour l'avenir.

En ce qui concerne particulièrement l'administration que j'ai l'honneur

de présider, j'ai trouvé avec plaisir une preuve de la confiance que le pays a en

elle, dans le fait qu'au milieu du grand nombre des ballottages, tous les Minis

tres qui ne sont pas Sénateurs ont été élus au premier scrutin.

J'ai l'entière confiance que la nouvelle Chambre aidera le Ministère à maintenir la politique nationale sur la ligne de modération et de libéralisme que no1,1s avons constamment suivie dès les premiers temps de la reconstitution de l'Italie.

P.S.

(Pour Paris) Je vous accuse réception de Vos dépéches Politiques du N. 234 au N. 238 inclusivement (1). (Pour Londres) Je vous accuse réception de Vos depèches Politiques N. 110, 111 et 112 et confidentielles du N. 86 au N. 90 inclusivement (2). (Pour Pétersbourg) Je vous accuse réception de Vos Rapports Politiques

N. 30, 31 et 32 (1).

(Pour Carlsruhe) Je vous accuse réception de Vos Rapports de la Série Con· fidentielle du N. 40 au N. 50 inclusivement (3).

(l) Con r. confidenziale 90 del 21 ottobre D'Azeglio comumco:

165

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ,ed. in CHIALA, pp. 522-524)

L. P. Parigi, 25 ottobre 1865.

Rare volte la diplomazia europea s'è trovata seduta ad una tavola di giuoco in cui le partite fossero più vivamente disputate e presentassero più diverse e più bilanciate combinazioni, di quanto avvenga in questo momento. Austria e Prussia tengono le carte. Italia e Francia girano intorno al tappeto verde per esaminare da qual lato siano le probabilità dell'esito e per approfittarne. La Prussia è sospinta da due correnti. Dall'un lato Bismarck spinge alla politica dell'ingrandimento territoriale, o per servirmi d'un'espressione che noi abbiamo reso storica, alla politica dell'annessione, ed è appoggiato dalle tradizioni prussiane, dal nostro esempio, dalle tendenze unificatrici tedesche, e da una situazione diplomatica che gli è favorevole e dalla quale trasse già qualche partito a Gastein. D'altro lato questa politica ripugna al re Guglielmo ed è avversata dal partito feudale che lavora ostinatamente alla caduta di Bismarck. Così mentre da un lato si tende ad un'alleanza colla Francia e coll'Italia, dall'altro lato si propende all'alleanza austriaca come la sola che possa preservare l'Allemagna dalla rivoluzione democratica. L'Austria anch'essa tentenna incerta fra due partiti, cioè: o l'alleanza colla Francia e un accommodamento coll'Italia, o l'alleanza colla Prussia. Il primo partito le darebbe il vantaggio di pacificar seriamente l'Ungheria, di restaurar le finanze, di romper le gambe a Bismarck e alla sua politica d'annessione. Il secondo le permetterebbe di tener la Venezia, che spera vedersi guarentita dalla Prussia, ma offre il pericolo della perdita della preponderanza e dell'influenza sua in Allemagna.

La Francia e l'Italia hanno in questo giuoco un interesse comune ed eguale. La loro situazione permette ad esse d'accostarsi sia all'una sia all'altra delle due grandi potenze Germaniche secondo che l'una o l'altra potrà o vorrà offrir loro maggiori vantaggi. Diffatti se l'Austria cede la Venezia all'Italia, questa rimane affatto disinteressata in Allemagna, e l'Austria sicura alla spalle potrà dettare i patti a Berlino. Viceversa, se la Prussia ajuta l'Italia a ricuperar la Venezia, l'Italia l'ajuterà ad abbatter l'Austria, e la Prussia potrà procedere spedita nella via delle annessioni.

La Francia non domanda che una cosa, cioè che Prussia ed Austria non si mettan d'accordo. Essa tiene quindi un linguaggio quasi identico alle due grandi Potenze Germaniche. Dice alla Prussia che se muove guerra all'Austria, lascierà fare; che se la guerra avrà per risultato d'ingrandire la Prussia, vedrà che cosa avrà da fare ma che la Prussia, senza cedere un'oncia di suolo tedesco, può forse aver modo di disinteressare la Francia, e che quindi v'è modo d'intendersi.

Dice all'Austria la stessa cosa, aggiungendo però che l'Austria ha due modi di disi.nteressare la Francia, cioè il modo generale (non preciso, non determinato) detto di sopra, e la cessione della Venezia all'Italia.

Questo è lo stato delle cose in generale. Ora vengo a fatti e concetti più precisi. Bismarck ha parlato coll'Imperatore a Biarritz, e naturalmente gli ha domandato fino a qual punto (in caso di guerra fra la Prussia e l'Austria) il Gabinetto di Berlino poteva contare sulla neutralità della Francia. Il senso della risposta dell'Imperatore è questo. Se la guerra si restringe in brevi limiti, la Francia lascia fare; essa desidera però che la Prussia retroceda una parte della popolazione danese dello Schleswig alla Danimarca, come soddisfazione all'opinione liberale dell'Europa e della Francia, e come omaggio al principio di nazionalità. Se la guerra avesse o dovesse avere per risultato di dare alla Prussia non solo i ducati, ma altri territori tedeschi, e di rinforzare e di ingrandire considerevolmente la Monarchia prussiana, la Francia dovrebbe pensare a stabilire per sé un contrappeso. Quale? Il terreno qui diventa arduo; la conversazione delicatissima. I due interlocutori si espressero con mol,ta l"iserva. Ma alcuni punti furono se non chiariti almeno accennati o sott'intesi. Questo contrappeso o compenso che dir si voglia non sarebbe pigliato sul territorio germanico; quindi abbandono d'ogni idea di provincie renane cedute alla Francia, giacché il Gabinetto di Berlino dichiara che in nessun caso potrebbe sacrificare un'oncia di territorio tedesco. Esso sarebbe pigliato nel Belgio, colla retrocessione all'Olanda d'Anversa e delle provincie finitime fiamminghe. La parola Belgio non credo sia stata pronunziata, ma vi si accennò abbastanza chiaramente. L'Imperatore avrebbe posto fine al discorso esclamando: • Ma non vendiamo la pelle dell'orso prima che sia morto •.

Questo medesimo discorso può esser tenuto all'Austria, e non mi stupirebbe

che fosse tenuto. Poco importa diffatti alla Francia d'ottenere il Belgio, alla

morte del re Leopoldo, coll'assentimento della Prussia o con quello dell'Austria,

come poco importa a noi d'ottenere la Venezia coll'una o coll'altra alleanza,

benché per noi sia preferibile la cessione pacifica alla cessione forzata colle armi.

L'importante si è d'ottenere nell'un modo o nell'altro questo risultato.

Quello però che mi par certo si è che tanto l'Austria, quanto la Prussia devono contare con noi nell'una o nell'altra di queste previsioni.

Io le ho esposto la situazione. Non sta a me a determinare il partito che dobbiamo prendere. Se l'Austria avesse alla testa del suo Governo uomini sensati, o se il re di Prussia si ricordasse di Federico, la questione sarebbe ben presto risolta. Ma sventuratamente dobbiam contare, a Vienna, con una politica appassionata, incosciente, priva di senso comune, a Berlino cogli scrupoli sentimentali del re simili a quelli di certe donne che vorrebbero amoreggiare senza far peccato, e colla versatilità impaziente e violenta di Bismarck.

Io spero di veder quest'ultimo al suo passaggio a Parigi, e siccome la riserva diplomatica non è la sua principale qualità, così penso che saprò dalla sua bocca medesima il suo pensiero.

Ad ogni modo mi pare che l'Italia debba tirar partito di questa situazione che in fondo le è favorevole. Le raccomando di tener per sè le cose che Le dissi sul colloquio di Bismarck coll'Imperatore (1).

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. le note a pp. 209 e 210. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (3) -Cfr. nn. 119 e 135. Gli altri rapporti non sono pubblicati.
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IL MINISTRO A MONTEVIDEO, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 30. Montevideo, 28-29 ottobre 1865 (per. il 5 dicembre).

Ho la soddisfazione di annunziare a V. E. che la missione confidata al Comandante della R. Cannoniera • Veloce » ha avuto un esito completo. Egli non solo ha ottenuto dalle autorità Paraguayane che fosse permesso agli Italiani e agli stranieri tutti in generale d'imbarcarsi sui regi legni, e abbandonare il teatro della guerra, ma ha conseguito puranco che le navi mercantili italiane

-o di proprietà italiana che erano state indebitamente detenute allo scoppiar della guerra, fossero lasciate in libertà di proseguire il loro viaggio di ritorno.

• Ella mi domanda il mio avviso sull'interpretazione da darsi all'articolo 4o della convenzione del 15 settembre. Con questo articolo l'Italia si obbliga di entrare in accomodamento per pigliare a suo carico una parte del debito pubblico pontificio. Dopo gli incidenti a cui diede luogo l'interpretazione della Convenzione sullo scorcio dello scorso anno, non v'è che un modo sicuro di procedere, ed è quello di pigliare per sola base d'esame il testo stesso della Convenzione. Ora il testo non dice tra chi si debba negoziare l'accomodamento né tra chi si debba conchiudere. Qui è necessaria una distinzione importante. Bisogna distinguere i negoziati, e la loro conclusione.

Quanto ai negoziati, sarebbe cosa naturale e logica che un accomodamento debba negoziarsi fra chi si deve accomodare, cioè fra le due parti principalmente interessate. Tuttavia siccome la convenzione fu conchiusa colla Francia, siccome Italia e Francia sono rispettivamente garanti l'una verso l'altra della sua esecuzione, così non credo che noi possiamo convenientemente rigettare le aperture o la mediazione della Francia in questo negoziato, e neanche la proposta, ove venisse fatta, d'una commissione mista.

Ma quanto alla conclusione la questione è diversa. Io son d'avviso che l'atto finale deve essere conchiuso fra le due parti interessate. Il Parlamento, giudice in ogni materia di Finanza, non ammetterebbe certo un trattato nuovo tra l'Italia e la Francia pel debito pontificio.

Conchiudo che, a mio giudizio, le aperture e i negoziati possono essere condotti dalla Francia, ove la Santa Sede ammetta questo modo di procedere, purché ben inteso la conclusione sia fatta e pattuita direttamente fra le due parti. Tutt'al più la Francia potrebbe, anche per la conclusione, prestare la sua guarentigia. Ma quest'ultima questione è da esaminarsi più tardi».

Il Comandante Caimi prevedendo che la Squadra Brasiliana avrebbe potuto frappo!Te ostacolo alla discesa delle dette navi, si rivolse al Comodoro Barroso per fargli conoscere che non essendo stata colpa delle medesime se non avevano potuto profittare del tempo conceduto loro nella dichiarazione di blocco per uscire col loro carico dai porti nemici, sperava che la Squadra Imperiale non si sarebbe opposta al loro passaggio. Alla data del suo ultimo rapporto il Comandante Caimi non avea ancora ricevuto risposta a tale sua comunicazione.

In vista di ciò e nello scopo di prevenire spiacevoli conseguenze mi rivolsi all'Inviato in missione speciale del Brasile, Signor Ottaviano, e al Ministro delle Relazioni Estere della Repubblica Argentina, Signor de Elizalde, per pregarli di far dare le convenienti istruzioni alla rispettiva squadra di operazione nel Paranà.

Il Signor Ottaviano mi ha già risposto annuendo gentilmente alla mia richiesta. (Annessi n. I e II) (1). Il Signor Elizalde tace tuttavia.

È da sperare che il Governo Argentino non vorrà mostrarsi meno arrendevole, anzi dovrei dire meno giusto del Governo Brasiliano; poiché a dir vero trattasi di giustizia e non di semplice condiscendenza. Astrazion fatta del caso di forza maggiore a cui hanno dovuto sottostare le nostre navi di commercio che trovavansi nei porti del Paraguay, è da avvertire che in diritto stretto esse non escono da porti bloccati. Né Corrientes, né Humaità, né Assuncion sono state mai e né sono effettivamente bloccate dalla squadra brasilianaargentina, la quale si è tenuta sempre molto in giù nel fiume. Il mio collega, Signor Thornton, mi ha detto più volte che l'Inghilterra non riconosce come bloccati siffatti porti, né può ammettere la facoltà che vogliono arrogarsi gli alleati d'impedire il libero passaggio del fiume contro ogni principio di diritto internazionale marittimo e contro le stipulazioni espresse dei Trattati. (Art. VI del nostro Trattato di Commercio con la Confederazione Argentina).

Nulla d'importante in quanto alle notizie della guerra. I Paraguayani si ritirano dappertutto e pare che concentrino tutte le loro forze sopra Corrientes per darvi un'azione campale.

Molti opinano che si ritireranno internamente nel loro territorio ove la difesa può essere più vantaggiosa. Gli alleati marciano lentamente; il loro quartier generale è a Mercedes, punto centrale della Provincia di Corrientes.

Ho l'onore di trasmettere a V. E. la corrispondenza che ho scambiata col Ministro delle Relazioni Estere del Paraguay (Annessi N. III e IV), e parecchi brani di giornale. (Annesso N. V).

Le notizie qui giunte del seguito scoppio della guerra fra la Spagna e il Chili hanno qui risollevato, com'era da aspettarsi, le solite esplosioni di americanismo e di recriminazione. È spiacevole che gl'italiani residenti nel Chili abbiano fatto manifestazioni ostili verso la Spagna. (Annesso n. V). Ciò dipende, io credo, dal perché trovandosi quella nostra colonia abbandonata in certo modo a se stessa e senza direzione o appoggio, cerca di rendersi propizie le Autorità del paese in cui vive, pronunziandosi sempre in favor loro. Accaàeva lo stesso nel Plata nei tempi scorsi.

Trasmetto qui inchiusa (Annesso N. VI) la risposta da me fatta alla Nota del Signor Ottaviano, di cui avevo l'onore di parlare a V. E. col mio passato rapporto degli 8 ottobre, N. 26 (1).

29 ottobre 1865.

P. S -Ricevo in questo momento una lettera confidenziale del R. Console in Buenos Aires (Annesso N. VII) che m'induce a partire oggi stesso per quella città nella speranza di convincere il Governo Argentino del suo torto e del suo cattivo procedere. La confisca delle nostre navi sarebbe illegale; in diritto stretto i porti di Corrientes e di Humaità non sono, né sono stati mai bloccati. L'affare della • Bella Emilia • non è per ora che una voce; ed è da credere che se non è del tutto falso, deve essere grandemente esagerato.

(l) -Si pubblica qui un brano di un'altra lettera pari data di Nigra a La Marmora, anch'essa conservata in AS Biella. Carte La Marmora (cfr. Carteggi Nigra, pp. 131-132):

(l) Gli annessi non si pubblicano.

167

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 51. Baden, l novembre 1865.

J'ai eu l'avantage de faire route hier jusqu'à Baden avec le nouveau Ministre des Affaires Etrangères peu après mon entrevue avec S. E. à Carlsruhe, rapportée dans ma Dépèche pç>litique n. 46 (1).

Le Baron d'Edelsheim m'a parlé longuement de Vienne où pendant sa Mission diplomatique il a eu l'occasion de bien connaitre les affaires et les hommes, surtout le Comte Mensdorff pour lequel il a une estime toute particulière quoique il lui reproche en fait de politique une manque d'énergie qui dégénère souvent en faiblesse. Mon interlocuteur m'a pleinement confirmé les aspirations Autrichiennes, transmises à V. E. par mes Dépeches en réponse à celle de Cabinet sur la question Vénitienne et assuré, meme d'après ses récentes impressions, que le Comte Mensdorff ne serait guère contraire personnellement à un rapprochement avec l'Italie si toute idée de rapprochement n'était une impossibilité actuelle à cause avant tout de l'Empereur lui-meme, ensuite des infiuences dominantes du parti Ultramontain d'un còté, ayant à la tete le Baron Meysenbourg, Sous Secrétaire d'Etat et tout puissant au .Ministère des Affaires Etrangères; de l'autre le haut parti Militaire avec le Comte de Crenneville pour Chef.

Si dans les regions Militaires, Gouvernementales et de la Cour l'hostilité envers l'Italie se maintient très vive, par contre l'opinion publique Autrichienne et meme Viennoise parait se rapprocher sensiblement quoique lentement de l'Italie. Ce progrès au dire du Ministre Badois est incontestable.

M. de Edelsheim m'a dit qu'en causant affaires avec M. de Mensdorff pendant la phase Gastein il lui avait observé comme réfiexion particulière qu'en cas de brouille sérieuse avec la Prusse il croirait indispensable pour l'Autriche de s'arranger préalablement avec l'Italie; à quoi le Ministre Impé

rial lui répondit que • le cas échéant l'Autriche ne pourrait jamais en prendre l'initiative •.

M. d'Edelsheim m'a de meme confirmé qu'avant la convention de Gastein l'Autriche et la Prusse ont été sur le point de rompre jusqu'aux conséquences les plus extrèmes, et si l'avis du Comte Mensdorff de tenir ferme avait prévalu d'un c6té et l'intervention personnelle du Roi de Prusse de l'autre, lequel ne veut pas entendre parler meme de la possibilité d'une guerre Allemande, n'avait pésé à la dernière heure sur les idées belliqueuses du Comte de Bismarck, une guerre Austro-Prussienne aurait été presque inévitable.

Le Ministre Badois a constaté ensuite poHtiquement et financièrement la faiblesse toujours croissante de l'Autriche à tel point, a-t-il dit, qu'à l'heure qu':il est elle a perdu tout son prestige en Allemagne et ne peut servir de contre-poids à la Prusse ni de point d'appui aux Etats secondaires.

Quant aux finances elles sont dans un tel état que tout credit est perdu actuellement pour Elle. Pour en donner un exemple, dans les procès juridiques les parties adverses sont obligées à fournir Elles-memes le papier timbre pour les arrets des Tribunaux.

Il parait ansi que M. de Plener ex Ministre des Finances a fait la faute de rendre hostiles au Gouvernement les grandes maisons de banque, du pays et étrangères. En définitive la faiblesse de l'Autriche comme grande Puissance continentale parait au comble. Cet aveu quoique très frane m'a ~semblé empreint d'un certain regret de la part de mon interlocuteur.

Cependant le Comte Mensdorff, assurait M. d'Edelsheim, persiste à croire mauvaise tactique la politique de concession envers la Prusse, dans la crainte que cette dernière Puissance enhardie par ses succès journaliers avancera tellement qu'un beau jour Elle se croira engagée d'honneur à ne plus réculer lorsque méme l'Autriche ne voudrait plus la suivre à la remorque par des nouvelles concessions qui compromettraient sérieusement ses propres intéréts aussi bien que ceux de l'Allemagne.

Da là le danger permanent de ce jeu de bascule entre la Prusse et l'Autriche, ,tant6t amies tant6t 1ennemies, mais toujours rivales, et l'Allemagne secondaire impuissante à en conjurer les conséquences.

V. E. aura sans doute remarqué la couleur fortement Prussienne qui domine dans la dernière réunion du Nationalverein à Francfort. Quoique sous le coup des Notes Austro-Prussiennes au Senat de Francfort, les conclusions constatant l'hégémonie et la suprématie de la Prusse comme intérét Allemand priment à mon avis tout le reste du rapport.

En dernier lieu j'ai entendu récemment des hommes politiques très supérieurs exprimer des craintes plus ou moins sérieuses sur l'avenir Dynastique et autonome de l'Allemagne secondaire et sur les phases bien difficiles qu'Elle aura à traverser, en butte comme Elle 'est à la politique envahissante de la

Prusse sans l'espoir d'un contre-poids efficace Autrichien ni possibilité d'un accord puissant parmi tous les autres Confédérés pour se sauvegarder Euxmémes des dangers qui les menacent dans un tems plus ou moins éloigné.

P.S. -La présente Dépeche parviendra à V.E. par occasion particulière jusqu'à Turin. Ci joint une lettre particulière.

(l) Non pubblicato.

168

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI EST:3:RI, LA lVIARlViORA

R. 53. Berlino, l novembre 1865 (per. il 5).

Au moment de reprendre la direction de cette Légation, je crois devoir résumer brièvement la situation politique de la Prusse.

Et d'abord, je dois constater que, malgré les dénégations de la presse Prussienne, l'on n'en regarde pas moins comme certain ici dans le Corps diplomatique, que l'accord établi à Gastein entre la Prusse et l'Autriche dans l'affaire des Duchés a été surtout déterminé par les promesses sinon par les engagements formels de secours faites par la Prusse à l'Autriche, en vue des éventualités qui peuvent surgir en Italie. La nature de ces secours comme la forme sous la quelle ils devraient se produire n'ont pas été nettement définies; mais le fait des promesses et des négociations ultérieures qui doivent s'y rattacher, est admis comme chose certaine. L'on va méme plus loin et l'on est persuadé que les ouvertures faites récemment à Florence par M. d'Usedom, en vue d'une alliance offensive contre l'Autriche, n'étaient qu'un moyen de peser plus fortement sur les résolutions de cette Puissance et l'amener plus promptement aux concessions qu'elle a faites en suite dans la question des Duchés. L'on ajoute que M. d'Usedom, qui ne partage pas du reste les opinions politiques de M. de Bismarck, ne s'est pas douté du ròle qu'on lui faisait jouer dans cette circonstance, et que méme H était allé un peu au delà de ses instructions, en donnant à ses communications un caractère beaucoup plus accentué qu'on ne lui avait prescrit. Ce qui donne une grande vraisemblance à ces suppositions c'est que les ouvertures de M. d'Usedom qui par leur extréme importance auraient du etre tenues très secrètes, au moins pendant un certain temps, ont été connues dans toutes les Cours d'Allemagne, au moment meme où elles se produisaient à Florence, et qu'ainsi l'on ne peut douter qu'il n'y ait eu dans leur divulgation une indiscrétion calculée. Enfin, comme dernière preuve des promesses faites par la Prusse à Gastein, l'on dit que l'Empereur François-Joseph, dont la profonde rancune à l'endroit de l'Italie est une chose connue de tout le monde, et qui parle ouvertement dans son entourage de la 1·evanche à prendre de Solferino, ne se serait jamais décidé à s'associer dans une certaine mesure à la politique annexionniste de la Prusse dans les Duchés, si cette dernière Puissance ne lui avait fait tout au moins certaines promesses de secours, dont la cession définitive du Holstein serait, suivant les circonstances à venir, destinée à déterminer la mise à exécution.

Un autre point important sur lequel je dois appeler l'attention de V. E. est la raison d'état que l'on assigne au voyage de M. de Bismarck à Biarritz. Il n'est pas douteux que les notes de la France et de l'Angleterre survenues à la suite de l'arrangement de Gastein, et contenant avec le blame de cette Convention des réserves pour l'avenir, ont jeté l'effroi dans les Conseils du Gouvernement Prussien qui a vu tout à coup dans l'avenir ses plans annexionnistes s'évanouir devant les résistances nettement dessinées des deux grandes Puissances occidentales, de la France surtout. Il s'est donc agi de chercher à atténuer auprès du Cabinet des Tuileries la portée de l'acte conclu à Gastein, et de le gagner en mème temps à la cause Prussienne en lui faisant entrevoir l'éventualité d'une alliance dont l'Italie deviendrait, à un moment donné, le trait d'union. C'est ce double but que M. de Bismarck aurait voulu atteindre en se rendant auprès de l'Empereur des Français. Malheureusement si jusqu'à un certain point l'on serait disposé à Paris à tenir compte des velléités de

M. de Bismarck, qui dans de certains moment difficiles, ne serait pas éloigné de sacrifier les bords du Rhin à un agrandissement considérable de la Prusse, l'on y sait parfaitement d'autre part, que le Roi et son entourage, le parti de la Croix aussi bien que le parti libéral, tous sont profondément antipathiques à l'alliance Française, et qu'en cherchant de temps à autre à réaliser par ce moyen ses plans annexionnistes, le célèbre homme d'Etat Prussien poursuit une véritable chimère qu'il est seul à caresser.

Quant à chercher à atténuer la portée de la Convention de Gastein, sa signification d'accords secrets avec l'Autriche est trop évidente pour que toute l'habileté de M. de Bismarck ait pu réussir à lui donner une autre interprétation.

Dans de pareilles conditions le voyage de M. de Bismarck ne pouvait donc qu'échouer; en effet l'on sait aujourd'hui ici d'une manière certaine que tout en étant rempli de prévenances pour l'éminent homme d'Etat qui dirige la politique Prussienne, l'Empereur Napoléon a accueilli avec une extrème froideur ses explications aussi bien que ses insinuations, et que la situation du Cabinet Prussien vis-à-vis de celui des Tuileries reste exactement ce qu'elle était avant le voyage de Biarritz, c'est-à-dire qu' aux yeux du Gouvernement Français, l'arrangement de Gastein n'a qu'un caractère purement provisoire et que rien ne pourra ètre constitué de définitif dans les Duchés sans l'assentiment de la France.

Tout ce qui précède, et que je tiens des membres les plus autorisés du Corps diplomatique, prouve combien le Gouvernement du Roi a agi sagement en n'accueillant qu'avec une extrème réserve les ouvertures belliqueuses de

M. d'Usedom, et en conservant invariablement une attitude expectante qui, en présence des continuelles évolutions de la Prusse est plus que jamais la meilleure.

En ayant l'honneur de remercier V. E. pour sa dépèche du 24 Octobre (Cabinet n. 12) (l) contenant des informations si intéressantes sur la marche des élections favorable au Gouvernement...

P. S. -Je prie V. E. de vouloir bien, après en avoir pris connaissance, transmettre a S. E. M. le Ministre des Travaux Publics, la dépèche ci-jointe qui malheureusement laisse bien peu d'espérance pour le concours pécuniaire de la Prusse dans l'importante affaire de la percée des Alpes Helvétiques par la ligne du St. Gothard.

10 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

(l) Cfr. n. 164.

169

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 465. Galatz, 2 novembre 1865, ore 17,45 (per. ore 9,50 del 3).

Acte public du Danube a été signé aujourd'hui.

170

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 11. Francoforte, 2 novembre 1865 (per. il 6).

Dimanche dernier le • National Verein • a tenu la séance qui était annoncée depuis si longtemps. Les journaux avaient publié que la Prusse et l'Autriche avaient fait entendre au Sénat de Francfort d'empécher cette assemblée, car la force militaire des deux puissances l'aurait dissoute, dans le cas qu'elle eùt eu lieu. Cette nouvelle était une invention des journaux, et il n'a jamais existé de note à cet égard.

Quant à la séance meme, l'intérét qu'elle a présenté a été assez médiocre. Ainsi que le portait l'esprit méme du • National Verein •, tous les discours ont eu pour but final, -L'Unité Germanique -. Ce que cette séance a présenté d'important c'est, que le • National Verein • ne s'est point scindé en deux partis, le parti Allemand et le parti Prussien, ainsi qu'on le craignait par les uns, et qu'on espérait par les autres. Malgré des protestations d'acquit de conscience, à propos de la non consultation des populations des Duchés, l'ensemble de la séance tenue dimanche dernier laisse voir que le • National Verein • va devenir un allié de M. de Bismarck.

La politique intérieure de ce Ministre n'a certes pas les sympathies de ce parti, mais comme en définitive si M. de Bismarck ne fait pas du parlementarisme, il fait incontestablement de la nationalité, le • National Verein • finira par passer à la Prusse armes et bagages.

Le principal secret de la politique de ce Ministre c'est qu'il a su s'emparer des passions populaires de manière qu'il en est arrivé à introduire une confusion de principes entre les partisans de la liberté constitutionnelle et les partisans de l'Unité Allmande. De la sorte il en est arrivé à rendre impossible toute entente entre ces deux partis, et c'est celui de l'Unité qui l'emporte.

Au demeurant on sent instinctivement que malgré ses allures anti-libérales,

M. de Bismarck excite, d'un bout de l'Allemagne à l'autre, la fermentation

libérale qu'on comprime à Berlin. Il en résulte pour lui deux avantages considérables, l'agitation libérale du dehors fait passer sur la compression du dedans. Ainsi dans les mains de ce Ministre le • National Verein • deviendra une arme par laquelle il tiendra en respect tous les Cabinets Allemands, chez lesquels il finira par faire à son gré de l'ordre et du désordre.

Depuis l'année dernière il en est déjà arrivé à désintéresser complètement l'esprit public allemand des idées et des principes qui étaient la raison d'etre de la Confédération Germanique. Ce meme esprit, M. de Bismarck, avant de songer à le diriger, a commencé à l'éblouir par la campagne des Duchés. Ensuite il comprit qu'il fallait l'étourdir et l'égarer insensiblement dans ses voies. C'est ce qu'il fit pendant toute cette année, par sa lutte triomphante contre la Diète. A tous ces actes passablement violents on entendait, pour ainsi dire, dans les masses allemandes un bruit d'admiration qui surmontait le blàme:

• ce n'est pas bien, disait-on, mais c'est bien joué, c'est fort •. M. de Bismarck a jusqu'aujourd'hui tellement prouvé à la nation allemande qu'elle est en état de minorité, qu'elle est incapable de se conduire, qu'on pourrait presque fixer le jour, où (à moins d'événements imprévus) cette nation se jettera dans les bras de la Prusse.

Tous ces calculs de M. de Bismarck, quoiqu'ils aient demandé beaucoup de hardiesse et de finesse, n'étaient cependant pas d'une réalisation très difficile, si l'on se borne seulement à considérer la faiblesse et le peu d'union entre eux des Etats moyens de l'Allemagne. Mais ce Ministre a fait plus: depuis deux ans il a réussi à òter à ces memes Etats l'appui de leur allié et protecteur nature!, l'Autriche. Comment M. de Bismarck a pu en arriver là?

Ce ne so n t certes pas les hommes d'Etat de l'Autriche, que ce Ministre ait su faire entrer dans ses vues. A l'exception peut-etre du Comte de Rechberg, tous les hommes d'Etat de cet Empire, à quelque opinion qu'ils appartiennent, Schmerling, Mensdorff, Belcredi etc. tous ils sont très hostiles à M. de Bismarck.

Mais plus que jamais la politique actuelle de l'Autriche est une politique tout-à-fait personnelle à l'Empereur François-Joseph. Il la dirige lui personnellement, malgré l'opposition de tous ses Ministres, écrasés par le Comte Esterhazy, dont l'ascendant sur l'esprit de son Souverain augmente chaque jour. Prétendant garder sa triple position en Allemagne, en Italie et en Hongrie, l'Empereur François-Joseph est forcé à des volte-face qui affaiblissent davantage encore l'action politique de son Empire.

M. de Bismarck saisit chaque occasion pour l'entretenir dans ce mirage, et il sait céder tout juste ce qu'il faut pour ne pas le pousser à bout. Ainsi l'année dernière il sut l'agiter et l'apaiser ensuite par le sacrifice du traité commerciai avec nous, dont n avait fait lui-meme les premières ouvertures à

M. de Launay. C'est pourquoi ces memes négociations furent reprises et prònés avant Gastein, et que maintenant on parait les mettre de nouveau en arrière ligne. Dans ces moments-ci la politique Prussienne en Allemagne doit se parer d'un accord parfait avec l'Autriche, comme avant Gastein il était nécessaire d'alarmer le Cabinet de cette Puissance.

Je conçois très bien tous ces calculs de M. de Bismarck, il est Prussien et il fait, avant tout, de la politique Prussienne, mais je ne sais si les Ministres

Autrichiens peuvent s'expliquer quelle sorte de politique fait leur Empereur. En tout cas il faud:ra toujours attendre que la position de la phase Hongroise qu'on traverse se dessine clairement, pour pouvoir apprécier quels seront les moyens d'action dont l'Autriche saura disposer en face des éventualités politiques.

La Diète ne s'est pas encore réunie. M. de KUbeck est toujours malade, et M. de Savigny est toujours absent. Les matières à discussion ne manquent certes pas, mais l'Assemblée fédérale ne sait pas comment les aborder. On di:rait presque que la Diète Germanique n'a pas le courage de se réunir, tant elle a honte de son impuissance.

Je joins ici une lettre particulière à l'adresse de M. le Secrétaire Général...

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IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 92. Londra, 4 novembre 1865 (per. il 10).

Lord Clarendon prese ieri possesso del portafoglio degli Affari Esteri e riceverà i capi missione Lunedì.

La nomina di Lord Clarendon non soddisfa nessuno, e nemmeno spiace ad alcuno; come accade appunto per chi non volendo adottare mai una linea ben marcata in qualunque questione non ha amici sviscerati, ma nemmeno nemici decisi. Egli non perde mai di vista, non ve ne ha dubbio, la sua posizione personale presso alla Regina che sempre ha dimostrato gradirlo, precisamente per questo. Ma appunto per mantenersi nel sovrano gradimento, gli è necessario di adottare nelle sue appreziazioni una tinta germanica. Devo però, per essere giusto, aggiungere che, avendo cercato conoscere come vedesse questa nomina l'Ambasciatore di Prussia che mi venne a trovar tre giorni sono, egli parve attribuire a Lord Clarendon preferenze per l'Austria, ricordando come tre anni fa egli fosse presente e si fosse lasciato abbagliare dalla Rappresentazione Teatrale austriaca a Francoforte. Ma questo può anche venire dal sapere Lord Clarendon quanto da qualche anno l'opinione pubblica in Inghilterra sia antiprussiana, e siccome pochi uomini di Stato sono più timidi riguardo al giornalismo di Lord Clarendon, egli è evidente che anche alla Prussia egli non amerà mostrarsi ugualmente ben disposto, come lo si è al Castello di Windsor; senza dimenticare che l'erede della Corona non ha precisamente, specialmente dopo il suo matrimonio, le tenerezze germaniche di sua madre.

Lord Clarendon ha grande accortezza, ma lascia forse trasparire di farne professione abituale. Ora l'uomo realmente scaltro non lo lascia troppo vedere. Ond'è che ho visto taluni che avevano da fare con Lord Clarendon un po' diffidenti, e non mi stupirebbe, da quanto mi disse ieri l'Ambasciatore di Francia, ch'egli pure non fosse fra questi ultimi; cosa che può stupire chi non

conosca a fondo questi caratteri. Poiché da molti suoi credersi che la nomina di Lord Clarendon fosse anzi per riuscire gradita alla Corte delle Tuileries. Lor;d Clarendon come Ministro Inglese a Madrid conobbe intimamente altre volte la famiglia Montijo, e quindi ebbe varie occasioni di vedere la Famiglia Imperiale a Parigi. Una conversazione brillante e seducente gli ha sempre meritato gran successi in società. Ma quando poi si è venuto a mettere a paragone conv~rsazioni pubbliche e conversazioni private, discorsi ufficiali e fatti susseguenti, pare ne sia nato un dubbio a Parigi sul grado di confidenza da darsi alle asserzioni in senso francese del nuovo ministro degli Esteri. Ond'è che nel suo linguaggio ieri con me, traspariva nel Principe Latour d'Auvergne un po' di rincrescimento di non aver più da fare con Lord Russell, il quale se un po' timido nel decidersi, aveva molta droiture.

Per noi la nomina di Lord Clarendon non è cattiva, avendo egli dovuto nel congresso di Parigi, per esempio, assumere certi antecedenti, mercé il Conte Cavour, che sono favorevoli alla Causa Italiana. E gli spettri dell'opinione pubblica e del giornalismo saranno sufficienti a farlo camminare diritto. Personalmente sono del resto in ottime relazioni con Lord Clarendon che mi ha sempre trattato, devo dirlo, coi massimi riguardi, benché subito dopo il Congresso di Parigi e la venuta qua del Conte Cavour, la mozione Lyndhurst che il compianto nostro Ministro volle organizzare e che poi non ebbe luogo, avesse fatto nascere una situazione difficile. Ma quei tempi sono già lontani. Incontrai Lord Clarendon due giorni fa, ed egli mi fece a proposito nostro, di quelle frasi benevole e ben tornite che indicano almeno non cattive intenzioni ufficiali. Mi disse che mentre reggerebbe il portafoglio, egli manterrebbe una politica di non immischiarsi nei fatti altrui, né da faccendiere. Non so se volesse così dare una frustata al predecessore che si accusava di voler sempre censurare, contentandosi poi anche di ricevere per sua pena qualche brutta risposta. Anzi egli citò Sir James Hudson che da quanto pretende voleva sempre andare oltre al Conte Cavour, onde quest'ultimo avevagli detto a Parigi: • Délivrez-moi de Hudson, qui me pousse toujours l'épée dans les reins •.

Non so se questo aneddoto sia ben autentico. Ad ogni modo gli parlai anche di qualche altra quistione, fra le altre del Messico e d'America. Ed egli mi disse che a Parigi sapevasi benissimo non potersi far capitale nell'Inghilterra, in caso di guerra cogli Stati Uniti. Che invano aveano essi proposto qua una alleanza offensiva e difensiva basata su interessi identici l'uno nel Messico, l'altro nel Canada. Che l'Inghilterra avea sempre condannata la pazzia dell'intervento Francese. Anzi la Francia non aver mai potuto fare altro che riconoscere la giustizia del punto di vista Inglese. Ora dunque se la cavasse come potrebbe, tanto più che l'Imperatore stesso avea dovuto riconoscere di aver commesso uno sbaglio. In quanto all'ingratitudine del Governo di Massimiliano verso la Francia, non erano casi consimili roba nuova. Pensasse a Luigi XIV e al Duca di Anjou ecc. Al più potrà servire questa spauracchio di un ravvicinamento Anglo-Francese a tener in ordine il Presidente Johnson pei reclami per l'Alabama, come potè forse volerlo utilizzare l'Imperatore colle riviste delle flotte a Cherbourg; ma ognuno farà per sè, appena il pericolo diventi imminente. E ricordandoci questa massima sarà bene anche per quello che ci riguarda non dimenticare essere questo quanto avviene d'ordinario in politica.

172

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, pp. 39-42)

L. P. Parigi, 3-4 novembre 1865.

Ieri giunse a Parigi il Conte Bismarck ed ho potuto avere il giorno stesso una lunga conversazione con lui. Il Ministro Prussiano cominciò a spiegarmi per qual serie d'eventi la Convenzione di Gastein aveva avuto luogo. Egli mi disse che il Re di Prussia era infatti deciso a tirar la spada contro l'Austria, se questa non accettava le condizioni che furono poi firmate, ed aggiunse che egli non aveva creduto che l'Austria le accettasse. A queste spiegazioni retrospettive io non risposi altro se non esprimendo il rammarico che la Prussia non siasi in allora reso abbastanza conto della sua forza, e della situazione debolissima dell'Austria, e siasi contentata della Convenzione di Gastein. Ma dissi a Bismarck che la posizione rispettiva dell'Austria e della Prussia prima, come dopo Gastein, mi pareva essere in sostanza la medesima. L'Austria coll'Italia armata alle spalle è necessariamente obbligata o a cedere alle domande future della Prussia o a tirar la spada e a difendersi dalle due bande. Quanto alla Francia non v'è dubbio che lascierà fare, e Bismarck avrà potuto convincersene qui, giacché la Francia non domanda in sostanza se non che la Prussia dia un po' di soddisfazione all'opinione pubblica e renda omaggio al principio di nazionalità, retrocedendo alla Danimarca qualche centinaia di danesi dello Schleswig. Che se il risultato d'una guerra futura fosse un ingrandimento considerevole della Prussia, questa poteva almeno esser certa che la Francia, non cercherebbe compensi sul suolo tedesco. Del resto è importante, soggiunsi, che se la Prussia vuoi davvero procedere nella via in cui s'è messa, non perda tempo, perché la situazione favorevole attuale potrebbe modificarsi. E per verità l'Austria potrebbe ottenere un accomodamento coll'Ungheria e poi rivolgersi o contro l'Italia o contro la Prussia, disinteressando o l'una o l'altra e accordandosi colla Francia, salvo poi quando avesse battuto l'una delle parti, rivolgersi in seguito contro l'altra. Queste cose parvero fare impressione su Bismarck. Esso mi confermò quanto io gli aveva detto sul contegno della Francia in caso d'una rottura e si mostrò disposto a procedere risolutamente. Ma mi disse che bisognava ch'egli contasse col re, il quale non sarebbe disposto a seguirlo se non ha la persuasione di essere nel suo diritto e se non è persuaso della giustizia di quello che fa. Egli soggiunse che nel caso d'una guerra fra l'Austria e la Prussia questa poteva contare sulla cooperazione della Russia. Egli è convinto che l'Austria non potrà mai mettersi d'accordo colla Francia né con noi, perché in nessun caso l'Imperatore d'Austria avrebbe ceduto la Venezia. Mi parve abbastanza convinto però della necessità di far presto, perché in questo momento le Finanze dell'Austria sono cattive, mentre le Prussiane sono relativamente

buone; l'esercito Prussiano è meglio armato che l'Austriaco, l'Italia è perfettamente in caso di sostenere una guerra, ia Russia è colla Prussia, la Francia in buone disposizioni; l'Inghilterra o neutrale o impotente; le quali circostanze potrebbero modificarsi profondamente fra tre o quattro anni. Egli si mostra quindi pieno di buona volontà e di confidenza. Io l'ho incoraggiato a valersi di queste disposizioni così favorevoli e a non perdere un tempo preziosissimo, che forse rimpiangerebbe più tardi.

*Bismarck m'ha parlato del trattato di commercio tra l'Italia e lo Zollverein e m'impegnò vivamente a scriverne a Lei e a consigliarla a mettere in disparte ogni altra considerazione e ad accordare allo Zollverein il trattamento della nazione favorita. Questo fatto, mi disse egli, avrebbe per risultato di rendere più favorevoli all'Italia le popolazioni tedesche, d'accelerare il riconoscimento dell'Italia per parte della Sassonia e d'altri stati tedeschi ed anche di fortificare la Prussia in Germania. • Credete a me, soggiunse, accordando all'Allemagna dello Zollverein il trattamento della nazione favorita, contro reciprocità, farete opera altamente politica e che vi sarà eminentemente vantaggiosa in futuro • * (1).-Io gli promisi di scriverne a Lei; ed aggiungo ora, dopo averci riflettuto, che a mio avviso parmi che si possa dar seguito a questo consiglio con vantaggio nostro.

Nel corso della conversazione notai la frase seguente: Bismarck parlando dell'Italia al re Guglielmo gli avrebbe detto: • Se l'Italia non ci fosse bisognerebbe inventarla ».

Oggi Bismarck deve andare a Saint Cloud dove vedrà l'Imperatore.

4 novembre 1865.

P. S. -Bismarck è venuto oggi a farmi una visita. Mi disse che aveva visto l'Imperatore e che l'aveva trovato in buone disposizioni. Ma soggiunse che l'Imperatore pareva desiderare che per ora si aspettassero gli eventi. Bismarck mi spiegò lo scopo dell'ultimo passo fatto a Francoforte d'accordo coll'Austria. Egli mi disse che il terreno di Francoforte era appunto quello che poteva preparare l'occasione di una rottura; che la Prussia spingerebbe l'Austria in questa via, che ha per oggetto di renderla impopolare in Allemagna; se l'Austria rifiuta, la Prussia avrà un grief da far valere, e da ciò potrà nascere una rottura quando convenga alla Prussia di provocarla. Mi disse ancora che in caso di guerra la Prussia può occupar la Moravia prima che l'Austria possa concentrar le sue forze. Ha un'alta idea della potenza militare della Prussia e non esitò a dirmi che anche da solo l'esercito prussiano potrebbe avere il dissopra sull'austriaco in questo momento.

Io rinnovai a Bismarck gl'incoraggiamenti a far presto. Gli dissi che se sapeva tirar partito dalla sua posizione poteva fare una delle più grandi cose del secolo.

Mi rispose, accomiatandosi: • Spero che la faremo insieme •.

(l) Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p, 59.

173

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 132-134)

L. P. Parigi, 4 novembre 2865.

Passo a parlarle dei negoziati sul debito pontificio.

Quando Ella mi domandò il mio avviso sull'interpretazione da darsi all'articolo 4 della Convenzione del 15 settembre e mi scrisse intorno alla conversazione avuta con Sartiges, approfittai d'un'udienza che aveva con Drouyn de Lhuys per parlargli di ciò. Gliene parlai diffatti, ma in modo incidentale evitando di fargli in proposito una comunicazione o una domanda formale; giacché prima di far ciò mi accorrevano le di Lei istruzioni e soprattutto mi occorreva di sapere in modo preciso la maniera di vedere del Governo del re a questo proposito. Mi limitai quindi a dire a Drouyn de Lhuys che Sartiges al suo passaggio a Firenze aveva parlato a Lei di questa questione; gli dissi che a mio avviso sarebbe molto naturale che l'accommodamento si negoziasse tra le parti che devono essere accommodate. Egli mi disse invece che la Francia dovrebbe condurre questi negoziati tra le due parti, tentando di condurle ad un riavvicinamento o almeno ad un accordo su questa materia. Io non dissi né si né no, e lasciai cadere la conversazione; non combattei la sua tesi e non rinunciai alla mia. Io volli pensatamente lasciar in sospeso e non pregiudicar la questione affinché ella avesse tempo di esaminarla e di incaricarmi poi di fare una comunicazione ufficiale. Seppi ora che Drouyn de Lhuys scrisse un dispaccio a Malaret in cui pigliando argomento dalla conversazione ch'Ella ebbe con Sartiges, e della quale questi gli rese conto, non che dalle poche parole scambiatesi tra lui e me, sviluppa lungamente le ragioni per cui crede che la Francia deve condurre questi negoziati. Questo dispaccio non può, a mio giudizio, considerarsi come un'apertura ufficiale. Regolarmente il Signor Drouyn de Lhuys avrebbe dovuto far fare le aperture da Malaret, ufficialmente, e Lei avrebbe risposto alle aperture di Malaret con un dispaccio diretto a me. Domandai a Drouyn de Lhuys che mi leggesse il dispaccio. Ma jeri non l'aveva sulla sua tavola e doveva uscire per andare a Saint Cloud, credo. Quindi mi disse di passare da lui un altro giorno, che mi leggerebbe il dispaccio e lo correggerebbe all'uopo.

Nel suo telegramma di jeri (l) ella mi domanda di scriverle un dispaccio ufficiale, il quale contenga il modo di vedere del Governo francese sul processo di questi negoziati, e soggiunge che il dispaccio a Malaret non è abbastanza preciso. Non posso in questo momento mandarle un tale dispaccio, perché, come Le dissi, finora non impegnai ufficialmente la questione con Drouyn de Lhuys, e quello che mi disse è ancora meno preciso del dispaccio. Io sarei d'avviso di attendere che lo stesso Drouyn de Lhuys venga a domandarci se e come siamc pronti a trattare. Tuttavia se Ella crede più conveniente che io domandi ufficialmente a Drouyn de Lhuys il modo di procedere che la Francia propone, lo

farò nella prossima udienza, e dopo Le scriverò d'ufficio quanto mi avrà detto il Ministro Imperiale. A tale scopo la pregherei dopoché avrà ricevuto questa lettera di telegrafarmi affinché io sappia regolarmi. Siccome però la corrispondenza che si scambierà su questo argomento dovrà probabilmente venir pubblicata, sarebbe utile, mi pare, ch'Ella mi scrivesse non solo per telegrafo, ma anche per dispaccio ordinario. Il suo dispaccio, s'Ella giudica conveniente di scriverlo, parmi dovrebbe limitarsi a dire che dai pourparlers che ebbero luogo non risulterebbe ancora ben chiaramente qual modo di procedere la Francia intende proporre; che perciò desidera sapere quale via il Gabinetto francese propone sia per impegnare i negoziati, sia per condurli, sia per conchiuderli; che quando il Governo francese abbia fatto conoscere in modo più circonstanziato la sua maniera di vedere, si riserva di rispondere dopo aver presi gli ordini del re.

Io non sarei alieno dall'accettare o anche dal proporre una Commissione mista dei tre elementi. Ma sta a Lei il giudicare.

P. S. -Le mando due copie della lettera dell'Imperatore sull'Algeria e Le scrivo d'ufficio su questo argomento.

(l) Non pubblicato.

174

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 54. Berlino, 6 novembre 1865 (per. il 10).

L'accord établi entre la Prusse et l'Autriche dans l'affaire des notes communes présentées récemment au Sénat de Francfort, ne semble pas devoir s'arrèter à cette première démarche. De nouvelles négociations se poursuivent entre Vienne et Berlin pour se concerter sur la suite à donner à cette campagne réactionnaire, et il parait certain aujourd'hui que les deux grandes Puissances ont décidé que l'affaire devrait ètre traitée dans la voie fédérale. L'on se demande comment elles peuvent espérer d'obtenir une majorité au sein de la Diète dont elles ont depuis près de deux ans avili l'autorité; mais lorsqu'il s'agit de mesures réactionnaires les Etats secondaires sont toujours prèts à !!e laisser faire une douce violence, et d'autre part la véritable terreur que leur inspire la continuation de l'entente entre Vienne et Berlin qui tend évidemment à l'absorption des petits par les grands, les dispose à toutes les concessions pour· sauver leur existence.

Un autre incident qui a produit une très grande sensation en Allemagne, et est venu confirmer les soupçons d'engagemens secrets pris par la Prusse envers l'Autriche, a été le désaveu formel infligé subitement par le Gouvernement Autrichien à la candidature du Due d'Augustenbourg, en défendant à la Presse Holsteinoise de lui donner mème dans ses polémiques le titre de Souverain. Pour donner un aussi rude coup à son ancien protégé, et s'associer avec tant de cynisme aux ressentimens de la Prusse, il faut effectivement que l'Autriche ait reçu certaines promesses du Cabinet de Berlin, et compte sur leur réalisation.

Il n'y a pas jusqu'à l'attitude passive de la Russie en présence de la marche ouvertement annexionniste de la Prusse, que l'on interprète en faveur d'un accord secret de cette dernière Puissance avec l'Autriche relativement aux éventualités qui, dans l'opinion générale, peuvent d'un instant à l'autre surgir en Italie. Si la Russie, dit-on, a gardé le silence sur la Convention de Gastein, après les déclarations solennelles de la France et de l'Angleterre, c'est qu'elle approuve tacitement ce qui s'est fait, et veut fonder sur cet accord la reconstitution de l'alliance du Nord en opposition avec les principes de la politique moderne.

Enfin pour n'omettre aucun des symptòmes qui viennent à l'appui de ce courant d'opinions, je dois ajouter que la nomination de M. de Manteuffel au commandement du Schleswig est regardée comme un gage de la sincérité des promesses de la Prusse. En effet, M. de Manteuffel est Autrichien de coeur et d'àme et ne voit de salut pour les deux grandes Puissances Allemandes que dans une alliance intime embrassant à la fois les dangers qui peuvent venir de l'intérieur comme de l'extérieur.

Au milieu de la lutte engagée entre les deux grandes Puissances Allemandes et le principe libéral Allemand, il faut toutefois reconnaitre que le Natio-nal-verein aussi bien que le fameux Comité des Trente-six ont sensiblement modifié leur programme unitaire, et n'ont que très imparfaitement réussi à dissimuler les profondes scissions qui existent entre les membres les plus influents du parti sur le ròle à attribuer maintenant à la Prusse dans son action unitaire. Par suite de ce désaccord la Presse libérale de Berlin s'est violemment élevée contre l'autorité de ces Assemblées et va, sans le vouloir, singulièrement faciliter les tendances réactionnaires des deux Grandes Puissances.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 23. Berlino, 6 novembre 1865 (per. il 10).

L'absence de M. de Bismarck, qui ne reviendra qu'aujourd'hui ou demain, arrète toute espèce d'affaires importantes, et c'est la raison pour laquelle je n'ai pu jusqu'à présent rien mander à V. E. au sujet de notre projet de traité commerciai avec la Prusse. La seule chose que m'ait dite M. de Thile, est que d'Usedom lui avait écrit par le télégraphe, à la date du 20 Octobre, que le Gouvernement du Roi semblait plus disposé que par le passé à adopter un modus vivendi qui servit de pierre d'attente à la conclusion d'un traité forme!, mais que jusqu'à présent le rapport détaillé annoncé par ce mème télégramme comme devant suivre, n'était point encore arrivé. Je me suis empressé de détromper M. de Thile, en lui disant que l'assertion de M. d'Usedom était sans doute le résultat d'un malentendu, et que bien loin d'avoir modifié sa première opinion dans cette affaire, le Gouvernement du Roi, n'avait pu qu'y etre plus fortement confirmé par les déclarations et les manifestations imposantes faites récemment à Francfort par les Délégués du Commerce Allemand.

Je serais assez disposé à croire que l'entente politique survenue depuis Gastein entre la Prusse et l'Autriche doi t réagir défavorablement contre le projet de traité. Cependant je ne dois pas passer sous silence un symptOme favorable venant d'un point de l'Allemagne qui nous a toujours été profondément hostile. En parlant tout dernièrement de la future Convention Commerciale avec un personnage qui me l'a répété, M. de Beust lui a dit textuellement qu'il sentait bien qu' en présence des manifestations unanimes du Commerce Allemand, il devenait impossible aux Etats Secondaires de résister; et que malgré leur répugnance à traiter avec le Royaume d'Italie, il faudrait bien dans un avenir peu éloigné, en finir par là. Cet aveu de la part d'un de nos ennemis les plus acharnés et, il faut bien l'ajouter, les plus intelligents, est très précieux, et doit nous encourager, comme l'a si bien jugé V. E., à nous maintenir fermes dans notre première attitude.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA, A BRUXELLES, LUPI DI MONTALTO, A LONDRA, D'AZEGLIO, A MADRID, TALIACARNE, A PARIGI, NIGRA, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY, E AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

D. Firenze, 7 novembre 1865.

Les résultats donnés par le premier scrutin pour nos élections générales et que je vous ai exposés sommairement dans ma dépeche du 24 Octobre (l) n'ont presque pas été modifiés par les scrutins de ballottages qui ont en lieu le 29.

Bien qu'il ne soit possible d'indiquer d'avance que d'une manière approximative et sous le bénéfice de bien de réserves le sens général des opinions des nouveaux représentants du pays, les appréciations les plus fondées attribuent environ 280 voix à la majorité Gouvernementale, 90 à la gauche constitutionnelle, 4 ou 5 au parti radica!, et 9 ou 10 à la droite cléricale; il serait difficile de déterminer dès aujourd'hui le ròle que joueront dans la Chambre une trentaine d'autres députés nouveaux et sans antécédents politiques.

Cent-quatre-vingt députés nouveaux siègeront à la Législature qui va s'ouvrir. Quoique tous les chefs des partis de l'ancienne Chambre aient été réélus, on regrette toutefois, abstraction faite des questions de nuances politiques, que quelques personnalités éminentes qui avaient pris une part laborieuse ou brillante aux travaux et aux discussions du premier Parlement du Royaume d'Italie, soient exclus de la Chambre nouvelle. La prédominance décidée que les élections viennent de conserver au grand parti libéral et modéré assure du moins que les changements de personnes n'entraineront pas de déviation de la ligne de conduite où s'est tenu jusqu'ici le pays.

Je me borne à ce court supplément aux informations que Vous avez reçues précédemment sur le meme sujet, me réservant de Vous instruire dans quelque temps des premiers travaux de la nouvelle Législature.

P.S.

(Pour Paris) Je vous accuse réception de Vos dépeches politiques NN. 239 240 et 241 (1).

(Pour Berlin) Je vous accuse réception de Votre dépeche politique N. 53 (2).

(Pour Londres) Je vous accuse réception de Votre dépeche confidentielle No 81 (3). (Pour Carlsruhe) Je vous accuse réception de Votre lettre particulière du 25 octobre (3).

(l) Cfr. n. 164.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 49. Pietroburgo, 8 novembre 1865 (per·. il 16).

J'ai profité de mon passage récent à Berlin pour puiser, à de bonnes sources, quelques renseignements sur la situation. Dans ce but, j'ai fait visite à d'anciens collègues et à des prussiens appartenants à différents partis.

Je crois de mon devoir de communiquer à V. E. le résultat de mes investigations, lors meme que je m'expose à Lui rapporter des faits et des observations qui, en partie du moins, n'auront peut-etre pas tout l'attrait de la nouveauté.

M. de Bismarck, le lion du jour, m'a été dépeint avec les memes couleurs sous lesquelles je l'avais représenté durant ma mission en Prusse. Rétrograde à l'intérieur, il continue à braver de la façon la plus cavalière la constitution et les chambres, espérant peut-etre se concilier plus tard les sympathies générales, en rendant à la Monarchie son ancien prestige, soit par le développement des forces militaires, soit par des agrandissements territoriaux. Pour atteindre

ce dernier but, tous les moyens sont bons à cet homme d'Etat, sans préjugés

dans sa politique extérieure. Aussi l'avons-nous vu cajoler l'Autriche en lui

laissant entrevoir un appui éventuel en cas de confl.it en Italie ou en Hongrie,

s'il rencontrait de son còté à Vienne quelque condescendance dans ses projets

d'annexion vers l'Elbe. Quand le Comte de Mensdorff faisait mine de résistance,

recourant alors à l'intimidation il s'adressait tantòt à la France. Il semblait

encourager à une diversion de notre part vers le quadrilatère: il aurait été

meme jusqu'à laisser carte bianche à l'Empereur Napoléon pour la Belgique.

Tout au moins lui demandait-il un traité de neutralité.

Mais dans ces pourparlers, de prime abord si séduisants, M. de Bismarck, en admettant mème qu'H fut sincère, pouvait-il, jusqu~ici du moins, ètre pris au sérieux?

Il ne faut pas oublier que ce Ministre est obligé de compter avec le parti de la Kreuzzeitung, avec l'entourage d'une Cour aussi antifrançaise qu'antiitalienne. Le Roi lui-mème conserve un culte pour feu son père, qui fut un des pivots de la Sainte Alliance et qui, par testament, laissa à ses successeurs l'instruction de ne jamais cesser de faire cause commune avec l'Autriche et la Russie. Guillaume 1er parut s'écarter un istant de cette voie, mais, depuis son couronnement à Konigsberg, il est revenu à ses premiers amours. Ainsi, entre autres, lorsque peu avant la convention de Gastein, M. de Bismarck l'excitait à prendre une attitude plus énergique contre le copossesseur des Duchés de l'Elbe, la question fut carrément posée dans un Conseil des Ministres tenu à Ratisbonne. Ce ne fut pas sans peine que Sa Majesté autorisa son premier Ministre à user de toute l'art oratoire pour arracher des concessions à l'Empereur d'Autriche, en un mot à parler haut et ferme, mais sans laisser entrevoir une de ces ruptures qui amèneraient un conflit armé.

Sans aUer jusqu'à prétendre que les avances prussiennes ne soient qu'un leurre, ce que je viens d'écrire prouve assez avec quelle circonspection elles devraient ,ètre accueillies, pour ne pas s'exposer à etre compromis inutilement. A ce propos, voici ce que me disait, il n'y a pas une semaine, M. Lefèvre, Chargé d'Affaires de France à Berlin :

• Avant de se risquer à naviguer de conserve avec un homme d'Etat semblable en quelque sorte à un général qui n'aurait pas de soldats derrière lui, la France ne saurait user de trop de prudence. Il est peut-·etre isolé dans ses opinions, dans ses velléités de rapprochement intime avec la France et avec l'Italie. Ce ne serait que lorsque la Prusse serait engagée à fond de train et que les premières amorces auraient été brUlées, qu'il conviendrait de prendre position au mieux de nos intérèts communs ».

La Convention de Gastein a démontré la justesse de ce point de vue. Je citerai cependant, à ce sujet, un propos qui m'a été tenu par M. de Thiele:

• Nous avons vu avec une véritable satisfaction que le Général de La Marmora, mieux avisé que le Comte Russell et M. Drouyn de Lhuys, a su envisager avec calme et modération les accords provisoires de Gastein. L'Italie se trouvant, à plusieurs égards, dans une position analogue à celle de la Prusse, on a compris à Florence les exigences de notre politique. Ce qui ne s'est pas fait alors, peut se faire encore. Partie remise n'est pas perdue •.

Quoi qu'il en soit, comme V.E. le saura sans doute, cette Convention de Gastein a ,eu du moins pour effet de dessiller les yeux de M. Drouyn de Lhuys sur le prix qu'il attachait jusque là à ménager le Cabinet de Vienne. Voici en substance le langage qu'il tenait depuis lors à un de ses amis, et qui m'a été répété par J'interlocuteur lui-mème:

• Désormais, nous ne pouvons plus compter sérieusement sur l'Autriche. Elle nous avait déjà manqué dans la guerre de Crimée. Depuis lors, elle a fait défection dans les affaires polonaises. Naguère, elle se déclarait le ferme soutien des Etats secondaires, ses alliés naturels en Allemagne. Elle leur a tourné le dos, avant comme après Gastein, et cela probablement parce qu'elle ne sait pas détourner son attention de l'Italie, où elle rève un retour de fortune. Si son concours nous fait défaut, raison de plus pour ètre d'accord, comme nous le sommes en principe, avec l'Angleterre sur certaines questions. Pour ce qui concerne l'Allemagne, le Cabinet des Tuileries n'aurait peut-ètre pas motif de réclamer contre quelques médiatisations au bénéfice des principaux Etats secondaires, mais il ne saurait admettre, au profit exclusif de la Prusse ou de l'Autriche des agrandissements de territoire qui rompraient l'équilibre et dénatureraient l'oeuvre des Puissances signataires de l'acte constitutif de la Confédération, dont le caractère est essentiellement défensif. Le Prince de 1\IIetternich se montre, il est vrai, sympathique à la France. Il menace mème son Gouvernement de donner sa démission, s'il ne se rapproche pas davantage de nos vues; mais cette démission il ne la donne jamais, quoique ses conseils ne soient pas écoutés. Il ne nous paye qu'en bonnes paroles. Nous ne pouvons, à ce t égard nous faire aucune illusion ».

J'ai mentionné un désaccord qui existe entre le Roi et son Président du Conseil du moment où celui-ci voudrait pourfendre l'Autriche. La mème divergence se manifeste avec le parti ultraconservateur, qui vise à ramener le char de l'Etat dans l'ancienne ornière. Ce parti reproche à M. de Bismarck de ne pas se montrer hostile aux institutions parlementaires, au point de modifier par un coup d'Etat la constitution, et la loi électorale entre auires. Il voit en outre de très mauvais oeil les coquetteries à l'adresse de la France et de l'Italie. S'il a fini par pactiser avec sa conscience, d'abord très timorée à l'endroit de l'annexion future du Schleswig-Holstein, il voudrait au moins faire une belle part au Cabinet de Vienne, pour le décider à se prèter à l'incorporation de ces Duchés à la Prusse. Il n'hésiterait pas un instant à lui accorder, à titre de compensation, une garantie de ses possessions extra-fédérales. Le représentant de ce programme politique est mème déjà tout trouvé, dans la personne du Général de 1\IIanteuffel, qui commande en chef dans le Schleswig.

V. E. aura remarqué le ròle très accentué que ce général s'attribue, et cela évidemment parcequ'il se sent soutenu par des influences puissantes, si non encore prépondérantes à Berlin. L'Empereur François-Joseph a compris l'opportunité, dans ces circonstances, de mettre de son còté à la tète du Gouvernement dans le Holstein un homme insinuant, qui saurait exploiter la situation. Sous ce rapport, la nomination du Général de Gablentz est assez significative. S'il n'y avait point eu quelque arrière-pensée dans ce choix, il serait difficile de s'expliquer pourquoi ce personnage, qui avait un commandement important dans la Vénétie, eut été tout à coup transféré dans un poste qui, de prime abord, semble inférieur. Bref, le Général de Manteuffel passe pour un candidat à la succession de M. de Bismarck, dans le cas où le Roi trouverait bon de se rapprocher ouvertement de l'Autriche.

Quant au Pays lui-meme, après m'etre entretenu avec des libéraux modérés et avancés, j'ai pu me convaincre une fois de plus que la population prise dans son ensemble ne partage pas en entier les sentiments d'opposition de ses représentants légaux. Tandisque ceux-ci se refusent à voter le budget aussi longtemps que l'organisation militaire ne subira pas quelques modifications, les contribuables continuent à payer régulièrement les .impòts. Les esprits sont plus ou moins agités dans les villes parmi les classes intelligentes qui se plaignent, non sans raison, de la conduite du Gouvernement vis-à-vis de la Chambre des Députés. Mais on ne sort pas des bornes d'une résistance légale et passive. Les masses au contraire, dans les campagnes surtout, marquent assez d'indifférence pour les luttes constitutionnelles, et le Roi, ayant fait dernièrement une tournée dans différentes Provinces, a été reçu avec acclamations. Au reste, le peuple se tourne instinctivement vers celui qui agit plus qu'il ne parle; or il n'y a pas de doute que M. de Bismarck a lancé la Prusse dans une voie de mouvement et d'agrandissement, bien plus que jamais n'ont su le faire ses adversaires politiques. Le fait est que le Roi, malgré ses fautes, domine la situation, mais c'est précisément pour ce motif que, pour bien calculer les chances de réussite des projets de M. de Bismarck, il faut tout d'abord s'assurer si le Souverain se trouve ou non de son avis, si et jusqu'où il le suivra. Des personnes d.ignes de confiance ne croyaient pas que le Président du Conseil parvint jamais, ou tout au moins pas pour le moment, à entrainer Sa Majesté dans des combinaisons où l'Autriche serait sacrifiée à des préférences accordées à la France et à l'Italie.

Au reste, le terrain de la politique prussienne est très mobile. Comme le (lj,sait M. de Thiele, ce qui ne s'est pas fait encore peut se faire plus tard. En attendant, je tenais à présenter un tableau de la situation actuelle, tout en faisant des voeux pour qu'elle se modifie selon nos convenances.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. n. 168. (3) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 50. Pietroburgo, 8 novembre 1865 (per. H 16).

J'ai fait avant-hier au Prince Gortchakow ma première visite de rentrée à mon poste. Il m'a accueilli avec sa bienveillance accoutumée, et il s'est enquit avec beaucoup d'intéret du résultat de nos élections, et de la question de Rome.

Relativement au premier point, j'ai réglé mon langage sur la dépèche du 24 Octobre (No 22 Cabinet) (1), et j'ai pu m'apercevoir que le triomphe

du parti libéral modéré lui donnait l'espérance que V. E., dont le caractère

est hautement apprécié, continuerait à remplir ses fonctions ministérielles.

Quant aux affaires de Rome, je me suis expliqué dans le sens de la dépè

che du 1•• Octobre (Cabinet) (1). Le Vice-Chancelier croyait savoir que nous

allions reprendre les négociations avec le St. Siège.

J'ai fait quelques allusions à l'attitude de la Russie en présence des accords de Gastein et des circulaires française et anglaise, attitude qui avait été révélée par un article du Journal de St. Pétersbourg. Cet article a été signalé et commenté par le Marquis Incontri dans son nìpport No 30 (Politique) en date du 15/27 Septembre (2). Le Ministre Impérial des Affaires Etrangères m'a répondu, qu'il avait en effet du relever, au moins d'une manière indirecte, le reproche d'inaction articulé par le Moniteur contre la Russie. L'Empereur Alexandre n'avait trouvé ni digne, ni opportun de se prononcer par de vaines paroles sur un acte n'ayant d'ailleurs qu'un caractère provisoire. Je n'ai pas besoin d'ajouter ici quel a été le véritable motif de la conduite pleine de réserve du Cabinet de St Pétersbourg, le sujet a été très judicieusement développé dans la correspondance du Marquis Incontri. La Russie se tient à l'écart. Elle ne pourra de longtemps s'engager dans de grandes entreprises politiques à l'étranger; les plaies de la guerre de Crimée saignent encore; la révolution intérieure produite par l'abolition du servage et par d'autres réformes déjà exécutées ou en voie de préparation, est trop profonde pour que ce pays puisse entrer dans ce moment dans des combinaisons d'où une guerre pourrait sortir.

A propos de Gastein, le Vice-Chancelier m'a dit qu'il avait lieu de croire que M. de Bismarck avait frappé à notre porte, évidemment dans le but d'intimider l'Autriche. Je me suis borné à prétexter de mon ignorance sur ce fait, mais eut-il quelque vérité, on pouvait ètre certain que nous ne nous étions pas départis de cette prudence qui inspire la politique du Gouvernement du Roi. A ce sujet, et faisant allusion au voyage de M. de Bismarck à Biarritz et à Paris, le Prince Gortchakow, selon son habitude, n'a pu s'empècher de citer un bon mot:

• -Le premier Ministre Prussien aime parfois à se comparer à Joseph résistant par sa vertu aux séductions de Putiphar personnifié par la France. Un homme d'esprit disait, en parlant de ses entretiens avec l'Empereur Napoléon, que le touriste avait voulu lui expliquer les rèves de Pharaon ». S. -E. n'a pas ajouté un mot de plus sur les chance·s de succès d'un voyage entrepris sous des auspices, qui, je le sais, sont connus à Florence par la correspondance de notre mission à Berlin. Mais, d'après une conversation que j'ai eu le mème jour avec M. Westmann, faisant fonction d'adjoint (Secrétaire général), on croyait ici que la diplomatie Prussienne recueillerait à Paris bien plus de mécomptes que de lauriers.

Le Prince Gortchakow m'a donné lecture d'un télégramme annonçant la signature de l'Acte de navigation du Danube. Il s'agirait maintenant de clore officiellement les travaux de la conférence qui siège depuis tant d'années.

S. E. m'annonça en mème temps que la Russie avait adhéré à la proposition

française de réunir un Congrès sanitaire à Constantinople, lors meme que

généralement on ne prévit pas des résultats bien positifs de ces conférences.

J'ai appris indirectement que le Gouvernement Russe, en réponse à une démarche faite par l'Angleterre auprès des différentes Puissances pour que chacune d'elles considérat et punit désormais la traite des nègres comme un acte de piraterie, s'est exprimé dans ce sens qu'elle adopterait en principe cette proposition qui resterait sans application pratique pour la Russie où personne se livre à ce honteux trafic.

(l) Cfr. n. 164.

(l) -Cfr. p. 200, nota l. (2) -Non pubblicato.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 475. Berlino, 9 novembre 1865, ore 15,05 (per. ore 19,30).

Le ministre de Bavière vient à l'instant de me confier, sous le plus grand secret, qu'il avait été chargé par le baron de Pfordten de venir me dire que son Gouvernement était disposé à ouvrir des relations diplomatiques avec l'Italie, en envoyant à Florence un ministre bavarois sous la condition qu'un représentant italien vint résider à Munich. Je lui ai répondu que je ne doutais pas de tout le plaisir qu'aurait le Gouvernement du Roi de reprendre ses anciennes relations d'amitié avec la Bavière et que j'allais immédiatement en informer

V.E. Je crois qu'il serait très convenable de témoigner de l'empressement à accueillir ces ouvertures, en me faisant parvenir par télégraphe réponse officielle, qui, d'après ce que j'ai compris, est attendue avec impatience.

Je suis heureux de pouvoir transmettre à V. E. la nouvelle de ce revirement de la Bavière qui est certainement du à notre fermeté dans l'affaire du traité commerciai, et qui en indiquant un changement complet de sa politique vis-à-vis de l'Autriche va nécessairement dans un avenir prochain entraìner le reste des états secondaires.

180

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 314. Firenze, 9 novemb1·e 1865, aTe 21,15.

J'accepte avec plaisir l'offre que nous fait baron de Pfordten de rétablir nos relations diplomatiques. Vous pouvez assurer officiellement le ministre bavarois qu'à peine on nous annoncera la résolution de la Bavière d'envoyer à Florence un ministre accrédité, nous enverrons résider a Munich un ministre du Roi d'Italie.

181

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 476. Berlino, 10 novembre 1865, ore 15,19 (per. ore 19,30).

Tout vient d'etre convenu avec ministre de Bavière suivant télégramme de V. E. (1). Nous n'enverrons de ministre à Munich que lorsque Gouvernement bavarois nous avisera qu'il est disposé à envoyer le sien à Florence. Détails par poste. Le secret le plus absolu m'a de nouveau été recommandé.

182

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 316. Firenze, 11 novembre 1865, ore 12,10.

Nous prenons acte des déclarations de la Bavière que vous nous confirmez par votre télégramme d'hier (2). Vous pouvez etre sùr que nous garderons secret; vous comprenez pourtant combien il serait désirable que cet événement fùt annoncé dans le discours de la Couronne le 18.

183

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 480. Berlino, 12 novembre 1865, ore 21,55 (per. ore 24).

Le ministre de Bavière m'a dit, comme opinion personnelle, que Doria s'étant trouvé à Munich lors d'interruption des rélations diplomatiques il serait peut-etre mieux d'en envoyer un autre: mais que, si j'y tenais, il télégraphierait à son Gouvernement. Il lui demanderait en meme temps si nous pouvons bientòt annoncer reconnaissance.

(l) -Cfr. n. 180. (2) -Cfr. n. 181.
184

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 24. Berlino, 12 novembre 1865.

Je viens rendre compte à V. E. de la conversation que j'ai eue hier avec

M. le Comte de Bismarck relativement à notre projet de traité de commerce avec le Zollverein,V. E. sera, comme moi, frappée du changement, qui, depuis le mois de Juillet dernier, s'est opéré dans le langage du Président du Conseil.

Il y a deux choses, m'a_.t...il dit tout d'abord, que nous nous sommes singulièrement exagérées dans cette affaire; en premier lieu l'importance des relations commerciales entre l'Allemagne et l'Italie: ensuite, et surtout, la puissance d'influence de la Prusse sur les Etats secondaires, qui bien décidément se refusent à donner leur adhésion au traité et dont nous ne pouvons pas vaincre la résistance.

En entendant ces deux étranges propositions si contraires aux appréciations précédentes de M. de Bismarck, je me suis permis de lui rappeler que c'était lui-meme qui le premier au mois d'Avril dernier, en me disant que la Prusse n'avait plus de motifs de ménager l'Autriche, m'avait parlé des immenses avantages attachés à une Convention Commerciale entre l'Allemagne et l'Italie, et que, quant à ce qui concernait la résistance des Etats Moyens, c'était également lui-meme, qui m'avait assuré ne pas la regarder comme un obstacle infranchissable.

• C'est vrai, m'a-t-il aussitòt répondu, à cette époque nous espérions avoir raison de leur obstination, mais en définitive ils ne veulent pas entendre parler du traité, et nous n'avons aucun moyen de forcer leur consentement •.

c Mais alors, lui ai-je répliqué, nous pourrions en venir à la dernière proposition de V. E., consistant à conclure dès à présent un traité entre l'Italie et la Prusse, avec la condition suspensive qu'il n'entrerait en vigueur que lorsque tous les membres du Zollverein y auraient adhéré. Les Gouvernements de Bade et de Weimar y donneraient leur adhésion, et l'énorme pression morale qu'exercerait un pareil exemple sur les Etats secondaires leur rendrait presque impossible une plus longue résistance aux voeux unanimes de leurs populations •.

c Etes-Vous bien sur que ce soit de nous qu'est venue la proposition? •, me dit M. de Bismarck.

• -Parfaitement sur •. • -Eh bien, je dois vous avouer que je n'en comprends pas très bien la portée pratique. Un semblable traité ne serait qu'une lettre morte qui après avoir reçu la signature de Bade et peut-etre mème, comme vous le dites, de SaxeWeimar, irait s'enterrer dans les Cartons du Ministère du Commerce. Ne vaudrait-il pas mieux en venir à un modus vivendi tel que nous vous l'avons proposé il y a quelque temps, et dont, suivant les rapports de M. d'Usedom, votre Gouvernement ne serait plus aussi éloigné? Au reste, a ajouté M. de

Bismarck, vos intérets commerciaux sont dès à present garantis sur le pied de la nation la plus favorisée, par la récente mise en vigueur du tarif général du Zollverein, qui s'applique à tous les produits étrangers quelle qu'en soit la provenance, et sans obligation de réciprocité en faveur du Zollverein. C'est là un fait qui a été mis en doute; mais si vous voulez je vous en ferai parvenir la déclaration officielle , .

J e me suis empressé de commencer par détromper M. de Bismarck sur les intentions pretées au Gouvernement du Roi relativement à l'établissement d'un modus vivendi qui est absolument incompatible avec nos précédentes déclarations; et en me réservant de profiter peut-etre plus tard de son offre gracieuse au sujet de l'application du tarif général du Zollverein, je lui ai de nouveau exprimé l'opinion que la seule manière d'en arriver à un resultat sérieux, était la conclusion d'un traité avec la Prusse, sauf ratification ultérieure par les Etats Secondaires.

M. de Bismarck m'a alors répondu qu'il ne pouvait pas me faire une réponse défìnitive avant d'en avoir conféré avec ses collègues, et la conversation en est restée là.

Dans cet état de choses je viens prier V. E. de vouloir bien me faire savoir si je dois chercher à obtenir une réponse catégorique du Président du Consei!, ou attendre qu'il m'en fasse part. Mon impression personnelle est que la Convention de Gastein a déteint considérablement sur l'attitude politique de la Prusse à notre égard; ,et aue, de la meme manière que les premières ouvertures de M. de Bismarck ont été, suivant ses propres expressions, motivées par cette circonstance: qu'il n'y avait plus à cette époque de raisons pour la Prusse de ménager l'Autriche, aujourd'hui par contre, que l'on attend la cession du Holstein par cette Puissance, l'on veut lui etre agréable à tout prix, et l'on essaye insensiblement de se retirer d'un projet de traité dont ila signification était surtout un acte d'hostilité contre le Cabinet de Vienne. En un mot, par suite des derniers événements dans les Duchés, et de la Convention de Gastein à laquelle ils ont donné lieu, nous sommes à peu près dans la meme position que l'année dernière lorsque la Prusse trouva mille prétextes pour éluder la signature du Protocole Commerciai, et finit par la refuser nettement. Peutetre ne veut-on pas aujourd'hui apporter la meme crudité dans le refus, mais au fond l'intention est la meme, et un avenir prochain montrera si je ne me suis pas trompé dans mes appréciations.

Dans l'attente des instructions que je sollicite de la bienveillance de

V. E. (1)...

« Un journal féodal de Berlin vient de publier, et la Gazette de la Croix l'a immédiatement reproduit, un article ayant toutes les apparences d'un communiqué, sur la visite faite récemment à Paris par Nigra au Comte de Bismarck.

" L'on a fait grand bruit, dit le journal, d'une visite faite par l'Envoyé d'Italie au Président du Conseil Prussien lors de son passage à Paris. Mais ce fait trouve son explication naturelle dans les règles de la plus simple courtoisie, et ne se lie nullement au ròle que les tendances de l'Italie jouent dans le système et les limites de la politique Prussienne ".

Malgré les obscurités de cette dernière phrase tout à fait allemande, ou peut etre à cause de cela, cet article a été fort remarqué dans le monde diplomatique, qui a cru y V'Oir l'intention de M. de Bismarck d'atténuer autant que possible la portée de la visite en question vis-à-vis de l'Autriche que le Cabinet de Berlin cajole plus que jamais dans ce moment, afin d'en arriver à de nouvelles concessions dans les Duchés •.

(l) Si pubblica qui un brano del r. 55, pari data, di Barrai:

185

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 483. Berlino, 13 novembre 1865, ore 12,05 (per. ore 14) (1).

Le ministre de Saxe m'a dit hier au soir, que son Gouvernement était disposé à adhérer au traité de commerce emportant la reconnaissance et devant étre immédiatement suivi du rétablissement des rapports diplomatiques entre les deux Gouvernements.

186

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 319. Firenze, 13 novembre 1865, ore 16,30.

Interpellez Gouvernement bavarois si Oldoini lui sera agréable. N'oubliez pas comme il nous serait important annoncer dans le discours de la Couronne le 18 la reconnaissance de la Bavière.

187

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora, ed. in Carteggi Nigra, pp. 134-135)

L. P. Parigi, 13 novembre 1865.

In seguito ai suoi due telegrammi del 9 corrente (2), domandai un'udienza dal Signor Drouyn de Lhuys all'oggetto di rimettere la questione del debito pontificio sopra un terreno corretto e regolare. Oggi diffatti ebbi udienza dai Ministro Imperiale. Ecco il risultato della conversazione.

Il precedente dispaccio a Malaret che pigliava per punto di partenza il di Lei colloquio con Sartiges, non costituisce un'apertura ufficiale, non era destinato che a regolare il linguaggio del Ministro di Francia nelle sue conversazioni con Lei.

La vera apertura sarà costituita dal mio dispaccio d'oggi a Lei (3), e da quello che il Signor Drouyn de Lhuys dirigerà fra breve a Malaret e del quale quest'ultimo le lascierà copia. Questo dispaccio a Malaret sarà spedito, credo, fra sette od otto giorni. Esso esporrà il modo di vedere del Governo francese

sulla maniera di procedere nelle trattative. Ella potrà, se lo crede, riservarsi di rispondere dopo aver esaminato il contenuto del dispaccio, dopo averne conferito col Consiglio e col Re, come giudicherà più a proposito, e poi risponderà ufficialmente o per mezzo mio, o con una nota alla Legazione di Francia secondo che le parrà migliore l'uno o l'altro mezzo.

Questo dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys sarà preceduto da un altro che partirà domani, e il quale sarà conforme in sostanza a questo che Le spedisco oggi.

Le idee del Ministro Imperiale degli affari esteri sul modo di procedere non sono ancora ben concretate. Per averne un'idea esatta bisognerà adunque attendere il dispaccio predetto. Da quanto mi ha detto questo Ministro, pare che il suo avviso sia che i negoziati siano condotti a Parigi tra la Francia e l'Italia dall'un lato, e tra la Francia e la Santa Sede dall'altro.

Per ora parrebbe al Signor Drouyn de Lhuys che i negoziati abbiano luogo per corrispondenza, salvo a riunire delegati speciali, ove ciò sia riconosciuto utile più tardi. Quanto alla forma da darsi all'accomodamento finale, il Signor Drouyn de Lhuys non ha ancora concretato un concetto preciso. Si riserva di studiare la cosa. Secondo il di lui giudizio, la base della proporzione dovrebbe essere il numero della popolazione.

Ecco quanto si può raccogliere fin d'ora intorno alla idee del Governo francese sulla questione. Ma queste idee saranno precisate nel dispaccio futuro a Malaret. Il Governo del Re avrà a esaminarle e a far conoscere alla sua volta il suo modo di pensare.

Mi pare che~a questo modo la questione siasi rimessa correttamente e regolarmente.

Ella ha mille volte ragione di lagnarsi che non Le si lasci copia o estratto dei dispacci. Io non ho certo consigli a darLe; ma non posso trattenermi dal farle conoscere il metodo impiegato da questo Ministro Imperiale nelle sue comunicazioni diplomatiche. Quando un Rappresentante estero viene a fargli una comunicazione, esso risponde: • Datemi copia del dispaccio, ovvero un estratto, ovvero lasciate che ne estragga le note occon·enti; ci rifletterò; piglierò gli ordini dall'Imperatore e poi vi farò conoscere il pensie1·o del Governo Imperiale •. A questo modo si procura il tempo necessario, ed ha nel tempo stesso una base sempre sicura su cui fondare la risposta.

(l) -Sic, ma dal n. 190 questo telegramma sembrerebbe dover essere del 14 novembre. (2) -Non pubblicati. (3) -Non pubblicato.
188

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 320. Firenze, 14 novembre 1865, ore 15,05.

La nouvelle de la Saxe est très bonne. Il devient toujours plus important d'en faire mention dans le discours de la Couronne. Comme la Saxe ne demande pas le secret, il doit convenir à la Bavière qu'on sache qu'elle a été la première.

189

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 484. Berlino, 14 novembre 1865, ore 14,30 (per. ore 18,30).

Baron de Pfordten répond qu'il a contre la trop prompte annonce de la reconnaissance des objections qui arriveront demain par la poste; toutefois le ministre de Bavière auquel j'ai fait comprendre de ne pas en garder plus longtemps secret, n'attend que la connaissance de ces objections pour insister dans notre sens: il proposera en meme temps nomination Oldoini qui, m'a-t-il dit, sera tout à fait agréable.

190

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 5. Berlino, 14 novembre 1865 (per. il 19).

* Je viens confirmer ce que j'ai eu l'honneur de mander ce matin à V.E. sur la conversation que j'ai eue hier soir avec le Ministre de Saxe, et de laquelle il résulte que son Gouvernement est disposé à adhérer au futur traité de Commerce entre la Prusse et l'Italie, adhésion, m-a-t-il dit, qui implique la reconnais~nce du nouveau Royaume d'ltalie, et pourra etre immédiartement suivie du rétablissement des rapports diplomatiques entre les deux Cours * {1).

• Nous ne pourrons pas, faute de fonds suffisants, a ajouté en souriant M. de HohenthaU, vous envoyer un Ministre pour résider à Florence, mais le Baron de Seebach aura mission d'aUer présenter de nouvelles lettres de créance à S. M. le Roi d'Italie. Nous avons préféré ce mode de reconnaissance s'appuyant sur des considérations d'intéret matériel plutòt qu'une démarche officielle qui aurait eu des inconvénients au point de vue des liens de famille •. Je n'ai pas cru devoir laisser tomber sans observations cette nuance dans les paroles du Comte Hohenthall semblant indiquer que le Gouvernement saxon ne cédait qu'aux instances du Commerce saxon, et * je lui a répondu * que dans mon opinion personnelle une reconnaissance spontanée sans aucune liaison avec d'autres considérations d'un ordre purement commerciai, m'aurait paru de beaucoup préférable meme pour la Saxe, mais que naturellement chaque Gouvernement était libre d'envisager les questions au point de vue de ses propres convenances, et * que j'allais du reste informer immédiatement mon Gouvernement des intentions du Cabinet de Dresde *.

Toute cette conversation a eu lieu dans des termes tout-à-fait amicaux,

et la critique amère de toute la politique autrichienne, dont M. de Hohenthall a accompagné sa communication, m'a prouvé très clairement que, à Dresde comme dans une autre Cour, qu'il n'est pas besoin de nommer ici, il s'est opéré un revirement complet de conduite et de sentiments politiques vis-à-vis du Cabinet de Vienne. Comme je le faisais remarquer précédemment ce revirement partant de Gouvernements aussi hostiles doit nécessairement entra'ìner le reste des Etats secondaires et déterminer dans un temps peu éloigné leur adhésion au futur traité.

La nouveauté de la situation créée par l'adhésion des Gouvernements secondaires les plus importants, me parait devoir maintenant nous indiquer d'une manière très claire l'attitude que nous avons à prendre vis-à-vis du Cabinet de Berlin dans l'affaire du traité, et au sujet de laquelle je demandais des instructions à V. E. M. de Bismarck ne pourra plus bientòt me dire, comme il l'a fait dans notre dernière conversation, que en définitive, les Etats secondaires refusaient absolument leur adhésion au traité, et que la Prusse n'avait aucun moyen de forcer leur consentement. Aujourd'hui ces Etats si obstinés viennent à nous d'eux-memes, et il ne dépend plus désormais que de la Prusse de déterminer l'accession des autres qui, après l'exemple donné par ceux que l'on représentait à raison comme les chefs de la résistance, ne demanderont pas mieux que de se rendre.

Partant de cette considération si bien justifiée ne semblerait-il pas à V. E. que lorsque l'adhésion des Etats en question serait publiquement connue, nous serions parfaitement en droit, et qu'il serait très à propos d'insister auprès du Cabinet de Berlin pour la conclusion immédiate du traité de Commerce proposé par lui mème et qui, contrairement à ce qu'il avait cru, est pret à recevoir l'adhésion des principaux Etats de l'Allemagne?

Cette démarche, qui ressemblerait un peu à une mise en demeure de se prononcer catégoriquement, aurait le double avantage de hater, si c'est possible, la conclusion d'une convention à laquelle se rattachent de si grands intérets politiques et commerciaux, et de nous donner en meme temps, par le plus ou moins d'empressement que mettrait la Prusse à accueillir notre démarche, la mesure si non exacte du moins approximative des engagements que l'on dit plus que jamais lier en secret la Prusse à l'Autriche en vue de la cessi o n définitive des Duchés Allemands.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LV8, p. 229.

191

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 135-137)

L. P. Parigi, 14 novembre 1865.

Ricevo da sorgente degna di fiducia la comunicazione di cui Le trasmetto copia qui annessa. Prego V. E. di voler fare di essa quell'uso riservatissimo che Le parrà opportuno...

ALLEGATO

MAZZIN! A GARIBALDI

(traduzione)

Londra, ottobre.

Ayez quelque patience pour cette longue lettre. Je connais vos tendances vers 1e Mexique. Ecoutez-moi.

Votre apparition au Mexique pourrait avoir une véritable importance. L'influence de votre nom provoquerait un nouveau soulèvement au Mexique. L'opinion des Etats-Unis est unanime contre l'intervention française. Votre apparition sur la frontière entrainerait, les Américains me l'assurent, une multitude de volontaires des Etats-Unis. Les conséquences peuvent ètre incalculables, entrainer l'Amérique officielle, donner un coup écrasant à Napoléon, et, en outre, vous piacer à la tète d'un corps républicain, qui vous suivrait ensuite où vous voudriez.

D'un autre còté, il y a la Vénétie. Nous sommes engagés envers elle et vous l'ètes aussi. Vous savez, qu'il est possible que l'on agisse en mars ou avril et les conséquences du mouvement peuvent ètre vitales pour l'ltalie. La première de ces conséquences serait la formation d'une seconde armée de volontaires guidée par vous: la seconde l'insurrection d'autres nationalités liguées avec la nòtre. Maintenant, si vous partez, les Vénitiens, qui préparent une insurrection, parce qu'ils ;:omptent sur votre appui, se diront joués par vous et par nous. Votre éloignement, non seulement les privera de l'appui espéré, mais semblera dire à l'Italie • Tu ne veux et ne peux agir •. Ce sera le découragement jeté dans notre champ.

Je vous ai dit le pour et le contre. Vous déciderez.

Je crois que le mouvement vénitien est le plus important pour l'Europe. Mais, si vous décidez le contraire, voici ce que, selon moi, il faudrait faire pour le bien de tous: se trouver au Mexique en décembre au plus tard; si non, vous courrez risque de trouver Juarez aux Etats-Unis, agir de façon, que l'on ne sache pas que vous allez au Mexique, mais que vous y ètes; laisser pour les Vénitiens deux lignes que vous m'enverrez, et que je ne communiquerai qu'après avoir appris votre arrivée. Ces lignes diraient: • Je suis là où l'on combat pour la liberté de tous: que mon éloignement nè vous décourage pas: imitez moi et secondez-moi: votre cri de guerre me fera accourir • -ou quelque chose de pareil -laisser Menotti pour vous représenter dans le mouvement vénitien -enfin m'envoyer deux lignes pour Louis Balewski que vous connaissez déjà et que j'envoie aux Etats-Unis d'accord avec Ledru-Rollin et Langiewicz, elles diront: • I entreat ali those, who sympathize with me and with the cause of liberty, for forward the view will be employed by the bearer and by the instruction of my friend in London •.

Balewski, outre la mission qu'il a de pousser à la guerre contre L. N. au Mexique, organis,era pour vous les Polonais qui sont nombreux aux Etats-Unis. Un mot, je vous prie, qui me dise vos intentions. Si vous accédez, je pousserai au mouvement vénitien et je vous seconderai.

Adieu, cher Garibaldi, moi aussi je suis misanthrope au fond de l'iì.me; mais je considère le peuple italien comme un enfant que nous avons le devoir d'instruire et qui, éclairé, sera capable de grandes choses.

P. S. -Quelques amis de Livourne, connus de vous, ont à Maremma huit cents fusils qui se rouillent inutilement. Ne voudriez-vous pas écrire à eux ou à moi, pour qu'ils les mettent à ma disposition dans l'intèret de l'entreprise venitienne?

ALLEGATO Il

GARIBALDI A MAZZIN!

Caprera, 31 ottobre 1865.

Que mes amis de Livourne mettent à votre disposition les huit cents objets à leur soin. Celle-ci leur servira de pouvoir. Du reste, je ne ferai pas de reflexions pour le moment.

192

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 489. Berlino, 15 novembre 1865, ore 15,55 (per·. ore 20).

Discours de la Couronne pourra annoncer résolution de la Saxe mais dans les termes précis d'une adhésion au traité de commerce impliquant reconnaissance et rétablissement successif des relations diplomatiques. Objections de la Bavière que j'ai annoncées hier portent sur les égards envers S. Siège et le Roi de Naples dont les ministres résidents présentement à Munich n'ont point encore reçu réponse à la communication bavaroise. Mais sur mon observation que la situation était changée par la décision de la Saxe qui allait etre annoncée officiellement, ministre bavarois a immédiatement averti son Gouvernement du danger de paraitre se trainer à la remorque de la Saxe.

193

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 25. Berlino, 15 novembre 1865 (per. il 19).

Ainsi que je m'y attendais la résolution de la Saxe d'accéder au traité de commerce entre la Prusse et l'Italie, résolution dont le Ministre saxon est allé faire part officiellement hier à M. de Bismarck, parait avoir singulièrement modifié les idées de S. E. sur les énormes difficultés, camme il me le disait il y a seulement quelques jours, d'obtenir l'adhésion des autres Etats secondaires. Il est meme fort probable que, depuis, le Cabinet de Berlin a été informé que d'autres conversions se préparaient, et qu'ainsi il a été amené tout d'un coup à modifier profondément son attitude dans cette affaire.

Quoi qu'il en soit, M. de Philipsborn s'est présenté ce matin chez moi et m'a fait au nom de son Gouvernement la proposition suivante:

* Un traité de commerce serait immédiatement conclu, sur la base de la nation la plus favorisée entre l'Italie d'une part et la Prusse de l'autre, cette dernière agissant au nom et avec les pouvoirs de tous les Etats faisant partie du Zollverein.

Les ratifications du traité seraient échangées le plus tòt possible; et dans la formule de ratification employée par les différents membres de l'association Douanière allemande, il serait expressément déclaré par chacun d'eux qu'ils adhèrent au traité de commerce passé entre le Gouvernement de S. M. le Roi d'ltalie et celui de Prusse * (1).

La forme du traité étant ainsi stipulée et les ratifications échangées, le ministre de S. M. le Roi d'Italie remettrait au Président du Conseil Prussien une déclaration portant que à partir du moment de leur adhésion, chaque Etat faisant partie du Zollverein jouirait immédiatement et ipso facto, des bénéfices du traité pour tous les produits de son industrie moyennant des certificats d'origine.

Cet avantage, m'a dit M. de Philipsborn, serait largement compensé par l'application du tarif général du Zollverein qui pour l'Italie comme pour toutes les autres nations, est entré en vigueur depuis le 1er Juillet dernier sans distinction de provenance, ni obligation de réciprocité.

J'ai répondu à M. de Philipsborn que la proposition étant à peu près la méme que celle dont il avait été question au mois de Juillet dernier, je ne doutais pas qu'elle fiìt favorablement accueillie par mon Gouvernement, dont je me reservais toutefois de demander l'approbation.

Je crois effectivement, M. le Ministre, que rien ne s'oppose à ce que nous acceptions cette offre. Les certificats d'origine auraient pu, peut-étre, présenter un obstacle par suite de la difficulté d'obtenir la réciprocité de la part d'Etats faisant partie d'une agglomération de Gouvernements se refusant encore à traiter avec nous. Mais l'application du Tarif ,Général du Zollverein permettant aux produits italiens de se montrer sur tous les marchés de l'Allemagne, répond à toutes les objections et aplanit toutes les difficultés.

Une chose sur laquelle j'ai insisté avec M. de Philipsborn c'est que dans le cas tout-à-fait probable où j'en reçoive l'autorisation du Gouvernement du Roi, la convention se passe immédiatement, et que nous ne soyons plus ainsi ballotés de mois en mois sans aboutir à rien.

M. de Philipsborn a paru parfaitement comprendre la convenance d'une conclusion immédiate, et m'a dit que dans son opinion la chose pouvait étre terminée dans huit jours.

Il ne me reste donc plus qu'à attendre les ordres de V.E. que, vu l'urgence des circonstances, je Lui serais très obligé de m'adresser par le télégraphe.

(l) Il brano fra asterischi è edito in italiano in LVB p. 208.

194

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 15 novembre 1865.

Retenu à Turin pour quelques jours par une affaire particulière je ne veux pas quitter l'Italie sans Vous donner des nouvelles.

J'ai reçu de M. Ricasoli une lettre trop intéressante et importante pour que je m'empresse de Vous la communiquer ci-jointe, Vous jugerez M. le Commandeur de quelle façon Vous pourriez profiter en faveur de notre cause, des bonnes dispositions exposées dans cette lettre, de la quelle je Vous prie de faire si Vous le croyez un usage tout confidentiel me confiant entièrement à Votre sagesse et à Votre amitié.

J'ai répondu à M. Ricasoli je lui ai donné un tableau exacte de la situation actuelle, le l'ai conjuré de faire un nouveau effort pour le triomphe de notre cause, j'ai parlé des dispositions du parti modéré pour se rallier à M. Ricasoli, et de l'éventualité de former ainsi un nouveau Cabinet fort et populaire.

J'ai d'ailleurs écrit à Mordini aussi, lui donnant des renseignements sur l'insuccès de ma mission présente, l'engageant à faire des nouvelles démarches, lui. parlant de la lettre de Ricasoli et de ma réponse.

•re crois M. le Commandeur que la question hongroise pourrait servir de terrain sur le quel ces deux hommes et ces deux partis Ricasoli et Mordini pourraient s'allier, alliance de la quelle résulterait nécessairement quelque chose de bon pour l'Italie et pour la Hongrie.

Je crois M. Ricasoli et M. Mordini disposés à faire nouveau effort en notre faveur, des démarches ainsi combinées qu'elles soient collectives ou identiques seulement, décideront peut étre MlVL Sella et Natoli à faire quelque chose, en tout cas le premier pas que Ricasoli et Mordini feraient ensemble entrainera un autre et aboutira au grand résultat que je désire tant à un Cabinet Ricasoli avec nuance Mordini!

Je dois vous avertir que la comtesse Karolyi est arrivée à Florence où elle passera l'hiver -elle loge Porta Romana Villino della Tor:·e, peut-étre l'avez vous rencontrée déjà car elle avait des dépéches à remettre à M. La Marmora de la part de M. Nigra -je crois que le séjour àe Madame Karolyi à Florence pourra bien nous servir, surtout si Vous vouliez fréquenter un peu son salon et lui donner de temps en temps quelques avis quelques renseignemens en un mot une certaine directive. Vous pouvez M. le Commandeur parler avec toute confiance à la comtesse, comme si vous parliez à Komaromy et à moi, jamais on n'a à craindre de sa part ni bévue ni indiscrétion, puis ce n'est pas seulement une bonne et dévouée patriote, mais encore une dame fort distinguée, bien posée dans le monde, une femme d'esprit et de savoir faire, donc si vous voulez aider la comtesse de votre conseil et de votre connaissance intime des hommes et des choses en Italie, surtout dans le monde politique et gouvernemental, le séjour de la comtesse à Florence peut avoir des grands avantages pour notre cause.

ALLEGATO.

RICASOLI A CSAKY

Brolio, 5 novembre 1865.

Malgré mon silence je suis sur que vous n'avez pas mis en doute mon empressement incessant pour la cause Hongroise qui est si intimement liée avec les intérèts le plus urgents de l'Italie. Après avoir lu attentivement vòtre mémoire (1), qui m'a confirmé que le moment était des plus solennels, et que la sage politique conseillait de faire tout ce qu'il était possible pour en éviter les conséquences fiìcheuses, j'ai fait les démarches dictées par la circonstance. La réponse en a été très satisfaisante; elle me révélait que mème en haut la position était jugée de la méme manière que vous et moi la jugions, et cela m'a été exprimé par des expressions qui m'ont fait concevoir l'espoir qu'on allait étudier les moyens pour atteindre le but. J'avais aussi raison de croire que quelque information à

temps opportun me serait communiquée. Tout cela se passait par la correspondan

ce épistolaire vu que je demeure assez éloigné de Florence, et seulement j'y irai

à l'occasion de l'ouverture du Parlement.

Me trouvant encore deçu dans mont attente, parce que je manque de toute information sur les délibérations qu'on a estimé bon de prendre dans cette émergence politique d'un si haut intéret, je me suis persuadé qu'on se sera entendu avec vous directement par le meme intermédiaire qui vous a servi à la transmission directe du Mémoire que vous avez eu la bonté de me remettre la Copie, et ne voulant d'ailleurs maintenir envers vous un silence, qui était uniquement motivé par la supposition que j'aurais eu quelque chose à vous dire pour votre gouverne, je vous adresse la présente qui aura au moins l'office de vous assurer de la régulière reception de votre lettre, et du mémoire qui en faisait partie, et que désireux d'aider à une cause que je regarde comme la mienne, j'ai donné exécution aux démarches que vous me demandiez, avec l'espoir que les conseils d'une sage politique, qui recommande la prudi:mce avec l'énergie des moyens, ayant prévalu, et que à cette heure si les libéraux Hongrois se trouvent à meme d'assurer le bon résultat de la difficile épreuve à laquelle sont encore appelés, m'associant de tout mon coeur à Jeurs patriotiques résolutions et leur souhaitant le triomphe le plus complet ...

(l) Cfr. n. 141, allegato.

195

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 494. Berlino, 16 novembre 1865, ore 15,37 (per ore 20,35).

J'ai enfin décidé Gouvernement bavarois à laisser tomber toutes ses objections. Discours de la Couronne peut désormais contenir annonce de la reconnaissance officielle de la Bavière, mais sans liaison ni meme allusion au projet de traité de commerce. Je me suis de plus engagé personnellement et secrètement vis-à-vis de ministre bavarois à ce que la Bavière serait nommée avant la Saxe; vu l'importance de la nouvelle veuillez m'accuser réception (1).

196

IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO 71. Copenaghen, 16 novembre 1865.

On croit ici au Ministère des Affaires Etrangères que l'Autriche fera pour l'Holstein et le Schleswig ce qu'elle a dejà fait pour le Lauenbourg, c'est à dire qu'elle cédera contre quelques millions sa part de condominium à la Prusse;

on croit également qu'elle profitera de cette occasion pour obtenir de celle-ci une rectification de la partie de la ligne de frontière entre la Bohème et la Silesie où se trouve la ville fortifiée Prussienne nommée Glatz. Quoique le premier Ministre de Prusse passe pour etre favorable à l'idée de la rétrocession de la partie Danoise du Schleswig on ne se fait cependant ici aucune illusion à cet égard puisqu'il parait avéré que le Roi de Prusse fait de la conservation d'un territoire conquis par son armée une question d'honneur militaire; le fait est qu'un reflet de cette pensée se trouve dans toutes les proclamations du Général Baron de Manteuffel Commandant dans le Schleswig.

Or c'est précisement par ce que la Ville et le territoire de Glatz n'ont pas été acquis à la Prusse par droit de conquete que l'Autriche espère obtenir de ce còté une rectification de sa ligne de frontière.

(l) Con t. 328 del 17 La Marmora assicurò Barrai che la Baviera sarebbe stata nominata per prima nel discorso della Corona.

197

IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 11. Madrid, 17 novembre 1865 (per. H 24).

La commission centrale et électorale du parti modéré, qui avait été chargée de faire un manifeste au pays, dans la réunion dont j'ai eu l'honneur de rendre compte à V.E. avec ma précédente dépeche, a rempli son mandat.

Ce manifeste, qui vient d'etre publié, n'est en substance qu'une longue suite d'accusations formulées contre l'Union libérale personnifiée dans le Cabinet O'Donnell. Parmi ces accusations figure aussi celle qui se réfère à la reconnaissance du Royaume d'ltalie au sujet de laquelle le manifeste s'exprime littéralement ainsi:

• Il ne faut pas oublier que le Gouvernement actuel sans consulter ni l'opinion du pays ni celle des Cortès, comme l'exigeait la gravité du cas, a décidé la question si importante de la reconnaissance du Royaume, qu'on appelle Royaume d'Italie, sans mème tenir compte, pour modérer sa précipitation, de la circonstance que tout l'Episcopat Espagnol avait précédemment protesté contre cet acte d'une manière vigoureuse et énergique ».

Le parti modéré se trouvant aux abois, tache maintenant de se concilier les sympathies du parti néo-catholique dans l'espoir d'obtenir son appui dans les prochaines élections politiques. Or il a pensé qu'en faisant à son tour une espèce de protestation contre la reconnaissance du Royaume d'Italie, il atteindrait plus facilement son but.

C'est évidemment cet espoir plutòt que ses sincèr,es convktions, qui ont inspiré cette partie du manifeste du parti modéré.

Ce document qui porte la date du 9 du courant est signé par tous les membres de la commission susdite, dont le Président est le Due de Valance. Parmi d'autres noms, moins connus, y figurent ceux du Marquis de Novaliches, Alexandre Castro, Gonzales, Bravo, Comte de San Louis, Due de Veragua et Alexandre Mon.

Ces notabilités du parti modéré qui se glorifient d'ètre appelées des hommes d'ordre et qui invoquent à chaque occasion le principe d'autorité, se plaisent maintenant à parler de notre nationalité, en disant el llamado Reino de Italia sans tenir le moindre compte de la circonstance, passablement importante, que le Royaume d'Italie ayant été reconnu par la Reine et son Gouvernement il n'est permis à personne, qui respecte les décisions du pouvoir légitime d'employer un pareil langage.

El pensamiento Espanol organe du parti néo-catholique, vient de faire un nouvel appel aux sentiments religieux du peuple espagnol en faveur du Saint-Père. Pour bien le convaincre de l'état de pénurie dans lequel se trouve actuellement le trésor pontificai et stimuler son zèle, il a soin de publier une lettre qui lui a été adressée le 9 du courant par le Nonce.

Monseigneur Barili après avoir accusé réception d'une somme de 76.000 écus (200.000 francs) produit d'une souscription en faveur du trésor pontificai ouverte dans les bureaux de ce journal dans le mois d'Aout dernier, continue sa lettre en disant, qu'il n'aurait certainement pas demandé qu'une somme quelconque, provenant de cette souscription, lui fut remise avant la publication des listes contenant les noms des personnes qui y ont pris part avec l'indication des offrandes faites par chacune d'elles, s'il ne s'y était pas trouvé contraint par les sollicitations qui lui ont été faites de Rome qui l'engageaient à envoyer tout l'argent, dont il pourrait disposer, pour faire face aux pressantes nécessités du Trésor Pontificai.

Le mème journal publie maintenant les listes auxquelles fait allusion le Nonce. Elles sont très volumineuses et ne remplissent pas moins de 44 feuilles de papier d'impression. Parmi les souscripteurs figurent une quantité d'enfants dont l'avenir pourra seui faire connaitre les opinions politiques et une multitude de femmes qui se disent inspirées par les opinions de leurs pères ou maris. Un exemplaire de ces listes a été envoyé à Rome comme ayant le caractère d'une protestation contre la reconnaissance du Royaume d'ltalie.

J'ai reçu la dépèche de Cabinet No 3 du 7 courant (l) par laquelle V.E. a bien voulu compléter les informations qu'Elle m'a données le 24 Octobre (2) sur le résultat des élections générales. En remerciant V.E. de ces nouveaux renseignements qui m'ont vivement intéressé...

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 57. Berlino, 18 novembre 1865.

La reconnaissance du Royaume d'ltalie par la Saxe et la Bavière a produit une sensation d'autant plus profonde que personne ne s'y attendait, pas mème

M. de Bismarck qui, avant-hier encore, avant que le Ministre de Bavière ne

vint lui en donner la nouvelle officielle ne s'en doutait meme pas. A Munich comme ici le secret des négociations a été bien gardé, et il n'est pas douteux que la surprise n'a pas été plus agréable pour l'Autriche que pour la Prusse qui bien positivement d'après les renseignements certains qui m'arrivent de sources dignes de foi s'était engagée à Gastein à trainer en longueur l'affaire du traité de commerce, et trouvait dans la résistance de la Bm,-ière surtout, un motif des plus commodes pour justifìer ses continuels atermoiemens. Aujourd'hui, comme j'ai eu l'honneur d'en informer V. E., la reconnaissance officielle de la Bavière, jointe à l'adhésion de la Saxe impliquant d'après ses propres déclarations la reconnaissance, sont venues complètement changer la situation en obligeant la Prusse à ne pas différer plus longtemps la conclusion du traité de commerce, sous peine de démasquer ses engagemens de Gastein. Il est plus que probable que à l'heure qu'il est des explications dans ce dernier sens ont été adressées au Cabinet de Vienne, et que rien désormais ne viendra retarder la signature de la Convention. Au reste, l'on ne doute pas ici que soit qu'ils préfèrent reconnaitre purement et simplement comme la Bavière, soit qu'ils trouvent plus convenable à leur politique d'imiter la Saxe, tous les autres Etats, comme les moutons de Panurge, vont sauter cette barrière, réputée selon eux infranchissable, qui s'opposait à la reconnaissance du nouvel ordre de choses en Italie. Ainsi se trouve pleinement couronnée de succès l'attitude ferme et énergique du Gouvernement du Roi qui en repoussant toute espèce de transaction ou modus vivendi dans l'affaire du traité de commerce, a remporté une éclatante victoire non pas seulement au point de vue de sa politique, mais encore à celui des intérets matériels du Pays.

Maintenant pour en venir à l'examen des motifs qui ont déterminé la Saxe et la Bavière si hostiles jusqu'à présent, à changer brusquement d'attitude vis-à-vis de nous, il faut avant tout tenir compte des impressions profondes de crainte et de dépit produites sur les Etats secondaires par la continuation de l'entente parfaite entre la Prusse et l'Autriche dans l'affaire des Duchés. Cette entente, en favorisant ouvertement les tendances annexionnistes de la Prusse, les menace tous plus ou moins dans leur existence, et leur a donné sérieusement à réfléchir sur leur dangereuse position. C'est évidemment sous l'empire de ces préoccupations que M. de Beust, pour résister aux envahissemens futurs de la politique Prussienne, a compris qu'il fallait à tout prix resserrer les liens qui unissent le pays au Gouvernement, consolider son autonomie, et comme en défìnitive le commerce saxon réclamait impérieusement une Convention commerciale avec l'Italie, ne pas différer plus longtemps de répondre à l'unanimité de ses voeux.

Pour la Bavière la question avait un caractère de nécessité politique encore plus tranché, et c'est pour cette raison que nous l'avons vue, sans vouloir s'appuyer, comme la Saxe, sur aucune considération d'intéret matériel, reconnaìtre purement et simplement le Royaume d'Italie. En effet, la Cour de Munich s'était jusque dans les derniers tems constamment montrée extrèmement docile à l'impulsion Autrichienne, c'était à Vienne qu'elle allait prendre le mot d'ordre dans toutes les affaires un peu importantes; et après ses nombreuses représentations faites à l'Autriche pour donner à la question du Schleswig-Holstein une solution fédérale de nature à rassurer les Etats moyens, elle n'a pu qu'etre profondément blessé du mépris que l'on persistait à faire de ses remontrances. Sur ces entrefaites est arrivé au pouvoir le Baron de Pfordten. Cet homme d'Etat qui de Francfort dirigeait déjà la politique Bavaroise, en voyant l'obstination calculée de l'Autriche à ne pas résister davantage à la Prusse, et à abandonner sa politique traditionnelle de protection avec les Etats moyens, a jugé que le moment était venu de faire acte d'indépendance vis-à-vis de l'Autriche en séparant violemment son action politique de celle du Cabinet de Vienne, si obstinément hostile à toute transaction avec l'Italie. Rien ne pouvait etre plus douloureux pour l'Autriche que la reconnaissance de la Bavière, et c'est précisément pour cela que M. de Pfordten l'a préférée à toute autre expression de son profond ressentiment.

Enfìn pour me résumer et donner leur véritable signifìcation aux deux incidents considérables qui, quoique, sous des formes différentes, viennent de se produire dans la politique des Cabinets de Dresde et de Munich, je ne crois pas me tromper en affirmant de la manière la plus positive qu'ils constituent une réponse énergique à la Convention de Gastein.

En ayant l'honneur de remercier V. E des précieux renseignements que contenait sa dépeche du 7 courant (Cabinet n. 13) (l) sur le résultat et le sens de nos élections...

P. S. -Je ne suis pas très sur du numéro d'ordre de cette dépeche que en cas d'erreur je prie de rétablir.

(l) -Cfr. n. 176. (2) -Cfr. n. 164.
199

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MAR

MORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, E AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

T. 331. Firenze, 19 novembre 1865, ore 16,15. Arnim annonce de Rome à Usedom et celui-ci me communiq_ue que le représentant du Wurtemberg à Rome a notifié au cardinal Antonelli son intention

de reconnaitre Italie. Tachez savoir indirectement ce qu'il en est des dispositions du Wurtemberg.

200

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 499. Berlino, 20 novembre 1865, ore 8,35 (per. ore 12,55).

Jusqu'à présent ministre de Wurtemberg ne m'a pas encore fait la moindre insinuation; mais un de ses intimes est venu me confier que d'après son langage il ne tarderait pas à imiter Saxe ou plutòt Bavière. Nous les aurons tous avant qu'il soit longtemps.

Il -Documenti divlomatici -Serie I -Vol. VI

(l) Cfr. n. 176.

201

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 333. Firenze, 20 novembre 1865, ore 17.

Certificats d'origine et différence de traitement entre divers Etats allemands sont inadmissibles, mais sommes prets à signer immédiatement traité de commerce avec Prusse agissant au nom du Zollverein. Vous pouvez assurer confidentiellement à Bismarck au nom du Gouvernement du Roi que nous accorderions au Zollverein entier traitement nation plus favorisée aussitòt après signature du traité pourvu que Gouvernement prussien assurat par son concours la subvention de 15 millions qui serait la part de l'Allemagne dans l'entreprise du percement des Alpes Helvétiques.

202

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 334. Firenze, 21 novembre 1865, ore 15,55.

Motifs impossibilité certificats origine vous ont été exposés dans ma dépèche 3 Juin (1). Je vous ai d'ailleurs écrit hier soir dans le sens de mon télégramme du mème jour. Si vous le croyez indispensable, on pourrait attendre après signature traité reconnaissance Saxe, Wurtemberg et Hanovre avant accorder traitement faveur à tout Zollverein; quant aux autres il vaudrait mieux négliger leur adhésion, surtout si on obtient ainsi concours précieux de Prusse au percement Alpes Suisses. Je complète donc mes instructions d'hier en vous chargeant de déclarer d'abo!"d qu'aucune différence de traitement pour divers membres Zollverein n'est possible, que nous sommes prèts à signer traité avec Prusse sous condition suspensive d'application, et que quant à possibilité d'anticiper par mesure législative traitement de faveur envers tout Zollverein après signature traité et reconnaissance Etats principaux, cela dépendra de résolution que prendra Prusse envers percement Alpes Suisses. Ce dernier point doit rester en tout cas confidentiel réservé, et en dehors pour ainsi dire de question conclusion traité, à laquelle rien n'est changé.

(l) Non pubblicato.

203

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 502. Berlino, 21 novembre 1865, ore 15,40 (per. ore 20,20).

Situation relative au traité de commerce est sensiblement modiflée. M. de Philipsborn vient de me dire que le Gouvernement prussien renonce complètement aux certificats d'origine comme contraires aux statuts du Zollverein. Proposition définitive serait maintenant de conclure entre Italie et Prusse traité de commerce sur la base de celui anglais, avec le terme de deux mois pour l'échange des ratifications. Seulement lorsque la presque totalité des états aurait adhéré Italie accorderait généreusement traitement de la nation la plus favorisée à tout le Zollverein. Quant à l'engagement personnel de la Prusse pour percement des Alpes, M. de Philipsborn, tout en étant convaincu du concours de l'Allemagne pour plus tard, m'a di t positivement qu'il était impossible de traiter les deux questions ensemble. Mon télégramme de ce matin (l) n'a plus de valeur.

204

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 337. Roma, 22 novembre 1865, ore 17,15.

Vous pouvez signer traité commerce sur base traité anglo-allemand. Je crois entendu qu'un traité navigation sera signé aussi séparément ou conjointement sur base qu'il sera facile déterminer meme par télégraphe (2). Pleins pouvoirs vous seront expédiés demain antidatés pour le cas où signature sera>it immédiate. Il me semble préférable de ne fixer aucun terme pour ratification: si après terme deux mois quelques ratifications manquaient, notre position serait moins bonne. Nous pourrons appliquer traitement faveur à tout Zollverein après adhésion et r,econnaissance Etats Principaux, mais cela dépendra du Parlement et engagement absolu à cet égard serait prématuré. Chambre ouverte attend présentation projet de loi percement Alpes qui ne peut devenir pratique que par concours Prusse. Veuillez demander formellement Gouvernement prussien prompte détermination à ce sujet. Nous avons besoin d'un oui ou d'un non et dans les circonstances actuelles vouloir attendre équivaudrait pour nous à un non.

(l) -T. 501, non pubblicato: questione dei certificati di origine. (2) -Con t. 513 del 24 novembre Barrai informò che, per evitare nuove difficoltà, il trattato di navigazione avrebbe dovuto essere concluso più tardi separatamente.
205

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 504. Berlino, 22 novembre 1865, ore 15,43 (per. ore 19,30).

M. Thile est venu me renouveler officiellement les propositions d'hier de M. Philipsborn relativement au traité de commerce. Malgré toute mon insistance pour engagement pour percement des Alpes, il tp'a dit aussi de la manière la plus positive qu'il est impossible de meler les deux questions, mais qu'il ne désespérait pas pour plus tard du concours allemand (1).

206

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 505. Baden, 22 novembre 1865, ore 17,10 (per. ore 20,50)

J'ai fait de suite sonder les intentions à Stuttgart par un moyen sur et ami suivant les instructions télégraphiques de V.E. (2). Je viens de recevoir télégraphe par lequel personnage correspondant me donne rendez-vous pour demain sur chemin. J'irai et vous télégraphierai après dans le cas de réponse favorable en principe. Si V. E. croit m'autoriser à me rendre particulièrement à Stuttgart à voir Varnbi.iler que je connais déja j'attends vos ordres.

207

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 512. Baden, 24 novembre 1865, ore 18,50 (per. ore 22).

Reconnaissance d'Ita1ie par le Wurtemberg se fera prochainement; mais pas encore décidée. Varnbi.iler vient de répondre à personnage chargé de sonder ses intentions à ce sujet qu'aucune détermination n'est encore prise par

le Cabinet de Stuttgart, que son opinion personnelle après la reconnaissance de la Bavière et de la Saxe et a-t-il dit, Darmstadt c'est que le Wurtemberg n'avait plus d'excuse pour faire politique étrangèr,e exceptionnelle, regrette marche précipitée surtout de la Bavière par dépit envers l'Autriche au sujet de la convention de Gastein et que si le Wurtemberg reconnait, il ne suivra

pas l'exemple dans le sens d'un mauvais procédé, mais il agira par suite de la marche naturelle des événements; que l'état prospère et le progrès matériel surtout de l'Italie septentrionale sont pour un ministre de Wurtemberg motifs de plus de désirer bons rapports avec voisins aussi utiles. Le personnage conseille entrevue particulière en écrivant directement à Varnbiiler. D'après ce qui précède V.E. me donnera ses ordres. Varnbiiler ne se doute pas que sa réporise m'est connue.

(l) -Con t. 520 del 27 novembre Barrai comunicò che il Consiglio dei Ministri prussiano riteneva di non poter prendere decisioni in proposito prima di aver sottoposto la questioneal Parlamento che doveva riunirsi a metà gennaio. (2) -Cfr. n. 199.
208

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 14. Francoforte, 24 novembre 1865 (per. il 28).

Les deux Gouvernements de Bavière et de Saxe ont communiqué avec deux

notes différentes adressées aux Cabinets de Vienne et de Berlin leur reconnais

sance du Royaume d'Italie. La Légation de Sa Majesté en Prusse aura déjà fait

connaitre à V. E. le sens dans lequel étaient conçues les deux notes saxo-bava

roises adressées au Cabinet de Berlin.

Pour ma part j'ai pu avoir sous les yeux un résumé de la note que celui de Dresde a adressée à Vienne. M. de Beust, en annonçant que par l'adhésion au futur traité de commerce avec l'Italie il entend en reconnaitre le Royaume, ajoute • que la politique suivie par les deux grandes Puissances Germaniques déliait le Gouvernement Saxon des engagements et de la solidarité, dont il avait fait preuve jusqu'à la dernière heure, pour le Gouvernement autrichien. Que le développement toujours croissant du commerce ne permettait plus de sacrifier les intérets matériels à des sympathies et à des sentiments, d'autant plus que la position, que l'Autriche et la Prusse viennent de faire aux Etats Moyens de l'Allemagne, oblige ces Etats à marcher plus unis que jamais avec leurs populations ».

Je ne connais pas encore matériellement la note de M. von der Pfordten au Comte de Mensdorff. Cependant mes déductions et mes informations indirectes me donnent tout lieu de penser que le langage du Ministre Bavarois soit encore plus clair et plus dégagé: tel enfin qu'il convient à un Cabinet qui nous a reconnu purement et simplemcnt.

Le succès diplomatique de V.E. a eu lieu sous de tels auspices que, pourvu qu'on ménage les susceptibilités des Cours, dont les Cabinets nous ont reconnus, notre reconnaissance à Munich et à Dresde sera peut-etre le point de départ de l'influence légitime que l'Italie est appelée à exercer en Allemagne. Le ton aigre-doux des journaux Prussiens me confirme dans mon opinion (1).

209

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI

T. 341. Firenze, 25 novembre 1865, ore 12,40.

Nous les laisserons venir ne prenez aucune initiative meme privée envers Varnbi.iler.

210

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI RAPPRESENTANTI DIPLOMATICI ALL'ESTERO

CIRCOLARE. Firenze, 25 novembre 1865.

Les élections générales ont témoigné la constance invariable du pays dans ses sentiments de modération et d'attachement à ses libertés intérieures et à son indépendance. Le Roi vient, à son tour, dans le discours du Tròne, de donner solennellement à la nation un nouveau gage de la rectitude de la politique de son Gouvernement. En attendant les débats importants qui succèderont dans

Je ne pense pas que pour le moment aucun Etat Allemand ait l'intention de porter la question de notre reconnaissance par devant la Diète, peut-étre c'est un tour que la Prusse ménage à l'Autriche dans le cas où !es tiraillements de ces deux grandes confédérées tourneraient à une brouille véritable et sérieuse. Cette méme question pourrait se présenter sous une autre forme, c'est-à-dire, si le Comte de Barrai présentait à la Diète des nouvelles lettres de créance en qualité de Ministre d'ltalie. Quelle serait dans un de ces deux: cas la position de la Diète Germanique?

Ainsi que je le marquais dans ma dépeche confidentielle n. 8 en date du 7 Juillet dernier [cfr. n. 94], des personnes très versées dans le droit fédéral allemand, soutiennent que la majorité des voix nous suffirait et que l'unanimité ne nous est aucunement nécessaire. En effet il existe un précédent: lors de la reconnaissance de la Belgique, le Luxembourg vota contre cette reconnaissance, cependant le nouvel Etat Beige n'en fut pas moins reconnu diplomatiquement par l'Assemblée Fédérale de la Confédération.

Il y aurait meme un biais pour l'Autriche. Les contestations entre cet Empire et l'Italie sont circonscrites à un territoire extra-allemand, il n'y a pas le moindre litige entre l'Italie et les Provinces allemandes de l'Empire autrichien. Rien n'empecherait donc qu'ici à Francfort l'Autriche, Puissance allemande, eùt des rapports officiels avec l'Italie, rapports qui n'exis· teraient pas à Vienne, où l'Autriche, Puissance Européenne pourrait soutenir les prétentions dynastiques de la Couronne des Habsbourg >.

le sein du Parlement, aux opérations préliminaires aujourd'hui en cours, je

vais Vous mettre au courant des incidents les plus dignes de remarque gui se

sont produits dans nos relations extérieures depuis ma dernière circulaire

de Cabinet.

La reconnaissance du Royaume par l'Espagne a rétabli entre les deux

Gouvernements des relations que nous nous félicitons de voir s'affermir cha

que jour.

La Bavière vient de nous faire connaìtre spontanément et directement sa

résolution de rétablir avec l'Italie des relations diplomatiques régulières.

La Saxe a de meme fait manifester officiellement par son Représentant

à Berlin au Comte de Barrai son intention de reconnaìtre l'Italie en adhérant

en bonne forme au Traité de Commerce projeté entre le Zollverein et nous.

Les paroles prononcées par le Roi à ce propos sur les liens qui doivent

unir le peuple italien aux populations germaniques ont trouvé un écho sympa

thique sur tous les bancs du Parlement, et c'est avec une satisfaction profonde

que le pays voit l'Allemagne prendre désormais pour règle de ses détermina

tions ses propres intérets, qui peuvent si avantageusement s'accorder avec ceux

de l'Italie.

Les négociations engagées depuis bientòt un an par la Prusse pour la con

clusion d'un Traité de commerce avec l'Italie sont sur le point d'aboutir à un

résultat définitif. La proposition toute récente qui nous a été faite par la Prusse

de conclure avec nous au nom du Zollverein un Traité de commerce qui devien

drait d'une exécution obligatoire après la ratification en bonne forme des

Gouvernements membres du Zollverein a été acceptée par le Ministre du Roi

à Berlin comme ses instructions l'y autorisaient.

-rées. Les organes tant officieux qu'officiels du Cabinet ont au contraire déclaré en toute occasion que des négociations régulières entre les deux pays étaient impossibles, le Gouvernement de l'Empereur ne voulant pas reconnaitre le Royaume d'Italie.

Je regrette, Monsieur, de ne pouvoir contester que ce que l'on regarde comme impossible à Vienne est au point de vue italien tout au moins très-difficile. Il est certainement à désirer que les souffrances qu'impose aux populations limitrophes du Po et du Mincio l'état de choses actuel fussent atténuées autant que possible (2): mais les sentiments communs qui animent ces populations sont tels, les faits l'ont prouvé, que l'aspi.ration aux sacrifices patriotiques y

domine les besoins ordinaires du bien-étre (l): c'est malheureusement une de ces situations tendues et violentes qui rendent inapplicables, l'Autriche a pu l'apprendre par expérience, les règles de la saine politique et de la bonne administration. La Vénétie a repoussé toutes les concessions, toutes les réformes de l'Autriche pour ne revendiquer que so n droit à l'indépendance. Un arrangement qui, pour réformer quelques tarifs, et pour rev-ètir de formes diplomatiques plus régulières des relatlons politiques où il ne pourrait y avoir d'ailleurs (2) rien de changé, semblerait interrompre cette sorte de revendication continue (3) de la nationalité des provinces vénitiennes ne serait aujourd'hui ni admis, ni méme compris en Italie.

Cependant loin de faire bon marché de la responsabilité qui pèse sur nous camme sur l'Autriche (4) à l'égard des intéréts des populations respectives, nous nous sommes toujours préoccupés de diminuer autant qu'il est en nous les difficultés d'un état de choses que les inévitables problèmes de la question vénitienne ne rendent déjà que trop grave. Si notre dignité nous a fait un devoir de ne pas transiger sur une question de forme avec les Etats du Zollverein, dont les intéréts réels n'ont rien d'opposé aux nòtres, les questions vitales dont il s'agit entre l'Autriche et nous sont de nature à rendre inopportune toute cornbinaison relative à une reconnaissance ?'éciproque qui ne saurait les résoudre, et qui pourrait avoir l'inconvénient de paraitre les préjuger (5).

Il ne resterait donc, nous le reconnaissons volontiers, qu'à procéder en dehors de toute forme qui put engager la politique des deux Gouvernements, et en vue seulement de l'amélioration de fait des relations économiques entre les deux pays.

Je suis obligé de constater que le Gouvernement autrichien ne s'est pas placé jusqu'ici sur un terrain qui permette d'en venir mème à un simple accommodement de ce genre.

Dans le mois d'aout dernier, des ouvertures nous furent faites par l'intermédiaire d'une Puissance arnie pour un arrangement • d'un caractère purement local • disait-on, entre les autorités de la Vénétie et celles des provinces italiennes limitrophes, à l'effet de faciliter et d'étendre entre elles les relations commerciales. Je n'ai pas besoin de relever, Monsieur, ce qu'il y a d'anormal et d'impraticable dans le projet d'un arrangement purement local entre les autorités administratives de certaines provinces de deux Etats qui l'un et l'autre appliquent le mème régime douanier à tout leur territoire, et dont l'un (6) au moins, personne ne l'ignore, entend conserver une entière unité d'administration pour toute le Monarchie sans aucune distinction de provinces.

Tout récemment, une démarche aussi inadmissible pour le fond, et moins recevable pour la forme fut faite par l'administration autrichienne auprès

de la nòtre. La Préfecture Impériale des Finances à Venise adressa en date du 16 Septembre 1865 une Note au Ministère des Finances à Florence, demandant pour les marchandises importées par la frontière lombarde en Lombardie et en Sardaigne le traitement de la nation la plus favorisée, en invoquant l'article XV du Traité Austro-Sarde de 1851 remis en vigueur par les stipulations du Traité de Zurich. Malgré la singularité de cette requete, le Ministre des Finances y répondit, pour déclarer que le Gouvernement du Roi d'Italie ne faisait aucune distinction entre les provinces qui ont été réunies au Royaume par le Traité de Zurich et celles qui en font partie en vertu des plébiscites, et qu'aucune différence de régime douanier n'est admissible entre elles.

On reconnaitra, Monsieur, qu'il était impossible de répondre autrement à de telles ouvertures, quelle que fùt la sollicitude du Gouvernement du Roi pour les intérets privés qui souffrent du présent état de choses. Dans un moment où la plupart des Gouvernements ressentent des besoins de paix, de transactions réciproques, de relations meilleures entre les peuples, il nous importe plus que jamais que les puissances amies, celles surtout qui ont placé la question vénitienne au premier rang de celles dont l'Europe aurait à s'occuper dans l'éventualité de la réunion d'un Congrès Général, apprécient à qui revient particulièrement la responsabilité des maux qu'entraine la situation respective des deux monarchies * (1).

En ce qui concerne la difficu!té pendante àepuis longtemps entre le Gouvernement autrichien et le Gouvernement du Roi pour la forme des actes de la Commission européenne de la navigation du Danube, le Gouvernement Autrichien a fini par accepter à son tour, après une longue opposition, la proposition de l'Italie, acceptée par la France, la Grande-Bretagne, la Prusse et la Russie. Ces actes auront désormais la forme solennelle d'usage dans les conférences et dans les actes internationaux de meme ordre: les Commissaires signeront et seront mentionnés comme Représentants des Puissances dont ils tiennent leurs mandats. Le rétablissement de ce mode de procéder, qui avait été suspendu depuis 1861 à cause de l'irrégularité des rapports diplomatiques existants à cette époque entre l'Italie et d'autres puissances, a eu lieu à l'occasion de la signature de l'Acte fìnal de la navigati.on du Danube, le 2 de ce mois.

Le Chargé d'Affaires de France est venu m'informer le 1er Octobre dernier que l'évacuation du territoire romain allait commencer par le retrait des troupes françaises des provinces de Frosinone, Velletri et Viterbe. Cette opération est Maintenant exécutée, et une partle des troupes de la Division d'occupation vient de retourner en France.

Le Gouvernement du Roi a pris dans cette circonstance les dispositions nécessaires pour assurer l'entière et rigoureuse exécution de la Convention du 15 Septembre et pour protéger autant que possible contre le brigandage, dont la violence a redoublé sur le territoire pontificai depuis le départ des troupes françaises, la vie et les propriétés des sujets du Roi dans les régions limitrophes. Les Ministres de l'Intérieur et de la Guerre ont adressé aux Autorités qui dépendent d'eux des instructions sur lesquelles il avait été délibéré en Conseil

des Ministres. L'artide l or de la Convention du 15 SeptE'mbre, par lequel l'Italie s'engage à ne pas attaquer le territoire du S. Père et à empecher, meme par la force, toute attaque venant de l'extérieur contre le dit territoire, devra etre regardé par les autorités civiles et militaires comme la règle absolue de leur conduite dans toutes les éventualités qui pourront se présenter. Les précautions nécessaires sont ordonnées afin que les rapports qui pourront s'établir, sous les réserves convenables, entre les autorités des deux territoires pour la protection de la sùreté publique ne donnent lieu à aucune complication. Il est prescrit aux troupes royales d'éviter de se tenir sur la ligne extreme de la frontière, et il est fait appel à leur abnégation et à leur sentiment du devoir pour les cas où leur susceptibilité militaire pourrait, à tort, se sentir engagée par des violations de frontière ou des provocations. Le Gouvernement du Roi sait qu'il peut compter sur l'excellente discipline de l'armée, sur le zèle des fonctionnaires civils, et sur la sagesse des populations pour l'exacte observance de ces instructions.

Les démarches faites par le Gouvernement du Roi pour obtenir, par l'intermédiaire qu'a bien voulu preter le Gouvernement Français, la mise en liberté ou la livraison aux autorités royales des condamnés pour délits politiques originaires des provinces pontificales et détenus encore aujourd'hui dans les prisons ou les bagnes romains, n'ont pas été couronnées de succès. Le Gouvernement pontificai s'est refusé à appliquer à ces infortunés le bénéfice du principe qui avait cependant servi déjà de base à des restitutions réciproques de condamnés pour délits communs entre les deux Gouvernements, celui de prendre comme point de départ l'état territorial actuel.

Une insulte faite au pavillon italien et des violences exercées contre nos nationaux à Biserte par les indigènes, a été suivie, grace à l'activité du Consul Général du Roi à Tunis et au bon vouloir du Gouvernement du Bey, d'une réparation exemplaire, avec indemnité pour les victimes de cette agression.

La Légation du Roi à Athènes vient de nous annoncer que le Gouvernement grec se dispose à accorder les satisfactions convenables pour l'injustifiable agression commise brutalement par le chef de la police d'Athènes contre le Vice Consul italien, qui fut, sans que rien puisse expliquer un pareil acte, frappé à plusieurs reprises et grièvement blessé par ce fonctionnaire et par ses agents dans l'une des rues les plus fréquentées de la ville.

Le Gouvernement du Roi a établi à la Plata une Station navale permanente dont I'action devra s'étendre à l'occasion sur les points quelconques des còtes de l'Amérique du Sud où elle serait nécessaire, et dont le siège sera à Montevideo. Elle est composée actuellement des corvettes • Magenta • et • Ercole • et de la cannonière • Veloce • précédemment envoyées dans ces parages; et en outre de la frégate • Regina • et de la cannonière • Ardita • qui viennent de partir pour leur destination sous !es ordres du Contre-Amiral destiné à prendre le commandement de la Station.

Il s'était élevé entre la Légation du Roi a Montevideo et les Représentants du Gouvernement argentin et du Brésil deux difficultés qui viennent d'etre aplanies à la satisfaction du Gouvernement du Roi.

La cannonière • Veloce , avait été chargée en Avril dernier par le Chef de notre division navale à la Plata d'une mission spéciale auprès du Président

du Paraguay. Les troupes paraguayennes ayant envahi la province argentine de Corrientes, le Commodore Brésilien avait cru pouvoir établir une ligne de blocus peu au-dessous de la ville de Corrientes pour empècher les communications par le Parana avec les forces du Paraguay. La • Veloce • ayant rencontré de la part des navires Brésiliens une opposition absolue à ce qu'elle franchìt la ligne de blocus, le Commandant italien dut se borner à protester, et il revint à Montévideo après avoir fait parvenir per la voie ordinaire de la poste, les plis dont il était porteur destinés au Président du Paraguay.

Le Ministre du Roi réclama auprès de l'Envoyé extraordinaire du Brésil. Après une correspondance assez longue, ce dernier fit parvenir au Chevalier Barbolani une note, où il déclarait, au nom de son Gouvernement, que rien n'avait été plus éloigné de la pensée du Commandant brésilien que l'intention de manquer à ce qui est du à la marine italienne et que la flottille brésilienne avait du user du mème procédé, envers la cannonière anglaise • Dotterell •. Le Ministre du Brésil ajoutait que son Gouvernement venait de prendre la détermination de laisser passer au delà de la ligne de blocus un batiment de guerre pour chacune des puissances ayant des intérèts engagés dans le cours supé!"ieur du fleuve.

Cette réponse laisse toutefois subsister la question de principe consistant à savoir si l'escadre brésilienne avait le droit de fermer par le blocus le fleuve entier à toute navigation, au lieu de se borner à bloquer certains points du virage. Le Ministre du Roi a fait toutes les réserves de droit à cet égard.

Trois goélettes italiennes dont le chargement consistait en rails destinés à l'administration paraguayenne ont été arrètées le 22 avril par l'escadre argentine, visitées et obligées de retourner à Buenos Ayres, où leur chargement fut débarqué et mis sous séquestre. Après une longue discussion sur les circonstances du fait, il a été convenu de réserver les questions de principe relatives à l'applicabilité soutenue par nous et contestée par le Gouvernement Argentin, des stipulations du Congrès de Paris au cas actuel et un protocole a été signé, où le Gouvernement Argentin s'engage à restituer le chargement, et à indemniser qui de droit, après constatation régulière des circonstances de fait alléguées.

P. S. -Quoique nous nous attachions à éviter tout ce qui pourrait rendre plus difficile la situation actuelle entre le Gouvernement Pontificai et l'Italie, nous sommes témoins, depuis quelque temps, d'un redoublement de provocations déplorables de la part des organes des autorités pontificales. Ainsi, il y a quelque temps, le journal officiel de Rome accusait à la fois les troupes italiennes et les troupes françaises, celles-là de se livrer sans scrupule à des violations de frontière fréquentes, celles-ci de tolérer ces violations. Ces jours derniers, un journal qui jouit d'une faveur marquée dans les sphères officielles à Rome, et avec lui toute la presse cléri~ale du dehors prétendirent que les brigands qui infestent le territoire pontificai sont payés et dirigés par le Gouvernement du

Roi. Vous remarquerez que ces brigands sont les mèmes que les feuilles en question représentaient camme les soldats du tròne et de l'autel lorsque les troupes françaises occupaient encore les provinces où ils ont établi le siège de leurs exploits. Des insinuations aussi basses ne méritent pas d'ètre relevées,

mais les encouragemens qu'elles reçoivent à Rome nous attristent, en ce qu'ils ne laissent guère prévoir que le Gouvernement pontificai soit près de devenir accessible à ces sentiments de conciliation et de paix que nous voudrions voir dominer chez lui.

(l) Cfr. il seguente brano del r. confidenziale 17 di Rati del 27 dicembre: « On commence ici à se préoccuper non plus de la signature du traité commerciai entre l'Italie et le Zollverein, mais bien de la position qu'aura la· Diète une fois que ce traité aura été signé.Quand meme le Hanovre s'obstinerait à se faire le bouc émissaire de l'Autriche, le Royaume d'Italie n'en sera pas moins reconnu de droit et de fait par tous !es Etats de la Confédération Germanique, except l'Autriche et si l'on veut, le Hanovre. On aura donc ici cette position singulière de l'Italie reconnue par chaque Etat allemand, sans qu'elle le soit parl'ensemble légal de ces memes Etats.

(l) * Le mouvement qui s'est déclaré en Allemagne pour le rétablissement de meilleures relations avec l'Italie a eu son contrecoup en Autriche. Depuis un certain temps les organes de l'opinion publique, surtout dans les provinces allemandes de l'Empire, conseillent au Cabinet de Vienne de négocier des accords commerciaux et meme de renouer des relations diplomatiques avec le Royaume. Des Chambres de commerce ont pris des délibérations où elles demandent formellement au Ministère autrichien, au nom des intérets matériels de la Monarchie, que ses relations commerciales avec l'ltalie soient amélio

(l) -Il brano fra asterischi è edito in LVB, pp. 237-240. (2) -In LV8 è qui aggiunto il brano seguente: « et le moyen le plus régulier d'arriver à ce résultat serait, sans aucun doute, le rétablissement de relations diplomatiques et commerciales sur un pied norma! entre !es deux Gouvernemens ». (l) -In L V 8 la frase in corsivo è sostituita dalla seguente: " qu'aucun arrangement de ce genre ne leur paraitrait acceptable s'il ne se présentait camme un acheminement à la solution de la question vénitienne •. (2) -In J" V 8 invece delle parole in corsivo: • n'y aurait au fond •. (3) -In L V 8 invece delle parole in corsivo: « d'affirmation permanente». (4) -In L V 8 invece delle parole in corsivo: « part de responsabilité qui pèse sur nous >. (5) -In L V 8 invece delle parole in corsivo: « de notre part toute discussion ayant trait à une reprise de rapports diplomatiques qui ne faciliterait guère, à en juger par les dispositions présentes de la Cour de Vienne, una solution pacifique, et qui pourrait avoir l'inconvénient de paraitre préjuger ces questions •. (6) -In L V 8 invece delle parole in corsivo: « que l'un des deux ».

(l) Con t. 364 del 9 dicembre D'Azeglio fu avvertito che il testo di questa circolare non doveva essere pubblicato perché vi erano stati apportati alcuni mutamenti di forma.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 26. Berlino, 25 novembre 1865 (per. il 29 ).

Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. par mon télégramme

d'hier (1), sauf deux légères modifications, qui ne portent nullement sur les

questions de principe, je suis entièrement d'accord avec M. de Thile sur tout

ce qui concerne la conclusion du traité de commerce, conformément aux pres

criptions de V. E. renfermées dans son télégramme du 22 (2).

La première de ces modifications se rapporte au projet de traité de navigation qui dans l'intérèt mème de la prompte signature du traité de commerce demande, pour le moment seulement, à ètre écarté. En effet, M. de Thile m'a fait observer que lorsque au mois d'avril dernier il s'est agi de négocier avec l'Angleterre le traité de commerce, auquel l'on avait cru pouvoir adjoindre en mème temps un traité de navigation, le Hanovre s'était positivement refusé d'y adhérer si l'on ne détachait pas ce dernier pour en faire l'objet d'une convention à part avec les trois Etats maritimes de la Confédération; et comme, de fait, il était impossible de méconnaìtre la légitimité de sa réclamation, puisque la Prusse, l'Oldenbourg et le Hanovre sont seuls intéressés dans une question de ce genre, le Gouvernement Anglais s'était empressé d'y faire droit en acceptant la proposition Hanovrienne. Si donc aujourd'hui l'on essayait de nouveau de vouloir englober dans la Convention Commerciale un traité de Navigation, le Cabinet de Hanovre, qui jusqu'à présent n'a pas montré des dispositions très favorables, ne manquerait pas de saisir cette occasion pour

soulever des difficultés et retarder d'autant la conclusion du traité. Ce qu'il importe avant tout, pour le moment, c'est d'arriver à un dénouement rapide, et lorsque, comme tout le fait prévoir, nous l'aurons obtenu, rien ne sera plus facile que de procéder à un accord maritime avec la Prusse et les deux autres Etats du littoral Germanique.

Le second point sur lequel ont porté les observations de M. de Thile est celui relatif au terme à fixer pour l'échange des ratifications. Ainsi que V. E. me l'avait prescrit et m'appuyant sur ses considérations, je n'ai pas manqué de dire qu'il valait infiniment mieux ne point déterminer d'époque precise à cet égard. Mais M. de Thile m'a répondu, et M. de Philipsborn m'a également

confirmé, qu'il était très important d'énoncer quelque chose à cet égard, afin de ne pas enlever tout à fait au traité un certain caractère d'urgence, si propre à couper court à un dernier reste d'hésitations. Toutefois, ces Messieurs ont parfaitement compris et apprécié les inconvénients d'une époque fixe, qui une fois dépassée rendrait la situation un peu équivoque; et pour tout concilier ils m'ont proposé d'insérer la clause que: les ratifications seraient échangées aussitot que possible. Cette formule élastique me semble en effet se préter à tous les délais en méme temps qu'elle agit dans le sens d'une prompte solution. J'ose espérer que V. E. voudra bien approuver cette légère modification qui du reste n'altère en rien son programme.

Je n'ai pas besoin d'ajouter que j'ai déclaré, et qu'il a été expressément convenu, qu'en s'engageant à accorder à tout le Zollverein le traitement de la Nation la plus favorisée aussitòt que la presque totalité des Etats allemands auront adhéré au traité de commerce, le Gouvernement du Roi se réservait, comme de juste, d'obtenir l'approbation du Parlement.

Après avoir ainsi rendu compte à V. E. de l'accomplissement de ses instructions, il ne me reste plus qu'à L'informer de la marche que va suivre l'affaire pour arriver à sa conclusion définitive.

A cet égard M. de Philipsborn m'a dit que le Gouvernement Prussien allait aujourd'hui méme adresser à tous les membres du Zollverein une circulaire dans laquelle en leur rappelant son intention déjà manifestée de conclure prochainement un traité de Commerce avec le Royaume d'Italie, et leur faisant part en méme temps des récentes démarches de la Saxe et de la Bavière, il les inviterait à lui faire parvenir au plus tòt leur adhésion. Cette circulaire une fois lancée, l'on attendra une quinzaine de jours pour donner le temps convenable d'y répondre; après quoi l'on pourra, sans autre, procéder à la signature du traité de principe sur la base convenue.

Quoique j'aie déjà fait parvenir dans le temps le texte des traités Anglais

et Belge, dont le nòtre ne sera que la reproduction, toutefois, afin de ne rien

négliger dans une affaire aussi importante, j'enverrai dans trois ou quatre

jours la copie du traité tcl qu'il devra étre signé, afin que si le Gouvernement

du Roi avait quelque chose à y changer l'on pulsse encore le proposer.

D'après ce qui me revient de plusieurs còtés à la fois, il n'est pas douteux

que la pluspart des Etats donneront leur adhésion; seulement il parait qu'ils

se consultent entre eux pour savoir auquel des deux systèmes, de la Saxe ou

de la Bavière, ils doivent donner la préférence. Le Wurtemberg, me dit-on,

hésite encore sur le choix à !:lire, et attendra probablement l'envoi de la Cir

culaire Prussienne pour se prononcer. Quant à la Resse Electorale, qui par

sa position territoriale a une très grande importance dans le Zollverein, ainsi

qu'on l'a vu dans le traité Français, son représentant m'a dit hier que, à son

avis, les Etats Moyens n'avaient plus à hésiter sur le parti à prendre, et que

pour son compte il avait écrit à son Gouvernement pour lui conseiller une

reconnaissance franche et nette comme celle de la Bavière.

Enfin le mouvement d'adhésion déterminé surtout par la désertion de la

politique et du protectorat autrichien, s'accentue tous les jours davantage, et

je ne doute plus aujourd'hui qu'avant le milieu du mois de janvier prochain,

nous voyions la presque totalité des Etats oublier leurs anciennes rancunes contre l'Italie pour ne plus se souvenir que des intérets et des voeux unanimes de leurs populations. Peut-etre bien y en aura-t-il un ou deux qui jusqu'au dernier moment essayeront encore de bouder: mais en voyant l'élan général de leurs Confédérés, ils se hateront de sortir d'une position qui ne serait pas seulement intolérable mais deviendrait ridicule.

En ayant l'honneur de remercier V. E. de Sa dépeche (Cabinet .p.. 14) du 20 courant (1), et en me réservant de répondre incessamment à ce qui forme l'objet de son Post-scriptum...

(l) -T. 513, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 204.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E _MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

D. 28. Firenze, 28 novembre 1865.

Ho ricevuto i suoi dispaccj dal n. 71 al n. 78 della serie politica (2).

La notizia dell'amnistia data dal Principe Couza agli implicati negli ultimi

eventi è stata da noi accolta con favore e con piacere. La stessa facilità colla

quale vennero repressi i moti del 15 agosto e seguito dimostra che il paese ama

l'ordine e la quiete, né vi regnano nelle masse della popolazione sentimenti

ostili alla persona ed all'autorità del Principe. Quindi l'atto di clemenza usato

da Sua Altezza è tanto più provvido che, non potendosi attribuirlo a debolezza

od a timore, esso farà scomparire più agevolmente quelle irritazioni che sempre

succedono ad un politico turbamento. Noi portiamo dunque fiducia che il

Governo di Sua Altezza perseverando nel sistema di conciliazione del quale

l'amnistia è argomento, si mostrerà superiore alle passioni di parte, e !ungi

dall'abbandonarsi ad una politica di reazione che sarebbe piena d'interni e

d'esterni pericoli, saprà trovare nel rispetto degli ordini costituzionali del

paese, in una amministrazione imparziale, onesta, scevra da favoritismo e da

corruzione, i mezzi e la forza che spererebbe invano da arbitrari ed illegali

provvedimenti.

Sua Altezza ed il Governo Rumeno non possono mettere in dubbio i senti

menti benevoli onde il Governo Italiano fu sempre animato verso i Principati

Uniti. Ma appunto perché sinceramente amici, non crediamo poterei astenere

dall'indicare quella via che secondo noi è la sola che possa assodare l'autorità

del Principe ed evitare nuove e più perniciose crisi. Non intendo però, signor

Commendatore, che di questi miei riflessi Ella faccia oggetto di comunicazione

al Governo di Sua Altezza. Ma parmi bene di metterla in grado di esprimere,

qualora le se ne porga occasione, il vero modo nostro di vedere e di sentire

rispetto alle presenti condizioni della Rumenia.

I dispaccj telegrafici accennati nel suo dispaccio del 29 agosto pp. n. 75

sono regolarmente pervenuti a questo Ministero.

(l) -Non pubblicato. (2) -E' edito solo il r. 71 al n. 118.
213

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 58. Berlino, 28. novembre 1865 (per. il 3 dicembre).

Sans avoir encore perdu le caractère d'entente qu'elles ont acquis depuis la Convention de Gastein, les relations entre les Cabinets de Vienne et de Berlin subissent cependant en ce moment des tiraillements qui méritent d'etre mentionnés.

Et d'abord pour commencer par l'affaire des Notes adressées au Sénat de Francfort, il n'est plus douteux aujourd'hui que, tout en ayant été d'accord dans le principe sur le caractère purement fédéral à maintenir à la démarche, l'on ne s'entend plus ,en revanche maintenant sur les limites dans lesquelles doit s'exercer l'action commune des deux Grandes Puissances. L'Autriche voudrait que la proposition de repression contre les réunions et association3 politiques s'étendit à toute l'Allemagne; la Prusse au contraire n'entend l'appliquer qu'à la seule ville de Francfort, comme étant le siège de la Diète. La Prusse voudrait, en outre (et c'est là surtout le point le plus délicat de la question) que si sa proposition n'obtenait pas la majorité au sein de la Haute Assemblée , les deux Grandes Puissances passassent outre, et fissent prévaloir par la force leur manière de voir.

L'Autriche n'entend à aucun prix donner son consentement à ces mesures violentes qui ont déjà si fort irrité les petits Etats contre sa politique dan;; l'affaire du Schleswig.

Les choses en sont là pour le moment; les négociations continuent, et avec les habitudes allemandes, il n'est pas probable que l'on en voie de sitòt la fin.

Une autre cause de tiraillements consiste dans les allures un peu trop précipitées que voudrait imprimer le Comte de Bismarck à ses plaus ouvertement annexionnistes dans les Duchés.

L'insuccès notoire du Président du Conseil dans son voyage à Paris, l'impo

pularité toujours croissante de la Prusse parmi les populations du Schleswig

Holstein qui regrettent publiquement la domination Danoise, enfin le récent

succès et tout à fait inespéré qu'a obtenu l'Autriche dans son dernier emprunt

de 250 millions, sont autant d'éléments sur les quels s'appuie le Cabinet de

Vienne pour résister à celui de Berlin et lui faire sentir qu'il ne peut rien sans

le concours Autrichien. Tout cela, il est vrai, ne constitue encore que des nuan

ces, et a besoin d'ètre con:fi,rmé par des faits; mais le Comte de Bismarck qui

avec sa profonde perspicacité, sait parfaitement que dans une pareille affaire

ne pas avancer c'est reculer, est fort contrarié de ces temps d'arret et voudrait,

sans pouvoir y réussir, accentuer toujours plus sa politique annexionniste, en

ayant, comme par le passé, l'Autriche pour complice.

Un dernier incident qui sans avoir la meme importance est venu cepen

dant mécontenter le Cabinet Prussien, est le changement de destination du

Ministre Anglais Lord Napier, qui est remplacé par Lord Loftus Ministre à Munich. La cause de cette mutation doit ètre attribuée à cette circonstance que Lord Napier s'étant rendu dans le temps à Gastein pour voir de plus près ce qui s'y faisait, avait le jour meme de l'arrangement, télégraphié à Londres que tout confiit était écarté. Plus tard le Cabinet Anglais sut comment, et à quel prix le conflit avait été évité et, en en témoignant son profond mécontentement par sa Note du mois d'Aoùt, il résolut de changer son Ambassadeur actuel pour ne pas avoir l'air de sanctionner par sa présence à Gastein ce qui s'y était passé. Au reste l'on assure que la Reine d'Angleterre est personnellement très blessée de la manière brutale dont les Agents Prussiens dans les Duchés en agissent à l'égard de son parent et protégé le Due d'Augustenbourg, et l'on croit que cette considération n'est pas étrangère à la nomination de Lord Loftus que l'on dit ètre peu conciliant et surtout peu sympathique aux ambitions de la Prusse.

P. S. -Lord Napier a été nommé Gouverneur à Madras.

214

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 8. Berlino, 29 novembre 1865 (per. il 3 dicembre).

Le Ministre de Bavière vient à l'instant de me dire que le Roi ne devant etre de retour à Munich que le 6 Décembre, et d'un autre cOté le Comte Hompesch ne pouvant se rendre à Florence avant le 15 ou 20 du mème mois, il serait à désirer que le Marquis Oldoini ne vint à Munich que vers cette dernière époque.

Le Comte de Montgelas a ajouté, en forme tout à fait confidentielle, m'a-t-il dit, que l'Envoyé de l'ex-Roi de Naples, Baron Cito, ne devant quitter Munich que du 15 au 20 Décembre, il paraitrait convenable que le Marquis Oldoini ne fùt pas dans le cas de se rencontrer avec lui.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 27. Berlino, 1 dicembre 1865.

* Je m'empresse de transmettre ci joint à V. E. deux copies de notre futur traité de commerce avec la Prusse agissant au nom de tout le Zollverein. Ainsi que V. E. pourra s'en assurer, les bases de cette convention entièrement conforme au récent traité conclu avec l'Angleterre et s'inspirant des principes

les plus larges en matière de liberté commerciale, assurent à l'établissement de nos nationaux en Allemagne aussi bien qu'à l'écoulement des produits Italiens sur les marchés Allemands, le traitement de la nation la plus favorisée. Cette assurance, du reste, ne concerne pas seulement le présent; elle porte aussi sur l'avenir, en ce sens qu'aucune faveur ne pourra etre accordée plus tard à une autre nation par le Zollverein, sans que ipso facto l'Italie n'en profite immédiatement.

En me remettant une copie du projet, M. de Philipsborn ,est rev,enu de nouveau sur l'absolue nécessité qu'il y avait selon lui, de fixer un terme pour l'échange des ratifications avec les autres Membres du Zollverein. • C'est, m'a-t-il dit avec beaucoup d'insistance, dans l'intéret meme de la prompte conclusion de l'affaire, que je tiens à maintenir ma première manière de voir à cet égard. Si nous insérons la formule: AussitOt que possible, il est certain que les Gouvernements qui auraient encore quelques velléités d'opposition, s'en prévaudront pour dire qu'ils ont tout le temps de se décider •. • Mais, ai-je objecté à M. de Philipsborn, si ce terme de six s~maines se passe sans que nous ayons l'adhésion de tous, nous allons nous trouver, la Prusse aussi bien que l'ItaUe, dans une fausse position vis-à-vis d'eux • * (1). • Je ne le pense pas, m'a-t-il répondu sans hésiter, comme nous sommes surs d'avoir la presque totalité des Etats, et que Votre Gouvernement répondra à cet ensemble d'adhésions par l'application du régime de la nation la plus favorisée à tout le Zollverein, il s'en suit que ce seraient eux-memes et non pas nous qui se trouveraient dans une fausse position. Le traité n'en serait pas moins considéré comme parfait, et ils se hateraient de sortir d'une situation qui ressemblerait presque à une exclusion. Croyez-moi, a enfin ajouté M. de Philipsborn, nous sommes aussi pressés que Vous d'en finir; et le terme de six semaines ou de deux mois, si vous le préférez, que je voudrais Vous voir adopter est indispensable à une prompte conclusion. Il est bien entendu que, comme nous en sommes convenus, nous maintiendrons, si Vous l'exigez positivement, la formule proposée par Votre Gouvernement, mais dans Votre propre intéret, je vous prie instamment de n'en rien faire » (2).

* J'ai répondu à M. de Philipsborn que j'allais immédiatement en référer à V. E., à laquelle je serais très obligé de vouloir bien me faire connaitre par télégraphe sa décision *.

Je ne dois pas cacher à V. E. que je me suis laissé gagner par les raisons de M. de Philipsborn, qui certainement puise sa conviction dans les rapports qu'il reçoit des Agents prussiens en Allemagne et aussi dans les entretiens journaliers qu'il a avec les représentants des Etats moyens. Ces derniers sont depuis quelques jours dans une agitation fiévreuse à l'occasion du traité; ils se consultent plusieurs fois entre eux dans la meme journée, et, d'après ce que m'a dit en souriant lVI. de Philipsborn, se préoccupent bien plus de nuances purement gennaniques pour colorer leur adhésion que de l'adhésion elle-meme qui ne peut plus etre mise en doute.

en vigueur dans un délai donné quel que soit le nombre des adhésions, n'y en eiìt-il pas une de plus •·

(l) -I brani fra asterischi sono editi in italiano e con qualche modifica in L V 9, pp. 9-10. (2) -Annotazione marginale: « On veut nous mettre dans la nécessité de mettre le traite
216

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

R. CONFIDENZIALE 96. Londra, 4 dicembre 1865.

Nelle mie conversazioni ultime col Principe La Tour d'Auvergne, egli mi era parso assai colpito del progresso operatosi nell'opinione pubblica in Germania riguardo all'Italia. Credo ne abbia tenuto parola nella sua corrispondenza con Parigi, e sembrava desideroso di vedere che con disarmi ed altre misure concHianti, noi incontrassimo per parte nostra questa buona volontà. Alla verità egli con molta imparzialità riconosceva che il raddolcirsi del linguaggio dell'Austria in questo momento, avea sopratutto per mira di far passare il suo imprestito a Parigi, operazione non tanto agiata poiché il James Rothschild pare abbia spiegata la sua poca disposizione, benché console austriaco, ad imbarcarsi in simile speculazione, dicendo che il Conte Bismarck lo faceva avvisare di stare attento a quanto faceva, potendo da un momento all'altro l'Austria e la Prussia interrompere il buon accordo che ora apparentemente regnava.

Nel mio linguaggio col Principe La Tour d'Auvergne, gli ho fatto osservare, riguardo agli armamenti che principalmente sembravano molestarlo, che trattandosi di pagare, se chi pagava se ne contentava mentre poteva opporvisi in parlamento, credevo che potessero contentarsene gli altri. Inoltre che principale argomento per sperare una cessione della Venezia, era precisamente la bancarotta che minacciava l'Austria. Levatone il timore si levava anche l'opportunità di cedere, e valeva la pena, per qualche tempo almeno, vedere se si riusciva. Tralascio poi le ragioni che si hanno di voler così dare un'educazione a giovani soldati venuti da remote parti d'Italia e che non la riceverebbero altrimenti. Ma siccome aveami detto che credeva che qua avrebbero i Ministri amato di trovare nel discorso della Corona qualche indicazione di disarmo, così andai a bella posta ieri da Lord Russell in campagna col pretesto dell'ultima circolare politica di V. E. delli 25 novembre u.s. (l) per vedere se realmente mi avrebbe il primo Ministro parlato in quel senso. E Lord Russell invece, che naturalmente cercai mettere in quel discorso, mi disse solamente che il Signor Elliot gli scrivea che l'armata, che forse per iscritto stava in numeri imponenti, era già stata talmente ridotta da non permettere che si facesse molto di più.

Alla verità l'Ambasciatore mi avea detto formalmente che non gliene aveano mai parlato i Ministri; ma erasi piuttosto formato quell'opinione dai giornali. Al che risposi che se volea parlare del Times, questo da qualche tempo ci era poco favorevole. Inoltre riceveva le ispirazioni da casa Rothschild come forti azionarj. E questi signori predicano sempre la pace. Finalmente chi

credea darci un buon consiglio non tenea abbastanza conto delle considerazioni di cui parlai più sopra.

Lord Russell mi pregò di !asciargli la circolare, non avendo tempo a leggerla allora. Ed io non feci difficoltà: anzi lo pregai a volerla poi inviare a Lord Clarendon, anch'egli in campagna.

Queste circolari, essendo redatte in Francese, suppongo sieno destinate a dare ai Governi all'Estero un sunto dei principali fatti che hanno luogo da noi. Onde non siavi inconvenienti a palesarle ai Ministri, coi quali siamo in relazioni ufficiali.

(l) Cfr. n. 210.

217

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 356. Firenze, 5 dicembre 1865, ore 17,30.

Le Gouvernement du Roi ne peut admettre un terme précis pour ratifications. L'éventualité admise confidentiellement par nous en principe et par la quelle nous appliquerions en fait traité au Zollverein après adhésion de la plupart des Etats prendrait par suite de fixation de terme le caractère d'un engagement à époque fixe; ce qui ne saurait etre puisque nous ne savons ni ce que Prusse fera pour percement des Alpes, ni meme si principaux Etats secondaires se hateront autant d'adhérer au traité qu'on l'espère a Berlin.

218

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 54. Pietroburgo, 6 dicembre 1865 (per. il 15).

Quoique je ne fusse chargé d'aucune communication pour le Prince Gortchakow, j'ai eu hier l'occasion de l'entretenir sur nos élections générales, favorables au grand parti libéral; sur le discours à la fois prudent et énergique de la Couronne et sur la reconnaissance du Royaume par la Bavière et la Saxe.

Il m'a écouté attentivement, mais, parce que peut-ètre ces sujets avaient été déjà amplement traités par M. de Kisseleff et par les organes de la presse,

S. E. s'est abstenue de toute réflexion.

J'ai parlé ensuite, dans le sens de la Circulaire (Cabinet), du 25 Novembre (1), des ouvertures directes et indirectes qui nous étaient parvenues pour

des arrangements commerciaux avec l'Autriche, et de la réponse que nous avions di't y faire, quelle que fiìt notre sollicitude pour des intérets privés que l'état actuel des choses laisse en souffrance. La responsabilité en retombe entièrement sur le Cabinet de Vienne, qui jusqu'ici ne s'est pas placé sur un terrain qui permette de concerter meme une simple amélioration de fait dans les relations économiques entre les deux Pays.

En réponse j'ai reçu des remerciments pour ces détails d'un intérèt si marquant et si plein d'actualité.

J'ai amené alors la conversation sur la question du désarmement. En présence des réductions opérées dans l'armée Française, cette question occupait plus que jamais l'attention publique. Quant à l'Italie, elle avait déjà introduit des économies notables dans les budgets de la guerre et de la marine, en sorte que son effectif était sur le pied de paix. Et cependant elle se trouve vers le Mincio avec des frontières à découvert. D'un còté: politique autrichienne rancuneuse et remplie d'illusions; de l'autre, allures variables de la Prusse, qui tient toutes les portes ouvertes, selon la doctrine de M. de Bismarck.

Le Vice-Chaneelier contestait toute portée sérieuse aux mesures récentes de la France, qui, par ses chemins de fer et son organisation militaire, est à mème de concentrer si rapidement des forces imposantes. • Il semble cependant, ajoutait-il, que pour le moment l'Empereur Napoléon ne médite aucun pian belliqueux. Du reste, pour ce qui nous regarde, nous sommes parfaitement rassurés. Je doute fort qu'on songe à nous chercher querelle, car l'on pourrait ètre certain, le cas échéant, que notre attitude serait la méme que lors des affaires de Pologne. Le Gouvernement serait, comme à cette époque, énergiquement soutenu par l'esprit si patriotique de la nation russe •.

Les journaux annonçaient que, ensuite d'une demande du Cabinet de Vienne, on attendait la publication prochaine d'un Oukase ordonnant la mise en liberté des sujets autrichiens condamnés par les Conseils de guerre russes lors de l'insurrection polonaise. Le Prince Gortchakow niait carrément cette nouvelle.

Cependant, ai-je répliqué sur le ton de persifflage, l'Empereur FrançoisJoseph a aujourd'hui le vent en poupe; ses finances s'améliorent par la réussite d'un emprunt. Sa Majesté doit se sentir bien fortifiée à l'intérieur, puisqu'elle accorde une amnistie à la Gallicie, sans se préoccuper si la Russie suivra ou non son exemple. Cette dernière mesure ne serait-elle peut-ètre qu'un moyen de séduction pour faciliter un rapprochement entre les différentes Provinces de l'Empire?

J'ai parfaitement vu, au jeu de la physionomie du Prince, que j'avais touché une corde sensible. Mais il ne releva qu'une seule de mes allusions, celle relative à l'emprunt: • ce n'est, dit-il, qu'un répit. Vous seriez peut-etre tenté d'appliquer le mot de Pyrrhus après la victoire d'Asculum •.

L'entretien n'a pas offert d'autres particularités. Nous ne sommes pas encore au bout de la veine de recueillement et de réserve, dictés, au reste par les embarras financiers, par la nécessité d'un immense travail d'organisation intérieure et par la situation respective des grandes Puissances. D'un autre còté, par un légitime instinct d'orgueil national, le Cabinet russe aimerait

avoir un ròle plus marqué. Sa diplomatie est toujours active, sans aucun doute, se.s représentants sont sùrement mis à meme de prononcer au moins une opinion quand ils sont interpellés par des Gouvernements étrangers. Je sais positivement que le Cabinet du Ministre des Affaires Etrangères est très occupé, ou du moins prétend l'etre, sans qu'aucun des mes collègues soit en mesure de deviner en quoi ce travail consiste. Ainsi un de ses soins assidus doit étre de chercher à modérer les allures du Président du Conseil à Berlin et d'éloigner des chances de conftit entre la Prusse et l'Autriche. Soit dit en passant, les avertissements n'y sont pas toujours accueillis avec la méme déférence que par le passé, à en juger au moins d'après un propos tenu par un des intimes du Prince: • M. de Bismark exagère peut-etre ses forces; le fait est que, lorsque nous lui coupons les ailes, elles repoussent bien vite •.

L'amnistie décretée par l'Autriche en Gallicie doit également préoccuper, et meme mécontenter le Gouvernement russe. Il s'attenàait probablement à ce qu'aucune des trois Puissances copartageantes de la Pologne ne voudrait se dévancer l'une l'autre dans des mesures de clémence. Il pouvait jusqu'à un certain point espérer qu'aucune décision ne serait prise sans une entente préalable. C'est un déboire dont on se plaindra peut-etre de Cabinet à Cabinet, mais on se gardera bien de laisser rien transpirer, de crainte que la Prusse ne voie, dans un refroidissement meme léger dans le rapports e n tre l'Autriche et la Russie, une conjoncture favorable pour élever de nouvelles prétentions dans les Duchés de l'Elbe.

Dans tous les cas, c'est bien là une position aussi bizarre qu'embarrassée. L'Autriche menace d'échouer dans ses tentatives de réconciliation entre différents éléments qui se croient sacrifiés les uns aux autres. Elle n'est dès lors qu'une alliée faible, si tant est qu'une alliance, dans toute l'extension du mot, soit pratiquement possible entre la Russie et une Puissance frappée ici d'impopularité depuis la guerre de Crimée.

La Prusse, ayant acquis la conscience de ses propres forces, ne se laisse plus aujourd'hui conduire si facilement.

L'Angleterre incline de plus en plus vers la politique de non intervention.

Quant à la France, ce n'est un secret pour personne que les rapports sont assez froids entre l'Ambassadeur Baron de Talleyrand et le Ministre Impérial des Affaires Etrangères, Prince Gortchakow. Depuis les événements de Pologne, il y a toujours ici un certain sentiment de méfiance vis-à-vis du Cabinet des Tuileries.

Telle serait l'explication de l'attitude de la Russie. Si les conjonctures se dessinaient autrement, elle saurait bien faire naitre ou brusquer les occasions qui lui permettraient d'avancer son oeuvre.

En attendant, so n activité semble concentrée dans l'Asie Centrale. Il est assez instructif, sous ce rapport, de lire le Journal de St. Pétersbourg, du 21 Novembre/3 Décembre. Le Tsar, compatissant aux malheurs d'une contrée limitrophe à la nouvelle Province du Turkestan, fait déclarer que la ville de Tasckent, avec le territoire qui s'étend jusqu'au fleuve Syr-Daria, doit former un Etat indépendant placé provisoirement sous la garde immédiate des armes russes. Une adresse munie de 58 cachets d'habitants très notables de Tasckent, qui compte près de 100/m àmes, faisait un acte de soumission dicté

par le désir de se séparer du Khokan. Les Autorités Impériales y établiront une forme de Gouvernement qui réponde aux voeux et aux besoins de ces populations musulmanes. De la protection à la possession il n'y a qu'un pas, et ce pas se fera.

J'app:rends qu'il est fortement question du remplacement prochain de

M. de Reutern, Ministre des Finances, par le Comte Mourawiew, parent de celui qui récemment a été relevé des fonctions de Gouverneur Général à la Vilna. On prétend que M. Mourawiew ne se déciderait à accepter ce portefeuille, qu'après avoir pris connaissance de la situation et après avoir obtenu l'assurance que le budget ne serait pas dépassé.

Dans les conditions d'un malaise financier, sur lequel mon rapport politique d'aujourd'hui, N" 38 (1), jette quelque lumière, cette nouveUe aurait de l'importance. Quel qu'il soit, le talent d'un nouveau Ministre ne servirait de rien, s'il ne commençait pas par introduire dans l'administration un ordre et un contròle, qui malheureusement ont fait souvent défaut jusqu'ici.

Le voyage du Grand-Due Constantin à Berlin, où il assistera au mariage de la Princesse Alexandrine avec le Due Guillaume de Mecklembourg, est parfaitement explicable en suite des liens de parenté qui existent entre ces Cours. D'ailleurs ce serait un échange de courtoisie. Le fils du Prince Albert a représenté ici la Maison de Prusse, lors des funérailles de feu le Grand-Due Nicolas. Ce voyage a peut-etre aussi un but politique, mais on n'apprend rien à cet égard dans le Corps Diplomatique. Dans tous les cas, le Grand-Due Constantin mettra sùrement à profit son séjour à Berlin, pour parler dans le sens des intérets de la politique russe et pour rapporter ici ce qu'il aura vu et entendu.

En accusant réception de la dépeche de V.E. en date du 17 Novembre échu (Cabinet)... (1).

(l) Cfr. n. 210.

219

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 28. Berlino, 8 dicembre 1865 (per. il 12).

* Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V.E. par mon télégramme de ce matin (2), j'ai déclaré à M. de Philipsborn, en m'appuyant des raisons indiquées dans le dernier télégramme de V.E. (3), que le Gouvernement du Roi ne pouvait absolument pas admettre de terme fixe pour l'échange des ratifications. Cette détermination a paru beaucoup contrarier M. Philipsborn; mais en présence des instructions si précises de V.E., je l'ai fermement maintenue, et aujourd'hui, il est expressement convenu que le traité ne portera aucun terme fixe pour l'échange des ratifications, mais seulement la formule banale: aussitot que possible.

Cette difficulté résolue, il semblait que tout allait marcher à souhait et que, apres avoir par des raisons de pure convenance donné encore une semaine

ou deux aux réfiexions des Membres du Zollverein auxquels la Prusse avait du écrire une circulaire pour les mettre au courant de la situation, il ne resteraìt plus qu'à signer la convention commerciale. Malheureusement il est venu tout-à-coup se produire un incident qui, si le Gouvernement Prussien ne réussit pas à l'écarter, va singulièrement en retarder la conclusion définitive. En réponse à la Circulaire du Cabinet de Berlin, la Bavière lui a fait parvenir une déclaration portant qu'elle désirait prendre une part directe aux négociations, et d'après ce que m'a dit M. de Bismarck l'on n'a pu faire autrement que d'adhérer à sa réclamation. Bien plus, comme la Saxe par son adhésion anticipée au traité s'est placée à peu près sur la meme ligne que la Bavière, le Cabinet de Berlin, en lui faisant part de la démarche de celui de Munich, a cru devoir lui faire l'offre de participer à la meme faveur * (1).

En apprenant l'introduction de deux éléments nouveaux dans une affaire que jusqu'à présent je n'avais traitée qu'avec la Prusse, je n'ai pu m'empecher d'en exprimer au Comte de Bismarck mon profond étonnement; en méme temps je lui ai fait remarquer que, * sans vouloir me meler en rien du plus ou moins de droit des Membres du Zollverein de s'associer aux actes de la Prusse agissant déjà cependant au nom du Zollverein je trouvais que le mot de négociations employé par la Bavière ne me semblait pas exact, puisqu'il ne s'agissait que d'un traité de principe sur lequel l'on était aujourd'hui parfaitement d'accord, et dont les négociations se trouvaient par conséquent closes et terminées. M. de Bismarck s'est borné à me répondrè qu'il était lui-méme extrèmement contrarié de cet incident, mais (2) qu'il avait été impossible de se refuser à la demande de la Bavière, et que dans tous les cas il ne fallait pas y attacher d'autre importance que celle d'un nouveau retard. * M. de Philipsborn, que je suis allé immédiatement voir pour connaìtre ses impressions, s'est montré extrèmement mécontent de l'incident. Il ne comprend pas plus que moi l'ingérence de la Saxe et de la Bavière dans cette phase de la question et partage entièrement mon avis sur l'impossibilité d'appliquer le mot de • négociations • à la situation du moment qui par l'accord survenu entre la Prusse et l'Italie, était devenu un fait accompli. En résumé, il pense qu'il n'y a plus qu'à attendre pour voir se développer l'action de la Bavière et de la Saxe, et pour mon compte après avoir exprimé ma manière de voir et réservé de faire connaitre celle de mon Gouvernement, s'il juge à propos de la formuler, je suis bien forcé de me ranger à l'avis de

M. de Philipsborn-c'est-à-dire: d'attendre.

Pour en venir maintenant aux réfiexions que m'a fait naitre la réclamation inattendue de la Bavière, je dois dire que, si comme précédemment le Cabinet de Munich se trouvait placé sous l'influence immédiate de l'Autriche, il n'y aurait pas à douter que le coup ne partit de Vienne. Mais dans les termes où se trouvent les deux Cabinets, après la reconnaissance spontanée de l'Italie, cette supposition devient inadmissible. Il est plutot à présumer que la Bavière et la Saxe, ou plutot MM. de Beust et de Pfordten, qui tous deux cherchent par tous les moyens possibles à enrayer la prépondérance toujours plus redoutable de la Prusse en Allemagne, ont voulu dans cette circonstance

témoigner d'une certaine vitalité en se posant en Puissances avec lesquelles il faut compter. Quoi qu'il en soit, nous saurons bientòt à quoi nous en tenir sur les véritables intentions de la Bavière et de la Saxe; et si contre toute attente, le Cabinet de Berlin ne réussissait pas dans un terme très prochain à aplanir cette difficulté, il se porterait à lui-méme un très grand préjudice en confirmant l'opinion de la plupart des Membres du Corps diplomatique, qui persistent à croire que lié à Gastein par des promesses secrètes avec l'Autriche, il n'est plus disposé à presser la conclusion d'un traité dont il a pris il est vrai l'initiative, mais qui tant qu'il n'est pas encore conclu, est un moyen de pression sur le Cabinet de Vienne.

Au surplus, il ne faut pas oublier que le Commerce Allemand demande avec une extrème énergie la prompte conclusion d'un traité de commerce avec l'Italie, et que si ses légitimes réclamations n'étaient pas écoutées, il finirait par se produire dans toute l'Allemagne une fermentation d'autant plus grande que l'espérance de voir ses voeux se réaliser aurait été plus prochaine. C'est là un élément de succès sur lequel nous devons compter et qui est bien autrement puissant que les intentions plus ou moins empressées que l'on prete à la Prusse.

Quoique devant subir un temps d'arrét, notre position n'en reste donc pas moins très bonne; et en terminant je dois confirmer pleinement ce que j'ai eu l'honneur de mander dernièrement à V.E. sur les conditions extrèmement favorables faites dès à présent au Commerce Italien sur les marchés Allemands. D'après ce que m'a af1iirmé de la manière la plus positive M. de Philipsborn, ces conditions sont exactement les mémes accordées à la France, à l'Angleterre, à la Belgique, et résultent de l'application mème, a partir du l•r Juillet dernier, du Tarif Général du Zollverein qui n'admet pas de traitement différentiel. La seule différence qui existe entre notre position et celle des Puissances désignées, c'est que les faveurs qui leur sont accordées ont la sanction d'un traité, tandisque les mémes facilités dont nous jouissons actuellement sont sujettes à révocation. Il serait très à propos de faire connaitre cet état de choses au Commerce italien, qui, je le répète, dès le ler Juillet dernier, et à moins d'une révocation expresse qui n'est pas à prévoir, se trouve placé dans les mémes conditions que celui de la nation la plus favorisée.

(l) -Non pubblicato. (2) -T. 544, non pubblicato. (3) -Cfr. n. 217. (l) -I brani fra asterischi sono editi in italiano e con qualche modifica in L V 9, pp. 10-11. (2) -Le parole in corsivo sono omesse in L V 9.
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IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 14. Madrid, 10 dicembre 1865 (per. il 17). Hier, jour fixé pour la réception du Corps diplomatique, j'ai eu un entretien avec le Secrétaire d'Etat, dont je m'empresse de rendre compte a V.E. J'ai entamé la conversation en Lui disant que par suite d'instructions

que j'avais reçues dans 1e courant de la semaine, j'avais quelque communication à Lui faire. « Sans doute au sujet du Chili? • s'écria M. Bermudez de Castro;

• Précisément •, je lui répondis, et je continuai de la sorte: • V.E. n'ignore

certes pas que l'ltalie a des nombreux et très puissants intéréts au Chili, que beaucoup d'ltaliens s'y sont établis, et que nos navires fréquentent ces parages; il est donc très nature! que mon Gouvernement, dans sa sollicitude constante pour tout ce qui a rapport à notre commerce en général, prenne un intéret tout spécial à la question pendante entre l'Espagne et le Chili, dont les conséquences ont déjà affecté notre commerce et notre navigation.

Après avoir eu soin de constater ainsi l'importance de nos intéréts dans ce pays là, et l'influence déjà exercée sur eux par le conflit hispano-chilien, j'ai exprimé au Ministre, selon les ordres de V.E., les voeux que forme le Gouvernement du Roi pour que le différend Hispano-Chilien soit aplani d'une mamere conciliante, et en méme temps, je lui ai fait part de son désir que les bons offices de la France et Angleterre parviennent à faciliter une solution amicale.

M. Bermudez de Castro a très bien accueilli ce que je venais de Lui dire, et m'a répondu, autant que je puis m'en rappeler, dans les termes suivants:

• Nous avons accepté les bons offices de la France et de l'Angleterre, comme nous aurions accepté ceux de l'Italie, dans l'espoir de parvenir ainsi plus facilement à une solution prompte et équitable de notre différend avec le Chili, que nous désirons voir terminé le plus vite possible. Nous venons maintenant de tomber d'accord avec le Gouvernement de France et d'Angleterre sur un projet d'arrangement qui, s'il venait à etre accepté par celui du Chili, résoudrait les difficultés existantes et rétablirait la bonne harmonie entre les deux pays.

J'ai remercié M. Bermudez de Castro· de ce qu'il avait dit que le Gouvernement espagnol aurait aussi accepté les bons offices de l'ltalie, et je lui ai demandé s'il avait quelque objection à me communiquer les bases de l'arrangement qu'il venait de mentionner. Le Ministre m'a répondu que non; en effet il m'a de suite dit que l'arrangement dont il s'agit est tout simplement le suivant:

Le Gouvernement du Chili devra passer une note dans laquelle il aura à déclarer:

lo qu'il n'a jamais eu l'intention d'offenser l'Espagne;

2o qu'il ne considère pas le traité de paix et d'amitié existant entre lui et l'Espagne comme annulé par suite de sa déclaration de guerre, mais qu'au contraire il s'engage à ce qu'il continue à étre en vigueur comme par le passé. En outre, le drapeau Espagnol sera hissé au màt d'un des bàtiments de l'Escadre Espagnole, autre que celui monté par l'amiral Pareja, et salué par les batteries chiliennes avec 21 coups de canon, salut qui sera immédiatement rendu par le méme bàtiment.

J'ai dit alors à M. Bermudez de Castro que je ne pouvais que me féliciter d'apprendre qu'on avait enfin adopté un projet d'arrangement qui peut faire espérer la fin de ce conflit, ce qui est dans les voeux de tous, mais spécialement des puissances intéressées dans cette question; que je me berçais de l'espoir que ces voeux seront exaucés, mais qu'en attendant, et pour toutes les éventualités possibles, je le priais de vouloir bien donner les instructions nécessaires a l'amiral Pareja pour que les propriétés des sujets du Roi, et surtout les bàtiments appartenant à notre commerce soient traités avec les égards dus à une puissance arnie.

M. Bermudez de Castro a répliqué en disant que depuis longtemps il avait spécialement recommandé à l'amiral Pareja de respecter soigneusement le droit des neutres et d'agir avec tous les ménagements possibles envers les propriétés qui réellement appartiennent à des sujets étrangers.

Le projet d'arrangement, dont je viens d'informer V.E., a été formulé dans un mémorandum adressé au Gouvernement espagnol par ceux de France et d'Angleterre. Jusqu'à hier l'assentiment du premier à ce projet n'avait été donné que verbalement, mais aujourd'hui ou demain, M. Bermudez de Castro le donnera aussi par écrit au moyen d'une note identique adressée à Sir John Crampton et à M. Mercier.

Le jour meme de mon entrevue avec M. Bermudez de Castro j'ai appris de très bonne source que le Gouvernement Espagnol s'est engagé à répondre à la Note qui lui serait adressée par le Gouvernement du Chili, en déclarant qu'il n'a aucun sentiment d'animosité contre la république, qu'il respecte son indépendance et son autonomie, et que du moment où sa dignité est satisfaite et mise à couvert, il est tout-à-fait disposé à oublier le passé et à rétablir avec le Chili ses anciennes relations d'amitié.

J'ai aussi appris de la meme personne que le Ministre du Chili à Londres, qui a eu connaissance du projet d'arrangement dont il s'agit, parait croire que son Gouvernement y fera un accueil favorable.

Tels sont, M. le Ministre, les renseignements qu'aujourd'hui je me trouve en mesure de fournir à V.E. sur cette question qui intéresse si vivement notre marine et notre commerce; si des nouveaux incidents venaient à se produire, je ne manquerai pas de les Lui faire connaitre sans délai.

221

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 553. Carlsruhe, 14 dicembre 1865, ore 22,20 (per. ore 23,40).

Varnbfrler vient de répondre au ministre des affaires étrangères que la reconnaissance de l'Italie ne se fera avant signature du traité de commerce et qu'on adoptera meme procédé que baron de Beust.

222

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in italiano in L V 9, pp. 13-14)

R. 31. Berlino, 16 dicembre 1865 (per. il 20).

Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V.E. par mon télégramme de ce matin (1), la Bavière, qui un instant avait eu la pensée de demander des chan

gements de tarif dans notre futur traité de commerce avec la Prusse, s'est désistée de cette prétention * inadmissible qui aurait suscité de nouveaux embarras * (1), et a informé hier soir par télégraphe son représentant ici qu'elle allait lui expédier les pleins-pouvoirs pour signer purement et simplement le traité de principe tel que j'ai eu soin d'en faire parvenir dernièrement deux copies a V.E.

L'insistance mise par la Bavière à prendre part directement au traité, est une conséquence de sa nouvelle attitude politique vis-à-vis de l'Italie et s'explique, par cette circonstance fort remarquée dans le monde diplomatique qu'elle n'a pas voulu laisser la Prusse agir seule et camme pouvant disposer à san gré de tous les Gouvernements allemands dans une affaire aussi importante (2). Le Cabinet de Berlin * l'a si bien compris ainsi que, à son tour ,ne voulant pas d'un tète-à-tete avec la Bavière qui semble les piacer sur le mème pied *, à peine M. de Mongelas lui faisait-il connaitre la décision de son Gouvernement, qu'il télégraphiait immédiatement (3) au Gouvernement Badois pour l'inviter à signer également le traité. Celui-ci, d'après ce que j'apprends à l'instant, s'est empressé d'adhérer à l'invitation et a chargé son représentant ici Baron Turkheim, de signer.

* Quoi qu'il en soit de ces nuances d'amour-propre purement Germaniques, et qui ne nous touchent en aucune manière, il ne peut plus y avoir aujourd'hui de doute sur le succès définitif de nos laborieuses négociations. Le traité sera bientòt signé et les Etats secondaires s'empresseront d'y donner une adhésion qui équivaudra à une véritable reconnaissance *.

Quant à la Saxe, à qui la Prusse avait également offert de prendre une part directe à la signature du traité, elle a maintenu sa première manière de voir en déclarant qu'elle adhérerait au traité aussitòt qu'il aurait été conclu.

(l) Non pubblicato.

223

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERNA, CARACCIOLO DI BELLA

D. 7. Firenze, 18 dicembre 1865.

È stato supposto al R. Ministero dell'Interno che tra breve e più precisamente verso il 24 corrente debba aver luogo a Lugano una riunione di persone aderenti al partito d'azione, e che il Dottore Agostino Bertani sia venuto a Firenze appositamente per sollecitare parecchi Deputati della Sinistra ad intervenirvi.

Benché io sappia come non sia troppo agevole il procacciarsi da codesta residenza informazioni sicure intorno a quanto possa avvenire nel Cantone

Ticino io La prego nondimeno di veder modo di fornirmi indicazioni intorno allo scopo ed alle risultanze della riunione, ove abbia luogo effettivamente. Colgo l'opportunità per segnarLe ricevuta dei suoi pregiati Rapporti di Serie Confidenziale n. 17 e 19... (1).

(l) -I brani fra asterischi sono omessi in L V 9. (2) -In LV 9 le r>arole in corsivo sono sostituite dalle seguenti « come effetto del giusto desiderio di quel Governo di concorrere ad un atto di cotanta importanza •. (3) -In LV 9 qui è aggiunto «non solo al Governo sassone, ma anche •.
224

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 32. Berlino, 19 dicembre 1865 (per. il 23).

* Mon télégramme de ce matin (2) a du déjà faire connaitre à V.E. le changement d'attitude de la Saxe qui, maintenant, vient de déclarer que, comme la Bavière et Bade, elle entendait prendre une part directe au traité de commerce en y apposant sa signature * (3). Depuis avant-hier j'avais parfaitement vu, d'après le langage du Comte de Hohenthal, que I'amour-propre aussi bien que l'intéret politique de la Saxe souffraient de voir la Bavière et le GrandDuché de Bade, jouer à còté de la Prusse un ròle très flatteur pour un état de deuxième ordre et qui, au point de vue politique surtout, acquiert une très grande importance. C'est à ce double sentiment qu'a obéi le Cabinet de Dresde en revenant sur le refus qu'il avait d'abord fait à la Prusse de signer le traité et dont il accepte l'offre aujourd'hui (4).

* Cette décision, comme j'ai eu soin de le faire observer à V.E. rend encore plus explicite la reconnaissance du Royaume d'Italie par la Saxe, puisque le Cabinet de Dresde entre résolument camme partie active dans l'accord commerciai sans vouloir attendre sa conclusion pour justifier par des raisons d'intéréts rnatériels, san adhésion.

J'en ai fait mes compliments au Comte de Hohenthal qui partage tout-à-fait cette opinion et a puissamment contribué par ses conseils à la faire triompher *.

Il est un autre incident qui mérite d'ètre signalé à V.E. et rentre tout-à-fait dans le cadre des efforts faits par !es Etats de second ordre pour affirmer leur vitalité en face des tendances absorbantes de la Prusse: * En mème temps que le Cabinet de Berlin écrivait aux membres du Zollverein pour les engager à donner leur adhésion au traité, celui de Munich leur adressait également de

son còté une çirculaire pour agir auprès d'eux dans le meme sens. Bien plus, les Agents Bavarois ont reçu ordre de s'entendre avec les Ministres Prussiens pour donner à leurs démarches une apparence collective. * Cette habileté de

M. de Pfordten ne servira pas seulement à sa politique de résistance ~nvers la Prusse dans les questions d'un autre ordre à venir, mais agira aussi puissamment sur les décisions des petits Etats en ce qui concerne leur adhésion à notre traité.

P.S. -Le Traité de commerc,e entre la France et le Zollverein entré en vigueur le 1er Juillet dernier, stipule en faveur des commis-voyageurs des deux Nations les memes facilités que celles accordées par les articles 21 et 22 de notre traité avec la Belgique. D'après le principe convenu du traitement de la Nation la plus favorisée, nous profiterons donc des memes avantages sans qu'il soit nécessaire de rien stipuler à cet égard dans notre nouvelle Convention avec le Zollverein.

(l) -Non pubblicati. Con dispaccio 259, pari data. il Ministero dell'Interno fu informato delle istruzioni date a Caracciolo. Il dispaccio termina così: « Lo scrivente crede poi che esatte informazioni a tal riguardo potrebbero solo essere fornite degli Agenti che codesto Ministero credesse di inviare appositamente sui luoghi e di incaricare di una prudente e sagace vigilanza>. Caracciolo rispose con r. confidenziale 21 del 29 dicembre che le indagini svolte non avevano confermato la notizia di una riunione a Lugano del partito d'azione. (2) -T. 566, non pubblicato. (3) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 9, pp. 15-16. (4) -In L V 9 questo brano è stato sostituito dal seguente: « Il linguaggio del ministro di Sassonia, conte di Hohenthal, già fin da avant'ieri mi aveva fatto presentire siffatta deliberazione. Il Gabinetto di Dresda vi fu certo spinto dacché così il suo amor proprio come l'interesse dello Stato avrebbero sofferto della astensione da un atto che avrà grandissima importanza, massime dal lato politico, ed a cui pure parteeiperanno attivamente colla Prus~ sia altri Stati medi >.
225

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in L V 9, pp. 17-18)

R. 33. Berlino, 19 dicembre 1865 (per. il 23).

Ainsi que cela était convenu, j'avais déclaré dans le temps au Comte de Bismarck que, aussitòt que la grande majorité des Membres du Zollverein aurait adhéré au Traité de Commerce entre l'Italie et la Prusse agissant en leur nom, le Gouvernement du Roi procéderait immédiatement à l'échange des ratifications relatives, et mettrait généreusement en vigueur le Traité pour tout le Zollverein sans faire d'exception.

Maintenant que, après tant d'incertitudes, la prochaine conclusion du Traité de commerce ne fait plus heureusement l'objet d'un doute, M. de Philipsborn m'a parlé de la nécessité de nous mettre d'accord sur les termes de la déclaration se rapportant à la promesse faite par le Gouvernement du Roi; et j'ai l'honneur de soumettre à l'approbation de V.E. la pièce ci-jointe que je viens de rédiger de concert avec M. de Philipsborn. Je serai très obligé a V. E. de vouloir bien me faire connaitre le plus tòt possible si Elle l'approuve, car, comme il est convenu que je dois remettre cette déclaration le jour mème de la signature du traité, il importe essentiellement, pour éviter tout retard, qu'elle ne se fasse pas attendre.

Je prierai en mème temps V.E. de vouloir bien me confirmer l'autorisation de signer le traité tel que j'ai eu l'honneur de Lui en adresser dernièrement deux copies, sauf, bien entendu, le changement à l'article de l'echange des ratifications qui se fera aussitOt que possible. * Je ne doute pas que le projet

alt été agréé, mais, comme l'autorisation que V.E. a bien voulu me donner par télégraphe a précédé l'envoi des deux copies, je tiendrai beaucoup dans une affaire de si haute importance, à etre pleinement rassuré à cet égard * (1).

ALLEGATO.

PROJET DE DÉCLARATION

A l'occasion de la signature du Traité de commerce entre l'Italie et le Zollverein en date de ce jour, l'Envoyé soussigné de Sa Majesté le Roi d'Italie fait un nom de son Gouvernement la déclaration suivante:

En stipulant dans l'article du Traité que l'échange des ratifications aurait lieu aussitòt que possible, on est parti de l'idée qu'il serait probablement accompli au plus tard huit semaines après la signature du Traité. Si, à l'expiration de ce terme, les ratifications des Souverains dont les Etats font partie du Zollverein n'avaient pas encore été toutes expédiées, mais du moins celles de la grande majorité d'entre eux, l'Italie n'en procéderait pas moins à l'échange de ses ratifications avec celle3 qui seraient arrivées, et mettrait le Traité en vigueur pour tout le Zollverein, à charge de réciprocité.

226

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 569. Carlsruhe, 20 dicembre 1865, ore 21.20 (per. ore 0,30 del 21).

M. Varnbiiler vient de répondre au ministre de Prusse à Stuttgart chargé de communication officielle, que Wurtemberg ne mettra pas d'obstacle au traité de commerce ni à la reconnaissance d'Italie, mais qu'il ne croyait pas devoir se presser et blesser ainsi une puissance arnie lorsque la Prusse avait empeché traité avec la Suisse très important pour le Wurtemberg. Aucun artide jusqu'ici journaux badois ou limitrophes sur notre livre vert exceptés quelques journaux viennois, dont je n'ai pu me procurer exemplaire (1).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. (3). Firenze, 20 dicembre 1865.

Je crois utile de vous transmettre quelques détails touchant l'état de nos armements dans la période qui s'est écoulée depuis la constitution du Royaume,

wit au point de vue de l'effectif numérique de l'année, soit au point de vue

des budgets du Ministère de la Guerre pour ces cinq exercices.

C'est en 1861 que pour la première fois les dépenses relatives aux services

militaires ont été réunies dans un seul budget. Pendant l'exercice 1861 la

force moyenne tenue sous les armes a été de 231.617 hommes. Les dépenses

totales so n t montées à 297.563.292 francs répartis de la manière suivante:

Dépenses ordinaires inscrites au budget francs 149.505.620 Dépenses extraordinaires inscrites au budget 72.709.180 Crédits supplémentaires à la partie ordinaire du budget 769.109 Crédits supplémentaires à la partie extraordinaire du buget 74.579.383

T o tal francs 297.563.292

En 1862 la force moyenne de l'armée a été de 283.813 hommes et les dépenses de 290.218.886 francs dont:

Inscrites au budget partie ordinaire francs 172.307.350 Inscrites au budget partie extraordinaire 113.989.856 Crédits supplémentaires partie ordinaire Crédits supplémentaires partie extraordinaire 3.921.680

total francs 290.218.886

En 1863 la force moyenne a été de 290.316 hommes et les dépenses de

250.703.879 francs dont:

Inscrites au budget partie ordinaire francs 196.872.566 Inscrites au budget partie extraordinaire 53.131.313 Crédits supplémentaires partie ordinaire· Crédits supplémentaires partie extraordinaire 700.000

T o tal francs 250.703.879

En 1864 la force moyenne a été de 290.946 hommes et les dépenses de

256.008.454 francs dont:

Inscrites au budget partie ordinaire francs 191.626.575 Inscrites au budget partie extraordinaire 41.700.725 Crédits supplémentaires partie ordinaire 778.595 Crédits supplémentaires partie extraordinaire 21.902.559

Total francs 256.008.454

En 1865 la force moyenne a été de 253.275 hommes et les dépenses inscrites au budget de 193.490.102 francs dont 175.066.832 francs à la partie ordinaire et 18.423.270 francs à la partie extraordinaire.

Cependant le chiffre de 193 millions porté au budget de 1865 ne doit pas étre considéré comme étant le chiffre normal du budget de la guerre pour le temps de paix car l'effectif moyen sur le pied de paix serait de 203 mille hommes, tandis qu'en 1865 on a tenu sous les armes 253 mille hommes dont 40 mille ont été payés moyennant les fonds alloués au budget extraordinaire.

Dans le budget de 1866 qui n'a pas encore été discuté au Parlement, les dépenses pour le service militaire se montent au chiffre total de 186.835.510 francs dont 174.789.220 à la partie ordinaire et 12.046.290 à la partie extraordinaire.

L'économie qu'on obtiendrait ainsi sur le budget de 1865 ne serait que de

5.828.119 francs mais on se propose de réduire encore les dépenses pour ce meme exercice au chiffre de 180 millions au moyen de mesures spéciales prises dans les divers services de la guerre, et en continuant à tenir sous les armes un effectif de 223 mille hommes.

En établissant d'après ces données une comparaison entre le budget de 1866, dont le passif est de 180 millions et ceux des années précédentes, on trouve en faveur du budget de 1866 une économie:

Sur le budget de 1861 de francs 117.563.293 de 1862 110.218.886 de 1863 70.703.879 de 1864 76.008.455 de 1865 13.490.102

P. S.

(Pour Paris). La présente dépeche, dont les données ont été principalement recueillies pour fournir au Gouvernement Britannique des informations qu'il a paru désirer, vous servira à établir au besoin que nous ne tenons pas nos forces sur le pied de guerre, et que là n'est pas la cause de nos difficultés financières actuelles.

Je vous accuse réception de vos dépeches du No 250 au No 253 inclusivement de la Série politique (1).

(Pour Londres). Cette dépèche contient la substance des informations que j'avais promis à M. Layard de faire parvenir au Gouvernement Britannique, et que vous etes aujourd'hui en état de lui donner, pour établir que nous ne tenons pas nos forces sur le pied de guerre, et que ce n'est pas là la cause de nos difficultés financières actuelles.

Je vous accuse réception de vos dépeches politiques du No 121 au No 124 inclusivement et confidentielle No 97 (1).

(Pour Berlin). Je vous accuse réception de Vos Rapports Confidentiels des 29 Novembre et 12 Décembre politiques NNo 57, 58 et 59 et Commerciaux du No 26 au No 31 inclusivement.

Je vous accuse aussi réception de Vos Rapports sans Numéro en date du 15 courant, relatifs au passage par chemin de fer à travers des Alpes Suisses (1).

(Pour St. Pétersbourg). Je vous accuse réception de Vos rapports de la Série confidentielle N<> 52 (le No 51 ne m'est pas parvenu) 53 et 54 et de la Série politique du No 33 au No 38 inclusivement (2).

(l) -Il brano fra asterischi è omesso in L V 9. (2) -Con t. 365 del 12 dicembre diretto a Londra, Berlino, Pietroburgo, Carlsruhe e Francoforte La Marmora aveva chiesto che gli fossero inviati i commenti dei vari giornali al libro verde presentato al Parlamento lo stesso giorno. (3) -Il dispaccio fu spedito a Berlino col n. 17, a Londra col n. 48, a Parigi col n. 148 e a Pietroburgo col n. 45.

(l) Non pubblicati.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 39. Pietroburgo, 20 dicembre 1865 (per. il 28).

J'ai reçu le télégramme que V. E. a bien voulu me transmettre en date du 12 de ce mois (3). Le Livre vert, soit dit en passant, ne m'est point encore parvenu, quoiqu'il soit déjà du domain public.

J'ai pris aussitòt les dispositions nécessaires pour etre tenu, autant que possible, au courant des appréciations des journaux russes sur des documents d'une importance réelle, à n'en juger que par des extraits insérés dans des feuilles françaises. Mais n'ayant aucun traducteur dans ma Chancellerie, je dois compter sur des recherches faites par le Vice-Consul M. Naphtali, dont le zèle ne laisse rien à désirer. Il éprouve cependant lui méme de grandes difficultés à faire des traductions d'une langue aussi peu abordable pour tout étranger, et il ne dispose pas d'ailleurs des fonds requis pour prendre des abonnements, qui ne sont pas remboursés d'après une règle contraire à la pratique suivie chez d'autres Gouvernements.

Ce ne sera que lorsqu'ils connaitront le texte meme de ces publications, qui fournissent la meilleure note sur la direction imprimée à notre diplomatie, que les organes de la presse russe commenceront à en parler dans quelques articles de fond. En attendant il n'y a que la Gazette de Moscou (annexe n. l) (4) qui ait prononcé un premier jugement sur la Circulaire de V. E. du 25 Novembre: « Les droits de l'Italie sur Venise n'ont jamais été exprimés avec plus d'énergie à la face de l'Europe •.

La Gazette de la Bourse marque un simple mouvement de curiosité, et la Gazette Allemande de Pétersbourg se borne à un résumé du méme document (Annexe n. 2 et 3). Quant au Journal français de St. Pétersbourg, jusqu'ici il ne fait pas autre chose que de reproduire sans commentaires. Le rédacteur de cette feuille officieuse imite la réserve du Cabinet Impérial, réserve dont le Prince Gortchacoff m'a donné un échantillon précisément quand je lui donnais lecture du passage de la Circulaire précitée du 25 Novembre,

12 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

concernant nos rapports avec l'Autriche (dépeche confidentielle, n. 54) (l). Et cependant il a du en couter au Vice-Chancelier, qui professe une si grande sympathie pour V. E., de se borner à me remercier d'une communication aussi intéressante (2).

(l) -Cfr. nn. 198, 211, 213, 214, 215, 219, 222. (2) -Cfr. n. 218. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (3) -Cfr. p. 280, nota 2. (4) -Gli allegati non si pubblicano.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, A LONDRA, D'AZEGLIO, A MADRID, TALIACARNE, A PARIGI, NIGRA, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 383. Firenze, 21 dicembre 1865, ore 21,45.

Ministère a donné sa démission. Général La Marmora et Lanza chargés formation nouveau Cabinet.

230

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 570. Carlsruhe, 22 dicembre 1865, ore 13,55 (per. ore 18,20).

Gouvernement badois recevra avec plaisir chev. Gianotti comme ministre du Roi (3).

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IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Parigi, 22 dicembre 1865.

C'est avec grand regret que je dois Vous annoncer que retournant dans mon pays pour prendre ma piace comme député à la Diète hongroise, je serai obligé de rendre fidèlement compte au Comité, et en général à mes amis politiques de l'état actuel de la situation politique en Italie, et que par cela meme le Comité reconnaìtra que les espérances fondées sur l'aide moral ou

matériel du Gouvernement Italien actuel sont pour le moment entièrement annulées.

Mais comme je suis convaincu que sous peu les hommes qui seront à la tete du Gouvernement Italien comprendront que les démarches politiques actuelles de l'Autriche so n t également dangereuses pour l'Italie comme pour la Hongrie, et pour empecher que cette politique réussisse ils devront prendre simultanément des mesures energiques; convaincu que cette question doit etre résolue bientòt je regarde de mon devoir de faire mon possible qu'en attendant ces événements le Comité ne se dissoude pas, et qu'il reste à sa piace comme corps uni meme s'il était forcé de suspendre pour le moment son activité.

Je tacherai également que l'organisation militaire que nous sommes par·venus à donner depuis quelques années au pays continue jusqu'au jour où je devrais me convaincre que les nouveaux hommes d'état qui viendront peut ètre au pouvoir seraient aussi forcés par les circonstances d'abandonner la cause hongroise.

Je regarderai de mon devoir de Vous mettre M. Le Commandeur au courant de la situation •et de la force morale de mon parti et cela au plus tòt, et en toute sincérité.

La Comtesse Karolyi au fait de tout ce qui intéresse nòtre cause se charge avec plaisir de Vous communiquer tout ce que j·e lui ferai parvenir, et me fera savoir tourt ce que Vous voudriez que je sache.

Veuillez accepter M. le Commandeur les remerciments au nom de tous les vrais patriots hongrois, et les miens en particulier de tout l'intérèt que Vous avez montré pour nòtre cause.

(l) -Cfr. n. 218. (2) -Lo stesso 20 dicembre De Launay inviò con r. confidenziale 56 notizie circa le voci eli un progetto di matrimonio fa il principe Umberto e la principessa Eugenia di Leuchtemberg. Con t. 389 del 29 dicembre La Marmora gli comunicò che tali voci erano prive di fondamento. (3) -II gradimento era stato richiesto da La Marmora con t. 376 del 17 dicembre.
232

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 385. Firenze, 23 dicembre 1865, ore 15,15.

Je ne puis approuver projet de déclaration joint à votre dépÉkhe n. 33 commerciale (1), ni autre semblable. Veuillez relire ma dépèche 20 novembre et mes télégrammes du 21 et 22 mème mois (2). Le Gouvernement du Roi vous a autorisé à déclarer confidentiellement qu'il pourra proposer au Parlement application par mesure législative du traitement de faveur à tout Zollverein après signature du traité et reconnaissance de grande majorité des Etats; mai3 cette mesure législative révocable de sa nature ne doit pas ètre confondue avec une mise en vigueur obligatoire du traité. Notre engagement relatif à cette mesure ne saurait ètre d'ailleurs à terme fixe, et surtout il laisse intactes les

déclarations que nous avons toujours .faites que l'adhésion de tout le Zollverein doit précéder la présentation du traité lui-meme au Parlement, dont l'approbation seule peut rendre possible l'échange régulier des ratifications. Veuillez rester inébranlable sur ce terrain.

Vous pouvez signer sans délai le traité selon projet que j'approuve. Quant à vos pleins pouvoirs, qui pourront etre antidatés, j'ai besoin connaitre en quelle qualité traitent les quatre Etats intéressés, et si la Prusse seule ou tous également stipulent au nom des autres Etats du Zollverein. Il est indispensable qu'il soit bien établi lors de la signature du traité que toutes les adhésions des Etats allemands seront formellement accompagnées de reconnaissance.

(l) -Cfr. n. 225. (2) -Cfr. nn. 202, 204. Il dispaccio del 20 novembre non è pubblicato.
233

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 11. Berlino, 23 dicembre 1865 (per. il 28).

Le Ministre de Saxe est venu hier soir me dire confidentiellement que, tout en étant pret à signer le traité de commerce et à reconnaitre par cela meme le Royaume d'Italie, le Gouvernement Saxon désirait cependant que rien ne fut innové pour le moment à l'ancien mode de rapports diplomatiques établis entre les deux Gouvernements; c'est-à-dire que le représentant de Sa Majesté à Berlin continuerait en sa nouvelle qualité à etre accrédité près la Cour de Dresde, et M. de Seebach près celle de Florence, sans qu'il fut nécessaire de nommer de part et d'autre des Chargés d'Affaires ou Ministres à poste fixe. • Entre nous soit dit, a ajouté M. de Hohenthal, je Vous avouerai franchement qu'en se décidant à reconnaitre l'Italie, le Roi a dù faire le sacrifice de ses liens de famille, et se mettre en opposition directe avec tout le parti de la Cour, pour n'écouter que les intérets matériels de son peuple. Malheureusement cette décision de Sa Majesté a amené une situation extrèmement tendue que la présence permanente d'un Agent Italien ne ferait que rendre encore plus délicate; et je ne doute pas que Votre Gouvernement comprenne les embarras de la position et nous aide à la rendre moins difficile en adhérant à notre désir •.

Je n'ai pas crù devoir paraitre attacher une grande importance à l'objet de cette communication à laquelle, du reste, M. de Hohenthal s'est appliqué à donner un caractère tout à fait amicai et purement confidentiel. Je lui ai répondu que sans connaitre précisément les intentions de mon Gouvernement, je ne pensais pas qu'il tint essentiellement à accréditer un Ministre à Dresde, et que probablement tout pourrait s'arranger sur l'ancien pied, tel que le désirait le Cabinet de Dresde

Je serai très obligé à V. E. de vouloir bien me mettre à meme de ré

pondre d'une manière plus explicite à M. de Hohenthal...

234

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 573. Parigi, 24 dicembre 1865, ore 22,58 (per. ore 0,20 del 25).

Ministre plénipotentiaire de Wurtemberg m'a annoncé confidentiellement que la reconnaissance pure et simple de l'Italie par son Gouvernement devait avoir lieu incessamment.

235

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

rr. 574. Berlino, 25 dicembre 1865, ore 17,21 (per. ore 22,40).

La déclaration qui n'a pas reçu l'approbation de V. E. sera écartée. Gouvernement prussien remet à la bonne foi du Gouvernement du Roi pour la mesure législative à proposer en temps opportun au Parlement en vue de l'extension du traitement de la nation la plus favorisée à tout le Zollverein; mais comme le prescrit textuellement la fin du télégraphe d'hier de V. E. (l) il est radicalement impossible d'établir lors de la signature du traité que toutes les adhésions des Etats seront formellement accompagnées de la reconnaissance. C'est le fait de l'échange des ratifications entre ces Etats et le Royaume d'Italie qui doit par lui-meme impliquer, comme il implique en réalité, cette reconnaissance. Quant à une reconnaissance formelle comme celle de la Bavière, elle est impossible à obtenir et la Saxe elle-meme qui cependant signe le traité et est disposée à recevoir un représentant d'Italie, ne la formulerait pas. Si le Gouvernement du Roi maintient cette condition, le traité QUi après tant de difficultés est tout pret à etre signé par Prusse, Bavière, Saxe et Baden, agissant tant en leur propre nom qu'au nom de tout le Zollverein, devient impossible. En signant le traité, la Bavière demande, en outre, la signature d'un protocole à part, portant que les négociations pourront s'établir plus tard en vue de nouvelles conditions de tarif à se faire réciproquement. Cette proposition qui est à l'avantage des deux parties, ne me parait pas offrir difficulté; veuillez me répondre sur le tout par télégraphe.

(l) Cfr. n. 232.

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IL MINISTRO RESIDENTE A COPENAGHEN, DORIA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO 72. Copenaghen, 25 dicembre 1865.

Si mes renseignements sont exacts l'attitude de l'Autriche par rapport aux Duchés se serait depuis quelque tems modifiée dans le sens d'une résistance plus ou moins ouverte aux projets du Cabinet de Berlin.

On attribue ce revirement soit au succès du dernier emprunt, soit aux espérances que l'on fonde à Vienne sur les dispositions de la Hongrie. L'on ajoute, il est vrai, que l'Autriche reviendrait au besoin aussi accommodante que par le passé, si, en échange de la cession de ses droits, elle pouvait, en sus d'une forte somme, obtenir de la Prusse une garantie formelle de la Vénétie.

237

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 386. Firenze, 26 dicembre 1865, ore 15,20.

Je n'entends pas demander une démarche de reconnaissance pareille à celle de la Bavière de la part des Etats du Zollverein; nous voulons seulement qu'il soit expressément établi que l'adhésion implique formellement l'intention de reconnaitre, la reconnaissance devant avoir lieu par le fait meme des ratifications.

Il suffirait pour cela d'une déclaration énoncée dans le protocole qui sera dressé quand vous signerez le traité. Il faut que nul Etat n'en puisse prétexter d'ignorance, autrement ils pourraient prétendre plus tard que leurs ratifications n'emportent pas conséquences politiques au point de vue de reconnaissance.

Quant à engagement vague pour futures négociations en vue de révision tarifs, veuillez faire sentir au représentant Bavière qu'il serait sans portée pratique, et jetterait alarme dans notre commerce en donnant dès à présent caractère d'instabilité aux accords actuels. Rien n'empechera d'ailleurs que cette révision n'ait Iieu ultérieurement, si les Gouvernements respectifs en tombent d'accord. Ministre du Roi à Paris m'annonce que Wiirtemberg reconnaitra incessament l'Italie en forme pure et simple comme Bavière.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO DI FRANCIA A FIRENZE, MALARET

D. 260. Firenze, 26 dicembre 1865.

Vous m'avez fait l'honneur de m'adresser dernièrement une dépeche où

sont précisées les propositions du Gouvernement de l'Empereur pour l'exécu

tion de l'Art. IV de la Convention du 15 Septembre, relatif au partage de la

dette pontificale.

Je ne doute pas, M. le Baron, qu'il n'ait paru désirable au Gouvernement françai-s comme à nous, que le Gouvernement du Roi pùt entrer directement en arrangement avec le Saint-Siège pour l'exécution de l'Art. IV de la Convention du 15 Septembre. Cette manière de procéder entrait si bien dans l'esprit de la Convention et ouvrait une voie si naturelle à ce rapprochement qui a été le but constant et hautement déclaré de la politique lmpériale, que j'ai la conviction que le Gouvernement de l'Empereur l'ait préférée ainsi que nous. Mais puisque des circonstances indépendantes de la volonté des deux puissances signataires de la Convention paraissent y mettre obstacle, le Gouvernement du Roi désirant montrer une fois de plus ses bonnes dispositions pour la solution de la question romaine, ne fait pas difficulté d'adhérer au désir du Gouvernement Impérial d'·etre l'intermédiaire entre l'Italie et le Saint-Siège pour !la répartition de la dette pontificale.

Les négociations pourront avoir lieu, comme le propose S. E. M. Drouyn de Lhuys, dans la forme habituelle de ces sortes d'arrangements, à Paris entre le Ministre des Affaires Etrangères de l'Empereur et le personnage qui serait désigné à cet effet par le Gouvernement du Roi, le Ministre de l'Empereur en référant à Rome et le délégué du Roi à Florence.

Quant aux questions spéciales qui pourront offrir des difficultés pendant les négociations, je partage l'avis que vous avez bien voulu m'exprimer, que la manière de les régJer sera suggérée par les circonstances. Le Gouvernement du Roi, pour rendre plus régulière la liquidation de la dette pontificale, se serait preté de bon gré à la désignation d'une Commission spéciale de la part des administrations intéressées. A défaut des facilités qui auraient pu offrir les travaux d'une Commission de ce genre, le Gouvernement pontifica! mettra, je n'en doute pas, un empressement égal au nòtre à fournir les éléments indispensables pour que l'opération puisse s'effectuer conformément aux règles de l'équité et de la bonne administration.

La forme de l'acte dans lequel serait consigné le résultat final de ces négociations est à nos yeux, comme à ceux du Gouvernement Impérial, un objet dont il serait prématuré de s'occuper dès à présent. Elle ne saurait d'ailleurs évidemment s'écarter des principes de droit applicables au cas en question et des dispositions de la Constitution du Royaume en matière de fìnances.

239

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 575. Berlino, 27 dicembre 1865, ore 7,30 (per. ore 11).

Malgré toute mon insistance Bismarck regarde comme impossible et mème dangereux d'insérer déclaration de reconnaissance dans le protocole du traité. Ce serait m'a-t-il dit un fait sans précédent, un véritable pléonasme créant des doutes là où il ne peut pas y en avoir et qui compromettrait existence du traité de commerce. Le fait de la ratification dans un acte solenne! d'un traité conclu avec le Roi d'Italie parle tellement haut que toute autre déclaration en atténuerait la po!"tée. Ratifications et reconnaissance sont inséparables. Quant à la demande de la Bavière, a-t-il ajouté, ce· n'est qu'un simple échange de sentiments bienveillants destiné à fiatter son amour propre en Allemagne et à présager au contraire nouveaux avantages au commerce des deux nations. Bismarck insiste dans notre propre intéret, m'a-t-il dit, sur prompte signature. Je lui ai dit tout ce qu'il était possible. Que dois-je faire?

240

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

Firenze, 27 dicembre 1865, ore 21,20.

T. 387.

Protocole signature doit contenir déclaration que ratification est inséparable de reconnaissance. C'est si peu pléonasme qu'il existe exemples dans actes Escaut et Danube. D'ailleurs, certains Etats Zollverein manifestaient dernièrement intention ratifier avec Roi d'Italie sans C}Ue cela tidìt à conséquence pour reconnaissance et cette prétention pourrait se produire de nouveau.

M. de Bismarck il y a six mois disait au Parlement et écrivait dans ses circulaires que reconnaissance était indispensable: il ne s'agit aujourd'hui que de constater cette nécessité pour que les Etats secondaires ne puissent l'ignorer. Tout malentendu doit etr·e prévenu dès signature traité pour éviter que portée des ratifications donne lieu à contestations aui pourraient renaìtre avec chaque Etat qui se déciderait à adhérer. Il est impossible comprendre pourquoi on tiendrait aujourd'hui à faciliter équivoque qui pourrait amener situation inacceptable. Quant à demande Bavière, s'il s'agit seulement de constater dispositions réciproques d'introduire avec le temps modifications tarif qui seront jugées avantageuses au commerce des deux pays, vous pouvez accepter déclaration en ce sens.

241

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 388. Berlino, 28 dicembre 1865, ore 17,10.

La déclaration à insérer au protocole de signature peut etre simplement celle-ci: • Il est bien entendu, et l'Italie désire prévenir toute équivoque sur ce point, que les ratifications de la part des Etats du Zollverein sont inséparables de la reconnaissance du Royaume d'Italie •. Cette déclaration n'engage la Prusse à rien et ne fait que constater un fait sur lequel nous désirons éviter contestations ultérieures de la part de ces Etats.

242

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 578. Berlino, 29 dicembre 1865, ore 4,55 (per ore 8,50).

Après avoir formellement réfusé hier toute insertion dans le protocole de clòture relative à reconnaissance résultante des ratifications, Bismarck m'a envoyé

M. de Philipsborn, qui, après de longues et nombreuses discussions, a fini par consentir à la rédaction suivante: • Le plénipotentiaire d'ltalie déclare qu'il est chargé par son Gouvernement de ne pas laisser de doute que le Gouvernement italien considère l'acte de ratification comme acte de reconnaissance du Royaume d'Italie. Les autres signataires partagent cet avis •. Bismarck me charge de déclarer que cette formule est l'extreme limite du possible et que dans le cas peu probable où elle ne serait pas acceptée telle quelle, il regarde le traité comme ayant définitivement échoué. Je suis convaincu que c'est le dernier mot de la situation. Quant à la demande insignifiante de la Bavière elle deviendra collective aux quatre signataires et fera simplement mention de négociations à ouvrir après mise en vigueur du traité au sujet d'avantages ultérieures que l'on pourrait juger à propos de s'accorder mutuellement dans l'intérèt du commerce et de l'industrie.

243

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 390. Firenze, 29 dicembre 1865, ore 22,00.

La déclaration que vous me transmettez est exactement ce que nous désirions. Il n'y a rien à changer. L'autre déclaration relative à négociations ultérieures sur tarifs ne fait pas difficulté. Vous pouvez signer.

244

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 580. Berlino, 31 dicembre 1865, ore 13,28 (per. ore 18,40).

Traité de commerce et protocole de clòture à part viennent à l'instant d'etre signés par Prusse, Bavière, Saxe et Bade agissant tant en leur nom qu'en celui du Zollverein. Je me propose d'envoyer Scotti à porter ces documents à Florence et rapporter ratifications.

245

ISTRUZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, PER IL MINISTRO DESTINATO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI

CONFIDENZIALE. Firenze, 31 dicembre 1865.

Le Gouvernement du Roi Vous confère la haute mission de le représenter

auprès du Gouvernement Ba ;arois.

La nouvelle destination qui Vous est assignée a une importance dont Vous devez particulièrement Vous pénétrer. Munich est en effet un poste d'observation et d'influence meilleur que tout autre pour nous dans l'Allemagne du Sud. Les études que Vous avez pu faire sur la politique allemande pendant Votre séjour à Carlsruhe et les excellentes relations officielles et autres que Vous avez su y entretenir, me donnent la confiance que Vous saurez faire face aux difficultés d'une nature plus ou moins délicate que doit nécessairement rencontrer le premier Envoyé du Royaume d'Italie à Munich. Une soigneuse réserve, une prudence de tous les ìnstants, jointes d'ailleurs à cette franchise d'attitude et à cette droiture de conduite que le Gouvernement recommande à tous ses agents, Vous seront indispensables pour l'accomplissement de Votre tache. Vous devrez Vous attacher, surtout dans les commencements, à concilier à la Légation du Roi le respect de ceux memes qui sont le plus contraires au nouvel ordre de choses établi en Italie, et Vous saurez y parvenir en ménageant des susceptibilités qu'il appartient au temps de calmer, et en témoignant de Votre intention d'éviter avec de justes égards toute occasion de réveiller des ressentiments dont les causes, déjà éloignées de nous, appartiennent désormais

à l'histoire. C'est cette attitude sage et mesurée qui a valu aux Legations du Roi auprès de certaines Cours une situation toujours digne de nous dans les moments les plus difficiles qu'a traversés notre diplomatie dans ces dernières années. Les relations que Vous saurez former avec le tact qui Vous appartient seront très utiles au service confidentiel de la Légation, à cause des liaisons étroites et nombreuses qui existent entre la Cour et la Société d Munich et celles de Vienne. Je crois inutile d'entrer dans des détails sur la conduite que Vous aurez à garder envers les membres de la famille royale, qui tiennent de plus ou moins près à des dynasties déchues. Vous pourrez Vous conformer, en ce qui regarde le Roi Othon, à la manière d'agir du Représentant de la Prusse, cette Puissance étant restée comme nous étrangère aux derniers changements politiques de la Grèce. Il Vous sera facile aussi de sauvegarder dès l'origine votre situation à l'égard des autres membres de la famille royale, par exemple, Vous pourrez écrire officieusement et de la manière la plus naturelle, après l'audience royale, au Grand-Maitre de la Cour pour Vous informer des demandes d'audience à adresser aux Membres de la famille royale, et Vous Vous conformerez à la réponse que Vous en recevrez.

La reconnaissance de l'Italie par la Bavière est, dans l'intention de ce Gouvernement, un acte politique accompli par lui dans la plénitude de la spontanéité, en dehors de toute influence, et sans relation avec le Traité àe Commerce Italo-Allemand. En procédant ainsi, et en se dispensant de chercher dans des considérations étrangères à la démarche meme de la reconrraissance des prétextes ou des atténuations de cet acte important, le Gouvernement Bavarois a donné aux autres Puissances, et meme à celles qui regrettaient sa détermination nouvelle, une preuve du caractère digne et sérieux de sa politique. La Bavière a montré ainsi qu'elle savait tenir la place qui lui convient à la tete des Etats Secondaires de l'Allemagne. Ce n'est point une raison pour que nous nous fassions illusion sur les mobiles qui ont donv1é à la politique bavaroise, après la Convention de Gastein et après les démarches des deux grandes Puissances allemandes à Francfort, une impulsion plus favorable à un rapprochement avec l'Italie; ce n'est pas non plus que nous nous exagérions la portée actuelle de ce rapprochement lui-meme, quant à la manière de voir présente du Gouvernement Bavarois sur les questions fondamentales qui implique la politique extérieure bien connue de l'Italie. Sans élargir donc d'avance indiscrètement l'interprétation que le Cabinet de Munich entend donner au rétablissement de nos bons rapports, nous sommes en droit de le féliciter d'avoir compris que les Gouvernements éclairés sont les gardiens non pas seulement des intérèts économiques, mais aussi des intérets politiques et des bonnes relations internationales de leurs peuples, et que ceux-ci aussi bien que ceux-là veulent etre considérés en eux-memes, au point de vue de la réalité des faits existants, et dans le désir vraiment digne des Chefs d'Etat de réduire aux moindres proportions possibles les causes de division qui existent entre les nations.

D'après nous, il n'en existe réellement entre la Bavière et l'Italie aucune qui soit fondée sur la nature des choses. Rien ne serait plus utile aux deux peuples qu'une entente complète, et il suffirait, nous le croyons sincèrement, d'un bon vouloir réciproque pour la réaliser. Vous savez parfaitement, M. le Ministre, que l'habitude du Gouvernement du Roi n'est pas de dissimuler des difficultés qui sont inévitables; une sincérité absolue est le procédé que nous préférons, parce que nous avons assez de confiance dans notre bon droit et dans la puissance de l'opinion publique pour penser que nous facilitons de la sorte la solution pacifique des questions que nous avons à régler. Ainsi l'on sait que la qucstion de Rome, en ce qui peut regarder les puissances étrangères,

est dominée toute entière par un principe supérieur consacré récemment dans la Convention du 15 Septembre 1864, le principe de non intervention. L'on sait aussi que le Gouvernement du Roi ne perd pas de vue un seui instant la question Vénitienne, et qu'il ne néglige rien de ce qui dépend de lui pour en rendre possible la solution pacifiquc. Mais l'une et l'autre de ces questions sont de nature, suivant nous, à laisser intacts tous les droits, tous les intéréts mème de l'Allemagne et particulièrement de la Bavière. Pour nous borner à celle-ci, le pays qui a inscnt en 1318 dans la Constitution la séparation de l'Eglise et de l'Etat ne saura~t avoir des objections de principe à formuler contre les aspirations qui tendent à réaliser en Italie l'application de ce système passé désormais dans la conscience des Sociétés modernes. Les sécularisations des principautés ecclésiastiques allemandes ont d'ailleurs donné à l'Italie, au commenc·ement de ce siècle, un exemple dont la Bavière ne récusera pas l'autorité. La question Vénitienne touche certainement de plus près aux intéréts allemands; mais les préjugés qui règnent encore au nord de nos frontiéres se dissiperaient, si l'Allemagne se persuadait enfin de cette vérité, que l'Italie une fois entièrement constituée ne peut avoir qu'une politique des plus conservatrices, et qu'avec les occupations autrichiennes en Italie disparaitra pour jamais la possibilité de ces interventions françaises dans la péninsule qui sont peut-étre la cause principales des défiances de l'Allemagne contre le changement de l'ancien ordre de choses en Italie.

Mais vous devez garder sur ces sujets délicats la plus grande réserve, car autant il est à propos que Vous répondiez avec loyauté aux explications nmicales que pourraient ouvrir avec Vous dans un but de pacification les hommes d'Etat bavarois, autant il serait inopportun, comme Vous le sentirez aisément, d'aller au devant d'explications de ce genre. Toutefois, sans entrer dans le dédale encore trop peu éclairci des affaires allemandes, je ne crois pas inutile de Vous donner encore quelques indications sur le point de vue auquel le Gouvernement du Roi se piace, pour envisager la questlon Vénitienne dans ses rapports avec les intérèts politlques des Etats allemands.

Ces Etats, et la Bavière à leur tète, ont pour intérèt principal et pour préoccupation habituelle de préve!lir les confiits qui peuvent s'élever entre la Prusse et l'Autriche, d'atténuer autant que possible les conséquences de leurs rivalités, et de jouer entre elles le ròle d'arbitres et de modérateurs. Aucun Gouvernement n'est mieux placé que celui de Munich pour remplir cette fonction à l'avantage de l'Allemagne, et parmi les hommes d'Etat éclairés qui ont gouverné la Bavière, personne ne s'en est acquitté avec plus d'honneur que M. Von der Pfordten. Ce personnage, organe autorisé des autres Gouvernements de la Confédération vis-à-vis de la Prusse et de l'Autriche, a toujours suivi la sage politique de garantir le système fédéral contre les secousses dangereuses qu'amène parfois l'antagonisme de ces deux grandes Puissances. Mais ce n'est pas seulement cet antagonisme qui est à craindre pour les Etats allemands; ce sont aussi, l'expérience l'a prouvé, certaines coopérations de ces deux mèmes Puissances fondées sur des intérets étrangers à l'Allemagne. Sans remonter plus haut, depuis que la question des Duchés de l'Elbe s'est ouverte, nous avons vu les Etats moyens souffrir vivement et se plaindre avec amertume du caractère de l'accord établi entre l'Autriche et la Prusse, acco.rd

qui a paru sous un jour de moins en moins favorable aux prérogatives des Etats Secondaires, depuis les réglements territoriaux relatifs aux Duchés jusqu'aux dernières démarches collectives opérées à Francfort et ailleurs. Des deux grandes Puissances de la Confédération, celle dont la conduite a du porter le coup le plus douloureux aux tendances intimes du Cabinet de Munich, c'est l'Autriche. Nous voyons donc la Bavière, partagée entre ses sympathies conservatrices pour l'Autriche et le sentiment de ses destinées allemandes, inaugurer une politique plus indépendante de sa puissante voisine qu'il ne lui est arrivé de le faire depuis le commencement de ce siècle.

Deux voies s'ouvrent en ce moment devant la Bavière, L'une, indiquée par les antiques souvenirs des luttes entre la Maison de Habsbourg et celle de Wittelsbach, peut conduire la Baviere à se saisir du ròle magnifique qui échappe à l'Autriche dans l'Allemagne du Sud. La position de la Bavière, médiocre tant que sa politique demeure incerte, négative et subordonnée à celle de l'Autriche, pourrait prendre une importance de premier ordre en Allemagne si une impulsion plus libre et plus forte lui était donnée. Dans ce cas, il n'est pas besoin de dire quelles perspectives ouvre à l'avenir de la Bavière la différence qui existe entre cette monarchie compacte et un empire toujours menacé de dislocation et qui semble destiné, si l'aveuglement de la Cour de Vienne cont!nue, à etre démembré au nom des intérets de nationalité et d'équilibre. Quels agrandissements de territoire et de puissance ne se présentent pas à l'esprit pour ce pays qui pourrait devenir la Prusse de l'Allemagne du Sud, accroissemens de puissance chez tous les pays catholiques de la Confédération, agrandissemens de territoire du còté du Danube et dans le Tyrol, où une frontière future entre la Bavière et l'Italie est tracée par la nature meme.

Mais il est plus probable, cela n'est que trop à prévoir, que pour le temps présent la Bavière ne songe pas à quitter l'autre voie, celle où elle a si longtemps accompagné et appuyé l'Autriche. Il est à présumer, et le choix du Ministre distingué du reste à tous les égards que la Bavière nous a envoyé porte à le supposer, que la Bavière n'a voulu, en reconnaissant l'Italie, que donner à l'Autriche une leçon momentanée sans renoncer à s'attacher de préférence à elle . Mais dans ce cas, le Cabinet de Munich, pour etre prévoyant, doit examiner sérieusement les causes de l'espèce de défection dont elle regarde présentement l'Autriche comme coupable envers les Etats moyens. Je n'hésite pas à croire que la principale de ces causes, c'est la possession de la Vénétie par l'Autriche.

Il est évident pour quiconque a suivi attentivement le cours des affaires allemands depuis l'origine de la question des Duchés, que le motif qui a entrainé l'Autriche à porter tant d'atteintes aux prérogatives de la Confédération, c'est sinon l'espoir d'obtenir de la Prusse la garantie de ses provinces italiennes, du moins la conscience de n'avoir pas une situation assez assurée dans le Sud de l'Empire pour pouvoir se vouer sans crainte à la défense des intérf:ts germaniques. Si le Cabinet de Munich continue à porter ses prédilections sur l'alliance autrichienne, il doit finir par se persuader que cette alliance ne pourra etre effective et utile à la Bavière que lorsque l'Autriche cessera d'etre obligée de chercher l'appui de telle ou telle grande Puissance, sans se préoccuper des Etats moyens, pour assurer sa position à Venise. L'état actuel de la question Vénitienne est un danger évident pour les Etats moyens, car elle est la cause déterminante de combinaisons qui éloignent l'Autriche de la politique de ses confédérés, et qui la tourneraient à l'occasion contre eux, comme l'expérience le prouve.

Jamais la Bavière n'aurait donné à l'Autriche un témoignage plus sérieux d'amitlé éclairée qu'en l'amenant à tenir compte, dans leur intéret à toutes deqx, de ce mouvement d'opinion qui se déclare énergiquement dans les provinces allemandes de l'Empire pour une politique plus raisonnable envers l'Italie. Le dépit de ces provinces contre ce qui se passe aujourd'hui à Pesth n'expliquerait qu'incomplètement ces manifestations multipliées de l'opinion publique, qui, sans oser mettre ouvertement sur le tapis la cession de la Vénétie, accueillerait tout ce qui peut progressivement y conduire. Un point d'honneur militaire respectable et une fidélité excessive aux anciennes traditions Impériales ont empeché iusqu'ici la Cour de Vienne d'envisager de sang-froid un tel parti. Les suggestions mesurées de l'Angleterre, cette ancienne et puissante alliée des Habsbourg, l'exemple qu'elle leur a donné en cédant les Iles Joniennes, n'ont pas trouvé d'écho à Vienne jusqu'ici; mais si par une inspiration élevée, le Cabinet de Munich habituait l'Autriche à considérer sans parti pris hostile une éventualité si heureuse pour la paix du monde, qui pourrait dire que l'honneur du succès ne lui serait pas réservé? Rien alors ne pourrait plus troubler la tranquillité du Sud de l'Europe. Une solution pacifique, permettant de tenir compte de ces intéréts variés et de ces égards respectifs axquels les conflicts armés ne laissent pas de place, pourrait permettre de combiner une solution avantageuse pour la péninsule et pour l'Allemagne. Destinée par sa situation à la neutralité dans les querelles du continent, au commerce international, à la navigation, l'Italie, par son voisinage, serait pour l'Allemagne un élément de sécurité au méme titre que la Suisse, et offrirait à ses exportations un vaste champ et des voies d'une extension indéfinie vers les régions méridionales du globe.

Ces indications, que je ne Vous donne que pour diriger en général votre langage dans le cas, probablement peu prochain, où Vous seriez conduit à Vous en servir dans Vos entretiens avec les hommes d'Etats Bavarois, Vous disent assez que notre politique, fondée sur la nature meme des choses et obéissant à des nécessités d'ordre international plutòt qu'à un parti pris arbitraire, continue a etre aussi modérée que nationale et libérale. Les occasions vous dicteront. M. le Minìstre, la mesure dans laquelle vous devrez en user, et je me réserve d'y ajouter, selon les circonstances, des particularités plus précises.

Le Traìté de Commerce, qui se signe aujourd'hui méme entre l'Italie et quatre Etats du Zollverein, est une raison de plus de croire que les sympathies des deux nations et le progrès des idées justes continueront, dans les rapports entre l'Allemagne et l'Italie, l'oeuvre qui a déjà fait tant de progrès depuis cinq ans. Vous connaissez par les dépéches présentées au Parlement la ligne de conduite que nous avons suivie. Le traité n'entrera en vigueur comme nous l'avons toujours déclaré, que lorsque la totalité des Etats composant le Zollverein l'aura formellement ratifié.

Le protocole de signature du traité contient la déclaration que le Gouvernement du Roi entend qu'il ne soit pas douteux que l'acte de ratification du Traité constitue un Acte de reconnaissance du Royaume d'Italie, et que les Etats signataires partagent cet avis. En en demandant l'insertion dans les Actes du traité nous n'avons point voulu engager les Etats allemands à renouer avec l'ltalie d'autres relations que celles qui peuvent leur convenir. Nous avons cru seulement devoir prévenir des discussions futures plus ou moins convenables et plus ou moins multipliées, de la part des Etats qui adhéreront successivement au traité, sur la portée de cette adhésion. Il ne doit etre permis à aucun de ces Etats de prétendre nier l'existence du Royaume d'Italie au moment où l'Italie entière va s'ouvrir à leur commerce et à leur industrie. Mais nous nous gardons de nous préoccuper de savoir quelles suites diplomatiques et politiques ils jugeront devoir donner à leur reconnaissance, et autant nous avons été sensibles à la noble et libre démarche de la Bavière, autant nous sommes indifférents aux précautions que certains Etats de la Confédération pourraient prendre et aux prétextes qu'ils croiraient avoir besoin d'invoquer.

Notre dignité est à l'abri de toute atteinte; nous laissons volontiers aux petits Etats allemands le soin de choisir le parti qui convient le mieux à la leur.

Les rapports commerciaux entre la Bavière et l'Italie devant étre aidés à prendre un développement beaucoup plus ample, vous ferez bien d'etudier particulièrement dans quel sens ce développement pourrait étre dirigé, et quels produits naturels ou manufacturés pourraient ·étre utilement exportés d'Italie en Bavière ou de Bavière en Italie. Je Vous prie aussi de me signaler l'organisation à donner à un service consulaire italien dans un pays où il n'en existe pas encore.

Je ne doute pas, M. le Ministre, que Vous ne remplissiez Votre nouvelle

mission à la satisfaction du Gouvernement du Roi...

246

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 12. Berlino, 31 dicembre 1865.

Le Comte de Bismarck m'a pris à part hier soir pour me dire que tout

en ayant usé de toute son influence sur la Saxe pour lui faire accepter le

protocole de clòture relatif à la signification de reconnaissance du Royaume

d'Italie que, suivant les conditions posées par le Gouvernement du Roi devait

expressément avoir l'échange des ratifications, il tenait essentiellement cepen

dant à bien constater qu'il ne partageait point cette opinion dangereuse selon

lui pour l'avenir du Traité, et que pour dégager sa responsabilité, il me priait

de faire parvenir à V.E. le contenu d'une lettre qu'il m'adresserait offi.cielle

ment aujourd'hui à ce sujet, et dont ci-joint se trouve la copie.

J'ai répondu aux observations verbales de M. de Bismarck que, absolu

ment parlant ,il n'y avait pas le moindre doute que la ratification d'un traité

emportait bien positivement la reconnaissance de la Puissance avec laquelle l'on traitait, mais que, après ce qui s'était passé lors de la signature des Actes relatifs à la Navigation du Danube et à l'Escaut, l'on ne saurait prendre trop de précautions contre le droit nouveau que .cherchait à introduire l'Autriche, et que s'agissant de traiter aver des Gouvernements placés ou pouvant étre replacés sous l'influence Autrichienne, je ne pouvais que m'associer complètement aux intentions de mon Gouvernement tendant à prévenir tout équivoque.

• -C'est une manière de voir qui n'est pas la mienne, m'a aussitòt répliqué M. -de Bismarck; comme je vous l'ai déjà dit, Vous allez créer des doutes là où il n'y en a pas, et la preuve c'est que pour enlever à la signature des Actes ùu Danube et de l'Escaut l'idée de reconnaissance qui s'y attachait en faveur du Représentant de l'Italie, l'Autriche a expressément fait à ce sujet des réserves qui confirment la règle générale. L'avenir décidera qui de vous ou de moi avait raison •.

Je n'ai pas voulu pousser plus loin cette discussion toute bienveillante du reste, qui, après le consentement donné au protocole de clòture suivant le désir du Gouvernement du Roi, n'avait plus raison d'étre. Je prierai seulement

V.E. de vouloir bien me faire connaitre si je dois faire une réponse écrite au Comte de Bismarck dans le sens des idées émises par V.E. et dont je lul ai déjà fait part verbalement.

Au reste, il n'est que juste de le constater, le Comte de Bismarck a apporté ùans le cours des dernières négociations la plus grande bonne volonté comme aussi le plus vif désir de faire aboutir les négociations. Sans sa puissante action, la Saxe n'eùt certainement pas consenti à signer le traité et surtout le pratocole qui donne à sa reconnaissance un caractère beaucoup plus accentué qu'elle ne le voulait dans le principe. L'on me dit bien, il est vrai, q_u'il entre dans la politique du moment de la Prusse d'étre désagréable à l'Autriche, et cela peut bien étre exact. Mais il ne faut pas toujours aller chercher les motifs qui font mouvoir certains ressorts politiques, et il suffit souvent de constater qu'ils nous sont bien positivement favorables pour devoir les apprécier à leur juste valeur. C'est tout à fait le cas dans cette circonstance où la résistance de M. de Bismarck s'inspirait uniquement de la réussite ultérieure du Traité de commerce, et lorsqu'il a vu que le Gouvernement du Roi tenait bien positivement à une condition qu'il regarde encore comme dangereuse pour l'avenir de la convention, il a cependant fini par sacrifier ses convictions personnelles au désir de seconder les vues du Gouvernement Italien.

P. S. -J'ai l'honneur d'accuser réception à V. E. et de la remercier des deux Dépéches (Cabinet) No 17 e 18 en date du 20 e 24 courants (1).

ALLEGATO.

BISMARCK A BARRAL

L.P. CONFIDENZIALE. Berlino, 30 dicembre 1865.

Vous avez eu la bonté de m'informer que Votre Gouvernement ne croit pouvoir signer le traité de commerce qu'en y joignant un protocole où serait expressément

formulé le principe que la ratification du Traité implique la reconnaissance du Roi d'Italie de la part des Souverains signataires.

J'ai déjà eu l'honneur de vous faire observer, M. le Comte, qu'à mon avis, ce principe est incontestable et jusqu'ici incontesté; toute la correspondance entre nous et les autres Etats du Zollverein a eu cette supposition pour point de départ; je ne Vous ai pas caché en meme temps, qu'en exigeant cette déclaration formelle, on ne ferait que créer des doutes où il n'en existe pas, et que ces doutes une fois admis, la solution que nous leur donnerions en énonçant notre opinion dans un protocole, n'engagerait pas celle des autres Etats, dont l'accession au Traité et la reconnaissance du Roi d'Italie, par voie d'échange de ratifications nous paraissent assurées, si nous procédons simplement à la signature, mais dont les résolutions pourront éprouver des retards indéfinis, si nous les mettons dans la nécessité de professer d'une manière manifeste et explicite le principe auquel ils s'appretent à subordonner leurs actions.

La question ne peut intéresser ni la Prusse ni ceux des Etats du Zollverein qui ont déjà reconnu le Royaume d'Italie, mais pour l'accession des autres, je prévois des difficultés, si Votre Gouvernement insiste à faire insérer la déclaration en question. Dans cette prévision et en constatant que j'ai appelé l'attention de Votre Gouvernement, je tiens à dégager ma responsabilité vis-à-vis des chances qui dorénavant pourraient compromettre le succès de nos travaux communs, que toutefois je continuerai avec le meme zèle que par le passé, et avec le meme désir de les voir réussir.

(l) Cfr. n. 227. Il d. 18 non è pubblicato.

247

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in italiano in LV 9, pp. 24-25)

R. 34. Berlino, 31 dicembre 1865 (per. il 4 gennaio 1866).

Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. par mon télégramme d'aujourd'hui, j'ai signé ce matin avec la Prusse, la Bavière, la Saxe et Bade, agissant tant en leur nom qu'en celui du Zollverein, le traité de commerce qui a donné lieu à de si laborieuses négociations, et qui, sauf l'article relatif à l'échange des ratifications • devant s'effectuer le plus t6t possible •, est exactement semblable aux deux copies transmises précédemment par cette Légation.

V.E. trouvera ci-joint in extensum la copie du protocole de signature relatif à la signification de reconnaissance formelle du Royaume d'Italie que doit avoir l'échange des ratifications, et qui a été également signé par les quatre représentans des Puissances allemandes (1). Le Président du Conseil a dit à cette occasion que par suite d'une communication qui lui avait été faite par le Gouvernement Italien, celui-ci pourrait, aussitòt que la grande majorité des membres du Zollverein aurait adhéré au traité, proposer au Parlement une mesure législative tendant à étendre à tout le Zollverein les bénéfices du Traité. Sur l'invitation qui m'en a été adressée par M. de Bismarck, j'ai dit qu'effectivement telle était bien l'intention du Gouvernement du Roi, mais qu'il était bien

entendu que cette mesure purement législative était tout à fait en déhors du tratté et n'en faisait point partie sous quelque prétexte que ce soit. Aucune mention écrite du reste n'a été faite de cette déclaration qui est restée purement verbale.

Après la signature du traité et du protocole de cloture, les quatre Représentants Allemands se sont réunis en conférence particulière sous la présidence du Comte de Bismarck pour s'entendre ensemble sur la rédaction d'une circulaire commune destinée à expliquer à leurs Confédérés du Zollverein la raison de l'initiative qu'ils avaient prise dans cette circonstance, et de la conclusion du Traité de commerce avec l'Italie qui en avait été le résultat.

Ainsi se trouve terminée une négociation qui, gràce aux sages et judicieuses instructions données par V.E., n'est pas seulement un immense succès politique pour l'Italie, mais assure en meme temps d'une manière permanente son avenir et ses intérets commerciaux.

ALLEGATO.

PROTOCOLE DE CLOTURE (Ed. in L V 9, pp. 29-30)

Les Soussignés se sont réunis aujourd'hui au Ministère des Affaires Etrangères pour signer le .traité de Commerce conclu à la date de ce jour entre l'Italie et le Zollverein.

En procédant à la signature les Soussignés déclarent que Ies Hautes Parties contractantes se réservent, après la mise en vigueur du présent traité, d'entrer en négociation au sujet des avantages ultérieurs qu'Elles pourraient juger à propos de s'accorder mutuellement dans l'intéret du commerce et de l'industrie.

Le Plénipotentiaire d'Italie déclare qu'il est chargé par son Gouvernement de ne pas laisser de doute, que le Gouvernement italien considère l'échange des ratifications comme acte de reconnaissance du Royaume d'Italie. Les autres signataires partagent cet avis.

Le présent traité a été signé en deux exemplaires dont l'un a été remis au Plénipotentiaire d'Italie, l'autre a été remis aux Plénipotentiaires soussignés des Etats du Zollverein pour etre déposé dans les Archives de la Prusse.

Fait à Berlin le 31 Décembre 1865

C. DE BARRAL DE BISMARCK MONTGELAS

HOHENTHAL TURCKHEIM

(l) In LV 9 è qui aggiunto il periodo seguente: • In esso fu inserita, giusta il desiderio manifestato dal plenipotenziario bavarese, la riserva di procedere in avvenire a nuovi negoziati per la reciproca concessione di maggiori favori commerciali»,

248

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. l. Firenze, l gennaio 1866, ore 12.

J'apprends avec plaisir signature traité; mais il est inutile que vous envoyez Scotti. Les ratifications, vous ne l'ignorez pas, doivent etre précédées d'approbation du traité par Parlement, et cela ne pourra venir qu'en dernier lieu, après adhésion de tous les Etats du Zollverein, comme je vous l'ai expliqué dans ma dépéche n. 18 (1).

249

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed in PASSAMONTI, pp. 432-433)

L. P. Parigi, 1 gennaio 1866.

Oggi l'Imperatore ha ricevuto gli auguri del Corpo diplomatico. Il telegrafo le avrà portato a quest'ora la risposta di Sua Maestà Imperiale al Nunzio che portò la parola, come al solito, a nome dei suoi colleghi. La risposta dell'Imperatore è politicamente incolore, ma il tuono è pacifico e rassicuranie. Passando dinnanzi a me, l'Imperatore mi domandò notizie di Sua Maestà, mi disse che aveva ricevuto l'avviso della formazione pressoché completa del Gabinetto nostro, mi parlò delle nuove elezioni, e a questo proposito accennò alla candidatura di Mazzini a Napoli. M'affretto a segnalarle quest'ultimo fatto, persuaso del resto che il Ministero dal canto suo farà il possibile per evitare una tale eiezione, il cui significato sarebbe pessimo sotto ogni aspetto.

* I negoziati commerciali furono aperti fra la Francia e l'Austria. Questo fatto congiunto a quello della recente decorazione austriaca data al Principe Imperiale e a quello dell'imprestito austriaco (che non si poteva impedire per le ragioni che Le ho esposto altre volte, ma per cui il Governo francese si mostrò piuttosto favorevole) danno credito alla voce corsa d'un ravvicinamento più stretto che avrebbe avuto luogo tra la Francia e l'Austria dopo la partenza di Bismarck da Parigi (2). Il vero si è che l'Imperatore vuol esser bene, ora soprattutto, colle principali Potenze; desidera che non si accreditino le voci di progetti di cambiamenti territoriali convenuti con Bismarck, e non vuole avere l'aria di abbandonare l'Austria alle esigenze prussiane. Ma in fondo l'interesse della Francia richiede che l'Austria e la Prussia non siano troppo d'accordo, che si mantenga fra le due potenze la lotta di preponderanza in Allemagna, ed è perciò che si fa bel viso ad un tempo ad entrambe * (3).

L'Imperatore, posso assicurarglielo di nuovo, eseguirà puntualmente la Convenzione di settembre; ma desidererebbe che all'epoca in cui le ultime truppe francesi lasceranno Roma, il nostro Ministero abbia la forza d'impedire ogni

tentativo del partito d'azione. Io assicurai Sua Maestà e il Signor Drouyn de Lhuys che finché Ella è al potere, non v'è nulla da temere a questo proposito. Del resto devo dirle che il Signor Drouyn de Lhuys m'ha manifestato la stessa assicurazione e mi disse che anche l'Imperatore confidava perciò nella di Lei energia.

Drouyn de Lhuys mi fece gli elogi del nostro libro verde e mi disse che sta preparando il suo. Gli domandai se intendeva inserire qualche dispaccio relativo allo sciagurato affare delle medaglie, e lo pregai che non lo facesse. Mi rispose che la sua intenzione era di non inserir nulla di ciò.

Attendo un suo telegramma che mi annunzi la formazione completa ùel Gabinetto.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. quanto comunicò Launay con r. confidenziale 58, Pietroburgo, 17 gennaio: « Le Vice-Chancelier faisait à son tour l'observation que l'on ne saurait en effet nier une certaine tendance à un rapprochement entre les Cours de Vienne et de Paris. L'Empereur Napoléon avait rendu à l'Autriche un service signalé, en permettant que le dernier emprunt de cette Puissance pùt s'opérer et etre còté à la Bourse de Paris. Rien de plus nature! qu'il en résultàt un échange de bons procédés, qui ont une certaine signification in spe, mais non toutes celles qu'on se plait à leur attribuer. Pour ce qui la concerne, la Russie ne s'en préoccupe qu'assez médiocrement ». (3) -Il brano fra asterischi è edito in CHIALA, p. 43.
250

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 3. Berlino, 2 gennaio 1866, ore 17,44 (per. ore 21).

Le traité de commerce est désormais complet, sujet seulement à ratification, mais sans avoir aucunement besoin de l'adhésion des autres Etats dont le quatre signataires se sont constitués mandataires. Il est donc indispensable qup je vous transmette l'instrument pour ètre présenté au Parlement dès sa rentrée. Un retard ferait d'autant plus mauvais effet en Allemagne qu'à Berlin on le présentera immédiatement aux Chambres qui se réunissent le quinze.

J'attends réponse pour expédier attaché de légation.

251

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

'r. a. Firenze, 2 gennaio 1866, ore 23.

Je regrette que vous m'obligiez de répéter que le traité, comme il a toujours été déclaré et entendu, ne pourra ètre soumis au Parlement que lorsque les autres Etats du Zollverein auront personnellement déclaré qu'ils le ratifieront. Les quatre signataires ont conclu en présupposant adhésion. mais sans mandat préalable des autres; tant que ceux-ci restent absolument libres le traité ne peut etre sanctionné par nos pouvoirs législatifs. France, Angleterre, et Belgique n'ont pas fait autrement. Je vous prie de nouveau de vous tenir strictement dans les termes de mes instructions précédentes (1).

(l) II contenuto di questo telegramma fu sviluppato nel d. 20 del 3 gennaio ed. in L V 9, pp. 22-23.

252

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL (Ed. in LV 9, pp. 21-22)

D. 19. Firenze, 2 gennaio 1866.

Dal telegramma che da V. S. Illustrissima mi giunse la sera del 31 dicembre (l) appresi con soddtsfazione che in quel giorno fu firmato da Lei e dai Plenipotenziarii di Prussia, Baviera, Baden e Sassonia, il trattato di Commerc:o tra l'Italia e lo Zollverein col protocollo contenente la dichiarazione che le ratifiche degli Stati dello Zollverein implicano il riconoscimento del Regno.

Siffatta dichiarazione fu dal Governo del Re ravvisata come indispensabile, come glielo feci conoscere col telegrafo, né i Governi firmatarii avranno spero giudicato esagerata questa nostra esigenza. È vero bensì che secondo l'avviso del Governo del Re, che fu nettamente formulato nel dispaccio dd 9 luglio (2), le ratiflche di un Trattato solenne, qual'è quello che fu firmato ieri a Berlino, implicano per sé sole il riconoscimento. È vero altresì che il Signor di Bismarck riteneva che ciò fosse incontestabile e perciò ne considerava come almeno superflua un'apposita dichiarazione. Ma è pur vero che la tesi contraria fu sostenuta ancora recentemenie da taluni fra gli Stati dello Zollverein i quali manifestarono il parere di poter essi ratificare il Trattato senza che ciò avesse punto ad implicare come conseguenza il riconoscimento del Regno. In appoggio di siffatta pretesa si sarebbero potuti addurre precedenti come, ad esempio, quelli degli Atti della Schelda o del Danubio che però per i motivi che le addussi nel mio Dispaccio del 9 Luglio non riteniamo applicabili al caso presente.

Ora appunto perché il Governo del Re non intende per nulla ricercare H riconoscimento di quegli Stati, egli doveva porre accurato studio ad evitare che nasca alcun equivoco che lo possa impegnare in alcuna discussione sulla portata politica dell'atto di ratifica del trattato per parte degli Stati dello Zollverein; ed anziché essere un pleonasmo, la dichiarazione che fu inserita nel protocollo della firma raggiunge quell'intento, inquantoché esclude ogni malinteso ed ogni possibilità di contestazioni disgustose che si sarebbero altrimenti potute rinnovare per ogni Stato che si decidesse ad accettare ed a ratificare il Trattato.

La dichiarazione poi da noi consentita, che posto ad esecuzione il presente Trattato, si potrà addivenire di comune accordo all'esame se siano possibili ancora riduzioni di tariffa a beneficio del rispettivo commercio, sarà certo ravvisata come una prova del nostro buon volere verso lo Zollverein ed in ispecie verso la Baviera, che prese l'iniziativa di siffatta domanda (3).

(l) -Cfr. n. 244. (2) -Cfr. n. 96. (3) -Il contenuto di questo documento fu comunicato il 5 gennaio a Pietroburgo, Londra e Parigi con il dispaccio edito in LV9, pp. 30-31.
253

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. l. Berlino, 2 gennaio 1866 (per. il 7).

Les rapports entre l'Autriche et la Prusse dans la question des Duchés comme dans le reste de la polìtique générale, se résument par une attitude respective de calme et de froideur marqués qui risque de former encore longtemps le fond de la situation. Aujourd'hui que, par suite d'un emprunt inespéré, l'Autriche a devant elle quelques mois d'avenir financier assuré, elle se m o n tre beaucoup plus raide et plus exigeante vis-à-vis de la Prusse qui comptait surtout sur les embarras d'argent de sa co-partageante pour lui faire lacher prise en Holstein. Cette combinaison étant venue lui faire défaut, la Prusse a arboré pour système de harceler par des plaintes et des tracasseries incessantes l'administration Autrichienne dans le Holstein; en outre elle affecte de procéder en Schleswig à de tels actes d'autorité souveraine, que sous peine de passer pour etre son complice, le Cabinet de Vienne doit nécessairement arriver à lui adresser des remontrances. Tout cela constitue une situation des plus tendues, mais qui peut durer encore longtemps sans amener de solution radicale.

Au reste, il importe de bien le constater, ce n'est pas l'attitude de l'Autriche, mais bien celle de la France qui préoccupe le plus le Cabinet de Berlin et entrave complètement sa marche dans ses plans ouvertement annexionnistes. Pour aller de l'avant, camme dit le Comte de Bismarck, il faudrait etre assuré de la neutralité de la France, ou du moins savoir exactement ce qu'elle désire obtenir comme compensation territoriale de l'agrandissement de la Prusse. Or c'est là précisément ce que le mutisme absolu du Cabinet des Tuileries ne permet pas d'apprécier d'une manière méme approximative. Personnellement

M. de Bismarck ne serait pas absolument éloigné d'accorder à la France certaines portions de territoire sur le Rhin plus spécialement connues sous le nom de • rectifications de frontière •; mais l'état des esprits qui s'inspire encore des profondes haines de 1813 contre la France, ne saurait consentir à la moindre diminution du territoire Germanique qu'il regarderait comme une haute trahison; et toute tentative d'agrandissement Prussien ayant pour base une concession de ce genre souleverait d'indignation les masses en donnant le signal de l'écroulement de l'édifice si péniblement élevé jusqu'ici par le Comte de Bismarck.

Pour venir en aide aux projets d'extension Prussienne patronnés par cet éminent homme d'Etat et qu'il a fini par faire adopter par le Roi, il restait encore la Belgique dont l'absorption par la France aurait permis à la Prusse de s'appropder les Duchés. Mais là encore il y a eu déception pour les arrièrepensées du Comte de Bismarck; et la lettre de l'Empereur Napoléon au Due de Brabant à l'occasion de la mort de son Auguste Père, en paraissant reléguer dans un avenir encore bien éloigné toute idée annexionniste, est venue couper court à des espérances que l'on s'était habitué à Berlin à regarder comme beaucoup plus prochaines.

La nouvelle de l'envoi solennel d'Ambassadeurs spéciaux dans toutes les

Capitales pour annoncer le nouveau règne, en Belgique, est venue donner une

nouvelle force à ces appréciations rassurantes, et le choix que l'on a fait du

Prince de Ligne pour venir remplir cette mission à Berlin, prouve que l'on

a voulu ajouter le prestige d'un grand nom aux imposantes manifestations du

peuple Beige en faveur de son autonomie.

En résumé, la situation pour le moment est au calme plat, et ne pourra guère changer que par des événements extérieurs, soit qu'ils se produisent d'eux-memes, soit que l'habileté politique de M. de Bismarck les fasse naitre.

254

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL (Ed. in LV9, pp. 32-33)

D. 21. Firenze, 3 gennaio 1866.

Vous voulez bien m'informer que le Gouvernement Saxon, en reconnaissant l'Italie * croit devoir • (l) continuer au Baron de Seebach, Ministre de Saxe à Paris, la qualité de Représentant de la Saxe dans les rapports de ce Royaume avec l'Italie, sans autre démarche à cet égard.

Je ne m'explique guère, M. le Ministre, quel avantage le Gouvernement Saxon peut trouver à procéder d'une manière si différente de la conduite franche et * digne * (2) de la Bayière surtoat en présence des liens d'alliance existants entre les deux maisons souveraines *et la juste part faite dans les affections de la famille royale à S.A. Madame la Duchesse de Génes * (3). Du reste le Cabinet de Dresde prendra à cet égard, aujourd'hui comme dans la suite, les résolutions qu'il croira lui convenir, et les nòtres y correspondront exactement.

Le Gouvernement du Roi attend donc que le Baron de Seebach présente, comme il est indispensable, ses nouvelles lettres de créance à Sa Majesté; alors le Comte de Launay présentera de son còté ses lettres de recréance, et Vous pourrez etre chargé, M. le Ministre, d'exhiber à S.M. le Roi de Saxe les lettres qui Vous accréditeront auprès de lui.

Jusque là les relations entre les deux pays ne sont pas effectivement rétablies, quoique la Saxe, en prenant part au Traité, ait reconnu le Royaume. Le Ministre actuel du Roi à Saint Pétersbourg demeure donc forcément chargé des intérets italiens en ce qui regarde la Saxe, et Vous ne devez pas manquer de rappeler à l'occasion que ce n'est que par son canal que peuvent régulièrement nous etre adressées les communications que le Gouvernement Saxon pourrait avoir à nous faire dans l'état actuel des rapports entre les deux pays (4).

(l) -In L V 9 c ne croit pas devoir faire à çet égard d'autre démarche que de •. (2) -In L V 9 c nette •. (3) -Le parole fra asterischi sono omesse in L V 9. (4) -Analogo dispaccio venne inviato il 5 gennaio a De Launay.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 5. Firenze, ·7 gennaio 1860, ore 12,40.

Des informations particulières et de journaux officieux de Paris meme annoncent que Pape aurait écrit à Empereur sur affaire dette déclarant n'accepter d'argent qu'à titre de restitution. Veuillez tacher savoir ce qui se passe entre Rome et Paris sur cette affaire.

256

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in italiano in LV9, pp. 34-35)

R. 36. Berlino, 7 gennaio 1866 (per. L'll).

Les quatre puissances signataires du traité de Commerce avec l'Italie viennent d'adresser, chacune de leur coté, une circulaire aux différents membres du Zollverein pour leur donner communication de la Convention Commerciale et du Protocole de cloture du 31 décembre dernier, en les invitant à faire parvenir au plus tot leurs ratifications à Berlin. Sans etre conçue en termes identiques, la circulaire exprime cependant les memes idées et s'inspire surtout de considérations commerciales ayant en vue l'intéret général de toute l'Allemagne. En meme temps qu'ils remettront cette communication aux différents Gouvernements auprès desquels ils sont accrédités, les représentants des quatre Puissances ont ordre de les rendre attentifs à la très grande responsabilité qu'encourraient vis-à-vis de toute l'Allemagne ceux d'entr'eux qui par une opposition désormais injustifiable, retarderaient ou empecheraient la mise en vigueur du traité.

* M. de Philipsborn de qui je tiens ces détails m'a assuré que les ratifications ne tarderaient pas à se produire, mais que cependant, suivant les lenteurs traditionnelles des Chancelleries Allemandes, il ne fallait pas s'attendre à les voir arriver avant un mois ou six semaines. Ce que M. de Philipsborn ne m'a pas dit, mais que j'ai appris d'autre part, c'est ce que * (l) certains Gouvernements déjà fort préoccupés de la situation que va leur créer vis-à-vis de l'Autriche, leurs ratifications, ne voudront pas augmenter encore l'irritation du Cabinet de Vienne en montrant trop d'empressement.

Au reste, c'est toujours le Hanovre que l'on regarde ici comme pouvant seul tenter une opposition sérieuse; et comme il est impossible de concilier une

-o di sei settimane ».

parei'lle attitude avec les voeux hautement manifestés et les intérets matériels de tout le pays, * l'on a tous les motifs de croire que la résistance du Cabinet de Hanòvre provient des manoeuvres secrètes de l'Autriche qui travaille le Roi et son entourage contre l'Italie. L'on ne saurait guère autrement expliquer pourquoi le Hanòvre si docile en toutes circonstances à l'influence Prussienne, semble vouloir aujourd'hui si peu tenir compte des représentations du Cabinet de Berlin * (1).

Toutefois, le Hanòvre n'a pas encore nettement formulé son opinion. Il est très possible aussi que cette résistance dont on parle tant dans les journaux, soit plus apparente que réelle, et que lorsque il verra l'isolement où va inévitablement le mettre son obstination * et les conséquences pratiques qui doivent en résulter, il se hàte de sortir d'une situation aussi puérile que dangereuse, en faisant parvenir un peu tard peut-etre, mais en définitive comme les autres, sa ratification * (2).

(l) -In L V 9 invece del brano fra asterischi: • Si crede qui che le ratifiche saranno tutte consentite, ma che tuttavia non conviene aspettarsi che giungano prima di un mese
257

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 143-146)

L. P. Parigi, 9 gennaio 1866.

Le confermo quanto le scrissi per telegrafo (3) intorno ad una supposta lettera del Papa all'Imperatore sulla questione del debito pubblico pontificio. Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che non aveva notizia d'una tal lettera; che non ci credeva; che l'Imperatore gliene avrebbe parlato se avesse esistito; che ad ogni buon fine ne avrebbe egli parlato all'Imperatore, ma che era convinto della falsità di questa notizia. Egli soggiunse, rispondendo ad una mia domanda, che non aveva nessun nuovo incidente a segnalarmi su tale questione, tranne che gli pareva che le disposizioni della Corte di Roma si andavan facendo più placide: il che vuol dire, al punto di vista di S. E., che la Corte di Roma, la quale in sul principio s'era mostrata ritrosa ad entrare in questo negoziato, pare ora più disposta ad accettare che l'Italia pigli a suo carico la parte proporzionata del debito pontificio. Io continuo nell'avviso che già Le manifestai a questo proposito altra volta, che cioè non tocca né conviene a noi lo spingere a questi negoziati, ma che conviene lasciar venire la Francia. Ecco perché non piglio mai l'iniziativa d'una conversazione con Drouyn de Lhuys su quest'affare, a meno ch'Ella me ne dia l'ordine. Del resto lo scambio di lettere che ebbe luogo ultimamente tra Lei e Malaret pone la questione molto chiaramente e molto correttamente. Quando il Governo francese crederà giunto il tempo di

trattar la questione delle cifre, ce lo dirà, ed Ella manderà qui un delegato

speciale per trattarla. La ringrazio d'avermi esonerato da questo compito deli

cato e difficile come tutti quelli che trattano di cose finanziarie. Non ho bisogno

di dirle che il delegato che sarà inviato qui per ciò, troverà in me tutto l'ap

poggio che potrò dargli. Per evitare spese inutili, questo delegato potrebbe

anche essere nel tempo stesso commissario per l'esposizione del 67. Finora il

Commissario sono io; ma fu inteso con Torelli e Sella, che si sarebbe mandato

uno o più commissarii definitivi appena si sarebbe potuto sottoporre al Parla

mento la domanda dei fondi necessarii. Intanto il bravo Giordano lavora per

l'esposizione, ma non ha che il titolo di delegato tecnico. Parmi che il tempo

sia venuto di nominare un Commissario definitivo, salvo poi a mandare uno

dei Principi se le altre Potenze manderanno dei Principi. La impegno a parlar

di ciò al Ministro delle Finanze e a quello dell'Agricoltura e Commercio.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che nel suo libro giallo metterà molto

poco intorno all'Italia, e vi metterà piuttosto quelle cose intorno a cui non vi

fu~ono difficoltà.

* La condotta del Governo francese verso le due grandi Potenze Germaniche si conserva la stessa, cioè: buone disposizioni verso il Gabinetto di Berlino, e buone disposizioni verso il Gabinetto di Vienna. L'affare della decorazione austriaca data al Principe Imperiale non eserciterà nessuna seria influenza sull'andamento della politica francese. Tuttavia il Conte Goltz, ingelosito di questo successo del suo rivale, Principe di Mette~nich, ha proposto al re di Prussia di accordar l'Aquila nera al Principe Imperiale; il che sarà fatto appena il Principe Imperiale (che ha regalato a mio figlio una bella carabina per strenna del nuovo anno) avrà compiuto i dieci anni; essendo regola in Prussia che l'Aquila nera non possa darsi, nemmeno ai Principi del sangue, prima di questa età * (1). A proposito di decorazioni principesche, devo dirle che prima di partire da Parigi il Cav. Morra mi fece capire che s'aspettava che il Principe Amedeo fosse fregiato del Gran Cordone della Legione d'Onore. Io m'astenni finora dal fare una domanda in proposito e non la farò s'Ella non me ne dà istruzione positiva. Io penso che la dignità stessa del Principe esige che non si domandi nulla in suo nome. La prego di scrivermi una riga a questo riguardo per mia norma. Intanto è bene ch'Ella sappia che se si facesse una simile domanda, non si potrebbe evitare di sollevar la questione di mandar l'Annunziata ai Murat e ai Principi Luciano e Carlo Bonaparte. Le sarei anche grato se volesse far sapere a Morra le ragioni di alta convenienza e di delicatezza che mi consigliano a non fare una domanda simile a meno d'averne l'ordine da Lei.

Passo a cose più serie. Credo che l'Imperatore nel discorso della Corona annunzierà il ritiro delle sue truppe dal Messico. Determinazione importantissima e saviissima che ogni uomo di buon senso approverà. Annunzierà pure, ben inteso, la continuazione dell'evacuazione graduata della guarnigione francese a Roma.

Il tuono del discorso sarà estremamente pacifico per l'estero, e molto fermo per l'interno. Non v'è dubbio che l'Imperatore non farà nessuna con

cessione per le libertà interne. La politica francese può definirsi attualmente come politica di raccoglimento per l'estero, d'economia e di autorità per l'interno. Ciò non impedirà che il Signor Thiers ci regali ancora un discorso, più assurdo dei precedenti, sulla questione romana. Come diavolo farà Walewski a presieder la Camera? Se avesse il buon senso di non dir nulla, forse se la caverebbe. Ma se vuol parlare ed intromettersi nella discussione ad ogni istante come faceva Morny, si perderà completamente. Un membro del Corpo Legislativo (che me lo ripetè) domandò a Walewski se si era di già preparato all'ardua impresa. Walewski gli rispose che per ben due volte aveva di già provato di salire i gradini, che conducono al seggio della Presidenza, e che era soddisfatto della prova. Questo fatto dipinge l'uomo.

Le scuole continuano ad esser animate da uno spirito avverso al Governo. Fu singolare imprudenza quella di Duruy di aver dato alle dimostrazioni di pochi studenti francesi in Belgio, un'importanza esagerata. Bisognava non avvedersene e la cosa non avrebbe avuto seguito. Così pure lo zelo di Lavallette nel perseguitare la stampa mi pare intempestivo e nocevole. Per buona ventura l'opinione pubblica non rende troppo risponsabile l'Imperatore degli errori de' suoi Ministri. Peccato che l'Imperatore non possa far tutto da sé solo! Certamente è il più savio di quanti lo circondano. La riconciliazione fra l'Imperatore e il Principe Napoleone non ha fatto grandi progressi. Per ora non mi par probabile che il Principe ripigli la presidenza dell'esposizione. Ma è comparso più volte a Corte; era vicino all'Imperatore il lo dell'anno; vi sarà di nuovo all'apertura della sessione legislativa. Insomma egli dice che privatamente non ha ragione alcuna di rancore verso l'Imperatore, ma che non vuol più mescolarsi nelle cose di governo dopo che l'Imperatore gli fece sapere, nel modo che tutti sanno, il suo biasimo per le sue idee e per la sua condotta politica.

Gli avvenimenti di Spagna non preoccupano molto il Governo francese. Il tentativo di Prim è considerato come completamente naufragato per ora. Ma si crede che ricomincerà più tardi in una o in un'altra forma.

Ho traslocato la Legazione e sono installato alla meglio nel nuovo palazzo. Questa traslocazione, che mi costò denari, mi costò anche seccature e perditempo e noje infinite. Ma poco per volta tutto sarà messo in ordine, e gli archivii debitamente assestati.

(l) -In L V 9 invece del brano fra asterischi: « si scorge da ciò quanto sia attiva ed efficace l'influenza presso quella Corte della potenza che vi si adopera in senso sfavorevole all'Italia ed alla Prussia, di cui l'Annover accenna a tener in non cale le rimostranze •. (2) -In LV 9 invece del brano fra asterischi: • e come siano funeste le conseguenze che potranno risultargliene, quel Governo si risolva ad uscire da una situazione pericolosa,facendo pervenire a Berlino le sue ratifiche •. (3) -Cfr. t. 9 del 7 gennaio, non pubblicato.

(l) Il brano fra asterischi è edito in CHIALA, p. 44.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (Ed. in LV9, pp. 633-634)

D. 151. Firenze, 11 gennaio 1866.

M. le Baron de Malaret est venu me lire une dépeche par laquelle le Ministre des Affaires Etrangères de l'Empereur l'instruit des dispositions présentes de l'Autriche à l'égard de ses rapports commerciaux avec l'Italie, et le charge de nous renouveler l'offre des bons offices du Gouvernement Français pour les améliorations que nous croirions pouvoir etre apportées à cette situation.

D'après les informations de S.E. M. Drouyn de Lhuys, le Cabinet de Vienne n'est pas éloigné de demander les bénéfices du Traité de 1851 pour son commerce et sa navigation et d'offrir d'étendre à tout le Royaume d'Italie le meme traitement de faveur. M. le Baron de Malaret m'a exprimé le désir de connaitre les vues du Gouvernement du Roi sur cet objet.

Après avoir remercié le Baron de Malaret de l'intéret bienveillant que son Gouvernement prend à la situation de l'Italie vis-à-vis de l'Autriche, je l'ai prié de remarquer que le Gouvernement du Roi a manifesté toute sa pensée à cet égard dans les dépeches qu'il a communiquées au Parlement du Royaume le 12 décembre dernier. J'ai appelé notamment l'attention du Minostre de France sur deux de ces dépeches: l'une, adressée par moi au Ministre du Roi à Berlin en date du 11 juin 1865 (1), où j'ai exposé avec autant de clarté qu'il était possible l'état de droit et de fait de nos rapports commerciaux avec l'Autriche; l'autre datée du 25 novembre (2), à l'adresse des Agents Diplomatiques de Sa Majesté et dans laquelle j'ai jugé à propos, pour l'acquit de la responsabilité du Gouvernement du Roi, d'indiquer comment la situation respective des deux Etats pourrait etre soit politiquement, soit commercialement améliorée.

Résumant en quelques mots le sens de ces communications, dont je n'ai qu'à confirmer intégralement le contenu, j'ai dit à M. le Baron de Malaret que le rétablissement de relations politiques régulières avec l'Autriche ne pourrait etre admis par l'Italie qu'à titre d'acheminement à la solution de la question Vénitienne. Nous n'avons jamais laissé ignorer aux puissances amies, et les faits d'ailleurs le démontrent à l'évidence, que l'état de choses qui continue à etre maintenu par la force en Vénétie rend impossible toute pacification sérieuse et durable de cette partie de l'Europe. Cette situation, qu'il nous appartient certes, plus qu'à personne de déplorer indique assez dans quel sens peuvent etre utilement employés les efforts généreux des puissances qui voudraient voir une véritable réconciliation s'opérer entre l'!talie et l'Autriche.

En attendant, ai-je ajouté, l'amélioration de fait des relations commerciales entre les deux Etats dépend entièrement de l'Autriche, par une conséquence dèjà signalée par nous du Traité Austro-Sarde de 1851, dont nous ne contestons en aucune façon le caractère obligatoire. L'Autriche en dehors de toute question politique, a le droit, nous ne l'avons jamais méconnu, de nous demander aux termes de l'Art. 15 de la Convention de 1851 l'application du traitement de la Nation la plus favorisée, en offrant dans des formes convenables la réciprocité au Royaume d'Italie.

J'ai donné à M. le Baron de Malaret l'assurance que notre manière de voir est restée exactement la meme. Le Gouvernement français est donc en mesure de porter à la connaissance de l'Autriche, en tant qu'il pourra lui convenir de le faire, qu'il n'a tenu qu'à elle de ne pas cesser de jouir des bénéfices de l'Art. 15 du Traité de 1851, et qu'elle n'a, pour les obtenir effectivement,

qu'à les demander en se déclarant préte à remplir envers l'Italie les conditions de réciprocité requises. Quant'à la forme dans laquelle devrait se passer cet arrangement, ou pour mieux dire cet acte d'exécution pure et simple d'un traité actuellement existant,

M. Le Baron de Malaret a paru penser que le moment pourrait venir bientòt pour le Gouvernement du Roi d'examiner ce qu'elle doit étre au point de vue de la juste dignité de l'Italie. Je me suis réservé de m'en occuper lorsque quelque nouvelle communication de S.E. M. Drouyn de Lhuys viendrait rendre cet examen opportun.

(l) -Cfr. n. 47. (2) -Cfr. n. 210.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 66-68)

L. P. Firenze, 11 gennaio 1866.

Più di una volta io sentiva desiderio di scriverle durante l'ultima crisi, ma non ne ebbi il tempo. Né mi sento di ben ragguagliarla ora che la crisi è superata giacché ad informarla di tutto quanto avvenne non basterebbe un volume della mole del libro verde. Per poco ella legga i giornali nostri ella si potrà fare un criterio forse più esatto di quello che io le potrei fornire, se anche io fossi capace di raccapezzare le differenti fasi che subì la crisi ogni giorno, anzi più volte nello stesso giorno. Solo le posso dire che ho trovato meno coraggio e devozione, di quello ch'ero in diritto di aspettarmi, e che i molti rifiuti ricevuti anche da quelli uomini politici sui quali facevo più affidamento, mi fecero più di una volta venire in mente se non sarebbe stato meglio smettermi dall'impresa. Ma chi potevo io consigliare alla Corona che volesse e potesse assumersi l'ingrato incarico di formare un Ministero, colla deplorabile confusione dei partiti che regna nella Camera? Sul finire del 59, malgrado la viva opposizione di alcuni colleghi, e fra gli altri * il Rattazzi * (l) ho insistito presso il Re finché accettasse le dimissioni. Se io ero allora poco amante del potere ora lo detesto. Ma allora tutti volevano un uomo, e quell'uomo che era Cavour smaniava di arrivare al Governo, perché si sentiva capace di fare quello che poi fece. Ma ora io non conosco che un solo che agogni questo mio posto, e questi comunque non difetti né di capacità governativa né di una certa fermezza * ha un nome fatale dentro e fuori d'Italia.

Ella ben capisce ch'io intendo parlare di Rattazzi, che se io non l'avessi prima conosciuto, basterebbe a qualificarmelo la condotta indegna ch'egli tenne in tutta questa vertenza. * Ella non si può fare un'idea delle bassezze (2) ch'egli fece promettendo cose (3) impossibili e le più disparate ai partiti i più avversi purché potesse giungere * ai suoi fini. Ch'egli fosse ambizioso ben lo sapevo,

ma confesso non m'immaginavo che la sua ambizione potesse degenerare in una vera libidine del potere che lo rende capace di qualsiasi atto, anche il più contrario agli interessi e alla dignità della Nazione e della Corona. *Ma lasciamo queste brutte cose, che mi rincresce perfino mi siano dalla penna sfuggite. Il fatto sta ch'io ho creduto tanto per ciò che riguarda la politica interna, quanto la esterna, dover rimanere al mio posto. * Il nuovo Ministero è composto di uomini che presi separatamente hanno forse meno valor personale dei precedenti, ma in complesso è forse più forte, in quanto che vi ha, per ora almeno, più omogeneità di viste, e maggior spirito di conciliazione. Per me è ora più evidente che mai, che in un Ministero comunque composto di individualità capacissime, se manca lo spirito di conciliazione, come avvenne per esempio con Lanza, Sella e Natoli, si cammina a stento, e male. Finora ripeto andiamo bene. *Passo ora all'affare importante che mi ha indotto a spedirle un corriere, giacché non si sarà immaginato ch'io le spedissi un corriere per ciò che le ho riferito, che potevo o mandarglielo per la posta o anche non dirglielo. * La cosa importante che le volevo dire è questa. * Il Barone Malaret è venuto ieri l'altro leggermi un dispaccio che il Duca di Gramont spediva al Ministro degli Affari Esteri di Francia, e di cui questi mandava copia a Firenze perché mi fosse comunicato. Secondo la solita usanza diplomatica, chi'io mi limito a chiamare strana, il Malaret mi lesse i dispacci e poi se ne andò senza !asciarmene copia.

Siccome per soprapiù quella lettura mi venne fatta nella camera attigua al Consiglio, e mentre io aveva la testa piena delle nostre interne discussioni, non posso dire di avere perfettamente capito ogni cosa, e tanto meno di avere indovinato il vero pensiero del Governo Francese. Tant'è che ieri sera incontrando il Malaret in società gli esternai il desiderio di rivedere quei documenti, cioè la lettera di Gramont a Drouyn de Lhuys e il dispaccio di Drouyn de Lhuys al Barone Malaret. Ciò feci in modo da !asciargli bastantemente intendere, che se me ne avesse dato copia mi avrebbe fatto piacere, ma egli o non ha capito, o quel ch'è più probabile fece sembiante di non capire; ma gentilmente però mi promise di venir oggi a ripetermi la lettura dei dispacci. Se verrà, e se avrò altre importanti o differenti osservazioni a farle, gliele indicherò in fine di questa mia lettera; ma intanto mi preme riferirle quale fu l'impressione in me prodotta da quella comunicazione. Il dispaccio di Gramont riporta una conversazione da lui avuta col Ministro Austriaco Mensdorff, dalla quale risulterebbe, che il Governo Austriaco ritorna alla carica, sulla opportunità di riprendere i rapporti commerciali coll'Italia. Le intenzioni e le espressioni massime del Governo Austriaco, mi sembrarono molto conciliative, per cui non ho il menomo dubbio che il Governo Austriaco, sia ora disposto,

* come già ella me lo faceva presagire in una sua lettera particolare di alcuni mesi addietro *, a riconoscere il Regno d'Italia purché si ristabiliscano rapporti commerciali, che accordino i vantaggi della Nazione più favorita, come venne recentemente stabilito collo Zollverein. Colto un po' all'improvviso, mentre chiedevo tempo a pensarci, dichiarai però che eravamo pronti a mantenere quanto avevamo manifestato nelle due circolari inserite nel libro verde soggiungendo essere ben inteso che * quanto noi intendevamo dire per il Governo Austriaco*, era che trattasse con noi come Regno d'Italia. Ciò dicendo mi balenò il sospetto che si trattasse anche di stabilire i rapporti diplomatici, e perciò soggiunsi tosto che conseguente alla mia circolare del 25 Novembre non era possibile stabilire rapporti diplomatici, senza trattare la quistione Veneta, e che per ciò si poteva studiar il modo di stabilire rapporti commerciali tra l'Austria e H Regno d'Italia senza ristabilire rapporti diplomatici, e citai l'esempio della Sardegna che visse se non perfettamente d'accordo, con sufficiente buon'armonia massime quanto agli interessi commerciali dal 53 al 59.

Ciò che più d'ogni altra cosa mi ha fatto impressione, è il modo, direi la disinvoltura colla quale Malaret mi parlò lui della impossibilità nella quale noi ci troviamo di ristabilire rapporti diplomatici coll'Austria. Perché il Ministro di Francia avanza lui per il primo le difficoltà nostre?

Posso ingannarmi, e vorrei ciò fosse, ma mi ha sembrato scorgere, che mentre l'Austria è ora disposta a una conciliazione, fors'anche fino a trattare la questione Veneta, la Francia in questo momento non la desidera. Questo è il fatto importantissimo ch'io a Lei sottopongo, perché lo dilucidi, ne ricerchi i motivi, e ne pesi le conseguenze. * Anche in questo m'ingannerò, ma * non mi stupirebbe che la Francia (forse non l'Imperatore) non desideri si risolva la questione Veneta, finché non sia definita quella di Roma, o che almeno siano i francesi fuori di Roma.

* Si rammenti come io più di una volta le scrivessi che l'Imperatore poteva risolvere le due gran questioni nostre; che colla cessione della Venezia solo si poteva far rinvenire l'Italia dal suo voto, lasciando la Città di Roma al Papa. A questa condizione io non dubito che la maggioranza degli Italiani si adatterebbe, e il Governo Italiano potrebbe essere forte abbastanza per mantenere il Papa nella Città Eterna. Non perda un istante. Indaghi anzitutto la vera opinione del Governo Francese, e per poco la trovi favorevole nulla tralasci per far risolvere dall'Imperatore il gran problema nel senso da me indicatole *.

(l) -I brani fra asterischi sono omessi in LA MARMORA. (2) -In LA MARMORA: « di CiÒ >. (3) -In LA MARMORA qui aggiunto: « possibili e >.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in italiano in LV 9, pp. 37-38)

R. 37. Berlino, 11 gennaio 1866 (per. il 15).

J'ai l'honneur d'accuser réception à V. E. et de La remercier des trois déptkhes, Cabinet, qu'Elle a bien voulu m'adresser sous la date des deux et trois de ce mois, NN. 19, 20 et 21 (1).

Si je me suis permis d'insister auprès de V. E. pour l'envoi et la présentation au Parlement du traité de Commerce * signé par la Prusse, la Bavière, la Saxe et Bade * (2) sans attendre l'adhésion formelle des autres membres du Zoll

verein, c'est que d'après les assurances verbales qui m'avaient été données, les quatre Puissances signataires agissant tant en leur nom qu'au nom de leurs confédérés, cette adhésion était censée etre complète vis-à-vis de l'Italie pour qui la déclaration des dites Puissances devenait une garantie suffisante. Mais d'après les explications que V. E. a bien voulu me donner dans Sa dépeche du 3 courant, N. 20, je comprends parfaitement que telle ne peut point etre la manière de voir du Gouvernement du Roi, et qu'en cela, comme dans la condition sine qua non qu'il a maintenue d'un article déclarant expressément que l'échange des ratifications impliquait la reconnaissance, il a sagement et prudemment agi.

Répondant maintenant au contenu de la dépeche n. 21, je dois dire que, comme V. E., je n'ai pu qu'etre profondément étonné des précautions * ridicules * (l) dont la Saxe cherche à entourer aujourd'hui la reprise de ses relations diplomatiques avec nous. M. de Hohenthal m'avait bien, il est vrai, déclaré dans le principe que son Gouvernement s'appuyait sur des considérations commerciales pour ratifier la traité et reconnaitre ainsi le Royaume d'Italie, Mais depuis que, après beaucoup d'hésitations, le Cabinet de Dresde avait envoyé à son représentant ici l'ordre de prendre une part directe au traité, et qu'ainsi sa signature s'est trouvée placée dans un acte solennel à còté de celle du représentant de S. M. le Roi d'Italie, il semblait que le Saxe * aurait du, dans }'jntéret meme de sa dignité, adopter des allures plus nettes et qui fissent oublier la fausse position que, d'après leurs propres aveux, elle avait prise vis-à-vis de ses cosignataires allemands.

Il parait que M. de Beust n'en juge point ainsi, et, en attendant qu'il revienne à des appréciations plus saines * (2), je ne manquerai pas de m'en tenir scrupuleusement aux instructions de V.E.

(l) -Cfr. nn. 252 e 254. Per il d. 20 cfr. p. 302, nota. (2) -Le parole fra asterischi sono omesse in L V 9.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL (Ed. in L V9, pp. 35-36)

D. 22. Firenze, 12 gennaio 1866.

Le Traité de commerce que Vous venez de signer avec les Plénipotentiaires de la Prusse, de Baden, de la Bavière et de la Saxe et dont la mise à exécution (3) n'est désormais retardée que par des obstacles indépendants de la volonté du Gouvernement du Roi aura naturellement pour effet de déroger à la partie commerciale de l'ancien Traité de Commerce et de Navigation de 1845 entre la Sardaigne et le Zollverein tout en laissant subsister les clauses de ce Traité relatives à la Navigation. Cette situation nous ayant paru dès

Le commencement peu régulière et de nature à embarrasser les rapports des administrations maritimes respectives, je Vous avais chargé avant la signature du Traité de Commerce de propos qu'on signàt en meme temps que ce Traité, un Traité de Navigation sur les bases les plus larges et les plus libérales.

Notre proposition ayant paru au Gouvernement Prussien, d'après ce que Vous m'avez fait connaitre le 24 Novembre (1), de nature à soulever des négociations qui auraient pu retarder la conclusion de l'accord commerciai, je

Vous ai autorisé à ne pas insister pour le moment sur ce sujet, par égard pour le juste empressement qu'on montrait à Berlin de conclure le traité de commerce Italo-Allemand.

Cependant les inconvénients inséparables de la situation qui serait la conséquence du maintien partiel du Traité de 1845 n'ont pas cessé de mériter mon attention et j'ai cherché s'il n'existe pas un moyen de concilier les intérets maritimes des pays respectifs avec les exigences d'un système régulier de relations maritimes entre eux.

L'examen attentif de la question m'a amené à reconnaitre que ce moyen existe et que l'application en est facile.

Vous savez que le Traité de Commerce et de Navigation de 1845 d'après l'Art. XX n'a plus été exécutoire à partir du 1er janvier 1858 que par voie de tacite reconduction d'année en année, de manière que chacune des deux parties contractantes peut en faire cesser les effets moyennant une déclaration préventive de douze mois à l'avance.

Le Gouvernement du Roi entend se prévaloir de cette faculté et il Vous charge de dénoncer formellement, dès que Vous aurez reçu la présente dépeche, le Traité de 1845, en déclarant en meme temps que nous sommes prets à entrer sans délai en arrangement pour conclure sur les bases du traitement de la nation la plus favorisée des accords relatifs à la navigation avec les Etats intéressés du Zollverein.

*P. S. -Je Vous accuse réception de vos dépeches Commerciales n. 34

et 35, Confidentiellc n. 12 et Politique n. l * (2).

(l) -In L V 9 • assai strane •. (2) -In L V 9, invece del brano fra asterischi: • sembrava che nell'interesse stesso della propria situazione, la Sassonia avrebbe dovuto adottare procedimenti più logici e risoluti. In attesa che il Gabinetto di Dresda faccia ritorno ad altri consigli •. (3) -In L V 9 qui aggiunto: « qui dépend de l'adhésion des Etats secondaires du Zollverein ».
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IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE l. Monaco, 12 gennaio 1866.

Le Baron von der Pfordten a abordé notre premier entretien officiel en me déclarant que la Bavière jusqu'ici solidaire de l'Autriche dans sa politique Allemande surtout dans la question. du Schleswig-Holstein n'avait pu, fidèle

13 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. V1

à son alliée, reconnaìtre l'Italie, mais que déliée virtuellement de ses engagemens par l'attitude de l'Autriche à Gastein et dégagée par conséquent de sa solidarité avec sa puissante confédérée, la Bavière libre désormais dans ses allures politiques, s'était cmpressée de reconnaitre le Royaume d'Italie. Le lVLnistre a ajouté que cette reconnaissance, quoique co!ncidant avec le traité Italo-Allemand signé dernièrement à Be-rlin, traité dont S. E. se plaisait à reconnaìtre les grands avantages réciproques, était néanmoins indépendante des intérèts matériels; et en revenant à plusieurs reprises sur cet argument paraissait vouloir constater sans retour que des raisons politiques tout-à-fait Italo-Bavaroises ont été le principal mobile de l'acte de reconnaissance auquel lui, Baron von der Pfordten, n'a jamais été personnellement hostile.

Sans entrer dans le mérite intrinsèque de pareille déclaration, ni me rappeler d'autre chose que du fait capitai pour nous de la présence à Munich d'un Ministre d'Italie, j'ai répondu au Ministre Bavarois, tout en le remerciant des sentimens qu'il venait de m'exprimer, que les paroles qu'il venait de prononcer sur sa pleine liberté d'action politique et la non soUdarité ultérieure de la Bavière avec l'Autriche ne pouvaient que sonner agréablement à des oreilles italiennes et me félicitant de les entendre si explicites. Je m'efforçai de mettre principalement en relief, combien le Gouvernement du Roi avait été sensible au procédé du Gouvernement Bavarois au sujet de l'acte tout-à-fait spontané et inconditionnel de la reconnaissance Italienne, en terminant par dire à S. E. que l'!talie et l'Allemagne avaient des grandes raisons de rapprochement non seulement à cause de nombreux intérèts matériels, mais aussi à cause de leurs nobles aspirations nationales.

La position de Ministre des Affaires Etrangères d'un état confédéré, imposait naturellement une grande réserve au Baron von der Pfordten que moi non plus n'avais aucun désir de franchir en dehors de la thèse générale. Néanmoins S. E. me pria de lui permettre de ne pas enrtrer pour le moment dans des questions spéciales relativement à l'Italie et nommément dans la question Vénitienne que de mon còté en pareille circonstance je n'avais nullement l'intention d'évoquer.

En passant ensuite à un autre ordre d'idées, M. von der Pfordten pris à

tàche de me prouver que la Confédération Germanique étairt un corps essen

tiellement conservateur et pacifìque et que l'Europe devait à la Confédération

seule quarante années de paix générale, ou pour mieux dire d'avoir évité la

guerre générale pendant ce laps de tems. Que ce corps souvent attaqué et

parfois ébranlé avaH pourtant résisté et maintenu son organisation mais que

Etats Maritimes du Zollverein pour renouveler l'ancien traité de Navigation avec l'Italie. Si quelqu'un de ces Etats, le Hanovre par exemple, met obstacle à ce qu'un traité formel de navigation puisse étre conclu entre l'Italie et le Zollverein, on pourra faire pour les relations maritimes ce qui était inadmissible pour le commerce, c'est à dire conclure des accords spéciaux rnéme de simples échanges de déclarations avec ceux de ces Etats qui y seront disposés, en laissant les autres en dehors de ces arrangements et des bénéfices qui en découleront. En effet, si l'impossibilité pratique d'établir des différences de régime douanier entre les divers états du Zollverein nous a empéché de suivre une autre vaie que celle que nous avons prisedans l'affaire du traité de commerce, ici. au contraire où il s'agit de navigation, une différence de traitement est praticable en raison de la différence des pavillons que portentrespectivement les navires de ces Etats qui, d'ici à un an, auront pris des arrangements aveè nous à cet effet. C'eux-ci ne ressentiront aucun inconvénient de cette régularisation des rapports maritimes; quant aux autres ils perdront le bénéfice d'un traitement maritime déjà très libéral, et auquel leur résistance contre nos stipulations commerciales leur donne peu de droit. Avis au Hanovre •.

si jamais il devait périr la Bavière le soutiendrait autant que possible mais ne se laissera pas entrainer dans sa perte.

Quant à la question des Duchés de l'Elbe et aux conséquences de la convention Gastein M. von der Pfordten me dit que toute idée politique dans l'intérèt Allemand q_ue pouvait avoir eu la Bavière elle s'était soumise et se soumettrait encore aux décisions de la majorité de la Diète; que du reste il n'avait aucune objection contre une Prusse forte ni contre des éventualités Prussiennes, sans pourtant les décliner, dans les Duchés, si la question du droit ne devait pas prìmer tout et tous.

En dernier lieu le Ministre Bavarois termina son entretien, dont je dois constater de mon coté, avoir été dans son ensemble satisfait, par me dire que la Bavlère malgré Gastein n'était ni pour ni contre l'Autriche ou la Prusse mais continuait sa politiQue Allemande dégagée désormais de toute solidarité ultérieure.

(l) -Cfr. p. 253, nota 2. (2) -Cfr. nn. 246, 247, 253. Il r. 35 non è pubblicato. Il brano fra asterischi è omesso in LV9. Si pubblica qui un brano di una l. p. di Blanc a Barrai (Carte Blanc) che accompagnava il presente dispaccio: « La dépèche que vous recevrez ci-jointe donne un an aux
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L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. LA MARMORA

R. S. N. Londra, 13 gennaio 1866.

In assenza del Marchese d'Azeglio, mi affretto ad accusarLe ricevuta della sua lettera particolare a lui diretta che l'ultimo corriere Inglese mi recò, e che dietro l'autorizzazione !asciatami dal signor Marchese io aprii. Non frapposi indugio a recarmi da S.A.R. il Duca di Cambridge onde consegnargli il piego a lui destinato che la predetta lettera conteneva, e non avendolo trovato in casa lo lasciai al suo ajutante di campo, acciò glielo rimettesse, tosto che ritornasse. Non fa d'uopo che io rinnovi all'E. V. l'assicurazione che durante l'assenza del Marchese d'Azeglio, userò ogni maggiore diligenza onde disimpegnare a dovere gli affari della Legazione, e cercare a meritarmi così l'alta di Lei approvazione.

Ieri nel Daily Telegraph, quello fra tutti i giornali di Londra che abbia maggior circolazione, compariva un rimarchevole articolo sulla presente situazione delle cose in Italia, il quale per la giustezza dei suoi giudizj e l'imparziaHtà con cui era scritto comandava l'attenzione generale. Credo bene perciò unirlo alla presente affinchè V. E. possa prenderne conoscenza (1).

Recatomi in quello stesso giorno al Foreign Office ad annunciare la partenza del Marchese d'Azeglio, ne portai meco una copia per farlo vedere al Signor Layard, il quale trovasi momentaneamente incaricato della direzione di tale Dicastero, essendo Lord Clarendon in campagna. Il Signor Layard lo lesse col più grande interesse, e lo giudicò talmente imparziale e così conforme alla vera espressione dello stato della nostra penisola che lo mandò senza ritardo

il) Non rinvenuto.

-

a Lord Clarendon accompagnandolo da un suo biglietto, in cui particolarmente lo pregava a fissarvi la sua attenzione.

Tale articolo forma completamente un contrasto con quelli spesso pubblicati dal Times, in cui stante J,e opinioni personali del suo direttore appariscono frequenti allusioni ostili alle presenti condizioni d'Italia.

Dal Signor Layard seppi che dopo di aver parlato con Lord Stanley il Post Master Generai, ed avergli esposto la convenienza di mandare in Italia un agente a studiare il vantaggi che la linea da Brindisi alle Alpi offrirebbe al passaggio della valigia delle Indie, questi sarebbe finalmente entrato in tale ordine di idee che dapprima combatteva, e parrebbe disposto ad adottare simile provvedimento. Questa notizia potrà forse essere di qualche interesse pel Signor Ministro dei Lavori pubblici. Quest'oggi similmente mi portai a Pembroke Lodge, abituale residenza di campagna di Lord Russell, onde fargli parte, dietro al desiderio espressomi dal Marchese d'Azeglio, della sua precipitosa partenza da Londra.

Trovai Sua Signoria sola, e dopo avermi espresso il suo rammarico pel triste stato di salute dell'illustre Cavalier Massimo, s'intrattenne lungamente con me intorno alle cose nostre. Prima di tut,to mi esternò la soddisfazione che provava nel vedere l'K V. riconfermata al potere, circostanza che cotante guarentigie di fermezza e buon governo offriva ai veri amici d'Italia, e passò quindi a farmi parte di una comunicazione che aveva ieri ricevuto da Roma da suo nipote Odo Russell. In essa, quest'ultimo esponevagli che l'Ambasciatore di Francia era stato assai irritato del rifiuto avuto dal Santo Padre relativamente all'offerta fa,ttagli dal Governo francese circa l'assetto per parte del Governo Italiano del debito spettante aUe antiche provincie Romane, ora annesse alla Monarchia. Sua Santità avrebbe risposto al Signor di Sartiges che nella stessa guisa che da molte parti del mondo Cattolico, la Santa Sede riceveva delle contribuzioni pecuniarie, avrebbe accettato dalla Francia la somma da essa proposta ma a tal titolo soltanto, e senza impegnarsi a nulla in contraccambio né a riconoscere l'annessione di quelle provincie, le cui condizioni attuali solo considerava come il frutto di una violenta usurpazione. Lord Russell continuando a parlarmi di questo dispaccio di suo nipote, aggiungevami che in esso pure contenevasi il ragguaglio di un incidente avvenuto al ricevimento fatto dal Santo Padre in occasione del l o dell'anno, il quale non sarebbe stato riportato da nessun giornale, come troppo in contraddizione colla solennità di quella circostanza. Gli augurj offerti dal Comandante in capo del corpo di occupazione francese, il Pontefice avrebbe risposto accettarli con tanta maggior gratitudine per la ragione che era quella l'ultima volta forse in cui gli era dato riceverli e che dopo la partenza delle truppe di Francia, avrebbe potuto con San Paolo ripetere di trovarsi abbandonato solo in balia a belve feroci.. ..

Tali parole sarebbero a detta di Lord Russell state udite da ognuno dei

circonvicini astanti, ma omesse nel rendiconto ufficiale dei discorsi profferiti

dal Santo Padre.

Nel discutere le di:fficoltà che lo sgombero delle truppe Francesi da Roma

potrà far nascere al Governo Italiano, Lord Russell non mi celò che per quanto

poco potesse l'Austria bramare di attaccare l'Italia, pur tuttavia non credevala

aliena a meditare di entrare in qualche impegno, anche colla Francia, onde guarentire al Pontificato i suoi attuali domini. lo non potei fare a meno di esprimere la poca fede che aveva intorno alla realizzazione di simile eventualità. Sua Signoria alludendo a tali disegni dell'Austria, dicevami che l'Inghilterra seguiva colla più viva att-enzione ciò che passavasi in questo istante in Ungheria, ed era d'opinione che malgrado il riavvicinamento che le recenti concessioni dell'Imperatore avevano prodotto, gli Ungheresi non avrebbero amato veder le loro truppe impegnate in una guerra d'invasione contro l'Italia. Senza entrare in discussione su questo argomento, assentii con Lord Russell nel constatare che ogni giorno l'opinione pubblica dimostravasi maggiormente in nostro favore, anche nel campo stesso dei nostri nemici, e gli citai il seguente fatto, di cui posso guarentire l'autenticità a V. E. Pochi giorni or sono trovandomi a conversare con uno dei più ricchi banchieri di Londra, questi mi narrò che aveva scritto qualche tempo fa a Vienna ad un capo di una missione estera con cui trovasi legato in amicizia, dicendogli che, se poteva indurre il Governo austriaco a cedere la Venezia all'Italia, egli avrebbe subi,to procurato al nostro Governo qualunque somma fosse per questa richiesta. Il diplomatico rispose all'uomo di Finanza che poca speranza aveva di riuscire 1in simile impresa, poichè lo stesso Principe di Metternich in occasione del suo ultimo soggiorno a Vienna aveva apertamente patrocinato appo l'Imperatore tale principio, ma purtroppo invano. Mylord parve molto interessato nell'udire questo fatto, e mi rinnovò l'assicurazione che nessuno più del Governo Inglese ne desiderava la realizzazione. Prima di accommiatarmi Lord Russell mi parlò con molta soddisfazione del documento relativo alla forza attuale del nostro esercito, col quadro

comparativo di quella degli anni precedenti, che V. E. trasmetteva al Marchese d'Azeglio e che dal Signor Layard v1eniva a Lord Russell comunicato (1).

Terminerò Questi cenni che ho creduto mio dovere sottomettere all'E. V., confermandole una notizia che da più giorni trovasi in circolazione, cioè quella della gravissima malattia di Mazzini. Da varie fonti degne di fede mi risulta che il vecchio cospiratore giace qui nella più precaria delle condizioni, ed ove giungesse a scampare, pretendesi che rimarrà per sempre privo dell'intelletto.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 26. Berlino, 16 gennaio 1866, ore 7,45 (per. ore 9,40).

Dans le discours de la Couronne, Bismarck à propos de traité de commerce italien dit que Gouvernement prussien espère avec confiance ratifications de tous les Etats du Zollverein.

(l) Cfr. n. 227.

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IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 24. Madrid, 17 gennaio 1866 (per. H 23).

Le Hvre 1·ouge publié par le Gouvernement Espagnol contient les documents se rapportant à la reconnaissance de l'Italie. Ils sont au nombre de 17, et pourraient etre divisés en trois séries, les négociations avec 1le Cabinet de Rome, avec celui de Florence, et avec celui de V.ienne. Le document plus important de cette publication, parce qu'il était le seul jusqu'ici inconnu, est une dépeche de M. Pacheco adressée le 10 Juin 1865 au prédécesseur de M. Bermudez de Castro. Il y rend compte d'une conversation qu'il avait eue avec le Saint-Père, dans laquelle ce dernier lui a laissé comprendre qu'il prévoyait la chute du Ministère Narvaez et le retour au pouvoir du Général O'Donnel, qu'il était résigné à voir l'Espagne reconnaitre l'ltalie • et je crois •, ajoute M. Pacheco,

« que si l'on pouvait obtenir quelque garantie en faveur du pouvoir temporel du Pape, o n devrait nous en etre ici reconnaissant •.

La presse ministérielle s'est toutefois emparée de oette dépeche, comme d'une arme de parti en faveur de l'Union libérale, et lui a donné, il me semble. trop d'importance. Elle l'a mème reproduite à cet effet en la mutilant, et en supprimant le commencement, où ces paroles du S. Père à propos de la reconnaissance de l'ltalie sont textuellement rapportées: • Mais O'Donnel viendra, et on ne pourra alor.s s'empècher de l'effectuer •.

Au Sénat M. Seijas Lozano a demandé aussi la publication de la corres

pondance du Ministère d'Etat avec M. Mon Ambassadeur à Paris, et des obser

vations présentées par le Cabinet de Vienne contre cette reconnaissance. M. Ber

mudez a promis de présenter ces documents.

Le reste du livre rouge est tout consacré à la question du Chili. Je m'ero

presserai d'envoyer à V. E. par le courrier français de vendredi prochain un

cxemplaire de ce volume.

Le Général Prim continue toujours ses errements entre le Tage et les

monts de Tolède. Les nouveUes de Catalogne sont assez inquiétantes. On prétend

que le fameux chef de guerillas, connu sous le nom de El Roy de las Baraquetas

a paru dans les environs de Taragone à la tete d'une bande armée. Ces rumeurs

font toujours craindre quelque nouvelle surprise q_ui fasse succéder au calme

d'aujourd'hui un triste lendemain.

Le Conseil d'Etat a suspendu depuis l'année dernière la discussion sur

l'appel comme d'abus contre les évèques du Royaume, et rien n'a encore été

publié à cet égard.

L'Envoyé extraordinaire de Belgique, M. le Comte de Merode Vesterloo.

est reparti avant hier après avoir accompli la haute mission dont il était chargé.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 4. Berlino, 18 gennaio 1866 (per. il 22).

Le Ministre d'Autriche Comte Karolyi, est revenu depuis avant hier à Berlin, et l'on était très curieux de connaitre les nouvelles instructions qu'il pouvait rapporter de Vienne relativement à l'inextricable question des Duchés. Le Représentant Autrichien est de sa nature fort peu communicatif; mais d'après les quelques paroles qu'il a laissé tomber avec ses intimes, il n'est pas douteux que l'Autriche est plus que jamais résolue à s'opposer énergiquement aux projets annexionnistes de la Prusse et à maintenir le statu quo provisoire dans les Duchés par l'occupation du Holstein, jusq_u'à ce que la question soit résolue selon le droit fédéral. Un pareil dénouement ne saurait étl'e accepté par la Prusse qui, en déhors de l'humiliation qui en résulteraàt pour ses armes, y verrait la négation la plus absolue de sa politiq_ue traditionnelle et de ses droits si souvent et si solennellement proclamés.

Mais si l'on comprerìd parfaitement ì'impossibilité radicale où se trouve la Prusse de renoncer à des projets qui, depuis le commencement du conflit, ont dirigé sa politiq_ue, l'on n'aperçoit pas trop, par contre, dans ce moment, les_ moyens aux quels elle pourrait avoir recours pour les réaliser. La Russie, cn demandant récemment que l'on tint compte des droits q_u'elle a cédés au Due d'Oldenbourg, ne se montre plus évidemment aussi complaisante que par le passé. L'Angleterre et la France, en déclarant à leur tour n'accepter la Convention de Gastein q_ue comme appelée à régler une situation provisoire, ont clairement indiq_ué que tout changement radical et définitif pouvait rendre la question Européenne; enfin l'Autriche se montre d'autant plus exigeante qu'elle se croi.t moins menacée à l'intérieur et plus appuyée à l'extérieur. Tout cet ensemble de choses n'est pas fait pour rassurer l'e Comte de Bismarck qui, malgré les grandes ressources de son esprit, est évidemment embarrassé et se trouve réduit à compter sur des incidents qui peuvent tarder longtems à se produire (1). En attendant, l'on dit q_u'il va, camme expédient momentané, envoyer le Général lVIanteuffel à Vienne soit qu'il espère modifier l'attitude acerbe du Cabinet de Vienne, par un Agent qui lui est personnellement agréable, soit qu'il veuille retirer au Général son Commandement dans les Duchés où ses allures de Pacha ont fait détester à un point extraordinaire tout ce qui de près ou de loin touche à la Prusse.

négoc!!!!!.JHS con1merciales auraient si facilement donné l'occasion de prononcer au moins

le nom. Mais, dans la situation extrèmement embarrassée où l'on se trouve ici, c'est là une maigre consolation ».

(l) Si pubblica qui un brano del r. 6 di Barrai del 26 gennaio: « Le discours de l'Empereur Napoléon n'a pas produit ici une sensation agréable dans les sphères Gouvernementales. L'entente parfaite qu'il constate entre la France et l'Angleterre, n'est pas faite pour encourager les projets annexionnistes; et comme, d'un autre còté il accentue teujours davantage la pensée arrétée d'une politique ultra-pacifique, l'on ne se montre pas très satisfait d'une perspective de calme plat qui semble précisément écarter pour longtemps ces vagues espérances d'événements imprévus sur les quels l'on comptait pour réaliser l'annexion. L'on a bien remarqué il est vrai avec une certaine satisfaction, qu'il n'était pasfait la moindre allusion aux prétendus rapports amicaux avec l'Autriehe dont les récentes

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 32. Berlino, 19 gennaio 1866, ore 4,20 (per. ore 8,30 ).

Thiele m'assure que dans ce moment la dénonciation du traité 1845 produirait le plus mauvais ,effet sur le Hanovre, qui en croyant y voir une menace pourrait faire difficulté pour envoyer ratifications regardées comme à peu près certaines par l'agent prussien. J'aHendrai nouvelles instructions avant de lancer note.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 152. Firenze, 19 gennaio 1866.

Il Barone di Malaret pochi giorni sono, mi partecipò che il Governo pontificio ha spedito ai suoi Rappresentanti presso alcune Corti un dispaccio in cui alludendo alla situazione difficile che deve a Quanto egli prevede, risultare per lui dallo sgombro del territorio romano per parte delle truppe francesi, egli muove insinuazioni tendenti a gettare dei dubbi sugli intendimenti del Governo del Re in ordine alla esecuzione della Convenzione del 15 settem

bre 1864.

Il Ministro di Francia non avendomi lasciato copia di quel Dispaccio del Governo pontificio, nè avendo io potuto esaminare i termini precisi e ponderare la vera portata di quell:e insinuazioni, non occorre, Signor Ministro, che io riscontri con speciali e corrispondenti osservazioni a questa comunicazione del Governo di S. M. l'Imperatore.

Mi limito dunque a farLe noto che rispondendo verbalmente al Barone di Malaret, respinsi recisamente ad uno ad uno i dubbi mossi dal Governo pontificio sul nostro proposito di adempire integralmente i patti della Convenzione di Settembre e dichiarai di ritenere come sufficienti ad escluderli le dichiarazioni del R. Governo e gli atti importanti già da noi compiuti per la osservanza della Convenzione medesima.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 146-153)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 19 gennaio 1866.

Il corriere Villa, giunto qui il 16 corrente, m'ha rimesso l'importante lettera particolare ch'Ella mi diresse in data del 10 (1). La ringrazio anzitutto delle indicazioni ch'Ella mi diede sull'ultima modificazione ministeriale e sulla nostra situazione interna. Passo ora a rispondere all'ultima parte della lettera stessa. Ho visto in questi quattro ultimi giorni per ben due volte il Signor Drouyn de Lhuys ed ho attentamente esaminato quanto Ella mi scrisse.

Le questioni da Lei poste sono molteplici. Importa il ben determinarle.

1° Quale è il vero carattere della comunicazione fatta dal Conte Mensdorff al Duca di Gramont intorno allo stabilimento di migliori relazioni commerciali fra l'Italia e l'Austria?

2° Il Governo francese è, o non è disposto a favorire un riavvicinamento commerciale o politico fra l'Italia ,e l'Austria? 3° È egli possibile il mettere ora in campo la questione Veneta, riannod~ndola alla questione di Roma?

Primo punto. Per ben giudicare il caraUere e il valore delle aperture Austriache era indispensabile l'aver sotto gli occhi il dispaccio di Gramont. Domandai ed ottenni dalla cortesia del Signor Drouyn de Lhuys la facoltà di estrarre alcune note dal detto dispaccio. Eccone in sostanza il contenuto esatto. Il Duca di Gramont scrisse da Vienna in data del 28 Dicembre scorso, che • Le Comte Mensdorff a déclaré que le Cabinet de Vienne serait disposé à étendre à toutes les provinces soumises au Roi Vietar Emmanuel l'accord qui avait été proposé pour la frontière Lombarde et la Sarda'igne. Ainsi, d'après M. de Mensdorf, se trouvait réalisée l'éventualité contemplée par le Général Lamarmora dans sa dépeche du 25 Novembre 1865 (2). Le due de Gramont a demandé si cette communication impliquait un appel aux bons offices de la France. Il observa que la crise ministériel1e rendrait peu favorable le terrain pour des négociations de cette nature. Le Comte Mensdorf répondit qu'il avait été informé que le Général La Marmora avait été chargé de nouveau de la reconstitution du Ministère; qu'en conséquence la nouvelle Administrartion s'inspirerait probablement en cette question des sentiments et des dispositions antérieures, qu'il priait le Due de Gramont d'écrire que lui, comte Mensdorf, serait reconnaissant de ce que le Gouvernement français voudrait bien faire pour provoquer sur cette base une entente entre les deux Gouvernements d'Autriche et d'Italie. Le Due de Gramont dit, en parlant à M. Drouyn de Lhuys, que, sans donner une portée exagérée à cette démarche, il y trouve un indice remarquable d'une tendance vers des idées moins absolues, sur les rapports entre l'Italie et l'Autriche. Il fait ensuite remarquer que le journal officiel de l'Empire Autrichien a

1mblié la Convention télégraphique, où se trouvent consignés les titres de Roi et Royaume d'Italie, sans que cette publication ait été accompagnée de la m~mtion des observations faites par M. Drouyn de Lhuys au moment de la signature •.

Tale è il sunto quasi testuale del dispaccio di Gramont, di cui il Barone di Malaret Le diede lettura. Le interesserà, suppongo, di conoscere in qual guisa il Barone di Malaret abbia reso conto al Governo francese della conversazione avuta con Lei su questo argomento. Il Barone di Malaret scrisse in data del 10 corrente da Firenze a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys: « qu'il avait donné lecture au Général La Marmora etc. etc., que le Général La Marmora lui avait répondu, Que le Gouvernement Italien dans les documens qui avaient été publiés avait exprimé sa manière de voir et indiqué la ligne de conduite qui lui parait la meilleure pour concilie1· les intéréts commerciaux qui se trouvent en souffrance soit en Italie soit en Autriche, avec les exigences de sa politique et 'le soin de sa dignité. Se référant à sa circulaire du 25 Novembre et au dernier paragraphe d'une dépeche adressée le 11 Juin au Comte de Barrai à Berlin (1), le Général La Marmora a répété que le Gouvernement Italien serait disposé à accorderà l'Autriche le bénéfice de l'article 15 du traité Austro-Sarde de 1851, si cette Puissance le réclamait et à cette condition que l'arrangement à intervenir tut dans le fond et dans la fo1·me de nature à sauvegarder complètement la dignité de l'Italie. Sans insister pour obtenir des explications plus

catégoriques, le Baron de Malaret a cherché à connaìtre sur ce point les exigences du Gouvernement Italien. Il a cru comprendre que, dans la pensée du Général La Marmora, l'acte ou les actes officiels nécéssaires soit pour constater diplomatiquement soit pour rendre public en Autriche le nouveau régime com-· mercial, devraient faire mention du Roi d'Italie et du Royattme d'Italie sans observations, et sans réserves. Le Général La Marmora a fait remarquer qu'un acte de cette nature n'impliquerait point la reconnaissance de l'Italie dans le sens que l'on donne à ce mot au point de vue politique et ne devrait pas avoir pour conséquence la reprise des 1·apports diplomatiques. Il aurait, selon le Général La Marmora, pour but et pour résultat de pourvoir à des intérets purement commerciaux, tout en laissant ouvertes des questions malheureusement plus graves qui sont encore un obstacle à une réconciliation complète et sincère entre l'Italie et l'Autriche. Le Général La Marmora s'est réservé, d'ailleurs, d'étudier de nouveau cette affai!'e et d'y revenir avec plus de détails dans le cas où M. Drouyn de Lhys jugeait possible des pourparlers ou des négociations sur les bases générales indiquées •.

Pel caso in cui Ella trovi qualche cosa a rettificare in questo rendiconto di Malaret, devo pregarla di volerlo fare in modo che egli non possa credere che io ho avuto comunicazione del di lui dispaccio. Giacché egli forse potrebbe lagnarsene presso il Signor Drouyn de Lhuys, ed io incontrerei per l'avvenire difficoltà ad ottenere simili comunicazioni.

Ciò premesso, ripeto la domanda: qual'è il carattere e il valore di questa apertura dell'Austria? Giova osservare che in generale il Duca di Gramont non ha fama di essere molto esatto. Ma io credo che in questa circostanza lo

fu sufficientemente. E lo credo, perché in questi ultimi giorni ebbi occasione di discorrere col Principe di Metternich su questo medesimo argomento. Il Principe di Metternich mi disse che gli rincresceva della risposta da noi data alla domanda fatta al Ministero delle Finanze a Firenze dalla Prefettura austriaca di Finanze in Venezia. Egli aggiunse che in ,tale domanda non s'era fatta menzione che della Lombardia e della Sardegna, ma che egli credeva che l'intenzione del suo Governo fosse di estendere il trattamento invocato a tutte le parti del regno d'Italia. Ritornerò fra poco su questa conversazione, quando parlerò della questione Veneta. Per ora non riferisco se non ciò che riguarda gli aggiustamenti commerciali.

*Dal dispaccio di Gramont e da questa conversazione parmi poter conchiudere che l'Austria vorrebbe limitarsi ad ottenere l'applicazione pura e semplice del trattato di commercio del 1851, cioé il trattamento della nazione favorita, essendo disposta per parte sua ad accordare lo stesso trattamento a tutte le provincie riunite sotto l'autorità del Re d'Italia. Quanto alla forma dell'accordo, è probabile che l'Austria preferirebbe di non darne alcuna, e che il di lei desiderio sarebbe che senza alcun atto pubblico o alcuna dichiarazione formale, fosse tacitamente inteso che il trattato del 1851 è applicato dalle due parti ai territorii che si trovano de facto sotto l'autorità rispettiva dei due Governi. Ma se il Governo Italiano esige un riconoscimento formale, non credo che l'Austria sia disposta, per ora, ad accomodarvisi* (1). Fra questi estremi vi è un mezzo-termine ed è appunto quello ch'Ella accenna, ed il quale consisterebbe, se ho ben capito, nella dichiarazione che il nuovo accordo costituisce un riconoscimento di fatto dell'J,talia per parte dell'Austria, senza che ciò implichi la necessità di ristabilire le relazioni diplomatiche fra le due Corti. InsommR si tratterebbe d'agire coll'Austria come coll'Annover. Il Signor Drouyn de Lhuys a cui ho domandato se l'Austria, a suo avviso, sarebbe disposta ad accettare questo mezzo termine, mi disse che non sapeva nulla di positivo, ma che la cosa gli pareva, se non probabile, almeno possibile. Domandai ancora al Signor Drouyn de Lhuys di dirmi francamente se egli ci consigliava ad entrare in questa via. Il Ministro Imperiale esaminò con me le ragioni pro e contro; disse che persistendo nel respingere ogni accordo, certamente le doglianze del commercio austriaco, triestino e veneto si farebbero più vive; che queste doglianze avrebbero forse potuto spingere l'Austria a sacrifizii più decisivi; ma dopo aver ben pesato questa ed altre considerazioni, *il Signor Drouyn de Lhuys finì per concludere che il suo avviso sarebbe che l'Italia dovrebbe entrare in questi accordi nella misura da Lei indicata, aggiungendo che i negoziati commerciali avrebbero facilitato le relazioni dirette, le quali più tardi avrebbero potuto render più facile alla lor volta un negoziato, anche diretto, sulla stessa questione Veneta.

Quanto a me, Le dirò francamente, che in ogni caso non credo che si debbano fare all'Austria concessioni maggiori di quelle fatte agli altri membri della Confederazione Germanica. Ma se l'Austria vuol seguire l'esempio del Wurtemberg, dell'Assia e dell'Annover, accetterei. Io vado più in là. Ammetterei

e provocherei il ristabilimento dei rapporti diplomatici. A noi è utile, parmi

l'avere un agente a Vienna. Né questo c'impedirebbe di proseguire la nostra

politica nazionale, come non ce lo impedì la presenza di Apponyi o di Paar

prima del 1859. Senonché questo fatto, il quale isolatamente non farebbe cer

tamente facile la posizione del Ministero dinam:i alle Camere, potrebbe far parte

di tutto un sistema politico, d'un vero programma di Governo, che può formu

larsi in poche parole: disarmo -rinuncia per un dato numero d'anni ad ogni

impresa guerresca -e quindi a pigliar Venezia colle armi -politica esclu

sivamente di finanza ed amministrazione interna. * Non istarò qui a discutere

questo programma, la mia missione non essendo quella di far programmi, ma

di eseguirli per la parte che mi spetta. Basti dunque lo averle accennato

queste idee.

Secondo punto. La Francia non vede Ella forse di mal occhio un riavvicinamento commerciale o politico fra l'Italia ,e l'Austria? Rispondo ricisamente, senza esitazione: * no, miHe volte no. L'Imperatore, e quando dico l'Imperatore dico il suo Governo, non è per nulla adombrato dell'eventualità d'un riavvicinamento di qualsiasi specie fra Firenze ,e Vienna, e ci ajuterà in questa via, se noi lo desideriamo -a condizione però che noi non gli domandiamo: l" di far guerra; 2° di esporsi ad un rifiuto dell'Austria per domande ch'egli giudica spiacevoli ed intempestive; 3° di rimettere sul tappeto la questione di Roma prima ch'egli abbia potuto compiere l'evacuazione.

Lord Cowley mi diceva ancora avant'jeri: • Non dubitate del desiderio dell'Imperatore di veder l'Austria rinunciare alla Venezia. Sua Maestà disse parecchie volte al Principe di lVIetternich che pace durevole e durevole accordo in Europa non potrebbe esservi se non quando l'Austria avrà rinunziato alla Venezia *.

Ciò mi conduce naturalmente ad esaminare il terzo punto. E' egli possibile il rimettere sul tappeto la questione Veneta? e come?

Esaminiamo le varie possibilità.

l" *La guerra. Questa eventualità è scartata dalla Francia. L'Imperatore non c'impedirà di far la guerra all'Austria se noi vogliamo farla. Ma non può né vuole prometterei di ajutarci. Non rimane che la possibilità d'una rottura fra l'Austria e la Prussia, nel qual caso l'Italia dovrebbe naturalmente profittare d'ogni incidente per aver la Venezia. Ma sve!1turatamente dopo Gastein non vedo che una tale eventualità sia prossima a verificarsi *.

2° Riannodare la questione della Venezia e quella di Roma, nel senso ch'Ella propone, cioè concedendo agl'Italiani la Venezia in cambio della città di Roma, a cui si rinunzierebbe assolutamente. Questo progetto è degno di considerazione. Ma sarebbe necessario che l'Italia fosse per dir così costretta a subirlo. Noi non possiamo, a mio giudizio, metterlo innanzi. Se non che l'Austria non è certo disposta a prenderne l'iniziativa e la Francia la quale potrebbe utilmente pigliare questa iniziativa, non lo vuoi fare per ora; giacché non vuole rimettere in questione l'esecuzione della Convenzione del 15 settembre. L'Imperatore vuole sgombrare il territorio pontificio all'epoca fissata. Ogni cosa che ponga in pericolo la possibilità dell'evacuazione, è disapprovata da esso. Adunque il progetto, buono in sé, è giudicato intempestivo. finché la Convenzione non abbia ottenuto la sua intera esecuzione.

3°. Cessione della Venezia all'Italia contro compenso dato all'Austria sul Danubio. Si tratterebbe, secondo questo progetto di dare all'Austria la sovranità, che ora spetta alla Porta, sui Principati Danubiani. Il progetto non è nuovo. Tre anni fa Pasolini fu incaricato dal Ministero di proporlo all'Inghilterra. Palmerston e Russell l'approvarono. Drouyn de Lhuys mi disse ancora jer l'altro che è questa una sua vecchia idea. L'Imperatore disse a me che lo approvava anch'esso, purché si trovasse modo d'aver il consenso delle popolazioni. Palmerston disse di più, che l'Inghilterra si sarebbe incaricata d'ottenere la tacitazione della Turchia. Coll'accordo d'Italia, Francia, Inghilterra ed Austria, e colla non opposizione della Porta, la Russia sarebbe impotente ad impedire questa combinazione. Ma quando si venne allo stringere, quando cioè abbiamo domandato all'Inghilterra e alla Francia di far pratiche a Vienna, entrambe si rifiutarono. L'Imperatore disse che toccava all'Inghilterra di far le prime pratiche, essendo essa considerata come l'al1eata naturale dell'Austria. D'altro lato il Gabinetto inglese si rifiutò dal prendere una iniziativa in proposito, allegando l'indubitabile rifiuto dell'Austria. Ora dopo tre anni le disposizioni di Francia ed Inghilterra sono rimaste, credo, 1e stesse. Il Governo dei Principati non cammina bene e dispiace specialmente al Gabinetto Britannico; a Vi·enna una modificazione profonda s'è fatta negli animi e nell'ordinamento del Governo. È forse possibile ora ciò che tre anni fa, era giudicato impraticabile; vale a dire che si può tenere ora a Vienna il linguaggio che prima non sarebbe stato ascoltato. Ella deve sapere meglio di me dalle sue informazioni particolari quali siano le vere intenzioni dell'Austria. Io non posso che ripeter!e quanto il Principe di Metternich rispose alla domanda che io gli feci (ufficiosamente e accademica

mente ben inteso) intorno alla possibilità ed alla convenienza d'una futura cessione della Venezia. * Egli mi disse, che il Gabinetto Austriaco non ammetteva, almeno per ora, una tale eventualità; che al contrario si pensava di dare alla Venezia concessioni tali, e tale una forma di Governo, da poterla contentare; che sperava che questa •esperienza sarebbe riuscita. Ma, soggiunse poi, se avvenissero in Europa tali casi da rendere necessaria una modificazione territoriale, non si potrebbe escludere fin d'ora a priori la possibilità per l'Austria d'una rinuncia alla Venezia contro altri compensi territoriali. * Risulterebbe da questo linguaggio che, non escludendo a priori ogni idea di futura rinunzia, per ora a Vienna si è disposti a fare ogni sforzo per conservar la Venezia finché si può. Il miglioramento delle finanze austriache e i primi buoni risultati ottenuti in Ungheria incoraggiano il Gabinetto Austriaco a perseverare in queste idee.

Conchiuderò del resto, ripetendole quanto già ebbi occasione di scriverle

intorno all'attuale tendenza della politica francese. L'Imperatore rifugge in

questo momento da ogni ardita iniziativa. Dalla spedizione del Messico in poi,

questa tendenza spiccò ogni giorno più. Nulla valse a smuoverlo, né l'insurre

zione polacca, né le offerte inglesi nella questione dei Ducati Danesi, né i pro

getti di Bi.smarck, né la morte del re dei Belgi. Egli sa che può aspettare, che

il tempo lavora per lui. Non vuole rimettere in periglio la sua posizione. Perciò

fa una politica di raccoglimento assoluto. Ha fatto la convenzione di settembre

perché essa gli permetteva di ritirarsi da Roma; ne farebbe volentieri una simi

le che gli permettesse di ritirarsi dal Messico. Il resto gli è abbastanza indiffe

rente. Sarà lieto se l'Austria rinunzia alla Venezia; ma non tirerà la spada per

ciò, e non farà nessuna proposta se non abbia la quasi certezza di non avere

un rifiuto. Creda che non esagero, e che la situazione qui è quale gliela dipingo.

Il Signor Drouyn de Lhuys m'ha detto che aveva ricevuto da Sartiges i

documenti fornitigli dal Cardinale Antonelli sulla questione del debito, e che

appena avrà avuto tempo d'esaminarli ne scriverà a Malaret. È bene ch'ella

sappia che Laffitte mi disse che Sartiges è d'avviso che l'accordo sul debito pon

tificio non ha bisogno della sanzione del nostro Parlamento. Ma Sartiges non fa

testo in fatto di diritto pubblico interno dell'Italia, ed io ebbi già occasione di

dire a Drouyn de Lhuys che la sanzione del Parlamento era cosa indispensabile.

Ella farà bene, credo, a dirlo molto chiaramente a Malaret. Son contento del

resto che la scelta del delegato sia caduta sopra Sella. Nessuno meglio di lui

saprà trattare questa questione ed io l'ajuterò, ben inteso, per quanto posso (1).

Fra i volontari cattolici che secondo la Convenzione possono entrare nello

esercito del Papa, pare che vi sarà un migliaio di soldati francesi congedati.

Si mette di nuovo in dubbio che l'Imperatore annunzi il richiamo delle trup

pe dal Messico nel discorso della Corona. Pare almeno che nessun termine fisso

sarà indicato.

Confido al corriere Villa, che parte domani la presente spedizione...

(l) -Recte 11, cfr. n. 259. (2) -Cfr. n. 210.

(l) Cfr. n. 47.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, p. 69.

270

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 21. Firenze, 20 gennaio 1866, ore 2l.

Dénonciation traité 1845 est mesure ,toute simple après con,clusion de récent traité commerce; elle ne menace personne et nous sommes mème prèts à accorder nouvelles faveurs à navigation Etats allemands. Toutefois par égard pour les observations du Gouvernement prussien vou:s pouvez différer pendant deux ou trois semaines dans l'attente d'une réponse favorable du Hanovre à la circulaire des quatre Etats signataires. Tàchez savoir pour quand cette réponse est attendue.

271

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE

D. 4. Firenze, 20 gennaio 1866.

I giornali di Madrid del 12 corvente, giunti :fin dalla sera del 17 in Firenze, recano i documenti diplomatici relativi al riconoscimento del Regno d'Italia che

codesto Gabinetto aveva presentato al Senato Spagnolo nella tornata del giorno precedente. Di V. S. Illustrissima non mi giunse alcun rapporto in ordine al fatto importante di tale presentazione (1), e neppure mi pervenne da Lei copia alcuna di quei documenti, che più sono di speciale interesse del Governo del Re.

Non posso a meno di ricordarLe che in simili occasioni i RR.Agenti debbono spedire al Ministero pel mezzo più rapido, senza indugio né risparmio di spesa, i documenti che così altamente interessano il R. servizio.

P. S. Le accuso ricevuta dei suoi pregiati Rapporti Confidenziali in data l o Dicembre 1865 ed 11 Gennaio corrente (2).

(l) Con t. 28 del 23 gennaio La Marmora comunicò a Nigra: • Sella a bien voulu examiner la question de la dette, mais il n'est pas dit, comme vous le croyez, que Sella sera chargé d'aller lui à Paris traiter avec le Gouvernement français •.

272

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 42. Parigi, 22 gennaio 1866, ore 15,18 (per. ore 17,35).

Voici le passage du discours de l'Empereur relatif à l'Italie (3). Sa Majesté a dit que l'Italie avait affirmé son unité par le transport de la capitale qu'on pouvait compter sur l'observation scrupuleuse de la convention et sur le maintlen de l'indépendance du pouvoir du Saint Père. Gouvernement français n'envoie pas de nouvelle mission cxtraordinaire en Belgique parce qu'il en a envoyé déjà une solennelle à l'occasion des funérailles, mais les puissances qui n'ont pas envoyé de mission alors doivent en envoyer une maintenant. Gouvernement beige s'y attend.

273

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 44. Bucarest, 22 gennaio 1866, ore 22 (per. il 23 mattina).

Pour ne pas rester dans l'isolement il serait désirable que je sois autorisé à m'associer aux autres agents des puissances garantes qui d'après instructions à peu près identiques doivent faire observations et exortations bienveillantes au prince Couza relativement à la mauvaise administration de son Gouvernement. Je prie V. E. de vouloir bien me tramsmettre réponse avant jeudi 25

courant.

(l) -Taliacarne aveva spedito un rapporto in proposito il 17, pervenuto il 23 gennaio (cfr. n. 265). (2) -Non nubblicati. (3) -Con t. 24 dello stesso giorno, ore 13,40, La Marmora aveva chiesto almeno un riassunto del discorso dell'Imperatore.
274

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 38. Berlino, 22 gennaio 1866 (per. il 27).

* Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. par mon télégramme de ce matin (1), le Roi de Hanòvre a signé les ratifications de notre Traité de Commerce avec le Zollverein; mais elles ne seront expédiées ici que lorsqu'on y aura reçu un certain nombre de ratifications des autres Etats, et que d'autre part le Gouvernement Hanovrien aura obtenu l'autorisation nécessaire d'Oldenbourg et Bukebourg pour certaines enclaves de ces petits Etats dans son territoire. Ceci n'est qu'une pure formalité, si ce n'est pas peut-etre un prétexte pour retarder l'envoi des ratifications.

J'avais pensé que peut-etre les ratifications auraient pù faire mention du protocole de clòture, et je me suis rèndu hier soir chez le Comte de Bismarck pour savoir à quoi m'en tenir à cet égard. Le Président du Conseil, auquel j'ai eu soin de dire que ma démarche értait purement personnelle, m'a répondu que, n'ayant pas eu sous les yeux le texte des ratifications Hanovriennes, il ne pouvait rien me préciser à ce sujet, mais qu'il était persuadé qu'elles ne contenaient ni ne devaient rien contenir relativement au protocole de clòture.

• Traité et protocole, a ajouté M. de Bismarck, ont été communiqués officiellement au Hanòvre comme à tous les autres Etats du Zollverein; et du moment qu'il n'est fait aucune reserve spéciale dans les ratifications, le protocole doit ètre regardé comme etant également accepté * (2). Je Vous ai déjà déclaré dans le tems, et j'ai tenu à consigner dans un acte officiel que je regardais le protocole exigé par Votre Gouvernement comme une chose dangereuse et soulevant des doutes là où Votre propre inté:ret demandait à ce qu'on n'en admit aucun; mais si Vous exigez encore aujourd'hui la ratification du protocole ou mème sa simple mention dans l'acte de ratification, chose qui ne s'est jamais pratiquée en pareille matière, je Vous déclare à l'avance que, après avoir fait les plus grands efforts pour Vous contenter, il nous est impossible d'aller plus loin. Je Vous le répète, le Hanovre a ratifié le Traité de Commerce dans les formes et suivant les usages universellement adoptés en pareille matière; ni Vous ni nous ne pouvons lui en demander davantage • .

. Comme je voyais que M. de Bismarck s'animait visiblement, je crus devoir lui répéter, à mon tour, que ma démarche était purement personnelle; que je n'avais pù etre chargé de demander des explications sur un fait encore ignoré de mon Gouvernement, et que tout se réduisait de ma part à une simple demande d'éclaircissemens que j'étais bien aise d'avoir obtenus.

• S'il en est ainsi, me répondit M. de Bismarck, j'en suis très satisfait pour tous deux; et notre conversation aura eu du moins l'avantage de prévenir de

nouvelles complications qui cette fois, malgré la meilleure volonté de notre part, feraient infalliblement échouer le Traité • (1).

Je ne sais si V. E. sera du meme avis que le Comte de Bismarck (2), mais j'ai tenu à Lui bien faire connaitre la manière de voir ·et les dispositions du Président du Conseil. * Il me semble effectivement que nous n'avons pas à trop nous préoccuper du protocole qui, comme l'a justement fait remarquer M. de Bismarck, ayant été communiqué officiellement, en meme tems que le Traité aux Etats du Zollverein, est censé également compris dans l1es ratifications du moment que celles-ci ne contiennent aucune réserve spéciale, ce dont nous nous assurerons bientot. Il n'y auTait que la plus insigne mauvaise foi et la négation de tous les principes du droit international qui pourraient l'interpréter autrement *.

De toute manière, j'espère que V. E. ne verra, dans ma demande d'éclaircissemens à M. de Bismarck, que mon désir de mettre en pleine lumière une situation qui intéresse à un si haut degré la dignité du Gouvernement du Roi; et en attendant que V. E. veuille bien me faire connaitre sa manière de voir à cet égard...

P. S. -Je serais très obligé à V. E. de vouloir bien me faire savoir si maintenant, je dois adresser une note au Gouvernement Prussien pour dénoncer le traité de 1845, ou si il est plus à propos d'attendre l'arrivée des ratifications Hanovriennes à Berlin.

(l) -T. 41, non pubblicato. (2) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 9, pp. 38-39.
275

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO

T. 27. Firenze, 23 gennaio 1866, ore 14,20.

Mettez vous d'accord avec autres agents pour parler dans le meme sens, mais non collectivement. Tenez langage modéré.

276

IL MINISTRO A PARIGI, NIG-RA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 261. Parigi, 24 gennaio 1866 (per. il 27).

Il discorso con cui S. M. l'Imperatore inaugurava la nuova sessione legislativa è notevole per la tendenza che si fa vieppiù manifesta nelle regioni del Governo ad attenuare ogni questione politica così all'estero come all'interno.

Neutralità assoluta rispetto alla Germania, osservanza della Convenzione del 15 settembre rispetto all'Italia ed alla Santa Sede, silenzio completo rispetto alla Russia, ecco in poche parole compendiata la politica attuale della Francia in Europa. Quanto all'America, l'Imperatore è prodigo di espressioni amichevoli verso gli Stati Uniti: rinnova la manifestazione della sua volontà di richiamar le truppe dal Messico, senza però essere in grado di determinare sino d'ora l'epoca in cui ciò potrà aver luogo, essendo ancora pendenti i negoziati a questo riguardo coll'Imperatore Massimiliano. All'interno poi l'Imperatore esprime formalmente la sua determinazione di non CQ..qsentire alcun cambiamento alla Costituzione attuale, e tronca così radicalmente le speranze d'una frazione del partito devoto al Governo il quale avrebbe voluto trasformar·e a poco a poco l'Im

pero in una monarchia costituzionale. A giudicarne dai giornali, l'impressione prodotta da questo discorso non fu né ottima, né pessima. Il tenore pacifico del discorso era preveduto ed implicitamente approvato dagli uomini di banca e di borsa (1). Dall'altro lato le notizie

d'America e del Messico recate recentemente dai giornali inglesi attenuano le dichiarazioni imperiali circa la condizione in cui si trova l'Impero messicano e lasciano luogo a temere che la Francia non possa così agevolmente ritirarsi dal

Messico benché lo desideri sinceramente. Quanto alle riforme interne non erano grandi le illusioni, né fu grave il disinganno a questo riguardo.

S. E. il Conte Walewski prese jeri possesso del seggio presidenziale al Corpo legislativo. Il suo discorso, modello di elegante urbanità, non contiene alcun pensiero, né alcuna frase che abbia politica importanza.

Non fu ancora distribuito né pubblicato il libro giallo che deve contenere la corrispondenza diplomatica francese durante l'anno scorso. Ma ilÌibro azzurro, cioè l'esposizione delle condizioni politiche ed interne dell'Impero, fu pubblicato jeri. Ho l'onore d'inviarne all'E. V. un esemplare sotto fascia. Nella parte che riguarda la politica estera si parla d'Italia con rispetto e deferenza. Si riconosce che il Governo del Re ha eseguito lealmente la Convenzione del 15 settembre, che esso ha fatto dei tentatjvi sinceri di riconciliazione verso la

S. Sede. Si attribuisce a Questa politica moderata l'ottenuto riconoscimento per parte della Spagna e degli Stati germanici, e si lascia travedere la possibilità di un riavvicinamento coll'Austria se non sul terreno politico, almeno nel campo degli interessi commerciali. È pure accennata, come una speranza ed un desiderio del Governo imperiale, la probabilità che un accordo rispet.to al de· bito pontificio possa essere concluso fra l'Italia e la Santa Sede. Del resto questa esposizione delle idee dell'Imperatore circa la politica estera comincia coll'esplicita dichiarazione che se l'Impero fu costretto negli anni scorsi ad intervenire con efficacia nel1e questioni di politica estera, ora esso intende limitarsi allo svolgimento della prosperità interna della Francia.

(l) -In LV9 questo passo è riassunto cosi: • Avendo nuovamente dichiarato al signor di Bismarck che io avevo solo esposto una mia personale domanda di schiarimenti, ci lasciammo reciprocamente soddisfatti>. (2) -In LV9: «Io suppongo che V.E. dividerà completamente a tal riguardo l'opinione del conte di Bismarck •.

(l) Cfr. il seguente brano di .una L p. di Artom a Viscop.ti Veno.sta. del 15..gennaio(AVV): « Ma all'infuori della questione del MessiCo la quale SI fa ogm gwrno pm grave, non v'ha qui questione politica veramente in corso. Le carezze all'Austria hanno per iscopodi stuzzicare la Prussia dall'un canto, d'addormentare Leopoldo II dall'altro. Del resto è un'entente cordiale per non .fare, una specie d'alleanza negativa ch'è l'ideale di codesti uomini di borsa e di Stato. Ormai se l'Italia non si disfà da se stessa, essa starà, perché manca anche l'energia di disfarla, come manca la volontà d'aiutarla a raggiungere il compimento delle sue sorti »,

277

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 263. Parigi, 25 gennaio 1866 (per. il 28).

Coll'articolo 3° della Convenzione del 15 settembre 1864 il Governo Italiano s'impose di non reclamare contro l'organizzazione d'un esercito pontificio, composto anche di volontarii cattolici stranieri, sufficiente per mantenere l'autorità del Papa e la tranquillità all'interno e sulla frontiera de' suoi Stati, purché questa forza non possa degenerare in mezzo d'attacco contro il Governo Italiano. L'E. V. sa che poco dopo la conclusione della Convenzione il Governo francese, prevalendosi di questa clausola, offrì al Governo Pontificio la sua cooperazione per l'arruolamento e l'ordinamento dell'esercito Pontificio. In sulle prime il Governo Pontificio rispose che le forze di cui la Santa Sede poteva disporre erano sufficienti a far rispettare l'autorità della Santa Sede e a mantenere la tranquillità ne' suoi Stati, se la Convenzione fosse stata scrupolosamente eseguita. Ma in questi ultimi tempi il Governo Pontificio acconsentì ad aumentare il suo esercito per mezzo di arruolamenti fatti in paesi cattolici e specialmente in Francia. Dal suo lato il Governo francese si prestò e si presta a facilitare, nei limiti della convenzione, questi arruolamenti.

Segnalo, a questo proposito, all'attenzione dell'E. V. la circolare qui unita. diramata, a quanto mi si assicura, dal comando della Divisione d'Algeri. Avrò cura di informarmi presso S. E. il Signor prouyn de Lhuys se questa circolare è autentica. Ma intanto ho creduto di non dover tardare a mandargliela, affinché il Governo di Sua Maestà possa esaminare se e come sia conciliabile collo spirito della convenzione la clausola della circolare secondo la quale è stabilito che ai soldati francesi che piglierebbero servizio pel Papa sarebbe tenuto conto, per la loro liberazione, del tempo di servizio che presterebbero in Italia. Io Le sottometto la questione ed attenderò ove accorrano le ulteriori istruzioni dell'E. V.

ALLEGATO.

S. E. le gouverneur général a fait connaitre à M. le général commandant la province que l'Empereur a proposé de créer un corps composé de l ou 2 bataillons, destiné à pourvoir à la sécurité personnelle du Saint Père, après le départ de Rome de la division française d'occupation.

Ce corps qui irait tenir garnison à Rome serait soldé par le gouvernement pontificai, d'après les tarifs appliqués aux régiments français stationnés actuellement dans les Etats de l'Eglise et jouiraìt de toutes le!' alloca:tions et prestations qui leur sont affectées.

Le ministre désire qu'il soit fait immédiatement un appel à ce sujet, aux soldats de bonne volonté de votre bataillon, sans distinction de nationalité, en les informant des avantages de solde attachés à cette destination, et en les prévenant que le temps de service qu'ils accompliront en Italie leur comptera pour la libération.

Les hommes devront avoir une bonne conduite et encore au moins trois ans de service à faire. Vous m'adresserez sanz délai l'état numérique de l'appel fait dans ces conditions.

278

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA.

R. CONFIDENZIALE 99. Londra, 25 gennaio 1866 (per. il 30).

L'altro giorno appena mi venne fatto di avere un'udienza da Lord Clarendon, non mancai, 1in conformità degli ordini trasmessimi dall'E. V. col dispaccio delli 11 corrente (l) di dichiarargli che il R. Governo conscio della necessità del mantenimento di buoni rapporti tra la Sublime Porta ed il Governo Rumeno, non a\"ev;a mai cessato, per mezzo del R. Agente a Bukarest, di raccomandare al principe ed ai suoi Ministri una savia amministrazione e la più stretta osservanza dei trattati.

Nel Tichiamare quindi l'attenzione del primo segretario di Stato per gli affari esteri sul fatto che il Governo Italiano aveva antivenuto a questo riguardo i desiderj della Gran Bretagna, lo assicurai a nome dell'E. V. che la condotta del R. Agente a Bukarest continuerà ad ispirarsi a questi. principj, aggiungendo che il Governo del Re coglierà inoltre la prima occasione per rinnovare le già più volte impartite istruzioni in questo senso, le quali rappresentano, non men che quelli dell'Inghilterra, gl'interessi d'Italia.

Lord Clarendon m'incaricò di esprimere all'E. V. la soddisfazione che provava nel ricevere tali dichiarazioni. Che del resto egli non aveva mai dubitato delle buone intenzioni del R. Gov,erno, e mi pregò di far noto confidenzialmente all'E. V. essere solo stato per aderire al desiderio manifestatogli dalla Sublime Porta, che aveva diramato agli agenti del Gov~{~rno Inglese nuove raccomandaz.:oni a questo scopo, additando -sempre a suggestione della Porta -l'utilità che vi sarebbe che i rappresentanti delle potenze estere a Bukarest tenessero separatamente un simile linguaggio ai Ministri del Principe Couza.

Sua Signoria disse inoltre che la Francia €,ra pure in questo consenziente, ma mi espresse in pari tempo la poca fiducia che aveva di vedere la situazione politica dei principati Rumeni a prendere un avviamento diverso di quello da parecr.hi anni seguito.

279

IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 29. Madrid, 26 gennaio 1866 (per. l ' 1 febbraio).

Je viens de recevoir la dépeche de V. E. du 20 janvier (cabinet n. 4) (2) par laQuelle j'apprends avec regret que les documents diplomatiques présentés aux Cortès par le Gouvernement Espagnol, et que je n'ai point manqué d'envoyer à V.E. aussi vite que possible, ne lui soient pas parvenus aussi tòt qu'Elle l'aurait désiré.

!1) Non pubblicato.

Je me permets toutefois de faire observer à V.E. que ces documents, quoique présentés le 11 au Sénat, n'ont été distribués que le 18 au corps diplomatique de Madrid, et si pour ma part j'ai pu les avoir quelques jours avant mes Collègues, c'est uniquement parce que je suis aHé personnellement les demander au Ministère d'Etat avec l'intention de les envoyer de suite à V.E. Mais y ayant appris que dès le 12 on avait envoyé le livre rouge à M. Ulloa, et que par conséquent V.E. devait, selon toutes probabilités, l'avoir déjà reçu, vu que ce Ministre se serait empressé de Lui en offrir un exemplaire, j'ai préféré attendre 1e 19 afin de profiter du courrier français, ce qui me paraissait un moyen plus sur de transmission. Je ne doute pas qu'à présent V.E. n'aH; reçu cet envoi que j'ai recommandé pour plus d'exactitude à la Légation du Roi à Paris.

Quant aux pièces contenues dans ce recueil qui ont rapport aux affaires d'Italie, j1e n'aurais guère pu en faire à V.E. l'analyse avant de les connaitre dans leur intégrité. Les journaux ministériels de Madrid du 12 avaient, il est vrai, publié la dépeche de M. Pacheco du 10 Juin 1865, qui est au reste la seule pièce nouvelle et importante concernant les affaires d'Italie contenue dans le livre rouge; mais avant de la transmettre à V. E. j'ai voulu me procurer ce livre afin de voir si elle était réellement telle que les journaux venaient de la donner. En effet, ainsi que j'ai eu l'honneur de le faire remarquer à V.E. par ma dépeche du 17 courant (n. 24) (1), elle y avait été généralement mutilée, afin de mieux servir au but que se proposaient ces journaux, c'est à dire, à prouver que la reconnaissance de l'Italie n'avai~t pas dépendu de la volonté du Général O'Donnell, mais qu'elle était devenue un faH indispensable, voulu par l'Espagne, que ce Général avait été obligé de réaliser, puisque la nécessité en avait été reconnue par le Pape m~me, et par les Ministres du parti modéré.

A la suite de la discussion, dont j'ai également rendu compte à V.E. dans le susdit rapport, qui a eu Heu au Sénat entre MM. Seijas Lozano, Arrazola et Bermudez de Castro, ce derni·er s'est décidé à publier un second recueil de documents uniquement destiné aux affail'\es d'Italie, qui est, à son avis, bien plus important que le premier. En effet la correspondance du Ministère d'Etat avec les représentants Espagnols à Paris, Vienne, Rome et Florence y offre le plus grand intérèt. J'ai envoyé hi<er ma.tin par la poste à V.E., à peine reçu un exemplaire de ce volume, mais afin d'éviter quelque soit le retard j'en expédie maintenant un second par le courrier Espagnol qui se rend directement à Florence.

Je crois de mon devoir, M. le Ministre, d'appeler Votre attention sur quelques points de cette seconde publication.

J'ai déjà eu l'honneur, dans le rapport adressé hicr à V. E., (2) de Lui faire remarquer les deux dépeches adressées le 6 et 12 Mai 1865, par M. de la Torre Ayllon à son Gouvernement pour lui annoncer que le Cabinet des Tuileries avait fait des démarches auprès de celui de Vienne pour l'engager à aider à la formation d'un corps de volontaires autrichiens au service du S. Père.

V.E. -aura remarqué qu'il est dit dans la première de ces dépeches que M. Drouyn de Lhuys et D. Alejandro Mon poussaient à la réalisation de ce projet ce qui aurait engagé ouvertement la politique du Cabinet Espagnol, avec lequel M. -Mon était en excellents rapports, dans un sens hostile à l'Italie. Mais M. Mon, dans une dépèche adressée le 16 mai 1865 (page 23) au Ministre d'Etat, désavoue complètement les projets qui lui sont attribués par M. Ayllon, dont les tendances réactionnaires sont du reste très connues, en soutenant qu'il n'a jamais approuvé ni avec M. de Metternich, ni avec M. Drouyn de Lhuys, la formation d'une légion étrangère à Rome.

Quant à la correspondance du Marquis de Lema, l'exactitude de ses assertions sur les intentions du Gouvernement français, a été reconnue par M. Drouyn de Lhuys qui est arrivé à dire qu'il n'aurait aucune difficulté à signer luimème les paroles qui lui so n t attribuées par l'Ambassadeur d'Espagne. Cela est consigné dans une dépèche adressée le 24 Octobre 1865 par le lVIarquis de Lema au Ministre d'Etat (pages 66, 67) (1).

Je sais d'une source très certaine qu'avant de publier toute cette correspondance o n a , demandé à M. le Ministre Impérial des Affaires Etrangères, s'il n'y voyait aucun inconvénient, et qu'il a répondu dans le sens le plus favorable en reconnaissant que l'Ambassadeur d'Espagne avait toujours interprété fidèlement ses paroles comme ses intentions.

Enfin un document qui offre un intérèt tout particulier est, à mon avis, la dépèche de l'Ambassadeur d'Espagne à Rome du 31 Janvier 1865 (page 13) où il rend compte de la première audience qui lui a été accordée par le St. Père. Ce dernier après lui avoir annoncé que par son ordre on a:llait publier à Rome un commentaire de l'Encyclique, reconnu indispensable, a ajouté ces mots rapportés textuellement par M. Pacheco: • Las proposiciones del Syllabus estaban tan descarnadas que podian poner espanto • ce qui me parait correspondre à la phrase italienne: tanto scarne da metter terrore. Cet aveu dans la bouche méme du St. Père a certes une importance qu'il est impossible de méconnaitre.

Il résulte de la lecture de tous Ies documents qui viennent d'etre publiés, que l'exécution de la convention du 15 SepteJ:Ilbre et le sort réservé à la Papauté préoccupent surtout le Cabinet de Madrid, mais on n'y trouve rien de directement opposé aux aspirations et à la politique du Gouvernement Italien.

(2) Cfr. n. 271.

(l) -Cfr. n. 265. (2) -Non pubblicato.
280

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

Firenze, 27 gennaio 1866, ore 21,00.

T. 31.

n est très nécessaire que vous vérifiez si circulaire cont,enue dans votre

n. 263 (2) est authentique.

--<i)cr;.-tl-t. 36 di La Marmora a Nigra del 31 gennaio: • J'appelle votre attention sur supplément au livre rouge espagnol relatif à l'Italie dont les révélations ne me semblent pas sans gravité •.

(2) Cfr. n. 277.

281

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LV9, pp. 40-42)

D. 23. Firenze, 27 gennaio 1866.

Mi riuscì grato l'annunzio dell'essere giunte a Berlino le ratifìche di nove fra i venti Governi dello Zollverein chiamati ad aderire al Trattato di Commercio compresevi quelle dell'Annover.

In ordine a queste ultime * •e prima che fossero pervenute a questo Ministero degli Affari Esteri, V.S. Illustrissima stimò opportuno di rivolgersi personalmente al Conte di Bismarck per conoscere quale ne fosse, secondo le sue informazioni il tenore * (1). Le risposte fa-ttele dal Conte di Bismarck definiscono con perfetta esattezza, a parer nostro, la situazione: e del resto in quanto al Governo del Re, non v'era punto ragione per cui egli avesse a preoccuparsi di siffatto argomento. Poiché l'Annover ebbe comunicazione ufficiale così del protocollo come del Trattato, né formulò alcuna riserva a tale riguardo, non si potrebbe, senza attribuirgli propositi poco conformi alla buona fede, porre in dubbio che le sue ratifiche hanno quel carattere (2) che ne è naturalmente inseparabile e che fu inoltre espressamente dichiarato e convenuto tale dai quattro Stati germanici contraenti a nome di tutto lo Zollverein. Ed appunto perché ciò non può ·essere dubbio, non occorre in questa circostanza che si proceda altrimenti di quello che si usa negli scambi ordinarii di ratifiche, non solendosi in esse far menzione di atti accessorii, come sono i protocolli di chiusura ed altri simili atti inerenti all'atto principale. E' necessario solo che tutte le ratifiche siano concepite in forma regolare e corretta affinché non si abbia poi ad incontrare alcuna difficoltà all'atto dello scambio: ma a ciò non ispetta a noi di provvedere se non per quanto riflette le nostre proprie ratifiche.

Quanto alla denunzia del Trattato del 1845 ed aHa contemporanea offerta di negoziare per un nuovo Trattato di navigazione, noi avevamo motivo di non frapporvi indugio allorquando non pareva così prossima l'adesione di tutti gli Stati dello Zollverein al Trattato di Commercio. In allora diffatti sembrava opportuno di non rinviare all'epoca forse remota dell'attuazione del Trattato di Commercio l'apertura del negoziato per un nuovo Trattato di navigazione. Quando poi Ella mi fece conoscere per telegrafo che presso codesto Ministero degli Affari Esteri si riteneva d'assai più prossima, che dianzi non si supponesse, l'adesione dell'Annover e degli altri Stati dello Zollverein, io Le diedi per istruzioni di sospendere la denunzia del Tmttato del 1845, * sia perché non vi era più quella urgenza accennata testè sia * (l) per evitare ogni atto che potesse

sembrare pressione per parte nostra sull'Annover e sugli altri Stati fino allora opponenti, * sia infine per non incagliare con un nuovo incidente il corso regolare ed ormai più rapido delle fasi ult,;me del negoziato relativo al Trattato di Commercio. Le confermo ora siffatte istruzioni, e La prego, Signor Ministro, di soprassedere dalla proposta di nuovi negoziati per l'argomento della navigazione, e dalla contemporanea denuncia dell'antico Trattato, finché le ratifiche del Trattato attuale di Commercio non siano state scambiate ed il Trattato stesso posto ad esecuzione, il che ci auguriamo possa avvenire in termine non remoto.

SegnandoLe ricevuta dei Suoi pregiati Rapporti nn. 2, 3, 4 e 5 Politici, 36, 37, 38 e 39 Commerciali, nonché di quello senza numero in data del 22 corrente... * (1).

(l) -Il brano fra asterischi è omesso in L V 9. (2) -In L V 9 qui aggiunto « di riconoscimento politico •·
282

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in L V9, pp. 635-638)

D. 153. Firenze, 28 gennaio 1866.

Dans une conversation que je viens d'avoir avec M. le Mlnistre de France touchant le désir manifesté par l'Autriche de r,entrer avec l'!talie dans le régime commerciai consacré par le Traité Austro-Sarde de 1851, j'ai eu l'occasion de m'expliquer sur la forme qui devrait etre donnée à l'application réciproque entre les deux pays du traitement de la nation la plus favorisée.

Pour déterminer la marche qui doit etre suivie dans cette circonstance il suffit de préciser exactement la situation: c'est ce que j'ai fait dernièrement encore dans la dépeche que je vous ai adressée le 11 de ce mois (2).

Si l'Art. 15 du Traité de 1851 qui confère aux parties contractantes la faculté de réclamer le traitement réciproque de faveur, n'a pas reçu d'application effectiv'e dans le Royaume d'Italie, si nous n'avons pas étendu successivement à l'Autriche les bénéfices des Traités de commerce conclus par nous après 1859 comme l'Art. 15 autorisait l'Autricbe à nous le demander, c'est que cette demande n'a jamais été faite, c'est que loin d'étre disposée à offrir la réciprocité, l'Autriche a voulu, au détriment de ses intérets comme des notres, introduire jusque dans les relations économiques des deux pays des fictions d'après lesquel1es des frontières de douanes aujòurd'hui disparues étaient encore censées exister en Italie, ce qui entrainait comme conséquence 'l'application en Autriche de traitements divers et de juridictions consulaires différentes aux provenances italiennes.

trattato del 1845 •.

C'est donc uniquement de l'Autriche -et non de l'Italie que vi,ennent les obstacles à l'application du traité de 1851 remis en vigueur par le traité de Zurich. Il n'est pas besoin en effet de faire remarquer que nous n'avons jamais songé en Italie à imiter cette manière d'agir, ni à méconnaitre au nom de nos principes, comme il a plu à l'Autriche de 1e faire au nom des siens, la réalité de la situation de fait.

Il appartient en conséquence à l'Autriche de supprimer ces obstacles, en demandant au Royaume d'Italie le traitement de faveur et en lui offrant la réciprocité.

Cette demande devrait naturellement étre faHe directement au Gouvernement du Roi; car il serait étrange qu'après avoir fait faire sans intermédiaire et par un fonctionnaire subalterne auprès du Ministère Royal des Finances, il y a quatre mois, une démarche que je me bornerai à qualifìer d'irrégulière, pour obtenir le traitement de faveur en Lombardie et en Sardaigne, le Gouvernement Autrichien jugeàt avoir besoin de se retrancher aujourd'hui derrière une tierce puissance pour renouvel,er sa démarche dans des termes plus acceptables.

Nous avons aussi le droit de nous attendre que le Gouvernement de l'Empereur d'Autriche, en s'advessant au Gouvernement du Roi d'Italie, sentira qu'il est convenable qu'il s'abstienne de toute réserve ou restriction à l'égard de la constitution actuelle du Royaume et de la Souveraineté qui le régit.

Les offres de réciprocité qui seraient faites à l'appui de cette demande devraient, d'autre part, ètre sérieuses et réelles. Toute différence de traitement, dans le fond et dans la forme, devrai~t ètre abolie en Autriche pour les provenances italiennes quelles qu'elles soient, et à cet effet il devrait ètre fait mention exclusivement du Royaume d'ltalie et de l'administration italienne dans les dispositions et notifìcations des Autorités Impériales ayant trait aux rapports commerciaux de droit ou de fait du Royaume avec l'Empire.

Le régime consulaire étant l'une des parties essentielles et la garantie méme de relations commerciales régulières et sures, et l'application du traitement de faveur en Autriche ne pouvant que demeurer illusoire pour notre commerce tant que des juridictions consulaires confér_ées par des souverains déchus empièteront sur la juridiction consulaire italienne, tout désordre à cet égard devrait cesser au moyen du retrait du titre de juridiction que possèdent encore de prétendus Agents Consulaives d'Eta,ts qui ont cessé d'exister.

Tels sont les éclaircissements que j'ai donnés en substance à M. le Baron de Malaret sur les conditions qui devraient ètr~e remplies pour la régularité des nouveaux rapports commerciaux entre l'Autriche et l'Italie. Nous ne mettons, vous le voyez, pas d'autre condition à la réprise du traitement réciproque de faveur, sinon que l'Autriche se décide à user envers nous des mémes procédés dont nous usons actuellement envers elle; c'est assez dire que le bien-ètre des populations intéressées et le soin de notre dignité sont nos seuls mobiles.

Si S. E. M. Drouyn de Lhuys fait part de ces indications au Cabinet de Vienne, qui aura pu les trouver d'ailleurs par lui-mème 'en examinant de près l'état de la question, les bons offices de la France auront fait leur oeuvre, et l'Autriche, complètement éclairée sur la voie qui lui ~est ouverte, prendra

telles résolutions qu'il lui conviendra. Nous souhaitons que ces résolutions soient telles que le voudraient les besoins économiques des populations intéressées, bien que les avantages d'ordre secondaire qui en résulteraient ne puissent rien òter à l'urgence des questions bien autrement graves dont la solution intégrale, c'est une nécessité pour l'Italie.

* P. S. Je vous accuse réception de vos rapports de la Série Politique depuis le N. 258 jusqu'au N. 263 inclusivement * (1).

(l) Cfr. nn. 256, 260, 266, 274. Gli altri rapporti non sono pubblicati. In LV9 il b"t"ano fra asterischi è sostituito dal seguente: « Ora infine l'invio delle ratifiche dell'Annover facendo scomparire quell'inconveniente, ella vorrà dar eorso senz'altro alla denunzia del

(2) Cfr. n. 258.

283

IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 30. Madrid, 29 gennaio 1866 (per. il 5 febbraio).

Le Parlement doit bientòt commencer les débats sur l'adresse, et le paragraphe ayant trait à la reconnaissance de l'Italie y sera, à ce qu'on m'assure, vivement discuté.

Le projet de la Commission du Sénat est déjà publié et a été mis à l'ordre du jour pour la séance d'aujourd'hui. Quelques Sénateurs y soulèveront la question de savoir si, l'état de siège n'étant pas levé, le Sénat peut traiter avec assez de liberté les questions politiques, et proposeront de renvoyer cette discussion jusqu'à ce que le pays soit rentré sous l'empire des lois ordinaires. Cet avis toutefois ne peut prévaloir car le Gouvernement s'y opposera énergiquement afin de ne pas etre obligé à òter l'état de siège.

Le troisième paragraphe de l'Adresse du Sénat, tel qu'il a été rédigé par la Commission, est ainsi conçu:

« Des raisons d'une politique élevée et de convenance publique, généralement appréciées et formulées par l'opinion du pays, ont créé la nécessité de reconnaitre le Royaume d'Italie. En adoptant cette décision, Votre Majesté a justifié avec un jugement admirable qu'on peut allier l'amour filial envers le Père commun des fidèles et la détermination bi,en arretée de sauvegarder les droits du St. Siège avec les concessions q_ui dans certaines c.irconstances sont arrachées inévitablement par la marche providentielle du monde "·

Ces phrases laissent comprendre plus qu'elles ne disent, et respirent un air de résignation qui s'allie à merveille aux regrets laissés dans des régions très élevées· par la reconnaissance du nouveau Royaume.

Le projet de l'Adresse de la Chambre des Députés ne sera publié que demain. J'ai su par Quelc!ues membres de la Commission que, selon toutes probabilités, il nous sera encore moins favorable Qu'au Sénat. :Le Gouvernement a eu le tort, par esprit de conciliation, de laisser nommer parmi les membres de la Commission chargés de rédiger l'Adresse cruelques députés qui, tout en appartenant .:u parti du Ministère, ne sont pas en parfait accord avec lui sur tous les

points. Ces députés veulent introduire dans la réponse des Cortès l€s mots de pouvoir temporel, et la majorité de la Commission a été d'avis de transiger avec eux. Cela a le double inconvénient de faire que le projet d'Adresse de la Chambre des représentants sera moins liJ:?éral que celui de la Chambre haute, et d'encourager les Sénateurs modérés qui auraient encore l'intention de proposer des amendements d'accord avec leurs principes conservateurs. Si on réussit done, comme il parait inévitable, à insérer dans l'Adresse des restrictions en faveur du St. Père plus accentuées que celles contenues dans le discours de la Couronne, où il n'était pas question du pouvoir temporel, il est évident que le Ministère, pouvant aujourd'hui disposer à son gré de la majorité de la Chambre des représentants, se sera lui-meme préparé là un échec qu'il aurait pu facilement éviter.

Au Sénat le Marquis de Miraflores, un des hommes les plus éminents du parti modéré, ~ l'intention de parler contre la reconnaissance de l'Italie et de proposer un amendement. Un autre amendement sera proposé par le Marquis de Novaliches, M. Arrazola et leurs amis.

Aux Cortès, d'après les règlements, la discussion ne pourra commencer que lorsqu'elle sera terminée au Sénat. MM. Nocedal, Aparisi et presque tous les néocatholiques se sont déjà inscrits pour parler contre nous. On suppose aussi que le Comte de Xiuuena, un des fils du Due de Bivona actuellement à Naples, ne voulant pas perdre le fruit d'un discours préparé depuis longtemps et auquel l'an dernier il fut, malgré lui, obligé de renoncer, y défendra la cause de l'ancienne monarchie sicilienne; mais son plaidoyer sera sans portée politique car, q_uoique secrétaire de la Chambre, il en est un des membres les plus jeunes, sans influence personnelle, et ne peut guère etre considéré comme l'organe du parti modéré auquel il appartient. Telles sont les prévisions qu'on fait aujourd'hui sur ces prochains débats, mais je dois ajouter que la tactique de l'opposition peut varier d'ici là.

Le second livre rouge concernant les affaires italiennes, duquel j'ai eu l'honneur d'envoyer deux exemplaires à V. E., a produit ,ici une certaine impression. Au Ministère d'Etat on y attache beaucoup d'importance, car en révélant la correspondance de lVIM. Mon et Pacheco avec le lVIinistère précédent, il prouve que ces Ministres du parti modéré désiraient la reconnalssance de l'Italie, devenue tellement indispensable que si certains obstacles ne fussent -v<enus s'y opposer, le Général Narvaez aurait lui-meme accompli cet acte politique. Les opinions pouvaient varier sur la forme ou sur les concessions à exiger du Gouvernement Italien, mals à Paris, comme à Rome, les Ambassadeurs d'Espagne comprenaient la nécessité pour leur pays de renouer avec lui les relations diplomatiques, et M. Mon n'a changé d'avis que lorsque un diff.érend personnel s'est élevé entre il.ui et M. Bermudez, duquel nous ne sommes pas à meme de juger la portée, car les lettres échangées à ce propos sont demeurées S€crètes.

Je pense que l'opposition conservatr,ice après qu'elle aura attaqué M. le Ministre d'Etat sur le fond de la question, pourrait bien aussi en critiquer la forme, car les documents publiés indiquent trop clairement qu'il a espéré d'obtenir de notre Gouvernement des garanties qui lui ont été vefusées. On loue généralement meme parmi nos adversaires la franchise de la No,te de V. E. du 5 juillet 1865 adressée au Baron Cavalchini (1), tandis que celle de M. Bermudez de Castro ?..dressée à M. Zarco del Valle le 12 du meme mois est sévèrement blamée pour ses allures incertaine;;. On ne trouve point de bon aloi qu'il ait voulu soutenir que mon prédécesseur l'eut mal compris, lorsq_ue de la simple lecture des documents en q_uestion il résulte au contraire q_u'afin de contenter le parti catholique

M. Bermudez avait cherché d'exiger le plus possible avec l'intention de se pré, valoir de toutes les concessions Q.ue notre Gouvernement lui aurait accordées.

Je sais positivement Q.ue ces choses pourraient bien lui etre maintenant reprochées aux Cortès.

(l) Cfr. nn. 276, 277. Gli altri rapporti non sono ]:Ubblicati. Il brano fra asterischi è omesso in LV9.

284

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 40. Berlino, 30 gennaio 1866 (per. il 3 febbraio).

L'envoi des ratifications du Hanovre faisant disparaitre les inconvénients que j'avais eu soin de signaler dernièrement à l'attention de V. E. relativement à la dénonciation du Traité de Commerce et de Navigation conclu en 1845 entre le Zollverein et la Sardaigne, j'ai l'honneur de transmettre ci-joint à V. E. la copie de la Note que, conformément à Ses instructions et en me prévalant des considérations renfermées dans Sa dépeches du 12 eourant (2), je vlens d'adresser dans ce but au Gouvernement Prussien.

Dans l'espérance q_ue V. E. voudra bien approuver cette communication.....

ALLEGATO.

BARRAL A BISMARCK

Berlino, 30 gennaio 1866.

Le Traité de commerce qui vient d'etre signé par l'ltalie avec les Plénipotentiaires de Prusse, de Bavière, de Saxe et de Bade, et dont la mise à exécution n'est désormais retardée que par des causes indépendantes de la volonté du Gouvernement Italien, aura naturellement pour effet de déroger à la partie commerciale de l'ancien Traité de commerce et de navigation de 1845, entre la Sardaigne et le Zollverein, tout en laissant subsister les clauses de ce traité relatives à la navigation.

Ce maintien partiel du traité de 1845 paraissant peu régulier et de nature à embarrasser les rapports des Administrations maritimes respectives, le Gouvernement du Roi a été amené à trouver dans les stipulations du traité lui-meme un moyen de remédier à cet inconvénient en conciliant les intérets des Pays respectifs avec les exigences d'un système régulier de relations maritimes entr'eux.

Aux termes de l'Art. XX le Traité de 1845 n'a plus été exécutoire à partir du Jer janvier 1858, que par voie de tacite prolongation d'année en année, de ma

nière que chacune des Parties contractantes peut en faire cesser les effets moyennant une déclaration préventive de 12 mois à l'avance. Le Gouvernement du Roi entend se prévaloir de cette faculté, et d'après l'ordre que j'en ai reçu, je viens dénoncer à V. E. le traité de 1845, en ayant l'honneur de Lui déclarer en meme) temps que mon Gouvernement est pret à entrer sans délai en négociations pour conclure sur les bases les plus larges et du traitement de la nation la plus favorisée, des accords relatifs à la navigation avec les Etats intéressés du Zollverein (1).

(l) -Cfr. n. 91. (2) -Cfr. n. 261.
285

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 55. Parigi, 31 gennaio 1866, ore 16,03 (per, ore 17,25).

M. Drouyn de Lhuys m'a dit qu'il ignore si la circulaire est autentique, il le demande aujourd'hui au Ministère de la Guerre et me le fera savoir ensuite.

286

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 41. Berlino, 31 gennaio 1866 (per. il 3 febbraio).

* Aussitòt après la réception de la dépeche Commerciale que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser sous la date du 22 courant (2), mais qui ne m'est parvenue qu'hier matin, je me suis empressé de me rendre chez le Ministre des Villes Hanséatiques, auquel j'ai donné connaissance de son contenu. M. de Geffcken m'a dit Qu'il allait immédiatement informer son Gouvernement de l'accueil favorable qu'avait fait le Gouvernement du Roi à la proposi:tion d'un Traité de Commerce et de Navigation entre l'Italie et les Villes libres Hanséatiques, en Lui faisant part en meme temps des conditions mises à sa conclusion et à sa mise en vigueur. D'après ce qu'a ajouté M. de Geffcken, le Chargé d'Affaires de Sa Majesté à Hambourg ne tardera pas à recevoir une proposition formelle à cet égard * (3).

Con r. 53 del 3 marzo Barrai comunicò: « Je reçois aujourd'hui et je m'empresse de transmettre ci-joint en copie à V. E. la réponse que m'adresse à ce sujet le Gouvernement Prussien, et de Iaquelle il résulte qu'il n'a pas manqué de porter à la connaissance des autres Membres du Zollverein le contenu de l'office de cette Légation, et qu'il se réserve de Lui faire parvenir une communication ultérieure par rapport à la conclusion d'un nouveau Traité de Navigation •·

* Depuis la dernière dépeche Commerciale que j'ai eu l'honneur d'adresser à V. E. il est encore arrivé deux ratifications à notre Traité de Commerce, celles de la Saxe Royale et de Saxe-Weimar. M. de Philipsborn m'annonce comme ayant déjà été signées et sur le point d'etre transmises les ratifications de la Hesse Electorale et du Wi.irtemberg. Les autres ne tarderont pas à suivre. J'ai pris attentivement connaissance de celles du Hanovre qui, comme j'ai eu soin d'en informer V. E. ne contiennent aucune espèce de réserves * (1).

Cet empressement de la part des petits Etats à envoyer des ratifications qu'ils déclaraient, il n'y a pas encore longtemps, impossibles, prouve le revirement rapide qui s'est opéré parmi eux en notre faveur, sous la double pression de l'opinion publique et de la foi toujours croissante que l'on a en Allemagne dans les destinées unitaires de l'Italie.

(l) In L V 9, pp. 42-43 è pubblicato l'allegato, preceduto dal seguente estratto in italiano del rapporto di Barrai: • In conformtta delle istruzioni telegrafiche di V. E., ho diretto al Governo prussiano una nota nel senso del dispaccio di V. E. in data del 12 corrente di cui unisco qui una copia. Spero che V. E. vorrà approvarmi •·

(2) -Non pubblicato. (3) -II brano fra asterischi è edito in italiano in L V 9, pp. 89-90.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 42. Berlino, 31 gennaio 1866 (per. il 3 febbraio).

* Je m'empresse d'informer V. E. Que dans une séance d'hier convoquée ad hoc, les Commissions réunies des Finances, des Douanes, du Commerce et de l'Industrie à laquelle assistaient également les Délégués du Gouvernement, ont décidé à l'unanimi·té de proposer à la Chambre l'adoption du traité de Commerce avec l'Italie. M. le député Michaelis présentera dans une prochaine Séance de la Commission son rapport écrit et successivement le traité.lui-meme ne tardera pas à etre porté aux Chambres pour ètre soumis à leurs délibérations.

Je dois maintenant faire part à V. E. d'un singulier incident * qui, d'après ce qui m'a été confié sous le plus grand secret, pourrait se produire dans l'échange des ratifications, e·t * sur lequel je Lui serais très obligé de me faire parvenir aussitòt que possible des instructions précises.

Le Due de Nassau, * l'un des petits Souverains A'llemands qui s'est toujours montré le plus hostile à l'Italie, et dont le frère Nicolas commandait une division autrichienne à Magenta, le Due de Nassau, dis-je, pour éviter d'apposer sa signature au bas des ratificartions, tout en acquérant les bénéfices du traité, * a eu l' * étrange * idée de faire des démarches auprès du Roi de Prusse pour savoir si Sa Majesté consentirait à accepter ses pleins pouvoirs, et, au moyen d'une d~légation spéciale, à ratifier pour lui le traité. L'on n'a pas pu me faire connaitre la réponse de Sa Majesté * (2), qui probablement n'est pas pressée de prendre une décision à cet égard; mais H importe dès à présent que le Gouvernement du Roi

soit fixé sur la conduite à tenir dans une question aussi délicate si, par l'acceptation du Roi de Prusse, elle venait à se présenter.

Il n'y a· pas de doute, en fait, que la signature du Roi de Prusse a une valeur bien autrement grande que cene d'un obscur petit Prince qui n'est connu en Allemagne que par son pitoyable Gouvernement et ,la haine à peu près universelle de ses sujets; mais, en principe, les ratifications constituant un acte de souveraineté personnelle destiné à approuver la téneur d'un traité et en assurer l'exécution dans toute l'étendue des Etats du Souverain qui le ratifie, il semble dès lors que, lui seul, peut etre admis à procéder à un acte inhérent à ses droits de souveraineté, et lui imposant sur son propre territoire des obligations dont lui seul également peut ordonner le strict accomplissement.

Si à ces considérations, d'un ordre purement juridique et international, nous ajoutons la connaissance parfaite des motifs qui font agir le Due de Nassau dans cette cìrconstance, il me semble impossible que le Gouvernement du Roi se prete à une combinaison qui n'est qu'un stratagème: et le Gouvernement Prussien ne pourrait pas raisonnablement se blesser d'un refus de notre part qui ne s'adresserait point à lui, mais uniquement au Due de Nassau.

Peut-etre pourrions-nous aUer au devant de la difficulté en déclarant d'une rnanière générale, et sans faire allusion à ce qui m'a été confié, en déclarant, dis-je, soit ici, soit à M. d'Usedom, pour qu'il en informiì.t son Gouvernement, que dans l'échange des ratifications nous n'accepterons positivement aucune espèce de délégations d'un Gouvernement à un autre.

De toute manière, le Gouvernement du Roi étant maintenant prévenu,

pourra en toute connaissance de cause prendre une décision que je serais très

vbligé à V. E. de vouloir bien me faire connaitre.

(l) -Il brano fra asterischi è edito in italiano in L V 9, p. 44. (2) -In L V 9, pp. 44-45 sono editi in italiano i brani fra asterischi seguiti dalla frase seguente: « Qualunque essa sia per essere, essendo noti i motivi che suggerirono tal partito al duca di Nassau, io credo che il Governo del Re avrebbe diritto di non acconciarvisi e che il Governo prussiano non avrebbe ragione di adontarsi per siffatto nostro rifiuto ».
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 264. Parigi, 31 gennaio 1866 (per. il 3 febbraio).

Il libro giallo, del quale mi affrettai di trasmettere un esemplare a V. E. per la posta, inaugura la serie dei d1spacci diplomatici relativi all'Italia coll'importante ufficio diretto da S. E. il Ministro Imperiale degli Esteri all'Ambasciatore Francese a Madrid in data del 14 marzo 1865. Questo dispaccio constata le pratiche fatte in allora dalle Corti di Madrid e di Vienna, perchè, all'infuori dell'Italia, la Francia si obbligasse a prendere coi Governi Austriaco e Spagnuolo degli impegni tendenti a guarcntlre al Papa i suoi attuali dominii. La risposta data a queste aperture dal Signor Drouyn de Lhuys è degna di essere rimarcata. La Convenzione del 15 Settembre basta ampiamente nel concetto del Governo Imperiale ad ottenere lo scopo ch'esso si è proposto con questa stipulazione: ammettendo le previsioni ed i timori delle Corti di Vienna e di Madrid il Governo Imperiale si metterebbe in contraddizione con se stesso: esso farebbe ingiuria all'Italia, porgerebbe il destro al Governo del Re con delle diffidenze immeritate, di mostrarsi osservatore meno scrupoloso delle sue promesse. Risulta peraltro dal dispaccio stesso ehe niuna proposta concreta era stata formolata dal Principe di Metternich e dal Signor Mon, e che i Gabinetti Austriaco e Spagnuolo tendevano con ciò piuttosto a fare un atto aggradevole alla Santa Sede, che ad entrare di proposito deliberato in una serie di negoziati miranti ad assumeve degli obblighi positivi e diretti. Infatti pochi mesi dopo la Spagna seguiva il consiglio che il Governo Imperiale [e avea dato di riconoscere il Regno d'Italia, ed il breve dispaccio del 27 giugno constata in termini convenienti la soddisfazione del Governo Frane•ese per questa determinazione. Ad eguali sentimenti s'informano i due uffici seguenti relativi al riconoscimento dell'Italia per parte di pavecchi membri dello Zollverein, ed ai negoziati commerciali, di cui quel riconoscimento fu condizione preliminare. È innegabile il •tatto con cui il Governo Imperiale favorì questi negoziati, evitando una pressione che avrebbe potuto avere conseguenze affatto opposte ai nostri desiderii, ma esprimendosi sempre in modo da far capire agli Stati minori della Germania che la Francia desidera che essi siano coll'Italia in buoni rapporti.

I dispacci che seguono risguardano i'l ritiro parziale delle truppe francesi da Roma. Le istruzioni date dal Governo del Re alle sue truppe che tengono guarnigione verso il confine Pontificio costituiscono il documento più interessante di questa serie, destinata a constatare l'esecuzione reciproca della Convenzione del 15 Settembre. Ma come è noto del resto a V. E. il Cardinale Antonelli indirizzò ai Rappresentanti della Santa Sede presso le nazioni cattoliche una circolare con cui si revocava in dubbio la buona fede con cui il Governo del Re avrebbe adempito gli obblighi assunti. Il dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys del 19 dicembre 1865 e quello del Barone di Malaret del 2 gennaio 1866 si riferiscono a questa circolare e meritano di essere segnalati all'attenzione di V. E.

Durante i negoziati ai quali diede luogo la missione del Comm. Vegezzi a Roma, il Governo Francese si mantenne in una riserva che gli fu ispirata dal desiderio sincero, a mio credere, che quel primo tentativo di conciliazione non andasse a vuoto. Risulta infatti dai dispacci indirizzati su quest'argomento al Conte di Sartiges che l'Imperatore vide con piacere che si fossero iniziati fra il Governo del Re e la Santa Sede dei rapporti di11etti, e che il Governo Imperiale fu dolente che lo scambio d'idee avvenuto allora non abbia condotto a quei pratici risultati che egli poteva augurarsi.

I dispacci relativi alla cessione del debito Pontificio sono già tutti noti al Governo del Re. Quello che reca la data del 21 novembre merita tuttavia d'essere riletto con attenzione, pel metodo in esso indicato pel trapasso del debito. Basterebbe, giusta quel dispaccio di fissare la cifra degli interessi che il Tesoro Italiano dovrebbe pagare e che la Casa Rotschild la quale continuerebbe come pel passato ad incaricarsi del pagamento, inscrivesse sugli antichi titoli del debito pontificio una annotazione indicante che il pagamento è fatto per conto del Governo Italiano. Segnalo questo dispaccio a V. E., perchè dubito che il nostro Parlamento sia per ammet,tere questo metodo di soluzione. Del resto il Signor Drouyn de Lhuys lo accenna soltanto a modo d''esempio, e dichiara egli stesso che la soluzione dovrà cercarsi d'accordo col Governo Italiano.

289

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE

T. 37. Firenze, 1 febbraio 1866, ore 15.

J'espère que vous n'aurez pas exprimé dans vos conversations l'opinion que je trouve énorme dans votre n. 29 (l) que les documents espagnols ne contiennent rien de contraire à notre politique. J'y trouve moi des choses très graves, attendez mes instructions.

290

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 43. Berlino, 1 febbraio 1866 (per. il 5).

Faisant suite à ma dépeche d'hier (2), je me hate de venir informer V. E. que, d'après ce que l'on m'assure de bonne source, S. M. le Roi de Prusse, auquel le Due de Nassau a écrit une lettre autographe pour le prier de ratifier en son nom le Traité de Commerce avec l'Italie a positiv;ement accepté cette étrange délégation. Au lieu donc d'échanger nos ratifications avec le Due de Nassau, comme cela devrait etre de règle invariable dans pareille circonstance, nous les échangerions en réalité avec le Roi de Prusse en sa qualité de Délégué de Son Altesse. Les motifs du Due de Nassau pour en agir ainsi sont tellement évidens, qu'ils n'échapperont à personne, en Allemagne pas plus qu'à l'étranger. Son Altesse, contrainte comme Elle l'est par l'opinion publique de prendre part au Traité de Commerce avec l'Italie, consent bien à en recueillir les bénéfices, mais avec une arrogance qui, il faut bien le reconnaitre, frise l'impertinence, Elle ne veut pas qu'il soit dit d'avoir opéré, directement et en son propre nom, l'échange des ratifications avec le Roi d'Italie.

Posée dans ces termes, et il me semble qu'elle ne peut pas l'etre autrement, la question ne sauratt etre douteuse. Le Gouvernement du Roi, qui est le meilleur juge de sa dignité, prendra dans sa sagesse telle détermination qu'il croira convenable; mais dans l'obligation où je crois etre de faire connaitre mon opinion, je déclare très nettement qu'en présence de l'outrecuidance d'un petit Prince connu dans toute l'Allemagne pour ses principes ultra-réactionnaires et la profonde haine qu'il nous porte, je crois que nous ne devons pas céder d'un pas et bien moins nous preter au tour jésuitique qu'il s'apprete à nous jouer.

14 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

En expliquant franchement au Gouvernement Prussien les motifs de notre refus fondé sur les arrière-pensées du Due de Nassau qu'il connait aussi bien que tout le monde, il est impossible qu'il en soit blessé. Au reste, en dehors des raisons de dignité qui doivent nous engager à la repousser, la délégation en question serait un fait sans précédent dans les annales du Zollverein, et qui, par les considérations que je n'ai fait qu'indiquer dans ma dépeche d'hier, ne saurait en aucune manière etre admise. La l'russe, en signant le Traité de Commerce du 31 décembre dernier, a agi comme mandataire de Nassau; or, comment est-il possible d'admettre que le mandataire soit appelé à ratifier son propre mandat?

Pour bien mettre V. E. au courant de cette situation, je ne dois pas oublier d'ajouter que le fait de la délégation du Due de Nassau m'a été confié sous le sceau du plus grand secret, et que, de la part du Minisrtère ici, il ne m'a pas été dit un mot qui put me le faire soupçonner; bien au contraire.

Mais ce n'est pas tout: *il est bien vrai que le Hanovre a ratifié sans réserves * (1), et j'ai pu m'assurer moi-méme par la lecture attentive de l'instrument de ratifications, qu'il n'en contenait aucune; mais ici encore il y a un dessous des cartes que je m'abstiens de qualifier, en me bornant à le dévoiler.

* Le 28 décembre dernier, le Cabinet de Hanovre répondait aux instances du Gouvernement Prussien pour ratifier le Traité de Commerce avec l'Italie, en lui adressant une note où il était dit qu'il était prét à y consentir, mais sous la réserve expresse que les ratifications n'emporteraient cn aucune manière la reconnaissance. Or, en envoyant dernièrement ses ratifications, le Cabinet de Hanovre, dans la note d'accompagnement qui y était jointe, a dit que pour les conséquences politiques que l'on pourrait plus tard en tirer en faveur de la reconnaissance d'Italie, il s'en référait à sa Note du 28 décembre. Toùt cela est secret, il est vrai, et il n'en existe pas trace dans l'instrument de ratifications, mais en supposant que le Gouvernement du Roi voulùt un jour accréditer un Agent auprès de la Cour de Hanovre, celle-ci ne manquerait pas de s'en référer à ses réserves faites au Gouvernement Prussien, son mandataire, lors de l'envoi de ses ratifications; et alors quelle serait notre position?

Enfin l'on m'assure que la Resse Electorale en a agi exactement comme le Hanovre *, et que ses ratifications, également sans réserves apparentes dans l'instrument à échanger, seront accompagnées de la méme restriction formelle adressée à part au Gouvernement Prussien.

En présence de ce tissu de fourberies et de duplicités, dont il me semble que le Gouvernement Prussien aurait dù nous avertir au lieu de soigneusement nous le cacher, * je dois naturellement laisser au Gouvernement du Roi le soin de prendre dans sa prudence telle détermination qu'il croira convenable *. Si V. E. veut bien cependant me permettre d'exprimer mon opinion dans une situation aussi difficile, je crois Que le moindre de nos droits serait d'interpeller offici:ellement la Prusse sur l'existence de ces réserves à part, et si elle les nie, de consigner indirectement le fait dans l'instrument de nos ratifications, en déclarant par exemple que: • l'Envoyé d'Italie, en procédant à l'échange des

ratifìcations, n'accepte celles des Etats du Zollverein que dans le sens consigné dans le protocole de clòture du 31 décembve au sujet de la reconnaissance du Royaume d'Italie, et sous la condition expresse qu'elles n'ont été accompagnées d'aucune espèce de réserves sous quelque forme qu'elles puissent avoir été faites •.

Si le Gouvernement Prussien s'oppose à l'insertion de cette déclaration, nous saurons à quoi nous en tenir; s'il la laisse passer sans observations, il assume à lui seui la responsabilité de toutes les prétentions que pourrait élever plus tard contre la reconnaissance la mauvaise foi de certains petits Etats.

L'Ambassadeur de France, auquel j'ai cru pouvoir m'ouvrir sur cette situation, me dit qu'il irait plus loin encore, et qu'en proposant directement au Hanovre, après l'échange des ratifìcations, de recevoir un Envoyé Italien, il mettrait au pied du mur le Cabinet Hanovrien dont le refus, en laissant olairement voir le non accomplissement de la question de reconnaissance dont nous avons fait une question sine qua non, justifìerait pleinement la suspension des effets du Traité.

Ce ne sont là que des idées que je me permets de soumettre à la haute appréciation de V. E. en attendant qu'Elle veuille bien m'envoyer des instructions que, vu les circonstances pressantes, je désirerais vivement recevoir le plus tòt possible.

(l) -Cfr. n. 279. (2) -Cfr. n. 287.

(l) I brani fra asterischi sono editi in italiano in LV9, pp. 47-48.

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IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 65. Madrid, 2 febbraio 1866, ore 8 (per. ore 9,50).

Je n'ai absolument pas exprimé cette opinion sur documents espagnols, ni avec ministre des affaires étrangères ni avec Roi et autre pareil (1).

(l) Lo stesso giorno Taliacarne trasmise un rapporto confidenziale che completava il contenuto di questo telegramma. Se ne pubblica il brano seguente: • Quant à la phrase par laquelle j'ai tenniné mon rapport (série politique) n. 29 [Cfr. n. 2791 et à laquelle se rapporte le télégramme de V.E., je vois malheuresement qu'elle ne rendait pas assez nettement ma pensée. Je n'avais guère eu l'intention, en l'écrivant, de me rapporter à la totalité des documents publiés, ni à la polit.ique des Cabinets précédents, ni à celle de leurs représentants à l'étranger souvent hostiles à l'Italie. J'ai voulu seulement dire que le but de cette publication étant celui de justifier le Ministère devant ses oppositeurs à la Chambre d'avoir reconnu le Royaume d'ltalie, je n'en concluais pas que le Cabinet actuel eiit l'intention de prendre une attitude directement opposée en général à tous les intéréts italiens. L'Espagne est, on le sait, pour plusieurs motifs favorable à la cause du S. Père. En me servant donc des mots directement opposée j'avais voulu indiquer que ces documents ne me portaient pas à croire qu'en définitive ce Ministère veuille engager à présent le pays dans une voie tout-à-fait hostile au Gouvernement Italien, d'autant plus que les rapports du Cabinet Espagnol avec l'Autriche sont maintenant moins intimes que sous les Ministères précédents •.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 44. Berlino, 2 febbraio 1866 (per. il 6).

* M. de Philipsborn est venu ce matin m'annoncer que, sauf les ratifications de Wurtemberg et de la Hesse Grand-Ducale, qui lui étaient annoncées pour lundi ou mardi et dont il répondait toutes les autres étaient arrivées, et qu'ainsi il venait s'entendre avec mol pour fixer le jour de l'échange des ratifications. Je lui ai répondu que, comme je le lui avais déjà dit, avant d'en arriver là, le Traité lui-rrième devait ètre présenté à la sanction du Parlement, et que ce ne serait qu'après, que l'on pourrait procéder à l'échange * (1). M. de Philipsborn a paru très contrarié de ce temps d'arrèt qu'il sera difficile, m'a-t-il dit, de faire comprendre aux Membres du Zollverei:n après tous les efforts que la Prusse a faits pour activer l'envoi de leurs ratifications. *Il m'a chargé, en conséquence, de prier instamment le Gouvernement du Roi pour que, au moins, la présentation eut lieu aussitòt que possible, et qu'en aUendant l'on m'envoyàt ici les vingt ratifications Italiennes de telle manière qu'aussitòt que l'on aurait été informé par télégraphe du vote favorable des Chambres, l'on put immédiatement procéder à l'échange *. Cette demande, q~ue je me borne à transmettre, est naturellement subordonnée à la décision que croira devoir prendre le Gouvrnement du Roi au sujet des graves questions qui faisaient l'objet de mes

rapports d'hier et d'avant-hier (2).

* -Nous en sommes venus 1ensuite à parler tout naturellement des ratifications Allemandes que M. de Philipsborn m'a assuré ètre toutes sans réserve aucune *, et que j'examinerai moi-mème demain. * Sur ma demande si celles du Duché de Nassau étaient du nombre, M. de Philipsborn * s'est visiblement troublé et, avec des circonlocutions des plus embarrassées, *a fini par me dire que c'était le Roi de Prusse qui, sur la demande du Due de Nassau, les avait signées en son nom. En voyant l'étonnement que me causait cette communication, * il a immédiatement ajouté qu'il reconnaissait que c'était là un fait tout-à-fait insolite, mais que Sa Majesté n'avait pas cru devoir se refuser à la demande de Son Altesse. Je me suis borné à lui répondre que * certainement la signature de Sa Majesté avait une valeur bien autrement grande à nos yeux que celle du Due de Nassau; mais que, comme il le reconnaissait lui-mème, * -cette délégation constituant un fait tout-à-fait insolite, je croyais devoir en informer mon Gouvernement. •

Quant aux réserves secrètes (ou plutot à part, comme disent ici les Diplomates Allemands) il n'en a pas été question.

Je ne reviendrai pas ici sur les considérations que j'ai eu l'honneur de soumettre à ce sujet à l'appréciation de V. E. dans mes rapports d'hier et d'avanthier. Je me permettrai seulement de pleinement les confirmer, en ajoutant comme détail important, que plusieurs Membres du Corps diplomatique, que la prudence m'empeche de nommer, ayant eu connaissance de l'étrange délégation du Due de Nassau et des réserves à part du Hanovre et de la Hesse Electorale, en sont littéralement indignés, et ne comprendraient pas que le Gouvernement du Roi sanctionnat un traité entaché de fourberies qui dans quelques jours ne seront plus un secret pour personne.

P. S. Au moment de fermer cette dépeche, j'apprends que le Grand Due de Hesse (celui-là meme nommé par M. de Philipsborn) en envoyant ses ratifications en apparence sans réserves, les a accompagnées, dans une note à part, des memes déclarations que le Hanovre.

Vu l'importance de mes rapports d'avant-hier, d'hier et d'aujourd'hui, je serais très obligé à V. E. de me faire savoir pas le télégraphe qu'Hs Lui sont régulièrement parvenus.

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO

Ambassadeur de France lui aussi est indigné de l'insigne mauvaise foi des petits Etats et de la complicité tacite de la Prusse. Il m'autorise à citer son opinion d'après laquelle en présence de tant de duplicité, il n'hésiterait pas à mettre en question le traité et à prendre les mesures énergiques indiquées dans mon rapport d'hier pour en avoir raison.

(l) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in .L V 9, pp. 48-49. (2) -Cfr. nn. 287 e 290.
293

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (l) Berlino, 3 febbraio 1866.

Le double fait de la délégation du Due de Nassau au Roi de Prusse pour l'échange des ratifications et les réserves secrètes faites par le Hanovre, Hesse Electorale et Darmstadt, à la Prusse comme étant leur mandataire spéciail est aujourd'hui connu de tout le Corps diplomatique qui le blàme hautement comme constituant un acte insigne de déloyauté et de mauvaise foi. Je sais de source certaine que les Ministres de ces puissances on dit dans l'intimité que leur

Gouvernement ne se croyait nullement lié par leurs ratifications, et qwe le cas échéant, comme ce pourrait etre l'envoi d'un a~:ent Italien ils invoqueraient les réserves à part adressées à la Prusse leur mandataire. L'on regarde comme impossible que l'Italie puisse accepter une pareille situation qui, quoique ne résultant pas de document officiel, n'est pas moins certaine et connue maintenant ici de tout le monde. Je m'en réfère au surplus à mes dépeches d'hier et avanthier (1). Bismarck a fait écrire à M. de Usedom pour presser envoi de nos ratifications; il est d'autant plus pressé d'en finir qu'il se sent sur un mauvais terrain.

(l) Al T-45, che non si pubblica.

294

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 70. Parigi, 4 febbraio 1866, ore 4,45 (per. ore 7,40).

Le ministre impérial de la guerre révoque en doute l'authenticité de la circulaire de Algérie. M. Drouyn de Lhuys déclare que les volontaires français au service du Saint Père doivent etre libérés et ne plus appartenir à l'armée française. M. Drouyn de Lhuys m'a dit que les dépeches de M. Mon qu'il a lu seulement en partie contiennent en ce qui le concerne des appréciations qu'il ne peut pas admettre (2).

295

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI.

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LV 9, pp. 45-47)

D. 24. Firenze, 4 febbraio 1866.

Comme il est permis de prévoir que le moment viendra bientòt où l'on pourra procéder à l'échange des ratifications du Traité de Commerce Italo-Allemand, je crois qu'il est utile d'examiner, dès aujourd'hui, de quelle manière il conviendra d'assurer l'établissement effectif de nos rapports avec les Gouvernements du Zollverein, en tant qu'il convient pour la sureté et la régularité de l'application des nouveaux accords commereiaux.

Il est indispensable en effet que les parties contractantes puissent entretenir des communications entre elles, soit pour l'exécution effective des stipulations arretées, soit pour les difficultés de fait ou d'interprétation qui pourraient surgir, soit enfin pour que les nationaux respectifs puissent toujours dans la limite des droits qui leur sont assurés par le traité, trouver un appui auprès d'un Représentant, résident ou non, de leur pays d'origine.

Les Etats étrangers tels que la France, l'Angleterre et la Belgique, dont les rapports commerciaux avec l'Allemagne so n t analogues à ceux que notre traité de commerce ouvrira prochainement, sont représentés directement auprès des principaux Gouvernements qui composent l'Union douanière.

L'attention du Gouvernement du Roi a déjà été appelée d'ailleurs plusieurs fois sur les inconvénients graves auxquels donne lieu, au point de vue des intérets privés de nos nationaux et de ceux de notre commerce en général, le défaut de toute communication régulièrement établie entre nous et la plus part des Etats du Zollverein.

L'intention du Gouvernement du Roi n'étant naturellement pas d'accréditer des Ministres avec résidence auprès des Etats Allemands qui n'établissent pas de Légations à Florence, les quatre Légations du Roi actuellement existantes à Berlin, à Munich, à Carlsruhe et à Francfort pourraient etre chargées par lettres de créance royales, chacune pour une part qu'il resterait à déterminer, de la protection de nos intérets auprès des autres Gouvernements de l'Union douanière. De leur còté, ces Gouvernements se feraient représenter comme ils l'entendraient auprès du Gouvernement du Roi.

Le caractère attribué aux ratifications du traité de commerce par le protocole de clòture étant de nature à écarter d'avance toute difficulté à l'égard de la présentation des lettres de créance nécessaires pour établir les rapports réguliers dont il s'agit, vous voudrez bien, M. le Ministre, vous mettre officieusement, mais par écrit, en rapport, dès que vous croirez le moment venu, avec les personnages accrédi,tés auprès de la Cour de Berlin par les Gouvernements dont l'adhésion au traité a déjà eu lieu et avec qui la France, l'Angleterre et la Belgique sont en rela,tion directe, pour les informer que le Gouvernement du Roi croit le moment venu de préparer par une entente préalable cette indispensable régularisation de rapports.

Les intelligences nécessaires avec ces Gouvernements doivent selon nous étre définitivement prises avant l'échange des ratifications du traité, de manière que le traité puisse ensuite, sans autre difficulté, produire tous les effets que peut en attendre le commerce des deux pays.

A l'égard de la Saxe, dont la situation est particulière je me réserve de charger en sont temps le Comte de Launay de présenter ses lettres de recréance, et il n'y a pas lieu que vous vous en occupiez quant à présent.

*P. S. Je vous accuse réception de vos dépeches Commerciales N. 40 41 e 42 et Politique N. 6 * (1).

(l) -Cfr. nn. 290 e 292. (2) -Il contenuto di questo telegramma è ampliato nel r. confidenziale 268, pari data, che non si pubblica.

(l) Cfr. nn. 284, 2G6, 287; 11 r. 6 non è pubblicato. La frase fra asterischi è omesi!IB in LV g.

296

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 7. Berlino, 4 febbraio 1866.

Camme fait nouveau dans la question des Duchés l'on apprend que dans ses discussions avec le Comte de Bismarck l'Envoyé d'Autriche, Comte Karolyi, se montre beaucoup plus ferme que par le passé, en déclarant très nettement que l'Autriche a fait connaìtre ses résolutions d'en finir selon le droit fédéral, et qu'elle est décidée à ne pas se départir de ce principe.

L'an explique cette attitude énergique par l'appui que l'Autriche eroit avoir trouvé auprès du Cabinet des Tuileries. L'on ajoute qu'en présence de cette résistance de plus ,en plus accentuée, et de l'isolE:'ment toujours plus manifeste où se trouve la Prusse, le Comte de Bismarck serait disposé à se retourner du còté de la Russie et à révenir avec le protégé du Cabinet de Pétersbourg, le Due d'Oldenbourg, au fameux programme de Février, qui est toujours la dernière ressource du Cabinet Prussien dans les phases malheureuses de la question.

Quant au Due d'Augustenbourg, qui ne s'est pas montré assez maléable et entendrait conserver des allures indépendantes, la Prusse n'en veut à aucun prix; et l'on peut regarder la candidature de ce Prince comme singulièrement compromise, en supposant que par la force des choses le Gouvernement Prussien se voie obligé un jour de renoncer à des idées annexionnistes, qui malgré les apparences peu favorables du moment, ne sont en réalité nullement abandonnées.

En joignant ici une pièoe chiffrée...

ALLEGATO.

ANNESSO CIFRATO

J'apprends de source certaine que la Prusse fait en ce moment des armements considérables en matériel en artillerie et qui ne sont nullement en rapport avec l'effectif actuel de son armée (1).

Quinze officiers par chaque régiment d'infanterie ont été distraits de leurs corps pour recevoir l'instruction nécessaire et pouvoir au besoin suppléer au nombre insuffisant d'officiers d'artillede. Ces memes renseignements ont été transmis

à Paris par l'Ambassadeur de France. Il est difficile de savoir les intentions positives que cachent ces preparatifs. Si le Comte de Bismarck était maitre absolu de la question de guerre avec l'Autriche pour la chasser du Holstein, il n'est pas douteux que dans l'état de profonde irritation où il est depuis quelque tems il tenterait immédiatement le sort des armes. Mais Roi, quoique converti aux idées annexionnistes répugne positivcment à l'emploi de ce moyen héro'ique. En c<::la Sa Majesté est fortement appuyée par le parti féodal de la Cour qui conseille et est convaincu de tout obtenir de l'Autriche par une indemnité et une garantie de la Vénétie.

En tenant donc compte avant tout des répugnances invincibles du Roi l'on est amené à croire que les armemens actuels rentrent dans un système d'intimidation et sorties belliqueuses sur l'Autriche pour lui arracher des concessions que pour le moment cette puissance n'est nullement disposée à faire.

(l) Cfr. il seguente brano del r. cifrato 73 di Doria, Copenaghen. 14 febbraio: • II résulte au Gouvernement Danois que la Prusse fait d'immenses préparatifs. Toutes les placesfortes sont mises en état de défense on a avancé l'époque de la conscription, et le Roi, qui en général s'entretient meme avec des étrangers de l'exécution des affaires militaires du pays, garde depuis quelque tems sur ce sujet une réserve extrème. On attache ici une certaine signification à ce dernier détail on pense toutE!fois que l'attitude de la Hongrie rendra le Cabinet de Vienne très prudent dans la question des Duchés •.

297

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 269. Parigi, 4 febbraio 1866.

Durante la conversazione che ebbi oggi col Ministro Imperiale degli affari esteri dissi a S.E., che il Governo del Re aveva chiama~to la mia attenzione sui dispacci relativi all'Italia pubblicati dal Governo Spagnuolo, che io non avevo ancora potuto procurarmi una copia del libro rosso presentato alle Corti, che alcuni solamente di detti dispacci per essere stati pubblicati nei giornali italiani e francesi erano pervenuti a mia notizia, che pensavo che S.E. ne sarebbe informata più ampiamente e che desideravo quindi conoscere il suo pensiero sull'esattezza delle cose accumulate in quelle carte.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi rispose che aveva diffatti ricevuto un esemplare del libro rosso spagnuolo, ma che gli era assolutamente mancato il tempo di percorrerlo, che anch'esso non aveva letto finora se non quanto ne avevano riprodotto i giornali francesi. S.E. aggiunse che in questa rapida e incompleta lettura aveva tuttavia posto attenzione a due cose, cioè: l<> all'opinione che il Signor Mon gli attribuirebbe intorno alla presunta instabilità dell'attuale ordine di cose in Italia; 2° al fatto affermato dallo stesso Signor Mon, secondo il quale il Signor Drouyn de Lhuys avrebbe domandato all'Ambasciatore di Spagna d'indicargli i miglioramenti da introdursi nella Convenzione del 15 Settembre.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi assicurò che la prima asserzione non era che un'induzione gratuita del signor Mon; e che quanrto alla seconda, bastava l'enunciare una cosa sì enorme e spropositata come era la modificazione d'un solenne trattato celebrato con una terza Potenza, perché l'assurdità d'una tale affermazione emergesse con evidenza.

298

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE

D. 5. Firenze, 5 febbraio 1866 (1).

Lorsque le Gouvernement Espagnol voulut bien renouer des relations régulières avec l'Italie, la franchise des explications qui venaient d'etre échangées entre les deux Cabinets m'avait donné lieu de croire que le Gouvernement de

S.M. la Reine et le Gouvernement du Roi s'étaient compris, et d'espérer qu'ils n'auraient pas à rouvrir de discussions sur un objet dont nous avions pris un si grand soin d'écarter toute équivoque.

Les bonnes relations de l'Ltalie et de l'Espagne ont toujours eu à nos yeux le plus grand prix, et j'ai eu récemment l'occasion d'exprimer au Sénat du Royaume le regret qu'el1es eussent été interrompues. Pendant toute la période, où elles cessèrent l'Italie s'abstint de créer aucun 1embarras au Gouvernement de la Reine et d'encourager aucun acte hostile soit contre son administration à l'intérieur, soit contre son action au dehors. Par une suite naturelle de ces bonnes dispositions de notre part, la résolution spontanée, annoncée par le Cabinet de Madrid de se rapprocher de l'ltalie fut accueillie par nous comme un événement heureux pour l'avenir des deux pays. Cependant je crus indispensable que ce rapprochement eùt lieu des deux còtés avec pleine connaissance de cause, et comme la mention, faite par S.E. le Ministre d'Etat, de la Convention du 15 Septembre m'offrait l'occasion de prévenir dès lors tout malentendu sur la seule question qui semblàt pouvoir nous diviser, la question romaine, je m'·en expliquai catégoriquement avec le Gouvernement de S.M. Catholique.

Je déclarai sans détour dans une dépèche dont le Baron Cavalchini eut l'honneur de laisser copie au Ministre d'Etat de la Reine, que le Gouvernement du Roi ne reconnait pas aux puissances catholiques le droit de lui demander das explications au nom d'intérets religieux qui ne sont point en cause. J'ajoutai que la situation politique réglée entre l'Italie et la France par la Convention du 15 Septembre, ainsi que les questions auxquelles peut donner lieu l'interprétation et l'exécution de cet acte, ne concernent aucune autre puissance que l'Italie et la France.

Par une dépeche du 12 Juillet adressée au Chargé d'Mfaires d'Espagne à Florence. S.E. M. Bermudez de Castro nous fit notifier que le Gouvernement de S.M. la Reine acceptait ces déclarations et en était satisfait, ce que S.E. le Maréchal O'Donnel voulut bien confirmer expressément au Chargé d'Affaires d'!talie.

Ce fut après cet éclaircissement que des rapports réguliers furent définitivement rétablis entre le Gouvernement Espagnol e le Gouvernement du Roi.

Nous étions donc fondés à croire que le Gouvernement Espagnol s'abstiendrait de toute ingérence dans des questions politiques et territoriales qu'il avait reconnu lui étre étrangères. C'est avec surprise que je constate aujourd'hui, en lisant les documents diplomartiques que le Cabinet de Madrid vient lui-méme de publier, qu'il a jugé pouvoir faire, relativement aux affaires de Rome, des démarches qui ne me semblent pas d'accord avec les déclarations que je suis amené à rappeler.

A ce que me parait établir le dernier recueil présenté aux Chambres espagnoles, le Gouvernement de S.M. la Reine a demandé que le Gouvernement français lui donnat la garantie que le pouvoir temporel de la Cour de Rome serait dans tous les cas assuré, méme contre les conséquences de ses propres actes et sans tenir compte de la volonté des populations romaines. Le Gouvernement et les Agents de S.M. la Reine affirment que toutes les puissances Catholiques ont comme telles le droit et le devoir de prendre des mesures et d'agir à l'égard des changemens politiques qui pourront arriver sur le territoire romain après le départ des troupes françaises; l'Ambassadeur de la Reine à Paris ayant cru que la France pourrait admettre l'intervention des autres puissances dans la question romaine, et se mettre d'accord avec l'Espagne pour sauvegarder en toute éventualité l'autorité temporelle du Saint Siège,

S.E. M. Bermudez de Castro l'engage à prendre part autant que possible aux résolutions qui pourraient etre prises dans ce dessein; enfin le Gouvernement Espagnol croit pouvoir interpréter des paroles prononcées dans le sein du Corps Législatif de France comme constituant de la part du Gouvernement Impérial un engagement contracté envers les Puissances Catholiques, et pour celles-ci un titre acquis, en vertu desquels la question romaine dans certaines éventualités non prévues par la Convention et malgré l'accomplissement intégral de celle-ci de la part de l'Italie, deviendrait une question européenne et rentrerait ·dans la compétence de toute la Catholicité.

Je laisse à S.E. M. Bermudez de Castro le soin d'indiquer, si, comme je crois devoir le supposer, il juge à propos de le faire, par quel lien cette conduite du Gouvernement Espagnol peut se rattacher aux déclarations qui ont accompagné la reprise des rapports diplomatiques entre les deux Etats. Je persiste d'ailleurs à juger inopportun, pour mon compte, d'anticiper sur les éventualités qui ont été l'objet, entre S.E. l'Ambassadeur d'Espagne à Paris et S.E. M. Drouyn de Lhuys, d'entretiens restés sans résultat et où nous n'avions pas à intervenir. Je ne puis cependant me dispenser de me prononcer en principe sur les démarches du Gouvernement de S.M. la Reine, qui viennent d'acquérir une notoriété officielle, car ,elles s'inspirent d'une doctrine qui est la négation méme de notre droit public, celle d'après laquelle le ,territoire et la population de Rome seraient frappés d'une espèce de main-morte au profit de la Catholicité; et elles tendent à préjuger une épreuve dont le résultat doit dépendre des populations romaines.

Je dois donc Vous charger, M. le Ministre, de rappeler de nouveau à

S.E. M. Bermudez de Castro, au nom du Gouvernement du Roi, que si la Convention du 15 Septembre en rendant hom!llage au principe de non intervention, a soumis cependant à des conditions détérminées l'application de ce principe au territoir,e romain, ces conditions concernent exclusivement la France et nous; Vous déclarerez qu'en conséquence pour les autres Puissances leur nonintervention dans les affail"es poHtiques de Rome demeure le principe pur et simple sur lequel se réglera invariablement la conduite de l'Italie.

Je me suis borné dans les déclarations qui précèdent, à apprécier l'attitude de l'Espagne au point de vue des droits respectifs des deux nations. J'aurais à y ajouter des observations sur le caractère peu bienveillant du langage et des actes du Cabinet de Madrid envers l'ltalie, si je ne rtenais à réserver dans toute son étendue l'indépendance réciproque que les deux Gouvernements ont voulu maintenir intacte en rétablissant leurs rapports. Sans renoncer, bien entendu, à manifester ses appréciations particulières sur la Convention du 15 Septembre appréciations dont nous n'avons pas à prendre acte, et à témoigner sa sollicitude pour le Père des Fidèles et pour les intérets religieux, qui ne nous sont pas moins chers qu'à lui, le Cabinet de Madrid aurait pu, à notre exemple, faire dans ses démonstrations une part plus large aux sympathies que compol"tent la communauté d'origine et la similitude d'institutions des deux peuples. Je ne veux pourtant pas appuyer sur les sentiments d'amitié que le Cabinet de Madrid a bien voulu nous témoigner en d'autres occasions.

Je ne prétends non plus rien òter à la liberté de ses considérations sur la question romaine. Je pourrais à cet égard observer que si le Cabinet de Madrid peut apprécier comme il lui plait l'influence que la politique de la Cour de Rome a exercée sur les destinées de l'Espagne, nous sommes ce!'tes les meilleurs juges des événemenrts de notre propl"e histoire, où depuis des siècles les catholiques italiens ont appris à déplorer les maux que la confusion des pouvoirs spirituel et temporel a causés en Italie aux intérets de la patrie et au prestige de la religion. Mais je ne veux pas suivre S.E. M. Bermudez de Castro sur un terrain où je regrette qu'il se soit lui-meme placé.

Seulement je ne puis passer sous silence une dépeche adressée le 8 Novembre dernier à l'Ambassadeur d'Espagne à Rome, où S.E. M. Bermudez de Castro énonce l'espoir que des provinces qui font actuellement partie du Royaume d'Italie puissent dans la suite en etre détachées. Une telle manifestation, M. le Ministre, doit etre formellement relevée par Vous auprès de S.E. le Ministre d'Etat de la Reine. L'Italie avait le droit peut-etre de s'attendre à plus d'égards; et, S.E. M. Bermudez de Castro nous permettra de le lui dire, accueillir, comme il a cru pouvoir le faire, de pareilles prévisions, c'est peu connaitre les fondements inébranlables sur lesquels repose notre unité nationaie, et l'irrévocable résolution où nous sommes de la faire respecter.

Vous etes chargé, M. le Ministre, de donner lecture de cette dépeche,

à S.E. M. Bermudez de Castro, et vous lui en laisserez copie s'il le désire (1).

(l) Questo dispaccio recava in un primo momento la data del 6 febbraio. Con t. 48 del1'8 febbraio La Marmora invitò Taliacarne ad apporvi, nella comunicazione al Governo spagnolo, la data del 5.

(l) Con dispacci del 7 febbraio venne trasmessa copia di questo documento alle legazioni a Parigi, Londra, Berlino, Pietroburgo, Monaco, Bruxelles, Lisbona e Berna.

299

IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 75. Madrid, 6 febbraio 1866, ore 6,30 (per. ore 7,02).

Le Sénat a rejeté amendement contre reconnaissance Italie par 100 voix contre 63.

300

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 47. Firenze, 7 febbraio 1866, ore 13,15.

Reçu vo>tre chiffrée du 3 (1). Quand vous aurez reçu ma dépeche du 4 (2), au lieu d'éc11ire aux ministres dies Etats allemands à Berlin, écrivez officiellement à Bismark dans le sens de ma dépèche. Vous pourrez appuyer davantage si vous le jugez à propos mais sans affectation sur les conditions pour nous absolues du protocole de clòture que M. de Bismark vous a déclaré devoir ètre regardé comme accepté par les Etats rartifiants. Vous conclurez en faisant connaitre à Bismark que le Gouvernement italien croit Le moment venu pour ces Etats de nous faire connaitre pour notre propre règle comment ils entendent établir avec nous les relations régulières que nous avons voulu assurer par le protocole de clò,ture parce qu'elles sotlt indispensables pour la garantie de l'exécution effective du trairté. Ajou>tez que nous attendrons que les dispositions de ces Etats à cet égard nous soient notifiées offidellement pour présenter le traité au Parlement. Votre note déjouera, je crois, le piège qu'on nous a tendu en cachant les réserves faiJtes; et il ne sera pas nécessaire de refuser explicitement la délégation du Nassau dont le subterfuge devient inutile. Si l'on vous parle de cette délégation du Nassau, dites que vous n'avez reçu aucune instruction.

(l) -Cfr. n. 293. (2) -Cfr. n. 295.
301

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 80. Berlino, 8 febbraio 1866, ore 20,55 (per. ore 7 del 9).

Reçu dépeche du 4 et télégraphe d'hier (1). Avant d'écrire notes dans le sens indiqué je dois faire à V.E. l'observation capitale suivante: comme il a été expréssement convenu dans le protocole de cloture que c'était l'échange des ratifications qui impliquerait la reconnaissance du Royaume d'Italie il est... (2) et je puis assurer de la manière la plus positive à V.E. que tous les Etats sans en excepter méme les signataires nous répondraient que cet échange n'ayant pas eu lieu ils ne peuvent etre mis en démeure de répondre à une question dont la solution a été expressement soumise à l'accomplissement de l'acte d'échange. L'ambassadeur de France et le ministre de Belgique que j'ai consulté là dessus sous la forme de simple conversation et comme étant une idée venant de moi m'ont immédiatement répondu ce que j'ai pensé moi méme, en ajoutant que non seulement la chose était radicalement impossible mais donnerait encore une immense prise sur nous. Mais ce que nous ne pouvons pas tenter aujourd'hui sans aUer au devant d'un échec certain, nous pouvons parfaitement le faire en toute sùrété le lendemain méme de l'échange. Alors rien ne nous empécherait d'agir officiellement en nous appuyant sur le texte méme de l'artide du protocole loyalement exéc:uté, et en cas de refus ou de réponse évasive nous sommes en plein droit de déclarer le traité rompu ou suspendu jusqu'à l'acte formel de reconnaissance, bien entendu que dans le procès verbal d'echange il faudrait insérer la déclaration indiquée par ma dépeche N. 43 (3). Resterait la question de la délégation sur laquelle par égard pour la signature du Roi de, Prusse l'on pourrait au besoin passer, surs, comme nous sommes de mettre incessamment Nassau en demeure de s'expliquer catégoriquement.

302

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in italiano in LV 9, pp. 49-50)

R. 46. Berlino, 8 febbraio 1866.

Ainsi que l'on devait s'y attendre, une partie de la Presse Allemande, en apprenant vaguement les réserves secrètes apportées par le Hanovre et quelques autres Etats Allemands dans leurs ratifications du Traité de Commerce

avec l'Italie, s'élève déjà avec une extreme violence contre ces * misérables * (l) subterfuges qui, selon eux, donnent pleinement le droit au Cabinet de Florence de tirer les choses au clair et de couper court à toute tentative d'échapper après coup aux conséquences politiques du Traité. En présence de cet orage que va bientot propager toute la presse Allemande, les organes ministériels seront bien obligés de donner des explications, et l'on est curieux de savoir comment vont s'y prendre les Gouvernements inculpés pour répondre aux accusations qui de toute part vont etre dirigées contre eux.

Dans cet état de choses et au milieu des incertitudes qui règnent encore dans le public sur la véritable valeur de la résistance de certains Etats Allemands, et l'attitude que croira devoir prendre à leur égard le Gouvernement Italien, l'on me donne comme positif que la Commission chargée par la Chambre de faire un rapport sur le Traité, ne hàtera pas son travail, préférant attendre de connaitre plus positivement le véritable état de la question. *Un autre motif tout politique que l'on attribue à la Commission pour ne pas se presser, c'est que comme, à tort ou à raison, l'on suppose que le Gouvernement a l'arrière-pensée de dissoudre les Chambres, le retard de l'approbation du Traité de Commerce Italien, qui doit etre voté dans la Session, est un obstacle permanent aux intentions que l'on prete au Ministère.

P.S. La dernière pièce chiffrée traitant d'affaires commerciales aurait du porter le N. 45 * (2).

(l) -Cfr. nn. 295 e 300. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Cfr. n. 290.
303

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 50. Firenze, 9 febbraio 1866, ore 13,40.

J'attends votre rapport du 9. Vous pouvez suspendre toute démarche jusqu'à nouvelles instructions (3).

M. -de Bismarck, m'a dit qu'il l'a trouvé dans un tel état de fureur contre l'Autriche qu'ilétait presque effrayant à voir. Il frappait du poing sur son bureau et disait que cela ne pouvait finir que par une guerre très prochaine, que le Roi était aussi exaspéré que lui des procédés de l'Autriche et qu'il finirait bien par mettre de còté ses répugnances contre Il>. guerre.

• Mais, lui a objecté mon collègue, avec lequel il parle intimement, sur quels alliés comptez-vous pour jouer une si grosse partie •?

« Sur la Russie d'abord, a répondu impétueusement M. de Bismarck. Quant à la France, elle nous laissera faire; elle n'est point aussi exigeante qu'on le dit, et je connais quelque chose qui la satisfera •.

M. de Bismarck voulait faire allusion à la petite rectification de Saarbriick dont il a déjà été parlé.

Malgré ces grandes explosions de colère, je maintiens ce que j'ai mandé à V. E.; quele Roi n'est pas aussi facile à entrainer que l'espère le Comte de Bismarck et que l'on n'est pas encore près d'en venir à une lutte armée •.

(l) -La parola « misérables • è soppressa in L V g. (2) -Il brano fra asterischi non è edito in L V 9. Si pubblica qui un annesso cifrato allegato al r. 9 di Barrai dello stesso 8 febbraio: • Un de mes collègues qui a vu hier matin

(3) Questo telegramma risponde al t. 82, pari data, con cui Barrai chiedeva che fosse sospeso l'invio di istruzioni definitive fino all'arrivo del suo rapporto dello stesso giorno (cfr. n. 304).

304

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 47. Berlino, 9 febbraio 1866.

L'Ambassadeur de France, dont je ne saurais assez louer le vif intéret qu'il nous porte dans l'affaire de notre Traité de Commerce, a eu l'occasion d'en parler très au long hier soir avec le Comte de Bismarck; et leur conversation, dont m'a immédiatement fait part M. Benedetti, en confirmant pleinement ce que j'ai eu l'honneur de mander hier par télégraphe à V.E. (l) me parait devoir influer puissamment sur la décision à prendre par le Gouvernement du Roi.

M. Benedetti a abordé sans autre préambule la question avec le Président du Conseil en disant que je l'avais mis au fait des réserves secrètes du Hanòvre et de deux autres Etats Allemands, aussi bien que de la délégation du Due de Nassau, et qu'il trouvait ces procédés inqual.ifiables. L'ambassadeur de France a ajouté que, pour mettre fin à une situation aussi fausse, outre la déclaration à insérer dans le procès-verbal d'échange de ratifications, constatant que l'Envoyé d'Italie ne les acceptait que dans le sens stipulé dans le protocole de clòture, il n'hésiterait pas et m'avait beaucoup encouragé dans mon idée, d'insister auprès de mon Gouvernement pour que, le lendemain meme de l'échange des ratifications, l'on mit tous les Etats ratifiants en demeure de se prononcer catégoriquement sur la question de reconnaissance par la proposition d'accréditer immédiatement auprès d'eux des Agens Italiens; et si un seui d'entre eux refusait ou répondait par des équivoques, de déclarer très nettement aux signataires du Traité que sa mise à exécution était suspendue jusqu'à l'entier accomplissement de la condition sine qua non qui avait été posée.

M. de Bismarck a commencé par lui répondre que, sans etre aussi explicites qu'on voulait bien le dire, il devait cependant avouer qu'il existait effectivement des réserves secrètes, de la part du Hanòvre entr'autres, sur les conséquences politiques de leurs ratifications en opposition avec la reconnaissance de l'Italie. Mais qu'il ne s'opposerait nullement à l'insertion, dans le procès-verbal d'échange, de la déclaration indiquée, consacrant les conditions de notre acceptation; et que de plus il reconnaissait que le Gouvernement Italien était pleinement en droit, le lendemain de l'échange des ratificatio»s, d'annoncer l'envoi d'un Agent porteur de lettres de créance près leurs Cours respectives, et en cas de refus ou d'équivoques, de déclarer le Traité suspendu jusqu'à l'accomplissement de la condition formelle de reconnaissance. Mais avant tout il faut procéder à l'échange des ratifications • Je ne vois pas de meilleur moyen pour le Gouvernement Italien, a ajouté M. de Bismarck, de s'assurer le résultat politique qu'il cherche dans le Traité, et à sa piace, je ne procéderais pas autrement. Quant à la délégation du Due de Nassau, et probablement encore du Grand-Due de Resse, a fini par dire le Président du Conseil, c'est là un pur enfantillage, dont je ne me préoccuperais nullement,

puisque tous deux seraient mis en demeure, dans un très bref délai, de se prononcer sur la question de reconnaissance •.

• Voilà, en résumé la nouvelle situation, m'a dit M. Benedetti, et, à mon avis, il n'y a pas à hésiter un seul instant sur la voie à suivre: l") Insertion, dans le procès-verbal d'échange des ratifications, de la déclaration telle que Vous me l'avez formulée; 2o) Annonce offi.cielle, le lendemain du dit échange, à tous les Gouvernements du Zollverein, que, en vertu de la déclaration contenue dans le protocole de clòture, Vous avez l'intention d'accréditer immédiatement auprès d'eux des Agents Italiens. Et lors meme que l'on Vous répondrait par un refus, ce qui est tout-à-fait improbable puisque tout le commerce Allemand pousserait des cris d'indignation contre le Gouvernement assez osé pour faire manquer le Traité par suite d'un acte évident de mauvaise foi, Votre dignité se trouverait complètement à couvert, et de plus, Votre démarche franche en meme temps qu'énergique aurait l'approbation de tout le monde. En ce qui concerne ensuite la délégation du Due de Nassau, je dois Vous dire qu'effectivement, comme Vous, j'en avais été dans le principe indigné; mais, après les explications du Comte de Bismarck, je serais presque tenté de penser comme lui, surtout par égard pour la signature du Roi de Prusse. Au reste, il y a une chose à dire, c'est que le Roi étant maintenant directement engagé par le fait de sa signature dans la question de reconnaissance, il ne souffrirait positivement pas que les deux petits Ducs répondissent à l'annonce de l'envoi d'un Agent Italien autrement que par un acquiescement immédiat •.

Comme cela était nature!, j'ai remercié M. Benedetti de l'intéret qu'il portait à l'affaire; puis, comme je tenais essentiellement par suite des instructions de V.E., à bien constater le moment où, d'après son avis et celui du Comte de Bismarck, nous étions en droit d'adresser nos Notes officielles aux Gouvernements du Zolleverein: • C'est dommage, lui ai-je di t, sous forme de simple conversation, que nous devions attendre l'échange de nos ratifications pour nous adresser à ces Etats; il eut été bien plus simple et plus agréable pour nous de faire cette démarche avant; de cette manière nous étions s\hs de notre fait •.

• Mais cela est radicalement impossible, m'a aussitòt répondu M. Benedetti; aux termes mémes du protocole de clòture c'est l'échange des ratifications qui implique la reconnaissance de la part des Etats Allemands. Si Vous tentiez de vouloir dévancer cette époque solennellement convenue, Vous Vous mettriez dans le cas d'etre rappelé avec 'toutes sortes de raison, à l'observation de la clause que Vous avez Vous-mème expressément stipulée. Et je n'ai pas besoin de Vous dire avec quelle joie et quel ensemble l'on Vous démontrerait le non-fondé de Vos prétentions; bien plus, tout le monde Vous blàmerait d'avoir essayé d'obtenir quelque chose à laquelle Vous n'avez aucun droit. Voulez-Vous me permettre de Vous donner un avis, a fini par me dire l'Ambassadeur, eh bien! à Votre place, maintenant que, d'après les déclarations memes du Gouvernement Prussien, Vous etes assuré de l'envoi des ratifications de tous les Etats, je présenterais immédiatement le Traité au Parlement de Florence, pour pouvoir procéder le plus tòt possible à l'échange des ratifications, et successivement aborder résolument, le lendemain meme, la question

de reconnaissance de la mamere indiquée. Je crois que c'est là la voie la plus siì.re et la plus digne d'un grand Etat, pour en finir avec cette question, sans chercher surtout à la prolonger par une démarche qui se tournerait infailliblement contre Vous. D'après ce qui m'a été confié, le retard que Vous apportez à présenter le Traité au Parlement, semble cacher des arrière-pensées de suspicion qui n'ont plus raison d'ètre, puisque l'on Vous a assuré que toutes les ratifications étaient arrivées ou en voi e de l'ètre ».

C'est bien là, à peu près, ce que j'ai eu l'honneur de mander hier par télégramme à V.E., et je suis heureux de m'ètre rencontré avec l'opinion de M. Benedetti qui a une très grande expérience de ces sortes de négociations, et ne manquera pas de nous prèter son puissant appui.

En résumé, l'insertion de la déclaration dans le procès verbal d'échange, jointe à la mise en demeure des Etats de se prononcer, le lendemain mème du dit échange, sont deux moyens qui me semblent parer à toutes les difficultés, et qui, en se complétant l'un par l'autre, réunissent toutes les conditions d'une solution avantageuse pour nous à tous les points de vue.

Il ne me reste donc plus qu'à attendre les instructions définitives de V.E. qui, maintenant dans sa haute sagesse pourra juger de la question en toute connaissance de cause.

P.S. En relisant ma dépèche, je vois que j'ai oublié un petit détail qui a cependant son importance.

• -Comment, ai-je fait remarquer à M. Benedetti, comment en parlant des réserves du Hanòvre, M. de Bismarck at-t-il pu Vous dire qu'elles n'étaient pas aussi explicites qu'on le disait? Car enfin, elles existent ou n'existent pas; je ne vois pas qu'il y ait de termes moyens possibles entre deux •. • -Voici l'explication, m'a répondu l'Ambassadeur, (et cela concorde parfaitement avec ce que je mandais dans ma dépeche No 43) (l) lorsque, dans le principe, le Hanòvre fut invité par la Prusse à adhérer au Traité, il répondit qu'il le voulait bien, mais à la condition que son adhésion n'impliquerait nullement la reconnaissance politique que l'on voulait en tirer. Or, lorsque plus tard, le· Traité ainsi que le protocole de clòture lui furent communiqués officiellement, le Cabinet de Hanòvre se décida à transmettre ses ratifications sans aucunes réserves apparentes, mais en ajoutant dans la Note d'accompagnement que, pour le surplus, il s'en référait à ses précédentes déclarations •.

Je laisse juger à V.E. si l'on peut saisir et encore moins admettre de pareilles nuances qui ne changent rien à l'intention primitive clairement manifestée.

(l) Cfr. n. 301.

305

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 48. Berlino, 11 febbraio 1866 (per. il 15).

Les considérations que j'ai eu l'honneur de soumettre à l'appréciation de

V. E. dans ma dépeche commerciale du 9 courant (2), L'auront convaincue, je

l'espère, de l'impossibilité où nous sommes d'annoncer aux différents Etats du Zollverein l'intention du Gouvernement du Roi d'accréditer auprès d'eux des Agents Italiens, avant d'avoir procédé à l'échange des ratifications respectives.

Je viens maintenant faire part à V. E. d'une nouvelle idée relative au mode d'annoncer le futur envoi des Lettres de créance en question, qui serait tout-à-la-fois beaucoup plus sur et plus expéditif. Ce mode serait d'insérer l'intention formelle du Gouvernement du Roi, dans le procès verbal mème d'échange, dont la rédaction pourrait, dans son ensemble, ètre ainsi conçue.

• L'Envoyé de S. M. le Roi d'Italie, en constatant qu'aucune réserve n'a été faite dans les ratifications, et en déclarant expressément au surplus qu'il ne les accepte que dans le sens consigné au protocole du 31 décembre dernier, est chargé d'annoncer que, comme première conséquence du Traité, le Gouvernement de S. M. le Roi d'Italie a décidé d'accréditer très prochainement des Agens auprès différentes Cours faisant partie du Zollverein, pour veiller entr'autres aux intérèts qui se rattachent à la conclusion de la nouvelle Convention.

Il demeure de plus entendu que le présent Protocole sera communiqué officiellement aux Etats du Zollverein •.

En procédant ainsi, M. le Ministre, nous éviterions l'envoi de circulaires auxquelles l'on mettrait bien positivement quelque tems à répondre; et nous en arriverions immédiatement, le lendemain de la signature du procès verbal d'échange, à la démarche décisive d'expédier aux différents Ministres des Affaires Etrangères la copie de nos Lettres de créances suivant la répartition qui en serait faite, en les priant de prendre les ordres de leurs Souverains pour leur présentation. Si ce projet, que je me permets de soumettre à l'examen de V. E., pouvait recevoir Son approbation, je m'empresserais d'en parler immédiatement au Comte de Bismarck qui ne peut avoir aucune raison pour ne pas s'y prèter.

Quant à la répartition qui devra ètre faite entre les Légations de Sa Majesté actuellemment établies en Allemagne pour couvrir simultanément par délégation les nouveaux postes, je pourrais, si V. E. le désire, Lui soumettre a cet effet un pian calqué sur celui de la Belgique, qui comme le Gouvernement du Roi en a l'intention, n'a que quatre Légations centrales destinées a rayonner sur à peu près toutes les autres Cours Allemandes faisant partie de l'Union douanière.

(l) -Cfr. n. 290. (2) -Cfr. n. 304.
306

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 374/133. Londra, 12 febbraio 1866 (per. il 16).

Nell'accusarLe ricevuta del dispaccio n. 49 Gabinetto dei 7 corrente (l) al quale era annessa copia di quello portando la data delli 6 Febbrajo di

retto al R. Ministro a Madrid (l) credo dover portare alla conoscenza di V.E.

che avendo visto Lord Clarendon questa mattina non credetti dover !asciargli ignorare quanto si contenesse in questo importante documento.

Egli rendette piena giustizia ai sentimenti che lo avevano dettato, e biasimò soprattutto l'incredibile modo di agire del Signor Bermudez de Castro nello scrivere quel dispaccio delli 8 Novembre scorso, ma egli fece altresì riflessione sulla singolare situazione del Governo spagnuolo che in quelle quistioni, relative al Pontefice è rimasto nello stato in cui si giudicavano nel medio evo, essendo solo il Maresciallo O'Donnell a voler rompere una lancia per le idee liberali locché lo rende oggetto di intrighi e complotti continui, per parte di tutta la Corte. Ma egli è certo che, siccome disse, non si lasciasse trascorrere in silenzio quanto si disse e si scrisse per parte dei diplomatici spagnuoli, e così anche si stabilisse avanti a qualsiasi governo, le dottrine che intendeva adottare il nostro onde regolare queste gravi quistioni.

(l) Cfr. p. 358, nota.

307

IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Madrid, 12 febbraio 1866.

La dépeche Cabinet N. 5 (l) que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 5 du courant, ne m'est parvenue qu'hier à 3 heures. Je me suis immédiatement rendu chez M. le Ministre des Affaires Etrangères, et je lui ai annoncé que j'avais ordre de lui donner lecture d'une dépeche de V. E., dont le contenu se réfère à la publication des documents diplomatiques imprimés dans le

livre rouge.

M. Bermudez de Castro avait déjà reçu de M. Ulloa deux télégrammes, dont un lui annonçait l'expédition de cette dépeche, et l'autre sa publication pour le lendemain dans notre journal officiel. Aussi ce Ministre s'attendait à ma visite, et m'a de suite demandé si j'avais reçu la dépèche de V. E.; il ne cachait pas son impatience d'en connaitre le contenu.

M. Bermudez de Castro m'écouta en silence jusqu'à la fin du paragraphe de la dépeche, avec lequel V. E. m'ordonne de déclarer que la non-intervention des Puissances, autres que nous et la France, dans les affaires politiques de Rome, demeure le principe pur et simple sur lequel se réglera invariablement la conduite de l'Italie.

Il m'a interrompu pour me dire qu'il_ n'avait jamais prétendu interpréter de lui-mème la convention du 15 Septembre. Il reconnait complètement que le droit de l'interpréter appartient exclusivement à l'ltalie et à la France, et il admet que ces deux puissances ont aussi celui de se refuser à s'expliquer au

sujet de cette interprétation. Mais il soutient que l'Espagne pouvant s'adresser amicalement à l'une des deux Puissances pour lui demander des explications à cet égard, il était en droit de s'ouvrir, comme il l'a fait avec le Gouvernement français pour connaitre au juste la valeur de la convention du 15 Septembre. Le Gouvernement Français, m'a-t-il dit, a bien voulu accueillir favorablement cette demande, et comme l'interprétation que ses ministres paraissent donner à cette convention se trouve etre plus conforme aux voeux et aux intérets de l'Espagne, puissance essentiellement catholique, que celle qu'on attribue au Gouvernement Italien, il est tout naturel que le Cabinet de Madrid préfère s'en tenir plutòt à la première qu'à la seconde.

J'ai fait observer à M. Bermudez que les documents publiés par lui prouvaient jusqu'à l'évidence que le Gouvernement Espagnol avait été loin de se borner à demander des explications au Gouvernement français. J'ai ensuite achevé la lecture de la dépeche de V. E.

M. Bermudez de Castro a insisté assez longuement pour tacher de me prouver qu'il n'avait jamais voulu exprimer le désir de voir quelques provinces se détacher du Royaume Italien, et que dans la dépeche qu'il avait adressée le 8 Novembre dernier à l'Ambassadeur d'Espagne à Rome, il avait voulu vaguement faire allusion à des éventualités auxquelles l'Italie elle meme pourrait donner son consentement en y trouvant des compensations avantageuses, mais dont il laissait entièrement le soin à la Providence. Je n'ai pas manqué de répondre que le lien qui unissait toutes les provinces du Royaume d'Italie était à jamais indissoluble et de faire ressortir toute l'importance des déclarations contenues dans la dépeche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser.

M. Bermudez m'a demandé de lui donner copie de la dépeche de V. E. ce que j'ai déjà fait. Il a ajouté qu'il y répondrait par une dépeche adressée à M. Ulloa.

Je dois en outre faire observer à V. E. que M. le Ministre d'Etat m'a dit qu'il ne pouvait pour le moment me donner aucune explication plus détaillée, et chaque fois que dans ma conversaiton j'ai insisté sur un point, il finissait par se réserver à s'expliquer plus tard catégoriquement, en écrivant au Ministre de Sa Majesté Catholique à Florence.

M. Bermudez a été plus explicite en se plaignant de ce que le Gouvernement de Sa Majesté ait envoyé et publié meme, à ce qu'il assure cette dépeche à la veille où la discussion sur la reconnaissance de l'Italie va s'engager au Congrès. Il trouve que c'est lui susciter à la Chambre des embarras qu'il pourra difficilement surmonter. En outre, m'a-t-il dit, en publiant cette dépeche dans votre Gazette officielle avant de me l'avoir communiquée, vous avez fait une chose que je crois contraire aux usages diplomatiques. • Etes-vous sur, lui ai-je répondu de suite, que cette publication ait déjà eu lieu? • • Mais oui, m'a-t-il dit, puisque M. Ulloa me l'écrit •.

J'ai répliqué alors que sur ce point je n'avais reçu aucune information, que par conséquent j'étais très surpris de ce qu'il venait de me dire à ce sujet; mais que j'avouais que j'aurais trouvé assez naturel qu'on eut adopté un moyen quelconque de faire connaitre au public, qu'on s'était haté de protester contre le contenu d'une partie des documents que le Gouvernement Espagnol avait cru de son còté de pouvoir faire publier, et cela afin d'éviter ainsi, aussi vite que possible, des équivoques qui auraient pu se former dans l'opinion publique.

M. Bermudez a terminé en m'exprimant ses regrets que cet incident se soit produit, et qu'on ait pu lui supposer des idées si opposées à celles du Gouvernement Italien, pour lequel il professe la plus haute estime; et il a beaucoup insisté avec moi sur ses opinions personnelles en faveur de l'Italie pour laquelle il vient, m'a-t-il dit, de soutenir un rude combat.

Il m'a ajouté que chez nous aussi on trouvait quelquefois peu de sympathie pour l'Espagne, et à l'appui de cette assertion il m'a parlé des articles de nos journaux ministériels contraires au Gouvernement de la Reine, et spécialement il s'est plaint du journal l'ltalie. Je lui ai fait remarquer que chez nous mème les journaux favorables au Governement sont. entièrement indépendants et libres dans leurs appréciations et que par conséquent ce dernier ne saurait nullement en etre responsable.

(l) Cfr. n. 298.

308

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 12. Berlino, 13 febbraio 1866 (per. il 17).

L'on a connaissance aujourd'hui à Berlin, si non du texte, au moins du sens exact de la réponse de l'Autriche aux réclamations de la Prusse à propos des récentes manifestations populaires dans le Holstein en faveur du Due d'Augustenbourg. Les plaintes du Cabinet de Berlin portaient sur la liberté de la presse et le droit de réunion auxquels il demandait que l'Autorité Autrichienne apporti:tt de promptes et sérieuses restrictions. Il y avait un troisième point traité dans une note à part dont l'Envoyé de Prusse devait seulement donner lecture, et qui se rapportait à la convenance d'éloigner du Holstein le Due d'Augustenbourg.

Sans vouloir, à ce qu'il parait, trop entrer dans l'examen des manifestations qui viennent de se produire dans le Duché, le Cabinet de Vienne s'est borné à répondre que le traité de Gastein ayant tracé des limites très nettes entre les quels les pouvoirs administratifs des deux Puissances devaient s'exercer, il ne reconnaissait pas à la Prusse le droit de s'immiscer dans l'appréciation de faits, dont la connaissance appartenait exclusivement à l'Autriche. Quant à ce qui concerne l'éloignement du Due d'AugustenbouTg, il parait que le Cabinet de Vienne a jugé à propos pour le moment de ne pas y répondre.

L'on se demande ce que va faire le Comte Bismarck en présence d'une fin de non recevoir aussi catégorique. Va-t-il, pour commencer, prendre dès à présent une offensive diplomatique comme on le supposait il y a quelques jours, ou bien préférera-t-il attendre patiemment de voir comment vont se dérouler les tentatives suprèmes de rapprochement de l'Autriche avec la Hongrie, pour faire de nouvelles propositions et prendre ensuite une décision définitive? C'est ce qui est difficile de prévoir au juste, quoique l'on soit plus disposé à croire à la seconde alternative.

Ce qu'il y a de positif c'est que le Président du Conseil, est extrèmement irrité contre le Cabinet de Vienne, et que Sa Majesté, qui voit dans les adroites manoeuvres du Généràl Autrichien pour dépopulariser la Prusse en Holstein, une injure presque personnelle, partage au meme degré les sentiments de son premier Ministre.

En ayant l'honneur d'accuser reception à V. E., et de La remercier de Son importante communication du 5 courant rélativement aux etranges révélations du livre rouge Espagnol dans la question Romaine... (1).

309

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 53. Firenze, 15 febbraio 1866, ore 13,50.

Le Ministère sera probablement attaqué à la Chambre sur le bruit universel et non démenti aue les enròlements en France pour le pape permettent aux militaires français de conserver leur ancienneté au service du pape et de rentrer sous les drapeaux de la France avec le bénéfice de l'ancienneté qu'ils auront acquise ainsi. Dites moi si Votre dépeche du 4 (2) et la lettre de Drouyn de Lhuys annexée signifient positivement que cela n'est pas.

310

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LV 9, pp. 50-52)

D. 26. Firenze, 15 febbraio 1866.

Par la clause contenue dans le Protocole de clòture signé à Berlin en meme temps que le Traité de Commerce par les Plénipotentiaires de l'Italie et du Zollverein, il a été constaté entre les parties contractantes, que l'échange des ratifications impliquait la reconnaissance du Royaume d'ltalie de la part des Etats du Zollverein qui n'ont pas actuellement des rapports réguliers avec l'ltalie.

Cette constatation a eu pour but d'assurer que l'Italie, comme l'Angleterre, la Belgique et la France qui sont liées avec le Zollverein par des accords commerciaux analogues, pourrait, sans obstacle, avoir avec ces Etats des communications régulières soit pour garantir l'exécution effective des sti

pulations arretées, soit pour résoudre, au besoin, des difficultés de fait ou d'interprétation qui pourraient surgir, soit, enfin, pour que les nationaux respectifs puissent toujours, dans la limite des droits qui leur sont assurés par le traité, trouver un appui auprès d'un Représentant, résidant ou non, de leur pays d'origine.

Le Protocole de clòture, qui forme partie intégrante du traité a été communiqué officiellement par les Gouvernements signataires aux autres Etats, et ceux-ci, en en ayant pris connaissance, ont sans réserves, fait parvenir à Berlin leurs ratifications. Il ne saurait donc exister aucun obstacle à ce que des rapports diplomatiques réguliers, rapports qui constituent toute la portée pratique de la constatation contenue dans le Protocole de clòture, soient rétablis entre les Etats du Zollverein, dont il s'agit et l'Italie, du moment où les ratifications auront été échangées.

Veuillez donc, M. le Ministre, informer S.E. M. le Comte de Bismark, pour

que le Gouvernement prussien puisse en faire part sans retard à ses confé

dérés, que le Plénipotentiaire du Roi fera dans l'acte d'échange des ratifi

cations la déclaration ci-jointe. Vous pourrez, à cet effet, lui laisser copie

de la présente dépèche et de son annexe.

* P. S. -Je vous accuse réception de vos dépeches N. 7, 8 et 9 de la Série Politique et 46, 47 e 48 de la Série Commerciale * (1).

ALLEGATO

PROJET DE DÉCLARATION

Le plénipotentiaire de S.M. le Roi d'Italie, en constatant qu'aucune réserve n'a été faite dans les ratifications, et en déclarant expressément au surplus qu'il ne les accepte que dans le sens consigné su protocole du 31 Décembre dernier, est chargé d'annoncer que, comme première conséquence du Traité, le Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie a décidé d'accréditer sans retard des Agents auprès des différentes Cours faisant partie du Zollverein, pour veiller entre autres aux intérets qui se rattachent à la conclusion de la nouvelle Convention (2).

(l) -Cfr. p. 358, nota. (2) -Non pubblicato, ma cfr. n. 294.
311

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 276. Parigi, 15 febbraio 1866.

Chiesi oggi a S.E. il Signor Drouyn de Lhuys:

l) Se la Convenzione, mentovata dal Ministro di Stato al Senato, :fra

la Francia e la Santa Sede esisteva, e che cosa conteneva.

2) Se gli ufficiali e bass'ufficiali francesi che lasciando il servizio in

Francia passavano al servizio del Papa nella Legione Straniera conservavano

l'anzianità nell'esercito francese come pareva risultare dalle parole dette al

Senato dallo stesso Ministro di Stato.

S.E. il Signor Drouyn de Lhuys mi rispose quanto al primo punto: Che non v'è convenzione propriamente detta fra la Francia e la Santa Sede, ma un semplice scambio di note.

Che il contenuto di questo scambio di note riguarda: l) il numero di uomini della Legione straniera al servizio del Papa, organizzata in Francia, numero che deve essere, salvo errore, di 1206 uomini; 2) il soldo e la pensione di ritiro da pagarsi dalìa Santa Sede; 3) l'armamento e l'equipaggiamento, egualmente a carico della Santa Sede; 4) il trasporto di queste truppe sul territorio pontificio e la loro rimessione all'autorità pontificia; 5) coccarda e bandiera pontificia.

Quanto al secondo punto, il Ministro Imperiale degli affari esteri mi disse, che diffatti il Ministro della guerra suo collega aveva dovuto prevedere l'eventualità in cui ufficiali e bassi ufficiali passati· al servizio del Papa, abbandonassero questo servizio e volessero rientrare nell'esercito francese. Il Ministro della Guerra avrebbe perciò stabilito che ove questa eventualità si presentasse, che cioè ufficiali o bassi ufficiali già appartenenti all'esercito francese e passati al servizio del Papa, abbandonassero questo servizio e domandassero di rientrar nell'esercito francese, non avrebbero perduto il loro antico diritto d'anzianità. Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che questa era una misura di semplice amministrazione militare interna. Mi citò l'esempio d'una disposizione identica, presa nel 1836, salvo errore, riguard~ alla legione straniera che andò a combattere al servizio della Spagna, misura che fu in allora riconosciuto non ledere il principio adottato di non intervento. Mi confermò che la Legione di cui si tratta sarebbe composta di soldati intieramente liberati, e che nessun rapporto qualsiasi esisterebbe fra questa Legione e il Governo francese.

Dissi a S.E. il Signor Drouyn de Lhuys che avrei comunicato queste spiegazioni all'E.V. riservandomi di rispondere nel senso di quanto il Governo del Re sarà per indicarmi.

Ho pure domandato al Ministro Imperiale degli affari esteri se aveva fatto

o intendeva fare qualche comunicazione a Madrid e a Firenze relativamente al dispaccio che l'E.V. diresse al Marchese Taliacarne sul contenuto del libro rosso spagnuolo. Mi rispose che non aveva fatto nessuna comunicazione intorno a questo dispaccio e che non prevedeva che fosse per farlo in seguito.

Mi annunziò poi che fra breve avrebbe aperto i negoziati intorno alla ripartizione del debito pubblico pontificio. Anche su questo argomento attenderò le istruzioni dell'E.V.

(l) -Cfr. nn. 296, 302, 304, 305; gli altri rapporti non sono pubblicati. Il brano fra asterischi è omesso in LV 9. (2) -Il 16 febbraio fu data comunicazione di questo dispaccio ai ministri a Monaco e Carlsruhe perché ne informassero quei Governi.
312

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 88. Bucarest, 15 febbraio 1866 (per. il 3 marzo).

Col Dispaccio del 23 gennaio p.p. (l) V.E. mi faceva l'onore di incaricarmi di alcune comunicazioni al Principe Couza, analoghe a quelle delle

n. -275.

altre Potenze garanti, aventi per iscopo di raccomandare a Sua Altezza il

rispetto dei Trattati e delle guarentigie costituzionali, ed un'amministrazione

regolare ed onesta.

lo mi feci premura di soddisfare all'incarico, nel più conveniente modo

suggeritomi da VE.

Sua Altezza mi ha risposto che non poteva che ripetermi sommariamente quanto avea già detto a ciascuno degli Agenti delle altre Potenze garanti, i quali, in quei giorni appunto, per ordine egualmente dei loro Governi, aveanle fatto comunicazioni presso a poco identiche, e specialmente al Signor Green, le cui istruzioni dinotavano come il Governo di Sua Maestà Britannica fosse, più che gli altri, preoccupato delle condizioni attuali dei Principati Uniti.

L'Altezza Sua ha cominciato con dichiarare che era ben persuasa delle intenzioni benevole, di cui erasele pure fatta particolare ed insistente protesta, che aveano inspirato le osservazioni ed esortazioni dei singoli Governi e che con tanto maggior deferenza era disposta ad accogliere, ed a favorevolmente interpretare quelle che Le pervenivano dal Governo di Sua Maestà, in quanto che il medesimo avea dato alla Romania prove costanti di disinteressata simpatia, e di sincero buonvolere, ed il suo concorso colle altre Potenze non poteva, in ogni circostanza, che giovare a questa.

Non dovea però Sua Altezza occultarmi che le pratiche, anche le più amichevoli, degli Agenti esteri, provenienti da accordi fra i loro Governi, producevano bene sovente un effetto contrario allo scopo, che avevasi in vista, stanteché tali accordi, conosciuti sempre in paese dai partiti avversi, e qualche volta, grazie agli organi che questi hanno all'estero, anche prima che dagli Agenti stessi qui accreditati, erano malignamente interpretati, e sfruttati a danno del Principe.

Venendo poi alle particolari raccomandazioni, che Le vennero fatte ed io convenientemente esponeva, Sua Altezza dìsse avere risposto che non pensava si avesse vaghezza di discutere con Essa in generale sui principii dell'applicabilità e della osservanza dei trattati; che, di fatto, e quanto a quelli che riguardavano le relazioni reciproche di questi Principati e della Turchia credeva averli ognora rispettati, ed avere adempiuto ai doveri suoi, ma che non credeva potesse altrettanto affermarsi della Sublime Porta.

Soggiunse il Principe, che esso avea dovuto rispondere come si conveniva alle osservazioni direttele da Fuad Pascià, in seguito ai torbidi avvenuti in Bucarest, nell'agosto scorso, ma che nulla più impediva, e sperava anzi che questa momentanea alterazione di buoni rapporti sparisse affatto, avendo egli riprotestato, come prima, del suo desiderio di mantenere incolumi i vincoli, che uniscono questi Principati dell'Impero Ottomano.

Relativamente alle capitolazioni invocate dagli altri Stati, Sua Altezza notò che la loro osservanza viene qui di fatto, ed in massima, ammessa, e se, parzialmente qualche volta, nella pratica, or qua or là diniegata, o provocante conflitti fra le Autorità straniere ed indigene ed i rispettivi sudditi, ciò non dovere recar meraviglia, perché trattasi di due pretese opposte, che stanno di fronte, quella dei forestieri, che vorrebbero rigorosamente applicate le capitolazioni alla Romania, quale ad una provincia Turca, e quella dei Rumeni, che vorrebbero esserne liberi affatto, perché ravvisano che le capitolazioni vennero conchiuse pella difesa delle persone e degli averi dei Cristiani contro a' musulmani, e sono desse inoltre contrarie all'autonomia garantita in più antiche capitolazioni colla Porta, a questi Principati, e riconfermata nel più recente trattato e convenzione di Parigi: che tuttavia il Governo Principesco si adoperava, e si sarebbe adoperato, fino a che una tale questione non venga regolata, onde dalle autorità rumene tali capitolazioni non sieno troppo contrastate, come nel momento attuale non si manifestano, relativamente ad esse, gravi difficoltà pendenti e l'Altezza Sua è disposta ad intervenire, onde appianarle, se si producessero.

Il rispetto delle guarantigie costituzionali dei Principati Uniti non credo sia stato espressamente menzionato nella più parte delle comunicazioni, che vennero fatte a Sua Altezza dagli altri Agenti: e ben si apparteneva al Governo di Sua Maestà di dimostrare sollecitudine a tale riguardo, non ignorando esso come la profonda ed antica avversione del Principe Couza verso il regime costituzionale, e la poco sincera pratica da esso fatta sia della Convenzione largita dalle Potenze, sia dello stesso Statuto che si è imposto egli stesso col colpo di Stato, debbano annoverarsi fra le principali cause dell'anarchia che regna negli spiriti e del materiale disordine che si lamenta nel paese, essendone pure risultato che, per mancanza di leale direzione ed appoggio, gli uomini più importanti di tutti i partiti, quelli che sono stimati i più capaci, i meglio intenzionati o fecero mala prova, o vennero logorati in breve tempo, quando furono chiamati al potere, esercitato questo in sostanza dal Principe Couza, tendente sempre più al governo personale, malgrado la sua abituale indolenza ed inoperosità.

Non è dunque a sperare che i consigli liberali che si rivolgono a Sua Altezza sieno per fare buona e durevole impressione sull'animo suo, mentre Essa crede di fare già abbastanza conservando le forme di un regime costituzionale.

Il Principe ben volle tuttavia dichiararmi che si erano per verità compiute parecchie violazioni della costituzione e delle leggi esistenti, in ordine specialmente a concessioni state accordate per arbitrio del suo Ministero: e che tali arbitrii, benché sieno stati sanzionati ed applauditi dalle Camere, nella risposta da queste fatta al discorso del Trono, esso ciò nondimeno andrebbe a rilento prima di approvare altri atti di simile natura, in avvenire, che possano cioè incolparsi d'incostituzionalità.

Che l'amministrazione poi, in generale, non sia regolare, né scevra da parzialità e da abusi, lo confessa il Principe stesso, solo dichiarando, contro la opinione generale, e la notorietà dei fatti, che tali abusi e corruzioni sono assai esagerate e che, ereditate da un tristo passato, si fanno ogni giorno minori, non cessando egli dall'infrenarle, e dal punire i colpevoli con destituzioni, qualmente erano stati destituiti Tribunali interi, e col fare istituire processi contro i prevaricatori, soggiungendo inoltre che troppo si chiede da lui, e che con un colpo di bacchetta egli non può far diventare i suoi rumeni altrettanti Italiani od Inglesi che questo paese non data che da trent'anni, e lo si vuole porre in confronto con quelli che hanno una vecchia civilizzazione; che le occupazioni e le influenze forestiere vi hanno recato ogni maniera di vizii, e ci vuoi tempo per correggerli, che le classi defraudate dei loro privilegii, gli incorreggibili aspiTanti al trono, i cupidi di portafogli, i democratici, i reazionarii, tutti cospirano contro di lui, e rinforzano le ostili .influenze forestiere per impedirgli o ritardargli l'opera sua riparatrice e moralizzatrice, pel compimento della quale, non trova validi sostegni nel suo paese, essendosi egli rivolto invano agli uomini meglio segnalati di tutti i partiti, e tutti si mostrarono deboli ed incapaci o cattivi: che se noi sappiamo trovar meglio nella categoria dei letterati, cioè di quelli che sanno leggere e scrivere, li indichiamo a lui, che ne farà subito Ministri suoi.

Terminò col dire che nelle condizioni, in cui si trova non può far meglio, né promettere di più, e che invano alcuni dei miei colleghi gli hanno chiesto una buona parola per trasmetterla ai loro Governi, non sperando egli pure dal canto suo alcun appoggio dalle Potenze, le quali non sono in grado di fornirlo altramente che evitando di sollevargli difficoltà, ed impedendo che ne vengano sollevate dalla Turchia, perché il credito del paese ne avrebbe nocumento, or specialmente, che deve fare appello ad esso, onde sovvenire alle necessità delle finanze.

Sua Altezza non mancò di ripetere in tale circostanza che è stanca, e disposta più che mai a cedere il posto ad un Principe forestiero, che le Potenze farebbero benissimo di mandar qui al più presto, dovendo ormai tutti essere convinti, come Essa lo è, che un principe indigeno e vitalizio non potrà mai sopprimere tutti i mali che si lamentano, né dare ampia soddisfazione ai bisogni ed alle aspirazioni nazionali; per le quali ragioni è riconosciuto che il desiderio del principe forestiero si fa sempre più generale ed intenso, a conferma del voto espresso dai divani ad hoc.

Che se venisse spinto agli estremi, compirebbe egli, il Principe, tali fatti,. che verrebbero acclamati in Romania e fuori, e, nanti cui, l'Europa discorde dovrebbe piegare il capo.

Quali allusioni, o meglio minacce, adombrate già altre volte pei fini suoi, non si sa precisamente che significhino, non avendole mai più chiaramente espresse. Vuole probabilmente ingenerare il sospetto che egli, in date circostanze, sia per proclamare l'indipendenza dei Principati, la monarchia ereditaria, Lui Re o luogotenente del Regno, fino all'arrivo del Principe forestiero, che i Rumeni sceglierebbero od esso con plebiscito presenterebbe all'approvazione della nazione, spontaneamente, o dopo essersi posto d'accordo, od in intimi accordi, con qualcuna fra le Potenze, e con tali appoggi e tali fini, o per altri prestabiliti, e più vasti, commuovere vicini popoli cristiani, e far scoppiare forse la questione d'Oriente.

Ma nulla indica che i Rumeni sieno per assecondare avventurosi progetti, che Sua Altezza agitasse nella sua fantasia, nulla indica che il Principe Couza sia in intimi rapporti con qualsiasi delle estere Potenze, e nulla pure farebbe credere che le altre popolazioni danubiane possano, sì facilmente, lasciarsi spingere dal Principe di Romania, il quale visse sempre alla giornata, e non si curò mai, o non credé mai opportuno di stringere cordiali relazioni e politiche intelligenze coi popoli vicini ed i loro capi. Per quanto poi si spetta ai Rumeni della Transilvania, del Banato, e della Bucovina, ed a quelli della Bessarabia, il Principe Couza mostrò loro la stessa indifferenza, ed i risultati

della sua amministrazione, ben noti alle dette popolazioni, le quali hanno frequenti relazioni di commercio ed industria colla Moldovalachia, non furono di natura ad invogliarle ad unirsi a questa, né a disporle ad accettare l'influenza del suo Governo.

Venendo poi particolarmente alle comunicazioni fattegli dagli Agenti delle altre Potenze, stupì il Principe che sì fosche sieno state quelle dell'Inghilterra, che credeva si fosse da alcun tempo riavvicinata a lui, e fosse animata da più favorevoli disposizioni, massime dopo le concessioni per costruzioni di ponti, di strade ferrate, ed altre, fatte a sudditi inglesi.

L'agente Francese sarebbesi adoperato a dare l'interpretazione la più benevola alle istruzioni del suo Governo, lamentando tutti gli intrighi, che si fanno a Parigi contro il Principe Couza. Ma questi deplorò che l'azione e l'influenza del Signor Tillos non possa più sortire alcuna salutare efficacia, subordinata come è, specialmente dopo l'ultima malattia sofferta, a quella di sua moglie, che qualificò assai duramente. Soggiunse che non sa comprendere come dopo aver seguito sì docilmente il programma francese, tutto ad un tratto il Governo Imperiale abbia pubblicato nel Monitore articoli a lui sì ostili, e presa di poi un'attitudine che può legittimamente inspiraTgli più gravi sospetti. Dal canto suo il Signor Tillos riconosce che la generosa protezione, stata dal suo Governo accordata al Principe Couza, e le scimiotterie francesi di questo, com'egli le chiama, hanno recato un torto gravissimo all'influenza della Francia in questi Principati, e raffreddate di assai le simpatie che si aveano per essa.

Le comunicazioni del Russo avrebbero manifestato principalmente una viva sollecitudine per gli interessi del culto detto ortodosso, e Sua Altezza si sarebbe adoperato per giustificare le più importanti riforme da Essa operate

o promosse, promettendo, onde raddolcire il Governo di Pietroburgo, che in avvenire, si sarebbe forse potuto riformare le nuovi leggi in quelle parti, che possono offrire più fondato motivo di censura.

In iscambio di concessioni in materia religiosa Sua Altezza soggiunse che avrebbe potuto da tempo, ed al presente ancora, ottenere il più deciso appoggio della Russia, ma che ne ha sempTe respinte le proposte e le lusinghe, volendo anzitutto mantenere la propria indipendenza.

L'austriaco non avrebbe avuto ordine che di perorare quasi esclusivamente in favore delle capitolazioni, la cui osservanza è sì profittevole all'Austria, tanto sotto il rapporto finanziario, quanto sotto l'aspetto politico. Pel resto si sarebbe corrivi, e furono ricordate a Sua Altezza tutte le coTtesie già usate dal Governo di Vienna, con ripetuta protesta delle migliori disposizioni di questo a riguardo dei Principati e del Principe Couza.

L'Agente Prussiano non ricevé che più tardi le sue istruzioni, e queste pure non concernono che il rispetto delle Capitolazioni. Il Signor Saint Pierre disse che la sollecitudine del suo Governo non s'era portata che sopra i più immediati interessi prussiani; che pel resto non eravi granché a sperare, ed aveva convinzione che, ogni ulteriore pratica sarebbe riescita perciò inefficace, come lo furono tante altre fatte precedentemente.

I discorsi, che ebbero luogo nelle riunioni degli agenti delle Potenze garanti, o che io tenni particolarmente con essi, confermerebbero nell'insieme la lunga conversazione, che io ebbi l'onore di avere con Sua Altezza il Principe Regnante.

Durante la medesima io potei mostrarmj assai parco di ragionamenti, stanteché degli argomenti che erano in campo, già io avea avuto moltissime occasioni di trattare con Sua Altezza, e, particolarmente sulla necessità più urgente di apportare ordine e moralità nelle pubbliche amministrazioni, quando mi pervenne il Dispaccio di V.E. in data 28 Settembre p.p. al N. 28 della Serie Politica (1).

Le provate amichevoli disposizioni del Governo di Sua Maestà verso il Governo Principesco e la Romania, e le mie stesse personali simpatie verso questo paese, sono troppo universalmente note perché Sua Altezza potesse non accogliere di buon animo le ultime comunicazioni, che io avea ricevuto ordine di farle, ed a cui Essa rispondeva come è uso meco, colla maggiore espansione.

Io mi studiai tuttavia dj soddisfare all'incarico con quella più particolare cortesia che mi era comandata dalla circostanza della prossima mia partenza, onde eziandio corrispondere alle dimostrazioni che Sua Altezza mi fa con autografi ed altramente de' lusinghieri sentimenti suoi.

(l) -Non pubblicato, ma cfr. il telegramma, anch'esso del 23 gennaio, pubblicato al
313

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 55. Firenze, 16 febbraio 1866, ore 16,45.

J'ai présenté aujourd'hui traité de commerce à la Chambre et je vous adresse par poste copie de la relation présentée au Parlement (2). J'ai adopté en substance le projet de votre dépeche du 11 et vous ai envoyé hier instructions précises à ce sujet (3). Quand vous les recevrez vous ferez part à Bismarck de la déclaration que vous devez faire dans le protocole d'échange des ratifications pour qu'il puisse en donner connaissance dès à présent pour leur règle aux Gouvernements ratifiants. J'en instruis aujourd'hui par poste nos agents à Carlsruhe et à Munich. Veuillez m'instruire par télégraphe des démarches que vous ferez à ce sujet auprès de Bismarck.

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IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S.N. Madrid, 17 febbraio 1866 (per. il 23).

J'ai eu l'honneur de mander hier à V.E. par télégraphe (4) le résumé de la dépeche que M. le Ministre d'Etat vient d'adresser au Ministre de Sa

Majesté Catholique à Florence. M. Bermudez de Castro m'avait promis de m'en donner communication avant de l'expédier et je me suis empressé d'aUer le trouver hier matin pour lui rappeler sa promesse. Le dépeche était presque terminée et j'ai pu m'en former une idée assez exacte pour etre à meme d'envoyer à V.E. mon télégramme d'hier. Ce matin, ainsi que M. Bermudez me l'avait annoncé, la Gazette de Madrid a publié ce document. Quant à ce qui concerne la copie de la dépeche de V.E., que M. le Ministre d'Etart dit ne lui avoir été remise par moi que le 12, je dois observer qu'ayant reçu l'ordre de V.E. de donner immédiatement lecture à M. Bermudez de cette dépeche, je me suis empressé d'aUer le 11 à 3 heures à peine le courrier avait été distribué, au Ministère d'Etat. Je n'ai pu etre reçu qu'après 4 heures par M. Bermudez et je n'ai quitté ce Ministre que vers 6 heures. Je lui ai offert de lui envoyer le soir la copie qu'il désirait, mais lui-meme il m'a répondu qu'il lui suffisait de l'avoir le lendemain matin de bonne heure et c'est pour ce motif que j,e la lui ai remise le 12 au matin.

M. Bermudez de Castro insiste beaucoup au commencement de sa dépeche sur la liberté d'action que les deux Gouvernements se sont réservée loTs de la reconnaissance. Si depuis lors le Cabinet Espagnol parait avoir oublié ses protestations amicales envers l'Italie pour s'immiscer dans la question romaine et plaider la cause du pouvoir temporel, je crois que cela a dépendu surtout des influences de la Cour qui reprennent leur ancienne valeur. Au moment de son arrivée au pouvoir le Général O'Donnell leur a imposé son programme, mais ensuite ce Ministère a jugé devoir faire quelque chose qui fut agréable au Palais en publiant ces documents où il montre tant de l>Ollicitude pour les intérets temporels de la Papauté. Je crois d'etre dans le vrai en affirmant que c'est là le motif principal qui a ,engagé la Chancellerie Espagnole dans une voie si différente de celle que la reconnaissance de l'Italie avait fait présager. Le cabinet a voulu pouvoir dire au Palais: en reconnaissant l'Italie nous avons servi votre cause, car maintenant nous pouvons faire pour le Pape ce Qui avant nous était impossible.

Mais la partie la plus importante de la dépeche de M. Bermudez de Castro est à mon avis, celle où il prétend établir que la convention du 15 Septembre a deux interprétations, l'une française l'autre italienne et qu'il y a antagonisme entre les deux. Il veut établir que l'Espagne a été guidée en reconnaissant l'Italie par l'interprétation donnée à cette convention par le Gouvernement Français et qui est contenue dans les deux dépeches du 28 et 30 Octobre 1864 adressées par M. Drouyn de Lhuys à M. Malaret et dans le discours de M. Rouher au Corps Législatif dans la Séance du 15 Avril 1865. Il dit que l'Espagne ne fait qu'adopter cette interprétation et adhérer ainsi à l'explication donnée par une des parties qui ont signé la convention et que par conséquent c'est à cette dernière que nous devons adresser nos réclamations.

M. Bermudez a tenu à me prouver qu'il était très persuadé de cette idée; il m'a laissé comprendre qu'il trouvait qu'en réalité la dépeche de V.E. s'adressait à la France, mais que seulement nous avions jugé plus commode de dire à Madrid ce que nous voulions faire savoir à Paris. Je lui ai nettement répliqué que lorsque V.E. avait voulu s'adresser à la France, elle l'avait fait

par sa dépèche du 7 Novembre 1864 (l) qui fixait la véritable interprétation de la convention du 15 Septembre, et que si aujourd'hui elle s'adressait à l'Espagne c'était uniquement parceque celle-ci lui avait fourni de justes et fortes raisons pour le faire, en voulant s'immiscer dans nos affaires d'une façon aussi contraire à nos intérèts et en se plaçant à un point de vue opposé au nòtre.

Si lors de la reconnaissance de l'Italie M. Bermudez de Castro avait réellement les idées qu'il expose maintenant, où seTait donc l'erreur du Baron Cavalchini de laquelle il a parlé si souv,ent? Ce dernier avait précisément compris que M. Bermudez voulait se fonder pour reconnaitre l'Italie sur la convention du 15 Septembre, telle que le Gouvernement Français paraissait l'interpréter, et spécia!lement sur les explications données aux Chambres françaises par M. Rouher. V.E. dans sa dépèche du 5 Juillet 1865, adressée au Baron Cavalchini (2), répondit à cela qu'Elle ne pouvait admettre que l'Espagne mit de nouveau en question l'interprétation de cette convention qui avait été fixée régulièrement et en voie diplomatique par les deux puissances contractantes, ainsi qu'il résultait du télégramme adressé le 1er Novembre 1864 au Gouvernement du Roi par le Ministre d'Italie à Paris (3) accepté dans la dépèche de V.E. à ce Ministre en date du 7 Novembre.

M. Bermudez, après avoir accepté les franches explications de V.E., et après avoir soutenu d'avoir été mal compris par le Baron Cavalchini, revient donc maintenant à l'idée qu'il avait désavouée, et qu'il désavoue mème de nouveau dans ce dernier document, tout en la défendant en mème temps. C'est ainsi, qu'à mon avis M. Bermudez se contredit dans cette nouvelle dépèche à chaque ligne soutenant tour à tour qu'il peut et qu'il ne peut pas interpréter la convention, qu'il peut et qu'il ne peut pas s'ingérer dans la question romaine.

Quant à ce qui se rapporte à la phrase que V.E. a relevée, contenue dans une dépèche de M. Bermudez du 8 Novembre dernier, mon avis est qu'en l'écrivant ce Ministre n'a eu d'autre but que celui de se rendre agréable aux personnes qui devaient en prendre connaissance. En effet, il m'a dit lui-meme que c'était une consolartion qu'il avait voulu offrir au Gouvernement Romain. Il m'a ajouté que son idée avait été cette meme idée de conciliation qui vient d'etre récemment émise dans les discussions du Sénat par le Gouvernement Français, et en outre, qu'il avait voulu faire allusion, par exemple, au jour où, pour avoir Venise, il pourrait nous conv,enir de faire au Pape quelques concessions. Je lui ai ~aissé comprendre de mon còté que je trouvais son explication aussi peu satisfaisante qu'impossible à réaliser.

La dépeche que V.E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 5 courant a produit ICI une immense impression: l'« union libérale • est abattue, car elle dit que cela rend bien plus difficile la défense qu'elle doit faire de ses propres actes, la discussion du Congrès sur la question d'Italie devant commencer aujourd'hui. Ce dont M. Bermudez et ses amis se plaignent le plus c'est que le Gouvernement du Roi n'ait pas attendu pour publier cette dépèche que la discussion de l'adresse fUt terminée à la Chambre des Députés, car disent-ils nos ennemis y puiseront largement des arguments pour leur cause,

et le Ministère en leur répondant aura l'air d'obéir à une pression étrangère. A cela j'ai toujours répliqué que ce n'était pas nous qui les premiers en eussions appelé à l'opinion publique, puisque le Gouvernement Espagnol n'avait pas hésité à publier de sa part le livre rouge contenant ces documents auxquels il nous avait fallu répondre.

M. Bermudez ayant vivement insisté sur le fait de la publication de la dépeche de V.E. dans notre journal officiel avant qu'elle lui ait été communiquée, je me suis borné à lui observer que si V.E. avait jugé nécessaire de la publier immédiatement, c'était evidemment qu'Elle avait eu, pour s'y décider, des motifs très puissants.

Je me suis cru en devoir de faire part à V.E. de ce qui précède afin de la mettre au fait de tout ce qui m'a été dit par M. le Ministre d'Etat, et de l'opinion qui me parait s',etre formée ici dans le public tant sur la dépeche de V. E. que sur la réponse de M. Bermudez.

P.S. Le Congrès a rejeté aujourd'hui l'amendement proposé par M. le Comte de Xiquena et autres députés du parti modéré, contre la reconnaissance du Royaume d'Italie, à une majorité de 160 voix contre 25. Je m'empresse de transmettre ci-joint à V.E. le discours prononcé à cette occasion par le Comte de Xiquena, ainsi qu'un article du Journal ministériel La Politica, de ce .soir, intitulé • esplicaciones • (1).

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. il dispaccio pari data inviato anche a Monaco e Carlsruhe, ed. in LV 9, pp. 52-5>1. (3) -Cfr. n. 310. (4) -Cfr. t. 94, non pubblicato. (l) -Cfr. Serie I, vol. V, n. 388. (2) -Cfr. n. 91. (3) -Cfr. Serie I, vol. V, n. 373, allegato.
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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LV 9, pp. 54-55)

D. 28. Firenze, 19 febbraio 1866.

Secondoché ne fu data istruzione a V.S. Illustrissima col dispaccio n. 26 Gabinetto in data del 15 corrente (2), Ella avrà ad annunciare formalmente all'atto dello scambio delle ratifiche l'intenzione del R. Governo di accreditare Agenti diplomatici presso tutti gli Stati membri dello Zollverein.

Il seguente progetto di rappresentanza dell'Italia presso i Governi componenti l'associazione doganale tedesca, mi sembrerebbe corrispondere adeguatamente alle esigenze del servizio ed allo scopo precipuo per cui tale rappresentanza sarebbe istituita, quello di provvedere efficacemente all'utilità pratica del nuovo Trattato di Commercio: * gradirei però di conoscere a tal riguardo il competente giudizio di V.S. Illustrissima che già col suo Dispaccio _No 48 Commerciale (3) me ne faceva profferta.

Il progetto che Le comunico poggerebbe sulle basi seguenti: * ( 4).

Sarebbero accreditati (5) Agenti presso gli Stati che sono membri effettivi .dello Zollverein si eccettuerebbero solamente i quattro principati di ReussGr·eiz, Reuss-Sch1eiz, Schwarzbourg-Sondershausen e Schwarzbourg-Rudolfstadt;

15 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

Si seguirebbe in tal guisa l'esempio del Belgio, della Francia e dell'In-

ghilterra, non avendo queste Potenze Agenti accreditati presso altri Stati,

all'infuori dei sedici suaccennati, salvo il Belgio e l'Inghilterra che hanno

Agenti accreditati anche presso l'Anhalt che non è membro effettivo dell'Asso

ciazione, bensì è inglobato nel sistema doganale della Prussia.

La rappresentanza Diplomatica italiana sarebbe per ora ripartita tra le

quattro RR. Legazioni già esistenti nello Zollverein le quali continuerebbero

ad avere la residenza a Berlino, Francoforte, Monaco e Carlsruhe.

Per siffatto riparto si seguirebbe possibilmente il sistema adottato dalle

tre Potenze più sopra accennate avendosi così nel tempo stesso riguardo alle

condizioni geografiche del paese.

La ripartizione sarebbe la seguente:

Il R. Ministro in Berlino rimarrebbe accreditato presso la Prussia, l'An

nover, l'Oldenburgo ed il Brunswick.

Il R. Ministro a Monaco presso la Baviera (1), la Sassonia Reale, la

Sassonia Weimar, la Sassonia Meiningen, la Sassonia Altenburgo e la Sassonia

Coburgo Gotha.

Il R. Ministro a Carlsruhe presso Baden e Wiirtemberg.

Infine il R. Ministro a Francoforte sarebbe accreditato presso quella Città

libera, l'Assia Cassel, Assia Darmstadt ed il Nassau.

È inteso però che finché la Dieta non abbia riconosciuto il Regno d'Italia,

rimanendo V.S. Illustrissima titolare della R. Legazione in Francoforte, a V.S.

dovranno essere affidate così le rappresentanze attribuite alla residenza di

Francoforte come quelle attribuite alla residenza di Berlino.

* SegnandoLe ricevuta de' Suoi pregiati Rapporti N" 11 e 12 di Serie politica... * (2).

(l) -Non si pubblicano. (2) -Cfr. n. 310. (3) -Cfr. n. 305. (4) -I brani fra asterischi sono omessi in L V 9. (5) -In LV 9 questo verbo ed i seguenti sono tutti al modo indicativo e non al con-dizionale.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (3). Berlino, 19 febbraio 1866 (per. il 23).

On me confie sous le plus grand secret que le Comte d'Usedom a écrit tout dernièrement au Comte de Bismarck que, sur le conseil de la France, le Gouvernement du Roi serait disposé à entrer en négociation pour la cession de Venise sur la base d'une indemnité de 500 millions.

• Il R. Ministro a Carlsruhe rimarrà per ora accreditato soltanto presso E aden >.

Le Comte de Bismarck est extremement irrité de la perspective d'une

pareille combinaison qui le priverait de son plus puissant moyen d'action sur

l'Autriche. Dans sa mauvaise humeur, il a dit que nous avions grand tort

de préférer des négociations à la guerre; que cette dernière ne nous couterait

pas la moitié et nous donnerait une bien meilleure frontière militaire.

Ce qui parait avoir engagé le Comte de Bismark à accorder une certaine

créance à la nouvelle donnée par le Comte d'Usedom, c'est que d'un autre

c6té, le Ministre d'Autriche, ici, lui a donné clairement à entendre, que, si la

Prusse comptait sur les dangers de l'Autriche en !talie pour forcer le Cabinet

de Vienne à céder dans l'affaire des Duchés, elle se trompait complètement,

toute éventualité de guerre à propos de Venise étant positivement ajournée.

(l) In LV 9 è qui aggiunto • il Wurtemberg » e la frase seguente è così modificata:

(2) -Cfr. n. 308, il r. 11 non è pubblicato. (3) -Al r. 13, di cui si pubblica solo il brano seguente: • La grande préoccupatlon du moment est de savoir quelle attitude va prendre le Cabinet de Berlin vis-à-vis de la résistance de plus en plus accentuée de l'Autriche s'opposant énergiquement à l'annexion, sous quelque forme que ce soit, et ne voulant à aucun prix permettre l'ingérence Prussienne dans les affaires du Holstein. Personne ne se méprend sur les véritables motifs de cette résistance qui s'inspire surtout de demandes exorbitantes en argent, compensations de territoires en Silésie et, au besoin, garantie de ses possessions en Italie. Or, camme la Prusse ne veut ni ne peut acheter à un aussi haut prix la condescendance de l'Autriche, il s'en suit que les deux grandes Puissances, après avoir épuisé tous Ies moyens possiblespour arriver à la conclusion de ce véritable marché se retrouvent aujourd'hui en face l'une
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 97. Berlino, 20 febbraio 1866, ore 17 (per. ore 20,10).

Communiqué au Comte Bismarck dépeche du 15 (l) ainsi que la déclaration jointe qu'il a acceptée et fortement approuvée il désire seulement pour prévenir nouvelles intvigues que les états du Zollverein n'en soient informés que le jour meme de l'échange des ratifications. Je ne vois pas de difficultés. Détails demain par poste.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 155. Firenze, 20 febbraio 1866.

V. S. mi ha riferito col suo rapporto del 15 corrente (2), gli schieramenti che Le fornì S.E. il Signor Drouyn de Lhuys sugli accordi intervenuti

·de l'autre dans une de ces positions critiques dont elles ne peuvent sortir que par une reculade ou une action décisive.

La guerre seule paraitrait pouvoir trancher ce noeud gordien, et il n'est pas douteux que dans un certain public, comme dans les sphères Gouvernementales, cette opinion a de nombreux partisans. Mais une lutte armée entre les deux Grandes Puissances Allemandes présenterait de si grands dangers pour toutes deux, que les gens sensés croient, non sans raìson, que l'on n'en arrivera pas à cette extrémité. L'arrivée, hier soir, du Comte de Goltz, que l'on dit avoir été mandé ici pour bien connaitre le sentiment intime du Gouvernement Français sur la situation, a singulièrement préoccupé les esprits. L'on croit le Comte de Bismarck tellement engagé dans les projets belliqueux, que l'on insinue déjà que le Comte de Goltz pourrait bien devenir son successeur, si au lieu d'une guerre avec l'Autriche l'on en venait à un second Gastein. Mais ce sont là des bruits sans consistance. Le Comte Bismarck sera bien positivement le Ministre du règne actuel, et sa retraite n'est pas plusprobable que la guerre •.

tra il Governo imperiale e la Santa Sede per la formazione di una legione stra

niera, composta principalmente di ufficiali e soldati francesi e destinata al

servizio pontificio.

Presi atto con soddisfazione della assicurazione datale dal Ministro imperiale degli Affari Esteri che la legione di cui si tratta sarebbe stata costituita di soldati interamente liberati, e che nessun rapporto qualsiasi esisterebbe tra questa legione ed il Governo Francese. Tuttavia il fatto, annunziato da S.E. il Ministro di Stato, che il Governo Francese accettando un mandato conferitogli dal Governo Pontificio, si è incaricato della formazione di un battaglione straniero organizzato in Francia con elementi francesi ,e che sarà trasportato su bastimenti da guerra francesi a Civitavecchia, e gli accordi mentovati dal Signor Rouher che regolarono tra la Francia e la Santa Sede le condizioni delle giubilazioni ed il diritto di avanzamento nell'esercito francese conservato agli ufficiali francesi entrati in quel corpo, quasi fossero dessi in missione per conto del loro Governo all'estero; codeste circostanze dico, potrebbero ingenerare negli animi il dubbio che tali atti tendano ad alterare il patto col quale l'Italia si è impegnata a non reclamare contro la formazione di un esercito pontificio, composto anche di volontari stranieri.

Non dissimulai pertanto al Barone Malaret che le dichiarazioni fatte dal Signor Ministro di Stato al Senato dell'Impero nella seduta del 12 corrente non corrispondono alla giusta aspettazione del Governo del Re, ed Ella vorrà~ Signor Ministro, esprimersi nello stesso senso con codesto Ministro degli Affari Esteri.

Siamo sicuri che il Governo dell'Imperatore valuterà nel loro vero signficato queste osservazioni che sono a noi suggerite dalla importanza che annettiamo a che da nessuno possa sospettarsi che la Convenzione abbia mai ad. essere pur indirettamente o anche involontariamente elusa. Egli vedrà adunque, nella sua saviezza, se, in presenza della possibilità di fatto di intepretazloni inquietanti, non sia il caso di togliere pubblicamente ogni incertezza sul carattere degli accordi presi tra il Governo Francese e la Santa Sede, e sulle conseguenze ch'è lecito di trarre, al punto di vista intternazionale, dalla presenza sotto le bandiere pontificie di una legione straniera di nazionaHtà quasi determinata.

(l) -Cfr. n. 310. (2) -Cfr. n. 311.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 98. Berlino, 21 febbraio 1866, ore 18 (per. ore 21)..

Comte de Goltz a dit avant'hier au Comte de Bis:narck que dans le cas d'une lutte avec l'Autriche la Prusse pouvait étre sure du concours armé de l'Italie mais que quant à la France elle entendait garder son entière liberté d'action. Bismarck pousse de tous ses efforts à la guerre, mais le Roi résiste encore en hésitant. Ambassadeur de France a transmis ces mémes renseignements en ajoutant que la guerre était si non probable du moins possible. Le bruit court ce matin que une proposition d'alliance offensive et défensive vient d'etre faite par la Prusse à l'Italie pour faire la guerre à l'Autriche; mais l'on serait disposé à voir dans cette démarche une suprème manoeuvre du Comte Bismarck plutòt que une propositlon sérieuse.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 14. Berlino, 21 febbraio 1866.

Depuis mon rapport d'avant-hier (1), les idées, dans les sphères Gouverneroentales, ont tout-à-coup tourné aux projets belliqueux. Les appréciations rapportées de Paris par le Comte de Goltz, et dont j'ai cru devoir informer

V.E. par mon télégramme d'aujourd'hui (2), ont naturellement beaucoup contribué à amener ce résultat. D'un autre còté, l'on a appris que l'Envoyé d'Autriche, Comte Karolyi, avait eu avant hier avec le Comte de Bismarck un entretien extrèmement vif à propos des Duchés, et qu'il en était sorti sinon alarmé, du moins très préoccupé et craignant, comme il l'a dit ensuite à ses intimes, un coup de tete. Si la question de guerre devait etre tranchée par le Comte de Bismarck, il n'est pas douteux que nous toucherions à de gros événements; mais le Roi, quoique extrèmement irrité contre l'Autriche, n'a pu encore se faire à l'idée de voir un ennemi dans son ancienne aUiée, et: continue, en hésitant, à tout arreter.

Il faut cependant prendre un parti; non pas seulement contre l'Autriche, mais encore contre l'agitation intérieure qui est venue à constituer une véritable crise, et que dans la pensée du Gouvernement, l'on pourrait facilement faire disparaitre par un puissant dérivatif, comme serait une lutte avec l'Autriche.

Mais si la néecessité de faire quelque chose est évidente pour la politique Prussienne, l'obligation de résister aux ambitions de cette dernière n'est pas moins démontrée aux yeux de tout le monde pour l'Autriche. Si, dans cette circonstance supreme, elle cède à la Prusse, c'en est fait à tout jamais, non pas seulement de son influence, mais de sa position en Allemagne qui en définitive constitue la base traditionnelle de son existence politique. L'on assure que le langage de M. de Mensdorff est très explicite à cet égard, et qu'il a déclaré très nettement à l'Envoyé Prussien que l'Autriche était allée aussi loin que possible dans la voie des concessions, et qu'elle ne ferait pas un pas de plus.

Entre ces deux situations également très-nettement accusées, il reste bien,. il est vrai, une issue à de nouvelles négociations; mais tout a été tenté in

fructueusement dans ce sens, et la Prusse ne voulant pas traiter autrement que sur la base de l'évacuation du Holstein, à laquelle le Cabinet de Vienne attache des concessions exorbHantes, il s'ensuit que l'on tourne dans un cercle vicieux dont le dernier mot, entre d'autres nations moins fiegmatiques, devrait etre la guerre.

Je dois toutefois dire que l'opinion du Corps diplomatique, tout en se ressentant de la crise évidemment très grave que l'on traverse en ce moment, et reconnaissant parfaitement les dangers de la situation, penche encore cependant vers la probabilité d'une solution pacifique. Ce que l'on serait disposé a croire, c'est que le Comte de Bismarck veut frapper un grand coup de terreur sur l'Autriche, et sortir à tout prix et au plus tòt d'une position devenue into_lérable.

Au moment de terminer cette dépèche, j'apprends qu'un nouvel incident des plus graves s'est produit entre le Gouvernement et la Chambre. Le Président, M. de Grabow, avait fait parvenir au Comte de Bismark une communication où se trouvaient consignés les votes du Parlement sur le Lauenbourg, l'Arret de la Cour de Cassation du 29 Janvier dernier, et la pétition relative aux démonstrations faites à Cologne l'année dernière. Le Comte de Bismarck a renvoyé le document en donnant pour motif que les votes de la Chambre étaient contraires à la Constitution. Grande sensation parmi les Députés progressistes qui ont décidé par 49 voix contre 47 de renvoyer la lettre au Comte de Bismarck, en sommant le Gouvernement de la retirer, sous peine de ne plus discuter ses projets. Il est possible que la Commission, chargée de formuler cette proposition, la modifie ou mème l'écarte; mais le fait n'en a pas moins sa signification, et ne peut qu'encourager le Gouvernement à mettre fin à cette crise par quelque résolution éclatante qui fasse diversion à l'opinion publique.

(l) -Cfr. n. 316 e nota 3 allo stesso. (2) -Cfr. n. 319.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 49. Berlino, 21 febbraio 1866.

* Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V.E. par mon télégramme d'hier (1), j'ai remis à M. de Bismarck copie de la dépeche No 26 (2), ainsi que de la déclaration qui y était jointe destinée à etre insérée dans le protocole d'échange des ratifications. Le président du Conseil a parfaitement accueilli cette communication et m'a dit que nous avions tout-à-fait raison de prendre en commençant une attitude franche et énergique vis-à-vis des Etats du Zollverein, dans la question de reconnaissance résultant du fait de la conclusion définitive du traité. Il m'a parlé en souriant des réserves secrètes du Hanòvre

ainsi que de la délégation de Nassau * (1), qu'il a traitée d'enfantillage compromettant meme les droits de souveraineté du Due, * et m'a dit que placés entre l'alternative de compromettre l'application du nouveau traité par un procédé déloyal ou de recevoir les représentanrts Italiens il n'y avait pas à douter qu'ils s'arretassent à ce dernier parti*.

Sur la demande que m'a ensuite adressée le Comte de Bismarck, de tenir encore secrète jusqu'au jour de l'échange des ratifications, la déclaration à insérer dans le protocole, afin de prévenir de nouvelles intrigues de L'Autriche, je lui ai répondu que je croyais pouvoir le laisser juge de cette question d'opportunité; mais après la relation remarquable dont V.E. a accompagné la présentation du traité au Parlement, et qui va etre reproduite par tous les journaux, il n'y a plus de mystère possible; et il vaut infiniment mieux qu'il en soit ainsi.

* -M. de Bismarck m'a enfin chargé de presser l'envoi des ratifications Italiennes de manière à pouvoir en opérer l'échange aussitOt que l'on aurait appris l'adoption du traité par le Parlement. S.E. se montre extremement pressée d'en finir avec cette affaire dont la prompte solution intéresse effectivement l'Italie comme l'Allemagne. - * -Darmstadt a envoyé ses ratifications, qui maintenant se trouvent toutes au grand complet *.
(l) -Cfr. n. 317. (2) -Cfr. n. 310.
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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 280. Parigi, 22 febbraio 1866.

Ho ricevuto oggi il dispaccio di Gabinetto che l'E.V. mi fece l'onore d'indirizzarmi in data del 20 corrente (2). Nella giornata ho potuto vedere S.E. il Signor Drouyn de Lhuys e gli ho parlato nel senso che V.E. volle indicarmi. Non gli ho dato lettura del di Lei dispaccio; ma gli ho esposto verbalmente le considerazioni che vi sono contenute. Ho particolarmente chiamata l'attenzione del Ministro imperiale sopra due punti, cioè: sul carattere di nazionalità determinata che sembrava rivestire la legione straniera jn seguito all'organizzazione datale, e sul fatto del diritto d'anzianità nell'armata francese mantenuto negli ufficiali francesi ammessi nella legione. Ho fatto osservare a S.E. che il mantenimento del diritto all'anzianità nell'armata francese dava a questi

ufficiali il carattere d'una missione compita all'estero per conto del Governo francese, che in fatto i medesimi non avrebbero cessato d'appartenere all'armata francese; che avrebbero continuato a figurare ne' suoi ruoli; che tale fatto interpretavasi come non conforme alle stipulazioni della Convenzione del 15 settembre.

Il Ministro imperiale degli Affari esteri mi rispose che il Governo francese, nell'obbligarsi a ritirare le sue truppe dal territorio pontificio, non aveva rinunziato ad attestare a Sua Santità, nei limiti tracciati dalla Convenzione del 15 settembre, l'interesse ch'egli porta alla S. Sede; che la formazione per cura della Francia d'una legione straniera al servizio del Papa era un segno di tal interesse ed entrava d'altronde, a suo parere, nello spirito della Convenzione, che per rendere possibile e facile la formazione di questa legione, il Governo francese aveva dovuto regolare pei Francesi che consentissero a farne parte la posizione che loro sarebbe fatta dal Governo pontificio allorquando fossero passati al servizio del Papa, e che questo regolamento era stato constatato mediante uno scambio di note tra il Governo dell'Imperatore e quello della Santa Sede; che il Governo francese, dando a sudditi francesi il permesso di prendere servizio all'estero, doveva naturalmente mantener loro la qualità e i diritti di cittadini francesi. In quanto al diritto all'anzianità nell'armata francese che il Ministro imperiale della Guerra avrebbe mantenuto in favore degli ufficiali pel caso che abbandonassero il servizio della Santa Sede e riprendessero servizio nell'armata francese, S.E. il signor Drouyn de Lhuys mi ripeté che questa era una misura di semplice amministrazione militare interna e ch'essa non era stata oggetto d'accordi tra la Francia e la Santa Sede. E mi citò di nuovo il precedente della legione straniera inviata in !spagna nel 1836, dicendomi che in quell'epoca il principio di non-intervento era stato accettato come base della politica estera negli affari di Spagna e che nondimeno erasi mantenuto in favore degli ufficiali francesi che facevano parte della legione il diritto all'anzianità nell'esercito francese. Il signor Drouyn de Lhuys mi rinnovò l'assicurazione precedentemente datami che la legione sarebbe composta di volontari intieramente liberati e che potrebbero esservi ammessi non solo francesi, ma individui d'ogni altra nazionalità; che il Governo francese non avrebbe esercitato nessun controllo su questa legione la quale sarebbe armata ed equipaggiata a spese del Governo pontificio e pagata da lui, avrebbe bandiera e coccarda della Santa Sede e sarebbe esclusivamente al servizio del Papa facendo parte della sua armata, che, in un parola non v'esisterebbe alcun rapporto, alcuna solidarietà tra questa Legione ed il Governo francese.

Il Ministro imperiale mi disse infine che prenderà in considerazione ciocché l'E. V. incaricavami d'esporgli circa la convenienza di togliere, mediante una dichiarazione destinata alla pubblicità, qualunque incertezza sul carattere della legione e degli accordi intervenuti su quest'oggetto tra la Francia e la Santa Sede.

S. E. si riservò del resto di rispondere in modo più completo alle osservazioni da me espostegli in uno dei primi dispacci che indirizzerà al Ministro di Francia a Firenze.

ALLEGATO.

DROUYN DE LHUYS A NIGRA

L.P. Parigi, 24 febbraio 1866.

Votre compte rendu me paraìt très exact. Je n'ai à faire qu'une observation: nous ferons l'avance de l'armement et de l'équipement, mais ces frais nous seront remboursés par le Gouvernement Romain. J'écris à Florence de mon coté, mais vous aurez de l'avance sur moi.

(l) -I brani fra asterischi sono editi in L V 9, p. 56. (2) -Cfr. n. 318.
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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 57. Firenze, 23 febbraio 1866, ore 13,15.

Tàchez de savoir si et comment on s'occupe affaires Syrie. Répondez plus tòt possible.

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L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LV 9, p. 281)

T. 101. Bucarest, 23 febbraio 1866, ore 14,10.

Aujourd'hui de grand matin prince Couza surpris dans sa chambre a signé son abdication. Principe de prince étranger proclamé. Lieutenance princière instituée composée du général Nicolas Golesco, colonel Caralambi et Lascar Catargi. Ministère nommé par la lieutenance avec John Ghika président et affaires étrangères, Jean Cantacuzene justice -Pierre Mavroyeni finances -Constantin Rosetti cultes, Major Seca guerre -Démètre Stourza travaux publics. Abdication du prince et constitution des nouvelles autorités annoncées dans Moniteur aujourd'hui et dans lettre adressée aux agents des puissances garantes par ministre des affaires étrangères. Prince arreté, et détenu en ville, princesse conduite avec egards chez madame Davila; quatre ou cinq personnes seulement plus compromises avec régime tombé sont arretées. Mouvement pacifique, auquel officiers, et partie des troupes ont contribué. Pas une goutte de sang, nulle résistance. Ministère proteste que mesures sont prises pour maintenir partout ordre. Multitude acclamant dans les rues avec musique et drapeaux. Chambre convoquée maintenant pour entendre communications du nouveau Gouvernement (1).

325

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 102. Londra, 23 febbraio 1866, ore 15,10.

Lord Clarendon ne savait rien de Syrie et ne s'en était pas préoccupé, mais l'ambassadeur de France a été chargé de lui dire que la France maintenait comme base de ce qui se ferait actuellement les accords pris par les puissances en 1861 et modifiés en 1864 d'accord avec Turquie. Lord Clarendon s'est reservé de les examiner.

326

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LV 9, p. 282)

T. 103. Bucarest, 23 febbraio 1866, ore 18,15 (per. ore 10,30 del 24).

Dans proclamation du nouveau Gouvernement est dit que tous, armée et peuple, soutiendron~ droits de la patrie, légalité et toutes libertés publiques ainsi qu'il se pratique dans pays civiles et plus spécialement en Belgique. Nom du comte de Fiandre commençait ensuite à se répandre parmi peuple et armée. Plus tard devant senateurs et députés qui ont applaudi lieutenance princière et ministres, général Golesco annonça abdication du prince Couza ·et déclara qu'il fallait accomplir voeux dcs Divans ad hoc. John Ghicka proposa pour éviter rivalités et discorde de proclamer tout de suite comte de Fiandre prince de Roumanie sous titre Philippe I. Assemblée où était aussi intervenu oncle du prince Couza, accepta par acclamation unanime et procède maintenant à la signature du procès verbal constatant cette acclamation avec serment préalable. Assemblée déclara également par acclamation que armée et membres du nouveau Gouvernement avaient bien mérité de la patrie. Dans les rues continuent promenades bruyantes et pacifiques avec musiques militaires et autres.

(l) Lo stesso 23 febbraio Stramhio inviò con r. 89 una particolareggiata relazione della deposizione di Couza. Se ne pubblica il brano seguente: « Malgrado la dolcezza del temperamento rumeno la rivoluzione era generalmente invocata e la si andava preparando. Assunse, nei progetti, una forma concreta in queste ultime settimane. Il segreto del modo e del tempo, concentrato in pochi Capi, fu conservato ammirabilmente; l'esecuzione poi, diretta con prontezza e abilità, fu perfetta. Dietro vaghi sospetti il Principe Couza aveva da tre settimane dato molto denaro a certo Caliman, ex agente segreto sotto varii governi in Moldavia, ed in ultimo prefetto di Crajova, perché scoprisse la congiura, ma non scoperse nulla •.

327

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LV 9, p. 57)

R. 50. Berlino, 23 febbraio 1866 (per. il 27).

Aussitòt que j'ai eu connaissance du Message Royal annonçant la clòture de la Session actuelle, je me suis empressé de me rendre chez M. de Thile pour savoir si cette mesure inattendue ne ferait point subir un temps d'arret à la conclusion définitive de notre traité de commerce avec le Zollverein. M. de Thile m'a immédiatement répondu qu'il n'y avait aucune espèce de craintes à avoir à ce sujet; que ce n'était pas la première fois que le cas se présentait, et qu'aussitòt que les ratifications auraient été échangées, le traité sortirait son plein et entier effet, * comme s'il eut été approuvé par les Chambres * (1).

• Ce que nous ferons plus tard, a-t-il ajouté, mais qui ne regarde exclusivement que la Prusse, c'est, après sa mise à exécution, de présenter le :traité à la sanction du nouveau Parlement que doivent amener les élections du mois d'octobre prochain •.

Il n'y a donc absolument rien de changé dans la situation, et tout est pret ici, comme auparavant, pour procéder le plus tòt possible à l'échange des ratifications (2).

328

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 105. Parigi, 24 febbraio 1866, ore 17 (per. ore 20).

M. Drouyn de Lhuys m'a dit au sujet des affaires de Syrie que le Gouverr nement français blàme l'insurrection, qu'il a donné franchement appui à Daoud pacha, qu'il avait fait des démarches auprès de KaTam, et des chefs du clergé pour décourager et désavouer toute tentative d'insurrection. M. Drouyn de Lhuys écrit à Constantinople en exprimant regret que la force indigène indiquée par le règlement n'ait pas été organisée, d'une manière assez active par Daoud pacha et en rappelant que l'occupation doit etre temporaire et finir le plus tòt possible. Une circulaire dans ce sens sera adressée aux répresentants français près des puissances qui ont établi le règlement (3). Les

Chambres moldo-valaques ont proclamé prince le comte de Fiandre. M. Drouyn de Lhuys m'a dit que les puissances signataires du traité de Paris seront appelées à s'occuper des événemens de Bukarest.

(l) -Le parole fra asterischi sono omesse in L V 9. (2) -Analoga comunicazione venne fatta il 27 febbraio dalla legazione di Prussia a Firenze. (3) -Con t. 104 pari data Barral comunicò circa gli affari di Siria che il Governo prussiano • ne parait pas s'y intéresser beaucoup; et jusqu'à présent n'a envoyé aucune instruction •.
329

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 106. Bucarest, 24 febbraio 1866, ore 15,20 (per. ore 21,35).

Toujours ordre parfait, la capitale a pris son aspect ordinaire. Adhésion commençant à arriver des provinces, on parait assuré qu'il n'y aura pas de trouble nulle part, que l'union ne sera pas compromise et que nouveau Gouvernement sera accepté partout. On offre argent pour venir en aide aux finances, hier soir beaucoup de maisons ont été illuminées à Buckarest. Ministère doit se rendre ce matin chez consul beige pour lui notifier acclamation du comte de Fiandre. Ce vote a été notifié aux autres agents étrangers par note du ministre des affaires étrangères. Prince Couza a été transporté hier soir à la ville de Cotroceni d'où bientòt peut etre sera envoyé à l'étranger.

Par haute convenance nous avons demandé à le voir mais le Gouvernement a évité pour le moment d'exprimer consentement. Malgré cela l'agent français voulut découvrir sa retraite et forçant la consigne parla quelques instants a Son Altesse qui lui confi.rma son abdication volontaire. Colone! Golesco me dit que le Gouvernement doit proposer aujourd'hui aux chambres nomination députation chargée d'aller a Bruxelles et auprès des puissances garantes plaider accomplissement du voeu émis hier.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 282. Parigi, 24 febbraio 1866.

Un dispaccio telegrafico giunto questa notte a Parigi annuncia che una rivoluzione è scoppiata a Bukarest, che jl Principe Couza ha abdicato e che è prigioniero degli insorti. Un governo provvisorio fu istituito e le Camere riunite hanno nominato Principe di Romania il Conte di Fiandra.

La caduta del Principe Couza può avere conseguenze così gravi ed esercitare tanta influenza sulla politica delle grandi Potenze che io credo mio debito d'esprimere a V.E. il mio avviso sulla possibilità di trar profitto da questo avvenimento per risolvere in modo pacifico la questione veneta.

È noto che fu per lungo tempo accarezzato dalla diplomazia europea il <lisegno di dare all'Austria il dominio delle bocche del Danubio. Uno dei più integerrimi uomini di Stato piemontesi. il Conte Cesare Balbo, sviluppò lungamente questo disegno nel suo celebre libro delle speranze d'Italia. Il Principe di Talleyrand in Francia, per motivi dedotti dalla necessità dell'equilibrio politico, in Austria il Principe di Metternich, per desiderio di accrescere l'influenza austriaca sulle razze slave, erano notoriamente favorevoli a questa idea. E se la guerra delle Potenze occidentali contro la Russia nel 1854 non fosse stata limitata alla spedizione di Crimea ed alla presa di Sebastopoli, se la morte della czar Nicolò non avesse forzato il Governo russo a rinunciare provvisoriamente alle sue tendenze invaditrici, la cessione all'Austria della Moldavia e della Valacchia sarebbe stata forse la conseguenza naturale della lotta che avrebbe dovuto prendere col tempo più vaste proporzioni. Ma il Congresso di Parigi, erigendo a dogma il principio dell'integrità dell'impero d'Oriente, troncò la via a cercare per allora più feconde combinazioni. Parve intanto savia politica quella di favorire alle bocche del Danubio lo sviluppo d'uno Stato, indipendente di fatto, e soggetto solo di nome all'alta sovranità della Turchia. Il riconoscimento di una nazionaHtà, affine in qualche modo per razza e per lingua alla nazionalità italiana, non poteva essere combattuto dal Piemonte il quale era accorso in Crimea appunto per rinnovare lo splendore e la fama di valore della razza latina. Ed infatti l'omaggio reso in allora al principio di nazionalità fu il primo passo fatto dall'Europa in quella via che la condusse a non osteggiare dapprima, a riconoscere in appresso l'unità e l'indipendenza d'Italia.

Ma lo stato creato sulle bocche del Danubio dal Congresso di Parigi non fu mai così saldamente ordinato da far cessare ogni preoccupazione dell'Europa a questo riguardo. Continue perturbazioni sociali e politiche, che

V. E. conosce meglio di me, impedirono che il Governo del Principe Couza pigliasse salde radici nel paese e sovratutto ch'esso si acquistasse la piena fiducia dei Gabinetti europei. Il Governo italiano potè quindi, all'epoca in cui la rivoluzione polacca aveva fatto nascere un grave antagonismo fra la Russia e le Potenze occidentali, rimettere sul tappeto in modo confidenziale la questione dello scambio dei Principati colla Venezia.

Questi negoziati segreti, di cui V.E. conosce tutte le fasi, avevano sopratutto per iscopo d'iniziare una specie d'accordo preliminare fra la Francia e l'Inghilterra circa il modo in cui le trattative coll'Austria avrebbero potuto essere avviate, nel caso principalmente in cuj sorgesse la necessità di occuparsi di nuovo delle sorti delle popolazioni moldave e valacche. In questa sfera puramente ipotetica e teorica non può dirsi che quei tentativi siano stati affatto privi di risultati. Il Governo francese ed il Governo inglese per organo dei loro principali uomini di Stato diedero le loro adesioni in massima a questo modo di risolvere la questione veneta. Ma rifiutarono sì l'uno che l'altro di prendere verso l'Austria l'iniziativa d'una proposta che l'Austria avrebbe certamente respinta. Decise così l'una che l'altra a non mover guerra alla Russia in favore della Polonia, convinte, dall'esempio stesso della Russia, dell'inefficacia d'una semplice pressione morale -quando anche fosse constatata da note diplomatiche -ad ottenere cessioni territoriali, spaventate dalla possibilità di una coalizione delle tre Potenze del Nord, l'Inghilterra e la Francia si limitarono ad esprimere voti perché il disegno rimesso in campo dal Governo italiano potesse essere realizzato. Inoltre Lor-d Palmerston non dissimulava la sua ripugnanza a promuovere egli stesso un primo smembramento dell'Impero Ottomano e l'Imperatore Luigi Napoleone non nascondeva il suo desiderio che il consenso stesso delle popolazioni moldave e valacche sancisse il cambiamento che si ayrebbe voluto operare nelle loro condizioni.

Se io non m'inganno, gli ostacoli incontrati tre anni fa dalla diplomazia italiana sono in parte scomparsi, in parte scemati. Ripugnava all'Inghilterra e sopratutto alla Fr-ancia di abbattere quel principato che avevano eretto esse stesse a favore di Couza; la rivoluzione testè accaduta forzerà l'Europa ad occuparsi di nuovo della Moldavia e della Valacchia; la Conferenza istituita dal Congresso di Parjgi dovrà riunirsi di nuovo e recare un giudizio sulla mutazione testè avvenuta; e malgrado che il telegrafo annunci che la rivoluzione seguì quasi per moto unanime e senza effusione di sangue, egli è impossibile che, concordi nell'abbattere, i partiti lo siano pure nel ricostituire una forma di Goverc1o. Ma è noto altresì che ciascuno dei principali partiti che si agitano a Jassy ed a Bukarest ha attinenze colle Potenze confinanti, o trae i mezzi di azione dalla Russia, dall'Austria, dall'Inghilterra o dalla Francia. È naturale perciò il suppo:re che la lotta interna di questi partiti avrà per conseguenza una lotta diplomatica d'influenze la quale, messa abilmente a profitto, può dar campo all'Italia di far prevalere una soluzione che fu già, almeno teoricamente, accolta con favore dalla Francia e dall'Inghilterra.

Se non che, ove bene si consideri le difficoltà sono scemate appunto là dove erano più gravi. Finché il Gabinetto di Vienna cercava il suo punto principale d'appoggio nei 7 od 8 milioni di razza germanica e subordinava ad essi le simpatie e le tradizioni delle altre razze del suo Impero, era evidente che poco dovesse sorridergli un aumento di popolazioni miste di razze slave e latine, nemiche entrambe, come le razze serbe ed ungheresi, alla centralizzazione ed all'assolutismo del Governo viennese. Il Gabinetto Belcredi, Majlath e Larisch spostò il centro politico dell'impero: riconobbe l'autonomia delle nazionalità diverse in esso contenute, e sarà costretto, a quanto pare, dalla forza stessa delle cose ad accordare all'Ungheria il mantenimento della sua costituzione secolare. A questo punto di vista un accrescimento notevole di popolazioni rumene potrebbe servire di contrappeso alla preponderanza che le razze serbe e magiare tendono a conquistare: la Dieta di Bukarest potrebbe far riscontro a quella di Pesth; anzi il solo modo di impedire che i Magiarj siano arbitri delle sorti della monarchia o si servano dell'autonomia che sta per essere loro restituita per staccarsi dalle altre parti dell'Impero, si è d'isolare l'Ungheria da ogni influenza estera, di neutralizzare la sua influenza accarezzando i Rumeni, tradizionali nemici dei Magiari. Pare dunque a me che l'Austria debba essere ora meno risoluta, a respingere il disegno di cui parlo, e che l'attuale sua organizzazione politica, ammettendo per ogni nazionalità un go

verno autonomo ed un'amministrazione separata, renda eziandio meno difficile d'ottenere l'assenso delle popolazioni moldave e valacche. L'Imperatore Napoleone poteva infatti farsi scrupolo di sottoporre all'assolutismo austriaco le

popolazioni danubiane per sottrarvi quelle della Venezia; ma ora che l'Austria

tende a trasformarsi in una vera confederazione di Stati danubiani, nulla vieta

che una Dieta segga a Bukarest come a Pesth e che gli stessi rapporti corrano

fra Bukarest e Vienna come fra questa città e la capitale dell'Ungheria. Ep

perciò io non so astenermi dal consigliare a V.E. di far tentare abilmente e

segretamente il terreno a Vienna stessa e di scoprire se, per avventura, il Ga

binetto austriaco sia ora meno ostinatamente deciso a rifiutare lo scambio

di cui parlo.

Conosco i pericoli della politica congetturale, e chiedo scusa a V.E. se mi vi avventuro più che non sia mio costume di farlo. Ma pare a me che él.' Austria sia ora in tale condizione da non potere rigettar assolutamente un partito che le assicura per l'avvenire un notevole accrescimento di forze politiche ed economiche. Stretta di nuovo dalla Prussia nella questione dei Ducati, non potendo senza uccidersi rinunciare alla sua influenza in Germania, poco sicura della Russia, convinta dell'impossibilità di mantenere tranquillamente il suo dominio sul Veneto e di governarlo, come desidera, con leggi e modi civili, presa alla gola dalle necessità finanziarie, essa non rifiuterà forse di compiere la trasformazione che ha già incominciata e di avere nel Mar Nero, nel Levante, un campo immenso di potenza commerciale e politica. Io non dubito che la Francia e l'Inghilterra insisterebbero presso il Gabinetto di Vienna

in questo senso, quando fossero sicure che una simile proposta non sarebbe considerata come un insulto. La morte di Lord Palmerston ha tolto al dogma dell'integrità dell'Impero d'Oriente l'autorità d'un gran nome e d'un passato irrevocabile; io non temo d'errare affermando che Gladstone,_ il membro principale del Gabinetto inglese, e forse lo stesso Lord John Russell ammetterebbero una lieve deroga a quel famoso dogma, per dimostrare le loro sincere simpatie per l'Italia e per prevenire una guerra lunga, pericolosa, inevitabile.

Quanto alla Francia basterà accennarle che S.E. il Signor Drouyn de Lhuys reclama per sé il merito d'aver enunciato pel primo il disegno di questa soluzione della questione veneta. L'Imperatore sarebbe lieto di compiere senza sangue, senza nuovi sacrifici per parte della Francia, quell'opera dell'indipendenza italiana che sarà presso la posterità jl suo migliore titolo di gloria; esso non chiederà che di ottenere l'assenso delle popolazioni da cedersi all'Austria; ed anche ciò, ora, non mi pare impossibile ad ottenersi.

La Prussia non vedrà con piacere che l'Austria, liberata dai suoi imbarazzi dal lato dell'Italia, possa contare sicuramente sull'appoggio della Francia e dell'Inghilterra. Ma dall'altro canto potrebbe convenirle il precedente per cui l'Austria sposti il suo centro politico e si sobbarchi sempre più nelle difficoltà della politica slava. Ad ogni modo essa non potrà né giovare né nuocere efficacemente alla soluzione da noi desiderata.

La Russia ci osteggerà naturalmente in tutti i modi. Ma l'idea di pigliar così sovr'essa, pacificamente, una rivincita della sconfitta diplomatica subita nella questione polacca dovrà, a mio avviso, rendere l'Inghilterra e la Francia più propizie che mai al nostro disegno. Quando l'Austria fosse d'accordo con esse, non vi sarebbe infatti alcun pericolo di guerra da parte della Russia.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 155-156)

L.P. Pm·igi, 24 febbraio 1866.

Le mando qui unito un dispaccio (l) con cui Le rendo conto della risposta datami da Drouyn de Lhuys intorno alle osservazioni sulla legione pontificia contenute nel di Lei dispaccio del 20 corrente (2). Drouyn de Lhuys ha letto questo mio dispaccio, e com'Ella vedrà dall'unita lettera, lo trovò esatto. Egli mi disse che proporrà che Rouher spieghi nella discussione pubblica al Corpo Legislativo il vero carattere di questa Legione e che dichiari soprattutto che il Governo francese non avrà nessun controllo sopra di essa, né alcuna solidarietà. Il di Lei dispaccio di cui io feci verbalmente un estratto esatto a Drouyn de Lhuys non fece nessuna cattiva impressione su questo Ministro. Del resto mj si assicura che tranne il d'Argy, comandante della Legione, che è un brav'uomo, e che è in ritiro, e tranne qualcun'altro, gli ufficiali che compongono la Legione sono di quelli di cui il Ministro Randon non è spiacente di disfarsi. Mi si dice ancora che questa anzianità conservata fa cattivo senso nell'esercito francese, e che non è conforme alla legge che regola il servizio militare in Francia.

La nomina del Principe Imperiale a Presidente onorario dell'esposizione conferma quanto Le dissi a voce e quanto le scrissi sulle difficoltà d'operare un riavvicinamento fra l'Imperatore e il Principe Napoleone. Io vedo ancora lontano il momento in cui questo riavvicinamento potrà farsi, se pure lo si potrà mai. Il rimpiazzamento di Boittelle alla Prefettura di polizia è dovuto in massima parte ai dissensi tra lui e Lavallette. Era anche poco beneviso all'Imperatrice e combattuto da essa. Del resto si augura bene del suo successore Pìetrì; e lo stesso Boittelle dice che se avesse avuto a proporre un successore a se medesimo, avrebbe designato il Pietri.

Le scrivo d'ufficio sugli affari di Siria e su quelli di Bukarest. Questi ultimi mi sembrano molto gravi. La nomina fatta dalla Camera rumena del Conte di Fiandra parrebbe· accusar tendenze austriache. Ciò non mi farebbe stupore, né dolore. lo credo che forse sarebbe utile ch'Ella tentasse di sapere coi mezzi confidenziali di cui dispone, che cosa si pensa a Vienna del progetto d'uno scambio. Ma bisognerebbe farlo in modo che a Vienna non si sospetti che noi lavoriamo a questo progetto. So che Drouyn de Lhuys è da molto tempo favorevole a queste idee. Egli mi ha detto che le Potenze segnatarie del trattato di Parigi saranno chiamate ad occuparsi dei Principati, appena si sarà saputo un po' meglio come accaddero le cose e quali furono le cause e quale è il significato della rivoluzjone che si compì a Bukarest.

Si attende per domani o per lunedì il corriere che deve portare la risposta del Signor Seward alla proposizione francese contenuta nel dispaccio di Drouyn de Lhuys del 9 gennaio, e relativa agli affari del Messico.

(l) -Cfr. n. 322. (2) -Cfr. n. 318.
332

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 59. Firenze, 25 febbraio 1866, ore 14.

Il me semble indispensable que communication officielle soit faite d'avance aux Etats secondaires par Prusse sur notre intention d'établir rapports effectifs. Cela a d'autant moins d'inconvénients que la relation à la Chambre est publiée et que nous avons fait part à Munich et Carlsruhe de notre déclaration projetée. Si Prusse ne fait pas cette communication préalable nous ne serons pas responsables si après échange ratifications le refus de recevoir agents du Roi venait motiver suspension exécution traité. Appelez toute attention Bismark là dessus. Ratifications vous seront très prochainement envoyées.

333

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 113. Bucarest, 25 febbraio 1866, ore 15,30 (per. ore 22,15).

Prince Couza adressa hier lettre au général Golesco confirmant son abdication, s'associant aux voeux de la nation et en demandant la liberté de partir le plus tòt. Gouvernement déclara aux chambres que très incessamment il sera pourvu à cette demande. J'ai vu hier prince Couza qui a fait à moi et à mes collègues déclarations relativement à son abdication et désir de départ. Armée prete serment au Gouvernement du comte de Fiandre représenté par lieutenance princière. Députation pour l'étranger approuvée hier en principe mais membres pas encore nommés. Ce matin Tedeum à la cathédrale le metropolitain primat a beni le Gouvernement et peuple roumain. Ordre parfait continue à régner partout.

334

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 114. Pietroburgo, 25 febbraio 1866, ore 22 (per. ore 23).

La Russie jusqu'ici du moins se tient en dehors des affaires de Syrie. Elle laisse agir l'Angleterre pour prévenir initiative. Quant'aux Principautés Danubiennes, elle attend avant de se prononcer détails ultérieurs sur les événements et semble compter sur l'attitude sage de la Turquie.

335

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, STRAMBIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 116. Bucarest, 26 febbraio 1866, ore 15 (per. ore 22).

Prince Couza parti hier soir à 7 heures sous escorte militaire par la voie de terre se dirigeant vers la frontière autrichienne les Carpates et de là à Cronstadt.

336

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Londra, 2 febbraio 1866, ore 18,35.

J'ai bonnes raisons de croire que l'ambassadeur de France a parlé aujourd'hui à lord Clarendon au sujet du projet d'échange en question, et qu'il lui a été répondu que, d'après des entretiens précédents directs avec l'Empereur d'Autriche, lord Clarendon s'est convaincu que ce projet a meme moins de chances que celui d'acheter la Vénétie. Mais lord Clarendon a déclaré que lord Russell et lui applaudiraient à cette idée et à toute initiative prise en ce moment par la France.

337

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (Ed. in LV 9, p. 288)

T. 120. Costantinopoli, 26 febbraio 1866, ore 6,45 (per. ore 5 del 27).

Dépeche identique des représentants à leurs Gouvernements. La Sublime Porte désire envoi immédiatement à Buckarest d'un commissaire ottoman accompagné des délégués suivant le protocole du 6 septembre 1859. Avez des observations à formuler sur cette proposition? qui devrais-je désigner comme délégué et quelles instructions lui donnerais? La Sublime Porte insiste quant à présent sur la stricte et complète application du firman d'union personnelle accepté par les représentants le 6 décembre 1861. En vous référant aux pièces qui accompagnent cette acceptation veuillez me donner sans retard les instructions que situation vous parait comporter.

338

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 102. Londra, 26 febbraio 1866 (per. il 2 marzo).

In una conversazione avutasi stamane tra il Principe La Tour d'Auvergne e Lord Clarendon questi si é mostrato dispostissimo a mantenere il più stretto accordo colla Francia combinando con essa ogni ulterior passo si credesse opportuno di prendere.

Egli diede parimenti il suo assenso con riserva però di conferirne con gli altri membri del Gabinetto al progetto messo innanzi dal Signor Drouyn de Lhuys che codeste quistioni venissero sottoposte e decise da una conferenza da radunarsi immediatamente col concorso delle potenze segnatarie del Trattato di Parigi, le sole atte a deciderne.

Accettata la cosa in principio non si è creduto dover andar più oltre fissando il sito ove si adunerebbe prima che Lord Clarendon avesse potuto conferirne con gli altri membri del Gabinetto, ma parrebbe fosse stato sottinteso si adunerebbe a Parigi come più naturale essendovi ora una Commissione formata dei varj rappresentanti di quelle Potenze relativa al Danubio ed alla Navigazione.

Pare che intanto Lord Clarendon abbia mandato istruzioni al Console di Buckarest di agire colla massima riserva riguardo a qualunque candidatura di Principe estero.

Del resto si osserva questa strana coincidenza di un accrescimento dell'armata sul Pruth mentre accadevano questi eventi nei Principati. Il Barone Brunnow non fa che ripetere che sta bene che il Conte di Flandres non abbia accettato essendo la sua nomina illegale stante gli accordi presi col numero 13 della Convenzione di doversi eleggere un Principe nato nei Principati, al qual argomento si è risposto da Lord Clarendon e da altri che s'eran fatte altre innovazioni in quegli stessi accordi.

Sono poi riuscito a sapere che Lord Clarendon ha fatto menzione con una persona di cui debbo tacere il nome dello scambio tra i Principati e la Venezia. Egli disse d'essersi convinto dalle sue stesse, conversazioni direttamente coll'Imperatore d'Austria che una_ tale combinazione non aveva la benché minima probabilità di essere accettata, credendo forse più possibile un acquisto per mezzo di denaro. Però egli ebbe cura d'aggiungere che sia Lui che Lord Russell vedrebbero la cosa nel modo il più favorevole e che sicuramente applaudirebbero a qualunque passo la Francia o altre Potenze fossero per fare in quel senso. Essi ci si eran provati assumendo qualche anno fa la parte principale mentre la Francia anche nell'interesse nostro stava in riserva. Ma ora credeva inutile il principiar di nuovo.

Ecco a qual punto stanno le cose oggi su questa quistione che può assumere proporzioni formidabili.

In quanto alla Siria la Francia e l'Inghilterra sono d'accordo a consigliare il ritiro delle truppe turche mandate per reprimere il movimento di Giuseppe Karam e di mantenere per base gli accordi del 1861 e nell'istesso tempo di accelerar la formazione di un corpo di milizie miste che siccome è stabilito dovranno mantener l'ordine in quei distretti.

Ho saputo che quando il Conte Appony diede parte a Lord Clarendon delle misure prese a Vienna per l'estensione del trattato di commercio (1), Lord Clarendon gli osservò in tesi generale che sarebbe stato meglio fare in una volta un trattato nuovo coll'Italia senza tante riserve diplomatiche. Al che fu risposto equivalere per l'effetto il presente aggiustamento poiché assicurava il trattamento delle Nazioni più favorite.

339

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 125. Berlino, 28 febbraio 1866, ore 3,48 (per. ore 10),

La politique prussienne dans les affaires de Syrie sera conformément à celle de la France de limiter strictement présence des troupes turques au parfait rétablissement de l'ordre et de procéder aussitòt après à l'organisation de police mixte permanente suivant les prescriptions du traité 1861. La Prusse a accepté conférence à Constantinople pour le règlement des affaires moldo-valaques.

340

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, p. 50)

T. U. RACCOMANDATO. Parigi, 28 febbraio 1866, ore 20,30 (per. ore 1,45 dell'l marzo).

Déchiffrez vous mème. J'ai vu Empereur, il approuve projet que vous connaissez; je vous envoie courrier demain. En attendant je crois très important que vous encouragiez la Prusse de temps à autre projet belliqueux. Gardez tout ceci pour vous seul.

valente •·

(l) Con r. 380/136 del 22 febbraio D'Azeglio aveva comunicato: « Ho saputo avere il Conte Appony incarico di annunziare al Governo Inglese le nuove disposizioni prese a Vienna per estendere a tutto il Regno d'Italia le stipulazioni del trattato col Regno Sardo, e di chiedere che Lord Clarendon prestasse i suoi buoni uffizii per ottenere da noi l'equi

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IL MINISTRO A MADRID, TALIACARNE,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE S. N. Madrid, 28 febbraio 1866 (per. il 6 marzo).

Je me crois en devoir de rendre compte à V.E. d'un nouvel entretien, entièrement confidentiel, que j'ai eu dernièrement avec M. Bermudez de Castro, lequel ayant retrouvé en moi une ancienne connaissance, me parle souvent avec l'abandon d'un ami.

Ce Ministre m'a d'abord dit qu'on venait de lui écrire de Paris et de Londres qu'il avait été trop galant dans sa réponse à la dépeche que V.E. m'a fait l'honneur de m'adresser le 5 courant (1). Je me sUJis premis de lui demander quelle signification donnait-il au mot galant, et s'il voulait dire par là qu'il avait été trop modéré. • Non pas, m'a-t-il répondu avec vivacité, on s'est servi de cette expression intentionnellement à cause des amabilités que je vous ai dites dans ma dépeche, tandis que rien de semblable ne se trouve dans la vòtre ». J'ai répliqué en souriant, que j'avais souvent vu dire des amabilités par la personne qui tàche de se justifier, mais jamais par celle qui formule des plaintes.

M. Bermudez de Castro m'a ensuite dit qu'on lui avait aussi exprimé le regret de ce qu'il n'eut pas rappelé dans sa dépeche à M. Ulloa certaine partie d'un discours prononcé par M. Lanza lors de la discussion dans notre Parlement de la convention du 15 Septembre. Selon la personne qui lui a écrit à ce sujet, que je soupçonne ètre le Marquis de Lema, M. Lanza aurait alors exprimé sur la question romaine des opinions qui ne différeraient guèr,e de celles que le Cabinet espagnol actuel a toujours manifestées avant camme après la reconnaissance du Royaume d'Italie. A ceci j'ai répondu en disant que naturellement il m'était impossible de me rappeler tout ce qui a été dit dans cette occasion par M. Lanza, mais que le dévouement de cet illustre homme d'Etat à la cause italienne était trop connu pour ce que l'an puisse douter qu'il ait jamais voulu s'exprimer autrement que dans un sens en harmonie complète avec les aspirations nationales.

Le Ministre d'Etat tenait évidemment beaucoup à me faire sentir que loin d'etre surpris des observations qu'il m'a dit lui avoir été adressées de tout còté tant sur le fond camme sur la forme de sa dépeche, il s'y était toujours attendu, mais que malgré cela et au risque meme de déplaire beaucoup ici, il avait voulu faire preuve de modération dans sa réponse aux griefs articulés contre lui. Je lui ai dit que ne sachant pas encore quelle impression elle avait produite sur mon Gouvernement, il ne m'appartenait pas de me prononcer dès à présent sur son contenu.

Le Ministre est revenu avec tenacité sur son idée favorite, et qu'il exprime maintenant plus que jamais, savoir, que la dépeche de V.E. n'est pas en réalité destinée à lui, mais au Gouvernement français. Je lui ai répété ce que je lui avais déjà dit dans un précédent entretien en lui déclarant nettement que

comme nous l'avions déjà fait le 7 novembre 1864 (1), nous n'hésiterions certes pas à nous adresser directement à la France si cela était nécessaire.

M. Bermudez de Castro qui aime beaucoup à mettre en avant, pour se justifier, les discours de M. Rouher et les notes du Baron Malaret ne laisse pas échapper une occasion de les citer ou d'y faire allusion; aussi il s'est empressé de me rappeler encore une fois les déclarations faites par ce dernier dans sa Note du 2 Janvier 1866. J'ai répliqué que je n'avais pas à les discuter, que V.E. avait déjà répondu aux observations de ce Ministre de France, et que quant à moi, je ne pouvais discuter avec lui que l'attitude prise dans la question romaine par le Gouvernement Espagnol.

M. Bermudez de Castro a vivement insisté sur les difficultés de sa situation vis-à-vis des partis politiques de l'Espagne. Il a particulièrement appuyé sur la nécessité qu'il y a pour le Gouvernement de tenir compte de la circonstance que la majorité des Espagnols est en faveur du pouvoir temporel du Pape; en un mot ce Ministre a employé toute son éloquence pour me convaincre que quelque soit son opinion personnelle sur la question romaine, il ne peut agir autrement que comme il le fait. Il m'a en outre dit, que son amour propre le faisait nécessairement prendre le plus vif intérèt au sort de l'Italie, faisant sans doute allusion à ce que c'est lui qui a eu la principale part dans la reconnaissance de ce Royaume. Il s'est meme exprimé très librement en faisant allusion aux éventualités qui pourront surgir après le départ des troupes françaises de Rome et à l'attitude que pourraient prendre les puissances catholiques dans le but de venir en aide au Pape. Nous ne sommes pas en mesure, m'a-t-il dit, d'intervenir activement, et le serions-nous que jamais, quoi qu'il arrive, des soldats espagnols sero111t envoyés à Rome tant que moi je serai Ministre. Mais tout en s'exprimant ainsi, M. Bermudez de Castro est encore revenu sur l'engagement que selon lui aurait pris la France de ne pas tolérer que Rome soit annexée au Royaume d'Italie, et il a tenu à constater que l'Espagne, comme les autres Puissances qui l'ont reconnu tel qu'il est actuellement constitué, serait parfaitement libre de reconnaitre ou mon une situation nouvel1e si jamais elle "\nena1t à se produire. Il résulte de mes propres informations, que le langage que l'Ambassadeur àe France a tenu ici dans plusieurs occasions n'a jamais été sur la question romaine défavorable au point de vue auquel s'est placé le Gouvernement espagnol. Je dirai meme qu'il perce de ses discours que le Gouvernement français n'est mécontent de l'attitude prise par celui d'Espagne sans doute parcequ'il croit y voir un puissant argument à faire valoir pour prouver les grandes difficultés que, selon lui, il rencontrerait en Europe s'H voulait se prèter à donner à cette question une >'Olution entièrement conforme à nos voeux.

M. Bermudez de Castro ne parait attacher aucune importance aux articles des journaux français contre M. de la Torre Ayllon. J'ai du inférer de ce qu'il m'a dit qu'il n'avait pas reçu avant notre entretien aucune communication à cet égmd de la part du Gouvernement français. Au reste, je crois que M. de la Torre Ayllon, appartenant au parti modéré, serait facilement sacrifié par le Ministère actuel. Peu de temps après l'avènement au pouvoir du Général O'Donnell on avait désigné pour le poste de Vienne le Marquis de Gavalquinto.

'Si cette nomination n'a pas été effectuée cela a tout simplement tenu à des circonstances qui sont entièrement personnelles à ce dernier.

Souvent dans mes entretiens avec M. Bermudez de Castro et plus spécialement dans celui dont j'ai maintenant l'honneur de rendre compte à V. E., ce Ministre a fait allusion à la question de Venise. Chaque fois qu'il m'en parle c'est toujours dans un sens favorable à nos désirs et son langage est exactement conforme à celui que le Général O'Donnel m'avait tenu sur ce méme sujet lors de lq première entrevue que j'ai eu l'honneur d'avoir avec lui.

Je crois à ce propos devoir faire remarquer à V.E. que le Comte Crivelli, Ministre d'Autriche près de cette Cour, est arrivé ici hier après avoir été presque toujours absent de son poste depuis que l'Espagne nous a reconnus. Cette absence si prolongée quoique motivée par des affaires de famille du Comte Crivelli est assez généralement interprétée comme une conséquence de la froideur qui existe entre les deux Cour:s et de la tension de leurs rapports actuels. Celle-ci n'a fait qu'augmenter depuis la publication dans l'Indépendance Belge de la dépéche que M. Bermudez de Castro avait adressée le 3 Aout 1865 a M. de la Torre Ayllon dans le but de répondre aux observations que le Comte de Mensdorff s'était permis de faire au Gouvernement Espagnol sur sa décision de reconnaitre le Royaume d'Italie.

La dépéche du Comte de Mensdorff, n'a pas été publiée dans la seconde partie du livre rouge, malgré que M. Bermudez de Castro en eut fait la promesse au Sénat. Lorsque je me suis permis de lui en faire la remarque, le Ministre d'Etat m'a dit qu'il avait du malgré lui renoncer à cette publication par suite des vives instances du Chargé d'Affaires d'Autriche qui, pour les justifier, avait du s'appuyer sur le caractère strictement confidentiel de ce document. M. Bermudez de Castro m'a en méme temps laissé comprendre que le vrai motif pour lequel l'Autriche s'oppose à cette publication est la crainte que quelques phrases contenues dans cette dépéche puissent froisser la susceptibilité de l'Empereur des Français.

M. le Ministre d'Etat m'a enfin demandé si je savais qu'on prétait au Général Prim l'idée de se rendre en Italie afin de combiner ses plans d'insurrection avec les révolutionnaires italiens, et quelles mesures je croyais que mon Gouvernement aurait prises à son égard. Je lui ai répondu que c'était la première fois que j'entendais parler de ce projet du Général Prim et que j'ignorais par conséquent les intentions de mon Gouvernement à ce sujet. Je n'ai pas hésité toutefois à ajouter que pour ma part je croyais que l'hospitalité lui serait sans aucun doute accordée chez nous pourvu qu'il n'eut pas à y violer ni le droit des gens, ni les lois de l'Etat.

(l) Cfr. n. 298.

(l) Cfr. Serie I, vol. V, n. 388.

342 I

L MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 63. Pietroburgo, 28 febbraio 1866 (per. il 7 marzo).

Le Prince Gortchacow, avant comme depuis ma nomination à ce poste, avait à maintes reprises vivement critiqué le Gouvernement de l'Hospodar

dans les Principautés-Unies. Il le disait livré au désordre, à la dilapidation des deniers publics, et surtout des biens de l'Eglise. Le désorganisation sociale et l'appel aux mauvaises passions entraient dans son programme. Mais la Russie ne demandait pas mieux que de lui accorder ses symphaties et sa bienveillance, pour peu qu'il se montràt fidèle à la mission d'assurer la tranquillité, et le bien-ètre du Pays qui lui avait été confié. Il y a deux mois environ, le Vice Chancelier croyait déjà que le Prince Couza était un homme fini. Les conseils du Cabinet de St. Pétersbourg n'auraient cependant pas manqué, pour le dégager d'une si mauvaise voie. Ainsi, récemment encore le Baron d'Offenberg, l'Agent Russe à Buckarest, donna lecture au Prince Roumain d'une dépèche contenante des remontrances qui avaient fait une profonde et salutaire impression sur son esprit. Peu temps avant, le Ministère avait méme été modifié par l'adjonction de quelques éléments modérés.

Le Cabinet Impérial venait de recevoir, par la voie ordinaire de la poste, ces renseignements plutòt satisfaisants, lorsque le télégraphe lui a annoncé la catastrophe du 22 Février.

Le Chargé d'Affaires de Turquie s'est empressé de s'enquérir des dispositions du Prince Gortchacow, qui lui a répondu qu'il fallait attendre des détails ultérieurs sur ces graves événements, détails qui ne parviendront que dans les premiers jours de Mars.

Conemenos-Bey ayant insinué, pour sonder le terrain, s'il ne serait peutètre pas le cas que la Sublime Porte, en sa qualité de Suzeraine, fit avancer des troupes vers les frontières afin de parer aux éventualités, le Vice Chancelier laissa comprendre qu'il ne saurait donner un avis semblable, qui pourrait ètre interprété comme un encouragement quelconque d'une intervention armée, mesure qui ne saurait ètre prise sans un accord préalable entre la Turquie et les Puissances garantes. M. Conemenos a été surpris de la réserve de son interlocuteur, lorsque dans d'autres circonstances, nommément à l'époque du voyage de l'Hospodar à Constantinople, le Ministre des Affaires Etrangères avait prèché une attitude énergique. Il semblait toutefois compter sur la conduite sage et courageuse de la Turquie.

Au point de vue du droit international, tracé dans les règlements pour l'organisation administrative et législative des Principautés-Unies de Moldavie <et de Valachie, on ne saurait contester nnegalité du mouvement accompli à Buckarest et des pouvoirs exercés par le Gouvernement provisoire. Le cas d'une vacance dans la dignité hospodarale est prévu, de mème que celui d'une in:fraction aux stipulations concertées entre les Puissances protectrices et la Turquie. Les dispositions de la Convention du 19 Aout 1858, temporairement et exceptionnellement suspendues en faveur de la personne du Prince Couza, devraient rentrer en vigueur. Il est vrai que, sauf l'Autriche, ~es cinq autres Puissances ont exprimé des réserves à la Note de la Sublime Porte qui accompagnait le firman relatif à la nouvelle organisation de la Roumanie. Il est vrai aussi que la France nommément déclarait, comme une chose entendue,

• dans le cas où une infraction aux Conventions et traités serait signalée aux Puissances, qu'elle ne manquerait pas de participer avec les autres Cours à la constatation de cette infraction et à la nomination des délégués respectifs. Le Gouvernement de l'Empereur se concerterait également sur les mesures qui d'un commun accord pourraient etre jugées opportunes, suivant les formes indiquées par le protocole du 6 Septembre 1859, mais pour les cas qui y sont expressément prévus •. C'est là peut-etre une porte ouverte aux nécessités présentes, et de nature à sauvegarder dans l'avenir le principe de l'Union.

Quelle sera l'attitude de la Russie? Il serait prématuré de le présager. Sans doute elle ne saurait voir de mauvais oeil, à un certain point de vue, le peu de solidité d'une des combinaisons issues de la guerre de Crimée. C'est peut-etre là une de ces éventualités où elle devrait demander à etre fixée sur ce qu'elle a à còté d'elle, et viser à prendre des garanties pour la tranquillité de ses Pays limitrophes, nommément de la Bessarabie démembrée au profit de la Moldavie et de la Valachie, démembrement qui, selon un mot dit au Congrès de Paris par le Comte Orloff au Comte de Cavour, couterait un jour des torrents de sang à l'Autriche instigatrice de cette humiliation. D'autre part la Russie, avant que l'heure n'ait sonné, n'aurait pas voulu sortir de la phase de recueillement. Elle n'est pas encore prete à aborder résolument le grand problème de l'Orient. Dans la question de Syrie elle se tenait en dehors, laissant la Turquie en présence des insurgés, et s'en remettant à l'Angleterre du soin d'écarter une initiative de la France, dont l'action est aussi suspecte· que redoutée. Mais la fermentation qui règne et se développe, soit en Syrie, soit en Roumanie, peut soulever d'un moment à l'autre de graves complications, si on ne parvient pas à éteindre promptement un incendie qui menace de se propager. D'ailleurs, ne disposant pas encore de forces suffisantes pour s'assurer la part du lion dans de nouveaux arrangements, et pour prendre du meme coup sa revanche de la guerre de Crimée, le Cabinet de Saint Pétersbourg mettra peut-etre une sourdine à sa politique traditionnelle. Il cherchera probablement à écarter au plus tòt le danger, en se ralliant à quelque transaction qui, sans rien résoudre, ne nuirait pas à ses vues pour l'avenir. A cet égard, il se présente à notre pensée un remaniement territorial qui attribuerait à l' Autriche la Moldo-Valachie, e n échange des Provinces Vénitiennes. Mais la Russie et l'Autriche convoitent la meme proie. Celle-ci, en voulant s'agrandir, ne voudrait rien sacrifier de son territoire; celle-là vise à domine·r le cours du Danube à l'exclusion de toute autre Grande Puissance. Pour désintéresser la Russie, il faudrait lui assurer sur la Mer Noire d'autres avantages qui ne sauraient se présenter qu'à la suite d'une longue guerre. La restitution des anciennes frontières de la Bessarabie ne serait certainement pas considérée ici comme un équivalent d'une prise de possession de l'Autriche dans la Roumanie.

J'espère recevoir bientòt des instructions de V.E. pour régler mon langage et mon attitude dans ces conjonctures graves, et qu'il nous appartient de faire tourner, si possible, au profit de l'Italie.

J'ai vainement cherché, dans les archives et dant le recueil des Traités, le protocole du 6 Septembre 1859, qui pourvoit aux complications qui éclate, raient dans la Roumanie. Je serais reconnaissant à V. E. de m'en faire parvenir un exemplaire (1).

(l) Annotazione marginale di pugno di Cerruti: • Si mandi immediatamente •·

343

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LV 9, pp. 284-287)

R. 10. Costantinopoli, 28 febbraio 1866 (per. l'8 marzo)..

* -Quantunque da tempo si stesse sopra pensiero per le cose nei Principati Uniti stante che colà Principe, Governo e popolo camminavano qual nave senza governaglio tuttavia allorché * (l) nel dopo mezzogiorno del 24 giunse a Costantinopoli notizia della rivoluzione compiutasi in Bukarest nello spazio di poche ore senza conflitto e senza materiale alterazione della tranquillità * -la sorpresa fu generale né di poco si aumentò allorché * il telegrafo ci istrusse della proclamazione del Conte di Fiandra quale Principe di Rumania, proclamazione a cui concorsero unanimi il popolo e le Assemblee rappresentative. Nella giornata del 25 recassi il marchese di Moustier alle stanze d'Aali

Pascià per interrogarlo, nella sua qualità di decano del corpo diplomatico,

sulle intenzioni circa l'attitudine da prendersi dalla Sublime Porta e dalle

Potenze garanti in un così inaspettato frangente. Essi convennero della necessità

di riunire i Rappresentanti, se non in una formale Conferenza, almeno a consulta

per riconoscere la situazione.

Nel mattino del 26 il Visconte di Grinberg, Ministro del Belgio, facevami

tenere un telegramma, di cui copia travasi qui compiegata (2), col quale il suo

Governo annunziavagli il rifiuto del Conte di Fiandra ad accedere al voto del

popolo Rumeno.

Nella giornata stessa, conformemente all'invito avuto, convenni coi miei

colleghi presso Aali Pascià. Trovai quest'ultimo assai soddisfatto per la nuova

avuta del rifiuto del principe belga: però nelle parole che ci diresse per

ispiegare il motivo della riunione non poté nascondere le sue preoccupazioni

sulla gravità della situazione, per rimediare alla quale contava sull'assistenza

di quelle Potenze che eransi assunte l'obbligo di garantire l'integrità dell'Impero

ottomano.

La prima nostra dichiarazione fu quella che il Governo ottomano non aveva errato facendo calcolo sull'amichevole consiglio dei Rappresentanti delle Potenze garanti, i quali, benché privi tuttora di speciali istruzioni, però trovavano nelle chiare disposizioni dei Trattati sufficienti argomenti per assisterlo anche in quest'occorrenza, Fu poi riconosciuto che il caso non richiedeva lo immediato impiego delle armi, tanto più che potevansi ritrovare negli atti internazionali altre misure corrispondenti alla situazione.

* Il Marchese di Moustier faceva anzi osservare che la Turchia avesse pure voluto procedere militarmente non l'avrebbe potuto stante l'impossibilità di riunire un corpo d'operazione: al che Aali Pascià replicò sorridendo che se le Potenze garanti si fossero accordate con lui per l'impiego delle armi contro i Principati

facevasi forte di trovare il numero di soldati occorrenti. Ma lo stesso Aali Pascià non insistette sulle misure violente *.

Si pose quindi in discussione se potevasi ritenere per valida l'abdicazione del principe Couza, giacché esistevano versioni diverse sul modo col quale venne privato del potere principesco, * ma nessuno avendo interesse di difendere lo scaduto Principe* si ritenne l'abdicazione volontaria, e quindi come cosa di cui non era più necessario l'occuparsi.

Rammentò Aali Pascià che nel Firmano d'investitura del dicembre 1861 fu preveduto il caso della vacanza del trono rumeno, ed il diritto che erasi riservato la Sublime Porta di sciogliere l'unione. Mi permisi allora di osservare che i Rappresentanti delle Potenze garanti, nel prendere atto del Firmano d'investitura, espressero delle riserve su questo preteso diritto, riserve formulate dai Rappresentanti con proposizioni diverse, ma alle quali si astennero dall'associarsi soltanto i rappresentanti d'Inghilterra ed Austria.

Prese occasione il marchese di Moustier per consigliare alla Sublime Porta a non insistere all'occorrenza su questo suo diritto, e si passò ad esaminare quale misura fosse la più urgente e la più incontestabile. Percorrendo il protocollo della Conferenza di Parigi del 6 settembre 1859, vi si rinvenne una disposizione che da tutti fu riconosciuta applicabile al caso presente, cioè:

« La Sublime Porte, dans le cas d'une violation de cet acte (Convenzione del 19 agosto) dans les Principautés, après avoir fait des démarches et demandé les informations nécessaires auprès de l'Administration hospodarale, portera cette circonstance à la connaissance des Représentants des Puissances garantes à Constantinople, et une fois le fait de l'infraction constaté d'un commun accord avec eux, la Cour Suzeraine enverra dans les Principautés un commissaire ad hoc, chargé de requérir que la mesure qui a donné lieu à l'infraction soit rapportée. Le commissaire de la Sublime Porte sera accompagné par les délégués des Représentants à Constantinople avec lesquels il procédera de concert et d'un commun accord. S'il n'est pas fait droit à cette réquisition, le commissaire de la Sublime Porte et les délégués signifieront à l'hospodar que vu le refus d'y obtempérer il sera avisé aux moyens coercitifs à employer. En ce cas la Sublime Porte se concertera sans délai avec les Représentànts des Puissances garantes à Constantinople sur les mesures qu'il y aura lieu d'arrèter •.

Trovato che fu questo punto di partenza, si prese atto del desiderio della Sublime Porta di applicare la misura al caso presente e si decise di far conoscere col telegramma identico qui unito, diretto ai rispettivi Governi (1), la proposta ottomana. Il marchese di Moustier fece osservare, e tutti ne convennero, che quantunque la misura non potesse dare luogo ad obbiezioni, tuttavia conveniva farla conoscere preventivamente ai nostri Governi per le istruzioni di cui dovrebbero essere muniti i Delegati, ed anche per sapere su chi dovesse caderne la scelta, ed in generale s'espresse l'opinione che gli Agenti stessi residenti in Bukarest sar,ebbero stati i più atti a disimpegnare queste funzioni.

Per meglio esprimere la nostra deferenza verso la Sublime Porta, si convenne di mandare tosto ai rispettivi Agenti in Bukarest il telegramma: identico qui unito (l) per impegnarli a stare nel massimo riserbo verso le Autorità del momento.

All'atto di separarci S.A. Aali Pascià ci espresse * con inusitata effusione * la sua riconoscenza per l'appoggio che aveva trovato presso di noi.

* Privi tutti di istruzioni si osservò per parte nostra quel contegno più prudente che ci fu possibile, tanto più di fronte all'esplicite disposizioni dei Trattati, ed agli obblighi che c'impone la qualità nostra di Potenze garanti *.

In attesa delle istruzioni dell'E.V....

(l) I brani fra asterischi non sono editi in L V 9.

(2) Cfr. LV 9, p. 287.

(l) Cfr. n. 337.

344

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI

T. 64. Firenze, l marzo 1866, ore 13,05.

Dans la question commissaire comme dans toute autre concernant Priilfcipautés gardez la plus grande réserve vous référant au besoin à note secrète adressée par cette légation au Gouvernement ottoman le 5 décembre 1861 pour le cas vacance Hospodorat. Tout cela doi·t ·etre laissé à la décision conférence qui se réunira probablement bientòt à Paris.

345

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 157. Firenze, 1 marzo 1866.

Col Dispaccio n. 149 (Gabinetto) in data 26 dicembre 1865 (2) io Le trasmisi copia di due Note scambiate tra il Barone di Malaret e me (3) in ordine alla questione del riparto del debito pontificio. Il Barone di Malaret mi diresse ora una seconda nota, di cui mi pregio trasmetterLe copia.

Anzitutto debbo esprimere il mio rincrescimento che il signor Drouyn de Lhuys, dopo la nota che ho diretta al Barone di Malaret, e che Ella conosce, abbia creduto di esprimersi in termini che sembrano accennare a qualche dubbio sulle nostre buone disposizioni; e più ancora che egli sembri far dipendere l'eseguimento della Convenzione per parte della Francia dal compimento, prima del termine stabilito per lo sgombro, del riparto stesso, il quale per aver luogo legalmente e a norma del diritto e per essere approvato dal Parlamento, richiede il consenso e la partecipazione del Governo pontificio.

Fatta questa riserva, mi reco a premura di parteciparLe che il Governo del Re Le affida, signor Ministro, l'incarico di condurre la presente negoziazione. V. S. Illustrissima è dunque fin d'ora autorizzata a ricevere le aperture che in ordine al riparto del debito pontificio le venissero dirette dal Governo Imperiale, come intermediario tra la Santa Sede ed il Governo del Re per l'accomodamento previsto nell'Articolo IV della Convenzione.

V. S. Illustrissima vorrà recarne l'annunzio a conoscenza di S. E. il Signor Drouyn de Lhuys.

Siccome il Governo del Re ha già fornito tutti i dati che sono a sua disposizione, né conosce indicazioni procedenti dal Governo Pontificio cui toccherebbe per la natura del negoziato l'iniziativa delle proposte, così mi riservo di trasmetterLe apposite istruzioni man mano che Ella mi farà conoscere le comunicazioni che Le perverranno a tal riguardo.

V. S. Illustrissima dovrà naturalmente non perder mai di vista il carattere di intermediario che è proprio del Governo francese nella presente trattazione, la quale virtualmente interviene tra i due Governi interessati: in dipendenza del che gli impegni presi, durante il corso dei negoziati, da noi verso il Governo francese o dal medesimo verso di noi vogliono essere considerati come assunti per conto del Governo Pontificio.

V. S. Illustrissima vorrà pur tener presente che la forma dell'atto col quale sarà operato effettivamente il riparto è questione riservata per ora e da definirsi a suo tempo.

(l) -Cfr. L V 9, p. 288. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. n. 238.
346

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 103. Londra, l marzo 1866.

Ho visto jeri Lord Clarendon il quale mi disse aver fatto a Firenze, come lo fece per tutte le altre Potenze co-segnatarie del Trattato di Parigi, una comunicazione relativa ai fatti di Buckarest. Il modo col quale egli si espresse sul conto di Couza V. E. potrà immaginarlo. Certo il panegirico era completo; arbitrario, frodi e rapine ne componevan gli elementi. Intanto questa comunicazione annuisce ad una conferenza a Parigi. Mentre la Russia proponeva Costantinopoli. Infine Lord Clarendon riconfermò quanto aveva io avuto l'onore di scrivere a V. E. due giorni prima, comprese le istruzioni a Buckarest di star sulle riserve se trattavasi di candidature estere. L'Ambasciatore turco venne jeri a dichiarare a nome del suo Governo che non accetterebbe la conferenza se non gli si guarentiva che non verrebbe messo in vece di Couza un principe estero. Ma lo si ricevette assai male, dicendogli che stupivasi che volesse così diffidare delle potenze garanti e limitar la loro saviezza. E

quasi gli si fece intendere che benché non ne fosse il caso dovrebbe ancor stimarsi fortunato se un Principe estero avesse voluto accettare di presiedere ad un simil guazzabuglio.

Dunque la conferenza si riunirà immediatamente e dovrà affrettar il suo ritorno l'ambasciatore di Russia. Naturalmente, benché avessi ragione di temere che non fesse che pro forma, pensai di mettere innanzi l'idea della permuta tra la Venezia ed i Principati, ma Lord Clarendon si espresse vivamente contro a qualunque ingerenza dell'Inghilterra in questa circostanza a tal riguardo. Questa astensione egli la motivò sul non potersi disporre dei popoli a guisa mandrie anche per un utile riconosciuto. Ed aversi prove che il nome Austriaco era più detestato nei Principati di qualunque altro. Anzi non so se non mi dicesse che andasse del pari con quello del più immondo fra gli animali domestici.

Quindi poi, senza parlar dell'ostilità espressa dall'Imperatore d'Austria contro questo progetto, doveva pensarsi che l'Austria che aveva già a contendere con la Prussia sicuramente non andrebbe a cercarsi l'ostilità anche della Russia che certamente non gradirebbe questo scomparire dei Principati in mano altrui. Senza dimenticar che, come disse Lord Clarendon, scambierebbe un cavallo con un occhio solo contro uno cieco dei due, avendo già imbarazzi grandi colla Venezia, ma che sarebbero un nulla a paragone del vespaio in cui si metterebbe coi Principati.

Un mio collega facile ad indovinare ne parlò jeri con Lord Russell il quale fece quanto egli è uso a far quando si entra in materie connesse col suo collega degli esteri. Per non compromettersi o mettersi in contraddizione tacque e non diede segno veruno pel si o pel no. E così l'argomento cadde a terra. L'articolo del Times sul ritirarsi di Lord Russell fece gran rumore e venne dal Ministero e dai suoi giornali vivamente contraddetto. Il Times ed il Post stamane mettono avanti però la versione che trasmisi ieri col telegrafo a V. E. e che. si persiste a credere la buona da persone generalmente ben informate.

Mi permetta V. E. di far qui quello che avrei voluto far telegraficamente, cioè di farle le mie sincere congratulazioni per l'esito della votazione pel voto di confidenza. I miei sentimenti a questo riguardo son, credo, troppo conosciuti per aver bisogno di frasi.

P. S. -Nell'accusar ricezione all'E. V. della confidenziale che mi fece l'onore d'indirizzarmi li 24 u.sc. mi pregio di qui compiegare una lettera particolare pel Signor Commendatore M. Cerruti.

347

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 156-160) (l)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, l marzo 1866.

In seguito all'autorizzazione da lei datami per telegrafo di tentar d'intavolare la questione del cambio dei Principati Danubiani colla Venezia, in seguito soprattutto alla notizia di nuove aperture d'alleanza fatte a noi dalla

Prussia, ho creduto di dover ricorrere direttamente all'Imperatore per pro

porgli una seconda volta questa combinazione.

L'Imperatore mi ricevette jeri alle 6 in udienza particolare. Chiamai l'attenzione dell'Imperatore sui due fatti: le aperture bellicose della Prussia, e la rivoluzione dei Principati. Dissi _a Sua Maestà che questi fatti davano un carattere speciale d'opportuni,tà alla combinazione secondo cui la sovranità della Porta sulla Moldavia e sulla Valacchia sarebbe ceduta all'Austria in cambio della Venezia ceduta all'Italia, la quale pagherebbe alla Porta una indennità da fissarsi. Esaminai rapidamente coll'Imperatore i vantaggi di questa combinazione e i modi con cui si sarebbe potuta effettuare. I vantaggi per la Francia consisterebbero: nel rendere impossibile per l'avvenire ogni coalizione delle Potenze del Nord contro la Francia in seguito all'antagonismo che si creerebbe fra la Russia e l'Austria; nel ricostituire l'alleanza occidentale; e soprattutto nel fatto, che l'Imperatore perverrebbe così senza guerra e senza sacrifizii a compire i due programmi delle guerre di Crimea e d'Italia. L'Imperatore rimase colpito da quest'ultima idea, che gli sorrise assai. Enumerai i vantaggi che la Francia ne ricavel"'ebbe in comune coll'Inghilterra, e che sarebbero: di mettere fra la Russia e la meta delle sue ambizioni in Oriente una barriera di ferro come sono i reggimenti austriaci; d'evitare una complicazione europea sempre imminente finché la Venezia rimane sotto il giogo straniero; infine d'ottenere una specie di rivincita sulla Russia dello scacco diplomatico subito nella questione della Polonia. Non istarò qui a ricapitolarle quanto dissi all'Imperatore sui vantaggi che l'Austria trarrebbe da questa combinazione. Basterà il dirle che l'Imperatore è perfettamente d'accordo con noi nel pensare che Francia, Inghilterra, Austria e Italia avrebbero un vero e grande interesse nell'adozione di questo progetto. L'Imperatore disse fra le altre cose che se l'Austria avesse uomini di Stato intelligenti non dovrebbe esitare a darvi la sua approvazione.

Venendo al modo pratico d'esecuzione, io rammentai anzitutto a Sua Maestà guanto si era passato nell'autunno del 1863 quando Pasolini fu incaricato di portare questo progetto a Londra. Ricordai che l'Imperatore da un lato, e Lord Palmerston con Lord Russell dall'altro avevano approvato il progetto in massima. Ciò che allora, diss'io, poteva considerarsi come politica congetturale, ora diventa di pratica attualità. Rimane a sapere come si deve procedere, massimamente in presenza delle opposizioni che indubbiamente saranno messe innanzi. Quanto alle obbiezioni, interruppe l'Imperatore, non ne vedo che una seria, il rifiuto dell'Austria. Feci osservare a Sua Maestà che anche a Vienna da qualche tempo s'andavan facendo profonde modificazioni nell'opinion pubblica rispetto alla Venezia e soggiunsi che ormai il Gabinetto di Vienna doveva aver acquistato la convinzione che fino a quando l'Austria avrà alle spalle l'Italia armata ed ostile, sarà alla mercé della Prussia in tutte le questioni tedesche. Ad ogni modo dissi che era indispensabile il tentar di sapere in modo sicuro e confidenziale come questo nostro progetto sarebbe accolto dal Gabinetto Austriaco. Io proposi in sostanza all'Imperatore:

l o: d'intendersi confidenzialmente coll'Inghilterra e di constatare l'accordo della Francia e dell'Inghilterra intorno al progetto;

2": di tentare, con o senza la compagnia dell'Inghilterra, di sapere che cosa se ne pensa a Vienna; 3": se l'Austria non si mostra sfavorevole, di mettere addirittura la proposta sul tappeto della Conferenza.

L'Imperatore mi ripetè che la difficoltà a vincersi era il probabile rifiuto dell'Austria; che bisognava quindi tentare di vincere questo rifiuto; che per arrivare a ciò, gli pareva essere necessario l" -che il progetto non venisse proposto dall'Italia, bensì dalla Francia o dall'Inghilterra, o da entrambe; 2• -che il pericolo di una rottura colla Prussia fosse veramente serio. Fu quindi convenuto che io scriverei a Lei, confidenzialmente e per Lei solo, per dirle questo pensiero dell'Imperatore, e per annunziarle che l'Imperatore avviserà al modo di concertarsi coll'Inghilterra e di fare la proposta a Vienna. Ma perché il Gabinetto di Vienna si presti ad accettare la proposta, l'Imperatore crede indispensabile che noi spingiamo arditamente la Prussia alla guerra e ci mettiamo in grado di farla. A questo modo l'Imperatore potrà dire all'Austria, d'accordo coll'Inghilterra: se voi non accettate, avrete la guerra coll'Italia e colla Prussia, e noi lasceremo fare. In una parola l'Imperatore disse: l'Italia s'incarichi di spingere alla guerra ed io m'incarico di fare la proposta a Vienna

o da solo o in compagnia coll'Inghilterra. Quanto poi alla conferenza sulla questione dei Prinicpati, io impegnai l'Imperatore a menarla in lungo quanto più potrà. Difatti è a temersi che se la Conferenza si raduna subito, ella si possa mettere subito d'accordo per stabilire a Bukarest un nuovo ordine di cose, che sarà precario è vero, ma che può durar qualche tempo, tanto almeno che sfugga l'occasione presente. L'Imperatore non disapprovò questa idea e credo che vi darà esecuzione. È nostro supremo interesse che la questione dei Principati non abbia altra soluzione che quella da noi desiderata, ma perché questa sia accettata è necessario che ogni altra combinazione sia successivamente scartata; e se anche un po' di ritardo promuovesse qualche disordine nei Principati ciò non sarebbe male, perché si renderebbe così neceilsaria un'occupazione austriaca, che da provvisoria potrebbe diventare definitiva. Tre sono adunque i punti su cui si cadde d'accordo: l • l'Italia spinga la Prussia alla guerra e all'occorrenza si trovi pronta a farla; 2• l'Imperatore farà la proposta a Vienna nel modo che crederà più prudente; 3• intanto si trarrà in lungo la Conferenza.

Ella vede, caro generale, di quanta importanza sia la riuscita di questo progetto. Io son convinto che se la Prussia non ci vien meno per la seconda volta, la cessione della Venezia diventa quasi sicura. Vero è che c'è un pericolo, quello cioè che l'Austria non ceda nemmeno alla pressione della Francia e dell'Inghilterra; in allora bisogna essere in misura di far la guerra, il cui risultato finale dovrebbe essere per la Prussia l'annessione dei Ducati, per l'Italia quella della Venezia. Solamente in caso di guerra guerreggiata e sfavorevole all'Austria, questa potrebbe non aver più il compenso dei Principati. Io La consiglio quindi, caro generale, a incoraggiare la Prussia e all'uopo anche a firmare un trattato d'alleanza offensiva e difensiva. Per la seconda volta l'Imperatore mi dice che non bisogna lasciar passar l'occasione. L'Imperatore m'ha promesso di riparlarmi di ciò, appena avrà trovato il modo di fare in secreto le pratiche occorrenti a Londra e Vienna. Ma conta sui nostri sforzi per spingere alla guerra la Prussia. Soggiunse che in caso di guerra crederebbe utile che il re si facesse dare pieni poteri daNa Camera come fu fatto per la guerra d'Italia.

Le mando questa lettera per mezzo di Collobiano che spedisco apposta in corriere. Le sarò grato se vorrà dirmi in proposito il suo pensiero e tenermi al corrente di quanto si passa a Berlino. Io non ho che un timore ed è che quegli irresoluti di Prussiani non sappiano decidersi. Faccia adunque coraggio, caro generale, e lo ispiri ai Prussiani, e fra tre mesi, se Dio vuole, e se la fortuna ci ajuta, potremmo essere in San Marco. Giacché l'Imperatore s'incarica di proporre la cosa al Gabinetto Inglese, credo che sia inutile che noi facciamo altri passi per ora a Londra. Poiché del resto la nostra posizione deve essere questa: L'Italia non fa nessuna proposta di cambio; essa rivendica la Venezia coll'alleanza Prussiana; se le Potenze credono di proporre una combinazione che abbia per risultato la cessione della Venezia senza guerra, lo facciano, e l'Italia accetterà per suo conto. Ma noi non dobbiamo avere l'apparenza di sacrificare all'Austria i Principati.

P. S. -Questa lettera è affatto confidenziale e deve rimaner secreta. L'Imperatore non si fermò affatto sulla condizione del consenso delle popolazioni, condizione che altre volte aveva messo innanzi.

(l) Parzialmente edito anche in LA MARMORA, pp. 119-120 e in CHIALA pp. 50-52.

348

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 66. Firenze, 2 marzo 1866, ore 13,45.

Courrier Cabinet parti hier soir porteur ratifìcations traité. Veuillez attendre mon autorisation expresse par télégraphe avant de procéder échange. J'attends de connaitre si Etats ratifìants ont eu connaissance officielle de ma dépeche du 15 Février (l) ce qui me parait nécessaire avant échange ratifìcations.

16 -Documenti dipLomatici -Serie I -Vol. VI

(l) Cfr. n. 310.

349

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 132. Pietroburgo, 2 marzo 1866, ore 18,56 (per. ore 23,40)..

Aux communications de France et Angleterre pour fixer lieu conférences,

prince Gortchacoff a répondu qu'il faudrait avant tout attendre avis de la

cour souzeraine (1).

Puis sont survenues propositions Turquie d'envoyer à Buckarest un com

missaire ottoman avec délégués choisis par la conférence locale de Constanti

nople, et proposition France d'envoyer instructions pour conférence Paris. En

présence de ces avis différents le vice-chancelier a maintenu réponse que com

me on ne voudrait pas conférence malgré et contre la Porte il sera convenable

attendre son dernier mot. Etant absolument sans instructions je me tiens sur

la réserve.

350

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 17. Berlino, 2 marzo 1866 (per. il 6).

Il s'est tenu hier un Conseil des Ministres, auquel assistaient M. de Manteuffel, commandant des troupes Prussiennes en Schleswig, et M. de Goltz, l'Envoyé à Paris, pour délibérer sur la question de plus en plus critique des Duchés, et prendre une résolution rélative à l'attitude qu'il convient d'adopter à l'égard de l'Autriche. En ouvrant la Séance, M. de Bismarck a dit que la gravité de la situation exigeait le silence le plus absolu sur ce qui allait se traiter, et devenir par son importance un secret d'état.

L'on ne sait donc encore rien des décisions qui ont pu étre prises, mais l'on est généralement d'accord, comme j'avais l'honneur de le mander dernièrement à V.E., que les événements de Bucharest sont venus imposer un temps d'arrét forcé à la politique Prussienne, et que jusqu'à ce qu'il soit à peu près fixé sur leur résultat probable, le Cabinet de Berlin ne se hasardera pas à accentuer davantage ses projets belliqueux contre l'Autriche.

Malgré l'espèce de mystère dont affecte de s'entourer dans cette circonstance la Prusse, et qui pourrait bien aussi rentrer dans le système d'intimi

dation qu'elle cherche à exercer sur l'Autriche, l'on ne tardera pas à connaìtre la résolution à laquelle se sera arrété le Cabinet de Berlin. Le pays attend avec impatience une solution conforme à ses désir d'agrandissement, et l'impression extremement défavorable qu'a laissée la brusque clòture des Chambres est une raison de plus pour le Comte de Bismarck d'apaiser le mécontentement général en frappant au plus tòt un grand coup à l'extérieur.

Il vient de se produire du reste dans le Holstein un nouvel incident qui, ·en blessant vivement le Gouvernement Prussien, ne peut que l'irriter encore davantage, si c'était possible, contre l'Autriche. Ainsi. que j'en ai informé V.E., une vingtaine de grands propriétaires, appartenant à l'ordre équestre, avaient, sous l'inspiration de la Prusse, dit-on, envoyé une adresse au Roi pour lui demander l'annexion pure et simple, ou tout au moins l'union personnelle immédiate, en ajoutant que c'était le seul moyen de mettre fin à l'anarchie et au désordre qui régnaient dans le Duché. Les Autorités Holstéinoises, voyant une injure directe dans les allégations des pétitionnaires, se sont immédiatement rendues chez le Général Autrichien de Gablenz et ont déclaré que si cette pétition n'était pas retirée, elles donneraient en masse leur démission. Le Général a très bien accueilli la députation, et leur a promis de leur faire rendre justice, en leur laissant entrevoir la possibilité de la convocation des Etats Généraux.

Il n'en fallait pas tant pour exaspérer le Gouvernement Prussien, qui a vu dans cette manifestation éminemment hostile à ses desseins, une nouvelle intrigue de l'Autriche, et ne manquera pas de lui en faire un nouveau grief.

Les choses en sont là pour le moment; et pour porter un jugement sur l'ensemble de la situation, il faut nécessairement attendre que par quelque acte significatif, qui ne peut tarder bien longtemps à se produire, le Gouvernement Prussien laisse apercevoir la direction décisive qu'il entend donner à sa politique envers l'Autriche. Il faut toutefois ajouter que, d'après l'opinion générale, les événements de Bucharest, par la diversion qu'ils viennent d'apporter dans la politique Européenne, sont regardés comme favorables à la position de l'Autriche vis-à-vis de la Prusse.

Le Chargé d'Affaires de Prusse à Paris avait mandé à M. de Bismarck, qui l'avait à son tour répét€ ici, que la réunion de la Conférence pour l'examen des affaires Moldo-Valaques aurait lieu à Constantinople. Mais, comme je me suis empressé de le mander hier par télégraphe à V.E., l'Ambassadeur de France est venu déclarer à M. de Bismarck que cette Conférence se tiendrait à Paris. L'Angleterre et l'Autriche, dit-on,ont fortement appuyé la proposition de la France; mais il est certain qu'elle est extremement désagréable à la Prusse et à la Russie, qui craignent que la Conférence tourne au Congrès, et que l'on en élargisse les proportions en s'occupant d'autres questions.

P.S. -Les journaux Prussiens annoncent que M. de Manteuffel serait prochainement envoyé en mission à Vienne. Si cette nouvelle se confirme, comme les sentimens autrichiens du Général sont suffisamment connus et que par ce motif il est persona grata à l'Empereur, l'on serait en droit de supposer que la Prusse veut encore tenter un dernier moyen de conciliation.

(l) Cfr. il seguente brano del r. confidenziale 66 di Launay del 28 febbraio: • Adopter hic et nunc cette proposition sans entendre un avis de Constantinople, c'eut été indiquer en quelque sorte que la Sublime Porte est sous la tutelle des Puissances qui, par le Congrèsde Paris, l'ont cependant admise dans l'aréopage européen. Ces scrupules du Vice Chancelier· auraient été cependant dictés plutòt par sa répugnance à emboiter de prime abord le mème pas que la France, avant qu'une entente se soit établie à ce sujet entre tous les signatairesdu traité de 1856 et des autres actes qui s'y rattachent •.

351

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 133. Berlino, 3 marzo 1866, ore 11,20 (per. ore 13,10).

Gouvernement prussien ne peut pas donner aux Etats du Zollverein communication officielle de la dépèche du 15 février (l) avant échange ratifications, et le fera le jour mème de l'échange en leur laissant responsabilité d'un refus qu'il regarde comme impossible. Détails par dépèche partie hier (2).

352

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 134. Carlsruhe, 3 marzo 1866, ore 17,40 (per. ore 19).

Le baron d'Edelsheim m'a dit aujourd'hui seulement n'avoir pas encore reçu réponse de ses confédérés hors Prusse favorable aux vues du Gouvernement du Roi. Il espère que les autres Cabinets répondront dans le meme sens, mais il pense que l'ltalie ne devrait pas forcer les choses tout de suite auprès de Hanovre et de la Hesse Electorale. Il se réserve de me faire en son temps réponse officielle à ma communication (3).

(l) -Cfr. n. 310. (2) -R. 51, ed. in italiano in L V 9, pp. 59-60. (3) -Cfr. il seguente brano di un rapporto di Gianotti del lO marzo: • Donnez du tems au tems, m'a dit S. E.; il fera disparaitre tous les obstacles qui peuvent exister en ce moment. J'ai lu dans quelques journaux que M. de Barrai doit etre envoyé, de suite après les ratifications échangées à Hanovre; je ne crois pas trop aux nouvelles répandues par le journalisme; mais pour le cas où il y aurait un fond de vérité dans celle-ci, écrivez à Votre Gouvernement et engagez-le à suspendre le départ de M. de Barrai. Vous ne pouvez, ignorer que le Roi George V est très enteté, qu'il ne vous professe pas beaucoup d'amitié; il pourrait ne pas consentir à recevoir Votre Ministre; je ne dis pas que ceci soit probable,mais je le crains possible. Ne serait-ce pas prudent d'eviter un pareil scandale? Que feriezvous dans ce cas? Je ne pense pas qu'il vous serait convenable de suspendre les effets du Traité récemment conclu, uniquement parce que le Roi de Hanòvre se refuse à recevoir chez Lui un de vos agents. Ce que j'ai dit du Roi George, je le crains aussi de la part du Electeur de Hesse. Soyez satisfaits pour le moment de ce que le principe de votre reconnaissance a été admis par le fait des ratifications et ne veuillez pas chercher à surmonter brusquement tous les obstacles, à vaincre toutes les oppositions. Ne vaut-il pasmieux vous épargner un scandale en menageant encore pendant quelques mois les susceptibilités de ces deux Gouvernements? Vous verrez qu'en temporisant, !es difficultés, qui peut-etre, existent en ce moment, disparaitront toutes seules, et qu'avant la fin de l'année vos Agents seront bien accueillis chez tous les Gouvernements indistinctement de la Confédération •.
353

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, GIANOTTI, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE

T. 69. Firenze, 3 marzo 1866, ore 21 ,45.

Aujourd'hui traité de commerce entre Italie et Zollverein a été approuvé à grande majorité par la Chambre et présenté au Sénat. La Chambre a voté en cette occasion et par acclamation à l'unanimité ordre du jour exprimant sympathie de l'!talie pour l'Allemagne (1).

354

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 71. Firenze, 3 marzo 1866, ore 22.

Adressez à Bismarck note par laquelle déclarerez que Gouvernement du Roi a diì lui faire la communication du 15 (2) par sentiment de loyauté envers Etats qui n'interviendront pas à l'échange ratifications et pour écarter de leur part toute contestation fondée sur prétexte d'ignorance. Nous avons fait dans le meme but communication analogue aux Gouvernements de lHunich et de Carlsruhe. Ces Gouvernements sont juges de ce qu'il leur convient de faire; pour notre part, notre responsabilité sera à l'abri, si, contre notre attente, l'établissement des rapports indispensables venait à rencontrer obstacles après échange ratifications, ce qui pourrait motiver suspension effets traité.

355

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 135. Berlino, 4 marzo 1866, ore 17,50 (per. ore 19).

Je viens d'adresser une note au Comte de Bismarck dans le sens de la dépeche reçue ce matin (3). Merci pour nouvelle de la votation traité par la Chambre. J'attendrai ordres de V. E. pour échange des ratifications.

(l) -L'ordine del giorno, trasmesso da La Marmora a Berlino, Carlsruhe e Monaco con dispaccio del 4 marzo era il seguente: c La Camera, in occasione del Trattato collo Zollverein, manda un saluto di amicizia alla Germania e affretta coi voti il giorno in cui sia possibile· un più intimo accordo tra le due nazioni •· (2) -Cfr. n. 310. (3) -Cfr. n. 354. Con r. 54, pari data, Barrai trasmise copia della nota diretta a Bismarck (cfr. L V 9, pp. 61·62).
356

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 73. Firenze, 5 marzo 1866, ore 12,30.

Aussitòt après échange ratifications qui pourra avoir lieu dans le courant de cette semaine il faudra demander agrément d'usage des Souverains Zollvere-in avant de soumettre à signature de Sa Majesté lettres de créance pour vous et marquis Oldoini, suivant répartition indiquée dans ma dépéche n. 28 (1), modifiée dans le sens que Wurtemberg sera assigné au marquis Oldoini. Télégraphiez moi si vous ne voyez pas d'inconvénient à ce que comte Rati soit chargé de cette démarche (2).

357

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 75. Firenze, 5 marzo 1866, ore 15,40.

Si vous avez à exprimer opinion sur affaires de Bukarest dites que Gouvernement du Roi n'a aucun parti pris, que principe de non intervention est la règle qu'il croit utile d'appliquer, et qu'en tout cas nous en remettons entièrement au concert des puissances garantes.

358

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 139. Londra, 5 marzo 1866, ore 17,19 (per. ore 21,40).

Poussée par la Russie, Turquie déclare qu'elle n'acceptera conférence que si on établit préalablement pour base rétablissement deux Hospodarats, exclusion prince étranger. Lord Clarendon persiste à maintenir liberté d'action mais trahit quelque velléité de faiblir.

Autriche a fait communication ce matin justifiant sa conduite en Allemagne contre prétentions prussiennes et déclarant ne pas vouloir céder.

(l) -Cfr. n. 315. (2) -Barrai rispose con t. 140 del 6 marzo, ore 11: • ... il vaut mieux que les demandes d'usage partent toutes d'ici où l'affaire n'est traitée et où se trouvent tous les ministres du Zollverein •.
359

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Berlino, 6 marzo 1866, ore 14,56.

Le ministre d'Autriche est allé avant hier demander au comte de Bismarck s'il pouvait connaitre la décision prise dans le dernier conseil des ministres à propos de l'affaire des duchés. Sur la réponse du comte de Bismarck que l'engagement était pris de n'en plus rien dire, le ministre d'Autriche a déclaré au nom de son Gouvernement que l'Autriche avait atteint l'extréme limite de ses concessions et qu'elle acceptait à l'avance toutes les éventualités de sa résistance irrévocablement arrétée. La situation devient de plus en plu~ critique. Détails par la poste.

360

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, p. 54)

T. Parigi, 6 marzo 1866, ore 22.

Le comte Goltz m'a dit qu'à Berlin on désire que vous envoyez de suite, en secret, un officier pour y traiter la question militaire, ce qui n'empéchera pas envoi à Florence d'un officier supérieur prussien qui partira bientot (1).

361

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LV 9, pp. 292-293)

R. 293. Parigi, 6 marzo 1866 (per. il 10).

Col mio dispaccio di ieri, n. 291 Aff. Pol. (2) mi feci premura d'annunciare a V. E. la proposta, consentita dalla maggioranza delle Potenze garanti,

della riunione a Parigi d'una Conferenza per esaminare e deliberare sulle condizioni dei Principati Danubiani e chiesi nel tempo stesso i poteri e le istruzioni necessarie. Le Potenze, che aderiscono in massima alla riunione della Conferenza, non fecero ancora conoscere il loro pensiero intorno al modo di risolvere le questioni suscitate dagli ultimi fatti di Bukarest. Ma intanto non mi pare inutile di precisare in via affatto preliminare le questioni stesse che dovranno essere sottoposte all'esame della Conferenza.

Il Trattato di Parigi, da cui la Conferenza è istituita, non parla dell'unione della Valacchia e della Moldavia in un solo stato. Furono le popolazioni di queste due provincie che costituirono l'unione dei Principati mediante l'elezione d'un solo Ospodaro nella persona del Colonnello Couza. L'abdicazione di quest'ultimo, può fornire pretesto alla Porta ed alla Russia di chiedere che i due Principati abbiano di nuovo due Governi separati. La prima questione a discutere sarà dunque quella del mantenimento dell'unione.

Viene in seguito quella relativa alla scelta d'un Principe Estero. Il Governo Turco è notoriamente contrario allo stabilimento a Bukarest d'un Principe che pei suoi rapporti colle famigUe sovrane d'Europa sarebbe ben presto (l) in grado di far cessare i vincoli che uniscono quei paesi alla Porta. Dall'altro canto non è probabile nè che le Potenze si accordino (2) nella scelta di codesto Principe straniero, né che alcun Membro delle famiglie regnanti in Europa ambisca di porsi nella condizione di vassallo del Gran Sultano.

Rimane quindi la-terza questione, quella cioé risguardante la scelta d'un Ospodaro nella persona d'un indigeno. Questa non sarà certo priva di difficoltà. I Principati non mancano di personaggi discendenti da famiglie che possono accampar pretese al governo del loro paese. Anzi, è il numero di questi pretendenti, la clientela di ciascuno di essi, i rapporti ch'essi ebbero od hanno colle Potenze confinanti che formano il vero e grande ostacolo a questa soluzione. Le difficoltà che il Principe Couza non seppe o non poté vincere, si affaccerebbero altresì al suo successore: cosicché non è a credere che le popolazioni s'accordino facilmente nella scelta d'un rumeno, come avrebbero fatto in quella d'un Principe Estero, né che l'amministrazione d'un Principe del paese possa * incominciare con sì buoni auspici come quella di Couza, il quale fu eletto con tanto entusiasmo e che corrispose così poco alle speranze dei suoi concittadini * (3).

Mi limito per ora ad accennare queste questioni quali si presentano in forza degli avvenimenti e del testo del trattato di Parigi. * La soluzione di esse offre bastanti difficoltà perché queste siano l'addentellato di altre combinazioni * (4).

(l) -Con r. 18 del 4 marzo Barral aveva comunicato: • Une autre op1mon qui chez !es Diplomates Allemands est passée à l'état de conviction, c'est que si la Prusse est décidément résolue à. attaquer l'Autriche, elle ne commencera rien sans s'assurer du concours armé de l'Italie. La seule crainte, disent-ils que puisse avoir et que parait effectivement avoir la Prusse, c'est que l'Autriche ne la précède à Florence, et prenne, pour la cession de Venise, l'initiative de propositions que, vu l'égoisme bien connu de la Prusse, le Gouvernement Italien aurai t parfaitement raison d'accepter •. (2) -Non pubblicato. (l) -In LV 9 • potrebbe essere •. (2) -In L V 9 • si dispongano ad accordi •. (3) -In L V 9, invece del brano fra asterischi: • soddisfare ai voti delle popolazioni stesse •. (4) -II brano fra asterischi è omesso in L V 9.
362

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 12. Berlino, 6 marzo 1866.

Un de mes Collègues est venu me confier qu'ayant eu hier occasion de parler intimement avec l'Envoyé de Hanovre, et lui ayant demandé ce que ferait son Gouvernement dans le cas où, comme on le disait, je viendrais à ètre accrédité auprès de la Cour de Hanovre, le Baron Stockausen lui a répondu textuellement en ces termes:

• Pour mon compte personnel, après l'échange de nos ratifications avec le Roi d'Italie, je regarde un refus comme parfaitement ridicule, mais je crois que cette absurdité l'on est disposé à la commettre à Hanovre •.

J'ai de la peine à croire que le moment venu et le Gouvernement Hanovrien étant mis en demeure de se prononcer catégoriquement, il ose pousser l'impudence, et l'on peut dire bien aussi l'imprudence, au point de refuser de recevoir un Représentant de Sa Majesté.

Mais comme avec un Souverain, atteint de cécité au moral comme au physique et qui prétend recevoir ses inspirations d'en haut, il importe d'agir énergiquement, je crois qu'en raison mème de ses résistances bien connues et de ses réserves soi-disant secrètes, il faudrait que je fusse autorisé à déclarer très carrément qu'à la moindre hésitation ou prétexte par lesquels ce Souverain, ou tout autre, accueillerait notre demande d'accréditer auprès d'eux des Agens Italiens, le Gouvernement du Roi est décidé à suspendre les effets du Traité. Un pareil avertissement ne pourrait que produire un effet des plus salutaires, et nous éviterait d'en arriver à une mesure, très regrettable sans doute, mais devant laquelle il me semble que l'intérèt de notre dignité ne nous permettrait pas de reculer.

363

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Londra, 7 marzo 1866, ore... (per. ore 17,35).

J'ai trouvé hier lord Clarendon si déterminé à refuser toute probabilité de réussite au projet d'échange que j'ai cru interpréter vos dernières instructions en m'abstenant de lui soumettre un court mémoire que j'avais préparé, d'après la dépeche du chevalier Nigra, sur modifications politiques relatives à l'Autriche. L'essentiel était au reste de le maintenir dans la résolution d'aller à la conférence sans engagement, et il a confirmé cette intention, quitte à déclarer à l'ouverture de la première réunion au plénipotentiaire ottoman que l'on entend baser les discussions sur l'observation des traités.

364

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 104 Londra, 7 marzo 1866.

Non avendo ricevuto messaggio telegrafico in contrario, andai jeri a trovar Lord Clarendon onde dargli comunicazione del contenuto dei varii dispacci di V. E. circa gli affari d'Oriente.

Per ciò che concerne la questione della Siria, deggio avvertire che non ho potuto trattarla nel senso desiderato dall'E. V., cioè sotto il punto di v,ista della riunione di una conferenza, perché di quest'ultima qui non se ne parla. Ognuna delle Potenze invia istruzioni separatamente ai suoi agenti, ed alla mia domanda se non accadrebbe che la conferenza di Parigi dovesse pure occuparsi di queste complicazioni, Lord Clarendon rispose per ora negativamente.

Non ho poi voluto nemmeno appoggiar troppo sul dubbio che potessimo essere esclusi da queste deliberazioni, perché ammettendo questo sospetto mi pare che si andrebbe precisamente contro a quanto intendiamo stabilire come fuor di controversia. Mi limitai perciò a leggere le istruzioni mandate da V. E. al R. Console di Beyrouth, poiché in quelle precisamente si espone la cosa come incontrastata. Lord Clarendon diffatti non fece osservazioni approvando dette istruzioni come intese a consigliar moderazione e viste pacifiche.

Lord Clarendon lasciò poi travedere che quantunque gl'agenti Francesi parlassero molto nel medesimo senso moderato e pacifico, egli aveva dei dubbi sull'esatezza di questi dati. Ma del resto parve non aver ancora un'idea molto precisa della questione sia per quel che riguarda la data degl'accordi presi per base, sia per l'organizzazione della milizia.

Parlai quindi dei Principati e notai come che fossi autorizzato a dire che il R. Governo essendo disposto ad un'attitudine neutrale, fosse poi anche pronto a concel'tare le sue viste con quelle dell'Inghilterra e della Francia, e Lord Clarendon disse che appunto questo si accordava con i principi che a più riprese egli aveva espresso all'ambasciatore turco. Doversi entrare in conferenza liberi d'impegni, e fidandosi alle potenze riunite per mantenere il rispetto alle stipulazioni.

Fece sentire che non erasi mostrato avverso a ciò che i varii plenipotenziarii quando fossero all'iniziarsi della prima seduta interpellati da quello della Turchia se intendevan prender per base i vigenti trattati, facessero ognuno per conto proprio un'analoga dichiarazione.

Aggiunse aver la Russia mostrato più che altri di ripugnare le candidature di principi stranieri. Anzi averne avuto da Pietroburgo nuove proteste jeri stesso.

In questa prima parte del colloquio aveva già Lord Clarendon confermato un punto importante, ed era che non si dovesse prender prima della riunione impegni preventivi. Era utile in secondo luogo per parte mia il cercar di far sì che egli non scoraggiasse troppo altri governi che avessero voluto far prove per conseguire il cambio della Venezia.

Aveva a quest'effetto, dopo ricevuto una lettera del Cav. Nigra accompagnata dalla minuta del suo dispaccio delli 24 febbraio a V. E. (1), redatto brevissimamente un pro memoria in cui cercai far risaltare le mutazioni subite in questi ultimi tempi dalla politica austriaca. Ma appena toccai quel soggetto vidi in Lord Clarendon un linguaggio iì.Ì vivo e sì persuaso della inutilità della prova che giudicai meglio prescindere da un passo che avrebbe potuto parere venir non da me ma dal Governo. Credetti dunque dover interpretare così le istruzioni di riserva che mi eran venute la sera prima.

Difatti Lord Clarendon mi disse che avressimo altrettanto potuto sperare di prendere coi denti la luna, che non la Venezia per scambio coi Principati. Incominciò gli stessi argomenti di cui aveva parlato prima e di cui già in un precedente dispaccio feci parola e quindi osservò che invano si credeva che l'imperatore d'Austria consentisse a permettere a nissun a!'ciduca di andare come Vassallo della Porta. Io risposi che non trattavasi di questo poiché era questione dell'antico progetto accetto anche a Lord Palmerston e che dava a dirittura i principati all'Austria. ,Ma Lord Clarendon riprese le sue obbiezioni sul non poter disporre dei popoli senza il loro consenso. Ed io cercai dimostrare più facile questo consenso ove l'Austria divenisse impero Capo di confederazione di nazionalità diverse ed autonome. Lord Clarendon però contestò nel modo il più assoluto questa teoria della rinunzia dell'Austria al primato Germanico e della possibilità ch'essa muterebbe di basi nella sua politica.

Del resto egli osservò inoltre che questo nu~vo ordine di cose che si stabilirebbe a Bucarest voleva dire lo sm~mbramento dell'Impero ottomano, che sciolti i Principati la Servia. vorrebbe farne altrettanto, e così via via. Questo era dunque voler ripristinare la questione d'Oriente cosa alla quale non erano nè disposti nè preparati. S~ggiunsi che era anzi antivederla, cioè che un dì

o l'altro la Russia cerchere.bbe di prendere la rivincita della Crimea, occuperebbe i Principati e farebbe la guerra. Non sarebb'egli meglio prendere l'iniziativa e stabilire l'Austria come barriera?

Ma Lord Clarendon disse che piuttosto che permettere tal cosa la Russia si sottometterebbe probabilmente ai disastri di una guerra. Al che replicai che se l'Inghilterra, la Francia, l'Italia, l'Austria e la Prussia agivano d'accordo la Russia s'acqueterebbe; Lord Clarendon sostenne tuttavia il contrario. Egli invece tornò da capo a parlare della possibilità di una cessione per compra. Disse aver fede nei progres~i dell'opinione pubblica per vincere le ripugnanze imperiali. Fece plauso ai miglioramenti che si erano manifestati negli ultimi tempi nei rapporti tra i due Paesi e quindi venne a parlare del trattato di commercio e della sua estensione, esprimendo speranza che avressimo fatto lo stesso per l'Austria.

Gli risposi con un sorriso aver già prevenuti i suoi desiderii poiché già erami noto come il conte Apponyi gli avesse fatto una comunicazione in quel senso, ed anzi gli chiesi se non fosse vero che egli, Lord Clarendon, non gli avesse espresso l'idea di fare un nuovo trattato. Dissemi allora sorridendo a sua volta, che non un trattato nuovo, ma una nuova tariffa era stata da lui consigliata, anzi di più, ne aveva scritto a Vienna. Gli era stato però risposto

che una nuova tariffa li avrebbe imbarazzati collo Zollverein, mentre erano applicabili all'Italia le disposizioni per le Nazioni più favorite.

Risposi che non aveva dubbio che i sentimenti di moderazione di V. E. e de-t suoi colleghi non li avessero animati a mostrarsi favorevoli per una simile reciprocità e che sicuramente le raccomandazioni del Governo inglese si sarebbero tenute in gran conto.

Ecco da quanto posso ricordare l'essenziale del dettosi tra noi jeri al Foreign Office.

Da quello che mi è venuto a cognizione il Governo Francese ha scritto stamane onde cercare che il Governo Inglese prenda l'iniziativa di queste trattative. Ma sicuramente da quanto precede temo che non siavi gran che da sperarsi.

(l) Cfr. n. 330.

365

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. con data 6 marzo e in italiano in LV 9, p. 294)

R. 50. Pietroburgo, 7 marzo 1866.

Mes télégrammes ont tenu V.E. au courant des derniers pourparlers qui ont abouti à l'assentiment donné par la Russie à la réunion d'une conférence à Paris sur les affaires des Principautés Danubiennes.

Le Prince Gortchacow que j'ai vu hier, m'a dit que des instructions allaient etre transmises aux agents diplomatiques de la Russie près les Cours signataires du Traité de Paris, instructions portànt en substance que le Cabinet Impérial prenait pour base la Convention du 19 Aout 1858, qui liait également les autres Puissances.

De mon còté, j'ai exprimé l'opinion que le Gouvernement du Roi appréciait la valeur d'actes revétus aussi de sa signature. Ne voulant cependant point préjuger les délibérations qui vont s'ouvrir à Paris entre les représentants des Puissances, il n'avait pas de parti pris. Il espérait que la diplomatie parviendrait à s'entendre pour une solution qui, tout en tenant compte des voeux de la Moldo-Valachie, ne perdrait pas de vue les intéréts généraux et permanents de l'Europe. En attendant le principe de non intervention serait la règle que le Gouvernement de Sa Majesté croirait utile d'appliquer.

Le Vice Chancelier m'a répondu que personne ne songeait à intervenir dans les Principautés par la voie de la coercition.

En voici Ies autres détails. Le Vice Chancelier se plaignait de la confusion et de la contradiction des télégrammes expédiés à St. Pétersbourg, indiquant tantòt Constantinople, comme siège de la conférence; hier encore il recevait de Vienne l'avis que la France proposait Constantinople. Il régnait en outre une grande élasticité dans les vues des Puissances.

• La Porte, ajoutait-il, s'étant résignée à la réunion des Conférences à Paris, nous y avons également donné notre assentiment. Nous jouons le ròle, assez étrange au prime abord, de soutenir le traité de Paris, qui certes n'a pas été dicté par un sentiment amicai pourla Russie. Je pourrais étre tenté de le considérer comme un chiffon de papier, car ce Traité est mon cauchemar. Mais il existe, de méme que ses annexes, et nous devons l'observer fidèlement. Aussi, prenons-nous pour base la Convention de 1858, qui Iie au méme titre les autres parties contractantes •.

(l) Cfr. il seguente brano del r. confidenziale 67 di De Launay, pari data: • Ma dépéche de la Série Politique, N. 50, rend compte d'une partie de mon entretien.

366

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 68. Pietroburgo, 7 marzo 1866.

Comme je l'ai mandé à V.E., je me tiens sur la réserve, mais je suis aux écoutes pour recueillir, sans avoir l'air de les provoquer, des confidences sur les combinaisons qui peuvent se présenter ensuite des événements de Bucharest. L'Ambassadeur d'Angleterre a fait allusion à un projet d'après lequel les Principautés Danubiennes seraient le gage d'une compensation pour l'abandon ultérieur de la Vénétie par l'Autriche.

Le Baron de Talleyrand m'en a parlé de son propre mouvement et comme d'une idée tout à fait personnelle. Son langage ne manque pas d'une certaine valeur prov.enant d'un diplomate autrefois commissaire dans les Principautés et plus tard accrédité près notre Cour. Nous avons échangé quelques observations à cet égard. Je les résumerai brièvement.

Difficulté, pour ne pas dir.e impossibiHté, de trouver un ou deux successeurs au Prince Couza parmi les indigènes Moldo-Valaques. Nul Prince de Maison Souveraine ne saurait accepter de devenir vassal de la Porte. En présence du .l'anatisme de l'Eglise Grecque, à moins de piacer sur le tròne Moldo-Valaque un membre de la Famille Souveraine de Russie, ce qui à coup sur ne répondrait ni aux intérets des Puissances ni aux lois de l'équilibre politique de l'Europe, on chercherait vninement ailleurs un Prince professant le meme culte que la nation Roumaine. Il serait donc tout aussi malaisé de replacer ce Pays sous un hospodar indigène ou d'élire un Prince étranger relevant du Sultan, que de former des Principautés un Etat tout à fait indépendant sous une forme monarchique. Il semblerait dans ces conjonctures que l'idée citée plus haut, d'un système de compensation, mériterait d'ètre murement examinée. Il opérerait, en cas de réussite, une utile diversion aux embarras des signataires de la Convention du 15 Septembre dans leurs rapports avec la Papauté, et donnerait à l'Italie une fort belle assiette.

La Porte, en se rendant bien compte de sa situation, devrait comprendre que ses droits de Suzeraineté sur la Moldavie et la Valachie sont plutòt illusoires que réels. Ses frontières resteraient suffisamment protégées entre autres par la neutralisation de la Mer Noire. On pourrait au besoin l'indemniser par une somme prélevée sur les millions que nous ne réfuserions pas pour l'accomplissement de cette oeuvre.

L'Autriche, appelée à recueillir la succession de la Porte, devrait etre gagnée à ces vues, qui lui feraient une part si avantageuse dans la vallée du Danube, où ses intérèts devraient la porter bien plus qu'au delà des Alpes, puisqu'elle ne peut s'y maintenir qu'au prix d'énormes sacrifices, faits en pure perte.

Tel est le désir de la Prusse de voir sa rivale en Allemagne, déplacer son cercle d'action et se rattacher à un système de fédéralisme dans ses propres Etats qui affaiblirait son infl.uence sur les Etats Germaniques, qu'il

y aurait lieu à ne pas prévoir d'objections de sa part, dans le cas surtout

où il lui serait laissé une certaine liberté de mouvement dans le Schleswig

Holstein. Elle s'est déjà un peu émancipée de la Russie; M. de Bismarck,

homme d'état sans préjugés, n'attendrait pas le mot d'ordre de St. Pétersbourg,

si son ambition recevait quelque gain de cause.

L'assentiment de la Russie présenterait de plus grands obstacles. Ceux-ci

seraient mème à peu près insurmontables, à moins qu'il ne s'établìt entre

les autres Puissances une entente, devant laquelle elle hésiterait à opposer une

résistance sérieuse. Sa situation financière, la crise intérieure qu'elle traverse,

ne lui permettraient guère en ce moment de supporter une lutte en dehors de

son territoire. Ayant toujours professé une grande sympathie pour les popu

lations Roumaines, si les Moldo-Valaques se prononçaient pour l'unio n avec

l'Autriche, ene n'oserait peut-ètre pas aller à l'encontre de leurs voeux, car

ce serait démontrer que cette sympathie servait de masque à des convoitises.

Si le Prince Gortchacow a eu quelques bouffées d'amour propre en voyant

se réaliser ses prédictions sur la chùte du Prince Couza, il apprécie maintenant la

gravité d'une situation survenue lorsque son Pays n'est pas encore prèt a

sortir d'une période de recueillement plus ou moins forcé. Aussi, ne s'avan

cerait-il qu'à bon escient, et témoignerait autant que possible d'une certaine

modération.

Quant aux Principautés-Unies, M. de Talleyrand pense qu'il serait possible d'y faire de la propagande en faveur d'une annexion à l'Autriche, en accordant des faveurs aux chefs de parti, et des titres de Prince, Comte ou Baron, à cette noblesse jrelatée. Leur lot ne serait pas à dédaigner. Pourquoi ne pourrait on pas leur assurer dans l'Empire une situation analogue à celle de la Hongrie? Un Archiduc Palatin Roumain siègerait à Bucharest, comme les Palatins de Hongrie à Pesth. D'ailleurs 1.500.000 Valaques vivent déjà sous le sceptre de la Maison d'Hasbourg.

Telles sont les observations échangées entre l'Ambassadeur de France et moi. Nos vues se rencontraient. Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'elles étaient purement personnelles et d'une nature tout à fait confidentielle. Je craignais mème de les mander à V.E., M. de Talleyrand le jugeant inutile et m'ayant mème prié de garder par devers nous cette conversation tout intime. Ce n'est peut-ètre en effet aujourd'hui encore qu'un roman, mais il pourrait plus tard devenir de l'histoire. C'est ce qui m'a engagé à le consigner dans ma correspondance.

J'ai parlé plus haut des fortes répugnances de la Russie à se prèter à la combinaison dont il s'agit. Voici à ce sujet quelques détails, que je me suis bien gardé de communiquer au Baron de Talleyrand, pour ne pas attiédir ses bonnes dispositions à cet égard. Voici d'abord:

0 ) un propos tenu par le chef du Département Asiatique, M. Stremoukow: • Nous ferons plutòt la guerre, que de consentir à une prise de possessio n de l'Autriche dans les Principautés Danubiennes. Ce serai t le commencement du démembrement de l'Empire Ottoman •.

2°) une dépéche provenant d'un agent russe à l'étranger a été soumise tout récemment à l'Empereur Alexandre. Il y était fait mention éventuellement

d'un projet Anglo-Français de compensations territoriales, en vertu duquel l'Autriche obtiendrait la Moldo-Valachie en échange de la Vénétie. Sa Majesté a écrit de sa propre main en marge de la dépéche • inadmissible: jusqu'à la guerre •.

Je tiens ces deux détails d'une source sujette à caution, puisqu'ils m'ont

été donnés, sous le sceau du secret, par Conemenos Bey, chargé d'Affaires de

Turquie, intéressé à me parler dans ce sens, mais ils étaient consignés dans

une dépèche dont il me donnait lecture et adressée par lui à Aali Pacha. Je

dois ajouter cependant qu'un propos analoque m'a été tenu, il y a quelques

années, à Berlin par le Baron de Budberg.

Les journaux, surtout d'origine autrichienne, continuent à nous entretenir d'armements considérables qui s'opèrent en Russie. Des masses de troupes se dirigeraient vers la Podolie et la Volhynie. On ferait des préparatifs pour le campement d'un corps de cavalerie à Proszowice, et pour un cantonnement d'infanterie dans la plaine du Mnissow, vers la Vistule. On amasserait des provisions de fourrage à Kielce, et il aurait été demandé aux directions des chemins de fer combien de troupes elles pourraient transporter par jour. Des préparatifs auraient été faits dans le Royaume de Pologne pour y recevoir un Corps d'Armée. Un de mes collègues représentant d'une grande Puissance, a interpellé à cet égard le Prince Gortchacow, qui a démenti ces bruits en s'appuyant sur le témoignage du Ministre de la Guerre. Il est permis cependant de n'accepter ce démenti que sous réserve. En présence des complications qui pourraient naìtre sur le Danube, il serait assez plausible q_ue le Gouvernement Russe se mìt en mesure de ne pas ètre pris au dépourvu, le cas échéant. Seulement j'ai i.out lieu de croire que la presse étrangère a vu ces préparatifs avec le verre grossissant de ses lunettes. Un fait qui n'aura pas échappé à

l'attention de V.E., et que nous n'avons connu que le lendemain du départ du dernier courrier Anglais qui a emporté mon expédition du 28 Février, c'est l'emprunt intérieur de 100 millions de Roubles, et cela peu après la publication du Budget qui n'accusait que 21 millions de déficit, auquel il était mème déjà pourvu. Je suis assez porté à croire que les évéùements survenus à Bucharest dans l'intervalle ont été un argument de plus pour hiìter une opération dest1née à parer du mème coup à un découvert plus élevé qu'on n'osait l'avouer et à procurer au trésor des ressources, dans le cas où il serait nécessaire de mobiliser des troupes.

367

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 83. Firenze, 8 marzo 1866, ore 14,55.

D'après vos observations (l) répartition est définitivement arrètée suivant ma dépeche n. 28 (2) modifiée dans le sens que Wiirtemberg sera assigné à Munich et Saxe Royale ainsi que aut11es Etats Saxons le seront à Berlin. Si vous

ne voyez pas d'inconvénient à ce que agrément soit demandé par vous, meme pour votre compte, je n'ai pas difficulté à vous charger de cette démarche: mais prenez garde qu'il nous faut des réponses officielles. Quant à la communication que M. de Bismarck fera aux Etats ratifiants, elle ne nous concerne désormais aucunement et nous ne devons plus paraitre supposer que des contestations ultérieures puissent avoir lieu. La demande d'agrément devra donc etre faite sans attendre réponse de ces Etats à communication Bismarck et aussitòt après échange ratifications. Je vous autoriserai par télégraphe à cet échange après approbation imminente du Sénat. J'attends votre rapport sur notre situation vis-à-vis de la Confédération Germanique.

(l) -Contenute nel r. 52 del 3 marzo, non pubblicato. (2) -Cfr. n. 315.
368

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Berlino, 8 marzo 1866, ore 17,50.

Attitude pacifique de l'Italie VIs-a-vis de l'Autriche, dans un moment comme celui-ci, inspire une vive inquiétude au comte de Bismarck. Il vient de m'envoyer un de ses confidents pour me sonder à ce sujet et nous mettre en garde, a-t-il dit, contre les offres mensongères qui pourraient etre faites par l'Autriche à Florence. J'ai répondu que je ne pensais pas qu'il y eiìt rien de changé à notre attitude vis-à-vis de l'Autriche, et que quant aux offres autrichiennes, je n'y croyais pas.

369

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Londra, 8 marzo 1866, ore 15,45 (per. ore 20).

Le prince de La Tour d'Auvergne ayant parlé à lord Clarendon sur l'échange de la Vénétie, a eu avec lui hier à la Cour une scène assez vive. Lord Clarendon considère cela comme un démembrement de la Turquie, et a remarqué avec aigreur que tous ces projets allai,ent bouleverser la conférence, les allemands voulant y introduire les affaires des duchés. Je ne sais si le prince La Tour d'Auvergne n'avait pas raison quand il m'engageait à effacer en cette affaire le role de la France vis-à-vis des ministres anglais, qui redoutent toujours paraitre aller à la remorque. Le prince La Tour d'Auvergne doi t revoir lord Clarendon à ce sujet aujourd'hui.

370

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 146. Parigi, 8 marzo 1866, ore 21,15 (per. ore 23,55).

Drouyn de Lhuys a proposé aux représentants des Cours garantes résidents à Paris de se réunir en conférence après demain dix courant pour les affaires des Principautés. Veuillez m'écrire par télégraphe ce que je dois répondre à cette communication.

371

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 19. Berlino, 8 marzo 1866 (per. il 13)

Malgré le grand mystère qui a présidé aux délibéré'tions de la Couronne sur l'attitude à prendre vis-à-vis de l'Autriche dans la crise amenée per l'affaire des Duchés, l'on croit cependant savoir à peu près aujourd'hui les résolutions axquelles se seraient arretés le Roi Guillaume et ses Conseillers. Et d'abord, l'annexion pure et simple aurait été décidée en principe, comme devant former à elle seule la règle invariable de la conduite à tenir: une dernière proposition sous forme d'ultimatum, serait prochainement adressée à l'Autriche pour l'inviter à céder le Holstein contre une large indemnité pécuniaire comprenant égalament les frais de guerre; et si elle y répondait par un refus, l'on se mettrait en mesure de recourir à la voie des armes pour l'y contraindre. Mais avant de mettre ce plan à exécution, il aurait été décidé que M. de Goltz serait chargé de tenter une dernière démarche auprès de l'Empereur Napoléon pour connaitre quelle serait l'attitude de la France dans le cas d'une lutte avec l'Autriche. L'on ajoute que l'Envoyé Prussien aurait meme été autorisé à faire, en dernier lieu, l'offre d'une rectification de frontière à Sarrebruck pour obtenir une neutralité bienveillante; mais ceci parait plus problématique. Au reste, le Gouvernement Français a déjà eu si souvent à faire connaitre son opinion dans le conflit actuel, que l'on ne pense pas que la dernière tentative de M. de Goltz puisse avoir un autre résultat que d'amener une nouvelle déclaration portant que la France entend garder en tout cas sa pleine et entière liberté d'action. Le récent amendement du Corps Législatif Français indique suffisamment que ce n'est pas là seulement l'opinion du Gouvernement, mais bien aussi celle du pays.

Ce qui parait hors de doute, c'est que malgré les ombres dans lesquelles la France persiste à envelopper sa politique, en vue du conflit, la Prusse est tellement mal à son aise à l'intérieur, et s'est teUement engagée avec l'Autriche,

qu'aujourd'hui elle est décidée à aUer de l'avant. Les prétextes ne lui manqueront pas pour envahir le Holstein, et obliger les trois mille Autrichiens qui s'y trouvent à s'en retirer sans coup férir. Les imaginations diplomatiques, devançant les événements, prévoient déjà que, à l'invasion du Holstein, l'Autriche répondra pa:!' l'occupation immédiate de la Silésie, et attendra dans cette position l'attaque de la Prusse.

C'est aller un peu vite en besogne; mais, camme j'ai déjà eu l'honneur d'en informer V.E., tout en tenant compte de l'imprévu qui, sous la forme d'un arbitrage, par exemple, peut tout à coup venir changer la physionomie des choses, il faut cependant reconnaìtre que la situation devient menaçante, et ne peut se détendre que par une reculade qui, d'un còté camme de l'autre, devient de plus en plus difficile en raison de la grande humiliation qui s'y attacherait. Le langage du Comte Karolyi a pris ces deux derniers jours un caractère belliqueux des plus accentués: de son còté le Comte de Bismarck n'est pas moins guerrier; et l'an peut dire que les dcux Puis.;;ances ont l'épée à la main; la croiseront-ils? c'est là une question qui ne tardera pas à se décider.

Au milieu de ces perplexités qui émeuvent si profondément l'opinion publique, il m'a paru très important d'examiner attentivement l'attitude des Etats Secondaires, qui, depuis le commencement de l'alliance Austro-Prussienne, ont été condamnés à l'immobilité. Tant que durait l'alliance ils ne se sentaient que blessés de la désinvolture avec laquelle ils avaient été écartés de toute participation à la question. Mais l'éventualité d'une lutte sérieuse entre les deux grandes Puissances appelées à les protége:!', les a remplis d'anxiétés, et l'on peut bien dire de terreurs. Ne pouvant plus compter sur l'Autriche, qui, par sa condescendence avec la Prusse paraìt les avoir abandonnés; ne pouvant, d'un autre còté se méprendre sur les tendances absorbantes de la Prusse, dont l'annexion des Duchés ne serait qu'un premier aliment à ses appetits, ils ne savent plus, à la lettre, de quel còté diriger leurs regards pour découvrir d'où leur viendra le secours qui doit les rassurer sur leur existence. Toutefois, malgré ce qu'ils appellent l'aveugle trahison de l'Autriche, c'est bien positivement encore pour cette Puissance qu'ils font en secret des voeux, et qu'au besoin ils se prononceraient, si dans un moment supreme, elle s'adressait à la Diète de Francfort pour obtenir un appui contre la Prusse. C'est là un des còtés remarquables de la situation, qui certainement a été pris en sérieuse considération par le Cabinet de Vienne dans son attitude résolue vis-à-vis du Gouvernement Prussien.

* Un détail, qui en finissant, mérite d'ètre porté à la connaissance de V.E., c'est que dans sa note, (non encore publiée), du 26 Janvier dernier, le Cabinet de Berlin, ayant, au milieu de ses récriminations, exprimé son profond étonnement de voir l'aigle à deux tetes favoriser la révolution, et le parti révolutionnai?·e dans le Holstein, le Cabinet de Vienne, en niant le fait, lui a répondu que la P1·usse oubUait que pour lui complaire elle avait sacrifié son alliance traditionnelle avec les Etats secondaires, qui s'étaient vengées pa1· la reconnaissance de l'ItaUe * (1).

J'apprends à l'instant que la Prusse vient d'adresser à ses Agents en Allemagne une Note destinée à etre communiquée aux Gouvernements auprès desquels ils sont accrédités, et dans laquelle il est dit que la récente conduite de l'Autriche dans le Holstein a provoqué un conflit, dont les graves conséquences ne sont pltts aujourd'htti qtt'une question de temps. L'allusion à la guerre ne saurait ètre plus transparente, et c'est là probablement une première déclaration préparatoire pour mieux justifier plus tard, s'il y a lieu, les motifs d'une agression contre l'Autriche dans le Holstein.

(l) Il brano fra asterischi è edito in italiano e con qualche .variante in L V 9, p. 640.

372

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. Firenze, 9 marzo 1866, ore 12,25.

Général Govone part ce soir pour Berlin avec mission confidentielle relative à l'objet de votre télégramme d'hier cinq heures après midi (1).

373

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 86. Firenze, 9 marzo 1866, ore 12,30.

Dépeche partie hier (2) vous autorise à pvendre part à conférence sur Principautés. Vous pouvez accepter dès à présent.

374

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 87. Firenze, 9 marzo 1866, ore 15,10.

Le Sénat a voté hier à l'unanimité projet de loi pour traité commerce avec Zollverein. Vous pouvez procéder de la manière convenue à l'échange des ratifications (3).

(l) -Cfr. n. 368. (2) -D. 159, non pubblicato. (3) -Analogo telegramma venne inviato in pari data a Carlsruhe e Monaco.
375

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LV 9, pp. 608-610, in LA MARMORA, pp. 78-79, e in CHIALA, pp. 62-63)

D. Firenze, 9 marzo 1866.

M. le Général Govone, qui vous remettra cette lettre, est chargé de remplir auprès du Gouvernement prussien une mission * toute confidentielle et * (l) d'une importance spéciale. Il possède l'entière confianoe du Roi et de son Gouvernement, e't je vous prie, M. le Ministre, de le présenter à ce titre à S.E. M. le comte de Bismarck, et, selon les circonstances, à S. M. le Roi Guil:laume.

M. le Général Govone connait les vues du Gouvernement du Roi sur la situation respective de la Prusse et de l'Autriche. Vous le savez, M. le Comte, nos résolutions dépendent de celles que la Prusse pourra prendre, des engagements qu'elle est disposée à contracter, de la portée enfin du but qu'elle poursuit.

* Si, comme on l'a cru généralement jusqu'ici, l'on ne vise guère, à Berlin, qu'à intimider l'Autriche, si de nouvelles transactions doivent suivre celle de Gastein, si le Comte de Bismarck considère simplement l'amitié de l'Italie comme un élément de plus pour des combinaisons diplomatiques tendantes uniquement à l'absorption des duchés, il est evident que notre conduite se réglera en conséquence dans les graves conjonctures où les affaires européennes vont entrer. Si, au contraire, la Prusse et son souverain, comme le langage du Comte de Bismarck autoriserait à le croire, sont prets à entrer avec décision et à fond dans une politique qui fonderait la grandeur de la Prusse sur l'abaissement de l'Autriche, si 'la guerre dont on a tant parlé à Berlin jusqu'à présent * (2) est une éventualité réellement acceptée par le Gouvernement prussien; si l'on est disposé enfin à Berlin à prendre avec l'Italie des accords effectifs en vue de buts déterminés, nous croyons le moment venu pour la Prusse de ne pas tarder davantage à s'en ouvrir franchement avec nous, et nous sommes prets à entrer avec elle dans un échange de communications qui lui donnera lieu d'apprécier combien nos dispositions sont sérieuses.

Le but de la mission de M. le Général Govone est de s'assurer des combinaisons militaires que, par suite de la situation politique actuelle, le Gouvernement de S. M. le Roi de Prusse pourrait vouloir concerter avec nous. Les membres du Cabinet de Berlin, ou les personnages de la Cour qui seraient appelés par S. M. le Roi ou par S. E. le Président du Conseil à entrer en rapport avec M. le Général Govone, pourront, vous en donnerez l'assuranoe formelle à qui il appartiendra, s'expliquer avec lui avec toute la clarté et la précision que l'objet de cette mission comporte, et avec la certitude de l'importance particulière que nous attacherons à oe qui nous sera transmis par son intermédiaire.

Vos bons offices et vos indications éclairées, M. le Ministre, seront trèsutiles à M. le Général Govone, et je vous prie de les lui preter sans réserves. Il n'ignore pas, de son cOté, quelle autorité personnelle vous appartient • en Allemagne et spécialement à Berlin • et combien vos conseils méritent de considération. Les qualités distinguées de M. le Général Govone et les missions qu'il a déjà remplies me sont une garantie de plus pour que cette mission atteigne le but qui lui est assigné, et qui consiste, comme je viens de vous le dire, à établir avec netteté la situation respective de l'Italie 'et de la Prusse, en présence des complications qui s'annoncent pour l'Europe.

(l) -I brani fra asterischi non sono editi. (2) -II brano fra asterischi è sostituito nelle pubblicazioni dal seguente: • Si la Prusse est prete à entrer avec décision et à fond dans une politique qui assurerait sa grandeur en' Allemagne; si en présence de la persistance de l'Autriche a suivre une politiquel d'hostilité envers la Prusse et envers l'Italie, la guerre •.
376

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 151. Parigi, 10 marzo 1866, ore 14,55 (per. ore 17,40).

La conférence a résolu que le télégramme suivant serait adressé par chaque Gouvernement à son agent à Bukarest. Je vous prie, par conséquence, à télégraphier au consul du Roi à Bukarest ce qui suirt: • Les représentants des puissances signataires du 30 mars 1856 se sont constitués aujourd'hui en conférence à Paris. Vous etes invité à en informer le Gouvernement provisoire des Principautés. Recommandez-lui de se borner au maintien de l'ordre et à l'administration en s'abstenant de tout acte préjugeant les décisions de la conférence. Entendez vous avec vos collègues pour cette communication • (1).

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L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 6. Monaco, 10 marzo 1866.

La momentanea tregua che Berlino concede a Vienna viene posta a profitto, non so in verità con quale utile risultato, da alcuni stati della Germania onde concertarsi sopra un'azione comune, sia nel caso di una conflagrazione

La Conferenza, per organo del suo Presidente, si limitò a dar atto al Plenipotenziario della Porta di queste dichiarazioni •.

tra le due grandi Potenze, sia nel caso in cui l'Austria si decidesse ad appellarsi alla Dieta per gli imbarazzi che, a proposito dell'Holstein, le vengono ad ogni istante suscitati dalla Prussia.

Promotore di questi tentativi d'accordi è il Barone von der Pfordten, il quale a tal uopo diresse, non è gran tempo, un progetto al Gabinetto di Dresda sulle seguenti basi:

l o Se l'Austria e la Prussia, continuando a sottrarre alla giurisdizione della Dieta ,la loro vertenza nei Ducati, venissero a guerra, osservare una perfetta neutralità.

2° Se invece l'Austria, edotta dal passato, si decidesse ad affidare alla rappresentanza federale la risoluzione di una questione, che gli stati secondarii continuano a riguardare d'interesse Germanico e non Prussiano o Austriaco, sottoporsi in tutta la loro estensione agli obblighi imposti dal patto federale, anche nel caso in cui, per farlo rispettare, la Dieta decretasse un'esecuzione militare.

3° Finalmente, ed avveratosi il supposto del paragrafo precedente promettere di non contrarre alleanze parziali, né con Austria né con Prussia, ed in niun modo contrariare l'azione della Confederazione.

Questo accordo, basato sulla linea di condotta che il Gabinetto di Munich adottò appena nacquero i timori di una guerra Austro-Prussiana, siccome ebbi l'onore d'informarne V.E. col mio Dispaccio Politico n. 5 (1), venne favorevolmente, e anzi con grande empressement, accolto dal Gabinetto di Dresda. In una nota diretta, pochi giorni or sono, a questo Rappresentante Sassone, il signor Beust l'incarica d'informare il Barone von der Pfordten che, giudicando la posizione attuale della Germania, quale egli gliela aveva fatta manifestare, aderiva pienamente alle basi del convegno proposto. Questo, adottato così dai due principali stati fra i secondarii, venne tosto indirizzato ai Gabinetti di Stuttgard, Carlsruhe e Darmstadt, nella lusinga che quei Governi vi avrebbero pure dato la loro adesione.

L'evidente scopo di questa convenzione, nella mente specialmente dei due principali Ministri della Baviera e della Sassonia, è di profittare degli imbarazzi in cui le questioni interne ed estere pongono in oggi l'Austria per far rimettere sul terreno federale la questione dei Ducati.

In tal modo i due sostenitori imperterriti di questa vacillante Confederazione sperano di potere, se non ridonare l'autorità ed il prestigio antico, almeno prolungare la conservazione di una istituzione da cui dipende l'esistenza di molti tra gli Stati attuali della Germania.

Ma vorrà l'Austria sottoporsi a proclamare la propria imperizia, sconfessare intieramente la politica seguita fino adesso in questa stessa questione dei Ducati, umiliarsi a venire a patti con alcuni Stati la cui alleanza non presenta guarantigie e la cui cooperazione effettiva è ancora molto problematica?

Questi sono le impressioni e dubbi che mi venne dato di qui constatare sui recenti accordi stabilitisi fra Munich e Dresda e che mi reco a premura di tosto sottoporre all'attenzione dell'E.V.

(l) Annotazione marginale: • Telegrafato a Bukarest alle ore 8 di sera •. Lo stess,o 10 marzo Nigra inviò il r. 297 con notizie più precise sulla seduta della conferenza. Se ne pubblica solo il brano seguente: • L'ambasciatore di 'l)urchia lesse in seguito una breve nota, di cui sarà mandata copia ai Plenipotenziarii e che avrò cura di spedire all'E. V. appena sarà in mio possesso. In quest'atto la Turchia dichiara di pigliar parte alla Conferenza sotto le espresse riserve seguenti, cioè: 1o che si prenderà per base delle risoluzioni della Conferenza il disposto del trattato del 1856 e degli atti relativi posteriori, specialmente della convenzione del 19 agosto 1858 e del firmano del 1861; 2° che si escluderà l'elezione d'un principestraniero sotto qualsiasi denominazione -il principio dell'eredità -e la consultazione dei voti delle popolazioni prima che si sia pubblicata la risoluzione di non accettare se non un Principe indigeno.

(l) Non pubblkato.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE RISERVATO. Firenze, 11 marzo 1866.

Ho letto e diletto con attenzione la sua lettera confidenziale del 1° marzo (1).

In questi ultimi giorni, ricevetti da Londra e da altre parti notizie che verr,ebbero piuttosto a confermare i dubbi ai quali fin da principio dovetti por mente riguardo al progetto di uno scambio del Veneto contro i Principati Danubiani. Il fatto più sfavorevole è che il Marchese d'Azeglio ed il Principe La Tour d'Auvergne trovarono Lord Clarendon decisamente avverso a tale idea. Ora questa circostanza sembra togliere al progetto molti dei suoi favorevoli aspetti, accrescendo invece le obbiezioni, che in verità sono mo:lte e gravi.

Taccio dei nostri principii di nazionalità che offenderemmo almeno indirettamente prestando le mani ad una incorporazione dei Principati all'Austria. Essendo vivissimo nei rumeni l'odio del dominio austriaco, ne verrebbero difficoltà speciali alla riuscita del progetto; né la politica di concessioni alle nazionalità, inaugurata dall'Austria, sembra ottenere tali successi da far credere che sì facilmente possa aver luogo un nuovo aggruppamento di popolazioni del Basso Danubio intorno a quella monarchia. Si deve riconoscere poi che l'effetto morale d'una simile impresa, se non riuscisse e fosse conosciuta, potrebbe pregiudicare per lungo tempo la legittima influenza d'Italia in Oriente.

Queste però non sono che obbiezioni generiche, alle quali non sarebbe impossibile di trovare confacenti soluzioni, se lo scambio fosse ammesso in massima dalle due Potenze che guerreggiarono a lato alleate con noi in Crimea: nel qual caso la grandezza del risultato sperato e la probabilità effettiva di attenerlo non permetterebbero al Governo di esitare. Ma dacché questo progetto non è appoggiato dall'Inghilterra, sarà assai più facile che esso prenda un'apparenza odiosa; e soprattutto i1l tentativo di condurlo ad esecuzione che l'Austria difficilmente terrebbe segreto, incontrerebbe viva opposizione per parte delle altre grandi Potenze, che tutte unite in ciò contro la Francia e contro di noi facilmente riuscirebbero a sventarlo, accordando all'Austria un premio conveniente per ottenerne l'abbandono.

La riserva ,tenuta dall'Inghilterra, il suo rifiuto di appoggiare l'idea dello scambio può forse spiegarsi dal contegno della Russia, che noi a maggior ragione dobbiamo prendere in seria considerazione. Il Generale Ignatieff, che gode, come V.S. sa, la fiducia del suo Sovrano e del suo Governo, diceva schiettamente, pochi giorni sono, che se la Russia non intendeva di prendere nessuna iniziativa negli affari di Oriente, essa non perciò indietreggerebbe nel caso che la questione d'Oriente stessa fosse da altri sollevata; che l'Inghilterra non farebbe nulla contro la politica russa in Oriente, perché essa sa che le

basi d'una alleanza tra la Russia e gli Stati Uniti sono già preparate, ha bisogno dell'aiuto degli americani contro i Feniani, e non vuole esporre ad immancabili pericoli i suoi possedimenti nelle Indie separati ormai dai possedimenti russi da sole 600 miglia. La Russia inoltre, secondo informazioni attendibili, eserciterebbe presentemente, non senza successo, una pressione sulla Corte di Vienna perché essa appoggi la politica russa rispetto ai principati. L'Austria sarebbevi tanto più disposta in quanto che spera nei buoni ufficii della Russia per impedire alla Prussia passi troppo arditi, e d'altronde, oggidì, la politica russa nei Principati si limita al mantenimento di uno statu qua che riserva l'avvenire, né accenna a conquiste sul Danubio.

Riguardo alla Prussia, è vero che finché vi sarà solo un sospetto o una possibilità di trattative per la soluzione pacifica della questione veneta, o finché queste trattative saranno soltanto generiche, o infine se esse si aggireranno su argomenti meno delicati della questione dei Principati, come per esempio compensi in denaro da darsi all'Austria per la cessione del Veneto, è vero, dico, che in quei casi la Prussia sarà solo indotta a distogliercene, stringendosi decisamente a noi, se a ciò potrà risolversi seriamente per una politica comune di energica azione in Italia ed in Germania: ché non potrà forse, evitare altrimenti il pericolo di perdere per sempre la posizione costituitale dallo stato incomposto della questione veneta. Ma se invece la transazione progettata poggerà sulla cessione dei Principati, la Prussia troverà più facilmente appoggio presso altre Potenze sia per opporvi gravi ostacoli, sia per decidere l'Austria stessa a rinunciare a quello scambio e ad aggiustarsi con essa.

Da quel che precede, e su di che desidero di avere il di Lei parere motivato, emergerebbe che l'Austria, per quanto valga per essa l'amicizia della Francia, per quanto abbia interesse a non respingere recisamente le aperture dell'Imperatore Napoleone, troverà ciò non astante in varie eventualità facili a prevedersi il proprio tornaconto a svelare il segreto ed a rompere le trattative. Essa potrebbe accettare di trattare per lo scambio, nell'intento segreto di migliorare la sua posizione e di guastare la nostra rispetto alla Russia ed alla Prussia, per !asciarci poi delusi e ridotti all'isolamento da cui essa invece si sarebbe salvata sfruttando abilmente l'occasione offertale dal nostro stesso negoziato.

Resterebbe, è vero, la Francia impegnata moralmente con noi per l'insuccesso stesso da lei diviso. Ma la Francia, avversa come sembra essere presentemente alle imprese arrischiate, forse si rassegnerebbe a lasciar cadere rovinato il progetto di scambio, ~ il danno finale in tal caso sarebbe tutto nostro.

In confronto a queste prospettive, quelle di un'alleanza seria, ben determinata nei suoi obblighi e nei suoi scopi, tra la Prussia e l'Italia, sarebbero meno favorevoli per le nostre finanze, ma forse assai più confacenti sotto l'aspetto politico. L'isolamento assoluto dell'Austria potrebbe essere assicura-to in tale eventualità, da una esplicita e sincera adesione per parte nostra alla politica di statu quo concordemente sostenuta in questo momento dalla Russia e dall'Inghilterra ne1la questione dei Principati. In allora lo smembramento dell'Impero austriaco potrebbe essere raggiunto senza che la Francia avesse tratta la spada, ed anzi con compensi a suo beneficio per l'ingrandimento della Prussia. Per l'Italia poi, credo che Ella riconoscerà quanto conferirebbe alla grandezza, al prestigio della nazione, alle disposizioni stesse delle popolazioni nostre, una guerra di indipendenza, combattuta a lato della prima potenza germanica, in nome di un identico principio di nazionaUtà. Staremmo, così, nella logica della nostra situazione politica ed internazionale e conserveremmo le nostre alleanze naturali, anche le più lontane, mantenendo l'Austria nel suo isolamento.

Ammetto che la sincerità della Prussia sia tutt'altro che provata, e che altri Gastein possano essere vicini; ma in presenza delle precisissime proposte che ci vengono fatte presentemente da Berlino, non sarebbe neppur savio di rifiutar loro a priori qualunque considerazione e di accoglierle solo come mezzo di intimidazione verso l'Austria. Può darsi, in fin dei conti, che riescano a qualche cosa di serio, ed, in tal previsione, non dovremmo impegnarci fin d'ora a non approfittarne.

Prego adunque la S.V. Illustrissima a voler ben considerare, tenuto conto delle nozioni speciali che Ella può avere sulle mire presenti dell'Imperatore, se il partito non solo più sicuro, ma anche più confacente allo scopo non sarebbe il seguente: continuare ad invocare i buoni ufficii del Governo francese perché usi della sua alta influenza sulla Corte di Vienna per una soluzione pacifica della questione veneta: ma suggerirgli come oggetto preferibile di negoziato, altri compensi che non siano i Principati Danubiani come un accrescimento di territorio nelle provincie turche, vicine all'Adriatico, una somma di denaro da fissarsi, etc. Una tale soluzione sarebbe non solo più accettabile dalle altre Potenze, ma fors'anca meno imbarazzante per l'Austria stessa.

Intanto dare ascolto seriamente alle proposte prussiane per un'alleanza offensiva e difensiva contro l'Austria, con iscopi fissi ,e determinati da raggiungersi solidariamente; e se le pratiche del Governo Francese a Vienna non accennassero a buona riuscita, conchiudere questa alleanza, ove essa definitivamente si presentasse con buone condizioni, e darvi il seguito che le circostanze comporteranno.

Chiamo tutta la di lei attenzione sul contenuto della presente lettera riservata, alla quale aspetto la risposta più pronta e più categorica che le sarà possibile.

(l) Cfr. n. 347.

379

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 158. Berlino, 12 marzo 1866, ore 22,12 (per. ore 2 del 13).

Echange ratifications vient d'avoir lieu avec la déclaration convenue, signée par les quatre plénipotentiaires.

380

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 301. Parigi, 12 marzo 1866.

In una conversazione che ebbi oggi con S.E. il Signor Drouyn al Ministero degli affari esteri, Questo Ministro mi spiegò quali erano le idee che il Governo francese intendeva proporre alla Conferenza intorno alla questione dei Principati Danubiani.

S.E. mi espose la condotta tenuta dalla Francia in questa questione fin dall'epoca della guerra di Crimea e proseguita invariabilment,e fino ad ora. Disse che nelle conferenze di Vienna del 1855 la Francia aveva già accennato alla riunione dei Principati sotto un principe straniero come alla soluzione la più ragionevole e la più soddisfacente; che nel Congresso di Parigi del 1856, la stessa combinazione fu di nuovo proposta dal primo Plenipotenziario della Francia; che tuttavia, la separazione dei Principati, malgrado l'espressione dei voti delle popolazioni, fu mantenuta in principio e sanzionata nella Convenzione di Parigi del 1858; che per giungere, almeno nel fatto, allo scopo a cui tendevano i loro voti, le popolazioni rumene elessero in entrambi i Principati lo stesso Ospodaro, e questi ottenne poi dalla Porta, di concerto colle Potenze garanti, un firmano nel 1861, col quale gli fu concesso di governare, durante la sua amministrazione, con un solo Ministero e con una sola Assemblea elettiva; che il firmano della Sublime Porta dichiarava doversi ristabilire di pien diritto la separazione dei Principati alla prima vacanza dell'Ospodarato; che la Francia, e con essa le altre Potenze garanti, aveva fatto espresse riserve intorno a questa clausola del firmano, domandando che le Potenze garanti mantenessero il diritto di avvisare, in caso di vacanza, a quanto fosse più utile di risolvere. Il Signor Drouyn de Lhuys dopo avermi fatto notare come i recenti

avvenimenti di Bukarest confermassero l'espressione del voto primamente emesso dalle popolazioni rumene di mantenere l'unione ed avere un principe ,estero, soggiunse che il Governo francese, per essere conseguente a se stesso, e fedele ai principii di nazionalità e di rispetto per la volontà delle popolazioni, si sarebbe pronunciato, in seno alla presente conferenza, pel mantenimento dell'unione e per l'elezione d'un Principe estero. In appoggio di questa risoluzione, S.E. constatò la differenza che passa fra le circostanze presenti e quelle sotto il cui impero si firmarono il trattato del 1856 e la convenzione del 1858. In allora, disse S.E., si trattava di riunire i due Principati che erano in diritto e in fatto separati; ora si tratta di mantenere l'unione già esistente. Né si può dire che la recente rivoluzione di Bukarest provi contro l'unione, la cui conferma fu l'uno dei primi atti dell'assemblea; giacché se l'amministrazione del Principe Couza non fece quella buona prova che era nei voti di tutti, ciò si deve attribuire a cause personali, che non avrebbero esistito in un principe estero; si deve attribuire principalmente al non adempimento di questo costante voto dei rumeni d'essere governati da un Principe estero.

Domandai al Signor Drouyn de Lhuys quale sarebbe la condotta del Governo francese, ove prevalesse nella Conferenza l'opinione della separazione dei Principati sotto due ospodari indigeni. Il Ministro Imperiale degli affari esteri mi rispose che, in tal caso, certamente la Francia non farebbe una spedizione militare per sostenere la sua opinione, ma si ritirerebbe dalla Conferenza, la quale rimarrebbe così necessariamente disciolta. Domandai di nuovo a S.E. se il Governo francese fosse risoluto a tenere questa medesima condotta nel caso in cui, mantenuta l'unione, fosse proposto dalla maggioranza delle altre potenze un principe indigeno, sia per opposizione di principio all'idea d'un principe estero, sia per impossibilità di fatto di trovare un principe estero che consenta a governare i principati in qualità di vassallo e tributario della Porta. La risposta del Signor Drouyn de Lhuys a questa nuova domanda fu meno esplicita e meno categorica. La mia impressione, e dirò anche la mia convinzione si è che su questo punto il Governo francese finirà per transigere dopo avere fatto ogni sforzo per far trionfare la soluzione della nomina d'un principe estero. Ma sul mantenimento dell'unione non ho il minimo dubbio che la Francia voglia o possa transigere.

Per contro tengo per fermo che la Francia non proporrà che si dichiari la successione ereditaria. Credo anzi che vi si opporrebbe, ove si tratti di principe indigeno.

Il Signor Drouyn de Lhuys conchiuse dicendo che aveva voluto informarmi della condotta che la Francia intendeva tenere nella Conferenza, perché io potessi, ricambiandolo con pari confidenziale franchezza, manifestargli il pensiero del Governo del re. Egli sperava, mi disse, che l'Italia la quale ha comuni colla Francia i principii di nazionalità e di rispetto al volere delle popolazioni, e comuni anche in questa questione, come in molte altre i desiderii e gli interessi, terrebbe nella conferenza una via di condotta non disfarme in sostanza da quella che la Francia si prefiggeva. Una eguale speranza mi disse nutrire riguardo alla Prussia; e soggiunse che ove le tre Potenze si fossero messe d'accordo per una condotta comune, vi sarebbe di già un grande elemento di probabilità perché le loro comuni idee potessero trionfare, oltrecchè questa intelligenza non sarebbe stata forse inutile anche per altre questioni.

Risposi con molta riserva: ringraziare di questa comunicazione che avrei portato a notizia del Governo del re; apprezzare questo passo confidenziale ed amichevole; il Governo del re avrebbe risposto con pari confidenza; non aver ancora ricevuto istruzioni, ma queste arriverebbero prossimamente; e non sarebbero discordi da quei grandi principii che la Francia invoca, che l'Italia si reca ad onore di professare e dalla cui applicazione ,essa si promette la liberazione della Venezia.

Prego l'E.V. di voler esaminare queste gravi cose e farmi conoscere sopra di esse il sentimento del Governo del Re (l).

(l) Con d. 163 del 19 marzo La Marmora comunicò a Nigra che Malaret era andato a dargli lettura di un dispaccio circa gli intendimenti francesi nella questione dei Principati Danubiani ed aggiunse: • Il Governo del Re è lieto di constatare fin d'ora che la Francia e l'Italia sono d'accordo nel principio che si debbano applicare alla situazione dei Principati le massime che sono base del diritto pubblico ai due paesi, il non intervento cioè ed il rispetto della volontà delle popolazioni ».

381

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 97. Firenze, 14 marzo 1866, ore 13,15.

Reçu votre intéressante expédition (l); secret sera gardé sur vos renseignements que je vous prie de-me continuer aussi activement que possible. Je ne puis encore vous donner instructions précises sur affaire Principautés. qui est très embrouillée jusqu'à présent.

382

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Berlino, 14 marzo 1866, ore 16,50 (per. ore 23,35).

Le général Govone est arrivé ce matin. Nous avons eu immédiatement conférence avec Bismarck qui nous a dit que le conflit avec l'Autriche à propos des duchés n'avait importance assez grande pour justifier une guerre devant l'Europe, mais qu'il espérai't provoquer le casus belli par la perturbation qu'apporterait infailliblement prochaine convocation d'un parlement national, pareil à celui de 1849, que Prusse voulait proposer: qu'alors un traité d'alIiance offensive et défensive pourrait etre conclu et mis à exécution, mais que, en attendant, il désirerai.t signer dès à présent avec l'Italie une convention préparatoire portant sur cette événtualité. Le général Govone ayant fait observation que pour conclure une pareille convention il faudrait que la Prusse s'engageàt à ne résoudre jusque là aucune question, pas meme oelle des duchés, sans résoudre en meme temps celle de la Vénétie, Bismarck a éludé la question de manière à nous donner à penser que dans tout ceci la Prusse a bien plus intention secrète d'exercer pression sur l'Autriche que de lui faire sérieusement la guerre. Ni le général, ni moi, ne pensons pas que dans des conditions portant sur des éventualités aussi problématiques et lointaines, il nous convienne de nous Her.

Nous attendons instructions.

(l) Cfr. nn. 365 e 366.

383

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 162. Costantinopoli, 14 marzo 1866, ore 16,55 (per. ore 6,55 del 15).

Aali pacha accueille avec une très vive satisfaction le choix du chevalier Visconti-Venosta et y voit une nouvelle pr,euve de la sincère amitié du Gouvernement du Roi.

384

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R.RR.S.N. Berlino, 12-14 marzo 1866.

Au moment où l'ItaHe va prendre peut-ètre des allures plus décidées visà-vis de l'Autriche, et mème, suivant les circonstances, combiner so n action mmtaire avec celle de la Prusse pour attaquer cette Puissance, je crois de mon devoir de bien préciser les aspirations de notre future alliée, les moyens qu'elle compte employer pour arriver à ses projets d'agrandissement, et enfin, ce qui est pour nous d'une importance capitale, quel degré de confiance nous devons avoir dans les engagemens qu'elle devrait prendre envers nous. Ce sont là trois élémens d'appréciations, qui doivent nous servir de guide dans nos négociations avec le Cabinet de Berlin, et dont il importe de tenir un compte sérieux avant de rien conclure qui puisse nous lier.

Le grand but que poursuit la Prusse, est tellement connu, il apparait si clairement à chacun de ses actes, qu'il suffit de poser cette question pour que tout le monde y fasse immédiatement la meme réponse. La Prusse n'a pu voir l'Italie marcher à grands pas vers l'unité sans comprendre qu'elle était appelée à jouer le meme ròle en Allemagne, et que le moment était venu de se mettre à l'oeuvre. Le sentiment Germanique était humilié de voir que, tandisqu'une des plus nobles fractions de la race latine était irrésistiblement entrainée à se former en un seui faisceau et à opposer un groupe compact à l'étranger, l'Allemagne seule restait divisée, morcelée, privée d'autonomie, et réduite à l'impuissance organisée. La Prusse a par:liaitement compris le parti qu'elle pouvait tirer de ce sentiment d'humiliation, et 1e réveil de la Nationalité Italienne a été le véritable coup d'éperon donné à son ambition. C'est depuis lors en effet qu'on l'a vue accentuer de plus en plus sa politique nationale, et avoir recours à tous les moyens dont elle pouvait disposer, meme de ceux qui étaient le moins sympathiques à son Gouvernement, pour préparer les voies

à ses futurs projets d'agrandissement, et faire naìtre des événemens de nature à lui permettre de tenter le grand coup qu'elle médite aujourd'hui.

La guerre contre le Danemarck, et so n alliance ephémère avec l'Autriche n'avaient pas d'autre but. Ce que la Prusse veut maintenant ce ne sont plus seulement ces deux Duchés Allemands qui, bien que d'une importance capitale pour la création d'une marine, ne peuvent satisfaire qu'incomplètement son appéti:t: ce à quoi elle aspire, ce qu'elle se croit assez forte pour exiger, c'est la domination exclusive dans tout le Nord de l'Allemagne.

Mais pour atteindre ce but constant de sa politique, le premier obstacle qu'elle rencontre c'est l'Autriche, son alliée d'hier, et son ennemie d'aujourd'hui. En effet, tout ce qui tend à renforcer la Prusse en Allemagne est une cause de faiblesse pour l'Autriche, et la domination de sa rivale dans le Nord produirait une telle perturbation d'équilibre, qu'à l'instant méme elle marquerait sa décadence et la ruine complète de son influence traditionnelle. La haine que se portent les deux Puissances est dans la nature méme des choses, et ne finira que par la suprématie définitive de l'une d'e11es.

C'est donc l'Autriche qu'il s'agit de culbuter, et comme les Etats secondaires qui accourront bien positivement à son premier appel se grouper autour d'elle pour défendre leur existence avec la sienne, présentent un ensemble de forces redoutables, la Prusse a pensé qu'un élément indispensable de succès est de s'adresser à l'Italie et, en lui montrant Venise pour prix de son concours armé, l'engager à former une alliance offensive et défensive contre l'eunemi commun. Ce sont là les seuls motifs de l'action commune que voudrait nous proposer la Prusse; et si l'on ajoute que pour obtenir en outre la neutralité bienveillante de la France, elle lui laisse entrevoir la possibilité de lui céder le Palatinat doublé d'une petite rectification de frontière sur le Rhin, l'on a une idée assez complète des bases sur lesquelles M. de Bismarck veut établir ses projets d'agrandissement.

Il y a bien encore un troisième élément qui, en faisant défaut à l'Autriche, aide·rait puissamment au succès; mais je crois que M. de Bismarck se fait une illusion complète à cet égard. Il ne s'agirait rien moins que de gagner la Bavière, et, en lui promettant un agrandissement considérable dans le midi, de la détacher de l'Autriche en l'entrainant dans la coaUtion. Des propositions formelles dans ce sens viennent d'ètre faites à Munich. M. de Pfordien s'est montré très hésitant; Quant au jeune Roi, Qui ne peut se faire à l'idée de diriger ses armes contre l'Autriche, la proposition Prussienne, d'après ce que m'a dit M. de Bismarck lui-méme, l'a bouleversé; il ,a porté ses deux mains à la téte comme par un mouvement de désespoir, et a été en proie à une émotion violente. Le. Comte de Bismarck croit que ce premier mouvement passé M. de Pfordten lui fera comprendre qu'une grande étendue de territoire vaut bien le sacrifice d'une mauvaise alliance, et que le moment venu il finira par consentir. Je regrette de ne pouvoir étre du méme avis; la Prusse, aussi bien que sa politique ne sont guère goutées en Bavière, et l'influence Autrichienne y a jeté de trop profondes racines pour pouvoir compter sur ce résultat. Bien au contraire, je suis convaincu qu'au premier coup de canon tiré contre l'Autriche, tous les Etats secondaires, excepté naturellement le Hanovre, le Mecklem

bourg, et quelques petits Etats du Nord, qui, par leur position topographique se trouvent obligés à la neutralité, se porteront immédiatement à son secours. Les tendances que manifestent actuellement les Etats moyens à présenter une motion à la Diète, soit pour ramener la question des Duchés dans les voies fédérales, soit pour demander que le conflit entre les deux grandes Puissances soit déféré au jugement de la Diète, ces tendances, dis-je, ne sont que les signes précurseurs de l'appui matériel qu'ils sont disposés à donner, le cas échéant, à l'Autriche.

Je ne m'étendrai pas longuement sur les plans stratégiques de la Prusse en cas de guerre; il me suffira d'indiquer sommairement que, d'après ce que m'a laissé entrevoir M. de Bismarck, le projet serait d'envahir immédiatement la Saxe, et de se porter rapidement en Boheme, qui deviendrait le point de rencontre des armées ennemies. Le Gouvernement Saxon s'attend à cette éventualité, et l'on prévoit déjà Que ses troupes n'attendraient point les régiments Prussiens, mais se replieraient immédiatement sur l'Autriche, dont elles iraient grossir l'armée. V.E. est bien mieux à meme que personne de porter un jugement sur ces opérations stratégiques. Aussi je n'en parle que pour Lui faire connaitre ce qui se dit dans certaines sphères militaires.

J'en viens maintenant au point délicat de la confiance que nous devons avoir, non pas seulement dans les véritables intentions de la Prusse sur la question de guerre, mais meme dans la valeur de ses engagements, si l'on en arrive là. Et, tout d'abord, je dois poser en principe qu'il n'y a aucune illusion à se faire sur les sentiments qui pousseraient la Prusse à s'unir à nous contre l'Autriche. Ces sentiments sont dictés par J.e plus complet égoisme et se tourneraient immédiatement contre nous le jour où, pour conquérir ce qu'elle ambitionne, elle n'aurait plus besoin de l'Italie. Ce n'est pas la première fois qu'elle nous fait des propositions auxqueUes, sous les plus fallacieux prétextes, elle ne donne pas suite. Mais le plus puissant moyen qu'elle ait d'exercer une pression sur l'Autriche, ·et de lui arracher des concessions, c'est de lui montrer l'Italie marchant sur Venise, et ayant la Prusse pour alliée. Ce jeu, elle ne se fait pas faute d'y avoir recours, et il ne m'est pas démontré que, meme dans cette circonstance, où la Prusse se montre si belliqueuse, il n'y ait pas dans cet étalage de sentiments guerriers et dans les insinuations qu'elle nous adresse, une arrière-pensée de peser d'une manière décisive sur l'Autriche. Cela étant, il me semble que nous devons etre extremement circonspects, ne pas attacher trop d'importance à de vagues propositions, qui en définitive pourraient bien n'etre que du chantage à l'adresse de l'Autriche, et que, à moins d'engagements formels, précis, dont l'initiative lui appartienne exclusivement, et qui spécifieraient entr'autres que la Prusse s'engage à attaquer la première l'Autriche, nous ne devons rien conclure, ni nous engager à rien.

P.S. 14 marzo 1866.

Cette dépeche était prete depuis plusieurs jours et n'attendait que le départ de M. Anielli pour etre transmise à V.E. La nouvelle situation qu'est venue créer l'entretien que nous venons d'avoir avec M. de Bismarck lui enlève beaucoup de son à-propos; mais comme elle contient en grande partie des faits et des appréciations résultant de mes conversations antérieures avec lui, notamment en ce qui concerne les démarches faites par la Prusse à Munich et que les réflexions par lesquelles je la termine sont plus vraies que jamais, j'ai cru devoir ne pas la supprimer.

385

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R.R.S.N. Berlino, 14 marzo 1866.

Ce matin, à 11 heures, le Général Govone me remettait la dépèche du 9 courant (Cabinet) (l) dans laquelle V.E. voulait bien me confier l'objet de la mission du Général, et me faire connaitre en meme temps les intentions du Gouvernement du Roi relativement aux combinsisons militaires qu'il pourrait prendre avec la Prusse si réellement, comme on était en droit de le croire après tant de démonstrations belliqueuses, elle était résolue, dans un intéret commun, à prendre les armes contre l'Autriche.

J'a immédiatement écrit au Comte de Bismarck pour demander à lui présenter le Général Govone, et, quelques instants après, je recevais la réponse que S.E. allait venir chez moi. A peine entré, la Comte de Bismarck s'est mis à entreprendre une longue dissertation sur les affaires Allemandes, les contestations de la Prusse avec l'Autriche, toutes choses, sinon tout à fait étrangères, au moins ne répondant point directement à l'exposé clair et net formulé par le Général sur l'objet de sa mission.

V.E. a déjà appris, par mon télégramme de ce matin (2), à quoi devait aboutir ce long préambule, et quelles étaient en définitive les intentions du Comte de Bismarck sur la question de guerre avec l'Autriche. Ce conflit du Holstein que lui-mème considérait, il n'y a pas encore longtems, comme devant mettre le feu aux poudres, il ne le regarde plus aujourd'hui comme assez grave pour justifier devant l'Europe une guerre avec l'Autriche, et il voudrait remettre l'occasion d'un casus belli à je ne sais quelle combinaison de réforme fédérale et de convocation de Parlement national basé sur celui de 1840, auxquels il attribue le pouvoir magique de tout bouleverser en Allemagne. Tout cet échaffaudage de prévisions n'est pas sérieux. Il ne faut pas etre bi,en fort sur les affaires Allemandes pour savoir que la question de la Réforme fédérale et de l'établissement d'un Parlement national ne peut qu'amener une de ces interminables discussions Germaniques qui peut durer plusieurs années sans -ètre suivie

d'aucun résultat. Or, vouloir nous proposer de remettre à cette époque fantastique la conclusion d'une alliance offensive, et avoir la prétention de lier jusque là notre liberté d'action par une Convention préparatoire parfaitement illusoire, puisque le Comte de Bismarck n'entend point que la question Prussienne ne puisse se résoudre sans que celle de Venise le soit aussi, je trouve que c'est là abuser des mots et des choses.

Le Général Govone et moi partageons entièrement la meme opinion. Si la Prusse avait réellement l'intention de mettre à exécution ses plans ambitieux en attaquant résolument l'Autriche, jamais plus belle occasion ne se présentera pour entamer la lutte. Mais l'étrange ajournement qu'elle propose, prouve évidemment que cette fois encore elle a voulu recourir à son ancien système d'intimidation à l'adresse de l'Autriche qui se montre plus récalcitrante. Nous avons meme été amenés à penser qu'il serait très possible que l'indiscrétion commise à l'endroit du voyage du Général Govone ait été faite avec préméditation ici, pour produire plus d'effet sur l'Autriche par la révélation subite d'un danger imminent.

De toute manière, nous ne pouvons plus nous méprendre maintenant sur les véritables intentions de la Prusse. Du moment que M. de Bismarck après avoir fait retentir son grand sabre dans toute l'Europe, avoir réuni plus de canons qu'il n'en faudrait pour une armée de huit cent mille hommes, et avoir répété sur tous les tons et à tout le monde qu'il allait exterminer l'Autriche, du moment, dis-je, qu'il vient nous dil'e que le conflit n'est pas assez grave pour justifier une guerre qu'il remet à des tems problématiques, c'est que tout ce qu'il a dit et fait jusqu'à présent n'était que de l'intimidation à haute dose, et que, en définitive, nous n'avons plus rien à faire dans cette querelle d'Allemands.

Si V.E. veut bien me permettre d'exprimer mon opinion sur la nouvelle situation qu'est venue nous faire les étranges confidences du Comte de Bismarck, je crois que, sans avoir l'air d'en etre le moins du monde b1essés, nous devrions cependant lui faire comprendre que nous n'en sommes pas dupes, et attendre désormais des propositions sérieuses avant meme d'entrer en pourparlers.

P.S. -Je ne me suis attaché dans cette dépèche qu'à :liaire connaitl'e mes appréciations sur le langage de M. de Bismarck, laissant naturellement au Général Govone le soin d'informer V.E. de tous les détails dans lesquels est entré le Président du Conseil, et qui, lui ayant été plus particulièrement adressés doivent faire l'objet du rapport qu'il adresse à V.E.

(l) -Cfr. n. 375. (2) -Cfr. n. 382 che però risulta spedito alle ore 16,50.
386

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

L. P.R. Monaco, 14 marzo 1866 (per. il 19).

Il desiderio di render conto all'E.V. di una conversazione testé avuta col Barone von der Pfordten, mi ha deciso ad adottare questa forma privata di

17 -Documenti dipLomatici -Serie I -Vol. VI

corrispondenza onde conservarle quel carattere confidenziale e segreto con cui mi venne fatta.

Fa d'uopo premettere innanzi tutto che il giorno 4 marzo avendo ricevuto il telegramma di V.E. (l) che mi annunciava l'unanimità con cui la Camera avea adottato l'ordine del giorno relativo alla Germania, mi feci premura di tosto comunicarlo a questo Ministro dell'Estero il quale me lo ritornò con un biglietto che terminava con queste parole: • Espérons que ces belles sympathies ne seront troublées par aucun événement •. L'indisposizione del Barone von der Pfordten m'impedì per lungo tempo di constatare quale significato io dovea dare a tali parole. Frattanto sopravvenne l'accordo tra Munich e Dresda, di cui ebbi l'onore d'intrattenere l'E.V. col mio Dispaccio Politico N. 6 del 10 corrente (2), e credetti perciò utile di profittare della circostanza che oggi infine mi si presentava di aver un colloquio col detto Ministro, per cercare di conoscere ben esattamente quale significato potea avere per l'Italia l'accordo suaccennato e conseguenza forse di questo, come doveano essere interpretate le parole che più sopra ho trascritte.

A tal uopo tolsi occasione dall'argomento che mi forniva l'ordine del giorno del 3 corrente, della speranza cioè che così solennemente aveano proclamato i Deputati Italiani di vedere regnare sempre il più intimo accordo fra le Nazioni Italo-Germaniche, per affermare che esso avendo la sua base nel rispetto reciproco dei sentimenti Nazionali, l'avvenire !ungi dall'affievolire quest'unione non potea che raddoppiarla.

• -Divido pienamente queste speranze • mi rispose il Ministro, • ma sorgono all'orizzonte nuvole che forse potrebbero diminuirle. L'accordo testé convenuto colla Sassonia ed al quale probabilmente accederà la più gran parte degli Stati di Germania, ha per iscopo di conservare la pace minacciata dal Gabinetto di Berlino, ma se gli sforzi nostri per impedire lo sfacelo della Confederazione riescissero vani e che l'Austria facesse un appello ai suoi Confederati noi saremmo obbligati, ove Essa ci pr,esentasse solide garanzie, a diventare suoi alleati •. • -Ciò significa, io gli soggiunsi, che lo scopo dell'attuale accordo, qualora venisse posto in pratica coll'adesione anche dell'Austria, sarebbe di conservare intatta l'indipendenza del territorio della Confederazione •.

• Dal momento, interruppe con vivacità il Ministro, in cui il primo colpo di cannone venisse a por fine alla Confederazione Germanica (perché secondo il patto federale ogni differenza fra gli Stati Confederati non può risolversi che dalla Dieta e giammai in niun caso da loro stessi) i nemici dell'Austria saranno i nostri e non permetteremo in verun modo che le venga tolto un pollice di terreno sia questo o no terreno federale. Del resto, egli continuò calmandosi, anche che l'onore nostro ci permettesse di lasciare indebolire un nostro alleato, l'articolo 57 del convegno addizionale del Trattato di Vienna del 1820 obbliga la Confederazione a difendere i territori di un Confederato posti

anche fuori della linea federale, qualora la loro perdita minacciasse la sicurezza delle frontiere Germaniche •.

Mi permisi a questo punto di deplorare altamente l'interpretazione molto estesa che il Barone von der Pfordten veniva di dare a un accordo che alla difesa della Confederazione soltanto sembrava mirare; ma egli non volendosi scostare dalle sue argomentazioni posi fine ad un colloquio che riesciva inutile e sgradevole mentre d'altro lato avea ottenuto in parte il mio scopo quello cioè di pormi in grado d'informare l'E.V. di tutte l:e conseguenze che potranno avere i fatti che si avvicendano oggi in Germania.

Terminerò questa mia col far noto a V.E. che, da fonte ben sicura, mi viene accertato che l'Austria se da un lato vede con piac,ere formarsi un'alleanza, in fin dei conti a suo vantaggio, fra gli Stati Circonvicini è d'altra parte ben decisa a non ricorrere al loro aiuto che all'ultima estremità per cui non si può essere tacciati d'imprudente coll'affermare, che se la Prussia non si arresta nel proseguimento dei suoi disegni in faccia all'alleanza che si sta meditando nel sud della Germania il giorno in cui l'Austria vi acconsentirà sarà il segnale di una guerra che potrà prendere le più grandi proporzioni.

(l) -Cfr. n. 353. (2) -Cfr. n. 377.
387

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 70. Pietroburgo, 14 marzo 1866 (per. il 23).

D'après ce qui m'a été dit par le Baron de Budberg, à la veille de son retour à Paris, la Conférence n'aurait pas d'autre mission que celle de résoudre, sur la base de 1a Convention du 19 Aout 1858, le's difficultés survenues dans les Principautés Danubiennes. Par conséquent, non seulement le Plénipotentiaire russe écarterait toute proposition relative au choix d'un Prince étranger, mais s'opposerait-il à toute discussion, à tout programme qui viserait au delà du but assigné aux délibérations ad hoc. Quant à la question de l'union ou de la séparation des Principautés, M. de Budberg n'y a fait aucune allusion, mais je sais de bonne part, et je l'ai mandé dans mes rapports du 7 Mars (1), que, en dernière analyse, la Russie, se rangera à l'opinion de la majorité.

Le réunion imminente des conférences laisse quelques jours de répit au Cabinet de St. Pétersbourg, mais il ne se dissimule d'aucune façon que plus d'un embarras ne tardera pas à surgir, lors meme que • l'élévation des vues de l'Empereur des Français soit la meilleure des garanties de la conduite sage et conciliante de cette Assemblée •.

Ces paroles très flatteuses ont été dites par le Prince Gortchacow au Baron -de Talleyrand. D'un autre còté les ,instructions transmises à l'Agent Russe à Bukarest lui prescrivent une extreme prudence. En meme temps, pour éviter tout ce qui pourrait porter ombrage aux Puissances, le Gouvernement Impé

riai continue à démentir péremptoirement une concentration quelconque de troupes soit dans le Royaume de Pologne, soit en Podolie, soit vers le Pruth. Les différents régiments restent dans les localités où ils sont établis pour l'hiver.

J'ai déjà fourni quelques indications sur les dispositions de ce Gouvernement, au sujet d'u:1e combinaison qui ferait passer la Moldo-Valachie sous la couronne des Habsbourg. La Gazette de l'Académie, qui a des accointances ministérielles, vient de publier sur ce point un article, dont voici les passages principaux. Après avoir constaté que le peuple Russe désire la paix, et qu'il aurait au moins toute raison de désirer, si une lutte était inévitable, qu'elle fUt remise à une époque plus éloignée, la feuille précitée s'exprime ainsi:

« Mais cela ne veut pas dire que le peuple Russe puisse voir, d'un oeil indifférent, l'.Autriche occuper les Principautés Danubiennes et e n général la voir s'agrandir aux dépens de la Turquie, sans la participation de la Russie. Si cet événement venait à s'accomplir, si des bruits qui représentent cette éventualité comme possible venaient à s'accréditer, la Russie ne pourrait pas s'empècher de s'opposer à ce qu'elle se réalisàt. Ce ne serait pas seulement le Gouvernement qui verrait dans des événements semblables un casus belli, mais le pays tout entier, dans le sens le plus large de ces mots ».

A ce sujet, je me réfère aux consldérations énoncées dans mon rapport confidentiel N. 68. A moins d'une nécessité absolue la Russie ne peut, au milieu de ses embarras multiples, songer sérieusement à recourir à l'ultima ratio, surtout dans le cas où elle se trouverait en présence, je ne dirai pas d'une coalition mais d'une pression bien concertée entre les Puissances Occidentales.

Sur ce mème sujet d'une combinaison qui, au besoin ferait des Principautés un gage de compensation pour l'abandon u1térieur de la Vénétie par l'Autriche, j'ai été interpellé par mon Collègue de Prusse. Agissait-il de son propre mouvement? Ou le Comte de Bismarck, qualifié ici d'enfant terrible, est-il préoccupé de notre attitude vis-à-vis du Cabinet de Vienne, attitude à son gré peut-etre trop pacifique? S'exagérerait-il la portée de certains arrangements commerciaux, comme étant à ses yeux le prélude d'une proposition pour la cession des Provinces Vénitiennes? Voudrait-il vérifier, par ses agents diplomatiques, si nous préparons le terrain à l'effet de saisir la conférence de cette grosse question, et cela afin de se mettre en mesure de s'y présenter de son còté avec l'affaire des Duchés de l'Elbe? Je l'ignore. Mais les interpellations qui m'ont été faites par le Comte de Redern, avec une insistance marquée, me donnent à réfléchir. Je me suis borné, quand il me parlait Venise, à lui répondre Schleswig-Holstein, et combien il serait désiderable que la Prusse se prévalut de ses bonnes relations avec le Cabinet de St. Pétersbourg pour élargir la compétence des Plénipotentiaires à Paris. Mon interlocuteur me demanda mème quels dédommagements il conviendrait d'offrir à la Russie, pour gagner sa voix. J'ai mentionné une réintégration dans ses anciennes frontières de Bessarabie, une modification sous condition de réciprocité d'une clause du Traité de Paris, d'après laquelle une limite peut étre excessive, a été établie pour le nombre des bàtiments de guerre que les Puissances contractantes se sont réservées d'entretenir sur la Mer Noire, etc. etc. Au reste.

je me suis tenu sur la réserve, en alléguant, ce qui étairt la pure vérité, que je ne connaissais pas les intentions de mon Gouvernement à cet égard.

Comme l'Ambassadeur de France, il émettait l'opinion que la Russie est armée pour la défensive, mais qu'elle ne dispose pas encore des ressources nécessaires pour entreprendre une guerre offensiv,e avec des chances de succès.

(l) Cfr. nn. 365 e 366.

388

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in LV 9, pp. 309-313)

D. 161. Firenze, 15 ma1·zo 1866.

*Mi sono regolarmente pervenuti i Rapporti di Serie politica ch'Ella mi diresse in data 9, 10 e 11 corrente nn. 295, 296, 297 e 298 * (1).

Per quella parte del compito assegnato alla Conferenza che si riferisce alla accettazione dell'Atto Pubblico della Navigazione del Basso Danubio,

V.S. Illustrissima non abbisogna d'altra direzione all'infuori della autorizzazione conferitaLe coi pieni poteri sovrani che Le furono trasmessi, di ratificare in nome del Governo del Re quell'Atto che a seconda dell'Atto di Parigi del 1856 e di accordi posteriori fu elaborato dalla Commissione Europea di Galatz.

In quanto alla situazione aHuale dei Principati danubiani, Le farò conoscere fin d'ora la linea di condotta alla quale Ella dovrà attenersi, riservandomi d'inviarLe ulteriori istruzioni a seconda degli avvenimenti.

Dei Trattati esistenti il Governo del Re né può né vuole sconoscere l'autorità finché sono applicabili in diritto ed in fatto aHa specialità dei casi. Quando, poi le disposizioni dei trattati e le stipulazioni delle Conferenze istituite ad hoc non riescano di logica e giuridica applicabilità, o quando avvenimenti nuovi creino una situazione che richiegga nuove deliberazioni e nuovi accordi delle Potenze garanti o interessate, noi crediamo doversi assumere per norma i voti e i bisogni delle popolazioni stesse dei Principati, manifestati in modo regolare, e protetti dal principio del non-intervento colla forza dello straniero nei loro affari.

Diffatti il Governo del Re non può prefiggerLe altra norma generale trannechè il rispetto al principio del diritto popolare che è base della stessa nostra costituzione e del nostro diritto pubblico. La sua applicazione ai Principati Danubiani tornerà poi in massima ,tanto più opportuna nelle presenti circostanze, in quanto che quel principio da noi sempre sostenuto, fu effettivamente consacrato dalle Potenze firmatarie del Trattato di Parigi nelle deliberazioni che esse presero dal 1856 fino al presente per regolare la situazione· di quelle popolazioni.

Ricorre, diffatti, a tal riguardo una osservazione capitale che somministra il criterio della applicabilità, ai varii casi che possono presentarsi, degli accordi

intervenuti in addietro tra 1e Potenze garanti in ordine ai Principati. Questa osservazione è che le singole deliberazioni prese nel 1858, 1859 e 1861 sulle condizioni dei Principati, ebbero per iscopo e per risultato il riconoscimento dei fatti spontaneamente compiuti nei Principati, e la regolarizzazione, nell'interesse della stabilità e della sicurezza dei rapporti internazionali, delle tendenze manifestate da quelle popolazioni.

Appena occorre accennave a tal riguardo come lo stesso Trattato di Parigi, agli articoli 23, 24, 25 nel mentre riserva ad una futura Conf.erenza di stabilire con apposita Convenzione le basi della costituzione dei Principati da essere sancita dalla Sublime Porta, stabilì però fin d'allora che i principali elementi per siffatta deliberazione dovessero essere forniti da una Commissione internazionale che si recasse a verificare la situazione reale ed a raccoglier·e l'espressione dei voti dei Principati, solennemente manifestati da appositi Divani che la Sublime Porta impegnavasi a convocare.

Se la Convenzione del 19 agosto 1858 che fu la risultanza dei lavori della Conferenza non fu conforme del tutto alle manifestazioni, di cui la Commissione Europea sottomise il carattere ed il significato alla Conferenza ne risultò appunto un carattere d'insufficienza inerente alla Convenzione stessa, il quale si rivelò quando nuovi avvenimenti crearono la necessità per le Potenze di ricorrere nuovamente, nell'opera della definitiva costituzione dei Principati, all'elemento di soluzione fornito dal volere di quelle popolazioni. Avendo difatti la doppia elezione del Principe Couza somministrato una base di fatto per la soluzione della questione dell'unione dei due Principati, che la Convenzione del 1858 non aveva che imperfettamente risolta a malgrado della esplicita volontà dei Rumeni, la Conferenza di Parigi riconobbe la necessità di sanzionare il fatto compiuto; la Sublime Porta, secondochè risulta dal protocollo n. 22 del 6 settembre 1859 accettò la proposta formolata in tal senso dai Plenipotenziarii di Sardegna, Francia, Inghilterra, Prussia e Russia, traendosi dietro l'assenso dell'Austria che dapprima aveva ricusato la propria adesione.

Di più il firmano del 23 novembre/3 dicembre 1861 venne poi a confermare viemmeglio la efficacia del fatto compiuto, stabilì la costituzione definitiva dei Principati al punto di vista unitario per cui si erano decisamente chiarite le popolazioni rumene eliminando tutte quelle doppie istituzioni volute dalla Convenzione del 1858 che sarebbero riuscite dannosissime (l) finzioni.

E qui giova rammentare come fin da quell'epoca il Governo del Re aderendo per organo del suo Rappresentante a Costantinopoli al firmano, in cui la deroga ai principii della Convenzione del 1858 era dichiarata temporaria e limitata all'ospodarato del Principe Couza, aveva pur manifesta•to in una Nota a parte la lusinga che il principio dell'Unione, tanto più quando avrebbe avuto la sanzione del tempo e della consuetudine, sarebbe pur stato la norma delle future determinazioni in ordine alla sttuazione politica dei Principati.

Queste considerazioni determinano a sufficienza le norme generali dell'azione che il Governo del Re deve esercitare nella questione dei Principati danubiani.

Noi <:rediamo fermamente di dover escludere in principio ogni intervento coattivo, .. ogni coercizione • nei Principati, e su tal punto tutte le Potenze, a quanto pare saranno concordi.

Noi consideriamo poi come punto di partenza delle proposte e delle osservazioni che avremo a fare, i Trattati esistenti, il Trattato cioè del 1856, la Convenzione del 1858, nonchè le modificazioni recatevi posteriormente di comune accordo tra le Potenze interessate, interpretando però quelle stipulazioni nel senso più favorevole allo sviluppo dei diritti indigeni delle popolazioni rumene, e ravvisando soprattutto in esse riconoscimenti successivi della volontà di quelle popolazioni.

Il principio dell'unione dei due Principati, avendo per sè la sanzione dell'esperienza, l'assenso di tutte le Potenze per quanto rifletteva l'Ospodarato cessato testè, e una certa base diplomatica nelle riserve fattesi espressamente in suo favore nell'adesione di quattro fra quelle Potenze al firmano del 1861 noi vi ci atterremo, finché risulterà, come oggi pare risultare, che l'unione continua ad essere nei voti dei Rumeni.

In quanto alla riserva stata fatta dal Plenipot,enziario Ottomano che siano esclusi dalle deliberazioni della Conferenza così il principio della nomina d'un Principe straniero, come quello del diritto ereditario e che la stessa consultazione dei voti delle popolazioni rumene non sia ammessa se non previa significazione della volontà delle Potenze interessate e che la nomina sia ristretta sovra candidati indigeni, il Governo del Re non reputa che sia urgente di prendere intorno a ciò deliberazioni positive. Quelle dichiarazioni che la Sublime Porta vorrebbe provocare dalla Conferenza si riferiscono ad eventualità non ancora effettive. Così, segnatamente in ordine alla elezione di un Principe straniero benchè le recenti dimostrazioni di Bukarest accennino di propendervi con grande vivacità, dessa non è per anco ,entrata nella fase delle quesrtioni di fatto, non avendo i Rumeni ancor trovato un candidato che sia disposto alla accettazione.

Mi pare adunque essere savio partito quello di non limitare se non in caso di riconosciuta necessità la libertà della Conferenza tanto più che essendo escluso di comune consenso il principio della coercizione potrebbe accadere che la Conferenza venisse a compromettere l'autorità propria se prendesse intempestivi impegni che si dovessero poscia riconoscere di impossibile effettuazione.

Chiudendo questo mio Dispaccio debbo farle noto avere il Governo del Re approvato la deliberazione dell'invio del telegramma per cui fu raccomandato al Governo provvisorio dei Principati di non pregiudicare, con atti eccedenti i limiti delle sue temporarie attribuzioni, l'azione della Conferenza (1). Esso lo tradusse, per parte sua, immediatamente ad effetto.

Noi del resto non avevamo aspettato questa occasione per dare ai nostri Agenti nei Principati istruzioni precise perchè essi diano all'occorrenza, e in qualità di sinceri amici del popolo rumeno, consigli di moderazione, di or· dine e di fiducia nella Conferenza di Parigi.

(l) Non pubblicati. Il brano fra asterischi è omesso in L V 9.

(l) In L V 9 • dannose •.

(l) Cfr. n. 376.

389

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 81-89 e in GOVONE, pp. 445-452)

R. l. Berlino, 14-15 marzo 1866.

Nell'annunciarle il mio arrivo a Berlino debbo tosto soggiungere che esso era stato preconizzato sin da avantieri, e che il Maresciallo Wrangel ne aveva dato egli stesso l'avviso al Ministro di Annover, da cui la notizia si era sparsa, in un lampo, in città. Il conte di Bismark, a cui il conte di Barrai riferì codesta indiscrezione, se ne mostrò sommamente meravigliato e sdegnato, e disse che avvebbe fatto intervenire il Re per punirla. Io non farò commenti sopra un'indiscrezione che servirebbe assai bene gli interessi di S.E. il Presidente del Consiglio, se pure fosse vero che il Gabinetto di Berlino tenta ora, più che di prendere serie intelligenze coll'Italia, atte a portare a resultati favorevoli e reciproci, tenta, dico, di intimidire l'Austria in vantaggio esclusivo della propria politica.

Il conte di Barrai, a cui presentai stamattina. ,tosto dopo il mio arrivo, il dispaccio confidenziale di V. E. (1), informò senza indugio del mio arrivo il conte di Bismark, il quale ne aveva già manifestato il desiderio, ed il Presidente del Consiglio rispose con biglietto che mi avrebbe visto con piacere nella giornata, e che, onde evHare la sorveglianza degli agenti che lo spiano, si sarebbe recato alle 3 pomeridiane presso il conte di Barrai dal Ministero di Stato, che sta di fronte alla Legazione d'Italia.

Il conte di Bismark venne, e dopo alcune parole di nessun valore, lasciò a me di ,entrare nella questione che mi conduce a Berlino. * Dissi, che il Re

V.E. avevano luogo di supporre, dietro le ripetute ed insistenti comunicazioni verbaH del conte d'Usedom, fatte in ultimo, che ,la Prussia fosse decisa a cercare la soluzione delle questioni che in questo momento toccano i suoi interessi in Germania, anche colla guerra contro l'Austria. Che il Re ed il Gabinetto di Firenze erano disposti a tener dietro alla Prussia, per cercare la soluzione della questione Veneta, in pari tempo che questa cercherebbe il compimento del proprio programma. L'Italia però poteva aspettare, aggiunsi, e quindi non avrebbe voluto fare alcun passo decisivo senza che esso fosse preceduto da impegni formali con cui i due programmi, Italiano e Prussiano, si facessero solidali; che ammesse queste basi, io aveva poi una missione per così dire, tecnica, quella di conce!'tare una convenzione militare, derivante dagli accordi politici sopraddetti * (2).

Il conte di Bismark ascoltò con molta attenzione e con occhi penetranti le mie parole; quindi espose le sue vedute. Rimontando all'epoca della Convenzione di Olmutz, disse che sarebbe desiderevole per lui, che una situazione complica,ta come quella del 1850 esistesse in questo momento in Germania.

poiché il carattere del Re attuale gli era sicura guarentigia che la guerra ne avrebbe curata la soluzione, la quale allora abortì colla Convenzione di Olmutz sopraddetta. Essere ora sua intenzione di ricondurre la Germania ad uno stato di complicazione simile a quello onde ottennero lo scopo che egli si prefigge, e il quale confessa altamente essere codesto di soddisfare l'ambizione della Prussia; ambizione che si estende, ma in pari tempo si limita al dominio del nord della Germania. Quanto a fare scaturire la guerra dalla sola questione dei Ducati d'Elba, sarebbegli assai facile, aggiunse, ma una tale e sì grande guerra per così piccola questione avrebbe urtato l'opinione dell'Europa; che l'Europa troverebbe invece legittima la guerra che avesse per scopo una soluzione più ampia e nazionale della questione Germanica.

Qui il Presidente del Consiglio entrò in molti sviluppi. Disse che la sua opinione personale fu ognora questa, che l'Austria dovesse considerarsi quale naturale nemica della Prussia, che egli vide quindi con piacere, da antica data, la attitudine ed i f,elici resultati ottenuti dalla Casa di Savoia, ma che questa sua opinione era isolata in Prussia. Altre volte, aggiunse, era qui considerata come sacrilega la guerra contro l'Austria e l'alleanza francese; l'Italia si personificava in Garibaldi, anzi in Mazzini, nell'opinione generale. Egli essere riuscito a modificare tale opinione, avere ancora proposto in ultimo al re Guglielmo una esperienza: quella di chiamare l'Austria a parte della guerra Danese e vedere di cementare così l'alleanza Austro-Prussiana. Questa esperienza essere completamente falHta, o direi piuttosto completamente riuscita secondo le sue previsioni; la naturale rivalità dell'Austria e la sua animosità essersi più che mai vivamente manifestata, e !',esperienza avere guarito il Re e molte persone sull'aUeanza Austriaca. Il Re Guglielmo avere ormai abbandonati gli scrupoli troppo strettamente legittimisti, e potere egli così condurlo nelle sue viste.

Il conte Bismark formulò allora le sue vedute come segue: in breve tempo, tre o quattro mesi p. es., • rimettere sul tappeto la questione della riforma Germanica abbellita (assaisonnée) di un Parlamento Tedesco •. Con tale proposta e col Parlamento produrre uno scompiglio che non tarderà a mettere la Prussia di fronte all'Austria. La Prussia essere decisa di venire allora alla guerra, guerra a cui l'Europa non potrebbe fare opposizione trattandosi di una questione grande e nazionale.

Il conte di Bismark aggiunse, che pel compimento di questo piano (il quale come Ella vede, signor Generale, non manca di una qualche complicazione), e per potervi facilmente mantenere il Re, suo Signore, gli era mestieri stringere fin d'ora un trattato coll'Italia. Desiderare che questo trattato sia un impegno preso già ora da parte nostra di seguire la Prussia in questo piano, ben inteso ehe la Prussia prendel"ebbe per reciprocità l'impegno che la guerra conseguente dovesse sciogliere ad un tempo la questione Veneta.

Tale fu in sostanza il significato, nella sua crudità, del discorso del conte di Bismark.

La questione posta in tali termini non mi parve corrispondesse menomamente alle viste di V. E., onde non tardai a soggiungere, quando il conte di Eismark si arrestò, che il Re d'Italia ed il suo Governo erano bensì disposti a prendere impegni per una soluzione immediata e contemporanea delle questioni Veneta e Germanica parendo loro il momento oppor,tuno, ma non ma1 Impegnare ora la loro azione per eventualità lontane, al sopraggiungere delle quali le circostanze dell'Italia potrebbero essere differenti dalle attuali; aggiunsi che ne avrei tuttavia riferito a Lei, signor Generale. Allora il conte di Bismark disse: comprendo, forse l'Italia può essere mossa da qualche diffidenza verso di noi e temere della nostra fedeltà; in questo caso, per vostra guarentigia, la Prussia potrebbe sin d'ora indicare le varie fasi per cui passerà lo sviluppo della questione Tedesca secondo i miei piani, e cercare quel determinato punto, quella fase determinata, giunti alla quale la Prussia sarà irrevocabilmente impegnata senza potere più retrocedere; ed allora, ma allora soltanto, l'Italia che non avrebbe più a temere il nostro abbandono, rimarrebbe impegnata anch'essa. Se p. es., mettiamo questo punto, questa fase, alla convocazione del Parlamento Tedesco, non è egli vero che, desso riunito, la Prussia avrebbe abbruciate le sue navi, e sarebbe forzata a marciare irremissibilmente? che inconveniente vi sarebbe egli per l'Italia a dichiarare fin d'ora che giunti a quella fase la sua politica sarà solidale della politica Prussiana, e le due questioni Veneta e Tedesca dovranno sciogliersi insieme? non è egli vero che si potrebbe insomma stabilire un trattato sopra queste basi?

A me parve che la questione, anche posta in questi termini non mutasse gran fatto, e che 1e conseguenze pratiche di un simile trattato, non rispondessero per alcun modo alle viste di lei, signor Generale, quando mi affidò la missione di recarmi a Berlino. Onde forzare assolutamente il conte Bismark nei suoi trinceramenti, e scorgere possibilmente se in fondo del suo pensiero tutto questo non fosse un espediente per ottenere un nuovo mezzo di pressione verso l'Austria nella questione speciale dei Ducati dell'Elba, risposi che io mancava di istruzioni per una tale combinazione, e che ne avrei riferito a V. E. Però, se mi era lecito esprimere fin d'ora il mio pensiero e la mia personale opinione, io dovevo credere che il Governo del Re, non avrebbe preso ora impegni neppure in tali condizioni; a meno forse che fosse bene convenuto e stabilito, che per intanto nessuna questione verrebbe sciolta dalla Prussia coll'Austria, neppure quella dei Ducati dell'Elba, senza che fosse in pari tempo sciolta la questione V,eneta. Senza questa condizione preliminare, io credeva che

V. E. non avrebbe preso verun altro impegno.

Mi parve che la risposta, la quale avrebbe data il conte di Bismark a cotale proposizione, avrebbe messe a nudo le sue intime vedute. Il conte di Bismark, infatti disse: Ma noi non possiamo introdurre in un tratta,to la questione dei Ducati. Essa è troppo piccola questione, per farne parola; noi richiediamo il concorso dell'Italia per risultati più alti e per vari scopi. In primo luogo perché aumenteremo la forza d'azione reciproca; poi perché uniti all'Italia, noi avremo più facilmente la benevolenza della Francia. Oggi la Francia ricusa di prendere impegni con noi. L'Imperatore dice che nella questione dei Ducati ci lascerà fare e conserverà una neutralità benevola. Più oltre avrebbe a mettere altre condizioni, che per ora non vuole indicare. Or bene, se noi saremo uniti all'Italia anche colla Francia potr,emo più facilmente intenderei. Conchiuse infine, il conte di Bismark, dicendo che se anche, in tale ordine d'idee, noi non fossimo disposti a stipulare una convenzione, allora egli chiederebbe ancora, come mtntmum di ciò che desidera, un semplice trattato ge. nerico di amicizia e di alleanza perpetua. Codesto trattato, sebbene sfornito di una reale importanza pratica, e di alcun scopo determinato, essergli tuttavia utile, per mantenere il re Guglielmo nella via delle sue proprie combinazioni.

Io mi riservai di riferirne a V. E.

Come ella vede, signor Generale, trapela a mio avviso da rtutto codesto, che il conte di Bismark, sia che abbia o no reale intenzione di giungere più tardi alla soluzione della questione Tedesca colle armi, vuole per intanto legarci in qualche modo. Questo per due scopi: il primo parrebbe quello di far pressione sull'Austria per risolvere subito la questione dei Ducati dell'Elba, per la quale egli vuole conservare tutta la sua libertà d'azione sotto lo specioso pretesto che dessa è troppo piccola faccenda per farne oggetto di un trattato. Il secondo scopo che tende a raggiungere, mi pare essere quello di prevenire l'Austria, dalla quale teme proposizioni dirette presso il Gabinetto di Firenze per la cessione della v,enezia. E diffatto dopo altre dissertazioni varie, riguardo alle sue attuali pratiche a Monaco, per aveve con sé la Baviera e riguardo alla guerra contro l'Austria a cui dà per iscopo di impadronirsi della Boemia, non per conservarla, sibbene per farne oggetto di scambio, a far uscire l'Austria dalla confederazione dopo tutto ciò, dico, il conte di Bismark, passò come per incidente sulla vendita della Venezia, che potrebbe offrire l'Austria: disse che sarebbe un inganno, dal quale sarà bene che noi ci guardiamo. Aggiunse che sarebbe fornire all'Austria il medesimo denaro con cui tenterebbe poi riprendere il Veneto e la Lombardia; essere quindi assai preferibile impiegare nella guerra, uniti alla Prussia, il denaro che sarebbe destinato al riscatto. Io mi limitai ad osservare che certamente la soluzione colle armi sarebbe da noi preferita a quella del riscatto.

* In complesso, signor Generale, l'impressione che rimase nel conte di Barrai ed in me dalle aperture del conte di Bismark, si fu che, almeno per ora, la Prussia è lontana dal pensare alla guerra; * che, se essa desidera stringere accordi con noi, quesrti riferendosi ad eventualità più lontane, non paiono poterei convenire, per ora, tenendo essi ad attraversare la soluzione della questione Veneta direttamente fra noi e l'Austria, la quale parrà forse a V. E. tanto più accettevole, se mai fosse per presentarsi, inquantochè poco fondamento pare potersi fare sulla sincerità e fedeltà della Prussia nel chiedere tali impegni, e forse anche nel mantenedi, se mai seguissero. * Ma poiché il conte di Bismark desidera una convenzione o trattato qualunque, fosse pure anche solamente di perpetua alleanza ed amicizia, e poichè io ho promesso di riferirne a V.E., attendo in proposito gli ordini di lei, * come altresì istruzioni apposite, ove V. E. credesse aderire a qualunque altra delle combinazioni messe avanti dal conte di Bismark, e che potrebbero riassumersi come segue: Impegno preso fin d'ora di seguire la Prussia nello svolgimento della questione Tedesca come sarà promossa dal conte di Bismark; ovvero: impegno che comincerebbe ad essere valido solamente quando lo svolgimento fosse giunto all'ef:fiettiva riunione del Parlamento tedesco. Per reciprocità la questione Veneta messa solidariamente accanto alla questione Tedesca della Prussia.

Mi vorrà V. E. perdonare se mi sono eccessivamente esteso. Mi parve, in una questione tanto grave, dover mettere sotto i di lei occhi gli argomenti, le combinazioni e talora le parole stesse del conte di Bismark, anziché darle la sintesi delle impressioni eh» iò ne ho ricevute, onde V. E. possa ella stessa fare le considerazioni che derivano da tutte le circostanze esposte, e che mi pare avere riferite con sufficiente approssimazione.

È inutile che io le dica, signor Generale, che fui sorretto prima e durante le conversazioni col conte di Bismark dal consiglio autorevole, poi dalla parola efficace del signor conte di Barrai. Io credo che l'impressione che il ministro del re a Berlino ebbe dalle predette conversazioni col capo del Gabinetto prussiano, sia stata assai prossima e simile a quella che ebbi io stesso.

P.S. Berlino, 15 marzo 1866.

Al rapporto sulla questione per la quale fui mandato a Berlino, aggiungo queste due righe in un biglietto a parte.

Se la questione per cui io fui mandato qui fosse semplice, e si trattasse unicamente di stringere sì o no un patto col Governo prussiano, converrebbe troncare, a mio avviso, ogni pratica senza indugio, dopo la conversazione avuta ieri col conte di Bismark.

Siccome però per le altre pratiche che V. E. mi accennò, ci torna utile che si creda a Vienna che Prussia ed Italia sono disposte alla guerra, e stanno per intendersi e legarsi; forse ella, signor Generale, crederà ch'io debba restar qui alcuni giorni, ed abbondare nel senso del conte Bismark, accettare anche le sue proposte, ad referendum, e fors'anche stringere, in ultimo, il famoso trattato di eterna amicizia ed alleanza che egli vuole. Per tal modo rimane tempo e modo alle altve combinazioni di cui V. E. mi parlò, e la vipera avrà n10rsicato il ciarlatano.

Il Presidente del Consiglio mi presentò a Sua Maestà che fu benevola e mi offrì di visitare gli stabilimenti militari prussiani, essendo stato convenutto col conte di Bismarck che si giustificherebbe la mia pres2nza qui con tale pretesto.

Fui presentato al signor Benedetti, il quale disse solamente che io facevo molto rumore, accennando alla pubblicità che si diede alla mia venuta.

L'ambasciatore inglese Lord Loftus, ~ cui fui pure presentato, mi questionò direttamente sulla solidità del Gabinetto di Firenze, e mi chiese se io era venuto con missione. Risposi: Con quella di vedere le armi e l'armata prussiana. Soggiunse: Ma la Prussia ha fatto delle proposizioni a Firenze? Replicai che io l'ignorava affatto. Allora mi disse che da noi si armava, ma che non em cosa prudente. Negai gli armamenti e gli chi,esi, a mia volta, se la Prussia era vicina a far guerra all'Austria. Io non conosco ancora lo stato delle cose, rispose, essendo qui da poco, ma non credo. L'Italia si guardi dall'impegnarsi colla Prussia, perché sarebbe poi abbandonata al primo momento opportuno. Ecco l'opinione di Lord Loftus.

Se devo restare qui, sarebbe utile che avessi un corriere di gabinetto, come

V. E. mi offrì, o potessi almeno far venire un mio domestico.

(l) -Cfr. n. 375. (2) -I brani fra asterischi sono editi anche in CHIALA, pp. 65-66.
390

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LA MARMORA, p. 90 e in CHIALA, p. 66)

T. Firenze, 16 marzo 1866, ore 13,15.

J'approuve entièrement réserve, que vous et général Govone avez gardée. Dites à Govone de rester à Berlin en observation.

391

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. Firenze, 16 marzo 1866, ore 13,15.

Reçu votre lettre particulière. Continuez à garder réserve absolue sur question échange Principautés; il serait inopportun d'y revenir en ce moment.

392

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 105. Londra, 16 marzo 1866.

Da varie sorgenti mi vien riferito che l'Ambasciata d'Austria a Londra cerca accreditar la voce che per parte nostra siansi presi colla Prussia accordi segreti per un caso di guerra coll'Austria che ammonterebbero a poco meno di un'alleanza offensiva e difensiva. Non avrei fatto gran caso di simili notizie ove non avessi saputo nell'istesso tempo che il linguaggio tenuto in questi giorni da Lord Clarendon quando discorreva degli affari nostri era quasi credesse a tendenze bellicose per parte nostra, avendo egli risposto a qualcuno che gli vantava il nostro disarmo che le notizie che riceveva del Continente non s'accordavano con quelle e che in fondo qualcuno da noi spingeva forte nel senso guerresco.

Né mi stupirebbe se negli argomenti stati messi m campo per scambiar coi Principati la Venezia non siasi fatto parola di eventualità possibili del nostro collegarci colla Prussia per muovere guerra.

Cercandosi così di far vedere al Governo Inglese quanto fosse opportuno il mettere avanti altri programmi per non rendere quasi inevitabile il primo.

393

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Berlino, 17 marzo 1866, ore 16,13 (per. ore 23,40).

J'ai communiqué au général Govone télégramme de V.E. (1).

Bismarck est venu de nouveau insister auprès de moi sur opportunité d'un traité préparatoire, en attendant que Prusse, se mettant à la tete du parti national et convoquant parlement, amène occasion de casus belli, que ne peut justifier l'affaire des Duchés. Il m'a dit que c'était aussi l'opinion de l'Empereur Napoléon avec lequel il fallait compter. J'ai répondu que le Gouvernement du Roi aurait été prét à une action immédiate, mais que j'ignorais ses intentions relativement à une éventualité qui me paraissait assez éloignée. Je persiste à croire que la Prusse n'a pas intention sérieuse de guerre, et que nous aurions grand tort de nous engager à l'avance.

Le Roi, auquel le général avait été déjà présenté avant hier au soir au ministère des affaires étrangères, a témoigné le désir de le recevoir aujourd'hui. Personne ne doute qu'il ne soit ici pour alliance offensive: mais la diplomatie croit bien plus à une suprème tentative de la Prusse pour intimider l'Autriche qu'à l'intention arrétée d'amener action commune.

394

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

D. 32. Firenze, 17 marzo 1866.

Je vous envoie confidentiellement copie des instructions adressées par le Gouvernement du Roi à son Représentant dans la Conférence de Paris sur la question des Principautés danubiennes (2). Vous pourrez en faire connaitre la substance à S.E. le Comte de Bismarck.

En restant fidèles à la ligne de conduite sur laquelle nous avons longtemps marché d'accord avec la Prusse, la Russie et la France dans les affaires d'Orient, nous avons lieu d'espérer qu'en cette occasion aussi nous nous trouverons d'accord sur les points importants avec nos amis naturels.

Le Cabinet de Berlin dans les circonstances actuelles, ne peut, croyons nous, que trouver son intéret à se piacer sur le terrain des principes de nationalité et de respect de la volonté des populations. Nous croyons que les déterminations que prendra la Prusse dans l'affaire des Principautés pourront avoir une influence réelle sur la solution favorable des questions qui l'intéres-· sent en Allemagne. Les principes que la Prusse peut aspirer à voir triompher sur les bords de l'Elbe et en Allemagne en général, elle peut les consacrer aujourd'hui envers les Principautés roumaines. L'Autriche, qui ne redoute rien tant que la victoire de ces principes en Italie et en Allemagne, ne pourra trouver nulle part peut-étre, et en France c,ertainement moins que partout ailleurs, des auxiliaires contre cette politique de l'Italie et de la Prusse, si le Cabinet de Berlin et nous la suivons d'un commun accord, soit ,en ce qui concerne les Principautés, soit à l'égard des aurtres questions qui, par suite de circonstances que nous ne saurions prévoir, viendraient s'y méler.

En vous accusant réception de vos dépéches nn. 18, 19, 20, 21 politiques, 54, 55, 56, 57 commerciales et 12, 13 confidentielles, ... (1).

(l) -Cfr. n. 390. (2) -Cfr. n. 388. Copia delle istruzioni fu inviata in pari data anche a D'Azeglio e De Launay.
395

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 51. Pietroburgo, 17 marzo 1866 (per. il 26).

J'ai parlé aujourd'hui au Vice-Chancelier dans le sens de la dépéche que

V.E. m'a fait l'honneur de m'adresser en date du 5 Mars (sans numéro) (2), su sujet des affaires du Liban. Il s'est référé à ses réponses précédentes, no~ tamment à celle dont j'ai rendu compte par ma dépeche confidentielle n. 12, du 3/15 Mars 1865 (3).

J'ai insisté pour la reconnaissance de notre droit, en me prévalant des arguments contenus dans le Livre Vert. J'ai argué de l'assentiment de la France et de l'Angleterl'e, en faisant en méme temps appel à l'esprit d'équité de la Russie et à son amitié envers l'Italie.

Le Prince Gortchacow persistait dans sa manière de voir, basée sur son attitude anrtérieure, conforme au point de vue de la stricte légalité. Cependant il me laissait entendre que si la France et l'Angleterre prenaient l'initiative de soumettre à Constantinople nos titres d'admission, la Russie ne les con

trecarrerait pas.

Je l'ai prié alors d'envoyer au moins des instructions dans ce sens au

Général Ignatieff. S.E. me l'a promis. Pour mieux inculquer dans son esprit

l'objet de notre demande, je lui ai donné lecture de la dépeche précitée.

Ci-joint deux dépéches confidentielles n. 72 et 73 (1).

(l) -Cfr. nn. 362 e 371. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (2) -Non pubblicato. (3) -Cfr. Serie I, vol. V, n. 612.
396

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 73. Pietroburgo, 17 marzo 1866.

Après avoir répondu à la démarche dont j'étais chargé relativement aux affaires de Sirye (Dépéche n ... ) (2) et placé l'anecdote, sur le concert ou charivari Européen, le Prince Gortchacow, de son propre mouvement et sans qu'aucune allusion de ma part y eut donné lieu, me tin:t ce langage:

« Maintenant parlons sérieusement. Il circule des bruits -ce ne sont peut-étre que de simples commérages -d'un projet de compensation territoriale en vertu du quel l'Autriche obtiendrait les Principautés Danubiennes en échange de la Vénétie. Il y aurait méme déjà eu un échange de vues entr'e Berlin et Florence. Or comme pour rester bons amis, il faut s'espHquer nerttement, je dois vous dire, au nom de l'Empereur, que Sa Majesté envisagerait toute initiative à ce sujet camme étant contraire aux intéréts Russes, camme un acte de malveillance, et y opposerait, le cas échéant, l'attitude la plus décidée. Nous ne saurions permettre un agrandissement de l'Autriche. Aurais-je méme la nature du mouton, je me révolterais à l'idée de me preter à une semblable combinaison. Nous devons avant tout prendre conseil de nos intéretes •.

J'ai répondu: qu'ignorant tout projet de ce genre, je devais supposer que sa déclaration était plutòt à l'adr,esse de l'Autriche, qu'à celle de l'Italie dont les procédés constamment empreints d'une parfaite amitié envers la Russie ne seraient nullement de nature à nous barrer en quelque sorte une voie éventuelle d'arrangemens ultérieurs. J'ai cru devoir ajouter, que d'après ma manière de voir toute personnelle, si semblable question arrivait sur le tapis, l'Italie, pour sa part, se montrerait des mieux disposées à chercher des combinaisons propres à satisfaire les exigences du Cabinet de St. Pétersbourg. Il devait se rappeler que, précisément dans l'affaire des Principautés, nous avions presque constamment trouvé la Russie d'accord avec nous. Aujourd'hui encore, aux

conférences de Paris, nous ne négligerions rien, en nous réglant sur cette

ancienne ligne de conduite, pour établir une entente entre l'ltalie et la Russie.

Je n'ai pas voulu entrer dans plus de développemenrts, soit pour ne pas

préjuger une question sur laquelle j'étais sans instrutions, soit par crainte de

me laisser entrainer à quelques expressions aigre-douces. J'ai entr'autres ré

sisté à la tentation de rétorquer ainsi l'argument du Vice Chancelier:

Nous envisagerions, à notre tour, une résistance à tout projet tendant à faciliter l'accomplissement de notre programme national, comme contraire aux intérets de l'Italie et comme un ac,te de malveillance au quel nous nous opposerions de la maniè!'e la plus décidée. Si le voisinage de l'Autriche présente des inconvéniens à un Empire de soixante et dix millions d'habitans, à fortiori avons nous raison de nous préoccuper de la voir campée à nos portes et sur le territoire Italien. Si nous devions, trop égoi:stement peut-etre, ne prendre conseil que de nos intérèts nous provoquerions de toutes nos forces une lutte supreme contre l'Autriche, mais jusqu'ici le Gouvernement du Roi s'applique à contenir l'élan national, précisément parce qu'il ne désespère pas de la sagesse des Puissances pour écarter une conflagration. Et ce serait lorsque des événemens imprévus nous ouvrent une perspective d'arrangement à l'amiable, qu'une Puissance que nous comptons, à bon titre, parmi nos alliées naturel1es, essayerait d'y mettre un veto parcequ'elle s'exagère les dangers d'une extension des frontières de l'Autriche vers le Danube.

Ne serait-ce pas nous dégager de toute responsabilité, et nous encourager à ne consulter que nos propres convenances, sans nous soucier davantage des besoins de paix si vivement sentis en Russie? •.

Mais je le répète, craignant de dépasser le but, je me suis fait violence pour garder ces considérations par dev,ers moi. V.E. jugera s'il ne serait pas le cas de m'adresser une dépeche ostensible qui réfléterait l'impression produite dans son esprit par la déclaration du Prince Gortschacow. Si elle préférait n'en faire que le sujet d'un entretien avec M. de Kisseleff, je lui serais reconnaissant de m'en écrire quelques mots sur lesquels je pourrais régler mon langage.

Au reste ce qui m'a été dit ex abrupto par le Ministre ·Impérial des Affaires Etrangères, vient à l'appui de ce que j'ai mandé par mon rapport n. 68 (1), Il ne faut lui attribuer que sa juste valeur. La Russie convoitant aussi bien que l'Autriche la possession de la Valachie et surtout de la Moldavie, s'opposera à toute combinaison qui aurai't pour résultat de mettre entre les mains de son compétiteur ,les Provinces du Danube, moyennant lesquelles elle consoliderait son influence dans l'Orient. En attendant tout au plus se preterait-elle à élargir l'autonomie de ces pays et meme de toutes les autres provinces Chrétiennes de l'Empire Ottoman. Sous ce rapport, je recommande la lecture d'un article de l'Invalide russe reproduit dans le Journal de Saint Pétersbourg d'hier. Il y

est entr'autres parlé à plusieu!'es reprises de la libre expression des voeux des populations, terrain sur lequel nous nous plaçons. Le Cabinet de St. Pétersbourg veut évidemment sa part du butin, ou tout au moins des concessions qui

le relèvent de l'humiliation subie au Congrès de Paris en 1856. Il croit sans doute de bonne politique de tenir la dragée très haute tant qu'il ne verra pas poindre sur l'horizon une combinaison qui lui soit matériellement profitable. Il faut etre juste, à sa piace nous en ferions autant; et, comme je l'ai déjà mentionné précédemment, il me semble que si les Puissances voulaient sérieusement une transaction équitable, il y aurait des équivalents à mettre dans la balance. Il suffirait meme, à mon avis, d'un accord nettement formulé entre l'Italie et les Puissances Occidentales pour imposer leurs vues à Vienne aussi bien qu'à St. Pétersbourg.

Mais il faudrait bien entendu avant de poser un ultimatum épuiser toutes les voies de conciliation.

J'ignore ce qui a pu donner lieu à la déclaration au moins prématurée du Prince Gortschacow, car je ne puis admettre, comme il me l'a laissé entendre, qu'il ne s'agissait que de bruits de journaux, ou de commérages. Serait-ce à la suite peut-etre d'un entretien de M. Drouyn de Lhuys et du Baron de Budberg? Il appartient à mon collègue de Paris de le vérifier.

Ici, le Baron de Talleyrand s'est, comme moi, tenu sur une extreme réserve; il me le disait hier encore en se félicitant de ne pas connaitre le fond de la pensée del'Empereur, l o parce que la discrétion lui était plus facile, 2° parce qu'il valait mieux, le cas échéant, que certaines questions délicates et irritantes peut-etre, fussent directement traitées, soit dans les conférences, soit dans les pourparlers entre M. Drouyn de Lhuys et le Baron de Budberg.

L'Ambassadeur d'Angleterre jouant un peu avec ses collègues le ròle de personnage muet, je n'ai pas meme essayé de sonder le terrain sur les dispositions de son Gouvernement. Mais il me serait très agréable si V.E. était à meme de me fournir quelques indications à cet égard.

Je profite d'une occasion sure pour expédier cette dépeche jusqu'à Berlin d'où elle sera acheminée sous le couvert de mon fondé de pouvoirs, M. Carignani, qui la mettra lui meme à la poste à Turin.

J'oubliais de mentionner que, dans le cours de la conversation, le ViceChancelier a insisté sur ce point que l'Autriche ne se souciait d'aucune manière d'échanger la Vénétie contre les Principautés, et que la Turquie de son còté n'y donnera1t jamais son assentiment. Décidément la Russie veut galvaniser l'homme malade jusqu'à ce qu'elle réussisse à se constituer son ,seui médecin.

(l) -Si pubblica qui un brano del r. confidenziale 72, pari data: « A deux reprises le Prince Gortchacow m'a laissé entendre qu'il lui serait malaisé de se prononcer en notre faveur, tant que la Turquie mettrait opposition à la reconnaissance du droit que nous invoquions. Il faudrait étre myope pour ne pas voir, dans ces scrupules, combien dans ce moment on tient ici à user de ménagements envers la Sublime Porte. V. E. aura déjà remarqué que le Càbinet de St. Pétersbourg a retardé son acquiescement à la réunion d'une conférence à Paris pour les Principautés Danubiennes, jusqu'au moment où l'avis lui parvenait que le choix n'était pas combattu à Constantinople. Il veut évidemment cajoler une Puissance, dont il cherchera à se servir comme d'un utile auxiliaire pour battre en bréche toute combinaison où il ne trouverait pas sa part de gateau. Il va jusqu'à faire le dégouté de son ròle de signataire des Traités qui lui assurent une ingérence partagée, il est vrai, par d'autres Etats •· (2) -La lacuna è nel testo. Si tratta del dispaccio s.n. del 5 marzo, non pubblicato.

(l) Cfr. n. 366.

397

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 161-163)

L.P.R. Parigi, 17 marzo 1866.

Col mezzo del corriere Anielli che parte stassera Le rendo conto dello stato in cui sono i negoziati fra la Francia e la Prussia.

Anzi tutto premetto, com'Ella avrà appreso dai dispacci di Londra, che l'Imperatore, fedele alla promessa fattami, agì presso il Gabinetto inglese per tentare di far prevalere la combinazione del cambio dei Principati colla Venezia. Sventuratamente Lord Clarendon si è pronunziato in senso sfavorevole. D'altra parte par,e che l'Austria anch'essa non voglia saperne di questa combinazione. Da sorgenti non ufficiali mi risulterebbe che forse l'Austria sarebbe disposta a fare il cambio della Venezia con una parte del littorale' turco dell'Adriatico, ma non mai coi Principati Danubiani. La nostra sola speranza si riduce quindi ad una guerra d'accordo colla Prussia.

Le idee della Prussia sarebbero di non limi,tare i risultati della guerra all'annessione dei ducati, ma di costituire un'Allemagna settentrionale sotto la direzione della Prussia. Essa crede che in caso di guerra la Sassonia si dichiarerà per rAustria. La Sassonia sarebbe quindi invasa ed annessa alla monarchia Prussiana. La Prussia vorrebbe egualmente avere per alleata la Baviera, e delle aperture furono fatte in questo senso a Monaco. La Baviera, se entrasse in queste vedute, si arricchirebbe, in caso di guerra felice, d'una parte delle spoglie Austriache, come per esempio del Tirolo tedesco. Si costituirebbe a questo modo uno Stato abbastanza forte nell'Allemagna meridionale per potervi avere un predominio a detrimento dell'Austria. Com'Ella vede, le idee del Gabinetto di Berlino tenderebbero a nulla meno che a mutare radicalmente la costituzione politica dell'Allemagna. Il Conrte Goltz venne qui con questo progetto e coll'incarico di esporlo all'Imperatore Napoleone, domandando che la Francia adotti una neutralità benevola. Ma siccome il Governo Francese aveva a parecchie riprese dichiarato che nel caso in cui una delle Potenze Germaniche venisse ad ingrandirsi in modo da mutare l'equilibrio europeo, la Francia si sarebbe riservata di provvedere ai proprii interessi, il Conte Goltz aveva missione di domandare all'Imperatore che cosa la Francia avrebbe desiderato in tal caso. L'Ambasciatore Prussiano adempì queste istruzioni e domandò all'Imperatore che formulasse delle proposte. Ma l'Imperatore non fece nessuna domanda precisa. Disse solamente che si poteva esaminare sulla carta la differenza che passa tra la frontiera attual,e della Francia e quella che aveva nel 1814. Con ciò faceva allusione al Reno, e specialmente al Palatinato Bavarese. Questo linguaggio dell'Imperatore scoraggiò la Prussia, la quale farebbe volentieri buon mercato del Belgio francese e della Svizzera francese, ma non vorrebbe che si toccasse il suolo tedesco. Io ebbi cura di far sapere all'Imperatore che il suo colloquio aveva scoraggiato la Prussia, e che se credeva essere suo interesse che le due grandi Potenze Germaniche tirassero la spada, bisognava dare un po' d'animo ai Prussiani. Ora le trattative continuano. Goltz vide l'Imperatore jeri; ma non so ancora quello che si passò in questo colloquio. L'idea di Goltz era di procedere per via d'eliminazione, di dire cioè all'Imperatore che non si doveva toccare a tale o a tale altro ter

ritorio tedesco. È per me evidente che se l'Imperator,e pronuncia una parola di incoraggiamento per la Prussia, la guerra sarà dichiarata.

Intanto la nostra condotta mi pare abbastanza indicata dalla situazione. Noi non dobbiamo esitare a spingere alla guerra e a prepararci a farla. Se l'Austria, meglio avvisata, si decide a cedere la Venezia prima che noi siamo impegnati colla Prussia, tanto meglio. Ma questa non è sventuratamente che un'ipotesi. Pare invece che l'Austria si prepari a difendersi dai due lati. È anche possibile che l'Imperatore quando veda che la guerra è inevitabile, si decida a mettere sul tappeto la combinazione ch'Ella sa. Ad ogni modo è dover nostro di fare il possibile perché questa occasione non si lasci passare invano. Sono quindi lieto ch'Ella abbia mandato Govone. Il generale Moltke deve essere in viaggio per Firenze, se pure non è già arrivato. Dicono che è uno dei più distinti ufficiali generali di Prussia.

Con questa lettera rispondo a quanto Ella mi scrisse col dispaccio confidenziale e riservato dell'll corrente (1). Sono in sostanza d'accordo con Lei. La nostra condotta si può riassumere brevemente così:

l o Se Francia, Inghilterra ed Austria cadono d'accordo per adottare una combinazione di cambio della Venezia coi Principati o con altro territorio del littorale turco dell'Adriatico, l'Italia non può a meno d'accettare.

2° Accettare ogni altra soluzione pacifica della questione Veneta che venisse proposta, come sarebbe quella d'un'indennità pecuniaria.

3o Siccome però le due ipotesi sovraccennate incontrano gravi difficoltà e finora sono respinte assolutamente dall'Austria, procedere risolutamente ad un'alleanza colla Prussia per fare all'Austria una guerra il cui risultato finale sia per noi l'acquisto della Venezia.

4o Nelle conferenze pronunciarsi senza esitazione perché si tenga conto del voto delle popolazioni che richiedono il mantenimento dell'unione sotto un principe estero.

Su quest'ultima questione attendo del resto le di Lei istruzioni (2). Siccome però queste partirono prima che Le giungesse il mio dispaccio in cui le resi conto dell'idee della Francia in proposito (3), Le sarei grato s'ella volesse, ove ne sia il caso, mandarmi un supplemento d'istruzioni.

La seconda Conferenza è fissata per lunedì.

Il Principe Napoleone arriva martedì.

Le restituisco, coi miei ringraziamenti, i dispacci che mi mandò. La prego poi di sollecitare l'invio d'un funzionario delle Finanze per l'affare del debito pontificio. Sarei lietissimo se la scelta cadesse su Sella.

(l) Parzialmente edito anche in LA MARMORA, pp. 120-122 e in CHIALA, pp. 73-75.

398

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in GovoNE, pp. 453-458 e in CHIALA, pp. 66-71)

L. P. 2. Berlino, 17 marzo 1866.

Ieri sera il conte di Bismarck si recò dal Ministro del Re presso questa Corte e lo informò che S. M. il Re Guglielmo mi avrebbe ricevuto oggi alle due e mezzo pomeridiane in udienza particolare.

Il conte di Bismarck mi fece poi invitare a recarmi da lui per le otto e mezza di ieri sera stessa al Ministero di Stato.

Mi vi recai diffatti e fui senza ·indugio ricevuto dal Capo del Gabinetto prussiano. Egli mi ripetè con ampio sviluppo le ragioni per le quali la Prussia non trovava opportuno rompere tosto la guerra coll'Austria; la strada che il conte di Bismarck intendeva battere per giungere ad una rottura; le ragioni per le quali gli occorreva un trattato coll'Italia e di quale natura, e conchiuse col !asciarmi travedere il modo con cui egli avrebbe desiderato che io mi fossi comportato con S. M. il Re Guglielmo nell'udienza del giorno seguente.

Sebbene io abbia riferito distesamente a V. E. le viste del conte di Bismarck nel mio precedente rapporto (l) sulle stesse questioni sulle quali egli ritornò in questa seconda conversazione, V. E. vorrà permettermi di metterglie1e nuovamente sotto gli occhi per il caso che un qualche minimo punto di rettificazione o complemento potesse destare l'interesse di Lei.

*Il conte di Bismarck ripetè che la guerra immediata per i Ducati dell'Elba aveva moltissimi inconvenienti: l'Inghilterra disapprovarla, mentre non poteva fare serie obbiezioni ad una guerra per la Nazionalità tedesca; l'Imperatore Napoleone giudicarla anch'egli poco conveniente e nemmeno giustificabile sotto il punto di vista di liberare una provincia dalla dominazione straniera, come sarebbe il caso della guerra della Venezia per l'Italia. Riguardo all'Imperatore Napoleone, soggiunse, si può ben credere che egli cerchi una grossa guerra tedesca, perché alla testa di un esercito come il francese si può sempre trovare la propria parte di profitto: ma anche in fuori di ciò come questione di principio, egli l'Imperatore approverebbe assai più la grande guerra per la Nazionalità germanica, che non la guerra pei Ducati dell'Elba. • Tutte queste ragioni, conchiuse il conte di Bismarck, ci spingono a procrastinare la guerra e prepararla successivamente. Ma prima di metterei sulla via della preparazione, noi desideriamo assicurarci l'appoggio dell'Italia * (2).

Attualmente i Governi del Nord della Germania l'Hannover, Mecklemburgo, ecc. sono con noi nelle questioni pendenti; ma egli è certo che il g.iorno in cui la Prussia lancerà sul tappeto la questione della riforma Germanica, tutti codesti Governi passeranno nel campo nemico; onde maggiore il bisogno di assicurare l'appoggio della Baviera, colla quale trattiamo in questo momento, alla nostra politica avvenir·e, ed il bisogno del concorso ,Ualiano. L'Italia, disse iii. conte di Bismarck, non ha a temere che l'azione eventuale che le chiediamo si riporti ad un'epoca troppo lontana. Un tempo non discosto conviene alla Prussia altrettanto che all'Italia. Diffatti oggi abbiamo alla testa della Francia l'Imperatore che ci lascierà fare, e fra due anni potremmo avere una reggenza guidata da viste affatto differ·enti e discordi dalle nostre. Oggi la Russia ci è benevola; e nell'avvenire ·essa potrebbe modificare i suoi sentimenti e le sue vedute. * Oggi l'Italia medesima ci può essere di più valido aiuto che non più tardi. Se le condizioni finanziarie la consigliassero, per •es., a ridurre il suo piede armato d'assai, essa ci tornerebbe di minore appoggio di quello che non sia in oggi in cui si tiene in armi. Voi vedete dunque, disse il conte di Bi

marck, che conviene altrettanto a noi quanto all'Italia di sollecitare la rottura e prepararla entro un periodo di sei mesi *, per esempio.

L'Italìa può a nostro avviso, senza diffidenza, firmare un trattato. Prendete: ecco uno schizzo che io ne ho redatto, le cui clausole messe qui di primo getto, e modificate ancora senza dubbio, potrebbero soddisfare nel miglior modo le nostre convenienze •.

Qui il conte di Bismarck mi lesse questo schizzo, il quale, previe le farmole di uso, contiene in sostanza le seguenti importanti clausole:

* ART. l. -La Prussia promuoverà la riforma Germanica, consentanea ai bisogni del tempo moderno. Se questa riforma potesse alterare la buona armonia della Confederazione e mettere in conflitto la Prussia e l'Austria, in questo caso l'Italia, ricevutane comunicazione, dichiarerà la guerra all'Austria ed ai suoi alleati.

ART. 2. -Le due potenze impiegheranno tutte le forze che la Divina Provvidenza ha messo nelle loro mani per il trionfo della loro giusta causa e dei loro diritti, e nessuna delle due parti deporrà le armi e firmerà alcuna pace od armistizio senza il consenso dell'altra.

ART. 3. -Questo consenso non potrà essere negato quando l'Austria abbia sgombrato il Regno Lombardo-Veneto e questo sia occupato dalle truppe del Re d'Italia e d'altro lato la Prussia abbia nelle mani un territorio austriaco equivalente al Regno Lombardo-Veneto*.

Dopo codesta lettura il conte di Bismarck mi aggiunse che tale era il trattato il quale meglio avrebbe convenuto alla Prussia; che però, avendogli io dichiarato nella precedente conversazione, le viste del mio Governo essere state solamente rivolte ad un trattato per un'azione immediata, mi pregava (e ciò lo fece con parole molto studiate e ben combinate), mi pregava tuttavia nell'udienza che avrei avuto da S. M. il Re Guglielmo di non ripetere questa mia dichiarazione, senza lasciar intravedere a Sua Maestà un altro aggiustamento corrispondente alle vedute della Prussia per un'azione comune in un tempo prossimo. • Io ho avuto molte difficoltà, aggiunse· il conte di Bismarck, a condurre Sua Maestà nelle mie vedute. Gli ho mostrato l'orizzonte dell'alleanza italiana. Il Re è di un'età in cui la ponderazione ha il sopravvento, e sarebbe forse alienato dalla politica che ci proponiamo di seguire, se voi distruggeste l'orizzonte che io gl,i ho fatto intravvedere; se gli dichiaraste infine che l'Italia era solo disposta ad ·un'azione immediata e che qui si limitavano le vostre istruzioni •.

Io replicai a S. E. il conte di Bismarck in primo luogo che le mie istruzioni finivano difatti a quel limite; che tuttavia, aderendo ai suoi desideri, avevo esposto le sue viste al Capo del Gabinetto di Firenze, e gli avevo riferite le varie combinazioni messe avanti da S. E., le quali gli chiedevo licenza di ricapitolare, onde mi corr·eggesse se io lo avevo frainteso. Esse erano sussidiariamente tre. La prima un immediato trattato ampio di alleanza offensiva e difensiva, di cui il conte di Bismarck mi aveva appunto letto lo schizzo di redazione. Rigettata questa combinaZJione, ridursi ad una promessa fatta ora di addivenire ad un trattato formale di alleanza offensiva e difensiva quando la riforma Germanica fosse giunta alla convocazione del Parlamento tedesco.

Rigettata anche questa combinazione, sottoscrivere ora un semplice trattato generale di amicizia e alleanza perpetua senza alt~o impegno o portata.

Aggiunsi che, avendo chiesto a V. E. istruzioni su queste tre combinazioni, mi era forza attenderle, e non mi era quindi lecito lasciar travedere a S. M. il Re Guglielmo l'accettazione di alcuna di queste combinazioni senza oltrepassare le mie istruzioni; che certamente anche facendolo non avrei impegnato il mio Governo, il quale poteva in ogni stato di cose disapprovarmi; ma che però avrei pregiudicata senza dubbio la mia missione e la mia posizione e compromessa la mia responsabilità morale di fronte a Re Guglielmo, lusingandolo di una combinazione che non fosse poi stata gradita a Firenze.

Il conte di Bismarck insisté, dicendo che in tutto questo vi era una questione di frasi (nuances), e che avrei potuto trovare delle espressioni che salvassero l'avvenire, senza compromettere l'opera lenta che egli aveva dovuto compiere nello spirito del Re Guglielmo. Replicai che certo non poteva convenire all'Italia di disgustare il Re dalla guerra contro l'Austria, onde avrei pensato ad una formala la quale non compromettesse nè la mia posizione, nè l'opera sua.

*Il conte di Bismarck trattò ancora un altro incidente. Disse che per ragioni speciali e personali il Gov,erno Prussiano aveva deciso di mandare a Firenze il generale conte di Moltke, capo di Stato Maggiore, presso il conte di Usedom. Aggiunse che il Re aveva avuto timore che io fossi stupito, disse persino offeso, di questa missione, mentre io ero stato mandato qui per trattare col Gabinetto Prussiano.

Risposi ch'io tenevo la mia missione dal Gabinetto di Firenze, e che tutto quanto potesse fare il Gabinetto di Berlino nei suoi interessi, non poteva, nè doveva spiacermi. Che forse vi era un inconveniente, il quale mi permettevo segnalargli, nella nuova missione del generale Moltke, potendo essa attirare maggiormente l'attenzione pubblica sulle pratiche pendenti, il cui segreto era già assai compromesso.

Il conte Bismarck replicò che il Signor Moltke era già destinato a partire prima della mia venuta, e che andrebbe colla famiglia a Nizza per dissimulare ,}a sua missione, da dove poi egli si recherebbe a Firenze.

È inutile ch'io dica a V. E. come la missione del generale Moltke sia atta ad aumentare il sospetto che il conte di Bismarck tenda far credere all'Austria serie intelligenze coll'Italia per intimidirla *. A questo proposito credo doverle osservare che il conte di Bismarck toccò talora, nelle sue conversazioni, anche questo punto; e pretende che si debba rigettare il sospetto che egli si proponga d'intimidire l'Austria. • L'Austria, dice egli, cederebbe tanto meno quanto più si avrebbe l'aria di minacciarla, e bisogna renderle questa giustizia, che preferisce essere battuta sul campo di battaglia anzichè cedere all'intimidazione. Voi dovete quindi rigettare il sospetto ch'io voglia un trattato con voi per presentarlo all'Austria ed ottenere così i miei fini •.

* A dir vero, tutto lo scopo della conversazione del conte di Bismarck di ieri sera, pare essere stato rivolto a che io non troncassi, per cosi dire, nella mente del Re la credenza nella probabilità d'un accordo della Prussia coll'Italia, e che anzi la lasciassi ,intravedere, sebbene il punto di vista delle due parti sia effettivamente differente, volendo noi impegni per una immediata azione e la Prussia impegni per eventualità più o meno lontane *. Ma quale risultato il conte di Bismarck voglia ottenere con lusingare il Re di una speranza che può essere vana con grande probabilità, io non saprei indovinare, se non sia, come taluno crede, per assicurare la sua posizione personale, che sarebbe, secondo le medesime persone, scossa: ovvero se non sia per impedire una troppo pronta rottura nelle trattative, la quale potrebbe pregiudicare i suoi calcoli e le sue dimostrazioni attuali di intimidazioni, che però egli rinnega.

Il conte di Bismarck mi disse ancora che sarebbe desiderabile che alle due Legazioni di Firenze e di Berlino fossero mandati addetti militari. Sebbene non fosse nelle nostre abitudini, risposi pure che ne avrei scritto a V. E. Ma anche questo mi pare racchiudersi nel cerchio delle dimostrazioni.

* -Il conte di Barrai, che mi consigliò prima della visita al conte di Bismarck ed a cui riferii poi l'accaduto, si conferma nell'opinione J.a quale io divido, che nulla di serio e pratico vi sia da attendere qui in favore dell'Italia, dalle trattative pendenti. P. -S. -Il conte di Bismarck mi scrive stamattina un biglietto per avvertirmi che il Re è indisposto e che il medico gli ha proibito di occuparsi di affari. Mi avvertirà quando potrò esser ricevuto un altro giorno *.
(l) -Cfr. n. 378. (2) -Cfr. n. 388. (3) -Cfr. n. 380. (l) -Cfr. n. 389. (2) -I brani fra asterischi sono editi anche in LA MARMORA, pp. 90-94.
399

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 94-95 e in GovoNE, pp. 458-459)

L. P. 3. Berlino, 18 marzo 1866.

Ieri, dopo il pranzo che il conte di Barrai diede alla Legazione d'Italia ed a cui assisteva colla parte principale del Corpo diplomatico S. E. i~conte di Bismarck, il Presidente del Consiglio m'intrattenne nuovamente della utilità reciproca di un trattato d'alleanza fra l'Italia e la Prussia. Il conte di Bismarck mi disse che le notizie ch'egli aveva ricevuto nella giornata gli mostravano che nulla aveva finora esacerbata la Corte di Vienna quanto il sospetto delle trattative coll'Italia. Aggiunse che per tal modo, se la Prussia non aveva bruciate le sue navi, desse stavano bruciando; che al proposto trattato noi potressimo prestare intiera confidenza: giacchè S. M. il Re Guglielmo era senza dubbio l'ultimo Sovrano in Europa che avrebbe receduto dinanzi ad un impegno preso. Anzi, aggiunse, è evidente che la questione Italiana è assai più matura della questione Tedesca e converrebbe forse anche meglio che le prime mosse per dar fuoco alle polveri partissero dall'Italia. E qui mi parlò di corpi franchi gettati nel Veneto e via dicendo. Io risposi che l'Italia non era in questo momento disposta a ciò; che l'opinione pubblica, sensata e retta in sommo grado, era tutta rivolta a compiere l'assetto amministrativo e finanziario del paese, sapendo bene che, compito questo, le altre questioni politiche si sarebbero sciolte da sè; che l'opinione pubblica avrebbe senza dubbio accolto con favore un'occasione propizia ed imprevista per sciogliere più presto la questione Veneta, ed era sotto codesto punto di vista che V.E. mi aveva mandato qui, avendo creduto la Prussia disposta alla guerra, ma che l'Italia sentiva troppo bene come non le convenisse precipitare nulla perché il Governo trovasse prudente prendere un'iniziativa della natura di quelle proposte da S. E.

Allora il conte di Bismarck disse: • Ma dunque potete attendere; non sono le finanze che vi forzino a precipitare una soluzione e potete unirvi a noi per procedere insieme fra sei mesi nel programma che vi ho sviluppato •. Io ripresi che allo stato delle finanze si stava porgendo rimedio, * era solo questione di mettere d'accordo una maggioranza parlamentare su alcune }eggi di imposte nuove, imposte che l'Italia poteva facilmente pagare. Aggiungendo a questi nuovi cespiti l'incremento naturale delle tasse vecchie, noi saremmo presto all'equilibrio. Le economie dell'armata essere giunte a quell'estremo limite che l'opinione pubblica comporta e quindi non esservi pericolo che si disarmi e si indebolisca il pa,ese * (1). L'opinione che noi fossimo tratti Il precipitare una soluzione dallo stato delle nostre finanze non sussisteva quindi,

* e potevamo appunto attendere *. Ma attendere impegnandoci intanto per eventualità lontane colla Prussia, io credevo che il Governo di Firenze vi si rifiuterebbe, perché, onde serbar fede alla santità d'un trattato, potrebbe accadere che l'Italia dovesse più tardi sacrificare altri interessi. • Pensi V. E., dissi al conte di Bismarck, alla possibilità per esempio che fra sei mesi le circostanze ci mettessero di fronte alla questione Romana e vedrà la validità dei nostri scrupoli •.

Nella giornata di ieri ho visto l'Ambasciatore di Francia signor Benedetti, il quale giudica la situazione attuale della Germania e la tensione fra Austria e Prussia, altrettanto ,e più gravi che non fossero all'epoca delle conferenze d'Olmlitz nel 1850. Anch'egli tuttavia ritiene che pure questa volta la Prussia non oserà affrontare la guerra.

400

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed in LA MARMORA, pp. 97-98)

T. Berlino, 19 marzo 1866, ore 20,10.

La médiation de l'Angleterre vient d'etre proposée à la Prusse qui a refusé en chargeant son envoyé à Londres de déclarer qu'elle devait l'adresser à l'Autriche, le véritable agresseur et le violateur du traité de Gastein.

En me faisant part tout à l'heure de cet incidept, Bismarck, qui était dans un état de violente surexcitation, m'a tout-à-coup demandé si l'Italie

serait disposée à déclarer immédiatement la guerre à l'Autriche, en ajoutant que dans ce cas la Prusse suivrait aussitòt après, en la déclarant de son còté.

J'ai répondu que je ne pensais pas que le Gouvernement du Roi fO.t disposé à prendre la responsabilité d'une initiative qui dans les circonstances actuelles me paraissait avant tout appartenir à la Prusse; mais qu'au surplus lui seui était appel:é à se prononcer sur une aussi grave question.

En supposant, ai-je ajouté, que l'Italie se décidàt à prendre l'offensive, vous engageriez-vous par un traité formel à la prendre non pas aussitòt après,. mais le lendemain?

A cette question j'ai vu parfaitement Bismark hésiter, et il a fini par me dire: il faudrait que je consultasse une dernière fois le Roi, et s'il refusait je lui offrirais ma démission.

Bismarck m'a ensuite posé la question si nous pourrions lui preter l'appui de notre marine dans la Mer du Nord, où il suppose que les armements de la flotte autrichienne à Pola et à Trieste ont pour but de la faire arriver pour écraser la marine prussienne, évidemment inférieure. J'ai de nouveau répondu que c'était encore là une question à laquelle je n'étais pas en état de répondre.

• Veuillez écrire à votre Gouvernement pour avoir une réponse sur les deux questions •, m'a dit alors Bismark; et là-dessus nous nous sommes quittés.

Mon impression personnelle est que Bismark se trouve dans une impasse produite par l'offre de médiation de l'Angleterre, qui y a ajouté sa désapprobation de la politique prussienne; pour en sortir Bismark cherche à intervertir les ròles en tàchant de nous pousser les premièrs contre l'Autriche av·ec l'espérance bien plus que la certitude d'entrainer le Roi.

Je crois que ce serait de notre part une politique extrèmement dangereuse et que moins que jamais nous devons prendre des engagements en présence d'éventualités aussi obscures et qui peuvent se terminer par une médiation etrangère ou par une reculade de la Prusse.

La Reine, la Reine douairière, la Princesse et le Prince Royal supplient le Roi de s'arranger avec l'Autriche, et comme ils supposent que l'audience du général Govone peut amener un engagement belliqueux, ils ont réussi déjà hier matin à la faire remettre sous prétexte d'indisposition.

(l) I brani fra asterischi sono omessi in LA MARMORA.

401

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. CONFIDENZIALE RISERVATO. Firenze, 19 marzo 1866.

Le annesse copie di una lettera a me diretta dal Generale Govone e di due telegrammi del Conte di Barrai, giuntimi l'altro jeri e stamane (1), Le faranno conoscere quali siano le aperture fatteci finora dal Gabinetto di Berlino. Nè le

sue proposte di una alleanza condizionata o generica, quali esse sono presentate, nè la subita eccitazione fattaci dal Conte di Bismarck ad entrare pei primi in guerra coll'Austria, pajono presentare sufficienti guarentigie. Però quelle proposte possono essere il punto di partenza di accordi o di portata più pratica e positiva, oppure, se di portata generica, tali da essere giovevoli in generale alla nostra politica senza detrimento alla nostra libertà d'azione. Ma per entrare colla dovuta prontezza e precisione nei negoziati a ciò necessarii, è indispensabile che noi conosciamo l'esito che avranno avute le aperture del Conte di Goltz presso S. M. l'Imperatore, essendoché il contegno della Francia sia ravvisato dalla Prussia non meno che da noi di massima importanza nelle deliberazioni da prendersi. Voglia adunque, Signor Ministro, fornirmi a tale riguardo i dati che dalla lettura degli annessi al presente dispaccio ella rileverà esserci opportuni.

(l) Cfr. nn. 389, 393, 400. Il n. 400 risulta però spedito alle ore 20,10.

402

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 98-99 e in CHIALA, pp. 76-77)

T. Berlino, 20 marzo 1866, ore 19,33.

Bismark toujours plus agité vient de me proposer une nouvelle combinaison.

L'on signerait de suite un traité d'alliance et d'amitié, conçu en termes généraux, mais portant que certaines éventualités belliqueuses venant à se réaliser, l'on procéderait immédiatement à la signature d'un traité d'alliance offensive et défensive, stipulant action commune et engagement réciproque, de ne pas déposer les armes sans consentement mutuel et but atteint de part et d'autre.

Les termes de ce dernier traité devraient etre convenus dès à présent de manière à pouvoir etre instantanément signé. Il reste toujours la grave question de savoir celui des deux, qui devrait prendre l'initiative de l'agression contre l'Autriche. Le Roi interrogé aujourd'hui a dit que ce devrai<t etre l'ltalie. J'ai dit à Bismark qu'à mon avis ce devrait etre la Prusse.

La difficulté est la méme et H resterait encore à déterminer quelles éventualités belliqueuses engageraient la parole du Roi * dans ce sens. Maintenant le roi hésitant, tiraillé dans tous les sens et suivant ses propres expressions disposé à envoyer la royauté au diable, suivant ce que m'a dit Bismarck, * (l) 'est très... (2) des armements de l'Autriche, et le Gouvernement prussien va immédiatement procéder à un achat considérable de chevaux, en attendant la mobi'lisation qui ne se ferait qu'après.

(l) -Il brano fra asterischi non è pubblicato. (2) -Gruppo indecifrato.
403

ISTRUZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, PER IL MINISTRO DESTINATO A LIMA, CAVALCHINI GAROFOLI

Firenze, 20 marzo 1866.

Mi pregio di trasmettere qui unite le lettere Reali che accreditano la S. V. Illustrissima a Ministro del Re presso le Repubbliche del Perù, del Chilì, degli Stati Uniti di Colombia, di San Salvatore, di Guatemala, di Bolhnia, di Nicaragua, di Honduras, dell'Equa·tore e di Costa Rica. Le invio pure la lettera Reale di risposta all'annunzio dato a Sua Maestà dal Signor Prado dell'assunzion sua al governo del Perù col titolo di Capo Supremo di quella Repubblica.

Il Marchese Migliorati essendo già ritornato a Lima dove egli deve aspettare la S. V. è indispensabile che Ella parta col primo corriere e si rechi direttamente al suo posto. La sua residenza abituale sarà in Lima. Come però le circostanze lo permettano la S. V. andrà momentaneamente a Santiago per presentarvi le sue credenziali, e prendervi cognizione dello stato delle cose. In seguito pÒi la S. V. è autorizzata a recarsi al Chilì in quei casi che vi rendessero necessaria la temporanea sua presenza. Quanto agli altri Stati presso i quali s'estende pure la sua missione la S. V. manderà ai Governi rispettivi le sue credenziali e corrisponderà con essi per iscritto senza recarvisi personalmente.

Dalle istruzioni date al suo Predecessore e dalla corrispondenza seguita fra di lui ed il Ministero, la S. V. Illustrissima ha già potuto rilevare le condizioni dei paesi dov'Ella è accreditata, l'indole di quei governi e di quelle popolazioni, gli eventi che vi succedono, l'importanza delle colonie italiane che vi sono stabilite e degli interessi che vi dobbiam promovere e tutelare, gli intendimenti ed i desideri del Governo del Re rispetto al contegno del suo Rappresentante, ed ai modi di attivar·e la navigazione ed il commercio d'Italia con quelle regioni.

Mi restringerò pertanto a ricordarle alcune norme direttive della sua condotta, e le principali questioni che ora sono vertenti colla nostra Legazione.

Il Governo del Re ha proclamato e vuol fermamente mantenere la più assoluta neutralità nel conflitto che il Perù, il Chilì e, stando alle ultime notizie, anche l'Equatore sostengono contro la Spagna. Quindi non solo la S. V. dovrà uniformarsi scrupolosamente a questa risoluzione ne' suoi rapporti colle parti contendenti, ma eziandio procacciare con le sue ammonizioni e colla sua influenza che nissun nazionale nostro partecipi a qualunque modo di armamento per terra e per mare, e faccia qualsiasi dimostrazione incompatibile coi doveri dei neutri.

Lo stesso principio si osserverà dalla S. V. e da Lei s'inculcherà agli Ita

liani nelle discordie intestine che venissero per avventura a turbare l'interna

tranquillità di codesti paesi. Ella avrà cura di tenersi in buoni ed amichevoli termini coi governanti attuali, ma senza vincolarsi né colle loro opmwni, né coi loro atti, cosicché venendo al potere altri uomini ed altri partiti la posizion sua non si trovi pregiudicata.

Questa avvertenza è tanto più necessaria al Perù, dove in pochi mesi ad un governo rovesciato dalla guerra Clivile, son già succeduti due altri governi, e dove sembra che nuovi pretendenti s'apprestino a tentare nuove mutazioni.

Ma rimanendo strettamente neutrale il Governo del Re non potrebbe disconoscere i danni che la guerra ,esterna ed i torbidi interni cagionano agli interessi stranieri, e massime agli interessi Italiani, e deve naturalmente desiderare che una politica di conciliazione affreHi il ristabilimento della pace colla Spagna, e preservi codesti paesi da agitazioni e da rivolgimenti.

Perciò la S. V. Illustrissima potrà ove l'occasione se ne presenti, cercar di giovare con i buoni suoi officii e d'accordo con i Ministri delle altre Potenze, segnatamente di Inghilterra e di Francia, all'appianamento delle difficoltà che incontra un amichevole componimento fra codeste Repubbliche e la Spagna.

Così pure potendolo fare senza contrarre impegni o provocare risentimenti, Ella proeurerà di usare una influenza pacificatrice frammezzo alle gare dei partiti, ed i suoi consigli dovranno mirar sempre a far comprendere la necessità ed i benefizii di un tranquillo e stabile ordine di cose.

Varii reclami di nostri nazionali sono pendenti presso il Governo del Perù. Alcuni provengono parte da soprusi e violenze di pubbliche autorità contro ad Italiani, o dalla poca tutela della pubblica sicurezza, e della giustizia.

Ella s'informerà riguardo a questi dal Marchese Migliorati quali soddisfazioni siansi ottenute e quali provvedimenti s'abbiano tuttora da richiedere. Altri reclami si riferiscono al saccheggio che nella notte del 6 novembre scorso fu fatto dalla plebaglia del Callao delle botteghe e delle case di varii Italiani.

Il Governo del Generale Causeco, aveva preso l'iniziativa di liquidare--le indennità dovute a parecchi cittadini Italiani per i danni patiti e che stando al valore denunziato salirebbero a pezzi 555.830. Ella vedrà se la liquidazione siasi continuata anche dopo la proclamazione della Dittatura, e s'adoprerà in ogni ipotesi perché i nostri nazionali ottengano effettivamente quei risarcimenti che secondo diritto e ragione loro spettano.

Un'ultima specie di reclami concerne i contratti per la consegna del guano. Ella sa che il Governo del Perù invece di lasciar libero a chiunque l'escavare ed esportare il guano pagandone un dato prezzo, usa concedere a speciali agenti per i vari Stati d'America ed Europa il privilegio di portarvi e di vendervi il guano per conto del governo stesso il quale riceve dai concessionari anticipazioni di danaro proporzionate alla quantità del guano che deve loro essere consegnato e loro accorda per contro del prodotto della vendita certi compensi, oltre il rimborso delle somme anticipate.

Siccome questi compensi a titolo di commissione, d'interessi, di spese, risultano in sostanza molto onerosi per le Finanze Peruviane, il Congresso proibì la rinnovazione di simili contratti senza la sua approvazione.

Tuttavia quando scoppiava il conflitto colla Spagna nel 1864 il Governo abbisognando di danari prorogava, col consenso della Commissione permanente, che in assenza del Congresso ne fa le veci, i contratti di consegna a favore dei concessionari antichi in seguito di prestiti che questi gli facevano di somme cospicue. Ma il Congresso dichiarò nulle quelle proroghe, senza però rinunciare ai prestiti ottenuti. Questo provvedimento colpiva alcune case Francesi, Belghe e Tedesche, e due case Italiane; cioè la casa Lazaro Patrone di Genova per le consegne del guano in Italia, e la casa Canevaro di Lima per le consegne all'Ollanda.

La casa Canevaro pretende anzi avere titolo alla consegna per la Spagna che sarebbe stata conceduta ad una casa Francese, malgrado impegni che essa asserisce esistessero prima con lei.

Un Decreto del Dittatore Prado avendo nel gennajo scorso dichiarato nuovamente nulle le proroghe, dando però facoltà al Governo di !asciarle durare per un dato periodo a favore dei concessionari che rinunciassero al maggior tempo della proroga rispettiva, ed a vari fra i compensi pattuiti, il Procuratore del Signor Lazaro Patrone ed il Signor Oanevaro firmavano un contratto con cui accettavano le nuove condizioni. Ma il Signor Patrone ha protestato, chiedendo con una sua memoria che già fu letta dalla S. V. l'appoggio del Governo di Sua Maestà.

Ho mandato coll'ultimo corriere copia di quella memoria al Signor Marchese Migliorati, invitandolo però semplicemente a consegnare al Ministro degli Affari Esteri con Nota Verbale un duplicato della protesta del Signor Patrone ed a raccomandarla alla sua attenzione.

La S. V. Illustrissima dovrà procurarsi esatte informazioni su tutte le circostanze di quei contratti, consultare persone imparziali e competenti sulla giustizia dei rispettivi reclami, e regolare i suoi passi presso il Governo secondo il vero fondamento che le risulteranno avere le ragioni dei Reclamanti.

In ogni caso Ella esigerà che a parità di condizioni i nostri nazionali siano trattati come i Concessionari Francesi e Belgi. La S. V. favorirà mandarmi con sollecitudine il risultato delle sue investigazioni acciò io possa occorrendo impartirle nuove istruzioni.

Havvi anche una controversia pendente tra la casa Pratolongo di Lima ed il Governo peruviano per cambiali protestate della somma di 267.000 sterline, la quistione si dibatte tra il Governo peruviano ed il Pratolongo, ed io prego la S. V. d'informarsene.

Proteggendo operosamente ed efficacemente gli interessi dei nostri nazionali, e sostenendone fermamente i diritti, Ella dovrà usare forme temperate e cortesi, astenersi da espressioni minacciose, regolare per quanto le sarà possibile verbalmente le quistioni, ed evitare il più possibile dissapori e complicazioni.

Coll'attività personale, colla fiducia che saprà inspirare pel suo carattere e pe' suoi sentimenti Ella riescirà ad ottenere resultati favorevoli senza esporre il Governo del Re a spiacevoli imbarazzi.

Le relazioni commerciali saranno soggetto delle più assidue sue sollecitudini.

Ella invigilerà che durante la guerra non siano da veruna delle parti belligeranti violati i diritti della nostra bandiera. Anzi impiegherà tutti quegli officLi che le parranno convenienti massime verso il Comandante delle forze

marittime di Spagna per renderlo benevolo ai nostri naviganti ed indurlo ad avere per essi i maggiori riguardi. Il Chili ha già concesso fin dal giugno scorso il cabotaggio e la pesca ai legni Italiani. Ella s'adoprerà perché eguale concessione ci sia fatta dal Perù.

Confidando Signor Barone nella sua solerzia e nella sua capacità, non dubito che la S. V. saprà pienamente corrispondere alla aspettativa del Governo di Sua Maestà, nell'adempimento dell'importante missione di cui è incaricato.

404

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 58. Berlino, 20 marzo 1866 (per. il 24).

* Ainsi que j'ai eu l'honneur de le mander à V.E. par mon télégramme d'avant-hier (1), j'ai informé tous les Ministres des Etats faisant partie de l'association douanière Allemande, de la décision prise par le Gouvernement du Roi d'accréditer incessamment le Marquis Oldoini et moi près de leurs Cours respectives. Ma démarche, à laquelle j'ai eu soin de donner un caractère officiel, et qui a été acceptée comme telle, n'a pas rencontré la moindre difficulté de la part de ces représentants qui m'ont tous répondu qu'ils allaient immédiatement en faire part à leur Gouvernement. Il n'y a plus maintenant qu'à attendre leur réponse * (2). L'on est venu me dire que le Hanovre voulait organiser avec Nassau et, peut-etre, Darmstadt, une espèce de conspiration du silence, et mettre un long intervalle de temps avant de répondre. S'il en était ainsi, je crois que dans une quinzaine de jours, je pourrais, en me référant à ma première démarche, adresser d'abord une communication officielle pour la rappeler, sauf à prendre ensuite, suivant les circonstances, une décision plus énergique que je me réserve d'indiquer à V.E.

J'attendrai les instructions de V.E. à cet égard, mais, comme j'ai eu l'honneur de le Lui mander, je crois, en tous cas, qu'il serait essentiel de m'expédier le plus tòt possible mes Lettres de créance afin d'en finir promptement. Il n'est pas probable que l'Autriche et la Prusse en viennent de sitòt à une réconciliation; mais comme en Allemagne tout est possible, il est évident que la situation politique venant à se modifier dans ce sens, nous éprouverions beaucoup plus de difficultés à atteindre le but politique que nous nous sommes proposé en signant une convention commerciale avec le Zollverein.

(l) -Non pubblicato. (2) -Il brano fra asterischi è edito in italiano in L V 9, p. 69.
405

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 23. Berlino, 20 marzo 1866 (per. il 24).

L'Ordonnance Prussienne, qui menace de punir d'un emprisonnement de 5 à 10 ans toute personne qui dans les Duchés Allemands se permettra de tenir des discours ou faire le moindre acte contraire à l'état de choses actuel, a produit le plus détestab1e effet en Allemagne. Le blame a été d'autant plus universel que les allures draconiennes de la Prusse font un contraste plus frappant avec la conduite de l'Autriche dont la politique dans le Holstein s'applique, au contraire, à se montrer remplie de bienveillance envers ces populations. Il n'est pas douteux qu'en procédant à des mesures aussi violentes, la Prusse n'a pas eu seulement en vue de dompter le parti Augustembourgeois, mais qu'elle a voulu aussi adresser une provocation à l'Autriche en enveloppant dans la mème Ordonnance le territoire Holsteinois soumis à l'Autorité Autrichienne. Mais l'Autriche, sachant bien l'embarras où se trouve la Prusse de trouver un casus belli, est décidée à tout supporter dans cet ordre de provocations, et à attendre que son ancienne alliée ose lui déclarer la guerre. C'est pour ce moment que l'Autriche réserve tous ses moyens et fait tous ses préparatifs. Jusque là elle se montrera impassible; et si un jour, à propos des services que lui avait rendus la Russie en Hongrie, elle a pu dire qu'elle étonnerait le monde par son ingratitude, l'on peut affirmer aujourd'hui qu'elle

est résolue à l'étonner per sa patience. Quant à sa résolution arrètée de résister

aux ambitlions Prussiennes, dont l'annexion des Duchés ne serait qu'un premier

pas fait vers l'assimllation ultérieure de tout le Nord, elle ne saurait plus ètre

douteuse. Le langage du Comte Karoly, ici, continue à etre des plus accentu~

dans ce sens, et l'on cite les propos des Envoyés d'Autriche à Londres et à

Paris qui, en faisant part de la tension extrème survenue entre les deux

Cabinets Allemands, ont déclaré que l'Autriche était préte a subir une guerre

malheureuse plut6t que de céder.

Ainsi, d'un còté comme de l'autre, les choses en sont arrivées à un degré de crise violente où il faut nécessairement qu'il se produise un dénouement. Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. il ne faut pas l'attendre de la médiation Anglaise qui a été refusée par le motif que c'était à l'agresseur et au violateur du Traité de Gastein, c'est-à-dire à l'Autriche, qui'il fallait l'adresser. La Russie offrira-t-elle la sienne? Cela paraìt douteux. Les Etats Moyens, sous l'inspiration de l'Autriche, dit-on, s'appuyant sur un article du Pacte Fédéral, voudraient bien faire porter devant la Diète à Francfort la question qui divise les deux grandes Puissances; mais il est à prévoir que la Prusse, forte du Traité de Gastein, déclinera la compétence de l'Assemblée fédérale.

De toutes les solutions possibles, la guerre serait encore la plus probable,

et si elle ne dépendait que du Comte de Bismarck, l'on pourrait la regarder

comme certaine. Mais il faut compter avec l'esprit irrésolu du Roi qui tantòt

se montre belliqueux et bientòt après retombe dans des hésitations suivies de profondes défaillances. La Reine, la Re1ne Douarière, le Prince Royal et la Princesse, les deux premières sous la pression de l'Autriche, et les seconds sous celle de la Reine d'Angleterre, mettent tout en oeuvre pour pousser le Roi dans la voie de la conciliation; et entre eux tous, ils détruisent quelquefois en une heure le travail du Comte de Bismarck qui est sans cesse obligé de relever le nwral de Sa Majesté en Lui démontrant l'humiliation que ferait rejaillir

sur sa Couronne toute concession envers l'Autriche, impliquant l'abandon de la politique Prussienne dans le Nord de l'A1lemagne. C'est un combat de tous les jours dans lequel le Comte de Bismarck est obligé de faire autant de politique que vis-à-vis d'un Cabinet Etranger.

La Gazette de la Croix d'hier soir publie un article qui a produit une très grande sensation, en ce sens que le parti féodal qu'elle représente, semble se prononcer pour la guerre. En résumé cet article dit qu'en présence des armements de l'Autriche et de la Saxe, la Prusse ne devait pas rester sans défense, et que la responsabilité des événements qui pourraient s'en suivre devait retomber sur ceux qui avaient pris l'initiative des armements. L'on croit que cette déclaration de l'organe féodal est destinée à servir de transition à l'Ordonnance de mobilisation de l'armée Prussienne. Mais dans cette phase marquée de démonstrations miUtaires il faut encore attendre que les actes répondent à l'expressiòn de' sentiments vivement surexcités.

P.S. -J'apprends à l'instant que la Prusse va procéder à un achat considérable de chevaux, et que la mobilisation de l'armée demandant beaucoup moins de temps, se fera seulement après.

406

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 307. Parigi, 20 marzo 1866.

La Conferenza pei Principati Danubiani tenne ieri la sua seconda seduta. Assistevano ad essa tutti i Rappresentanti delle Potenze segnatarie del Trattato di Parigi, compresovi l'ambasciatore di Russia, giunto pochi giorni innanzi da Pietroborgo.

Si diedi anzi tutto lettura del Processo Verbale della seduta precedente. Il Plenipotenziario di Sua Maestà domandò. se i processi verbali sarebbero stati pubblicati. Fu deliberato che infatti sarebbero stati pubblicati a cosa com

c

piuta.

Il Presidente, Signor Drouyn de Lhuys, apri la seduta facendo succintamente l'esposizione delle questioni. Dichiarò poi che in presenza delle riserve pregiudiciali fatte dall'Ambasciatore turco nella seduta precedente, doveva innanzi tutto invitare quest'ultimo a svolgere innanzi 'alla Conferenza il punto di vista particolare del suo Governo.

18 -Documenti diplomatici -Serie I • Vol. VI

Savfet Pacha rispose riferendosi al firmano del 1861 che non aveva ammessa l'unione se non temporariamente e per la sola durata del Governo del Principe Couza.

Il rappresentante del Governo del Re fece allora rimarcare che l'ammessione preliminare di queste riserve avrebbe impedita affatto ogni discussione sulle questioni stesse. Per giungere ad un accordo è invece necessario di esaminare i provvedimenti che sono richiesti dagli avvenimenti seguiti nei Principati, riservandosi di tenere nel debito conto le reclamazioni formolate dal rappresentante della Porta. Questo modo di procedere fu in sostanza adottato.

Si passò quindi a discutere la questione del Principe Estero. Ne nacque una conversazione generale un po' confusa, dalla quale però risultò abbastanza chiara l'opinione dei varii Plenipotenziarii. Per suo conto il Plenipotenziario italiano dichiarò che il rispetto ai voti delle popolazioni doveva secondo il pensiero del suo Governo formar la base delle deliberazioni della Conferenza. Nel 1866 come nel 1858 gli abitanti dei Principati si erano pronunciati per l'unione: infatti l'Assemblea di Bukarest, che è attualmente la sola rappre5entanza legale del paese, si era, immediatamente dopo la caduta del Principe Couza, pronunciata per runione sotto un Principe estero. Questo è dunque il desiderio delle popolazioni e nell'unione sotto un principe estero consiste il mezzo di fondnre nei Prindpati un governo stabile e regolare.

Il Plenipotci1ziario francese si pronunciò egualmente pel Principe estero, ma non in modo assoluto; mentre invece il suo voto intorno al mantenimento dell'unione fu formolato in modo assoluto. I Plenipotenziari di Russia e di Turchia si pronunziarono recisamente contro il Principe estero. Degli altri tre Plenipotenziari, quello di Prussia propende piuttosto pel Principe estero, ma dichiarò di non avere un'idea prestabilita al riguardo; quelli d'Austria e d'Inghilterra propendono invece per l'escl~sione del Principe estero.

Vista l'impossibilità d'intendersi su questa prima questione, fu di comune accordo risoluto che si sospendesse la discussione su questo punto e si esaminasse invece la questione dell'unione o della separazione d~i Principati.

Il Barone di Budberg contestò che la Moldavia desiderasse veramente l'unione colla Valacchia. Disse che anch'esso desiderava che si tenesse conto della volontà delle popolazioni e propose che questa volontà fosse consultata in ·modo leale e sincero.

Lord Cowley ed il Principe di Metternich, senza esprimersi in modo così assoluto, manifestarono gli stessi dubbi sulla volontà della Moldavia riguardo all'unione. Aderirono alla proposta di consultare le popolazioni.

Il Conte Goltz rappresentante di Prussia si espresse colla stessa riserva che aveva mostrato per la questione precedente. Si pronunziò però anch'esso per la consultazione della volontà popolare.

Ne nacque una discussione abbastanza diffusa sulla convenienza di con~ sultar le popolazioni e sul modo migliore di conoscere i loro voti. Il Plenipotenziario italiano dichiar-ò che ài suoi occhi la volontà delle popolazioni era già abbastanza chiàramente manifestata, che non vedeva la necessità d'una nuova prova; che quindi non ne faceva la proposta, ma se questa fosse adottata dalla Conferenza esso non vi si opponeva. La conversazione essendo di

ventata generale non riferirò qui i discorsi tenuti da ciascuno . dei Membri

della Conferenza. In sostanza fu convenuto che ciascuno dei rappresentanti avrebbe chiesto le istruzioni speciali del suo Governo sopra le questioni seguenti:

l o Conviene o non di lasciare all'Assemblea che siede ora a Bukarest la missione di nominare un Ospodaro in luogo del Principe Couza?

In questo caso, se i Membri moldavi manifestassero spontaneamente delle intenzioni diverse da quelle dei Valacchi e chiedessero sia di votar separatamente sopra l'unione o sulla nomina dell'Ospodaro, sia la separazione dei Prin-· cipati si potrebbe permetter loro di votare separatamente, mentre i deputati valacchi voterebbero pure separatamente, ma però senza che i deputati moldavi partano da Bukarest?

2o Convien egli, senza attendere che i deputati moldavi abbiano manifestate le loro intenzioni, di invitar l'Assemblea sedente a Bukarest a pronunciarsi sull'unione o la separazione, mediante un voto separato?

3o È egli il caso di decidere che, l'Assemblea essendo chiamata a pronunciarsi sulla questione dell'unione, i deputati moldavi si rechino a Jassy mentre i deputati valacchi rimarrebbero a Bukarest?

4° Conviene egli di fare un appello diretto a delle elezioni generali aventi appunto per iscopo di nominare una sola Assemblea che si riunirebbe a Bukarest per nominare un nuovo Ospodaro, ed all'uopo di pronunciarsi sull'unione? In quest'ultimo caso s'intenderebbe che il voto favorevole all'unione non sarebbe valido se non nel caso in cui esso avesse ottenuta la maggioranza dei deputati moldavi sedenti nella nuova Assemblea.

5o Infine dovrassi ricorrere alla riunione di due Assemblee, l'una a Bukarest, l'altra a Jassy secondo quanto si è fatto nel 1857 pei divani ad hoc?

Chiamo tutta l'attenzione di V. E. su questi quesi·ti. La scelta del modo di consultare le popolazioni eserciterà infatti una grande influenza sopra l'espressione dei voti medesimi. Fin d'ora è a prevedersi che la nomina di .due Assemblee distinte, sedenti l'una a Bukarest, l'altra a Jassy sarà preferita dalla Porta, dalla Russia, dall'Austria e dall'Inghilterra. E per vero, quando si ammetta che è necessario di provocare una nuova manifestazione della volontà popolare, è difficile di negare che Bukarest non offre forse ai deputati moldavi tutta la libertà ch'è necessaria per la spontaneità del voto. Dall'altro canto acconsentire la nomina di due Assemblee è rinunciare implicitamente all'unione che ora esiste di fatto. In attesa delle istruzioni dei Governi rispettivi, la Conferenza si separò senza assegnare alcun giorno per la terza seduta.

In questa terza seduta sarà discussa probabilmente e risoluta la questione del Principe estero che è in certo modo pregiudiziale, giacchè è evidente che la consultazione dei voti delle popolazioni dipende dalla soluzione di quella prima questione.

La prego perciò di volermi indicare in modo preciso il pensiero del Governo su questo punto essenziale, non che sul modo di consultazione.

Aggiungo la copia della redazione identica con cui furono formulate queste ultime questioni (1). Fu rinnovata la promessa del segreto intorno a quanto si passa alla Conferenza.

407

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

L.P. Parigi, 20 marzo 1866.

Benché non abbia nulla di molto importante ad aggiungere all'ultima mia lettera (2), Le spedisco il corriere di Gabinetto ArmiUet, giacché Ella m'ha annunziato un altro corriere in viaggio. Lo incarico di rimetterle questa lettera insieme col dispaccio che rende conto della Conferenza di ieri (3). Io mi son pronunziato in seno alla Conferenza molto esplicitamente perché si rispetti la volontà delle popolazioni. Questo principio sarà la base della mia condotta, la quale sarà logica e conseguente alle grandi massime che noi professiamo ,e sulle quali è fondata la costituzione del nostro paese. Questo principio forma del resto anche la base delle di Lei istruzioni ( 4). Sicché spero che ElLa approverà il linguaggio da me tenuto. La questione non è facile a risolversi e le conferenze, a quanto può prevedersi tireranno in lungo. Ciò non è cattivo per le cose nostre.

* Il Signor Drouyn de Lhuys non vuole pronunziarsi intorno alla possibilità d'una guerra. Egli mi ripetè, quando lo interrogai la frase ufficiale stereotipata: • Se l'Italia aggredisce l'Austria, lo farà a suo rischio e pericolo; se l'Austria aggredisce l'Italia, posso dirvi che il passato risponde dell'avvenire questa è la condotta che sarà tenuta dalla Francia • * (5). Questo Ministro mi ha detto jeri che era stato informato, ma in modo non positivo, di offerte di mediazione fatte dall'Inghilterra all'Austria ed alla Prussia.

P.S. -Aspetto con impazienza il corriere ch'Ella m'annunzia e ne La ringrazio.

408

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, pp. 101-102 e in CHIALA, pp. 77-78)

T. Berlino, 21 marzo 1866, ore 11,30 (per. ore 17).

Les armements de l'Autriche sont venus modifier profondément la situation en augmentant considérablement les probabilités de guerre. Les raisons

du comte de Bismark pour insister sur un traité éventuel sont: l'une de pouvoir peser sur les résolutions du Roi et l'autre d'etre en siìreté contre un arrangement que pourrait nous proposer l'Autriche au sujet de la Vénétie.

Cela étant, ne pourrait-on pas peut-etre accepter le traité éventuel, mais en lui fixant un délai de deux mois pendant lequel la Prusse pourrait trouver son casus belli, et passé lequel nous reprendrions notre liberté d'action?

Il est possible, il est vrai, que la Prusse se serve de notre traité pour peser sur l'Autriche; mais d'un autre cOté, si nous ne fournissons pas à Bismark le moyen qu'il demande pour entrainer le Roi, n'est-il pas à craindre que nous augmentions les probabilités d'un arrangement dont le premier résultat sera l'avènement d'un Ministère choisi dans le parti autrichien et par suite l'ajournement indéfini de la coopération prussienne pour la délivrance de la Vénétie?

(l) -Non si pubblica. (2) -Cfr. n. 397. (3) -Cfr. n. 406. (4) -Cfr. n.388. (5) -Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p. 125.
409

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in CHIALA, p. 78)

T. Berlino, 21 marzo 1866, ore 16,27.

D'après les nouvelles que reçoit M. de Bismarck de différents points de l'Autriche, il est certain qu'il se fait mouvements de ·troupes dans la direction de la frontière prussienne.

M. de Bismarck veut marquer un certain temps d'arret entre les armements autrichiens et ceux de la Prusse pour donner à l' Autriche le ròle d'agresseur et justifier casus belli. Il attend avec impatience la réponse de V.E. à la proposition de convention éventuelle. Le général Govone se rend en ce moment chez le Roi.

410

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LA MARMORA, p. 102 e in CHIALA, p. 78)

T. Firenze, 21 marzo 1866, ore 21,20.

Avant de nous décider meme pour un traité éventuel limité, il est indispensable que le Gouvernement prussien nous fasse une proposition par écrit" nette et précise.

411

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed in CHIALA, p. 79)

T. Parigi, 21 marzo 1866, ore 22,10 (per. ore 3,30 del 22).

Je sors de voir l'Empereur; je lui ai communiqué le contenu de votre dernier télégramme. L'Empereur croit qu'il n'y a ni inconvénient ni danger à signer le traité générique en question et que par contre ce traité pourrait amener plus facilement la Prusse à déclarer la guerre.

412

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed in CHIALA, p. 79)

T. Parigi, 22 marzo 1866, ore 20,55.

L'Empereur a dit au prince Napoléon aujourd'hui que le Gouvernement du Roi devait s'accorder avec M. de Bismarck pour déterminer le Roi de Prusse. Le prince Napoléon a télégraphié dans ce sens au Roi (l) et il repartira bientòt pour l'Italie. Malaret ne doit rien savoir de tout ceci.

413

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in GOVONE, pp. 461-464) (2)

L.P. 4. Berlino, 22 marzo 1866.

Come ho telegrafato ieri sera a V.E., dopo due udienze fissate e poi contramandate per influenze che si agitano intorno al Re, ieri mercoledì alle tre e mezzo pomeridiane fui ricevuto da Sua Maestà. Il Re mi disse rincrescergli che una indisposizione lo abbia impedito di ricevermi prima; essere spiacente che un malinteso, non proveniente da ordini dati da lui, abbia dopo la prima volta

contromandato anche la udienza fissata per il giorno di lunedì. Che nella serata del conte di Bismarck, quando gli fui presentato, egli mi parlò come ad un uffiziale estero che veniva a visitare gli stabiLimenti militari prussiani; ma che mi diceva ora, intol'lno al mo·tivo della mia venuta, essere egli pienamente disposto alla guerra contro l'Austria, se non riusciva ad intendersi con lei .in modo soddisfacente, avere quindi rivolto gli occhi sull'Italia e sperare che il suo Ministro degli affari esteri avrebbe potuto mettersi d'accordo con noi, sopra un trattato eventuale per un'azione comune, in quel caso. Risposi ringraziandp Sua Maestà dell'onore che mi aveva fatto fissandomi un'udienza. Che il nostro scopo politico, altrettanto giusto e santo quanto quello della Prussia, faceva di noi l'alleato na,turale di ogni nemico dell'Austria. Sperare che si potesse giungere ad un'intelligenza col suo Governo. Qui il Re, parlando della sua armata, dell'esercito austrioco e del nostro, mi offrì occasione di chiedergli se gli armamenti austriaci segnalati ora, erano considerevoli e se non v'era sospetto che l'Austria volesse provare una nuova sorpresa. 11 Re rispose che attendeva notizie precise, ma non gli pareva per ora un armamento su grande scala. Chiesi se la Prussia intendeva prendere misure di mobilizzazione, ed il Re mi disse che in quel momento erano riuniti i Ministri e che attendeva un loro rapporto sulle misure da prendersi: che la fanteria si poteva mobilizzare in: pochi giorni, che la misura la quale richiedeva maggior tempo era quella della compra dei cavalli per l'artiglieria ed il treno, e che forse si sarebbe cominciato in breve da quella. Toccai a Sua Maestà della convenienza, in caso di guerra, di sorpassare in celerità l'Austria, ed in quel caso che l'armata anche coll'effettivo attuale di 500 a 600 uomini per battaglione e 120 cavalli per squadrone, poteva entrare in campagna, come l'artiglieria poteva marciare cogli attuali quattro pezzi, appena fossero pronti i cavalli per q_uesti, facendo poi raggiungere il resto.

Il Re ricordandosi d'un tratto mi disse: " Una cosa che voglio chiedere al Re Vittorio Emanuele si è codesta: Che prima di ogni dichiarazione di guerra, se èi mettiamo d'accordo coll'Italia, sia distaccata una parte della squadra corazzata, la quale tenga dietro e sorvegli la squadra austriaca che si sta ora armando a Pola ed è destinata pel Baltico. La nostra marina è nell'infanzia e se scoppiano le ostilità in unione coll'Italia allora le vostre navi saranno a portata per tenere in ris9etto le forze navali austriache •. -Io m'incaricai di riferirne a V. E.

Dopo mezz'ora di udienza Sua Maestà mi congedò.

Secondo intelligenze prese col conte di Bismarck alle otto e mezzo di ieri sera stessa mi recai da esso conte che desiderava sentire notizie dell'udienza. Il Presidente del Consiglio mi disse che il Re gli aveva detto essere io stato assai riservato. Poi mi discorse delle due combinazioni di cui già aveva parlato al conte di Barrai per stringere un trattato coll'Italia.

Là prima combinazione è quella di cui il conte di Barrai ha presa l'iniziativa telegrafando a V. E. per provocare le di Lei istruzioni e che consisterebbe nel firmare un trattato di alleanza offensiva e difensiva, limitato a due mesi, trascorsi i quali scadrebbe. Il conte di Bismarck mi disse che egli ne vorrebbe la durata a tre mesi, ma che se s'insisteva da nostra parte, avrebbe aderito alla

limitazione dei due mesi. Il progetto di questo trattato è quello stesso di cui ho già dato approssimativamente J.e clausole a V. E. nella mia lettera del 17 corrente n. 2 (1). A questo progetto si tratterebbe ora di aggiungere (2) un articolo segl'eto che si riferisca al distaccamento a farsi dalla squadra italiana, anche prima che scoppi la guerra, per ,sorvegliare, come ho detto sopra, la squadra austriaca di Pola se sortisse per recarsi nei mari del Nord.

V. E. avendo telegrafato ieri al conte di Barrai (3) che Ella non poteva prendere alcuna decisione sul trattato eventualie limitato senza a.verlo per iscritto davanti agli occhi, so che il conte di Barrai si proponeva di chiedere questo scritto stamattina al conte di Bismarck.

Il conte di Bismarck insisté per sapere da me se il Governo di Firenze avrebbe aderito con probabilità a fornire quel distaccamento di navi corazzate; ma io non potei rispondere fuorché ciò dipenderebbe dalle circostanze e dal momento.

* Il secondo progetto di cui mi parlò il conte di Bismarck come da discutersi in caso non venisse accettato il trat1ato eventuale limitato, consiste:

1° In un tl'attato generico di amicizia e d'alleanza il quale conterrebbe la clausola che presentandosi eventualità da discutersi si dovrebbe stringere senza indugio un trattato d'alleanza offensiva e difensiva fra l'Italia e J.a Prussia;

2o Questo secondo trattato di alleanza offensiva e difensiva dovrebbe essere discusso fin d'ora e convenuto; ed essere i plenipotenziari muniti dei poteri regolari, in modo che, le date eventualità presentandosi, non rimanga che a procedere alla firma, dietro un ordine telegrafico di Firenze.

Questa seconda combinazione consiste dunque in due trattati distinti, e di essa ho già tenuto parola a V.E. Senonché orn il conte di Bismarck ha anche redatti gli schizzi dei due trattati. Nel primo di questi trattati si includerebbe, come nella precedente combinazione, la clausola relativa al distaccamento da farsi dalla squadra anche prima della dichial'azione di guerra.

Il conte di Barrai, che prese l'iniziativa della prima combinazione, dell'unico trattato cioè, eventuale e limitato a due mesi, meglio di me potrebbe dire a V. E. come questa seconda combinazione ci leghi assai più ed in modo più difficile da determinarsi, della prima da lui proposta.

Avendo la Prussia declina.to fin dal primo giorno del mio arrivo di stringere con noi un trattato di alleanza offensiva e difensiva per un'azione immediata e la conseguente convenzione militare per la quale V. E. mi aveva mandato a Berlino, la mia missione fino a nuove istruzioni si riduce a quella di stare in osservazione. Tuttavia mi faccio debito di riferire a V. E. tutte le circostanze ed i particolari come quelli che precedono, per quell'interesse che possono avere, lasciando al conte di Barrai di trattare ufficialmente e con quella autorità che gli appartiene le medesime questioni con Lei, signor Generale •.

Dopo la conversazione che ebbi col conte di Bismarck sulle precedenti combinazioni, egli m'intrattenne delle misure militari dell'Austria e della Prussia.

(2-) In GovoNE qui sono aggiunte le parole seguenti: c un articolo per la limitazione del due mesi suddetti ed •.

Ma a dir vero è difficile formarsi un concetto esatto degli armamenti austriaci, sia perché non si abbiano ancora dal conte di Bismarck informazioni esatte, sia perché possa essere nelle convenienze della Prussia di presentarli sotto un dato punto di vista speciale.

Il conte di Bismarck e altre persone che sono generalmente bene informate, diedero dapprima grande importanza a questi armamenti. Se l'Austria ha realmente chiamato le classi in tutte le prov•incie, se è vero che mette in marcia i confinari, che sono gli ultimi in generale a muovere, ciò che V. E. può sapere da altri canali e dalle informazioni dell'Ufficio di Stato Maggiore di Torino, allora mi pare evidente che essa si prepari a vibrare grandi colpi contro la Prussia e tenti di rinnovare ·i fatti del 1850. In questo caso, onde evitare gravi ev·entualità, gli armamenti prussiani dovrebbero lottare di celerità cogli austriaci ed in ogni caso non rimarrebbe alla Prussia aLtra alternativa che la guerra, non parendo probabile che sia per accettare una nuova umiliazione. In questa eventualità anche a noi converrebbero i pveparativi militari, la crisi dovendo esser pronta.

Ma avendo chiesto al conte di Bismarck informazioni esatte sugli armamenti austriaci ed informazioni sui progetti della Prussia egi.i si mostrò i·eri sera meno disposto a credere ad un armamento generale dell'Austria. Ad ogni modo mi disse che la Prussia aveva deciso di realizzare prima certi titoli per far denari, poi avrebbe compra·to cavalli per l'artiglieria ed il treno (circa 16.000). Intanto aveva anche deciso di riunire sulle ferrovie materiali pei trasporti celeri delle truppe. Gli parlai della conVIenienza di prevenire l'Austria nel caso che realmente essa armi sul massimo piede, concentrando anche i corpi come ora si trovano, in Slesia. Ma egli mi rispose che il Re poteva bene pensare a operazioni e mobilizzazioni regolari, ma che non aderirebbe a progetti rapidi e di sorpresa.

Riguardo alle dichiarazioni della Baviera al nostro rappresentante a Monaco il conte di Bismarck non vuole ammetterle come esattament·e interpretate e fedelmente trasmesse. Sostiene poi che la Baviera è assai male in armi ed incapace di una pronta azione militare.

(l) -Cfr. in Le lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 859 il telegramma al Re della principessa Clotilde. (2) -Parzialmente edito anche in LA MARMORA, pp. 103-105 e in CHIALA, pp. 136-137.

(l) Cfr. n. 398.

(3) Cfr. n. 410.

414

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmova; ed. in LA MARMORA, p. 106)

T. Berlino, ...(per. ore 4 del 23 marzo 1866).

Il est convenu que le Gouvernement prussien formulera proposition de traité éventuel avec limite de 3 mois. Bismark m'avairt énormément exagéré l'importance des armements autrichiens. Le ministre d'Autriche assure qu'ils so n t purement et simplement dé

fensifs, et en effet il est certain aujourd'hui qu'ils n'ont pas un autre caractère (1). Cela n'empechera pas la Prusse de poursuivre ses armements et d'acheter des chevaux.

415

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed in CHIALA, p. 79)

T. Parigi, 23 marzo 1866, mattino.

L'Empereur a dit au prince Napoléon que si la Prusse faisait la paix séparée avec l'Autriche et si l'Autriche s'avisait de tomber ensuite sur nous la France ne le permettrait pas. L'Empereur croit qu'en cas de guerre nous devrions opérer un débarquement sur la cote de l'Adriatique. L'Empereur ne croìt pas que l'Autriche ose envahir la Lombardie. Je vous engage après cela à signer méme un traité d'alliance offensive et défensive générique.

416

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, p. 80)

T. Parigi, 23 marzo 1866, ore 20.

J.e ne puis voir l'Empereur aujourd'hui mais le prince Napoléon le V<erra lui-meme et il télégraphiera ensuite au Roi. * Mon opinion est qu'il faut se borner pour le moment au traité générique pur et simple puisque la Prusse .évidemment n'est pas prete à tirer l'épée * (2).

Quant à la question de l'initiative des hostilités nous ne devons pas la prendre à moins que la France ne soit derrièl'\e nous. J'ai engagé le princ~ Napoléon à poser aussi cette question à l'Empereur. Je vous renvoie aujourd'hui le courrier de Cabinet.

(l) -Con altro telegramma pari data Barrai comunicò che lo stesso imperatore d'Austria aveva assicurato alla Prussia che i movimenti delle sue truppe non avevano carattere aggressivo. (2) -Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p. 123.
417

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, pp. 80-84)

L. P. R. Parigi, 23 marzo 1866.

Oggi ho ricevuto le carte di Berlino ch'Ella mi spedì col corriere di Gabinetto Longo. Le rimando oggi stesso questo corriere, perché è importante ch'Ella conosca in tutti i particolari quanto Le mandai per sunto in via telegrafica.

Dopo aver ricevuto i telegrammi ch'Ella mi spedì il 20 e il 21 corrente, risolsi di recarmi di nuovo dall'Imperatore per domandare il di lui avviso. Feci un sunto dei due telegrammi, mutando le parole, ma non il senso, e lasciando quel che c'era da lasciare. Li misi sotto involto. Mi recai alle Tuileries. Feci passare il pi,ego all'Imperatore e feci avvisare Sua Maestà che se aveva qualche cosa a dirmi, io avrei aspetta_to i suoi ordini presso l'Imperatrice. Il piego fu rimesso subito. L'Imperatore non era solo. Tuttavia io non avevo ancora salito la metà della scala che conduce all'appartamento dell'Imperatrice, che il Ciambellano di servizio mi corse dietro per dirmi che l'Imperatore desiderava di vedermi subito. Fui introdotto difatti presso l'Imperatore, e la conversazione cominciò. In sostanza si trattava di sapere se l'Imperatore ci consigliava ad accettare o a respingere la proposta di Bismarck di firmare* un trattato generico d'alleanza, portante però che in certe eventualità di guerra si sarebbe firmato un trattato speciale d'alleanza offensiva e difensiva con azione comune inseparabile e scopi determinati * (1). Non celai all'Imperatore che la nostra impressione non era favorevole, e che questa proposta pareva a noi poco sicura e inutilmente compromettente. Ma :l'Imperatore mi disse al contrario che non vedeva nessun inconveniente nell'accetta~ zione di tale proposta per parte dell'Italia, e che gli pareva che noi potevamo dare a Bismarck quest'arma onde se ne servisse per indurre il re di Prussia alla guerra. Io feci notare all'Imperatore che si poteva temere che Bismarck SIÌ servisse invece di questo trattato per indurre l'Austria a nuove concessioni, e che l'Austria dal suo lato avl'ebbe potuto farcene un gravame che le servisse di pretesto per cader sopra di noi rimasti soli. L'Imperatore rispose che anche nella peggiore ipotesi l'Italia non aveva nulla a temere; giacché dall'un lato la sua situazione verso l'Austria è tale che nulla può renderla più compromettente; dall'altro lato l'Italia è libera di scegliere le sue alleanze, e un trattato generico di alleanza con la Prussia non può fornire un gravame giustificato all'Austria. Quanto all'eventualità che l'Austria in seguito a ciò venisse ad attaccarci, l'Imperatore disse che l'Austria sa benissimo che se attaccasse l'Italia per la prima, la Francia la difenderebbe. Allora io feci una ultima obbiezione.

* Dissi che dovevamo anche prevedere la possibilità che l'Austria, quando vedesse la guerra prossima ed 1inevitabile, si decidesse a farci proposte per la cessione della Venezia; che perciò sarebbe stato utile per noi di conservarci liberi da ogni impegno fino alla vera vigilia della guerra. Ma l'Imperatore replicò senza esitazione: • Non fateVIi illusioni. L'Austria non cederà la Venezia se non forzata dalla guerra. Sono convinto che non vi farà nessuna proposta in questo senso. Altra volta io feci capire all'Austria che le conveniva di cedere amichevolmente la Venezia. Il Governo austriaco pigliò la cosa molto male e rispose che le si proponeva di fare in piena pace e prima della guerra ciò che appena le si sarebbe potuto domandare dopo una guerra disastrosa per lei • *. L'Imperatore conchiuse ch'egli credeva che l'Italia poteva senza inconveniente firmare il trattato proposto da Bismarck. Dopo queste osservazioni molto ,esplicite dell'Imperatore, parmi che non si deve esitare a firmare il trattato generico, e vedo con piacere che anch'Ella è di questo avviso in sostanza. Solamente * riservo il mio giudizio intorno alla redazione del trattato futuro, il quale deve determinare i risultati della guerra. Desidererei conoscere in modo preciso quali devono essere questi risultati per parte della Prussia, giacché essi possono implicare l'azione della Francia*.

Io Le telegrafai nella notte del 21 il sunto della risposta dell'Imperatore (1). Il giorno dopo, cioè jeri, l'Imperatore fece chiamare a sé il principe Napoleone e pigliando occasione del suo recente viaggio in Italia e della prossima sua partenza di nuovo per l'Italia, disse al principe che farebbe bene ad anticipare la sua partenza, e che era bene che dicesse al re essere utile che il Governo italiano ajutasse quanto era possibile Bismarck per decideve il re di Prussia alla guerra. L'Imperatore disse che vedeva in questa guerra un'occasione propizia per riguadagnare in tutto o in parte l'antica frontiera francese sul Reno, senza tirar la spada della Francia; ma soggiunse che all'occasione non rifug

girebbe anche dal tirar la spada. Disse ancoro che l'Austria gli aveva fatto delle proposte, ma che le aveva declinate, perché al postutto la sorte della Venezia gli stava sempre a cuore; che le sue idee in fondo erano rimaste },e medesime; che in caso di guerra, se la Prussia facesse una pace separata, e l'Austria cadesse sopra di noi rimasti soli, non lo avrebbe permesso; che (sempre in 'Caso di guerra) non sarebbe stato necessario di tener guarnita la Lombardia e il Piemonte perché l'Austria non avrebbe osato toccare a questi territori; che l'Italia dovrebbe fare uno sbarco sulla costa Austriaca dell'Adriatico per entrare in Ungheria. La medesima cosa aveva già detto a me relativamente allo sbarco. S'informò dal principe dello stato delle nostre forze e delle nostre

finanze.

Oggi il principe ha ricevuto un telegramma dal re, con cui Sua Maestà lo prega d'informarsi in genere delle idee dell'Imperatore. Io ho impegnato il principe di andare di nuovo dall'Imperatore e di ben determinare le varie questioni a risolversi. Queste mi pajono ridursi a tre.

1° -Se si deva accettare la proposta di trattato generico. Questa questione è già risolta in senso affermativo dall'Imperatore, e dal telegramma del re

appare che istruzioni conformi furono trasmesse a Berlino. Non occorre ch'io le dica, che il mio avviso e Quello del principe sono perfettamente nel medesimo senso affermativo.

2o -Se l'Italia deve pigliare l'iniziativa delle ostilità ove la Prussia s'impegni a tirar la spada il giorno dopo. Ho pregato il principe di dire all'Imperatore che la nostra risposta non era e non poteva essere dubbia. Noi rifiuteremo di pigliare l'iniziativa a meno che la Francia ci prometta di essere dietro a noi. Se l'Imperatore ci promette ciò, l'Italia a mio avviso, potrebbe disporsi anche a questo, benché sarebbe arduo il trovare un buon pretesto legale che ci giustificasse dinanzi ai Gabinetti d'Europa. Il principe porrà la questione all'Imperatore e risponderà per telegrafo, o in altra via, al re.

3° -Se non sia il caso per l'Imperatore di entrare anch'esso nella Lega, e in tal caso esso dovrebbe dire chiaramente alla Prussia che cosa vuole sul Reno. Ma questa è una grave questione, e non credo che l'Imperatore si risolva a tanto. Non posso nemmeno decidermi a sperare che l'Imperatore voglia pigliar l'impegno d'ajutarci col suo esercito, se noi prendessimo l'iniziativa delle ostilità contro l'Austria e se la Prussia fallisse alla sua parola. Tuttavia questa seconda ipotesi è meno improbabile della prima, se si ti·ene conto delle condizioni interne della Francia e del ridestamento dello spirito di libertà che si manifestò in questi ultimi tempi. È chiaro diffatti che l'Imperatore non può procedere per molto tempo nello stato attuale. Egli sarà fatalmente condotto o ad un atto di autorità o ad un atto di libertà. So del resto che la dimostrazione fatta dagli studenti all'Odeon quando l'Imperatore vi si recò per la prima rappresentazione della nuova commedia di Emilio Augier, fece sul suo animo un'impressione profonda. Egli disse che era la prima volta dopo sedici anni che si vedeva accolto così poco favorevolmente nelle vie di Parigi. Ad ogni modo sapremo, dopo la nuova conversazione del Principe che avrà luogo probabilmente domani, se e fino a qual punto l'Imperatore sia disposto ad impegnare la sua azione. Io già Le dissi precedentemente che finora non aveva voluto impegnarsi colla Prussia. Il Re Guglielmo gli aveva scritto al ritorno di Goltz. L'Imperatore rispose al Re di Prussia con lettera autografa. Questa lettera è benevola, ma non contiene impegni. Tuttavia Goltz m'ha detto che essa non aveva fatto cattiva impressione sull'animo del re.

L'Imperatore m'ha detto che gli era stato riferito che Mazzini avrebbe tentato di far fare un'insurrezione a Roma il giorno della partenza delle truppe francesi, e mi pregò d'avvertirne lei.

Riassumo in breve quanto dissi fin qui. Non vedo nessun inconveniente alla firma del trattato generico, dopo quello che l'Imperatore disse al Principe e a me. Riservo il mio giudizio sulla redazione del trattato futuro che rimane in progetto. Intorno all'iniziativa delle ostilità, mi pare che si deva rispondere negativamente a meno che l'Imperatore prometta di star dietro a noi, il che sapremo fra poco.

*Vedo e prevedo grandi difficoltà. Vedo nella Prussia, non tanto il pensiero d'intimidire l'Austria col nostro mezzo, quanto le esitazioni, i dubbi, i pregiudizii, le debolezze del re, e le influenze di corte. Non so che cosa ne

uscirà. Certo è che la situazione è estr,emamente tesa.* Ma in ogni evento, operando come noi facciamo, avremo la coscienza di non aver nulla omesso per tirar partito di questa importante occasione. D'altra parte questa stessa occasione avrà fornito all'Imperatore il modo naturale di riavvicinarsi al Principe Napoleone. E questo è già un guadagno per noi come lo è per l'Imperatore e pel Principe. Il ghiaccio è rotto, gli eventi faranno il resto.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, pp. 123-125.

(l) Cfr. n. 411.

418

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 24 marzo 1866, ore 14,05.

* L'Empereur a dit au prince Napoléon que si l'Italie prenait l'initiative de la guerre la France ne pourrait pas l'aider.* (l). Je crois bon que vous voyez le prince Napoléon qui a causé longtemps avec l'Empereur. Il n'attend que la réponse à sa dép&che au Roi pour son voyage.

419

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 174. Berlino, 24 marzo 1866, ore 14,30 (per. ore 19,30).

J'apprends de source certaine que le Hanovre se dispose à répondre à notre demande d'agrément, en disant que la reconnaissance n'entraine point nécessairement envoi de représentants réciproques et que le Hanovre ne pouvant faire les frais d'un envoyé diplomatique à Florence il se croit en droit de ne pas en recevoir un d'Italie à Hanovre. Dans l'intérèt de la dignité du Gouv,ernement du Roi cette étrange excuse est inadmissible et pour en prévenlir les conséqueiwes il serait extrèmement important que V. E. voulut bien écrire par télégraphe à Londres et à Paris pour que les agents anglais et français à Hanovre fissent comprendre au Gouvernement danger d'une pareille détermination et poussent de toute leur influence pour le ramener à la raison. Une démarche sérieuse de l'Angleterre, surtout serait tout puissante. Mes lettres créanc,e sont-elles en route? Ministre de Saxe m'informe que le Roi partant le dix avril l'on m'attend à Dresde premier jour du mois (2).

(l) -Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p. 125. (2) -(Nel r. 24 pari data Barrai sviluppò il contenuto del presente telegramma. Se ne pubblica il brano seguente: • Le Comte Bismarck m'a dit en confidence, et avec promesse de n'en pas faire usage, que le Ministre des Affaires Etrangères du Hanòvre lui avait écrit pour le prier instamment de tacher d'empècher mon voyage à Hanòvre. Comme V. E. peut bien le penser, je ne me suis point géné pour exprimer au Comte de Bismarck l'indignation que me faisaient éprouver une démarche et des intentions aussi déloyales. J'ai ajouté que sans avoir des instructions pour un cas, que notre bonne foi ne nous permettait pas de prévoir, j'étais cependant persuadé que le Gouvernement du Roi ne tolèrerait pas un acte d'aussi mauvaise foi, et que si le Hanòvre osait formuler tout haut les raisons dérisoires que pour le moment il se contentait de faire circuler tout bas, il ressentirait bientòt le poids de la lourde responsabilitè qui retomberait tout entière sur lui».
420

Il PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

D. 165. Firenze, 24 marzo 1866.

Approvo pienamente il linguaggio che Ella tenne, conformemente alle

istruzioni del R. Governo, nella seconda seduta della Conferenza per gli Affari

dei Principati Danubiani.

Il rendiconto che V. S. Illustrissima me ne inviò col Rapporto N. 307

Serie politica (1), m'apprende come la Conferenza abbia deliberato non doversi

discutere, in via preliminare, le riserve formulate dal Plenipotenziario Otto

mano, e come, poste senz'altro sul tappeto le due questioni dell'unione dei

due Principati e della candidatura di un principe straniero, con avviso una

nime, eccezion fatta del Plenipotenz1iario Ottomano, abbia ammesso già, in

ordine alla prima, il principio che l'elemento essenziale di soluzione debba

essere fornito dal voto delle popolazioni rumene.

L'una e l'altra di siffatte deliberazioni, mi giova il constatarlo, sono conformi agli intendimenti rlel Governo del Re, quali io ebbi ad esporli a V. E. Illustrissima nel mio Dispaccio del 15 marzo corrente (2).

* Mi fo ora a manifestarLe il parere del Governo del Re circa i quesiti stati formulati dalla Conferenza, a fronte del diverso parere dei varii plenipotenziarii intorno alla Questione dell'unione.

Di codesti QUesiti i tre primi si riferiscono al partito che si affidi alla rappresentanza elettiva attualmente esistente nei Principati il compito di addivenire alla nomina di un nuovo Ospodaro e di pronunciarsi accorrendone il caso intorno al mantenimento o non dell'unione. Il partito invece cui si riferiscono i due ultimi consisterebbe nello affidare il compito stesso alle popolazioni rumene, che avrebbero a tal fine ad addivenire alla nomina di una nuova ed apposita rappresentanza.

Tra il primo ed il secondo di siffatti sistemi non è dubbia la scelta del Governo del Re. L'Assemblea attuale di Bukarest è rappresentanza legittima del paese, è autorità riconosciuta ed obbedita senza contrasto dalle popolazioni. L'esistenza sua, l'azione stessa regolare ed utile che dessa esercitò dalla caduta dell'Ospodaro sino al giorno d'oggi, non solo sono un titolo alla giusta considerazione della Conferenza, ma costituiscono altresì una base di fatto che sarebbe poco conforme allo scopo comune delle Potenze di scalzare e smuovere, senza necessità veruna ed anzi con pericolo di turbar l'ordine pubblico. Il Governo del Re è quindi d'avviso che all'Assemblea di Bukarest, finché essa è ammessa dalle popolazioni come loro legittima rappresentanza, si debba lasciare la missione di manifestare il voto del popolo Rumeno.

Che se tale partito prevale, si hanno ad esaminare ed a sciogliere i punti speciali contenuti nei tre primi quesiti formolati dalla Conferenza.

In ordine ai due primi di essi, il Governo del Re, fedele e logico osservatore-del principio di non intervento e del rispetto al voto spontaneo delle popolazioni e delle loro legittime rappresentanze, pensa:

a) che a malgrado del desiderio che si può avere, e che egli ha di fatto, che siano mantenute le condizioni politiche dell'unione attuale, ed a malgrado dei turbamenti cui una tale eventualità darebbe forse luogo, non si possa tuttavia opporre impedimento se i membri moldavi dell'Assemblea di Bukarest, manifestassero spontaneamente intenzioni diverse da quelle dei Valacchi e chiedessero sia di votare separatamente, sopra l'unione o sulla nomina dell'ospodaro, sia sopra la separazione dei Principati.

b) Che in ogni caso siffatta scissione in due parti dell'Assemblea di Bukarest non si debba in nessun modo provocare.

In quanto poi al terzo quesito, le stesse considerazioni che fanno preferire che il voto sull'unione, quando esso abbia ad aver luogo, proceda dall'Assemblea attuale, nonchè il riflesso che non conviene che, allontanandosi da Bukarest i deputati moldavi, si alteri la situazione presente di fatto, e si pregiudichi, in certa guisa, anticipatamente la risultanza del voto, inducono il Governo del Re nell'avviso che la Conferenza non abbia a risolvere che i deputati Moldavi si rechino a votare a Jassy mentre i deputati Valacchi voterebbero a Bukarest.

Che se, invece, contro il parere che ci è dettato dalle accennate considerazioni di opportunità e di ordine, prevalesse nella Conferenza il partito di convocare, mediante nuove elezioni.. una nuova Rappresentanza per la nomina all'Ospodara·to ed, all'uopo, per la questione dell'unione, il Governo del Re, benchè stimi ora prematura ogni deliberazione sull'applicazione di un siffatto sistema, propenderebbe in tale eventualità per le proposizioni seguenti che corrispondono ai due ultimi quesiti formolati dalla Conferenza:

a) che le nuove elezioni abbiano per iscopo e per risultanza la nomina di una Assemblea unica (quinto quesito).

b) che in siffatta Assemblea unica si abbiano ad osservare le norme medesime state tracciate, per l'Assemblea attuale, nelle risposte, più sopra riferite, ai tre primi quesiti posti dalla Conferenza (quarto quesito).

Questo intorno alla questione dell'unione. In quanto poi alla questione della candidatura di un Principe straniero, le stesse istruzioni generali del 15 corrente, Le debbono chiarire l'opinione del Governo del Re. Noi desideriamo in sostanza, che non si limirti la libera manifestazione del volere delle popolazioni rumene. Volendosi quindi ad ogni costo sciogliere dalla Conferenza la questione della Candidatura d'un Principe straniero, il partito che Ella avrà a sostenere a nome del Governo del Re è che non si debba escludere l'ammissibilità della nomina d'un Principe straniero, e che seguendo tal nomina nel modo regolare che sarà tracciato dalla Conferenza, la si debba riconoscere da chi spetta come valida ed efficace* (1).

SegnandoLe ricevuta de' suoi pregiati rapporti di serie politica sino al

n. 308 inclusivamente...

(l) -Cfr. n. 406. (2) -Cfr. n. 388.

(l) Il brano fra asterischi è edito, con qualche modifica, in L V 9, pp. 317-319.

421

IL CAPO GABINETTO DEL RE, VERASIS, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. RR. Torino, 24 marzo 1866.

Le dirigo queste righe d'ordine di Sua Maestà per pregarla di un favore. Com'Ella ben sa la Contessa Karoli aveva chiesta un'Udienza a Sua Maestà prima che lasciasse Firenze, ma il Re non ha potuto riceverla per motivo della sua repentina partenza e così mi ordinò di pregarla a volergli scrivere ciò che avrebbe desiderato dirle nelJ.'Udienza chiesta. Diffatti la Contessa Karoli diresse col mio mezzo una lettera sigillata a Sua Maestà nella quale le fa noto come il Partito d'azione in Ungheria sembri disposto ad agire d'accordo coll'Italia, ove questa facendo causa comune colla Prussia entri nella lotta che sembra probabile contro l'Impero Austriaco. Sua Maestà apprezzando moltissimo le proposte del Comitato Ungherese che giovar possono assai alla nostra Causa, è disposta a prendere i necess9.ri concerti col medesimo tostoché si vedrà la Guerra sicura, ed allora manderà un Agente Segreto per concertarsi col Partito d'Azione in Ungheria. Intanto Sua Maestà non volendo lasciar scritti in mani straniere su questo delicato proposito, prega la S. V. Illustrissima di volersi recare dalla Contessa Karoli per dirle da parte del Re, in via confidenzialissima, che Sua Maestà • La remercie beaucoup pour sa lettre; que le Roi est bien aise d'apprendre les bonnes dispos1tions du parti d'action Hongrois qu'il faut lui répondre que les affaires paraissent en effet très graves et qu'ils feront bien de se préparer sérieusement pour agir d'accord avec l'Italie si elle prendra part à la lutte qui parait vouloir s'engager entre la Prusse et l'Autriche, mais qu'il faut agir avec la plus grande prudence pour ne pas éveiller les soupçons du Gouvernement Autrichien.

Que le Comité de Pesth peut etre certain que aussitot que Sa Majesté verra que la guerre est sure Elle enverra un Agent Secret en Hongrie pour bien se concerter avec le Parti d'Action et le Comité. Mais que jusqu'à ce que les choses soient amenées d'une manière irrémissible sur le terrain de la guerre, le Roi ne juge pas d'envoyer l'Agent en question pour ne pas mettre dans une fausse impasse le Parti d'Action qui doi t se borner pour le moment à se compter pour bien évaleur ses ressources et ses forces et à se préparer dans un délai prochain car Sa Maj·esté ne croit pas que cet état de choses puisse durerl longtems •.

Ecco Illustrissimo Signor Commendatore ciò che Sua Maestà le sarà tenuta di dire alla Contessa Karoli senza parlarne naturalmente con anima vivente.

Dalle ultime notizie avute le cose, che che se ne dica, sembrano prendere una buona piega ed io mi lusingo che riusciremo nel veder finalmente appagati i nostri voti.

422

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

T. 111. -Firenze, 25 marzo 1866, ore 13.

Barrai apprend que Hanovre va refuser de recevoir ses lettres de créance. Je crois convenable d'en aviser le Gouvernement français (anglais) comme ami du Hanovre car l'exécution du traité de commerce peut en ètre compromise.

423

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 178. Londra, 26 marzo 1866, ore 15,15 (per. ore 18,30).

Dépeches arrivées de Paris à l'ambassade de France témoignent de détermination à Buckarest en faveur de nomination prince étranger. Lord Clarendon qui est travaillé par M. Brunnow montre beaucoup d'indécision et assez d'humeur contre l'appui que ces idées trouvent en France avec qui pourtant il assur,e vouloir marcher d'accord. Il part aujourd'hui pour congé de Paques. Je lui écrirai au sujet de Hanovre. Les tendances autrichiennes de lord Clarendon reparaissent (1).

424

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (A S Biella, Carte La Marmora; ed. in GOVONE, pp. 464-467 e in CHIALA, pp. 85-87)

L. P. Berlino, 26 marzo 1866.

Continuo a riferirle giorno per g,iorno i particolari e le impressioni che io ricevo nel mio soggiorno a Berlino. Avant'ieri il Re passò una rivista e m;i. invitò a questa parata come alla colazione che ebbe luogo a Corte subito dopo. Io ebbi posto alla tavola reale pressochè di fronte alla Regina, la quale, come pure Sua Maestà, furono cortesissimi con me.

Ieri io fui col colonnello Driquet a far visita al generale de Moltke, coman

dante dello Stato Maggiore, il medesimo che sarebbe destinato a recarsi a

Firenze. * Alle mie interrogazioni rispose che gli armamenti austriaci erano

stati molto ,esagerati, e che si trattava apparentemente di pochissime truppe

mandate in Boemia ,e dell'armamento sopratutto di Cracovia, H quale arma

mento non si vedeva bene se fosse contro la Prussia o contro la Russia. Dai

discorsi del generale de Moltke non pare che la Prussia intenda procedere ad

alcuna misura di mobilita7j_one nei prossimi giorni, come mi aveva fatto sup

porre il conte di Bismarck. Disse il Generale che si doveva attendere fino al

giorno in cui si fosse decisi alla guerm, ed allora armare tutto d'un tratto e

interamente * (1).

Ieri vidi pure l'Ambasciatore d'Inghilterra, * il quale condusse la conver

sazione sulle attuali complicazioni, ed insistè sulla prudenza che dovrebbe

avere l'Italia a non impegnarsi in nessuna avventura pericolosa *.

Ieri sera finalmente il signor di Thile, che fu altra volta Ministro a Roma ed è ora Segretario generale agli affari esteri, dopo esser passato inutilmente due volte da me, mi diede appuntamento per cose urgenti alle 11 di stamattina. Egli venne difatti al British Hotel aU'ora convenuta da parte del conte di Bismarck. Il signor di Thile mi disse che il Presidente del Consiglio, sempre malato, non poteva ricevermi, ma standogli assai a cuore di spingere le trattative per il nostro trattato eventuale, lo avrebbe fatto appena fosse in stato di vedermi. Qui parlando di questo tratta,to disse: che la questione dei Ducati era in fondo quella che doveva decidersi colla guerra, ma il conte Bismarck preparava altri pretesti più plausibili dinnanzi all'Europa. Questa confessione, fatta inavvertentemente, modifica le asserzioni del conte Bismarck, che l'ambizione della Prussia si estendesse a tutto il nord della Germania, e ci fa vedere che aggiustata la questione dei Ducati non vi sarà altra causa di guerra.

Poi il signor di Thile mi eh/tese se io ero venuto qui con pieni poteri regolari, se io avevo riferito a V. E. le viste esistenti sul trattato eventuale e se aveva ricevuto in proposito istruzioni. * Mi par,e che lo scopo della visita del signor di Thile fosse sopratutto di sapere se io era munito di pieni poteri per firmare un trattato, avendo aggiunto che il conte di Bismarck desiderava che io ne fossi munito.

Risposi che io venni qui mandato perché V. E. credeva, dietro le comunicazioni del conte di Usedom, la Prussia assai più vicina alla guerra*. Che in tal caso, mentre si procedeva a stendere una convenzione militare, i pieni poteri sarebbero stati spediti. * Ma che avendo trovato qui circostanze affatto diverse, io aveva dovuto dicbiararmi privo di istruzioni *. Che tuttavia V. E. aveva ora già scritto insistendo per avere il testo del trattato eventuale limitato, di cui il conte di Barrai aveva parlato al conte di Bismarck, e che questi si era proposto di comunicarci il progetto. Insistei su questo desiderio di V. E. Il signor

di Thile prese congedo. Intanto il conte di Barrai si recò poco dopo dal signor di Thile per altri oggetti, ma la conversazione fu portata sui medesimi argomenti. Il signor di

Thi'le di cui sopra aveva visto il conte di Bismarck. Dalle sue risposte al conte di Barrai * pare che il Presidente del Consiglio desideri assai la spedizione dei pieni poteri regolari forse anche prima di entrare a trattar seriamente. Pare poi che il conte di Bismarck non sia disposto a favorirci il testo redatto da lui, per iscriHo, onde sia trasmesso a V. E.

Io rammento tutti questi piccoli particolari, perché V. E. veda che ogni momento si modificano le circostanze, e che il conte di Barrai non può indicare esattamente a V. E. come si procederà all'avvenire, nella faccenda che ci occupa, senza rischio di dover tosto dopo portar avanti nuove modificazioni *.

Mentre riferisco a V. E. in modo affatto particolare tutte queste alternative, che per mancanza di tempo ho anche redatto in modo disordinato, mi riserbo di scriverle in modo più chiaro ed esatto, appena avrò visto il conte di Bismarck.

Intanto V. E. vedrà se debba mandare i pieni poteri regolari al conte di Barrai ed a me oppure ad un solo. La pregherei poi di volermi dire quale risposta possa fare sulla domanda relativa alla nostra squadra, di cui ho scritto anteriormente.

Mi perdoni la fretta con cui scrivo per arrivar in tempo alla posta.

(l) Il contenuto di questo telegramma è sviluppato nel r. 390/138, pari data, che non si pubblica. .:~~

(l) 1 brani fra asterischi sono editi, con varianti, in LA MARMORA, pp. 107-108.

425

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 181. Londra, 27 marzo 1866, ore 4,35 (per. ore 9.,30).

Lord Clarendon me fait savoir qu'il va écrire à Hanovre et surtout à Berlin; mais qu'il lui parait Q.Ue serait por.ter un peu loin un point de étiquette que de ne pas exécuter le traité puisque au fond Hanovre avait consenti à le signer. Je vais répondre qu'il ne s'agit pas de étiquette mais de dignité et qu'il ferait bien d'en écrire à Vienne d'où vient résistance.

426

IL MINISTRO A PARIGI. NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 27 marzo 1866, ore 15,22 (per. ore 18,48).

* Le comte Goltz me demande si l'on avait envoyé à Berlin instructions et pleins pouvoirs pour signer le traité générique. Je lui ai dit que vous m'avez écrit que l'Italie n'avait pas de difficulté à signer ce traité • (1). Il m'a dit en méme temps que l'Autriche envoyait positivement des forces considérables en Bohéme. Le prince Napoléon part demain soir pour l'ltalie.

427

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LA MARMORA, pp. 111-112 e in CHr.U.A, p. 92)

T. Firenze, 28 marzo 1866, ore 10.

Mon impression générale sur projet traité (2) rest bonne et nous sommes d'accord en principe. J,e dois encore examiner pourtant s'il convient de limiter l'engagement à 3 mois; je crois aussi nécessaire de comprendre le Trentina, où vallée supérieure de l'Adige dans le territoire que l'Autriche devrait nous céder, comme étant dans les limites naturelles de l'Italie.

En rtout cas, le Roi étant absent, il me faudra deux ou trois jours, pour vous envoyer réponse catégorique et ensuite pleins pouvoirs (3).

428

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. S. N. Berlino, 28 marzo 1866.

Comme je suppose Que le télégraphe aura pu peut-etre commettre quelques erreurs dans la longue pièce chiffrée que j'ai reu l'honneur d'adresser hier à

V. E., je m'empresse de Lui transmettre ci-joint (en me servant par lettre chargée, de l'intermédiaire de mon banquier), la copie du projet de traité d'alliance offensive et défensive dont m'a fait part hier matin le Comte de Bismarck. La partie de phrase soulignée sur l'initiative à prendre par la Prusse, aussi bien que le terme de trois mois fixé à la durée du traité sont dùs à mes observations qui ont été facilement acceptées par le Comte de Bismarck. Pour dire :maiÌntenant à V. E. (comme je crois que c'est mon devoir) le fond de ma pensée sur l'état de choses actuel, je dois Lui avouer que malgré un ensemble

(l} Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p. 126.

(2} Cfr. n. 428, allegato. Il progetto era stato trasmesso con t. del 27 marzo (cfr. LA

MARMORA, pp. 109-110).

de faits et de démonstrations réellement belliqueux, je ne crois pas encore positivement à la guerre. Il me semble toujours qu'au dernier moment, il surgira un incident qui sans mettre fin positivement au conflit entre les deux grandes Puissances, les empèchera cependant de recourir aux armes pour le résoudre. Mais d'un autre còté je comprends parfaitement que lors mème qu'il n'y aurait qu'une seule chance sur douze de voir la Prusse attaquer l'Autriche, c'est là une occasion encore assez belle pour que nous devions ne pas la laisser échapper et nous entendre avec la Prusse sur une action commune. Le terme de trois mois pendant lequel seulement nous restons engagés, et l'obligation positive acceptée par la Prusse de prendre l'initiative des hostilités, me paraissent tout à la fois ne pas enchainer bien longtemps notre liberté d'action, et mettre complètement à couvert notre responsabilité.

Au reste, comme j'ai eu l'honneur d'en informer V. E., quoique l'Ambas'sadeur de France prétende n'avoir aucune espèce d'instructions pour agir dans un sens plutot [que] dans un autre, il est certain qu'il ne pousserait pas de toutes ses forces comme il le fait à la guerre s'il n'en avait pas reçu secrètement l'ordre formel. Il est très probable seulement que pour conciHer les vues du Gouvernement Français avec ses déclarations de neutralité si souvent répétées, M. Benedetti aura été invité à agir avec une extrème circonspection et sans jamai~ avo,ir l'air de parler au nom de son Gouvernement. La France veut-el~e se ménager une proposition de médiation pour le moment où la guerre sera à la veille d'éclater; a-t-elle l'intention secrète de porter la question à la Conférence de Paris Qui pvendrait alors tout-à-coup les proportions d'un èongrès; désire-t-elle la guerre? Ce sont là des questions auxquelles il est difficile de répondre. Mais ce qui ne parait pas douteux c'est que le Gouvernement Français pousse secrètement par M. Benedetti à une rupture entre la Prusse et l'Autriche, et cette tendance bien marquée, doit, il me semble, nous suffire poill' tenter une combinaison qui, si elle n'aboutit pas, n'aura 1en définitive d'autre inconvénient que de laisser, en ce qui nous concerne, les choses dans leur état primitif.

P.S. -Quoique je sois sùr du moyen que j'emplaie pour faire parvenir cette lettre à V. E., la pièce qu'elle renferme est d'une telle importance, que je Lui serais très obligé de m'en faire accuser réception par deux mots du télégraphe.

ALLEGATO.

PROGETTO DI TRATTATO

LL.MM. le Roi de Prusse et le Roi d'ltalie animés du désir de consolider Ies garanties de la paix générale en tenant compte des besoins et des aspirations légitimes de Ieurs nations, ont, pour régler les Articles d'un Traité d'alliance offensive et défensive, nommé etc.

Lesquels après etc....... sont convenus .........

Article l.

II y aura amitié et alliance entre LL.MM. le Roi de Prusse et le Roi d'Italie·.

Article 2.

Si les négociations que S.M. Prussienne vient d'ouvrir avec les autres Gouvernements Allemands en vue d'une réforme de la Constitution fédérale conforme aux besoins de la Nation Allemande échouaient, et que Sa Majesté par conséquent, serait mise en mesure de prendre les armes pour faire prévaloir ses proposition~

S.M. Italienne, après !'initiative prise par la Prusse, dès qu'Elle en sera avertie, en vertu du présent Traité déclarera la guerre à l'Autriche et aux Gouvernements Allemands sui se seraient alliés à l'Autriche contre la Prusse.

Article 3.

A partir de ce moment, la guerre sera poursmv1e par LL.MM. avec toutes les forces que la Providence a mises à leur disposition, et ni la Prusse ni l'Italie ne concluront ni paix ni armistice sans consentement mutuel.

Article 4.

Ce consentement ne saura etre refusé quand l'Autriche aura consenti a céder à l'ltalie le Royaume Lombardo-Vénitien, età la Prusse des territoires Autrichiens équfvalents au dit Royaume en population.

Article 5.

Ce Traité expirera trois mois après sa signature si, dans ces trois mois, le cas prévu à l'Art. 2 ne s'est pas réalisé, savoir que la Prusse n'aura pas déclaré la guerre à l'Autriche.

Article 6.

Si la flotte Autrichienne, dont l'armement s'exécute, quitte l'Adriatique avant la déclaration de guerre, S.M. Italienne enverra vaisseaux suffisants dans la Baltique, qui stationneront pour etre prets à s'unir à la flotte Prussienne dès que les hostilités éclateraient.

(3) Cfr. il seguente telegramma del Re a La Marmora del 29 marzo (Le lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 864): • Je préférerais que le traité d'alliance ne fiìt paslimité. Si o n ne peut pas faire autrement, acceptez le camme ils le proposent •.

429

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 26. Berlino, 28 marzo 1866.

Le Gouvernement Prussien vient de faire le premier pas dans cette nouvelle voie qui, suivant les prévisions du Comte de Bismarck, doit nécessairement amener une profonde scission entre les deux grandes Puissances Allemandes et déterminer un casus betli. Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. par mon télégramme d'hier (1), le Cabinet de Berlin, dans une note adressée avanthier à se,s confédérés et dont ci-joint se trouve l'analyse sommaire, met positivement les différents Gouvernements secondaires en demeure de répondre catégoriquement sur la question de savoir, si, et dans quelle mesure, ils se prononceraient pour la Prusse, dans le cas où l'Autriche viendrait à l'attaquer, ou que

ses menaces non équivoques obligeraient la Prusse à prendre l'initiative des hostilités.

Comme il est facile de le prévoir, cette circulaire va j,eter la plus grande confusion parmi les Etats set::ondaires, dont les sympathies en faveur de l'Autriche vont etre mises à une rude épreuve (1). Le Hanovre et les autres petits Etats du Nord sont ,trop directement menacés par le voisinage immédiat de la Prusse pour émettre une opinion qui lui soit défavorable. Mais la grande question est de savoir ce que fera la Bavière, dont l'influence aussi bien que la position dans la Confédération Germanique entrainera tout le Midi, y compris la Saxe. Ainsi que j'ai eu soin d'en informer V.E., le Comte de Bismarck a mis tout en oeuvre jusqu'à présent, et l'on peut dire sans succès, pour s'assurer le concours de cette Puissance. Il lui a laissé entrevoir dans l'avenir une grande extension de territoire, et aujourd'hui encore, par une communication secrète, qui a du partir hier, ou est sur le point de partir, il lui a offert de se mettre avec la Prusse à la tete de l'Allemagne, et de faire ensemble à la Diète la proposition de la Convocation d'un Parlement Allemand élu directement par les populations et chargé de reviser le pacte fédéral dans l'e sens des aspirations nationales. De pareilles perspectives devraient séduire un Etat qui a si longtemps révé de personnifier cette fameuse triade dont il a été si souvent question en Allemagne. Mais il ne faut pas oublier que M. de Pfordten qui, vu l'inexpérience du jeune Roi, dirige à lui tout seui la politique Bavaroise, est profondément hostile à la Prusse, et professe notamment pour les théories du Comte de Bismarck une de ces haines invétérées qui n'admettent aucune transaction, méme les plus avantageuses. Dans cet état de choses et de disposition d'esprits, il devient donc évident que la Bavière aussi bien que les autres Etats répondront à la Circulaire Prussienne en lui rappelant tout simplement la teneur de l'artide 11 du Pacte fédéral stipulant en termes précis que toutes les fois qu'entre deux Etats Confédérés, il naitra un conflit, de nature à compromettre la paix de l'Allemagne, c'est à la Diète qu'appartiendra la connaissance et la décision du débat. La Prusse déclinera-t-elle la compétence de la Haute Assemblée, en invoquant les stipulations intervenues entr'elle et l'Autriche par le traité de Gastein, ou bien choisira-t-elle peut-etre ce moment pour lancer sa fameuse proposition de convocation d'un Parlement National? C'est ce qu'il est difficile de prévoir. Mais ce qu'il y a de certain, c'est que du moment où la Prusse refusera, comme cela est très probable, de se soumettre aux décisions de la Diète, l'on va arriver à une de ces situations profondément troublées qui peuvent donner lieu aux événements les plus imprévus, et d'où, suivant les calculs du Comte de Bismarck, doit sortir la guerre contre l'Autriche.

En meme temps qu'elle envoyait sa circulaire aux Etats secondaires, la Prusse adressait aux grandes Puissances Européennes une communication où, en exposant ses griefs contre l'Autriche, et l'attitude menaçante de cette Puissance à son égard, elle déclare lui laisser la responsabilité des événements qui pourraient en etre la suite.

En ce qui concerne l'attitude mena~ante attribuée à l'Autriche, il faut bien reconnaitre qu'il y a dans cette assertion une grande exagération. L'Autriche s'en tient à des mesures de simple précaution; et meme l'on ne peut supposer qu'il entre dans ses intentions de prendre l'initiative d'une agression contre la Prusse.

M. de Mensdorff a été encore tout récemment très explicite à ce sujet dans ses conversations avec quelques membres du Corps diplomatique à Vienne.

• Si la Prusse, a-t-il dit, s'imagine que nous allions commettre la meme faute qu'en 1859, elle se trompe complètement; nous sommes bien décidés à attendre de pied ferme qu'elle nous attaque la première, et, malgré tous ses efforts, elle ne réussira pas à nous faire sortir de notre attitude purement défensive qui nous vaudra l'appui de ,toute la Confédération • (1).

La correspondance particulière de Vienne, qui donne comme positif ce langage du Ministre des Affaires Etrangères Autrichien, ajoute qu'à Vienne l'on est bien persuadé que l'Italie profitera· du moment où la Prusse engagera l'action avec l'Autriche, pour se porter avec toutes ses forces sur Venise; mais que l'on y est préparé; et que pendant que cent mille hommes retranchés derrière le quadrilatère tiendront tete à l'armée Italienne, l'Autriche se sent assez forte avec l'adjonction des troupes fédérales pour repousser la Prusse. Il n'est pas douteux que ce ne soit là le pian de campagne de l'Autriche; cette perspective d'avoir pour elle toute l'armée fédérale est passée chez elle à l'état de conviction, et c'est certainement ce qtfi lui donne ,tant de confiance pour résister à la Prusse.

L'agitation dci dans le monde politique, aussi bien que parmi les Membres du Corps diplomatique est extreme, c'est surtout sur les dispositions personnelles du Roi que se porte l'attention générale, comme étant un élément essentiel d'appréciation dans une crise aussi grave. Je ne reviendrai pas sur ce que j'ai eu l'honneur de mander à V. E. au suj.et des douloureuses alternatives par lesquelles passe Sa Majesté et des tiraillements en sens contraire dont il est incessamment l'objet. Je dois cependant ajouter, comme fait tout nouveau que le parti religieux s'est mis à son tour de la partie et s'applique à lui représenter l'énorme responsabilité d'une décision qui doit faire verser tant de sang humain.

ments de troupes de l'Autriche n'avaient ni l'importance ni la signification agressive que, sur les rapports de ses Agents, le Comte de Bismarck leur avait d'abord attribuées. Le Ministre d'Autriche lui a en effet déclaré hier que ce n'étaient là que des mesures de simple précaution dictées par l'attitude belliqueuse de la Prusse, et qui n'av.aient aucun but agressif. En méme temps qu'il faisait cette déclaration au Président du Conseil, le Comte Karoly s'exprimait ouvertement dans le méme sens avec les principaux Men1bres du Corps diplomatique en ajoutant que la Prusse cherchait à justifier à l'avance ses projetsd'attaque contre l'Autriche, en lui attribuant des intentions belliqueuses, mais qu'elle ne

parviendrait pas plus à égarer l'opinion publique qu'à faire changer à l'Autriche son attitude purement défensive •.

(l) Non pubblicato.

(l) Con r. 27 dell'l aprile Barrai comunicò: • Ainsi que l'on s'y attendait, la pluspart des Etats ont déjà répondu que le Uen fédéral qui !es unissait, !es empechait de se prononcer isolément sur une pareille question, et que dans leur opinion !es articles 11 et 19 du Pacte fédéral étaient seuls appelés à régler le conflit survenu entre !es deux grandes Puissances Germaniques. L'on peut donc regarder cet incident comme vidé, et il ne reste plus à la Prusse que d'en arriver à sa fameuse proposition de convocation d'un Parlement National élu directement par les populations et destiné à réformer les institutions fédérales. Mais, de la méme manière que l'on savait à l'avance la réponse des Etats secondaires au sujetde la première question, l'on peut également prévoir dès à présent la réponse purementnégative qu'ils feront à la proposition Prussienne. Que fera alors le Cabinet de Berlin? C'est ce que personne ne saurait dire, et l'on est assez disposé à croire que lui-méme n'est pas encore fixé là-dessus •.

(l) Già con r. 24 del 23 marzo Barral aveva comunicato: • Par mon' télégrammed'hier soir, je me suis empressé de faire connaitre à V. E. que les armements et mouve

430

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 391/139. Londra, 28 marzo 1866 (per. l'l aprile). L'ambasciatore di Francia ha avuto avant'jeri con Lord Clarendon una conversazione di due ore in cui però non ebbe a notare gran divario colle conversazioni precedenti av~ndo sempre Lord Clarendon evitato di dar una adesione chiara e positiva alla teoria francese. La quale stabilisce essere meglio, vista la risoluzione formale dei Rumeni di aver un Principe estero, di concederglielq piuttosto che lasciar che in quei centri si stabilisca l'anarchia e la rivoluzione per anni ed anni. Lord Clarendon invece protesta non esser questo che un voler la distruzione dell'Impero d'Oriente si lagna della Francia e delle sue teorie domanda chi dev'essere questo misterioso candidato. Se forse è un Principe Italiano. Lascia intendere di aver preso sino a un certo punto impegni colla Russia e colla Turchia riguardo alla non ann~essior,e ài Principi stnniL'i. L'ambasciatore allora gli ricorda che doveasi andar alla conferenza scevri di h:pegni: gli parla di adesione data alla nominH del Conte di Fiandra e finalmente gli chiede cosa deve rispondere al suo Governo. L'altro divaga e così si va a<.;anti. Pare però ottenuto il punto dell'adesione inglese all'unione dei Principati. Lord Cowley sembra ancora più ostile alle idee francesi del Ministro degli Esteri. Lord Clarendon parlò come se le notizie che avea di Germania fossero più alla guerra avant'jeri. So che il Conte Apponyi disse a qualcuno che in un colloquio avuto al Foreign Office Lord Clarendon il quale pare abbia voluto persuader a far pace non solo Berlino ma anche Vienna gli avea detto che con queste loro pazzie finirebbero per aver non solo a guerreggiare contro ai Prussiani ma che si sarebbero trovati a tergo 500 mila Italiani. La cifra era parsa al Conte un po' madornale e consultava il suo interlocutore (il Barone Baude l o segretario dell'ambasciata di Francia le cui simpatie gli erano assicurate contro l'Italia) se credesse che realmente potessimo disporre di un tanto numero. E questo lo consolò non minacciandolo che di un trecento mila uomini. Ho poi scritto a Lord Clarendon riguardo all'Hannover e credo che V. E. non troverà male che io unisca copia di questa nostra corrispondenza benché privata. Non è da stupire se Lord Clarendon occupato come è e minacciato di vedersi venire meno il portafoglio uno di questi giorni, non ha preso che superficialmente l'affare; ma ho pensato bene di entrar in qualche spiegazione onde fargli capire che agivamo non per puntiglio ma per logica. Cosa non sempre comune. Per regolarità di corrispondenza confermo a V. E. la ricezione dei seguenti

dispacci Gabinetto n. 50, 8 marzo e Gabinetto n. 51, 17 marzo. Politico 2 febbraio e Politico l o marzo (l).

(l) Non pubblicati.

431

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 74. Pietroburgo, 28 marzo 1866.

J'ai l'honneur d'accuser réception de la dépéche que V. E. m'a fait l'honneur de m'adresser en date du 17 Mars (Cabinet n. 30) (1), ainsi que de son intéressant annexe.

Je me suis rendu chez le Prince Gortchacow, pour lui donner communication confidentielle de la substance de ces documents. Voici quelles ont été les observations les plus saillantes présentées par S. E. à l'appui des vues de la Russie, notamment sur la question du maintien de l'union des Principautés Danubiennes:

• Nous nous trouvons, dites-vous, en présence d'un fait accompli, contre lequel il serait difficile de réagir, et qui avait obtenu d'ailleurs l'assentiment des Puissances, non moins qu'une certaine base diplomatique, dans des réserves énoncées en 1861. Les idées de la Russie ne datent pas d'hier, relativement aux Principautés du bas-Danube. C'est elle qui depuis plus d'un siècle a travaillé à leur conquérir des privilèges et des immunités, au prix méme de guerres très sanglantes. Quand la question de l'union fut soulevée, si nous l'avons appuyée par esprit de condescendance, nous avions en méme temps signalé les dangers que pourrait offrir une semblable combinaison dans le cas où elle ne satisferait qu'à demi la Roumanie; nous craignions que la conférence ne fùt appelée un jour à défaire et à reprendre son oeuvre, déjà si laborieuse. Et quant aux réserves invoquées, en quoi consistaient-elles? En suite du firman qui promulguait les dispositions concernant l'organisation administrative et législative de la Moldo-Valachie, les Représentants de quelques Cours, en transmettant leur adhésion, y joignaient une réserve qui impliquait, dans le cas où les changements décrétés auraient amené d'heureux résultats, qu'il y aurait lieu d'examiner, de concert avec l'Autorité suzeraine et après le règne du Prince Couza, le résultat de l'expérience. L'expérience est faite. Elle a été la condamnation d'un système qui n'a engendré que désordre matériel et désordre moral. Ainsi les réserves sont annulées. Les Principautés désirent peut-étre leur fusion sous un Prince étranger, mais cette dernière condition est inadmissible, à moins de vouloir le démembrement de la TurQuie. Dans ces conjonctures et après la chùte du Prince Couza, il reste à savoir si l'union est toujours voulue dans l'une et l'autre Principauté. Il peut convenir à la Valachie d'absorber l:es Moldaves, mais le Gouvernement de Burharest ne démontre-t-il point par sa conduite qu'il n'est pas complètement rassuré sur les dispositions de la Moldavie, qui semble attacber quelque prix à son autonomie? Les garnisons y ont été renforcées, une batterie d'artillerie a été dirigée sur Jassy, les anciens

agents de l'Autorité y sont remplacés par des individus auxquels on promet de Iarges récompenses s'ils réussissent à consolider la suprématie de Bucharest. etc. etc. Quoi qu'il en soit, nous tenons à ce que les voeux et les besoins despopulations soient consultés, mais en remontant à la source et en dehors de toute pression intérieure, aussi bien qu'étrangère. Aussi ai-je appris, non sans quelque surprise, que les Représentants de l'Italie, de la France et de la Prusse aux conférences auraient en quelque sorte fait opposition à des nouvelles investigations, par leur assertion que, dans les Principautés, le désir de l'union était incontestable. Une dernière observation. Si nous excluons, dans les cir

constances présentes, les voies coercitives, nous ne saurions y renoncer en

principe. Ce serait en quelque sorte désarmer la conférence et encourager la

résistance à ses déCisions • .

Ayant réglé mon langage sur les considérations si bien développées dans les instructions transmises au Ministre du Roi à Paris, je ne tracerai pas ici in extensum ma réponse au Vice Chancelier. Je ne mentionnerai que les points suivants.

Si le Prince Couza esttombé, c'est par la mauvaise conduite de son Gouvernement; c'est parcequ'il a mal gouverné ou mal compris les besoins du Pays, et non parceque le système de l'union fftt impraticable. L'Italie, se prononçant selon les principes de sa constitution et de son droit public, s'est trouvée d'accord dans les premières séances des conférences av,ec la France et la Prusse, mais elle apprendra avec satisfaction que la Russie se montre prète à accepter, comme base des décisions ultérieures, les voeux librement exprimés par les populations Roumaines. C'est là un terrain sur lequel nous nous rencontrerons toujours. Si le Baron de Budberg mande que l'Italie, la France et la Prusse ont déclaré Que le désir de l'union est incontestable, elles n'ont fait qu'exprimer une conviction parfaitement justifiée par l'attitude, jusqu'à ces derniers temps, de la Moldo-Valachie, mais il n'entrait certainement pas dans la pensée de notre Plénipotentiaire d'exclure une nouvelle épreuve pour constater les suffrages populaires. Le laconisme d'une dépèche télégraphique n'aura pas permis à

M. de Budberg de reproduire toute la portée des paroles de M. le Chevalier Nigra.

Le Prince Gortchacow avait bien voulu me communiquer deux dépèches de M. Drouyn de Lhuys, (évidemment des circulaires) datées du 16 courant, et dont le Baron de Talleyrand lui avait laissé copie. Ces dépèches, quoiqu'elles fussent ironiquement désignées par le Prince comme des idylles, plaidaient habilement la cause de l'union. Il voulut bien aussi me donner lecture de la réponse qu'il y a faite, dès le-22, par l'intermédiaire du Baron de Budberg, réponse conçue d'une manière assez analogue au langage qui m'a été tenu par le Vice Chancelier. Je n'en dis pas davantage, car le Comte de Kisselew est chargé de parler dans le mème sens à V. E.

Si les conférences subissent un temps d'arret, parceque les Plénipotentiaires ont cru devoir en référer à leurs Cours, le Représentant de la Russie n'avait certes pas besoin de nouvelles directions. Les instructions dont il a été munì le mettent parfaitement à mème de soutenir les vues du Ministre Impérial des Affaires Etrangères, sur lesquelles il a été renseigné avec autant plus de soin, qu'un instant M. de Budberg avait semblé patronner d'autres idées.

Ce dernier détail, que je tiens aussi du Prince Gortchacow, prouve que j'étais dans le vrai quand, dans un rapport précédent, je rendais compte des divergences qui existaient entre l'Ambassadeur et son chef.

(l) Cfr. p. 456, nota 2.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 75. Pietroburgo, 28 marzo 1866 (per. il 6 aprile).

Dans mon dernier entretien avec le Prince Gortchacow, il n'a été fait aucune allusion à sa déclaration relative à certains bruits d'échange entre la Vénétie et les Provinces Danubiennes. Mais quelques jours auparavant, en répondant à une demande que je lui adressais sur la marche des conférences, il me disait: • il ne s'y est produit aucun fait sérieux, mais ce qui est sérieux c'est la déclaratdon que je vous ai faite le 17 de ce mois •. Je me bornai à répliquer que j'en avais donné avis à mon Gouvernement. Ceci se passait dans un salon où les allants et les venants ne permettaient guère une conversation un peu suivie.

D'après mes investigations pour découvrir sur quelle donnée le Vice-Chancelier se basait pour juger opportun de me transmettre un pareil avertissement, il me résulterait que le Cabinet de St. Pétersbourg aurait eu vent que la question aurait été plus ou moins indiquée dans les cercles officiels à Paris et à Vienne. La nouvelle d'après des sources dignes de foi serait parvenue jusque à Constantinople. On cherchait en meme temps à noircir notre conduite en nous soupçonnant d'avoir travaillé au renverseÌnent de Couza, afin de nous ménager quelques chances pour la réalisation de notre programme national. Ces détails ont été connus par la Chancellerie Impériale, et ont peut etre provoqué les observations qui nous ont été faites au nom du Tsar. Mais soit dit en passant, le Prince Gortchacow n'a pas admis un seul instant l'insinuation à notre adresse, car à ses yeux il était de toute évidence que le Prince Couza était tombé par sa propre faute après avoir sapé lui meme les bases de son gouvernement.

Le Baron de Talleyrand n'a reçu de Paris aucune indication à cet égard, et le Prince Gortchacow ne lui en a pas dit un seui mot. Il savait comme moi que l'Empereur Alexandre avait écrit en marge d'une dépeche d'un de ses agents diplomatiques ces mots: inadmissi,ble jusqu'à la guerre. La préposition jusque marquait-elle un terme au delà du quel on ne passerait point, ou aurai<telle un sens inclusif? Selon la version d'un employé supérieur du Ministère des Affaires Etrangères, pour rester dans le vrai à la préposition jusque, il faudrait substituer l'adverbe plutot.

L'Ambassadeur d'Angleterre se tient sur une excessive réserve, imitant en cela, assure-t-il, la conduite de son gouvernement.

Le Ministre d'Autriche, d'après le jugement de ses collègues évite également de se prononcer, mais d'après ce qui m'a été raconté par une personne à meme de le savoir, on trouve ici que jusque à présent du moins, le Cabinet de Vienne suit une ligne très correcte relativement aux Principautés.

Le Chargé d'Affaires de Turquie n'est pas dupe des sollicitudés calculées du Gouvernement Russe à l'égard de son pays, mais en suite du caractère indécis d'Aali Pacha, de l'incapacité reconnue de Savfet Pacha, il semble prévoir que la Moldo-Valachie échapp~ra bientòt à la suzeraineté de la Porte.

Quant à l'Envoyé de Prusse son jugement s'est tellement modifié à notre endroit, que je n'hésite pas à admettre qu'il a reçu le mot d'ordre de Berlin. Il me développait lui-meme les raisons qui viennent à l'appui d'un projet de compensation territoriale: • La Prusse pas plus que la France ne sauraient s'y opposer; la Russie aura le verbe haut ,tant qu'elle ne se trouvera qu'en présence d'une opinion isolée, mais elle devra baisser le ton du jour où un accord s'établirait entre d'autres Puissances. Libre à elle de choisir alors entre la bouderie ou le système de recueillement. D'ailleurs on pourrait lui offrir des combinaisons propres à l'amadouer. Quant à l'Angleterre trois motifs devraient assurer son assentiment à un serr.tblable projet:

l) L'histoire du passé étant là pour prouver que c'est de l'état politique qui a régi jusqu'ici les Principautés qu'ont dérivé les conflits sans nombre entre les deux Cours de Constantinople et de St. Pétersbourg, et la MoldoValachie étant pour ainsi dire en Europe l'unique point de contact entre les deux empires, ce ne serait qu'en écartant ce voisinage qu'on pourrait faire cesser tout motif ou prétexte de collision ultérieure.

2) Le Cabine,t Britannique a un intéret majeur à favoriser les vues de l'Italie dont il se ménagera ainsi les bons rapports dans le cas d'un conflit avec la France.

3) La Péninsule, après avoir atteint le but qu'elle se propose, offrirait à l'Europe les meilleures garanties de cette paix et de ce développement commerciai qui so n t les conditions essentielles de la prospérité de l'Angleterre •.

Je mentionne ces arguments qui ne manquent pas d'une certaine valeur, si, comme je le pense, le Comte de Redern n'est que l'écho du Comte de Bismarck. Je n'ai pas besoin d'ajouter que le langage qu'il tient à moi et à d'autres, prouve que la Prusse est à la recherche d'une combinaison moyennant laquelle elle trouverait une issue aux embarras du condominium dans les duchés de l'Elbe.

Cette uuestion me reporte aux rumeurs belliqueuses. Le Prince Gortchacow que j'ai intérrogé sur ce sujet m'a cité la devise bien connue: « tel fiert qui ne tue pas •.

En effet pour quiconque est un peu au courant des influences qui s'agitent en sens contraire à la cour de Prusse et du caractère indécis du Roi Guillaume, il est difficile d'admettre qu'il franchisse le Rubicon. Les conseils de modération n'auront pas fait défaut de la part de la Cour de Russie aussi bien que du còté de l'Angleterre. L'Autriche hésiterait également à faire dans ce moment un appel aux armes. Mais la force amènera tOt ou tard une lutte entre les deux gouvernements de Vienne et de Berlin ou pour l'affaire des duchés, si la diplomatie ne trouve pas une échappatoire pour le Cabinet de Berlin, ou pour la suprématie sans partage en Allemagne.

Ici dans les régions officielles on soupçonne fort la France de souffler sur le feu pour envéminer les rélations. La balance oependant pèserait aujourd'hui à Paris en faveur de l'Autriche. Tel serait peut-ètre le motif pour lequel M. de Bismarck aurait tout récemment modéré ses allures. Il serait peut-etre prématuré de chercher à savoir quelle serait l'attitude de la Russie si la guerre éclatait entre ces deux puissances. Cependant on aurait tout lieu de supposer qu'elle se tiendrait à l'écart tant que st:s intérèts ne seraient pas directement en jeu, et mème si elle devait jeter son épée dans la mèlée, le choix serait assez malaisé dans le cas où elle voudrait tenir compte de l'opinion publique. Si les Russes, depuis la guerre d'Orient, exècrent les Autrichiens, ils sont loin d'ètre portés pou1· la Prusse. Farmi les masses, la qualification d'Allemand rÉ:veille ici, camme en Italie, la ram:unc nationale.

En att2:cdant je mcntionner;::i c~lH' la Ga:::ette dc Moscou, entre autres, contient dcs articles sur lcs bruits de guerre prochaine et sur la néces:::ité pour la Russi0 de prendrc & temps ses mesures pour res~er à la hauteur des circonstances. Quelques per~cnncs prétendent mème savoir que la Prusse s'est concertée a;, ;;c ncus pour certaines •.;ventualités. Il n'y aurait pas de Traité, ni d'alliance conclue déiinitivement, mais des pourparlers sérieux entre Berlin et Florence. Ce serait une bonne fortune que j'envierais d'autant plus au Comte de Barral, que je l'ai attendue mol-méme pendant douze années. Quoique ce soit V. E. qui a insisté pour aue je me rendisse à Pétersbourg, elle pourrait me dire comme Henri IV à Crillon: " Pends-toi, nous avons combattu et tu n'y étais pas ».

433

IL GENERALE TURR AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L.P. ...28 marzo 1866.

Se la glllerra è decisa, non sarà tempo di tentenare e discutere coi nostri cari maggiari, con ciò non voglio distorgliervi di fare tutte le combinaziont immaginabili con Csàky e compagnia ma io vi chiedo in nome della causa comune di ajutarmi onde io possa metere in opera imediata quei giovani quali ho ala mia disposizione in Ungheria, e quali sono capaci ed assai arditi di metersi ala testa delle bande di gueriglie. Tenete viva la simpatia in Belgrado donde potremo agire nela bassa Ungheria e Croazia.

Se scrivete a Kwaternik raccomandategli di tenersi con me. Probabile che saro obligato di partire per Parigi ma questo sarebbe Martedì e sarei di ritorno Domenica o Lunedì, se avessi qualche milia)a di franchi

da Parigi potrò facilmente inviare un mio fido a Pest, e subito potrei dirvi cosa ce a sperare. Se mi scrivete imediatamente una riga la potrò ricevere a Pallanza dove vado adesso e restero sino Lunedi seta. Se vedete Usedom spingete onde la Prussia venga ajutarci con qualche poco di mezzi ditegli che vado a Parigi.

P. S. -Scrivetemi Pallanza almeno una riga ma imediatamente.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 118. Firenze, 29 marzo 1866, ore 15,15.

Que pensez vous des vues de la Russie en présence de conflit austroprussien?

435

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, pp. 93-94)

L. R. CONFIDENZIALE. Parigi, 29 marzo 1866.

Ieri appena ricevuto il di Lei telegramma, contenente il progetto di trattato proposto da Bismarck, mi recai dall'Imperatore e glielo lessi. Gli domandai, secondo le di Lei istruzioni, se non credeva che fosse meglio il togliere la clausola dei tre mesi (1). Mi rispose che gli pareva fosse meglio lasciar questa clausola Quale era proposta, salvo a rinnovare il trattato appena fosse spirato il termine, e ben inteso ove ciò fosse da noi giudicato utile. Gli chiesi in secondo luogo se non trovasse pericoloso l'articolo sulla flotta da inviarsi nei mari del Nord. L'Imperatore mi disse che non gli pareva pericoloso purché fosse ben espresso che le navi italiane non lascerebbero l'Adriatico che nel caso in cui non avessero a combattervi la flo·tta austriaca.

L'Imperatore soggiunse che questi consigli dovevano essere considerati dall'Italia come consigli d'un amico, ai quali però non si doveva dare il carattere d'un impegno qualunque o d'una risponsabilità a carico del Governo Francese.

Del resto il Principe Napoleone avendo sottomesso all'Imperatore la questione, se sarebbe disposto ad impegnarsi per ajutarci, ove noi pigliassimo l'iniziativa dehle osti1ità, l'Imperatore rispose negativamente.

* La situazione è quindi questa: se l'Italia pigliasse l'iniziativa, lo farebbe a suo rischio e pericolo; e l'Imperatore non ci consiglia a ciò. Quanto all'unirei colla Prussia per un'azione comune e contemporanea, l'Imperatore ci consiglia di farlo, ma questo consiglio non importa un impegno positivo.

Se l'Austria ci attaccasse la prima, la Francia non potrebbe a meno di soccorrerei. L'Imperatore disse pure al Principe Napoleone che lo stesso avverrebbe ove la Prussia, mancando ai patti facesse pace separata e l'Austria piombasse su noi rimasti soli con tutte le sue forze.

In tutti gli altri casi l'Imperatore, senza cessare d'essere benevolo in ogni modo, conserverà intiera la sua libertà d'azione e s'impegnerà o non s'impegnerà secondo gli eventi* (1).

Questa è la vera situazione che abbiamo in questo momento di fronte all'Imperatore. Ho creduto bene di definirla chiaramente trattandosi di cose di si grave momento (2).

(l) Annotazione marginale di La Marmora: • Credo vi sia equivoco perché io tenni sempre per limitare il tempo al trattato •.

436

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 190. Pietroburgo, 30 marzo 1866, ore 16,40 (per. ore 21,40 ).

Ensuite d'embarras intérieurs, état financier, insuccès nouvel emprunt, Russie ne peut que se tenir sur défensive. Ainsi en présence d'un conflit entre Autriche et Prusse elle garderait attitude expectante, en réservant sa liberté d'action (3). Nous ne sommes plus au temps d'Olmutz, où pour empecher une guerre il suffisait de 13 déclaration de l'Empereur Nicolas qu'il se rangerait contre le premier qui attaquerait. Quoique le Roi de Prusse ait dit qu'il était trop vieux pour entreprendre une guerre, et que le Prince Gortchakoff cite devise telle qui blesse qui ne tue pas, on est très inquiets ici de la tournure que prennent événements à Berlin et à Vienne.

19 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

(l) -Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p. 128. (2) -Analoghe dichiarazioni l'Imperatore fece ad Arese. Cfr. i telegrammi del 30 e 31 marzo pubblicati in LA MARMORA, p. 127 e in CHIALA, pp. 94-95. (3) -Il 2 aprile Launay inviò il r. confidenziale 77 che forniva maggiori particolari sull'atteggiamento della Russia in caso di un conflitto austro-prussiano. Se ne pubblica il brano seguente: « J'ajouterai seulement qu'un Général, ami intime du Vice-Chancelier, limitait une intervention armée de la Russie à ces deux cas: l o Si l'Autriche faisait mine de vouloir occuper la Moldo-Valachie; 2° Si l'une ou l'autre des Puissances voisines cherchait à provoquer des soulèvements dans le Royaume de Pologne et dans les Provinces Occidentales •.
437

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 113)

T. Berlino, 30 marzo 1866, ore 18 (per. ore 20,45).

M. Bismarck m'a dit que le Trentin faisant partie de la Confédération germanique, il était impossible de stipuler à l'avance sa cession à l'Italie; mais ce qui ne pourrait pas se faire avant la guerre, pourrait parfaitement s'effectuer pendant ou après, surtout en adressant un appel aux populations.

438

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 112)

T. Berlino, 30 marzo 1866, ore 20 (per. ore 22,30).

La Russie se tient en rtehors du conflit.

L'Empereur de Russie a écrit au Roi de Prusse en lui recommandant le maintien de la paix. Il craint que la guerre n'amène l'intervention de la France. Du reste la Russie fai~t plutòt des voeux en faveur de la Prusse qu'en faveur de l'Autriche dont l'amoindrissement renforcerait l'influence de l'Autriche dans les Pdncipautés Danubiennes.

* Le comt•e Goltz écrit de Paris que l'Empereur s'est exprimé avec lui en faveur de l'alliance offensive et défensive, en ajoutant que le Milanais étant. garanti par le Traité de Villafranca, l'Italie pourrait porter toutes ses forces sur l'Ad:datique. Ici le Roi est comme dans la plus grande fluctuation... (l) tout à la guerr,e sans y croire beaucoup * (2).

Il me parait en tout cas que nous avons des raisons plausibles pour ne pas pousser nos préparatifs de guerre. Il est sur que l'Autriche ne sortira pas de son attitude purement défensive. En cas de guerre elle aura pour elle tous les États du midi.

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L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 11. Francoforte, 30 marzo 1866 (per. il 3 aprile).

Pour contrecarrer les combinaisons Autrichiennes, QUi mandaient au Baron de Kiibeck de porter devant cette Diète le différend avec la Prusse, aussitòt que des démonstrations guerrières auraient lieu de lo. part de cette puis

.sance, le Cabinet de Berlin vient de s'adresser par la voie de ses Agents diplo

matiques aux Etats secondaires de l'Allemagne, en mettant ces Etats en demeure

de se prononcer sur la position qu'ils comptent prendre dans le cas où la guerre

éclaterait avec l'Autriche.

Je ne pense pas que cette note ait plus d'importance que la démarche

,que l'Autriche compte faire; c'est à dire, l'Autriche en s'adressant à la Diète

germanique et la Prusse en s'adressant nominativement à chaque Etat de la

Confédération, ne changent rien, ou bien peu, à l'état et à la portée de leur

querelie.

Pour ce qui regarde la note prussienne, les Cabinets allemands répondront

,en termes vagues, conciliants meme si l'on veut, se basant sur les liens, les

droits et les devoirs fédéraux, se référant à l'artide XI de l'acte fìnal de Vienne,

ainsi que viennent déjà de le faire le cabinet de Dresde, et celui de Weimar,

sauf à se déclarer ouvertement pour l'Autriche, si par malheur le sort des armes

était contraire à la Prusse.

Pour ce qui regarde l'Autriche comme je le disais dans ma dépeche con

iìdentielle n. 9 en date du 18 (1), le Baron de Kiibeck a déjà reçu de Vienne

toutes ses instructions. La démarche donc que ferait l'Autriche auprès de cette

Diète aura, sans faute, le v o te sympathique de l'Assemblée Fédérale, mais cette

sympathie n'osera se montrer par des faits positifs qu'alors seulement que la

victoire suivrait les drapeaux de la Maison des Habsbourg.

Car cet article XI du pacte de Vienne qui érige la Diète Germanique en

tribuna! de dernière instance pour empecher la guerre entre deux membres

de la Confédération, a été rédigé en 1815, quand on était bien loin de prévoir

qu'un temps viendrait où une lutte éclaterait entre l'Autriche et la Prusse.

Cet article est bon pour empecher ou intervenir dans une lutte entre deux

petits Etats Allemands, mais quelle force peut-il avoir pour empecher une

lutte entre les deux grandes condédérées?

Dans le cas présent la Diète ne peut rien empecher à la Prusse, et ne

saurait etre un secours véritable pour l'Autriche que quand l'Autriche n'aura

plus besoin de secours, c'est à dire si Benedeck arrivait à battre les généraux

Prussiens. Alors, je n'en doute pas, la Diète Germanique parlera très haut et

fera beaucoup de bruit.

En attendant toutes deux ces Puissances, l'Autriche et la Prusse, veulent

,se donner les airs de ne pas faire le premier pas d'une rupture armée; voilà,

selon moi, tout le secret et toute la portée des instructions envoyées de Vienne

au Baron de Kiibeck, et des notes adressées de Berlin aux cabinets des Etats

secondaires.

Hier au soir, la teneur positive de la note prussienne n'était pas encore

bien connue ici à Francfort. Un membre de cette Diète avait seulement reçu ,une dépeche télégraphique de son Ministre des affaires étrangères dans laquelle il lui disait qu'il se réservait de lui communiquer copie de la note qui venait de lui etre remise. J'espère donc que demain je serai à meme de la détailler à V. E. Mais je prévois d'avance que la Prusse, en y prenant acte des arme

ments de l'Autriche, fera connaitre qu'à son tour elle doit se garantir. De là demande aux Etats Allemands sur la position qu'ils comptent prendre dans la question. Je pense meme que dans cette note la Prusse lancera, comme ballon d'essai, un projet portant sur la nécessité d'une réforme fédérale (1).

Au milieu de toutes ces incertitudes on comprend assez bien la position de la Prusse: elle tient les duchés, elle s'y est fortifiée et personne ne pourra aller la déloger de là, à moins qu'elle ne s'en rétire ensuite de revers éprouvés à ses frontières méridionales; le Roi est trop engagé envers son armée pour qu'il puisse reculer tout à fait; enfin les ennemis memes de M. de Bismarck avouent que dans ces moments-ci la retraite de ce Ministre serait pour la Prusse pire encore qu'une bataille perdue.

Quant à l'Autriche on saisit ses calculs: si la guerre doit éclater, le cabinet de Vienne veut que ce soit sans retard et qu'elle soit positivem,ent localisée (car on nous soupçonne et on nous craint) si cette localisation ne réussit pas, l'Autriche veut non seulement y engager la confédération germanique, mais elle tàchera que l'Europe s'en émeuve pour qu'elle intervienne.

Le silence, l'optimisme du cabinet des Tuileries ne rassure pas tout-à-fait celui de Vienne; bien que ce cabinet soit jusqu'ici son meilleur allié contre

M. de Bismarck. En effet, pourquoi la France dans son intéret et celui de notre Péninsule ne jouerait-elle pas en 1866 le meme ròle que la Prusse aurait voulu, et qu'elle n'a pas pu jouer, en 1859?

Malgré les angoisses de la bourse allemande l'opinion générale d'ici est que la guerre n'aura pas lieu. Cette opinion je la crois logique, mais les grands événements arrivent toujours autrement qu'on ne les avait généralement ou prévus ou prédits.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Il brano fra asterischi non è edito in LA MAR"ronA.

(l) Non pubblicato.

440

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 8. Costantinopoli, 30 marzo 1866 (per. il 6 aprile).

Conformemente alle istruzioni che l'E. V. si compiacque trasmettermi in data degli 8 Marzo (confidenziale) (2) ho affidato al Cavalier Vernoni l'incarico, prima di fare più diretta prati.ca, di scoprire quali fossero al giorno d'oggi le disposizioni di S. A. Aali Pascià al riguardo dell'eventuale nostra partecipazione alle cose di Siria e del Libano.

Il Cavalier Vernoni introdusse destramente discorso felicitando il Governo Ottomano dei vantaggi riportati sugli insorti nella Montagna i quali ebbero per risultato la fuga dell'agitatore Haram e la sottomissione dei Maroniti. Poi facendo uso delle idee espresse dall'E. V. nel sucitato dispaccio, esternò il desiderio del Governo del Re, perché presto cessasse l'occupazione della Montagna per parte delle truppe musulmane e cercando di dar sollecitamente una organizzazione alle forze militari locali a cui accenna il Regolamento per il Libano. Aggiunse poi il Cavalier Vernoni che il Governo del Re nutriva speranza che al caso accorressero scambio di note o convegni o qualsiasi altro genere di negozio relativo agli affari di Siria e del Libano, la Legazione d'Italia verrebbe chiamata a parteciparvi nell'eguale misura delle altre Potenze segnatarie del Trattato di Parigi.

Dopo alcuni istanti di riflessione, S. A. Aali Pascià rispose che nel caso, che egli per ora non prevedeoa, accorressero scambi d'intelligenze o per mezzo di convegni o per qualsiasi altro mezzo sull'argomento delle cose di Siria e del Libano, prometteva di usare col Rappresentante d'Italia nell'istesso modo che userebbe cogli altri rappresentanti delle Potenze garanti.

Il R. Console in Beirut avendomi fatto cenno delle istruzioni ricevute dall'E. V., le stesse che stavano unite al dispaccio dell'8 corrente, mi richiese d'ottenere dai miei colleghi che spedissero ai loro rispettivi Consoli in Beirut istruzioni nel senso che abbiano ad accettarlo nelle loro Conferenze e facilitargli i suoi rapporti con Daoud Pascià nelle trattative degli affari del Libano.

Mi recai dagli Ambasciatori di Francia ed Inghilterra all'oggetto di conferire seco loro circa la richiesta del Cavalier De Martino. Lord Lyons mi diede a conoscere ch'esso non aveva difficoltà di mandare al suo Console a Beirut istruzioni di usare col Console d'Halia nell'istesso modo che cogli altri Consoli delle Potenze garanti, ma che però se si trattasse di far prevalere per parte del nostro rappresentante una pratica più speciale in allora consigliava il Governo del Re a farne oggetto di particolare comunicazione al Governo della Regina, perché questi poi possa, ogni qualvolta lo creda opportuno, autorizzare il Console Brittannico a Beirut ad appoggiarla. Osservai che non si trattava a quanto io sappia di veruna azione da parte nostra discorde da quella delle altre Potenze, ma soltanto di cooperare alla pacificazione del Libano ed alla osservanza del relativo Regolamento.

Uguali disposizioni trovai presso il Marchese di Moustier il quale mi promise di scrivere al Console di Francia a Beirut nel senso da me desiderato. Addentrandosi poi nella quistione del Libano corresse la notizia già da lui datami e trasmessa per telegrafo all'E.V., circa la fuga di Haram. Questi non lasciò la Siria ma in compagnia del suo alleato Arfouch si trincerò in un villaggio delle vicinanze di Baalbek dove è accerchiato dalle truppe musulmane.

S. A. Aali Pascià, aggiunse il Marchese di Moustier, aVìeva il giorno innanzi assicurato che i soldati Turchi eransi già ritirati dall'interno della Montagna e preso posizione nella vicinanza di Tripoli, aspettando colà fino a compiuta pacificazione. Lamentò per ultimo il Ministro di Francia l'erroneo apprezzamento che in Europa portavasi sull'importanza e carattere di Haram perché mosso da basse voglie e tutt'al più strumento d'un partito che ignaro dei veri interessi dei

Libano vuol ricostruire un ordine di cose assurdo. L'Ambasciatore di InghiLterra formula sull'agitatore non dissimile giudizio.

P. S. -Ho consegnato a S. A. Aalì Pascià la lettera di partecipazione della morte di S. A. il Principe Oddone pregandolo a farla pervenire alla sua alta destinazione. Il Signor de Nitto è giunto questa mane per la via di Brindisi e ha di già principiato l'esercizio delle sue funzioni.

(l) -Con r. confidenziale 12 del 31 marzo Rati comumco: « J'ai eu aujourd'hui sous les yeux une copie de la note prussienne, dont je parlais dans ma dépéche d'hier. Cette note renferme les observations indiquées dans ma dépéche précitée, ce qui m'a saisi pendant la lecture de cette note, c'est sa rédaction. En formulant aux Etats moyens la demande sur la position qu'ils comptent garder dans le cas d'une rupture armée avec l'Autriche, le cabinet de Berlin s'exprime comme si la confédération germanique n'existait presque plus, ou comme si elle allait bientòt cesser d'exister. Si je dois dire toute mon opinion, je trouve que cette supposition est dans le vrai, je sais que la réalisation de cette supposition est un des buts principaux de M. de Bismarck; mais laisser percer cette pensée dans une note officielle dans ces moments-ci, est-ce maladresse de rédaction ou calcul d'intimidation? En tout cas, dès que la Diète sera saisie par l'Autriche du différend des Duchés, l'assemblée fédérale se prononcera hors de doute dans un sens hostile à la Prusse. Seulement je n'attache pas une grande importance à cet arret fédéral •. (2) -Non pubblicato.
441

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Pietroburgo, 30 marzo 1866.

Voici le langage du Prince Gortchacow sur la phase de l'actuelle conférence: • Conférence a pour objet Principautés du Danube; mais elle présente spectacle d'une course au clocher des rivalités de la Prusse et Autriche. Leurs courbettes ont pour but d'obtenir que la France jette son épée dans wn des plateaux de la balance. Mais elles courent après une chimère. L'Empereur Napoléon saura détourner les yeux de ces servilités. La puissance qui offre le meilleur appui n'est pas celle qui faiblit sans dignité mais celle qui au besoin sait résister. Si on veut étendre les privilèges des Roumains la Russie demandera le meme traitement pour les autres populations chrétiennes placées sous le sceptre de la Porte •.

Depuis l'expédition de mon dernier courrier on a reçu ici nouvelles excessivement graves de Berlin el Vienne. Les armements s'y poursuivent ouvertement. Un esprit de vertige semble s'etre emparé des deux Gouvernements. Le Roi de Prusse répugne aux hostilités; mais on lui a représenté que l'honneur militaire de la Prusse était engagé à ne point céder. On espère encore ici qu'à la onzième heure les conseils de la prudence auront raison de ces dispositions belliqueuses et on parait se féliciter de ce que par sa position géographique la Russie puisse se tenir en dehors des complications.

Le Comte de Budberg a été désapprouvé par son Gouvernement pour n'avoir pas opposé un veto formel quand M. Drouyn de Lhuys a proposé à la Conférence l'union des Principautés sous Prince étranger. Prince Gortchacow est contraire à l'idée de consulter assemblée législative actuelle à Bucharest sur les voeux du pays. A son avis il faudrait des nouvelles élections. Les députés tout en étant censés appartenir à une meme Chambre formeraient deux Sections; les Moldaves voteraient à Jassy, et les Valacques à Bucharest.

Le Chef de division dont relèvent les affaires d'Orient a dit à l'Ambassadeur de France: • si l'on veut le démembrement de la Turquie, qu'on nous le déclare •.

(l) Al r. 107, non pubblicato.

442

ISTRUZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, PER IL MINISTRO DESTINATO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA

Firenze, 31 marzo 1866.

Conferendole la missione di rappresentarlo presso la Sublime Porta, il Governo del Re Le affida importante e delicato incarico, e Le porge ad uiìtempo testimonianza di singolare fiducia nello zelo e nel patriottismo ch'Ella ebbe occasione già di spiegare, e da cui nuovi ed utili servizi si attendono. Sarà difatti compito assegnato alla S.V. Illustrissima non solo quello di provv·edere a che sia piena ed efficace la tutela degli interessi italiani nell'Impero Ottomano, ma quello altresì ed anzi principalmente, di assicurare all'Italia quel posto che giustamente le compete in codesto centro ove si dibatte così gran parte dei problemi peranco insoluti della politica europea. A Lei non è d'uopo che io spieghi come sia avvenuto che non fu pari il progresso della legittima nostra influenza in Oriente a quello degli altri elementi della patria grandezza. Assorto nel laborioso travaglio della interna organizzazione, distratto dalla cura sollecita di problemi più vitali e più urgenti, il Governo del Re pensò che apparteneva ad un prossimo avvenire la rivendicazione di quella influenza cui gli spetta divideve in Oriente colle maggiori potenze. Così, mentre facevansi compatte le colonie italiane che disseminate pei varii punti delle coste e delle isole mediterranee dei dominii ottomani, ricordano l'antica grandezza dei nostri potenti municipH; mentre spontaneamente rivelavasi nei centri più industri del commercio franco la prevalenza di fatto dell'elemento italiano; mentre chiarivasi insomma che l'Italia poteva e doveva assidersi tra le :iiiiZi'Oni più influenti a Costantinopoli; il Governo del Re parve mostrarsi pago di rivendicarsi gelosamente quel posto che gli avvenimenti del 1855 e 1856 avevano conferito nella diplomazia europea al Regno di Sardegna. Così accadde, fin dal 1860, che lo sconoscimento stesso dei nostri irrecusabili diritti non ebbe altra riparazione che riserve e proteste per :garte nostra.

La feconda risultanza dell'opera di organamento interiore, i progressi conseguiti nella nostra situazione internazionale, concorrono, oggi, a far parere opportuno il momento di affermare, anche in Oriente, la pienezza dei diritti e della legittima azione dell'Italia.

Nello intraprendere siffatto compito, a V. S. Illustrissima si affaccerà tostamente una prima nè lieve difficoltà. Non mi farò a ricercare per qual nesso di circostanze, in parte occasionali, la Sublime Porta abbia potuto essere indotta a riguardare il nostro movimento nazionale come .tale da dover avere in Oriente un contraccolpo sfavorevole per le condizioni attuali dell'Impero Ottomano. Neppure vorrò investigare fino a qual punto possono ritenersi fondati i timori, che pajono perdurare nel Governo del Sultano, che la politica del nuovo Regno sia naturalmente proclive a porgere incoraggiamento ed appoggio a talune intraprese meditate tra le razze cristiane soggette ai suoi dominii. Basti a me il constatare un tal fatto che è sorgente dei sospetti che la Sublime Porta non ristà dal nudrire a nostro riguardo. Diffidente più che ge

loso della nostra grandezza, il Governo Ottomano non si indurrà facilmente a riconoscere nell'Italia una potenza in cui egli debba riconoscere la pienezza dei dritti che le competono. Quei timori e quei sospetti che furono, forse, la ragione delle titubanze con cui la Sublime Porta riscontrò, nel 1861, all'annunzio, fattole pervenire dal Generale Durando, della costituzione del Regno Italiano; quei timori e quei sospetti saranno per lungo tempo ancora di impedimento a che la Sublime Porta comprenda come l'indirizzo della nostra politica in Oriente non sia, nella sua essenza, sfavorevole al mantenimento dei dritti della Sublime Porta, ravvivati e conciliati, con suo non lieve profitto, collo sviluppo della vita propria e della prosperità delle popolazioni che le sono soggette. Epperò Ella si sforzerà, Signor Ministro, di indurre la convinzione del come la politica dell'Italia in Oriente sia in sostanza, e per quanto possa essere indipendente da complicazioni d'ordine diverso, una politica di preferenza conservatrice. Anche supponendo che l'avvenire non riserbasse all'Impero Ottomano esistenza indefinita, sarebbe però nostro interesse che quella grave quistione non fosse sollevata mentre altre, vdtali per noi se pur minori al punto di vista europeo, rimangono tuttavia incomposte. Crediamo inoltre che sia degno dell'Italia il desiderio che la soluzione della quistione d'Oriente, anziché essere riguardata e provocata come elemento di combinazioni diplomatiche estranee agli interessi proprii dell'Oriente, si compia piuttosto quando sarà matura e si compia circondata d'ogni guarentigia tra cui sarà efficace l'influenza moderatrice di una potenza pacifica ed imparziale qual sarà per natura l'Italia giunta alla pienezza della propria indipendenza. Se qualche anno in addietro, nei primordii dell'unità ricostituita, e sotto l'impressione recente e vivace ancora di moti irregolari, l'Italia poté ravvisare in imprese avventate verso l'Oriente un mezzo di scuotere l'immobilità della politica delle potenze, oggi invece l'assetto dato alle forze nazionali ed i progressi del malessere cagionato in Europa da uno squilibrio generale di cui l'oppressione del Veneto è fattore forse principale. ci consigliano a por mano, in Oriente, alla fondazione della nostra giusta influenza possibilmente sulla base dei Trattati e degli ordini esistenti. Dipenderà dal contegno della Sublime Porta a nostro riguardo che quei nostri propositi trovino campo di pratica manifestazione. È evidente, difatti, che senza reciprocanza per parte della Sublime Porta la nostra benevolenza potrà se non stancarsi, rimanere alm,eno sterile, e che se la Porta continuasse ad osteggiare non dico gli interessi ma i diritti nos,tri, difficilmente potrebbe l'Italia curarsi tanto degli interessi di essa quando abbia ad ingerirsi nei fatti che potranno prodursi in Oriente. Ella dovrà, a tal riguardo, studiarsi, Signor Ministro, di far comprendere alla Sublime Porta quanto poco accortamente adoprerebbe se persistesse a voler attenuare e scalzare, per vani timori, le guarentigie che ridondano per essa dal concerto europeo stabilito in favore della sua integrità ed indipendenza dal Trattato di Parigi; mentre è in poter suo di trovare in noi una influenza conservatrice e salutare per la quiete e la prosperità della monarchia ottomana.

Costantinopoli è centro ove è forse più ~he altrove attiva e militante, per dir così, l'azione della diplomazia. Là è il nodo delle maggiori difficoltà europee; là esse troveranno forse l'unica loro soluzione definitiva; là è più agevole che altrove sorprendere nelle varie combinazioni in cui si spiega la politica speciale dei singoli Governi, sintomi utilissimi per argomentare della loro politica generale. Là, se com'è possibile, gravi circostanze si produrranno per la nostra politica estera, l'azione di Lei avrà notevolissima influenza sul contegno di Potenze che a seconda delle manifestazioni della politica nostra in Oriente, potranno chiarirsi o favorevoli o contrarie o neutrali alla nostra politica in questioni che ci toccano più da vicino.

Così essendo, dovrà naturalmente essere compito del Rappresentante Italiano a Costantinopoli il dimostrare coi fatti ai Rappresentanti delle altre Potenze quanto utile elemento riesca, nell'azione combinata delle varie tendenze, l'opera disinteressata e conciliante dell'Italia.

L'Inghilterra è fra le Potenze quella il cui programma negli affari d'Oriente è il più pertinacemente mantenuto. La conservazione assoluta della situazione presente non è forse più l'espressione rigorosa della politica britannica, segnatamente dappoichè, scomparso Lord Palmerston dalla scena diplomatica, si ruppe per dir così la tradizione che se ne era conservata inalterata dal principio del secolo; ma le sole concessioni che gli uomini di Stato inglesi accennino voler fare sono quelle che si d'feriscono al progressivo svolgimento delle istituzioni civili per cui, senza per nulla mutare la situazione politica, si migliori la norma dei rapporti tra le varie razze che obbediscono al dominio ottomano. L'Inghilterra accenna pertanto a voler tendere al consolidamento ed al perfezionamento dell'ordine attuale di cose nell'Impero, mediante una graduale equiparazione dell'Impero stesso alla condizione degli altri Governi civili per quel che ha tratto alle istituzioni giuridiche: così deroghe non lievi ai principii delle Capitolazioni concernenti il diritto di propr>ietà degli immobili negli stranieri ed alla relativa griurisdizione, furono dall'Inghilterra convenute nella Reggenza di Tunisi, proposte nel Vicereame d'Egitto e desiderate in tutto il resto dell'Impero. In codeste tendenze che mirano in sostanza a conservare trasformandolo l'Impero Ottomano nella sua presente integrità, l'Inghilterra non ci troverà punto dissenzienti da essa. Al suo Rappresentante in Costantinopoli, del quale sono note le opinioni meno assolute d'assai che non fossero quelle del suo predecessore, torneranno soddisfacenti dichiarazioni conformi a quelle che io Le venni fin qui esponendo. Vero è che se improvvisamente e per la forza degli avvenimenti lo statu quo fosse turbato in Oriente, l'Inghilterra difficilmente si indurrebbe ad accettare le conseguenze dei fatti e lotterebbe fors'anche per la restaurazione integrale di una condizione di cose che le consente una influenza sovrana a Costantinopoli. Però Ella potrà, in opportuna occorrenza e senza precorrere gli eventi, insinuare l'opinione essere vera saviezza contemperare gli interessi proprii coi fatti se inevitabili e spontanei: ed osservare tanto più doversi agevolmente accettare quella opinione dalla politica britannica in Oriente, in quanto che fu dessa che in altre parti del mondo diede prova, nei tempi recenti, di saper preferire la vera influenza che risulta dalle simpatie nazionali e dalle relazioni economiche alla vana ed antiquata influenza di Gabinetto. Io non penso certo che l'Inghil-terra possa così agevolmente rinunciare al predominio suo nei Consigli del Sultano come lasciò si staccassero dalla sua Corona le Isole Jonie e quasi mostrò di !asciarne

l'arbitrio alle sue colonie continentali d'America. I sospetti sempre vivaci ch'essa nutre contro le mire francesi nell'Egitto, le note tendenze della Russia a prevalere un giorno nel Mar Nero e nel Mediterraneo Orientale, debbono far parere all'Inghilterra nè lieve nè immaginario il pericolo d'essere preclusa dalle comunicazioni dirette colle Indie. Eppure l'Inghilterra dovrebbe non dissimularsi che l'Impero Ottomano, qual è in oggi costituito, avrà esistenza sempre più precaria, se essa non trova altro mezzo di scansare il pericolo che la immobile protezione del presente, e l'influenza gelosamente conservatasi sovra un Governo di dubbia vitalità. Or quel mezzo che mancò finora alla politica britannica, è convinzione nostra possa esserle conferito dall'Italia indipendente e pienamente ricostituita, sovratutto quando noi ci saremo liberati da quelle quistioni che sono così vitali da eclissare per noi ogni altra quistione. L'Italia allora avrà scevro da ogni estranea preoccupazione l'interesse suo pari alle mire inglesi di conservazione e di equilibrio nel Mediterraneo: e quel che è più, essa meglio d'ogni altra Potenza, fors'anzi sola, potrà efficacemente far equilibrio, con beneficio della pace, alle ·tendenze di due grandi potenze militari nel Mediterraneo, la Russia e la Francia, opponendo ad ogni politica d'ambizioni il pacifico ·e non dubbio ostacolo delle autonomie locali largamente sviluppate, delle nazionalità richiamate a nuova vita, dei costanti interessi commerciali fatti prevalere a quelli variabili dei Gabinetti.

Gli annali dell'Oriente ricordano gesta meravigliose di franchi, invasioni irrompenti di orde musulmane, imprese o progetti minacciosi dei Russi, rivolgimenti, conquiste, dinastie effimere e r,egni di mesi, lotte gigantesche di ambizioni rivali: una sola epoca di feconda quiete registrano quegli annali, quella in cui i nostri municipii vi esercitarono la salutare sovranità, a nessuno invisa, delle industrie, delle arti, e dei commerci. Non solo le memorie e le vestigia, ma molti elementi vitali, superstiti alle fortune dei .tempi, ne perdurano in Oriente, e ci rendono più d'ogni altro popolo atto ad intraprendere proficuamente quell'opera di assodam~nto cui mira, indarno forse finora, la politica britannica: noi la intraprenderemo, se così volgeranno gli eventi, proponendoci a programma la ricostituzione più stabile delle razze orientai!, neutralizzandole per così dire in nome della civiltà.

Quanto alla Francia che manifesta com'Ella sa tendenze diversamente for

se, ma altrettanto favorevoli delle nostre alle popolazioni cristiane soggette

al dominio della Porta, Ella avrà cura sopratutto, Signor Ministro, che l'Italia

non le sia seconda nella protezione di esse. L'influenza francese in Oriente non

poggia sugli elementi economici, morali e storici che furono un tempo già e

saranno ancora in avvenire base alla nostra, nè trova base sufficiente negli

interessi religiosi, poiché :;ervendosi delle popolazioni cattoliche, per mezzo

di larga clientela di sodalizii religiosi, appena rivaleggia coll'indefessa propa

ganda greco-russa. L'influenza francese oggi come al tempo delle crociate, fn

cui ebbe così caratteristica prevalenza l'indole franca, si fonda sopratutto sulla

gloria delle armi, sulla fama che ne è popolare in Levante di nazione guerriera,

proclive ad ardite spedizioni, potente -JDilitarmente e vaga di farne mostra.

Il prestigio ond'è circondato attualmente il nome francese presso quelle popolazioni depresse, scemerà forse man mano che desse risorgeranno a maggiore civiltà.

L'Italia in vece, mentre si varrà all'occorrenza delle armi, come già fece in Crimea, vuole però assidere su basi più salde ed immutabili la crescente influenza che le apparterrà presso i Cristiani di Oriente: e questa ci è assicurata, poichè i loro diritti ed i loro interessi non trovarono mai amici più zelanti e sinceri di noi.

La politica nostra pertanto, analoga in quanto ai nostri interessi futuri a quella dell'Inghilterra e conforme in quanto agli scopi immediati a quella della Francia, deve mostrarsi più di quelle ossequiente ai voti e tenera dello sviluppo anche politico delle popolazioni, ed allorquando si associa alla seconda deve avvertire che si mantenga il più che sia possibile la desiderabile neutralità dell'Oriente, evitando poi con gelosa cura ogni apparenza di dipendenza dalle mire della politica francese.

In quanto alla Russia, è ce.rto che se consideriamo l'avvenire, noi siamo più ch'altri interessati a non desiderare un troppo grande accrescimento della sua potenza verso il Mediterraneo. Sarebbe forse fuor di proposito l'esaminare qui se essa potrebbe per avventura giovarci come elemento atto a ristabilire l'equilibrio delle forse marittime nel Mediterraneo, ove è in continuo accrescimento la potenza francese. Pel presente, la nostra politica rimpetto alla Russia, in Oriente, deve essere determinata, per quanto il permettano le nosb:e buone relazioni cogli altri Stati, dalla immutabile regola di condotta che chiunque è nemico dell'Austria, finché il Veneto non sia riunito all'Italia, è amico nostro. Non occorre che io Le rammenti, Signor Ministro, quanto funestamente nel 1848 e quanto fortunatalllente invece nel 1859 la Russia potè nei suoi rapporti coll'Austria adoperarsi a danno ed a beneficio dell'Ualia. Ora, Ella sa quanto rancore persista tuttodì alla Corte di Pietroburgo contro quella di Vienna: mentre le nostre relazioni colla Russia sono soddisfacenti ed amichevoli. Ella dovrà tener debito conto di codesta doppia circostanza nel regolare la sua attitudine in un centro ove fecero capo, tanto in odio della Russia, come al tempo degli affari di Polonia, quanto in suo favore cotanti intrighi e maneggi. La Russia, fin dal 1856, quando la prima volta Plenipotenziami suoi udirono dichiarazioni di Rappresentanti del Governo del Re in ordine agli affari d'Oriente, non ebbe mai occasione d'essere malcontenta al suo punto di vista dell'impiego da noi fatto della nostra influenza in quelle regioni. Che se talora, per una accondiscendenza inesplicabile verso la sola Potenza che ci sia decisamente avversa, in Oriente ed altrove, l'Austria, il Gabinetto di Pietroburgo non si risolse in sulle prime a prestarci il suo appoggio per la rivendicazione di qualche nostro diritto, nell'affare per es. della firma dell'Atto Pubblico del Danubio, ed in quelli di Siria, si indusse però infine a riconoscerlo ed a caldeggiarlo, porgendod argomento di confidare che non ristarà dal farlo in avvenire. È increscioso che in seguito alla insurrezione polacca, si sia raffreddata l'intimità tra la Francia e la Russia, e venuto meno il loro concerto, a noi così propizio, nelle cose d'Oriente; cosicchè la Russia, intenta anzitutto in oggi a causare ogni complicazione, favorisca più che per lo passato gli interessi turchi; ma nè noi abbiamo a credere che possa essere serio e dure

vole codesto ravvicinamento della Russia verso la Porta e l'Austria, nè la

Russia stessa stupirà se noi ci attendiamo al suo ri.torno sul terreno ove fum

mo in addietro così pienamente concordi, ed ove noi medesimi rimaniamo.

Dell'altra Potenza garante, a noi amica, la Prussia, basterà il dire che la sua politica in Oriente non può essere se non il riflesso di quella che le possono suggerire le circostanze varie della sua situazione rimpetto alle altre Potenze.

In Oriente, come dappertutto, il nostro solo ed implacabile nemico è l'Austria. Non vi fu circostanza in cui essa, potendolo, non abbia osteggiato l'eser-, cizio dei nostri legittimi diritti; e fu principalmente alle sue insinuazioni dovuto se si radicò nella Sublime Porta il sospetto che, anche in questi ultimi anni di quiete e di regolare ordinamento in 1talia, l'azione nostra nelle cose d'Oriente potesse riuscire favorevole alle tendenze irrequiete di quegli elementi sovversivi che travagliano la Turchia. Così avvenne che l'Austria la cui azione non aveva pur mai cessato di spiegarsi a danno della Turchia, e colla propaganda che fa in proprio favore nella Bosnia e nell'Erzegovina, e colle sue mire ambiziose sui principati, e, infine, nel passato, allorquando già i turchi non erano più minacciosi per l'Europa, con quelle violente aggressioni, di cui ha preso atto la storia, cosi avvenne, dico, che l'Austria sia riuscita a conservarsi favorevole l'opinione del Governo Ottomano ed a volgere a nostro danno sospetti e diffidenze, facendo, forse, credere sollecitudine per la Porta ciò che era in realtà maltalento in odio nostro.

Non è possibile che io le determini fin d'ora in qual senso Ella dovrà agire a Costantinopoli nel caso che le crescenti complicazioni degli affari di Germania impegnino anche la politica nostra e ci porgano seria e non dubbia occasione di azione decisiva. Tale eventualità è finora troppo indefinita nelle sue possibili circostanze e conseguenze perché io debba prevederla in queste Istruzioni. Mi riservo per questa e per altre contingenze di darle in tempo e colla confidenza che il Governo ripone in Lei le direzioni opportune.

Contro l'Austria adunque, Ella dovrà sforzarsi di pr·emunire la Turchia ed i Rappresentanti delle Potenze garanti, rappresentando segnatamente alla Turchia quanto acciecamento sarebbe quello di non voler comprendere che l'Austria ambisce la miglior parte della successione ottomana, da essa considerata già come aperta; e presso l'Inghilterra e

la Russia constatando i maneggi austriaci in rivalità dell'influenza russa e a danno dello stato di cose esistente nella Turchia di Europa. Che se l'Austria per grandi rivolgimenti potrà essere chiamata in avvenire a nuovi destini, unendo sotto i propri dominii le razze divise che popolano i territori compresi tra il Danubio ed i Balkani, certo sarebbe poco accorto per parte nostra agevolare presentemente od anche solo non curare lo sviluppo della sua influenza in quelle regioni, mentre si dimostra più che mai risoluta a non voler né cedere né scambiare il Veneto, e ad affrontare piuttosto in qualunque eventualità le prove estreme dell'armi. Quella sua ostinazione ci porge una ragione di più di perdurare nella politica che abbiamo sempre seguita in Oriente, e specialmente di procurare, com'è nostro interesse, un ravvicinamento tra la Francia e la Russia. In ogni caso futuro poi, e qualunque combinazione territoriale diventasse possibile e vantaggiosa, essa, appena occorre dirlo, per quanto dipende da noi, non sarebbe mai per compiersi in modo che offenda i principii nostri, quelli cioè di non intervento, di nazionalità e del rispetto al V()tO popolare.

Esposte co-sì per sommi capi le norme cui s'informa la nostra politica generale rispetto alla Turchia ed alle Potenze che hanno influenza ed azione presso la Sublime Porta, debbo più specialmente intrattenerLa di alcuni affari particolari in cui l'Italia, in dipendenza della sua partecipazione agli accordi del 1856 deve assumere ingerenza come Potenza garante dell'integrità dell'Impero Ottomano. Tralascerò gli affari esauriti, come l'Atto Pubblico del Danubio, e quelli che si possono ritenere come se fossero esauriti, qual è quello dell'osservanza delle Capitolazioni nei Principati Danubiani, per cui i negoziati da più mesi interrotti, non saranno probabilmente così prontamente ripresi. Mi limiterò invece a riassumerle i negoziati relativi agli affari del Libano, alla costituzione dei Principati Danubiani, ed alla questione dei Conventi dedicati.

Nella parte speciale delle mie istruzioni in cui sto per entrare credo utile darle indicazioni assai minute segnatamente per la necessità in cui Ella potrà trovarsi di riferirsi a documenti e trattative anteriori.

Affari del Libano

I rivolgimenti di Siria cagionati dalle discordie perenni tra Drusi e Maroniti richiamarono, in principio del 1860, l'attenzione dei Governi Europei sulla condizione dei cristiani dell'Impero Ottomano, e segnatamente di quelli delle provincie del Libano.

La Russia, in Aprile 1860, invitò la Francia, l'Inghilterra, l'Austria e la Prussia a convenire a Pietroburgo in Conferenze da cui il Rappresentante di Sardegna fu lasciato escluso. È a notarsi che nei carteggi che si scambiarono in tale circostanza, la Cancelleria Russa adoprò costantemente la formola di grandi potenze, passando sotto silenzio il Trattato di Parigi del 1856, e le potenze che vi ebbero parte. Il Governo Imperiale di Francia solo, senza rilevare siffatta omissione, adoprò peraltro nelle sue risposte costantemente la locuzione di potenze segnatarie del Trattato di Parigi.

Il risultato delle Conferenze di Pietroburgo fu la deliberazione di agire di concerto rimpetto alla Sublime Porta a beneficio de' cristiani d'Oriente. La Sublime Porta, pur continuando a respingere la proposta d'una inchiesta per parte delle potenze, non dissentì dal nominare essa stessa una Commissione mista che sotto la diretta autorità del Gran Vizir procedesse ad una seria investigazione delle condizioni delle razze cristiane soggette ai dominii della Porta.

Il Ministro Ottomano degli Affari Esteri recò, con circolare del 2 Giugno 1860, siffatto provvedimento a notizia officiale dei Rappresentanti delle Potenze garanti, eccettuando dalla comunicazione il Ministro del Re. Questi diresse in data del 27 Giugno 1860, al Ministro Ottomano una Nota in cui consegnò i reclami del R. Governo per essere stato escluso dalle comunicazioni ufficiali

che precedettero e concomitarono l'inchiesta affidata al Gran Vizir Kibr1sli

Pascià.

Il 26 Luglio 1860 al Ministero degli Affari Esteri di Parigi convenivano i Rappresentanti delle grandi potenze e della Turchia. Il Plenipotenziario di Francia espose scopo del convegno essere lo avvisare di concerto colla Sublime Porta al modo di facilitare con un intervento Europeo la cessazione dei disordini in Siria non peranco sedati.

Il R. Governo, escluso da tale conferenza, ingiunse con Dispaccio del 2 Agosto al suo Ministro in Parigi di inoltrare formale richiesta di ammissione nei negoziati relativi agli affari del Libano.

I reclami del Governo del Re non furono accolti. Dai soli Rappresentanti delle cinque grandi potenze e dalla Turchia fu firmata il 5 Settembre 1860 in Parigi una Convenzione per cui fu regolato l'intervento europeo in Siria: il maximum delle forze di terra fissato a 12000 uomini, di cui la metà dovesse immediatamente essere fornita dalla Francia, con obbligo al comandante francese di porsi d'accordo coi commissarii ottomani; il mantenimento di sufficienti forze marittime alla costa lasciato a carico di tutte indistintamente le potenze stipulanti; fissato a sei mesi il termine della occupazione; lasciato alla Porta il carico delle sussistenze.

Il Governo del Re pensò essere giunto il momento di incaricare il R. Ministro a Costantinopoli di far pervenire alla Sublime Porta formale protesta.

La protesta del Generale Durando porta la data del 22 Settembre. Essa comincia con porre due quesiti: l) Il Trattato di Parigi ha egli sottratto dall'azione diplomatica delle potenze segnatarie il regolamento delle condizioni dei Cristiani dell'Impero Ottomano? 2) La Sublime Porta ha dessa ragione di ricusare alla Sardegna siffatta ingerenza che le spetta per lo stesso titolo per cui appartiene alle altre potenze segnatarie del Trattato?

In ordine al primo quesito così ragiona la Nota del Generale Durando. L'articolo 9 del Trattato di Parigi dichiara che un firmano inteso a migliorare la sorte dei cristiani in Turchia, spontaneamente emanato dal Sultano, fu comunicato alle Potenze segnatarie del Trattato e che queste ne apprezzarono iL vaLore; ma soggiunge che siffatta comunicazione non potrà mai essere invocata come precedente per una ulteriore ingerenza, individuale o collettiva, delle potenze stesse nelle relazioni ,tra il Sultano ed i suoi sudditi, o nell'amministrazione interna dell'Impero. Questo articolo non si può altramente interpretare che come attributivo. alle potenze segnatarie, del dritto di v,egliare alla esecuzione delle benevole disposizioni della Sublime Porta a beneficio dei Cristiani. Questo dritto fu riconosciuto dalla Sublime Porta appunto nell'atto in cui, affidata l'inchiesta al Gran Vizir, ne diede comunicazione alle Potenze segnatarie, e fu constatato dal Gabine_tto di Pietroburgo, che, in Aprile 1860, richiamò l'attenzione delle Potenze sui pericoli nascenti dalla situazione anormale delle cose di Siria.

L'art. 7 del Trattato contiene la dichiarazione che la Turchia è ammessa al beneficio del diritto pubblico e del concerto europeo e l'impegno di rispettare l'indipendenza e l'integrità del territorio ottomano. Le potenze guarentiscano in comune l'osservanza dell'impegno e ravvisano una quistione d'inte

resse generale in qualunque atto di natura tale da intaccarlo. In base a questo articolo, le Potenze come hanno assunto l'impegno della guarentigia, cosi hanno acQuistato il diritto di porgere consigli e di dirigere rimostranze al Governo Ottomano ogniqualvolta un suo atto possa compromettere l'integrità e l'indipendenza dell'Impero. Il qual dritto fu riconosciuto dalla Porta che nell'Ottobre 1858 fornì ai Rappresentanti delle Potenze, la Sardegna compresavi, spiegazioni soddisfacenti sulla nomina di Mehemet-Alì-Pascià a Ministro della Marina, che le potenze stesse dimostravano di ritenere misura improvvida e pericolosa.

Quanto al secondo quesito, le obbiezioni che si potevano opporre alla partecipazione della Sardegna agli accordi relativi alla Siria, nella protesta del Generale Durando sono ridotte a tre: l) Perché la Sardegna non prese parte alle Conferenze tenutesi in Aprile a Pietroburgo? 2) Perché non firmò il protocollo di Parigi del 15 Settembre? 3) Come conciliare la domanda della Sardegna col fatto che la trattazione delle quistioni europee fu sempre esclusivamente riservata, dalla consuetudine diplomatica, alle cinque grandi potenze?

Alla prima abbiezione il Generale Durando risponde l'inosservanza di un Trattato per parte d'una Potenza non autorizzare punto ad analogo procedere una terza potenza, segnatamente avuto riguardo alla natura oen differente dei rapporti rispettivi della Sardegna e della Russia colla Porta in occasione degli eventi, che diedero luogo al Trattato di Parigi, non aver mancato del resto il Governo del Re di protestare per la sua esclusione dalle conferenze di Pietroburgo.

Alla seconda abbiezione il Generale Durando riscontra affermando e comprovando il diritto della Sardegna di prender parte agli accordi che regolarono l'occupazione della Siria: trattarsi là evidentemente di quistione d'interesse generale per la quale il Trattato di Parigi ha stabilito un diritto nuovo cui partecipò anche la Sardegna, che era stata estranea a quelle trattazioni fino al 1856; forsechè, nuovamente ribellandosi l'Egitto come nel 1839 in guisa da minacciare ancora una volta l'integrità dell'Impero, si vorrebbe escludere la Sardegna dalle transazioni diplomatiche che avessero luogo in siffatta circostanza per la ragione che il R. Governo non partecipò agli accordi del 1840? Ragioni di umanità aver indotto il R. Governo a non ritardare con reclami le deliberazioni della Conferenza di Parigi, da cui pendevano le sorti di migliaja di cristiani; lo stesso motivo forse av,er trattenuto l'Ambasciatore Ottomano dall'invocare egli stesso l'intervento della Sardegna in un atto per cui era autorizzato un fatto così grave Quale l'occupazione straniera di una parte di territorio ottomano. La moderazione del Governo del Re che questi ebbe poi cura di spiegare enunciando le più formali riserve, non poter infine tornare

· di pregiudizio alle sue ragioni.

All'ultima abbiezione in fine che si pone il Generale Durando, egli risponde collo affermare il principio della prescrizione in argomento di dritto internazionale essere massima pericolosa ed inammissibile; in ogni caso non potersi invocare dalla Turchia la quale fu ammessa nel concerto europeo solo dal Trattato del 1856, nè può quindi allegare consuetudini a cui rimase estranea affatto. La Turchia dovrà piuttosto nei ricordi della guerra di Crimea attingere la norma della sua condotta verso la Sardegna, nelle stipulazioni del Trattato di Parigi la regola dei suoi rapporti diplomatici coi suoi antichi alleati.

La protesta conchiude rammentando le ragioni addotte nella Nota che il Generale Durando aveva diretto già alla Sublime Por.ta in data del 27 Giugno per la eccezione fatta a danno della Sardegna nel dar comunicazione alle Potenze garanti della missione di Kibrisly Pascià, e formolando le più esplicite riserve pel caso in cui non si abbandoni in avvenire l'interpretazione restrittiva attribuita dalla Sublime Porta al Trattato di Parigi per ciò che concerne gli affari del Libano.

La spedizione di Siria ebbe luogo nel modo che Le è noto, Signor Ministro. Truppe francesi, sole, presero parte alle operazioni di terra, ma tra le forze navali che stazionarono sulla costa in quelle contingenze sventolò, benchè non chiamatavi dalle stipulazioni di Parigi, la bandiera di Sardegna. L' • Euridice • ed il • Malfatono • erano accorse nelle acque di Bayrouth alla notizia dei primi disordini del Libano, e là rimasero pronte ad operare cogli altri navigli cristiani.

Sedati i tumulti, condotti a termine gli studi per una migliore organizzazione del Libano, il 9 giugno 1861 fu convenuto a Costantinopoli tra la Sublime Porta e le cinque grandi potenze un Regolamento per lo stabile assetto di quelle provincie. Lo si promulgò con forma di firmano dal Sultano, e lo si comunicò officialmente all'Austria, alla Francia, all'Inghilterra, alla Prussia ed alla Russia.

L'Italia, esclusa, non stimò dover rinnovare la già formolata protesta.

Daoud P·ascià, stato nominato Governatore del Libano ebbe attribuita ai propri poteri la durata di tre anni a contare dalla data della firma del Regolamento. Era pur stabilito che il Regolamento stesso, trascorso un primo triennio, si dovesse modificare, introducendovi tutti quei miglioramenti che l'esperienza avrebbe chiariti opportuni.

Nella previsione della imminente stipulazione di nuovi accordi relativi così ai poteri del Governatore, come alle modificazioni da introdursi nel Regolamento il R. Governo nel Giugno 1864, non indugiò a porsi in comunicazione coi gabinetti di Parigi e di Londra, per assicurare la nostra compartecipazione agli accordi e convegni imminenti.

V. S. Illustrissima che in allora reggeva il dicastero degli Affari Esteri conosce quali furono i riscontri ottenuti da quei due Governi.

Ella ricorda come il Conte Russell dopo aver obiettato la nostra esclusione anteriore, gli affari di Siria essere cosa indipendente dal Trattato di Parigi, la nostra ammissione equivalere in sostanza ad un doppio voto accordato alla Francia, si tenne pago delle ragioni addotte dal Marchese d'Azeglio, che trovò nel Dispaccio da Lei direttogli il 1° Giugno argomenti ineluttabili per ribatteve ad una ad una le difficoltà poste innanzi dal Primo Segretario della Regina per gli Affari Esteri. Ella ricorda altresì, Signor Ministro, come ben più categorico ed esplicitamente favorevole sia stato il riscontro ottenuto dal Gabinetto francese, contenuto in un notevole dispaccio del Signor Drouyn de Lhuys al Barone di Malaret, in data 12 giugno 1864 di cui non Le sarà discaro che io qui riproduca i passi più importanti.

Il Ministro Imperiale degli Affari Esteri premette aver egli già scritto all'Ambasciatore di Francia in Costantinopoli per dichiarargli il Governo dell'Imperatore essere favorevole alla nostra ammissione e per invitarlo a comportarsi, all'occorrenza, in conformità di siffatta deliberazione. Egli non esita ad affermare che le ragioni invocate dal Governo Italiano sono di gran lunga più fondate delle eccP.zioni che gli furono opposte nel 1860. • Il Governo Italiano, egli dice, non prese parte invero alle Conferenze in seguito alle quali l'amministrazione del Libano fu riorganizzata; ma se le Potenze intervennero in quegli affari si è perché questi parvero loro giustamente di natura tale da intaccare l'integrità e l'indipendenza dell'Impero Ottomano. Il loro intervento collettivo che in allora non poggiava su alcun atto internazionale, e neppure, se se ne eccettua la Francia, su alcuna tradizione, il loro intervento collettivo, dico, non avrebbe potuto esseve altrimenti giustificato. Si è per la stessa ragione politica, e non pel fatto dell'essere stata già la quistione trattata in conferenza nel 1840, che gli accordi del 1861 furono convenuti tra la Porta e le grandi potenze, e fu inteso altresì fin d'allora che lo stesso procedimento si sarebbe osservato nel 1864 allo spirare dei poteri affidati a Daoud Pascià. Posto ora, ciò che è difficile contrastare, che il fondamento dell'intervento delle potenze negli affari del Libano, dal 1840 in poi, consista nella ragione che quegli affari interessano l'integrità e l'indipendenza dell'Impero Ottomano, avendo l'Italia nel 1856 guarentito, ed assunto solidariamente l'impegno di tutelare siffatto principio d'ordine europeo, pare logico e giusto che dessa prenda parte a tutte le deliberazioni che abbiano luogo in vista di quella integrità e quella indipendenza, benché il Gabinetto di T~rino non abbia partecipato ad analoghe deliberazioni prima del 1856 •.

Il Signor Drouyn de Lhuys soggiunge che l'essere di già intervenuto con comune profitto il Rappresentante del Re in Conferenze relative ai Principati Danubiani dovrebbe escludere il timore di difficoltà per parte di Potenze che non abbiano peranco riconosciuto il nuovo Regno.

Il Signor Drouyn de Lhuys conchiude la sua nota dichiarando il Governo Imperiale essere disposto a sostenere, presso la Porta e le Potenze Segnatarie del Trattato di Parigi, il principio dell'ammissione del Rappresentante Italiano alle Conferenze di Costantinopoli per lo stesso titolo cui vi intervengono le altre Potenze garanti, cioè appunto come Potenz·a garante dell'Impero ottomano, abbia o non abbia il Governo del Re presso parte ai convegni anteriori.

Le istruzioni francesi giunsero sollecite a Costantinopoli; tardi giunsero invece le britanniche e solo dopo nuove sollecitazioni del R. Ministro a Londra.

Le è noto, Signor Ministro, come non fosse stimato oppovtuno dal Governo del Re di invocare l'appoggio della Russia, e come vani siano stati gli officii inoltrati presso il Gabinetto di Berlino, avvinto a quello di Vienna in quella epoca da questioni di maggior interesse prussiano.

E neppure è d'uopo che io Le rammenti il carteggio scambiatosi tra il Rappresentante del Re a Costantinopoli ed il Ministro Ottomano degli Affari Esteri. La Sublime Porta, Ella il sa, fu sorda ad ogni nostra argomentazione, ed alle sollecitazioni di Francia e di Inghilterra.

Il Protocollo per il Regolamento nuovo degli affari del Libano fu aperto dalla Sublime Porta il 6 Settembre 1864 colla firma di Aali Pascià, ed accolse indi successivamente le firme dell'Ambasciatore Britannico, dell'Internunzio, dell'Ambasciatore Russo e degli lncarticati d'Affari di Prussia e di Francia.

Il nuovo Regolamento fu convenuto dovesse essere promulgato come il precedente del 9 Giugno 1861 sotto forma di firmano imperiale ed indi comunicato officialmente alle cinque potenze; confermate le disposizioni del Protocollo del 1861; continuati per cinque anni ancora a partire dal 9 Giugno 1864 i poteri di Daoud Pascià.

Il R. Incaricato d'Affari, poiché furono esauriti tutti i mezzi di conseguire che la Porta desistesse dalla sua opposizione, respinta la proposta di semplice comunicazione officiale, mediante nota, del Protocollo, la cui accettazione sarebbe stato come sanzionare la nostra ingiusta esclusione, fece rimettere nelle mani di S.A. Aali Pascià la protesta formale della R. Legazione a nome del Governo del Re.

La protesta del Conte Greppi porta la data del 24 Settembre 1864. Essa ricorda la protesta di Durando, ricorda la moderazione giustificata da motivi d'umanità fatti noti alle Potenze. Il Governo del Re aver debito di rivendicare i diritti che gli sono conferiti dall'art. VII del Trattato di Parigi, come ne osservò sempre fedelmente gli impegni, segnatamente dacché fortunati avvenimenti approssimarono i confini dei due Stati. Le obbiezioni della Porta ridursi al non essere il Governo del Re intervenuto negli accordi anteriori al 1856, all'essere inevitabile l'astensione di altra potenza nel caso dell'intervento dell'Italia. Quanto alla prima, non reggere essa se si pon mente a che il trattato del 1856 è quello appunto che sanzionò e sottopose a norme certe un diritto di cui nell'interesse europeo si valsero col consenso della Porta, alcune potenze prima del 1856. Il trattato del 1856 aver imposto a tutte le potenze garanti l'impegno di guarentire l'indipendenza e l'integrità dell'Impero Ottomano, ed a tutte aver conferito il diritto di intervenire negli affari che interessano quella indipendenza e quella integrità. Vorrà la Porta far retrocedere le cose ed i tempi fino all'èra, disastrosa per essa, degli interventi parziali? Vorrà essa scemare la migliore fra le guarentigie che le sono assicurate dal Trattato di Parigi?

Quanto alla seconda abbiezione, doversi avvertire come non convenga alla Porta di seguire l'esempio di quelle Potenze che col rifiutare di intervenire se interviene il Rappresentante Italiano sconoscono il Trattato di Parigi. Se alcune Potenze si opposero al nostro intervento, altre averlo caldamente appoggiato. Non essere mancati alla Porta né gli incitamenti, né le valide ragioni da far valere a sostegno del nostro dritto e per sottrarsi all'arbitrio altrui.

Il documento in questione conchiude rinnovando le riserve e proteste formulate nella nota del 22 Settembre 1860 del Generale Durando. La Sublime Porta riscontrò alla protesta italiana: ma il fece riproducendo gli stessi antichi argomenti che noi avevamo ripetutamente ribattuti.

È degno di nota speeiale il fatto che il Governo Britannico si espresse in ordine ana nostra esclusione nel senso che dichiarava ravvisarvi un. nuovo g1'ief contro il Governo del Sultano, e fece conoscere al Governo

Ottomano che in caso di nuove deliberazioni relative alla Siria il Rappresentante britannico si sarebbe rifiutato di assistervi, se il Rappresentante del Re non fosse invitato a parteciparvi.

Nell'anno decorso parve un momento che in seguito a quelle perturbazioni che occasionarono il viaggio di Daoud Pascià a Costantinopoli si dovessero riunire nuovamente le Conferenze. Il Governo del Re non mancò di avvertire le potenze garanti che avrebbe in tale eventualità fatto valere il proprio diritto.

La stessa dichiarazione fu in questi ultimi tempi rinnovata poiché a nuovi accordi tra le Potenze e la Porta, parve fossero per dar luogo i torbidi non per anco repressi nel Libano. Ed in tal circostanza fu pur data precisa istruzione al Console di Sua Maestà in Bayrouth che, a malgrado della non avvenuta nostra partecipazione agli aHi per cui furono due volte regolate le condizioni del Libano, egli dovesse però in ogni circostanza e verso chiunque comportarsi come Rappresentante di Potenza a cui il carattere di garante dell'integrità e dell'indipendenza dell'Impero Ottomano, conferisce titolo di intervento negli affari di Siria eguale a quello per cui vi intervengono le altre potenze garanti. L'eventualità della riunione delle Conferenze per gli affari di Siria sembra indefinitamente allontanata.

Principati Danubiani

La Conferenza che preparò il Trattato di Pari~i del 30 marzo 1856, si occupò la prima volta della questione dei Principati Rumeni nella seduta dell'8 Marzo.

Il Conte Walewski stimò giusto ed opportuno di provocare dalla Conferenza un voto sulla quistione preliminare se i due Principati dovessero essere in avvenire politicamente uniti o disgiunti. Delle sei Potenze rappresentate al Congresso, Francia, Inghilterra, Russia e Sardegna si chiarirono per la conclusione affermativa, appoggiando la loro opinione sulla propria convinzione che tale era il voto dei Rumeni: la Turchia recisamente conchiuse per la negativa contestando non meno risolutamente il fatto che fossero nel senso dell'unione i desiderii delle popolazioni rumene. L'Inviato Austriaco allegò deficienza di istruzioni, mosse dubbii sulla realtà delle tendenze unioniste dei Principati, ed accennò chiaramente di propendere nel senso stesso che la Turchia.

Che sia avvenuto nell'intervallo tra la seduta dell'8 e quella del 10 non appare: certo è che in quest'ultima l'urgenza di definire preliminarmente la questione dell'unione è svanita, che lo stesso Conte Walewski si fa organo di una proposta tendente a riservare a future conferenze il compito di statuire più precisamente sulle condizioni politiche ed amministrative dei Principati, ed a limitare l'azione del Congresso a fissare in alcuni articoli le basi generali dell'assetto a darsi alla Rumenia. Non consta neppure come sia avvenuto che la reda~ione degli articoli in quistione fu affidata a tre Plenipotenziarii, di cui l'uno Francese, l'altro Austriaco ed il terzo Ottomano, accrescendosi così la probabilità di una propensione verso il partito della

separazione.

La sotto Commissione adempi il suo mandato, ispirando le sue delibera2lioni, secondoché dichiarò il Signor Bourqueney nella seduta del 12 marzo ai tre principii seguenti:

l) che non si dovesse subordinare la conclusione del Trattato di pace all'atto diplomatico relativo alla definitiva costituzione dei Principati;

2) che si dovessero rispettare i diritti della Potenza altosovrana e quell.i delle Potenze garanti, stabilendo la doppia necessità, pel regolamento politico dei Principati, di una Convenzione e di un Firmano;

3) che si dovessero consultare le popolazioni sulle questioni di principio non peranco risolte.

La redazione della Sotto-Commissione fu definitivamente approvata nella seduta del 25 marzo, e gli articoli relativi ai Principati presero posto ai NN. 22, 23, 24, 25, 26 e 27 del testo del Trattato del 30 Marzo 1856.

In base a siffatte stipulazioni le singole Potenze garanti e la Sublime Porta nominarono i rispettivi Commissarii cui fu dato l'incarico di recarsi a Bukarest per controllarvi la regolarità della manifestazione del volere delle popolazioni per mezzo delle elezioni di Divani ad hoc, convocati dalla Porta, e del voto dei Divani stessi.

Fu Commissario pel Governo del Re il Comm. Raffaele Benzi, Console Generale. L'Hatti-Scerif di convocazione fu emanato, di concerto colle Rappresentanze delle Potenze Garanti, dal Sultano nel mese di aprile 1857.

L'Austria non si rimase, fin dal principio, dal suscitare ostacoli al regolare andamento delle cose. Fu lunga ed ostinata, dapprima, la sua resistenza a che fosse ammesso un Commissario Sardo: né si peritò di diniegare il suo appoggio alla formale domanda di ammissione della Prussia, per accrescere le probabilità di successo a codesta sua strana pretesa di ricusare l'esempio di un dritto evidentemente conferito alla Sardegna ed alla Prussia dal Trattato di Parigi. Poi, il Gabinetto di Vienna, riuscita vana la sua opposizione all'ammisStione dei Commissari di Prussia e di Sardegna, emise la pretesa che i Divani non doV'essero deliberare sulla questione dell'unione: pretesa tanto più strana che erano stati i dubbi sollevati nel Congresso dai Plenipotenziarii austriaci, che avevano principalmente indotto la Conferenza di Parigi a lasciare in sospeso la questione dell'unione che per la pluralità delle' Potenze era già risolta in senso affermativo, e che fu riservata alla futura Convenzione appunto perché nel frattempo si potesse addiVIenire ad una nuova constatazione del volere delle popolazioni moldo-valacche. A siffatta pretesa dell'Austria, tutte si opposero le altre Potenze garanti, segnatamente la Prussia, la quale sostenne la tesi che la Conferenza dovesse poi essa stessa, nello stipulare la Convenzione per l'assetto definitivo dei Principati, risolvere la questione dell'unione, se i Divani non l'avessero posta all'ordine del giorno delle loro deliberazioni.

Infine, l'Austria, dopo aver protratto finché poté lo sgombro delle sue truppe dal territorio rumeno, enunciò la pretesa che in caso di torbidi nei Principati potesse la Sublime Porta di proprio moto intervenire armatamente: la ,qual pretesa fu pure respinta unanimemente dalle Potenze e con maggior calore dalla Russia.

Delusa in siffatti maneggi l'Austria non rinunciò punto di conseguire indirettamente lo scopo che si era manifestamente prefisso, quello di rendere impossibile il progresso regolare delle cose per trar profitto dall'incerto e dall'imprevisto. Alle Legazioni delle potenze garanti in CostantinopoJ,i furono segnalati frequentemente intrighi austriaci per suscitare disordini. La confezione delle liste elettorali doveasi fare nei Principati sotto la sorveglianza e la direzione dei due Luogotenenti o Caimacan. Il Caimacan di Moldavia, Principe Vogorides, fassoti strumento della politica austriaca, porse argomento, col suo contegno, a rimostranze severe per parte delle Legazioni di Sardegna, Francia, Russia e Prussia a Costantinopoli. Le note collettive dirette dalle medesime alla Sublime Porta così per segnalare l'irregolare condotta del Caimacan Vogorides, come per sollecitare la venuta a Bukarest del Commissario Ottomano Savfet Effendi, portano le date del 13 Maggio (1857), 30 Maggio e 21 Giugno. Le rimostranze fatte dalle Potenze Garanti (meno, come si disse, l'Austria e l'Inghilterra) ebbero per effetto di far giungere a Bukarest Savfet Effendi, ma non di far cessare le irregolarità del procedere del Caimacan Vogorides, spalleggiato apertamente dall'Austria e, copertamente, anche dall'Inghilterra.

Le cose giunsero al punto che alla vigilia di procedere alle elezioni, essendo quasi universali i richiami contro la confezione delle liste elettorali moldave, le quattro Legazioni di Sardegna, di Francia, di Russia e di Prussia a Costantinopoli dovettero dirigere in data 28 luglio una Nota collettiva per far dichiarare nulLe le operazioni elettorali in Moldavia. Caduto in quei giorni il Ministero Ottomano la stessa domanda fu diretta in forma di ultimatum ai nuovo Ministero, colla protesta che non facendosi ragione alla medesima si sarebbero rotte le relazioni officiali tra le Legazioni e la Sublime Porta.

La resistenza della Turchia era bensì suscitata dai maneggi austriaci, ma soprattut,to imbaldanzita dall'accondiscendenza britannica. Cosicché bastarono le istruzioni inviate alla Legazione Inglese dopo il convegno di Osborne che intervenne in quei giorni tra l'Imperatore Napoleone e la Regina Vittoria per indurre la Paria a far procedere a nuove operazioni elettorali in Moldavia.

La condotta del R. Commissario a Bukarest in tutto questo fra,ttempo era stata affatto riservata, benché non potesse egli dissimularsi la decisa tendenza delle popolazioni rumene per l'unione; ed in tal senso rriferì le risultanze della sua missione al Governo del Re, il quale credette di aprirsene confidenzialmente col Governo di Francia, sottoponendogli (Dispaccio riservato del 27 Ottobre 1857 al Marchese Villamarina) varii progetti di costituzione pei Principati, tutti basati sul principio dell'unione.

È pur da ricordare che al Comm. Benzi fu fatta proposta da patrioti rumeni di promuovere la candidatura di un Principe di Casa Savoja, e che tali aperture furono recisamente respinte così dal R. Governo come dal suo Commissario.

I divani furono riuniti 1'8 Ottobre (1857) quello di Moldavia e 1'11 quello

di Valacchia.

Il divano di Moldavia votò, il 19 Ottobre, all'unanimità meno due voti, l'unione con un Principe straniero, con successione ereditaria, l'autonomia sotto l'alta sovranità della Porta ed un Governo rappresentativo. Quasi nel tempo stesso il divano di Valacchia emetteva gli stessi voti per acclamazione unanime.

Senonché, sulla proposta del Principe Demetrio Ghika, il Divano di Valacchia nella tornata del 7 dicembre votava le proposizioni seguenti che furono tosto recate a conoscenza officiale della Commissione Europea:

Che il divano aveva esaurito il proprio compito,

Che si riservava di deliberare sulle basi della costituzione e di una legge elettorale, quando il congresso di Parigi avesse sciolta la questione risolta dal Divano col voto del 21 Ottobre.

Furono vane le insistenze dei Commissarii europei segnatamente di Francia e Sardegna perché il divano di Valacchia si pronunciasse sui varii quesiti amministrativi e costituzionali, la risposta ai quali fornisse argomento di deliberazione alla Conferenza di Parigi. Il divano, senza più nulla discutere né votare, si aggiornò fino al 1° Febbrajo.

Il Divano di Moldavia, invece, dopo aver incaricato una Commissione speciale di formolare il programma dei punti di organizzazione interna che si sarebbero dovuti risolvere, e dopo aver poscia dato l'incarico di uno studio preliminar'e della più conveniente soluzione di quei punti stessi, che furono dodici, deliberò defiinitivamente in ordine ai medesimi, e si prorogò indi, dichiarandosi però pronto a rispondere a quelle altre domande che la Commissione Europea stimasse di dirigergli. Esaurito cosi il compito del divano moldavo, ed interrotto senza speranza di ripresa, quello del divano valacco, il Governo O!tomano, sollecitato ed ottenuto l'assenso dei Governi garanti, pronunciò la dissoluzione dei divani ad hoc.

La Commissione europea dovette allora intl'aprendere H rapporto che aveva avuto il mandato di sottoporre al Congresso di Parigi. A tale intento, essa si divise in due Comitati; l'uno composto dei Commissarii di Sardegna, di Russia, d'Inghilterra e di Turchia fu incaricato delle quistioni relative alla Valacchia, e l'altro, composto dei Commissarii di Francia, Austria e Prussia di quelle relative alla Moldavia.

Il Rapporto generale fu firmato il 13 Aprile 1858, ed i Commissarii europei lasciarono Bukarest nella seconda metà del mese.

In principio di Maggio perveniva a Parigi il Rapporto generale della Commissione europea, e la Conferenza, composta dei Ministri residenti a Parigi, già secondi Plenipotenziarii al Congresso, e del Ministro Imperiale degli Affari Esteri, era sollecitamente convocata per esaminare quel rapporto e statuire in una apposita Convenzione le basi dell'ordinamento politico dei Principati.

Il Governo del Re stimò di inviare a Parigi, a sussidio del R. Ministro Villamarina, lo stesso Commissario Sardo a Bukarest, Cav. Benzi, il quale fu latore al Marchese delle Istruzioni del Conte Cavour in data del 22 Maggio.

In codeste Istruzioni, al Ministro del Re era raccomandato il più assoluto silenzio sulle questioni italiane, esaurite già al punto di vista diplomatico dalle solenni dichiarazioni fatte nel Congresso del 1856 e la cui soluzione di fatto non si attendeva ormai, in Italia • dagli sforzi della diplomazia, e da Congressi, ma dalla forza ineluttabile degli avvenimenti tosto o tardi suscitati dall'azione dell'opinione pubblica, dalla potenza del principio di nazionalità, dalla giustizia divina •·

Quanto alla quistione dei Principati, • partigiano e difensore del principio di nazionalità in Italia, il Governo del Re ravvisava pur sempre nell'unione dei due Principati sotto un Prnicipe straniero, l'unico mezzo di dare alla Rumania uno stabile assetto di Gov·erno •. Tale presumersi l'intendimento della Francia e in tal caso doversi con ogni sforzo appoggiare. Se la Francia cedesse alle sollecitazioni di Turchia ed Inghilterra e rinunciasse pel momento a sostenere il principio dell'unione immediata, accettare, riservando l'opinione astratta del Governo del Re, ogni transazione che la Francia stimasse propria a tutelare la pace attuale senza pregiudicare, per l'avvenire, la causa dell'unione.

La precisione e risolutezza di quel nostro linguaggio, oltre ad essere ispirata ai principii di nazionaUtà e di diritto popolare che pur ora ci guidano, era, come ben s'intende, consigliata in allora dalla speciale utilità di creare sul Danubio un precedente per avvenimenti di certa analogia da compiersi in Italia.

La Conferenza tenne 19 sedute. Il testo dei protocolli e della Convenzione del 19 Agosto 1858, che fu la risultanza dei lavori della Conferenza, chiarisce il lato positivo e concreto del negoziato. Non sarà, invece, senza interesse, riprodurre qui, dal ca11teggio del Marchese di Villamarina, la fisionomia, per così dire, delle trattative, e l'indole dell'atto finale.

Il nodo della difficoltà consisteva in ciò che i Divani essendosi pronunciati per l'unione con un Principe straniero, avevano tratto la questione sul terreno europeo connettendola in certa guisa con quella della integrità dell'Impero Ottomano, principio che a quell'epoca, non men che presentemente, l'Inghilterra difendeva ad oltranza e ad ogni costo.

La Francia, allorquando si vide abbandonata dall'Inghilterra, non ebbe altra cura tranneché di trovare un mezzo di giungere ad un compromesso tra le due opinioni opposte, l'unione e la separazione.

Essa, pertanto, che s'era presentata alla Conferenza con un progetto ove se non v'era la parola v'era la cosa, si ripiegò senz'altro su se stessa,' e, con abilità si appropriò il contro progetto dell'Inghilterra per farlo discutere sotto la propria direzione e averne agio di gettare nella organizzazione dei Principati i germi di una unione futura; né le speranze francesi andarono deluse.

Sinceramente propensa all'unione, costretta a rinunciare al suo concetto primitivo, è giusto convenire che la Francia spiegò una perspicacia ed energia non comune a riguadagnare il terreno che sembrava perduto per la causa unionista al principio della Conferenza.

L'Inghilterra si mostrò costantemente avversa all'unione, e come questa unione era notoriamente voluta dalle popolazioni rumene, furono degni, forse, di miglior causa i suoi maneggi per occultare alle popolazioni britanniche, tenere del voto popolare, la politica antinazionale seguita nelle Conferenze.

La Prussia chiarì in tutto il corso del negoziato il suo desiderio di essere d'accordo così colla Francia, come coll'Inghilterra e colla Russia: indi una

incertezza ed anche una inconseguenza d'atHtudine che si rivelò costantemente nel Rappresentante prussiano.

La Russia, tenera soprattutto di conciliarsi le simpatie rumene, e di riservarsi l'avvenire, difese bensì dapprima calorosamente la causa dell'unione, ma, quella irremissibilmente perduta, non ne mostrò troppo grande rincrescim~nto, sollecita solo di introdurre nell'organizzazione, unionista o separatista che fosse, dei Principati germi fecondi alla propria politica, promuovendo tutte le decisioni d'ordine secondario che potevano riuscir gradite nei Principati.

La Turchia e l'Austria furono cordiali alleate nell'opera di impedire e di imbarazzare il lavoro della Conferenza, dividendosi quasi sistematicamente il compito di porre ostacolo alle deliberazioni favorevoli ai principati; il plenipotenziario turco sorgendo per esempio quasi sempre per opporsi solo nelle quistioni di principio, l'austriaco facendo lo stesso nelle quistioni particolari.

Quanto al contegno del Rappresentante Sardo, esso fu letteralmente conforme alle istruzioni del 22 Maggio.

Ratificata che fu la Convenzione del 19 Agosto, fuorono tosto prese le misure per assicurarne l'esecuzione. Conformemente all'art. 25 del Trattato di Parigi, un Hatti-scerif del Sultano, testualmente conforme al disposto della Convenzione fu pubblicato nei Principati. Ogni precauzione fu posta ad atto affinché nulla influisse sulla libera manifestazione dei voti che dovevano determinare la scelta dei due Ospodari. I due Caimacan in carica, Vogorides e Ghicka, dovettero lasciare il loro posto a due Luogotenenze provvisorie o Caimacanie, come allorquando facevasi vacante l'ospodorato. La Caimacania di Valacchia con Nota del 5 Novembre proibì ogni riunione prepratoria prima della pubblicazione delle liste. In Moldavia, la Caimacania comportassi pur saggiamente e fermamente contro le artificiose pretese del Consolato austriaco, 1e esigenze della Porta in ordine alle sue competenze, e adoprossi a cancellare tutte le tracce lasciate dall'arbitrario procedere del Caimacan Vogorides.

Dopo non pochi ostacoli ed indugi cagionati dalla Porta cui non era ignoto il carattere nazionale deUe celermente compiute elezioni moldave, l'Assemblea di Yassy si riunì addì 9 Gennajo 1859, ed inaugurò i suoi lavori col rinnovare • innanzi a Dio ed agli uomini la dichiarazione che l'unione dei Principati in un solo Stato sotto un Principe straniero appartenente ad una delle famigHe regnanti d'Europa, richiesta unanimemente dai divani ad hoc del 1857, era stata ed era sempre il voto più vivo e più generale della nazione rumena •, e con dichiarare che nondimeno accettava una costituzione racchiudente i germi atti a condurre all'adempimento dei voti unanimi e costanti della nazione. Nella seduta del 17 Gennajo, cui intervennero in forma solenne i Consoli esteri, Alessandro Couza, capo della milizia, fu eletto ad Ospodaro dall'unanime voto dei 49 Deputati presenti. Il principe Couza giurò f,edeltà alla Costituzione e firmò una dichiaraz,ione secondo cui si obbligava, verificandosi in qualunque guisa l'unione dei due Principati, ad abdicare in favore di un Principe straniero.

In Valacchia le cose procedettero più lentamente a cagione delle reclamazioni sporte a Costantinopoli dai cittadini di Bukarest. L'Assemblea non poté riunirsi che il 3 Febbrajo; dopo tempestose discussioni preliminari per la verifica dei poteri, e prima ancora che ogni dissenso fosse svanito su tale , argomento, bastò la semplice mozione dei Signor Boeresco, il quale fece osservare che per affermare il desiderio dell'unione non v'era altro mezzo che di eleggere a.d Ospodaro di Valacchia il Principe Couza, un mese prima stato eletto ospodaro di Moldavia. Bastò, dico, tal mozione per far cessare ogni dissidio e far ploclamare Ospodaro il Principe Couza all'unanimità di 64 voti (5 Febbrajo 1859).

Giunta a conoscenza delle Potenze garanti la notizia della doppia elezione del Principe Couza, fu giudicato conveniente che la Conferenza di Parigi dovesse preoccuparsene.

Per parte sua, il Governo del Re inviò in data del 24 Febbrajo al Marchese Villamarina istruzioni, concepite in conformità dell'avviso emesso dal Consiglio del Contenzioso diplomatico. A termini di questo, la questione poteva concepirsi posta sotto due forme alla Conferenza, cioè:

1°) Se in vista della doppia elezione del Principe Couza, costituente una evidente solenne conferma dei voti delle popolazioni rumene in favore dell'unione, non fosse il caso di riformare in senso unionista la Convenzione del 1858; ovvero

2°) Se la doppia elezione del Principe Couza non fosse valida a fronte dei termini del Trattato di Parigi e della Convenzione del 1858.

Il Governo del Re avrebbe preferito la prima forma ed in tal caso le stesse istruzioni impartite per le anteriori Conferenze avrebbero giovato per le presenti. Ma nel caso, assai probabile, che la Conferenza si ponesse al secondo punto di vista, il Plenipotenziario Sardo ebbe istruzione di sostenere la tesi che la doppia elezione era stata pienamente regolare e conforme alla lettera non meno che allo spirito della Convenzione del 1858, e di far inserire nel Protocollo una sua dichiarazione motivata in tal senso.

La Conferenza tenne due prime sedute il 7 e 13 Aprile. La lettura dei protocolli chiarisce come sia avvenuto che a fronte della disparità di giudizio recato, in principio, sulla validità dell'elezione del Principe Couza, e dell'accordo tra cinque Potenze (Sardegna, Francia, InghiLterra, Russia e Prussia) nel riconoscere intanto l'efficacia deWelezione stessa, siasi deliberato di non far risultare nel Protocollo della discrepanza e di annettervi solo un compromesso con invito all'Austria ed alla Porta di aderirvi. Il Rappresentante Ottomano enunciò varie considerazioni per distogliere i cinque rappresentanti dall'insistere nel loro compromesso, ed ebbe associato alle sue dichiarazioni l'Austriaco. Ma in seguito alla persistenza deUe cinque potenze, l'Ottomano e l'Austriaco accettarono ad referendum le proposte contenute nel compromesso. È utile notare, a tal Yiguardo, la gradazione delle opinioni delle varie Potenze in ordine alla doppia elezione del Principe Couza. Turchia ed Austria contrarie in principio ed in fatto. Inghilterra e Russia contrarie in principio ma non in fatto. Prussia, dubbiosa. Francia e Sardegna, quella meno questa più recisamente favorevoli in dritto ed in fatto. È pur da ricordarsi come solo in seguito al deliberato compromesso, e in base ad apposite istruzioni dell'll Aprile, il Plenipotenziario Sardo desisté dalla domanda d'inserzione nel protocollo dell'avviso motivato della Sardegna circa la validità della doppia elezione Couza.

A tal punto, scoppiò la guerra d'Italia, e furono indefinitamente interrotte le Conferenze. Siffatto intervallo era usufruito, pei loro scopi differenti, dalla Rumania e dalla Sublime Porta.

Il Principe Couza procedeva nella via delle riforme e della cessazione degli abusi antichi. Nell'agosto (1859) riunivasi a Fochsani la Commissione centrale composta di otto moldavi e di otto valacchi: il suo primo atto fu un appello solenne all'unione definitiva della Moldo-Valacchia sotto un Principe straniero. Lo stesso Principe Couza aveva diretto in tal senso una Nota alla Sublime Porta, appena dopo la sua nomina e prima ancora che la deputazione dei Principati Uniti recasse al Sultano la domanda officiale di investitura;

Dal canto suo la Sublime Porta sforzassi, nel frattempo, di rompere l'accordo consegnato nel compromesso. A tale intento fece presentare alle varie Potenze garanti un progetto di accettazione del compromesso, in cui vi si ponevano alcune condizioni, tra cui l'espressa menzione dell'eccezionalità della doppia investitura, due firmani distinti, obbligo di tosto recarsi a Costantinopoli a ricevervi l'investitura, mantenimento di due amministrazioni distinte, competenza della sola Porta per richiami all'ordine in caso d'infrazione della Convenzione del 1858 per parte del Principe, le misure coercitive da concertarsi a Costantinopoli, consegnazione di siffatte condizioni in un atto solenne avente egual forza della Convenzione del 1858. L'insistenza maggiore della Porta per far accettare siffatte condizioni fu esercitata a Torino ed a Berlino. Ma tutte le Potenze, meno beninteso rAustria, furono concordi nell'esigere una accettazione pura e semplice del compromesso oppure una dichiarazione equivalente letteralmente al compromesso stesso. A fronte di siffatta atHtudine delle Potenze, la Porta dovette cedere, ed il protocollo n. XXII della Conferenza che si riunì, finita la guerra d'Italia, il 6 Settembre fa fede del come il Plenipotenziario della Turchia, ed a rimorchio suo quello dell'Austria abbiano accettato il compromesso.

L'investitura del Principe Couza ebbe luogo per mezzo di due firmani distinti, l'uno per la Moldavia e l'altro per la Valacchia, che furono recati a Yassy ed a Bucharest da ufficiali superiori dell'esercito turco.

In Ottobre 1860, il Principe Couza che aveva continuato a governare, non senza difficoltà, separatamente i due Principati, venne, spontaneamente, a Costantinopoli. V'ebbe accoglienza, se non di sovrano, onorevole e degna, e quel che è più seppe produrre una così favorevole impressione da rendere possibili negoziati nuovi e concessioni per parte della Sublime Porta, che s'era mostrata fino ad allora p<>rtinacemente restia ad oltrepassare il limite delle concessioni contenute nell'accettazione del compromesso dell'Aprile 1859.

Ritornato a Buckarest, il Principe Couza consegnò in un memorandum l'espressione del desiderio della Moldo-Valacchia che fosse provveduto agli

inconvenienti procedenti dalla sua situa:l)ione anormale e segnatamente dalle doppie istituzioni amministrative e parlamentari.

L'attitudine delle Potenze a fronte di siffatto memorandum fu varia, e conforme alle opinioni in addietro sostenute circa la questione dell'unione. Il Governo del Re, con un dispaccio diretto in data del 17 Gennajo 1861 al

R. Ministro in Costantinopoli si chiarì, com'era naturale, risolutamente favorevole ai desiderii del Principe.

Dopo varii ne.goziati preliminari la Sublime Porta diresse in data del lo Maggio 1861, ai suoi Rappresentanti presso le Potenze Garanti, una Circolare in cui essa dichiaravasi pronta ad aderire, in principio, ai voti manifestati dal Principe Couza nella sua Memoria, esponendo il concetto secondo il quale sarebbesi dovuto addivenire alle bramate riforme.

Ciò stante, pareva si dovesse riunir·e la Conferenza per-prendere una definitiva deliberazione, e già il Governo del Re aveva diretto in data del 1° Giugno al Generale Durando, per siffatta eventualità istruzioni concepite nel senso della politica costantemente seguita dal Governo del Re nelle cose dei Principati. Senonchè la condizione anormale dei rapporti diplomatici tra il Governo del Re e la maggioranza delle altre Potenze, fu cagione che la Conferenza non si riunisse: pretendendo con ragione il Governo del Re di aver parte ad ogni conferenza officiale od officio collettivo delle Legazioni garanti, e dichiarando l'lnternunzio, solo benchè non la sola Austria non ci riconoscesse a quell'epoca, che non avrebbe assistito a conferenza nè firmato nota ove intervenisse il Rappresentante italiano. I negoziati pertanto si protrassero in lungo, e furono tanto più difficili, in mancanza di riunioni officiali e complete, inquantochè il Principe Couza in data 4 Settembre ebbe a farmolare nuove proposte concrete, di riscontro a quelle contenute nella circolare ottomana del lo Maggio, e concernenti specialmente la Commissione centrale di Forchsani. Infine dopo molti colloqui particolari, e scambii di lettere confidenziali, si potè ottenere un accordo di principii tra la Porta e le Potenze garanti: e fu deliberato che la riforma della organizzazione dei Principati seguisse nella forma seguente. La Porta recasse a conoscenza particolare delle

singole Legazioni il suo progetto di Firmano; le Legazioni esaminassero, si concertassero particolarmente e pur particolarmente facessero le loro osservazioni alla Sublime Porta; questa inviasse, ottenuto l'accordo sulla redazione definitiva, il Firmano con accompagnamento di nota ufficiale alle singole Legazioni; queste infine consegnassero la loro accettazione, ed, occorrendo, le loro riserve, in altrettante Note separate. Così avvenne: il progetto di Firmano fu comunicato alle singole Legazioni dalla Porta con Nota del 14 Novembre 1861. Varie modificazioni furono chieste ed ottenute dalle Legazioni: così fu soppressa la minaccia di intervento armato turco, in caso di violazione dell'atto costitutivo e della Convenzione del 1858, cui fu surrogato una Commissione a senso del protocollo del 6 Settembre 1859; soppresso l'obbligo per l'ospodaro di nominare due Governatori generali; lasciata all'ospodaro la facoltà di stabilire le norme di composizione, di competenza e di convocazione dei due consigli provinciali; limitata ai casi espressamente previsti l'azione della Convenzione del 1858 e del Protocollo del 6 Settembre 1859; non solo

sospesa la Commissione centrale di Fochsani ma abolitene le attribuzioni invece di affidarle all'Assemblea come era detto nel progetto primitivo.

Ridotto così a forma accettabile da tutte le potenze garanti, il Firmano, che porta la data della decade tra il 23 Novembre ed il 2 Dicembre 1861, fu comunicato officialmente alle Legazioni con Nota del 2 Dicembre. Le varie Legazioni convennero, anzi avevano già convenuto di accettarlo; però volendo ognuna di esse, meno l'Austria, formulare talune riserve fu deciso che oltre alla nota di accettazione, da spedirsi individualmente, ciascuna Legazione avrebbe pur formolato, ove il credesse, in una seconda nota riservata, le proprie riserve così in ordine al Firmano che alla nota di accompagnamento, nella qual nota d'accompagnamento vuolsi far rilevare come il Ministro Ottomano degli Affari Esteri abbia creduto, senza alcun fondamento negli atti anteriori di formolare la proposizione che l'invio di un Commissario ottomano accompagnato da delegati delle Potenze garanti, provvedimento stabilito dal Protocollo del 6 Settembre 1859 pei casi di violazione della Convenzione per parte dell'Ospodaro, dovesse aver luogo anche verificandosi la vacanza nell'ospodarato.

Le due lettere di accettazione e di riserva del R. Ministro portano la data del 5 Dicembre: le riserve della Legazione italiana hanno tratto specialmente vlla fiducia che a malgrado dell'art. 6 del Firmano l'unione dei Principati possa sopravvivere all'Ospodarato Couza, e tendono altresì a constatare che l'applicazione del Protocollo del 6 Settembre 1859 debba essere ristretta ai soli casi previsti in esso.

Le riserve della Legazione di Francia esprimono ancor più nettamente l'avviso che verificandosi la vacanza dell'Ospodarato, la Porta non esigerà la mera applicazione della Convenzione del 19 Agosto 1858 e del Protocollo del 6 Settembre 1859, ma troverà opportuno di concertarsi colle Potenze garanti per avvisare alla sorte futura dei Principati; esse constatano altresì la restrizione che vuoi farsi della applicabilità del Protocollo del 6 Settembre 1859 ai casi previsti.

Analoghe, ma meno accentuate, sono quelle dell'Ambasciata Inglese e della

Prussiana in ordine al procedimento da osservarsi in caso della prossima va

canza dell'ospodarato.

Quelle, invece, dell'Ambasciata Russa non sono meno assolute delle francesi.

L'Ambasciatore Russo respinge recisamente le conclusioni della Nota della

Sublime Porta che pregiudica la questione del da farsi in caso di vacanza

dell'ospodarato. Egli esprime al contrario, a nome del proprio Governo, la

fiducia che il Governo Ottomano terrà conto dell'esperienza che sarebbesi fatta

della nuova organizzazione, e dichiara che la Porta dovrà ad ogni modo con

certarsi, in tale eventualità colle Potenze garanti.

L'Internunzio, come fu detto, non formulò, accettando il firmano, riserva

alcuna.

Giova qui avvertire che si fu in conformità di codeste riserve, che avendo,

dopo l'abdicazione del Principe Couza, la Porta proposto l'nivio di un

Commissario con delegati delle Potenze garanti nei Principati, tale mozione

fu immediatamente respinta dall'Italia, dalla Francia e dall'Inghilterra, e

posteriormente anche dalla Hussia, la quale, come fu chiarito altrove, accennò dopo gli .avvenimenti di Polonia di scostarsi dalla Francia e dall'Italia e di avvicinarsi invece alla Turchia. E giova pure il notare come siffatte riserve siano state la base della recente convocazione delle Conferenze di Parigi.

Quel che avvenne dopo la concessione del firmano. appartiene alla storia interna dei Principati, ed appena vuol ·essere qui toccato.

Le due assemblee di Valacchia e di Moldavia si r1iunirono il 15 Dicembre 1861 ma pochi giorni dopo il Principe Couza avendo loro annunziato con messaggio l'unione dei due Principati, che era annunciata nel tempo stesso alle popolazioni con proclama solenne, esse si prorogarono. Così pure si dimisero spontaneamente i due Ministeri distinti di Moldavia e di Valacchia.

Un nuovo Ministero unico fu costituito, e il 5 Febbrajo si riunì a Bukarest la prima assemblea unica dei Principati. Il colpo di Stato modificò nel 1864 il regime interno dei Principati ma lasciò intatta la loro situazione internazionale.

Occorre infine avvertire come la caduta del Principe Couza sia stata preceduta e accompagnata da proteste del Principe stesso d'essere pronto a cedere il trono ad un principe straniero. Così apparve infino all'ultimo come i Rumeni ed il loro principe stesso riconoscessero unanimi che le popolazioni moldovalacche non hanno, per quanto concerne l'istituzione della sovranità, elementi sufficientemente stabili e sicuri per bastare a se stesse. La prova dell'ultimo ospodarato indigeno, per quanto riflette l'amministrazione interna, la pubblica e la privata moralità, non fornì troppi argomenti di conforto agli amici delle razze cristiane in Oriente. Non sarà certo mai l'Italia che argomenterà dalla interna debolezza della Rumania, come nol fece da quella ad esempio della Grecia, per considerare quelle popolazioni come decadute dal dritto che loro appartiene naturalmente di disporre di sé e di governarsi come credono. Solo ci è l·ecito di ravvisarvi una ragione di contentarci di attenerci piuttosto, nella questione rumena, ai principii generali, lasciando agli avvenimenti la determinazione di quella combinazione che risulterà più atta a favorire lo sviluppo di quelle popolazioni, dalla completa indipendenza od autonomia, sotto un principe proprio ed avente dritto ereditario, fino alla dipendenza ed unione più o meno personale ed anche reale con altro Stato, se mai quei popoli spontaneamente vi si mostrassero propensi.

Due quistioni speciali si ebbero a trattare col Governo Rumeno durante l'ospodarato del Principe Couza. L'una, relativa alla osservanza delle capitolazioni nei Principati, fu dapprima argomento di officii collettivi così per parte ded Ministri rispettivi a Costantinopoìi, come per parte degli Agenti a Bukarest. Poi, per desiderio della Francia, fu deliberato si dovesse indi innanzi agire individualmente: ma senza nulla conchiudere di positivo, si v·enne a questi ultimi tempi, in cui le mutazioni politiche che subiranno forse i Principati influiranno sull'argomento stesso che fu materia del negoziato.

Conventi dedicati

Lasciando adunque, come pm in addietro avvertii, in disparte codesta questione, mi occorre solo accennarle le fasi successive dell'altra vertenza

quella dei beni situati nei Principati danubiani, e dedicati a Conventi esistenti in altre parti dell'Impero ottomano.

Da gran tempo esistevano nei Principati Danubiani conventi i cui redditi non erano destinati ad esclusivo beneficio dei Conventi stessi, ma bensì, amministrati, dai Superiori e Egumeni rispettivi, erano per la parte eccedente le spese di amministrazione e di culto, e di sostentamento dei suoi ministri, devoluti a Conventi greci, esistenti in alcune località dell'Impero Ottomano, e denominati Luoghi Santi. Una così anormale condizione di cose qual era la proprietà di beni esistenti in uno stato devoluta ad enti o corpi morali aventi sede all'estero, aggravata dalla circostanza che quei beni costituivano una frazione considerevole (tra il quarto e il quinto) e la parte migliore dei fondi suscettivi di produzione nei Principati, dovette far sentire maggiore che per lo innanzi il bisogno di una radicale soluzione, poiché costituiti i Principati a reggimento più autonomo, i Luoghi Santi furono diventati, se così è lecito esprimersi, più stranieri che per lo addietro.

Già prima della guerra d'Oriente, la Russia che ebbe fino al Trattato di Parigi il protettorato dei Principati Danubiani erasi impegnata per condurre un componimento tra le parti interessate. Ma le basi proposte dalla Russia si limitavano alla fissazione di una quota parte dei redditi che i Luoghi Santi avrebbero dovuto lasciare che fosse devoluta a beneficio di opere pie del paese. Siffatto assestamento che non avrebbe recato ciò che soprattutto desideravasi nei Principati cioè l'affrancamento dei fondi conventuali, non poté essere effettuato, benché i negoziati all'uopo si siano proseguiti fino allo scoppiare della guerra d'Oriente.

Le Potenze chiamate a statuire, in base al Trattato di Parigi, sulla condizione dei Principati, assunsero ad esame la quistione dei beni dedicati, e sancirono nel Protocollo N. XIII del 30 Luglio 1858, che la soluzione della quistione fosse deferita prima ad una discussione tra le parti interessate, indi, trascorso infruttuosamente il termine di un anno, ad un arbitramento da convenirsi tra le parti interessate, ed infine ad un sovrarbitramento in base ad accordi diretti tra la Sublime Porta e le Potenze garanti.

Non deve però tacersi che se fu codesta la conclusione della conferenza in seguito alla divergenza di talune potenze, la maggioranza si chiarì fin d'allora nel senso che i beni si dovessero considerare come proprietà dei Principati, gravata però di certi oneri a favore dei Luoghi Santi, e che per conseguenza la soluzione più equa e nel tempo stesso più proficua al benessere ed allo sviluppo materiale dei Principati, sarebbe consistita nello svincolo dei beni stessi mediante una giusta indennità ai Luoghi Santi.

La transazione diretta non poté effettuarsi né nel termine di un anno né in quello di proroghe successive. Essendo sempre pendente la quistione, il Principe Couza con decreto del 25 Novembre 1862 colpì di sequestro tutti indistintamente i redditi dei Conventi dedicati, ne tolse l'amministrazione agli Egumeni, affidandola ad Agenti del Governo, e, come per rendere più definitiva la cosa, fece iscrivere nel bilancio rumeno assegnamenti corrispondenti ai redditi in favore dei Luoghi Santi.

Siffatto provvedimento fu oggetto di severe rimostranze della Sublime Porta e delle Potenze garanti. Il Governo del Re, pur associandovisi, manifestò fin da allora al Governo ottomano l'avviso che fosse urgente sciogliere la questione nel modo tracciato dal Protocollo XIII, ma ponendo a base dell'arbitrato il principio universalmente ammesso nell'Europa civile, della disammortizzazione. Lo stesso concetto fu dal Governo del Re propugnato in Agosto 1863 presso i Gabinetti di Londra, Parigi, Berlino e Pietroburgo.

Il Governo Rumeno spiegò in un Memorandum fatto pervenire alla Porta ed alle Potenze garanti la sua condotta, e dichiarò in esso i proprii intendimenti in ordine ai beni dei Conventi dedicati. Disse essere sua intima convinzione, a fronte di molteplici ed insistenti rappresentanze del Parlamento e della pubblica opinione in Rumenia, che si dovessero commutare i redditi dei Conventi in un capitale .fisso, il cui interesse sarebbe stato destinato ai Luoghi Santi.

Il Signor Negry Rappresentante dei Principati in Costantinopoli formolò a tal riguardo una proposta concreta in un Dispaccio diretto alla Sublime Porta in data 22. agosto 1863.

Il Governo Rumeno oltre al condono di un debito anteriore di 31 milioni di piastre avrebbe concesso ai Conventi una somma di 50 milioni di piastre, il qual capitale sarebbe stato amministrato sotto la guarentigia delle Potenze Garanti e del Governo Rumeno; il reddito di tal capitale sarebbe devoluto alle Comunità greche, che avrebbero però a rendere conto annualmente dell'uso fattone; nessuna parte del capitale sarebbe stata tangibile dalle Comunità, che non potrebbero nemmeno distrarre dall'uso prescritto alcuna porzione di redditi. Il Governo Rumeno avrebbe eziandio destinato una somma di 10 milioni di piastre per la fondazione in Costantinopoli di una Scuola e di un Ospedale a beneficio dei Cristiani d'ogni rito.

La Sublime Porta comunicò la proposta del Governo Rumeno al Clero Greco, ma n'ebbe in risposta la Nota del 7 Novembre, con cui i Rappresentanti dei Conventi rifiutano la offerta del Principe Couza, e sollecitano una pronta soluzione della vertenza conformemente al disposto dei Trattati e previa reintegrazione della Chiesa Greca nel possesso dei suoi beni nei Principati. Con Nota circolare del 23 Dicembre 1863, Aali Pacha, dopo aver constatato l'impossibilità di un accordo diretto tra il Clero Greco ed il Governo Rumeno, esprime l'avviso che sia venuto il tempo di applicare il disposto del Protocollo XIII del 58 relativo a siffatta eventualità, ed invitar all'uopo i Rappresentanti delle Potenze ad apposite Conferenze.

Avuto sentore della prossima riunione delle Conferenze, il Governo Rumeno si appigliò a risoluzioni estreme. Il 26 dicembre 1863 un Messaggio Principesco propose alla Assemblea Rumena la immediata confisca dei beni conventuali mediante un'indennità di 51 milioni di Piastre. L'Assemblea dichiarassi in permanenza e seduta stante votò la legge proposta.

All'annunzio di così subitanea ed imprevista risoluzione, la Sublime Porta diresse in data del 2 Gennajo 64 al Principe Couza una lettera viziriale in cui dopo aver rammentato come la quistione dèi Conventi stesse per venire sottoposta in base al disposto del Protocollo XIII ed in seguito alla proposta sua, all'esame di apposite conferenze delle Potenze garanti, dichiara nulla e non avvenuta la deliberazione dell'Assemblea Rumena. Questa protesta era recata a conoscenza delle Legazioni delle potenze garanti in Costantinopoli con nota Circolare pure del 2 Gennajo.

I Rappresentanti di Inghilterra, di Russia, d'Austria e di Prussia, tennero in siffatta emergenza una conferenza tra loro, dopo aver chieste e ricevute apposite istruzioni dai loro Governi, dichiararono di inviare ai rispettivi Agenti in Bukarest copia della lettera viziriale con istruzione di dichiarare al Principe Couza che essi si associavano alla protesta della Sublime Porta.

L'Ambasciatore di Francia, richiesto dall'Internunzio a nome anche dei tre altri Ministri sovraccennati di associarsi al divisamento convenuto tra loro, vi si rifiutò, allegando non essergli pervenuta comunicazione officiale del voto del 26 Dicembre; la Porta stessa non aver voluto colla Lettera Viziriale del 2 Gennajo inoltrare formale protesta; non creder,e infine doversi le potenze ingerire in una deliberazione d'ordine interno dei Principati.

Il Governo del Re si limitò, come Ella sa, a far sentire a Bukarest per mezzo del suo Agente, il suo rammarico perché il Governo Rumeno avesse creduto di sciogliere da solo la quistione, mostrando così di diffidare dell'efficace concorso delle Potenze garanti. Al Conte Greppi, fu dato per istruzione, con Dispaccio del 7 Gennajo 1864, di far conoscere alla Sublime Porta ed ai suoi Colleghi l'officio stato diretto a Bukarest, e di dichiarare nel tempo stesso che nel pensiero del R. Governo sarebbe sempre riuscito impossibile di giungere ad una soluzione soddisfacente se le Potenze garanti non convenissero della opportunità di applicare ai Conventi Rumeni il principio dello svincolo dei beni di manomorta, mediante consona indennità: gli fu ingiunto altresì di esprimere la lusinga che la Conferenza annunciata da Aali Pascià sarebbe stato il più efficace rimedio a togliere i presenti inconvenienti ed antivenire i futuri, mediante l'adozione di quel principio. E nella previsione della prossima Conferenza gli fu dato per istruzione di pronunciarsi recisamente contro la proposta, che per avventura fosse fatta, di riporre le cose nello stato pristino, e di insistere, nel caso in cui si deliberasse di ricorrere all'arbitrato, perché ne fossero previamente poste le basi, facendole consistere nell'ammissione del principio dello svincolo.

Era giunto intanto a Costantinopoli un Memorandum che il Governo Rumeno fece pervenire alla Porta perché fosse comunicato alle Potenze garanti. In quel documento datato del 6 Gennajo 1864, il Ministro rumeno degli Affari Esteri spiega le cause che condussero imperiosamente il Governo Principesco alla repentina deliberazione del 25 Dicembre; espone l'entusiasmo con cui il provvedimento era stato accolto tra le popolazioni rumene; conchiude constatando non essere il Governo Rumeno dipartito dai limiti tracciati alle sue attribuzioni dal Trattato di Parigi e dalla Convenzione del 1858, e manifestando la speranza che la Sublime Porta e le Potenze garanti approveranno la soluzione della quistione contenuta nel voto del 25 Dicembre.

Il Ministro Ottomano df)gli Affari Esteri, con Nota circolare del 3 aprile 1864, rinnovò l'invito per prossime Conferenze. Accettarono senz'altro

rappresentanti di Russia, d'Austria e di Prussia, indi a pochi giorni il R. Incaricato d'Affari, ed ultima la Francia, che volle prima assicurarsi che · a Torino, a Berlino, a Londra ed a Vienna si era accettato il principio dello svincolo mediante indennità come base dei futuri negoziati. Il Gabinetto francese aveva però stimato affatto superfluo un analogo tentativo presso il Gabinetto di Pietroburgo. II pensiero di quest'u11Jimo, noto alla Francia, è chiarito in una nota diretta dal Principe Gortchakoff in data 6 Marzo 1864 all'Incaricato d'affari Russo a Berlino, della quale il Governo del Re ebbe officiosa comunicazione. In sostanza, il Vice Cancelliere, dopo aver tracciato in quel documento le fasi successive della questione, e biasimato in termini violenti l'operato del Principe Couza •esprime l'avv.iso che si debbono ripor:r'e le cose in pristino ed indi procedere secondo la rigorosa osservanza del Protocollo XIII.

La Conferenza di Costantinopoli, riunitasi il 9 Maggio, tenne quattro sedute.

Nell'ultima che fu del 28 Maggio fu deliberato:

1°) Non essersi avverate le pr.evisioni del Protocollo XIII;

2°) avere il Governo Moldovalacco illegalmente adoprato;

3°) riguardarsi come nulli e non avvenuti, e formalmente biasimarsi gli

atti del Governo Principesco; 4°) doversi affidare ad una Commissione l'incarico di compilare uno stato generale delle propri·età in litigio, cosi notamente dei redditi ed oneri, € di farne rapporto alla Conferenza; e doversi eccitare il Governo Rumeno ed i Luoghi Santi a designare una persona che fornisse alla Commissione gli opportuni schiarimenti.

Nella seduta stessa fu redatto un progetto di lettera viziriale al Principe Couza per significargli le deliberazioni della Conf·erenza, e fu convenuto che, pendente la questione, i redditi in litigio fossero deposti in una cassa speciale sotto la sorveglianza delle Potenze.

Non parlerò a V.S. Illustrissima dei lunghi ed ancora pendenti lavori di codesta Commissione, né delle proposte di aggiustamento intervenute senza frutto per parte del Principe Couza e del Governo Russo. Dirò solo che non iu mai istabilita la Cassa di deposito a malgrado delLe sollecitazioni russe ed inglesi, e che tuttora perdura l'effetto delle deliberazioni dell'Assemblea

Rumena.

La caduta del Principe Couza potrà forse indurre alcuna temporaria interruzione nei lavori della Commissione e forse sarà giuddcata opportuna prima di riprenderli per lo meno la regolarizzazione della situazione dell'Agente Rumeno.

Affari di Tunisi

Oltre agli affari speciali, l'ingerenza nei quali spetta all'Italia in dipendenza del Trattato di Parigi del 1856, il Governo del Re ebbe pur parte in questi ultimi anni ad altra quistiòne particolare riflettente l'Impero Ottomano, quella dei rapporti politici tra la Sublime Porta e la Reggenza di Tunisi. Della prima fase di siffatta quistione, quella cioè della insurrezione interna e della dimo

20 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

strazione navale fattavi dalla marina d'Italia, di Francta e di Inghilterra, non parlerò a V. S. Illustrissima che in allora reggeva il Dicastero delle Relazioni esteriori. Mi fo a r:immentarle solamente come cessata l'insurrezione ed allontanata l'eventualità di complicazioni esteriori, un progetto di nuovo regolamento dei rapporti tra la Reggenza e la Sublime Porta sia stato proposto· dal Governo Tunisino all'accettaz,i.one della Corte alto-sovrana ed alla adesione· delle maggiori Potenze. Quel progetto non poté essere tradotto in atto. Tra la Francia che sosteneva quel nuovo regolamento essere una modificazione profonda della situazione attuale, e l'Inghilterra che sosteneva esserne una semplice constatazione, la divergenza rimase nel campo teorico, né l'Italia vide utilità a pronunciarsi. Limitossi pertanto finché fu pendente il negoziato a dichiarare semplicemente essere suo desiderio che lo statu-quo non fosse turbato nella Reggenza. Dappoiché per comune consenso fu lasciata cadere la cosa, il Governo del Re stima essere savio consiglio di non risollevare codesta quistione ove gli interessi di due grandi potenze, a cui stretti legami ci avvincono, naturalmente divergono, e V.S. Illustrissima vorrà, ogni qualvolta ne occorra l'opportunità, rimanersi nei termini della dichiarazione generica essere nel desiderio del Governo del Re che nulla si innovi nella regola delle relazioni tra il Bardo e la Porta.

Colonie e Consolati

All'infuori delle quistioni politiche, vastissimo campo di sollecita cura saranno per Lei gli interessi materiali delle numerose colonie nazionali sparse pei territorii tutti del dominio ottomano. Codeste colonie che sono per l'Italia elemento di prevalenza e titolo irrecusabile di influenza, si collegano con il centro dell'Impero mediante i rapporti che V.S. Illustrissima saprà mantenere e far più vivaci ancora tra i varii Consolati e la R. Legazione.

I Consolati di Levante sono quelli per cui fu più antica e p,iù diligente la sollecitudine del Governo del Re. Investiti di poteri eccezionali e di piena giurisdizione sui nazionali, in virtù delle capitolazioni, gli Agenti Consolari del Re costituiscono in seno alle colonie una Autorità riconosciuta nel tempo stesso che ne sono la legale rappresentanza. Il carteggio che V.S. dovrà tenere coi singoli Consolati non si limiterà pertanto, come accade altrove, alla semplice trasmissione di informazioni d'indole privata e politica, ma sibbene dovrà tendere a dare una direzione unica allo svolgimento degli elementi di ricchezza e di forza che si racchiudono nelle colonie nostre in Levante. Il sistema Consolare già da lunghi anni attuato in Levante, e con recenti provvedimenti, a Lei noti, completato Le renderà più agevole siffatta parte del compito che Le è assegnato. Suddiviso in altrettanti compartimenti quante sono le grandi divisioni politiche dell'Impero, con altrettanti centri quanti pur sono i centri dei governi e dei vassallati ottomani, il sistema consolare italiano Le porge facile mezzo di conoscere con sollecitudine e precisione in qual senso si manifestino le tendenze particolari delle popolazioni varie che obbediscono alla lontana Costantinopoli. Non iscenderò nei particolari della orgamzzaz10ne di siffatto ramo del pubbLico servizio; sovra un incidente solo, -ov'è impegnata la dignità del Governo del Re, mi soffermerò affinché V.S. Illustrissima voglia farne argomento di più sollecita azione.

Il R. Console alla Smirne convinto della convenienza di stabilire a Samos la sede di un ufficio Consolare italiano, ottenne dal Governo del Re l'assenso e dalla Sublime Porta il berat per la nomina del Signor Stamatiades a R. Delegato. Ella conosce, Signor Ministro, le condizioni speciali di Samos ove un Principe elettivo esercita sotto l'alta sovranità della Porta un dominio riconosciuto dalle Potenze. Or bene, il Principe Aristarchi, attuale regnante, dopo aver acconsentito preventivamente cosi alla fondazione del posto, come alla nomina Stamatiades, si oppose in seguito che la bandiera italiana fosse inalberata sovra la casa di quest'ultimo come segno evidente delle assunte funzfoni. Da oltre due anni la vertenza pende insoluta: il Governo del Re non può cedere alle infondate pretese del Principe Aristarchi. Che se poterassi in seguito surrogare il Signor Stamatiades con persona meglio benevisa al Principe, è però conforme alla dignità ed al diritto dell'Italia che abbia intanto effetto una provvisione per cui si ebbe il consenso della Potenza alto sovrana, e quello altresì del Principe che ora vien meno allo stesso suo impegno. Ella vorrà, Signor Ministro, senza porre in causa il Governo Ottomano che è affatto estraneo alla presente vertenza, rivolgersi alla prima occorrenza opportuna al Principe Aristarchi e fargli comprendere che il Governo del Re è risoluto a far valere ad ogni modo il suo diritto, e che si potrà solo accondiscendere al suo desiderio che sia nominata altra persona in luogo dell'attuale titolare allorquando egli abbia diretto al R. Console alla Smirne una comunicazione in cui riconosca il diritto nostro alla fondazione della Delegazione, ed ammetta la validità e l'effetto della nomina seguita a favore del Signor Stamatiades.

Prima di lasciare l'argomento delle colonie, accennerò br,evemente al progetto che fu recato innanzi in epoca diversa ad Alessandria ed alla Smirne di istituire tra le colonie straniere una specie di municipalità autonoma, in conformità di quella già esistente a Pera. Di codesti progetti V.S. Illustrissima vorrà farsi tenere diligentemente informata, e veglierà soprattutto sulle istruzioni che le fossero richieste a tal riguardo dagli Agenti del Re, a che dalla nuova istituzione non venga deroga o modificazione agli statuti fondamentali ed alle Capitolazioni che regolano la situazione delle colonie franche in Oriente.

Rapporti commerciali

I rapporti commerciali tra l'Italia e l'Impero Ottomano sono retti da recenti Trattati, che il Governo del Re ravvisa essere pienamente sufficienti alle esigenze dei traffici nazionali. È uopo però che V.S. Illustrissima avverta con diligente cura a che sia conservato alla navigazione italiana l'esercizio di fatto del cabotaggio, in ordine al quale Ella sa non sussistere apposito accordo internazionale, sibbene una effettiva reciproca concessione.

Istmo di Suez

Quanto ai mezzi più acconci per attivare direttamente codesti traffici, oltre alle linee nazionali di navigazione che il Governo del Re promosse e promuove sempre con viva sollecitudine, havvi un'impresa speciale da cui immensi beneficii si ripromette il commercio italiano, il taglio dell'Istmo di Suez. In ordine a codesta intrapresa gigantesca, in cui sono impegnati così diversi interessi anche d'indole politica, V.S. Illustrissima sa che l'Italia vi ha contribuito coi capitali e coll'opera di molti suoi nazionali. Non essendo però né conveniente a noi, né proficuo all'impresa stessa che noi ci immischiamo nelle vertenze politiche, cui tale impresa può suscitare, Ella dovrà limitarsi ad esprimere, all'occorrenza, l'interesse che tutta l'Italia porta al suo pronto compimento.

443

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, p. 106)

T. Torino, 2 aprile 1866, ore 12,40.

Courrier Villa parti hier soir pour Paris portant à Berlin pleins pouvoirs pour traité. Je resterai à Turin jusqu'à demain soir alors je partirai pour Milan.

* Nouvelles que Barrai télégraphie ne sont pas à guerre prochaìne * (1). Bismarck est de plus en plus embarrassé pour trouver un casus belli. On ne pense pas à mobiliser l'armée prussienne, il est meme très douteux qu'on le fasse. Avant de quitter Florence j'ai vu prince Napoléon qui n'a pas vu le Roi. Je le reverrai à la fin de la semaine a Florence.

444

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (Ed. in Govone, p. 469)

T. Berlino, 2 aprile 1866, ore 15.

Je prie V. E. de me dire si avec le traité nous devons aussi signer une convention militaire. Comte Barrai croyant guerre fort peu probable pense qu'on ne doit pas parler de convention militaire, aujourd'hui, mais si V. E. juge autrement j'en parlerai au comte Bismarck sur bases suivantes.

Nous nous obligerions pour mmtmum de 15 divisions dont une de cavalerie, effectif 200.000 hommes. Si des forces maritimes alliées devaient agir ,ensemble, le commandement serait à celui qui a sur !es lieux les forces plus considérables. On se communiquerait respectivement propres positions et positions ennemies sans cesse, ainsi que toute proposition venant de l'ennemi, etc. (l.)

(l) La frase fra asterischi è omessa in CHIALA.

445

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 2 ap1·ile 1866, ore 23,58 (per. ore 2,15 del 3).

Aujourd'hui il y a eu hausse à la bourse par suite de nouvelles plus pacifiques. Une dépèche du Gouvernement autrichien a été communiquée au Gouvernement prussi,en exprimant les sentimens de l'Empereur François Joseph envers le Roi de Prusse et la nation prussienne, déclarant formellement que l'Autriche n'attaquera pas la Prusse et demandant au Gouvernement de Sa Majesté une déclaration analogue (2).

446

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Govone, pp. 469-472 e in CHIALA, pp. 102-105)

L. P. Berlino, 2 aprile 1866.

Mi permetto di continuare a riassumere le impressioni che ricevo qui nel mio soggiorno, per quell'interesse, sebbene piccolo, che esse possono avere per V. E.

Dopo le prime conversazioni, che Le ho riferite colle lettere precedenti, non ho tardato ad informarla, Signor Generale, che mi pareva, contrariamente all'opinione che portai da Firenze, essere la Prussia lontana da una guerra immediata od anche prossima, poiché se ne stava ancora cercando l'occasione nella imminente proposta della riforma Germanica.

• Le Gouvernement Danois a déclaré formellement que si le différend entre les deux grandes puissances Allemandes donnait lieu à une guerre il était résolu de maintenir une stricte neutralité pour ne pas se lancer dans une politique d'aventure qui pourrait compromettre méme son existence... Ce qui aurait confinné le Danemarck dans son attitude pacifique serait une déclaration de l'Angleterre qui ferait connaitre qu'elle est résolue à ne pas faire la guerre et à rester neutre dans le cas méme où la France entrant dans le différend prit possession, les armes à la main, des provinces du Rhin et de la Belgique; elle prendrait seulement une position plus accentuée pour défendre Anvers et son port >.

Però Intervennero all'improvviso le misure militari dell'Austria e i suoi movimenti di truppa. * Il conte di Bismarck forse ha creduto un momento che l'Austria volesse prendere l'iniziativa di una rottura e sebbene la crisi cosi improvvisa sarebbe stata grave, probabilmente egli ne avrebbe avuto piacere. Nella sera che giunsero le prime notizie il conte di Bismarck passò da me e non avendomi trovato andò dal conte Barrai. Ma l'illusione dell'iniziativa austriaca durò poco. Non si tardò a sapere che le misure militari austriache erano poco importanti ed affatto difensive e precauzionali. Il conte di Bismarck ne volle tuttavia trar partito e le fece per alcuni giorni magnificare nei suoi giornali: tutto fu alla guerra, si parlò di provocazioni austriache e di legittimi armamenti prussiani, * (l) poi vennero anche questi armamenti ed ora sono un fatto compiuto. Unisco una nota del colonnello Driquet su questi armamenti. * Essi sono poco considerevoli e possono essere od una misura di precauzione od un modo di condurre l'Austria ad armare anch'essa e quindi a giungere gradatamente a quella situazione complicata da cui far scaturire la guerra.*

Ora 'ecco quale è l'opinione qui sulle probabilità che si giunga alla guerra.

* Il conte di Bismarck impegnato com'è nella questione dei Ducati, non potendola sciogliere colle dimostrazioni andrebbe fino alla guerra. Così si ritiene da chi lo conosce; ma i più vecchi diplomatici di Berlino credono che giammai il Re lo seguirebbe fino a quel punto, e credono perfino che un dato giorno una missione di un generale a Vienna possa troncare il litigio. *

Il conte di Bismarck esercita un'influenza reale sul Re, ma questi è spinto da altre influenze che lottano senza posa. Si raccontano giornalmente aneddoti a questo proposito. Così giorni addietro un giornale devoto al conte Bismarck doveva stampare un articolo assai belligero, il Re non voleva. Il Ministro insistè lungo tempo e sortì dal palazzo vincitore; ma distribuiti i primi numeri il giornale fu ritirato dalla circolazione.

* -Così dicesi ancora che il generale conte di Miinster fosse già stato chiamato per una missione a Vienna. Anzi sabato il maresciallo Wrangel, non avendomi trovato a casa, mi fece pregare di passare da Jui e mi disse che il conte Miinster era partito venerdì per Vienna, onde chiedere spiegazioni sugli armamenti austriaci. Il conte di Bismarck nega, è vero, l'intenzione d'una simile missione ed assicura che il Generale era destinato a Firenze. * Ad ogni modo il Generale ripartì per Diisseldorf, sua residenza, ed in tutti i casi il conte Bismarck avrebbe questa volta trionfato. Cito questi particolari perché .sono indizi della situazione. Tutte queste circostanze fanno credere ai diplomatici più esperti delle cose e delle persone di qui che giammai il Re consentirebbe alla guerra. * -Un'altra difficoltà trova il conte di Bismarck nel paese. Non solo le alte classi, ma anche le medie sono avverse o poco favorevoli alla guerra. Si scorge quest'avversione nei giornali popolari. Il sentimento pubblico è qui ancora in gran parte ispirato dai rancori o dalla diffidenza contro la Francia, mentre odio contro l'Austria non c'è. Di più la lotta colla Camera procura anche av

versari al conte di Bismarck, sebbene la Camera non avesse nè molto prestigio nè grande popolarità. Se ne parla a Berlino con poca considerazione e si tratta,perfino di una riunione di intriganti nullatenenti. Si dice che la legge elettorale coll'elezione al secondo grado è difettosissima, che la Costituzione è cosa troppo avanzata per le condizioni dello spirito pubblico in Prussia. Sono cose che stupiscono noi, ma che devono avere un germe di verità, vista la condotta del Ministero verso la Camera.

Rimane l'esercito. Ma anch'esso, da tutto quanto abbiam sentito dagli ufficiali, non è entusiasta della guerra contro l'Austria. C'è anzi simpatia per l'armata austriaca. So che, una volta la guerra dichiarata, l'armata si elettrizzerebbe e farebbe bravamente il suo dovere, ma voglio dire che attualmente non è neppur essa uno stimolo ed un appoggio alla politica che vuoi far prevalere il conte Bismarck. Eg1i si trova quindi quasi isolato od almeno poco appoggiato, ed ha a lottare con tutte le difficoltà sopra esposte, onde talora si giunge fino a supporre che vinto da tali difficoltà sia per abbandonare la partita. Tuttavia egli è indubbiamente uomo di alta portata, di grandi risorse e di ferrea volontà e merita di riuscire. Ma dire che riesca sia a trionfare pacificamente nella questione dei Ducati, sia a condurre le cose alla guerra, sarebbe osare assai, a meno che trovi impulsi e sussidi dal di fuori. *

Ho visto in questi giorni gli stabilimenti militari prussiani. L'artiglieria di campagna di acciaio fuso caricantesi per la culatta con proietti a percussione pare ottima. L'armata ne è già provvista per la metà circa. Ho visto la scuola normale di tiro a Spandau. Dieci uomini, tiratori eccezionali è vero, in due minuti e mezzo spararono 124 colpi e ne colpirono 108 nel bersaglio a 300 metri. Il fucile prussiano pare ottimo realmente e inspira grande fiducia alle truppe. Mi pare che queste possano lottare contro le austriache.

Quando non avrò a fare qui, e sarà fra 4 o 5 giorni, e dovrò tornare in Italia, la prego, signor Generale, di permettermi di prender la via del Belgio, e visitare, in 24 ore, col colonnello Driquet, Anversa.

Quanto ad avere qui un ufficiale addetto alla Legazione, mi pare che il capitano Taverna, di cui mi parlò il generale Pettinengo, sarebbe adattissimo.

P. S. -Per visitare le cose militari mi fu dato il signor di Wedelstaedt luogotenente (Premier Lieutenant) nel 3o reggimento granatieri Guardia Regina Elisabetta, aiutante di campo del Governatore di Berlino. Se l'E. V. volesse fargli accordare l'ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro mi farebbe cosa graditissima.

(l) -La Marmora rispose con telegramma dello stesso giorno di non ritenere opportunala proposta da parte dell'Italia di una convenzione .militare. (2) -Lo stesso 2 aprile Gerbaix de Sonnaz comunicò con r. cifrato l da Copenaghen.2 aprile:

(l) I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, pp. 129-131.

447

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 196. Carlsruhe, 3 aprile 1866, ore 16,50 (per. ore 20,45).

Ministre des affaires étrangères vient de me dire qu'il espère chute de Bismarck et par conséquent conservation de la paix.

Selon baron de Edelsheim le Roi de Prusse n'avait pas encore tout-à-fait décidé de pousser aux extrèmes la politique de son Chef de Cabinet et le parti militaire prussien préfère à la guerre une alliance avec l'Autriche, afin d'etre à meme d'effacer les allures démocratiques de l'Allemagne. Il a ajouté que la réponse que fera Cabinet de Baden aussi bien que les autres petits états ailemands à la note Bismarck du 24 mars sera peu du gout de celui-ci.

448

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 197. Monaco, 3 aprile 1866, ore 17,40 (per. ore 22,30).

Gouvernement bavarois vient d'ordonner achat chevaux pour artillerie et cavalerie, et rappelle soldats en congé.

449

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 201. Parigi, 4 aprile 1866, ore 18,17.

Aujourd'hui la conférence a résolu d'envoyer à Bukarest un télégramme à l'effet de rappeler les traités et le maintien des relations établies avec la Porte. La conférence s'est ensuite ajournée indéfiniment. Je vous enverrai demain le testé de la déclaration.

450

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. Berlino, 4 aprile 1866.

Ayant insisté sur la question du Trentin le comte de Bismarck m'a encore déclaré qu'il était impossible d'insérer au traité une clause qui entamerait la confédération germanique qui existe toujours et dont les états ne seront peut-ètre pas en hostilité avec la Prusse. Mais le comte de Bismarck a ajouté que, la guerre ayant une fois éclaté, si les événements militaires amènent la séparation du Trentin et s'il y a surtout une manifestation de voeu populaire la Prusse n'y fera aucune difficulté.

451

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 316. Parigi, 4 aprile 1866 (per. il 7).

L'opinone pubblica in Francia si preoccupa assai della possibilità d'un conflitto fra le due grandi potenze tedesche. L'enorme sviluppo della ricchezza mobiliare e dei valori di borsa crea fra i numerosi interessati una cospirazione permanente in favore della pace. Questi banchieri ed uomini d'affari gridano ora contro Bismarck ed il Re di Prussia, ora contro l'Austria che si ostina nello statu quo, ora contro l'Italia ch'è sempre pronta a far nascere una conflagrazione generale. In questo momento poi, essi trovano che la nebulosa e meschina questione dei Ducati Dano-Tedeschi non avrebbe mai più potuto assumere le sue formidabili proporzioni attuali senza l'apatia della politica francese. Se la Francia, essi dicono, avesse, d'accordo coll'Inghilterra, chiesta energicamente l'esecuzione del Trattato del 1851, la Prussia non avrebbe osato far la guerra, od almeno non avrebbe trascinata con sè l'Austria e l'antagonismo fra le due Potenze tedesche non sarebbe giunto sino a far temere una guerra generale. Il che significa che la Francia avrebbe dovuto intervenire prima, per non intervenire adesso, ossia che avrebbe dovuto far la guerra uno, o due anni prima.

Queste querimonie del mondo bancario non avrebbero grande importanza per sè, se il Governo Imperiale avesse nella questione tedesca una politica ben definita. Ma non andrebbe errato chi affermasse che in questo momento la linea di condotta della Francia non è ancora tracciata. Evitare ogni impegno tanto coll'una che coll'altra parte, lasciarsi guidare dalle circostanze, ecco per ora tutte le determinazioni del Governo Francese. S. E. il Signor Drouyn de Lhuys afferma naturalmente di desiderare che la pace non sia turbata: tuttavia questa neutralità non impedisce, come disse l'Imperatore, nel suo discorso della Corona, d'affliggersi o di rallegrarsi, di desiderare certi avvenimenti o di rifuggire da essi; l'Imperatore conosce troppo lo stato dell'Europa e quello speciale della Germania per non sapere che se si potesse supporre ch'egli avesse intenzione d'intervenire a favore d'una parte o dell'altra, ogni pericolo di guerra cesserebbe immediatamente. Ora una guerra fra l'Austria e la Prussia può far nascere delle occasioni assai favorevoli a certe rettificazioni di frontiera che non cessarono mai di far parte del programma dell'attuale dinastia. Certo, se la guerra si limita alla questione del possesso dei ducati, se rimane inalterata la costituzione federale della Germania, la Francia continuerà ad essere neutrale. Ma se grandi trasformazioni politiche si preparano lungo le sue frontiere, niuno può ripromettersi che l'Imperatore lasci distruggere a suo danno l'equilibrio politico attualmente esistente, e non cerchi di ridare alla Francia la frontiera che aveva nel 1814. Queste previsioni che si presentano naturalmente a tutti quelli che conoscono le necessità del Governo Imperiale, danno al conflitto germanico un carattere di gravità che preoccupa assai l'opinione pubblica.

452

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. S.N. Dresda, 4 aprile 1866 (per. L'B).

* Je suis arrivé ici avant-hier, et le soir meme j'avais l'honneur de présenter mes 'lettres de créance à Sa Majesté qui m'a accueilli avec beaucoup de bienveillance • (1). L'usage à la Cour de Dresde n'étant pas de prononcer un discours en pareille circonstance, je me suis borné à exprimer en quelques mots à Sa Majesté combien j'étais heureux du choix qui me procurait l'honneur d'etre auprès d'Elle l'interprète des sentiments de haute estime et de sincère amitié que Lui portait le Roi, mon Auguste Souverain. En sortant de chez le Roi, je me suis rendu chez S. M. la Reine qui également s'est montrée extremement affable et bienveillante. Le soir il y avait cercle à la Cour et j'ai eu l'honneur d'etre présenté au Prince Royal ainsi qu'au Prince Georges qui tous deux m'ont parlé avec beaucoup d'amabilité. Aujourd'hui Leurs Majestés ont bien voulu m'inviter à leur table. Le Roi m'avait fait l'honneur de me piacer à còté de Lui, 'et pendant tout le repas, Sa Majesté s'est entretenue longuement de ses voyages en Italie, de son admiration pour les illustrations en tout genre de ce be~u pays, sans toutefois faire la moindre allusion à la politique du passé ou du présent. Après diner, Sa Majesté s'est de nouveau approchée de moi, et en se retirant dans ses appartements, Elle m'a chargé d'etre auprès du Roi l'interprète de ses sentiments de haute estime et de particulière affection. Je dois ajouter que l'entourage de Leurs Majestés n'a pas été moins aimable que le Souverain, et il n'est pas douteux que l'on a voulu ètre, et que de fait, l'on a été aussi prévenant que possible envers le Représentant du Roi.

A dire la vérité je ne crois pas que le fond des sentiments en ce qui concerne la politique, soit encore radicalement changé, mais la surface s'est bien positivement modifiée; et si l'on fait la comparaison entre les dispositions du moment et les violentes répulsions du passé, il est impossible de ne pas reconnaitre que la réjlexion a passé pa1· là, et que sous l'impression produite par l'évidence des faits, l'opinion sur les conditions de vitalité et l'avenir de l'Italie a subì dans les régions gouvernementales une de ces heureuses réactions dont nous devons etre satisfaits en attendant que la marche des événemens et le développement des intérets matériels auquel va inévitablement donner lieu le récent traité commerciai, achève le reste.

* Ce matin, j'ai eu un entretien avec le Ministre des Affaires Etrangères, Baron de Beust, qui m'a dit que le Baron de Seebach ne tarderait pas à se rendre à Florence pour présenter ses Lettres de créance. * La conversation ensuite étant venue tout naturellement à tomber sur la situation politique de

l'Allemagne, il ne m'a été difficile de démeler au milieu des réticences et des phrases entrecoupées du Baron de Beust, que dans le cas d'une lutte entre les deux grandes Puissances, la Saxe aussi bien que les Etats du Midi étaient décidés à prendre fait et cause pour l'Autriche. Seulement, ils y mettront une condition essentielle c'est que la question des Duchés soit ramenée sur le terrain fédéral sur lequel plus que jamais, au moment où l'existence du pacte fédéral est si sérieusement menacée, les Etats secondaires veulent à tout prix se maintenir. Là dessus il y a accord parfait entre les différentes Cours qui tout en étant extrèmement satisfaites de voir l'Autriche vouloir revenir à elles et reprendre sa politique traditionnelle, tiennent cependant à se prémunir contre un retour de l'entente Aust:·o-Prussienne avec un second Gastein pour dénouement.

La récente Note du Ministre d'Autriche à Berlin dont je me suis empressé de donner connaissance à V. E. par mon télégr.amme de samedi et successivement par ma dépeche du lendemain, a presque produit ici l'effet d'une victoire sur la Prusse. L'on croit que l'assurance formelle donnée au nom de l'Empereur à S. M. le Roi de Prusse des intentions pacifiques de l'Autriche, et le désir de recevoir, en échange, des déclarations analogues, va mettre singulièrement dans l'embarras le Comte de Bismarck, en produisant en meme temps une profonde impression sur l'esprit essentiellement irrésolu du Roi qui vaguement soupçonnait encore la possibilité d'une agression Autrichienne. En résumé, l'on est encore fort loin d'etre parfaitement et complètement rassuré sur les dangers de ila situartion, mais l'on espère, et dans l'état de crise où l'on se trouve depuis si logtemps plongé, c'est déjà quelque chose.

P. S. -Je reste encore aujourd'hui ici pour répondre à l'invitation à diner que m'a adressée le Baron de Beust, et demain matin je repartirai pour Berlin.

(l) I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 9, p. 70.

453

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, A MILANO (Ed. in Govone, p. 473, in LA MARMORA, pp. 137-138 e in CHIALA, p. 108)

T. Berlino, 5 aprile 1866, ore 15,30.

Bismarck reçut avec joie nouvelle arrivée pleins pouvoirs et autorisation signer traité. Il informera de suite Roi. Il me fit voir note Russie qui sollicitée par Autriche intervient très amicalement auprès Roi pour faciliter arrangement. Tous princes allemands ne cessent de presser Sa Majesté dans meme sens. Si Bavière arme, ce que je saurais bientòt, m'a-t-il dit, nous allons mobiliser les deux corps du Rhin, et les armements d'un còté appelant des armements de l'autre còté, nous pouvons meme espérer d'arriver à la guerre pour le commencement de mai. En tout cas comte de Bismarck espère guerre éclatera avant expiration notre traité (1).

(l) Cfr. in GovoNE, pp. 473-475 un rapporto che contiene maggiori particolari su questo colloquio con Bismarck.

454

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 204. Pietroburgo, 5 aprile 1866, ore 17,20 (per. ore 23,30).

Attaché militaire prussien ici parti pour Berlin, et un aide de camp de l'Empereur pour Vienne porteurs lettres du Czar prechant chaleureusement conciliation entre la Prusse et l'Autriche.

455

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 9. Costantinopoli, 6 aprile 1866 (per. il 13).

Nel mio rapporto confidenziale del 30 Marzo N. 8 (1), ebbi l'onore dl render conto all'E. V. delle pratiche fatte per mezzo del Cavaliere Vernoni per iscoprire quali fossero al giorno d'oggi gli intendimenti di Aali Pacha circa la nostra partecipazione agli affari di Siria e del Libano.

Le parole pronunziate dal Ministro ottomano degli Esteri che suonavano a noi favorevoli, furono attentamente raccolte ed a me esattamente riportate dal Cavalier Vernoni.

Quantunque io non fossi disposto ad accordare alla primitiva dichiarazione di Aali Pacha tutta l'estensione che essa pareva racchiudere, tuttavia io l'accettava come un iniziamento ad un sistema conciliativo.

Posteriormente un funzionario d'una delle Potenze garanti essendosi portato da Aali Pacha per chiarirsi sulle disposizioni sue circa la nostra partecipazione alle cose di Siria e del Libano, ebbe una risposta che essenzialmente allontanavasi dalle dichiarazioni fatte al Cavalier Vernoni.

Venuta questa cosa a mia cognizione, commisi al Cavalier Vernoni di recarsi nuovamente da Aali Pacha per invitarlo a spiegare questa nuova attitudine che doveva naturalmente sorprendermi, allorché la poneva a confronto di quella osservata pochi giorni innanzi.

Nel qui unito rapporto direttomi dal Cavalier Vernoni (2) l'E. V. potrà conoscere con esattezza le modificazioni successive nel linguaggio tenuto dal Ministro Imperiale degli Esteri.

Stante i pochi giorni scorsi tra le due dichiarazioni fatte da Aali Pacha al Cavalier Vernoni, bisogna ammettere che nel frattempo influenze costan

temente a noi ostili trovarono facile accesso nell'animo di quel Ministro e lo disposero a modificare le sue anteriori inclinazioni a nostro riguardo.

Sarò grato perciò all'E. V. di voler farmi conoscere con qualche sollecitudine se debbo insistere per una definitiva dichiarazione da parte di Aali Pascià. Non credo prossima l'occasione di riunioni o di scambio di intelligenze qui nella capitale per gli affari del Libano; ma le incertezze che regnano in Siria, come l'E. V. potrà rilevarlo dal qui unito brano di corrispondenza che tengo dalla gentilezza d'un collega, sono tali che ad ogni istante il Governatore del Libano può trovarsi nella necessità di ricorrere al consiglio ed all'appoggio dei Consoli delle maggiori potenze; oppure costoro dovranno riunirsi per avvisare sulla gravità della situazione, ed allora, parmi, converrebbe che la posizione del nostro rappresentante in Siria fosse ben chiarita.

Credo bene frattanto d'avvertire l'E. V. del consiglio da me trasmesso al Cavalier De Martino, perché ponendo a profitto gli ottimi rapporti suoi con Daoud pascià, ottenga di essere fatto partecipe delle stesse comunicazioni che quegli fosse in grado di fare agli altri Consoli delle maggiori Potenze.

Come già ebbi l'onore di riferire all'E. V., feci calde istanze agli Ambasciatori d'Inghilterra e di Francia, acciocché i rispettivi loro Consoli in Beirouth trattino col Console d'Italia nella stessa gu;isa che coi Consoli di Prussia, Austria e Russia in ciò che riguarda gli affari di Siria e del Libano. Gioverebbe poi sopratutto che il Governo francese munisse il Marchese di Moustier delle stesse precise istruzioni di cui trovasi provvisto l'Ambasciatore d'Inghilterra, cioé di non prender parte a veruna deliberazione sulle cose del Libano, alla quale non fosse chiamato il Rappresentante d'Italia, come ebbi a farne parte all'E. V. col mio rapporto confidenziale deUi 16 Novembre 1864 n. 15 (1).

(l) -Cfr. n. 440. (2) -Non si pubblica.
456

IL GENERALE GOVONE

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in Govone, pp. 475-477 e in CHIALA, pp. 111-113)

L. P. Berlino, 6 aprile 1866.

* Ieri dopo il conte di Bismarck vidi il signor Benedetti * (2). Era dapprincipio da lui il Ministro di Baviera a cui l'Ambasciatore di Francia toccò, discorrendo, alcuni progetti di aggiustamento delle vertenze attuali. Quando il Ministro partì, il signor Benedetti mi disse sorridendo: • je leur jais des projets d'arrangement, comme vous voyez, mias nous serions bien attrapés s'ils nous prenaient au mot •. Quindi il signor Benedetti * mi disse che egli avrebbe creduto che fosse meglio per noi non firmare alcun trattato, ma avere solo un progetto discusso e convenuto, da firmarsi quando la mobilizzazione della

Prussia fosse completa*. Per tal modo mentre da una parte tenevamo la porta aperta ad un aggiustamento coll'Austria, dall'altra avremmo spinta la Prussia ad accelerare gli armamenti. • Ma in questo caso, il meglio sarebbe ancora, dissi, di non far nulla, attendere il principio della guerra e prendervi parte secondo le circostanze. Ora se la guerra scoppia qui, essa è di breve durata, di una o due battaglie, di un mese o sei settimane, e per potervi prendere parte bisogna essere pronti ad entrare in campagna all'aprirsi delle ostilità e qui:J.di armare a tempo debito. Il peggior pericolo per noi, che può essere quello di fare le spese di una. mobilizzazione inutile, non sarebbe evitato ad ogni modo, e vi sarebbe di più lo svantaggio di non dare nelle mani del conte di Bismarck un elemento di più pe::: potere condurre il Re ad una rottura. Quanto ad un aggiustamento coll'Austria, aggiunsi, pare essere per noi poco probabile •.

Il signor Benedetti mi parlò del Re. Dice che è una specie d'illuminato, il quale ha profondamente scolpito nel cuore le sue teorie del dritto divino, ed ha una fede inconcussa nella missione provvidenziale dei Re. * Del conte Bismarck dice che è un diplomatico per così dire maniaco; che da 15 anni! dacché lo conosce e lo segue, vide sempre in lui lo scopo invariabile, fisso ed irremovibile, a cui lavora da quel tempo, di ridurre cioè l'Austria a potenza di second'ordine e dare il primato alla Prussia *. • Je ne sais ce que l'histoire réserve à M. de Bismarck •, aggiunse, • mais sans doute, c'est l'homme le plus considérable de l'Allemagne. * Pour en arriver à ses fins il travaille depuis trois ans avec une persévérance et une adresse admimbles à se rendre indispensable au Roi dans la politique intérieure *. Il dépasse tous ses désirs dans la lutte avec la Chambre, il lui trouve l'argent pour la réforme militaire, de telle sorte que si M. de Bismarck devait abandonner le pouvoir, le Roi probablement en serait réduit à abdiquer, ce qu'il n'aimerait certainement pas.

* Une fois cette position acquise M. de Bismarck commença à travailler contre l'Autriche en espérant pouvoir entrainer le Roi derrière lui.

Il signor Benedetti non dubita dunque che il Conte Bismarck sia sincero nei suoi desideri di guerra all'Austria. Ma riuscirà 'egli? Il signor Benedetti dubita, e crede che la pace sia sempre assai più probabile della guerra *. C'è, secondo lui, una probabilità, nel solo caso che errori nel campo avversario legittimino armamenti maggiori e crescenti dalla parte della Prussia, e le cose vengano cosi al punto che un Olmiitz sia necessario da una parte o dall'altra; allora la guerra potrebbe scaturire. Osserverò solo a V. E. che ,tale è appunto la speranza del conte di Bismarck, la quale fu già 1n parte esaudita.

Qui le misure militari continuano nei limiti già annunziati e nulla fu sospeso per la nota Karolyi.

In questi giorni furono fatte alquante promozioni militari: un generale di divisione, 7 di brigata, 24 comandanti di reggimento, 60 maggiori e 140 subalterni. Furono cambiati 6 comandanti di fortezza, e fatti parecchi passaggi nel treno e nello Stato Maggiore.

* Mezz'ora addietro ho incontrato il generale lVIoltke che mi disse le ultime notizie della Baviera essere che essa non armava. Ciò toglierebbe una delle speranze del conte di Bismarck*. Ieri fui invitato ad un concerto a Corte. Sua Maestà e la Regina, il Principe ereditario ed i rimanenti Principi furono della massima bontà per me.

(l) -Cfr. Serie I, vol. V, n. 406. (2) -I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, pp. 139-140.
457

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 125. Firenze, 7 aprile 1866, ore 12,45.

Il est bien entendu que Govone ne doit pas en tout cas quitter Berlin avant que je l'aie avisé qu'il peut revenir. Ce soìr Ministère de la Guerre lui envoie par poste lettres particulières.

458

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 140 in CHIALA, p. 114)

T. Berlino, 7 aprile 1866, ore 16,30 (pe1·. ore 19).

Bismark présentera aujourd'hui pleins pouvoirs à la signature du Roi, et après demain probablement nous pourrons signer le traité. Il est entendu que le général Govone ne partira pas avant l'ordre de V. E.

459

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE

T. 126. Firenze, 7 aprile 1866, ore 20,50.

Votre rapport 27 mars (l) dit que Pfordten ne commencera armemens que quand Prusse et Autriche armeront sérieusement. Votre télégramme du 3 (2) m'annonce que Bavière achète chevaux et rappelle soldats en congé; puis celui d'aujourd'hui (l) me dit que l'on est à la paix sans me reparler des armements. Dites-moi où en sont réellement les armements de la Bavière.

(l) -Non pubblicato. (2) -Cfr. n. 448.
460

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALLE LEGAZIONI, AGLI AGENTI E CONSOLI GENERALI AD ALESSANDRIA D'EGITTO, G. DE MARTINO, A BUCAREST, TECCIO DI BAYO, A TANGERI, VERDINOIS, A TUNISI, PINNA, E AI CONSOLI GENERALI A BEIRUT, A. DE MARTINO, E A BELGRADO, SCOVASSO

CIRCOLARE. Firenze, 7 aprile 1866.

Les affaires de l'Allemagne et le différend austro-prussien, qui dominent

actuellement dans les préoccupations de l'Europe, sont suivis par le Gouverne

ment du Roi avec toute l'attention qu'ils méritent. Notre politique ne saurait

manquer en effet d'en tenir grand compte, à cause de l'heureuse influence

que peuvent exercer sur les destinées l'une de l'autre la nation italienne et la

nation allemande. Il n'est pas certain qu'à la question des Duchés de l'Elbe,

question d'une portée limitée et d'un caractère peu intéressant pour l'Italie

directement, doive venir s'ajouter la question de la reconstitution meme de

l'Allemagne; cependant c'est là une éventualité possible, et qui, par les prin

cipes qu'elle peut mettre en cause, ainsi que par le ròle qu'y joueraient des

puissances amies ou adversaires de l'Italie, ne saurait nous etre indifférente.

Les tendances invariables et franchement dessinées de notre politique sont assez

connues, pour que je croie inutile tout exposé de vues générales sur les règles

de conduite qui nous guideront quoi qu'il arrive. Il serait d'autre part impossible

de déterminer quelles seront nos résolutions dans des circonstances qu'il n'est

donné encore à personne de prévoir avec quelque siì.reté. Il suffit donc au

Gouvernement du Roi, devant un état de choses dont le principal caractère est

l'incertitude, de recommander à ses agents une grande vigilance, un soin parti

culier de tout observer, et de grandes précautions dans leur langage à propos

d'un conflit qui n'est pas, actuellement au moins, tellement décisif que l'Italie

ait à prendre à cet égard des dispositions exceptionnelles.

Je passe donc à la récapitulation de quelques négociations spéciales et de

quelques incidents survenus dans l'ordre de nos rapports extérieurs depuis ma

dernière circulaire politique.

* Vous connaissez, Monsieur, les dernières phases de notre négociation commerciale avec le Zollverein. L'échange des ratifications du Traité de commerce a été opéré à Berlin le 12 mars dernier, et depuis le 20 du meme mois le Traité lui-meme est en vigueur. Le rétablissement des rapports diplomatiques entre l'Italie et chacun des Etats membres du Zollverein a déjà commencé à remplir effectivement une condition que nous avons jugée indispensable pour que l'exécution du Traité fiì.t réllement garantie, et qui constitue un élément caractéristique et essentiel de l'accord intervenu entre nous e le Zollverein. Il était indispensable pour nous, e n effet, d'etre assurés que l'!talie, comme l'Angleterre, la Belgique et la France qui sont liées avec le Zollverein par des accords commerciaux analogues, pourrait sans obstacle avoir avec ces Etats des communications régulières, soit pour garantir l'exécution effective des stipulations arretées, soit pour résoudre, au besoin, des difficultés de fait ou d'interpréta

tion qui pourraient surgir, soit enfin pour que les nationaux respectifs puissent

toujours, dans la limite des droits qui leur sont acquis par le Traité, trouver

un appui auprès d'un Représentant, résidant ou non, de leur pays d'origine.

Il a été fait face à cette nécessité par la clause contenue dans le Protocole

de clòture, constatant que l'échange des ratifications impliquerait la recon

naissance du Royaume d'Italie de la part des Etats du Zollverein. Une nouvelle

sùreté a été prise, avant l'échange des ratifications, pour éviter tout malentendu

et écarter tout prétexte d'ignorance. Les quatre Gouvernements signataires du

Traité ont été prévenus et ont été invités par nous à prévenir à l'avance les

autres Etats du Zollverein que le Plénipotentiaire du Roi constaterait formel

lement, au moment de l'échange des ratifications qu'aucune réserve sur le

rétablissement des relations normales n'avait été énoncée par les Etats rati

fiants; déclarerait qu'il ne les acceptait, au surplus, que dans le sens consigné

au protocole de clòture; et annoncerait enfin que, comme première conséquence

du Traité, le Gouvernement du Roi avait décidé d'accréditer sans retard des

Agents auprès des différentes Cours faisant partie du Zollverein, pour veiller,

entre autres motifs, aux intérets se rattachant à la conclusion de la nouvelle

Convention. Ces déclarations et notifications furent en effet articulées expres

sément par le Ministre du Roi et insérées au procès verbal de l'échange des

ratifications.

Le Gouvernement du Roi n'ayant naturellement pas l'intention d'accréditer

des Ministres avec résidence auprès des Etats allemands qui n'établissent pas

de Légations à Florence, les trois Légations de Berlin, Munich et Francort ont

été chargées de la protection des intérets italiens dans les autres différents

Etats du Zollverein.

Nous devons croire maintenant que tous les Gouvernements du Zollverein rempliront avec loyauté les conditions qu'ils ont acceptées au moins implicitement en faisant procéder à l'échange de leurs ratifications alors que ces conditions avaient été régulièrement notifiées par nous. Tous ont reconnu l'Italie en ratifiant le Traité, et ne paraissent vouloir faire à cet égard aucune difficulté: nous espérons qu'il ne failliront pas à l'engagement qu'ils ont contracté de fait, en échangeant les ratifications, de donner à cette reconnaissance ses suites nécessaires et naturelles, en rétablissant avec le Gouvernement du Roi des communications régulières. Si en e.ffet l'ltalie a tenu à insérer au Traité les clauses que je viens de rappeler, ce n'est pas qu'elle recherchat la reconnaissance ,théorique de tel ou tel petit Etat de la Confédération, elle n'en avait nul besoin et ne pouvait y attacher de prix que dans le cas où c'eùt été un acte spontané. Notre but n'a été et ne pouvait étre que celui que j'ai désigné plus haut, la garantie des intérets engagés dans le Traité. Le refus du rétablissement de communications régulières , qui affaiblirait cette garantie, serait,

après tout ce qui s'est passé, une violation du Traité lui-meme, annulerait virtuellement les ratifications échangées entre l'Italie et l'Etat en question, et pourrait compromettre l'exécution déjà effectuée (l) des nouv,eaux accords. Dans cette hypothèse, l'Italie aurait à examiner en toute liberté et en prenant conseil de ses seuls intérets quelle importance pourrait avoir une telle infraction à

la foi du Traité, et à quelle résolution il lui conviendrait de s'arreter en conséquence. Mais malgré les hésitations de certains Etats du Nord de l'Allemagne, nous persistons à compter que cette éventualité ne se réalisera pas. L'accueil que le Comte de Barrai vient de recevoir à Dresde et l'annonce qui nous est parvenue que le Comte Oldoini est attendu à Stuttgard font prévoir que les autres Etats allemands ne tarderont pas à régulariser aussi leur situation.

A l'occasion de la mise à exécution du Traité, et par suite d'un accord passé directement entre le Gouvernement du Roi et la Prusse, les certificats d'origine, qui n'étaient déjà plus requis pour les importations italiennes dans le Zollverein, ne le seront pas davantage pour les importations du Zollverein en Italie. Cette facilitation est du reste acquise de plein droit à toutes le Puissances qui ont stipulé avec nous le traitement inconditionnel de la nation la plus favorisée * (1).

L'entrée en application du Traité de Commerce entre l'Italie et le Zollverein a rendu possibles des négociations pour la conclusion d'un Traité de Commerce et de Navigation avec les Villes Hanséatiques. Le seul obstacle, en effet, qui nous ait empèché d'accuellir plus tòt les ouvertures des Gouvernements des trois Villes Libres a été la considération que les stipulations convenues avec ces Gouvernements auraient en réalité rendu illusoire toute négociation commerciale à venir entre l'Italie et le Zollverein, dont Hambourg, Liibeck et Breme sont le principal débouché maritime: le Zollverein aurait de la sorte joui sans réciprocité pour nous d'un modus vivendi qui eut arrèté dans ses progrès le mouvement par lequel les Gouvernements du Zollverein ont été amenés à asseoir sur les bases solides et seules régulières d'un Traité formel les rapports économiques entre les deux pays. Les négociations commerciales avec les Villes Hanséatiques ont été confiées au Chargé d'Affaires et Consul Général du Roi à Hambourg, et tout fait prévoir qu'elles aboutiront bientòt à un résultat satisfaisant.

Je regrette, Monsieur, d'avoir à constater l'insuccès de nos négociations postales avec les Gouvernements de Prusse et de Bade, auxquelles nous attachions une grande importance pour nos rapports non seulement avec l'Allemagne mais aussi avec les pays septentrionaux dont l'Allemagne nous sépare. Le Gouvernement du Roi désirait, en effet, la conclusion d'une Convention qui en. améliorant les relations postales entre l'Italie et l'Union Allemande, nous assurat en mème temps, à prix réduits et à l'allée comme au retour, le transit des dépèches closes saur les terr.itoires de Bade et de Prusse vers les Etats du Nord, auxquels l'Allemagne sert d'intermédiaire nature!.

Les négociations entamées pour cet objet en 1863 avec la Prusse trainèrent en longueur, le Cabinet de Berlin voulant ajourner toute décision jusqu'à l'époque où il aurait complété son système de traités postaux, pour ne pas renoncer aux avantag,es qu'il retirait provisoirement de sa situation géographique pendant qu'il contlnuait de supporter les charges résultant des taxes considérables que l'administration prussienne était encore obligée de payer à d'autres administrations. En Décembre 1864, une Convention postale avait été signée entre la Suède et la Prusse; celle ci avait réglé ses rapports postaux avec le

Danemark et la Russie; la France, enfin, lui ,avait accordé de notables réductions. Les circonstances paraissant donc plus favorables à la négociation d'une Convention postale qui nous assurat le transit en plis clos dans toutes les directions, le Ministre du Roi à Berlin fut chargé de communiquer à ce Cabinet un projet de Convention dans ce sens.

Sur ces entrefaites, le Gouvernement Badois nous ayant témoigné spontanément le désir de conclure avec nous un accord postal, et l'administration prussienne paraissant elle-meme préférer que toute stipulation intervint de concert avec le Cabinet Grand Ducal, on convint de charger de la négociation postale des Commissaires nommés par les trois Gouvernements qui se réunirent effectivement à Carlsruhe en Décembre dernier, époque des réunions périodiques du Postverein allemand.

Mais dès les premiers pourparlers officieux nous eumes à constater que le transit en plis clos pour l'Angleterre, la Belgique et la Hollande, dont l'utilité était nulle pour nous, serait toutefois regardé par les Commissaires Allemands comme le maximum des concessions possibles. Cependant à la première séance officielle les Commissaires de Prusse ,et de Bade proposèrent d'accorder le transit pour tous les pays mais seulement à l'allée. Cette concession était insuffisante, car elle ne nous aurait point mis en mesure de négocier sur des bases avantageuses des accords postaux avec les Etats du Nord, ce à quoi nous tenions particulièrement. Le Gouvernement du Roi fut donc obligé de remettre les négociations postales avec l'Allemagne à des circonstances plus propices.

Par ma Circulaire de Cabinet du 25 Novembre dernier (l) je vous ai fait connaitre la situation de droit et de fait des rapports commerciaux entre l'Italie et l'Autriche. Depuis lors le Gouvernement Autrichien a fait publier dans ses journaux une Ordonnance par laquelle les bureaux de la douane Autrichienne reçoivent actuellement pour instructions d'admettre au traitement de la nation la plus favorisée les marchandises de provenance italienne sans distinction de province, et ensuite une autre Ordonnance, émanée du Ministre du Commerce, par laquelle les Capitaineries des ports ont été prévenues que tous les navires sous pavillon italien devront exclusivement s'adresser pour les objets de juridiction Consulaire aux Agents de Suède et de Norvège, chargés de la protéction officieuse des intérets commerciaux italiens dans l'Empire Autrichien. Le Gouvarnement du Roi a fait faire à ce sujet des études qui n'ont pas encore conduit à la conviction que ces mesures d'ordre intérieur offrent des garanties suffisantes pour motiver un changement dans l'état de nos tarifs à l'égard du commerce autrichien, en l'absence de tout engagement du Cabinet de Vienne envers nous pour la stabilité de ce régime, et de toute démarche de sa part pour obtenir une réciprocité mutuellement obligatoire.

Les journaux ont publié les dépeches échangées entre la Légation du Roi à Berne et le Conseil Fédéral au sujet de la question du percement des Alpes Helvétiques, et les comptes-rendus de la Chambre des Députés contiennent le projet et l'exposé des motifs de la loi soumise au Parlement sur le mème objet. Il suffit donc de mentionner ici la détermination prise, à la suite de longues et labourieuses études, par le Gouvernement du Roi à l'égard de cette entre

prise qui intéresse au mème dégré les populations commerçantes situées des deux còtés de la grande barrière naturelle à franchir. Le Gouvernement du Roi à été amené à se convaincre que le percement du St. Gothard répond le mieux aux exigences diverses de la question: il a demandé par conséquent au Parlement l'autorisation de concourir pour une part proportionnelle au subside international indispensable à l'effectuation de cette oeuvre, et a fait connaitre à la Suisse, où les opinions sont encore le plus partagées sur cette question, qu'il n'accepterait pour le moment d'offre de concours que pour le percement d'un long tunnel à la base du massif du St. Gothard. Il s'est réservé toute liberté d'action pour le cas où le concours international ne pourrai't se r~aliser pour le St. Gothard par des causes quelconques.

Les dépèches échangées en Février entre le Gouvernement du Roi et celui de la Reine d'Espagne à l'égard de la question romaine ont été publiées par les organes officiels des deux pays, et il serait difficile de désirer, de notre part, de plus amples éclaircissements sur cet incident que je considère comme vidé, ainsi que j'ai eu l'occasion de le déclarer à la Chambre des Députés. Appréciant les circonstances qui déterminaient le langage du Gouyernement Espagnol, nous avons jugé superflu de discuter les explications dont il accompagnait les protestations d'amitié qu'il voulut bien nous faire. L'occasion s'est bientòt présentée du reste de prouver à l'Espagne que si l'Italie n'entend point laisser planer d'équivoque sur le respect du aux principes de son droit public, elle fait cas comme il convient de relations amicales qui ne sauraient ètre atteintes par des différences de situation et de vues théoriques. Ainsi, sur le désir exprimé par le Gouvernement Espagnol, des mesures ont été prises par le Gouvernement du Roi pour assurer à l'Espagne les bénéfices que comporte la neutralité que nous voulons observer dans la guerre pendante entre elle et le Chili. Ces mesures ont été l'objet d'une notification publiée dans le Journal Officiel du Royaume le 12 Février dernier, d'une Circulaire aux Préfets des provinces, en date du 10 du meme mois, interdisant tout enròlement de sujets du Roi, et d'une autre Circulaire aux Commandants des Départements maritimes rappelant les règles de la neutralité pour le service des ports, notamment envers les corsaires chiliens.

Dans une autre circonstance l'Espagne nous a trouvés tout disposés à tenir compte de ses susceptibilités légitimes. Les Commandants des bàtiments italiens, anglais et français en rade de Valparaiso, craignant que le Chili vit une infraction de la neutralité dans des démonstrations d'honneur rendues au pavillon espagnol, avaient cru devoir s'abstenir, le jour de la fète de la Reine d'Espagne, de faire les salves d'usage et de pavoiser leurs navires. En approuvant entièrement le Commandant italien d'avoir, par une lettre courtoise à l'Amiral Espagnol motivé par des raisons tout exceptionnelles cette omission, j'ai jugé toutefois devoir lui donner l'autorisation de faire en cas semblable toutes les salves d'usage.

Vous connaissez, Monsieur, le résultat incomplet des démarches faites auprès du St. Siège par le Gouvernement Impérial de France, dont nous avions invoqué les bons offices pour obtenir la libération de plusieurs condamnés pour cause politique, originaires de provinces actuellement réunies au Royaume,

-et détenus encore dans les prisons romaines. Une dépeche du Ministre du Roi ,à Paris en date du 1er Aoiìt 1865 (1), publiée dans le Livre Vert, constate que dix de ces condamnés seulement ont obtenu leur grace complète ou des réductions de peine, et que quant aux autres il n'y avait lieu alors de s'attendre à aucune décision analogue de la part du Gouvernement Pontificai. Depuis lors, les familles de ceux d'entre ces condamnés qui n'ont pas été mis en liberté, ou auxquels il n'a été accordé qu'une réduction de peine, ont insisté auprès du Gouvernement du Roi pour obtenir leur libération, et leurs réclamations ainsi que leurs plaintes ont été vivement appuyées par l'opinion publique. Le Gouvernement du Roi a donc cru indispensable, malgré l'impossibilité où il est de faire valoir des griefs si justes par les voies d'usage, de mettre à couvert sa respomabilité en chargeant son Représentant à Paris, par une dépeche en date du 25 Février (1), de rappeler cette affaire à la haute bienveillance du Gouvernement Impérial, en le priant de vouloir bien faire de nouvelles démarches auprès du St. Siège pour qu'il fasse droit à des réclamations si légitimes et si dignes d'intéret.

Un incident qui s'est produit à Civitavecchia vient d'offrir un triste témoignage de plus des dispositions hostiles des Autorités pontificales, qui les poussent jusqu'à l'oubli des égards que se rendent meme en temps de guerre les Etats civilisés. Le brigantin de commerce italien • Nuovo Cesare • de l'arrondissement maritime d'Ancone, se trouvait le 4 Février dernier dans la rade de Civitavecchia, où il n'avait été admis qu'à la double condition de baisser le pavillon national, ce à quoi les autorités pontificales, par une exigence sans exemple, forcent tous les batiments italiens, et de hisser, en entrant dans le port, le pavillon pontificai, obligation imposée par les règlements locaux à tous les navires des Romagnes et des Marches. Le Capitaine du • Nuovo Cesare • à la nouvelle de la mort de S.A.R. le Prince de Monferrat, crut pouvoir, en signe de deuil, hisser en berne deux pavillons-signaux, en s'abstenant de faire usage du pavillon national pour ne pas contrevenir au règlement pontificai. Les signaux de deuil furent arborés le matin du 5 et demeurèrent à leur place pendant toute la journée: mais dans la matinée du lendemain un sergent de la Capitainerie du port vint, seul d'abord, puis escorté de six hommes, demander des explications touchant ces signaux, et sur la déclaration qu'il s'agissait d'une simple démonstration de deuil pour la mort du Prince Oddone, somma le second, en l'absence du Capitaine, d'amener les deux pavillons. L'équipage n'ayant point obtempéré à cette sommation, le sergent revint à terre chercher des renforts et se rendit une troisième fois avec neuf hommes à bord du • Nuovo Cesare • où l'équipage, d'après les instructions du Capitaine revenu dans cet intervalle, sans ses preter à l'exécution des ordres de l'autorité pontificale, laissa cependant les Agents l'opérer effectivement, sans leur opposer de résistance. Le Capitaine et le second du navire durent ensuite se présenter à la Capitainerie du port, où le second, qu'on avait d'abord voulu arreter, reçut une réprimande sévère pour l'acte que le Capitaine du port qualificait d'insubordination.

Je ne crois pas nécessaire de revenir, à cette occasion, sur les procédés offensants et vexatoirs dont on use dans les ports pontificaux à l'égard des navires italiens en général, et spécialement de ceux qui appartiennent aux anciennes provinces pontificales. Le Gouvernement du Roi a fait en son temps toutes réserves au sujet de ces actes, par lesquels le Gouvernement Romain semble vouloir, malgré not:e attitude correcte, se constituer dans un état d'hostilité permanente et flagrante contre nous. Je me vois avec regret obligé de les constater, mais le Gouvernement du Roi croit q_u'il lui suffit de bien établir la situation, sans recourir à des représailles qui retomberalent sur les intéréts p:ivés des sujets du St. Siège.

L'abdication du Prince Conza a donné une importance exceptionnelle aux affaires des Principautés danubiennes. Je n'ai pas à vous rappeler, Monsieur, les antécédents de cette question. Vous savez que d'après la Convention du 19 Aout 1858 les Principautés de Moldavie et de Valachie devaient étre administrées séparément, en ayant pour Hen une commission centrale siégeant à Fochsani. La double élection du Prince Couza, en Février 1859, ayant donné lieu à de nouvelles négociations entre la Sublime Porte et les Puissances garantes, il fut convenu, à la suite des Confé:ences tenues à Paris cette méme année, que sans préjudice de la question de droit, la double nomination était reconnue. Depuis, la Sublime Porte, par un Firman daté de la décade comprise entre le 23 Novembre et le 3 Décembre 1861 a admis non seulement l'union personnelle, mais aussi l'union réelle des deux Principautés, limitée toutefois à la durée de l'Hospodarat du Prince Couza. En adhérant à ce Firman, l-es Puissances garantes, l'Autriche exceptée, ont formulé des réserves analogues entre elles en substance, et portant qu'en cas de vacance de l'Hospodarat la Sublime Porte tiendrait compte des résultats de la première expérience d'une union politique et administrative des Principautés, et trouverait convenable de se concerter avec les Puissances garantes, pour aviser d'accord avec elles au sort futur de ces populations. Ces réserves des Puissances garantes portaient encore sur la faculté que la Sublime Porte s'attribuait, dans la Note d'accompagnement du

Firman, d'envoyer dans les Principautés, au cas de la vacance de l'Hospodarat, un Commissaire Ottoman accompagné des Délégués des Puissances garantes, faculté tout exceptionnelle que le Protocole No XXII du 6 Septembre 1859 avait établie seulement pour le cas d'infraction des stipulations de la Convention de

1858, commise par l'Hospodar.

Le nouveau pouvoir actuellement institué à Bukarest et l'Assemblée nationale ayant proclamé le Comte de Fiandre Prince de Roumanie, la Sublime Porte voulut d'abord procéder à l'envoi à Bukarest d'un Commissaire Ottoman accompagné des délégués des Puissances garantes; mais cette prétention fut aussitòt écartée par l'Italie, la France, l'Angleterre et la Prusse, qui se prévalurent à cet effet des réserves faites lors de l'acceptation du Firman de 1861. Ces mémes réserves ont été la base de l'entente intervenue entre les Puissances garantes et la Sublime Porte pour la réunion de la Conférence de Paris à l'effet d'aviser à la solution des questions soulevées par l'abdication du Prince Couza. La Conférence a dO. aussi s'accuper de la rati:fication de l'Acte public concernant la navigation du Danube, et s'est déjà acquittée de cette tache dans la séance du 28 Mars.

Quant à la question de la Constitution politique des Principautés, le Ministre du Roi a reçu pour instructions de régler en général son attitude, dans le sein de la Conférence, d'après les principes fondamentaux de notre droit public, ceux de nationalité, de non-intervention et du respect pour la volonté des populations. La majorité des Puissances garantes elles-memes a constamment reconnu du reste l'applicabilité de ces principes à la question des Principautés, chaque fois que celle-ci s'est imposée aux délibérations collectives du concert européen. La manière de voir du Gouvernement du Roi sur chacun des points dont la Conférence a eu à s'occuper, et la conduite qu'a tenue le Plénipotentiaire italien dans ces réunions, seront connues en leur temps, mais il est bon que vous connaissiez le sens invariable dans lequel s'est exercée et s'exercera l'action de l'Italie.

A la suite de la dissolution de l'Assemblée Roumaine et de l'appel fait au suffrage populaire pour la formation d'une nouvelle Chambre, la Conférence de Paris, dans la séance du 4 courant s'est prorogée indéfiniment.

Les troubles qui ont éclaté dernièrement au Liban ont paru un instant devoir donner Ueu à l'immixtion des Puissances. Pour le cas où cette év,entualité se serait produite, j'ai invité sans retard le Consul du Roi à Bayrouth à ne pas manquer de conformer sa conduite à sa qualité de Représentant d'une Puissance qui est garante de l'intégrité et de l'indépendance de l'Empire Ottoman, et qui ne saurait se laisser exclure du concert constitué par le Traité de Paris pour toute affaire comportant l'immixtion européenne. Ce n'était pas seulement un droit, mais un devoir pour le Gouvernement du Roi de maintenir en cette occasion sa situation légitime, malgré la non participation de l'Italie aux derniers accords intervenus a Constantinople touchant le Liban. Des faits dont le détail ne saurait trouver piace ici ont prouvé en effet qu'aucune influence ne peut agir plus efficacement que l'influence italienne sur les populations du Liban, et nous ne pouvions renoncer à l'exercer officiellement dans ces circonstances pour donner des conseils de modération et de paix aux habitants de la montagne.

Les Représentants du Roi auprès de la Sublime Porte et des Puissancès garantes ont été chargés, d'autre part, de faire connaitre notre intention fermement arretée de prendre part, le cas échéant, à tout accord ou action collective des Puissances relativement aux affaires du Liban. Cette éventualité est depuis devenue moins prochaine; mais dès à présent les Cabinets de Berlin et de Pétersbourg, comme avaient fait déjà l'Angleterre et la France en Septembre 1864, nous ont donné ['assurance positive de leurs bonnes dispositions envers notre intervention régulière, et la Sublime Porte elle-meme a pris l'engagement d'user envers le Représentant italien des memes procédés qu'envers les Représentants des autres Puissances garantes, si un échange de vues venait à avoir lieu sur les affaires de Syrie, soit dans des réunions, soit de toute autre manière.

La Conférence sanitaire internationale, réunie à Constantinople pour aviser aux moyens de prévenir les invasions du choléra asiatique, poursuit activement ses travaux. Le résultat de ses délibérations étant du domaine public, je me dispense de vous exposer la part que prennent à la Conférence les Représen

tants de l'Italie dont les instructions sont naturellement inspirées à la fois du principe de la liberté des communications et des exigences de l'hygiène publique.

La Convention télégraphique internationale du 17 mai 1865 a obtenu dernièrement l'adhésion de plusieurs Etats. Parmi ceux-ci le St. Siège, le GrandDuché de Mecklembourg-Schwerin et le Duché de Holstein ayant rempli toutes les formalités requises, et ayant fait accepter leurs adhésions, sont déjà admis définitivement aux bénéfices de cet accord international. Les Principautés Danubiennes l'ont été de meme, en voie provisoire et purement administrative, en attendant qu'un acte diplomatique vienne régulariser leur position à cet égard. Des négociations sont en ce moment en cours pour faire entrer, dans une certaine mesure, dans les relations créées par cette Convention plusieurs Compagnies télégraphiques particulières dont les lignes se soudent au réseau italien.

La guerre qui règne encore dans les contrées de la Plata a fourni à la marine royale de nouvelles occasions d'agir dans ces parages dans l'intéret de l'humanité. Une flottille italienne s'est portée dans la partie supérieure du Parana pour prendre à bord les sujets du Roi que les désastres de la guerre forcent de quitter le territoire paraguayen. En meme temps qu'elle accomplissait cette mission, elle a rendu des services précieux aux habitants de la malheureuse province de Corientes, sans distinction de nationalité, lorsque leur pays eut a souffrir du passage des troupes paraguayennes. Ces services ont été hautement appréciés, et des remerciements officiels, pour la conduite du Commandant italien, ont été adressés à la Légation du Roi par le Gouvernement Argentin et par la Légation d'Espagne.

Quelques incidents spéciaux ont été dernièrement l'objet de correspondances diplomatiques entre le Min.istre du Roi et le Gouvernement de la République Argentine. Une dépeche du Chevalier Barbolani, insérée dans le Livre Vert, vous a appris que le Ministre du Brésil avait admis que quelques navires italiens, restés dans le haut Parana depuis l'ouverture des hostilités, pouvaient librement descendre en aval d'une ligne que le Brésil considérait comme celle du blocus du fleuve. Mais deux de ces batiments, les goEHettes c Aquila • et c Carmelita • étant arrivés en descendant le fleuve dans le port de Buenos Aires, ils furent mis sous séquestre; les autorités de la Douane retirèrent les papiers de bord et défendirent de procéder au déchargement de la cargaison. Le Ministre d'Italie se hata de réclamer, quinze jours après un Décret du Ministère des Finances, en déclarant interdit en principe tout r.ommerce aux navires neutres entre les ports des Etats belligérants, quand meme ces ports ne seraient pas bloqués, établit pourtant que les navires déjà arrivés des ports paraguayens dans les eaux de la République ne subiraient pas les conséquences de cette interdiction. Les deux Goelettes italiennes profitèrent naturellement de cette exception: mais, en dehors de la question de principe qu'il n'y avait pas d'utilité à aborder et qui n'était pas posée diplomatiquement par les déclarations théoriques du décret dont il s'agit, la question de l'indemnité pour la détention subie par les deux navires nationaux continue d'etre objet d'une discussion entre la Légation Royale et le Gouvernement Argentln, ce dernier se refusant à reconnaitre au Ministre du Roi le droit de réclamer avant que les Tribunaux aient prononcé, ou qu'il y ait eu déni de justice, et le Ministre du Roi soutenant

qu'en matière de droit international le différend peut et doit etre directement vidé 'entre les Gouvernements ou leurs Représentants.

Un autre différend entre la Légation du Roi à Montevideo et le Gouvernement Argentin regarde le fait suivant arrivé dans le port de Buenos Aires. La nuit du 31 janvier au 1•r février, sans notification préalable au Consulat du Roi, et avant meme que les formaHtés judiciaires requises eussent été observées, la navire de guerre argentin • Libertad • s'approchait du navire marchand national • Marinetta • contre lequel une cause était instruite par le Tribuna! de Commerce, en prenait possession de vive force, et l'emmenait à sa remorque dans la rade intérieure en le plaçant entre lui et un autre vapeur de guerre argentin. Le Consul de Sa Majesté s'empressa de protester auprès du Capitaine du port, et se rendit, à bord de la Cannonière royale • Ardita •, à l'endroit où la • Marinetta • se trouvait, et d'où on la ramena à son ancrage primitif. La question de droit et de demande de réparation formulée par le Ministre du Roi recevront, on le croit, une solution prochaine.

(l) In L V 9: c commencée •·

(l) Il brano fra asterischi è edito in L V 9, pp. 70-73.

(l) Cfr. n. 210.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 28. Berlino, 7 aprile 1866.

* Par mon télégramme d'hier (1), je me suis empressé de faire connaitre à V. E. le refus, formulé au nom de son Gouvernement par le Ministre Hanovrien, de recevoir un Envoyé Italien à Hanovre.

Pour justifier une pareille décision, le Baron de Stockhausen a été chargé de me donner lecture d'une Note contenant un exposé de motifs se rapportant à deux ordres d'idées parfaitement distincts * (2), aussi pitoyables l'un que l'autre, et qu'il suffit d'énoncer pour démontrer l'insigne mauvaise fai du Gouvernement de Hanovre (3).

* La Note commence d'abord par établir que le Hanovre désirant garder la plus stricte neutralité dans le conflit survenu entre les deux Grandes Puissances Allemandes, il ne voudrait point, par un acte quelconque de sa politique, donner lieu de douter de son entière impartialité. Or, continue la Note, comme en cas de rupture et successivement de lutte entre l'Autriche et la Prusse, tout le monde sait à l'avance que l'ltalie prendrait parti pour la Prusse, le fait de recevoir, dans le moment actuel, un Agent Italien à la Cour de Hanovre constituerait précisément en faveur de la Prusse un de ces faits significatifs que l'on veut à tout prix éviter!

Le second motif *, bien digne de faire le pendant à cet échaffaudage de duplicité et de mensonge, * se rapporte à cette circonstance particulière que j'avais déjà fait pressentir à V.E., et d'après laquelle le Gouvel'nement Hanovrien

n'étant pas en état d'envoyer une m1sswn à Florence, il ne se croyait pa~ obligé et ne voulait pas consentir à en recevoir une d'Italie à Hanovre * (1).

D'après ce que V. E. m'avait recommandé dans un de ses télégrammes de ne pas pousser trop loin cette affaire qui pourra peut-ètre nous servir de grief plus tard, j'ai écouté avec beaucoup de calme cette étrange communication que, du reste le Baron de Stockhausen a eu toutes les peines du monde d'achever, tant il était ému et visiblement troublé. Seulement, * lorsque après en avoir achevé la lecture, il a essayé de commencer une justification des arguments de son Gouvernement, j'ai cru devoir couper court à cet excès de zèle en lui déclarant très nettement qu'il m'était impossible d'apercevoir la moindre analogie entre les rapports des deux Grandes Puissances Allemandes et les strictes obligations résultant pour le Hanovre de la conclusion d'un Traité stipulé avec un Gouvernement Etranger; que toute discussion sur un pareil terrain aussi bien que sur les prétendues difficultés de l'échange de Mission, me paraissait inadmissible et que tout ce qui me restait à faire était de prendre acte de ses déclarations et d'en donner immédiatement communication à mon Gouvernement.

M. de Stockhausen, * qui, du reste, d'après ce que je sais, désapprouve au fond de sa pensée la conduite de son Gouvernement *, a immédiatement renoncé à poursuivre plus loin ses * ridicules * appréciations *, et, après quelques paroles échangées sur des sujets insignifiants, s'est immédiatement retiré.

Il s'agit maintenant de savoir quel parti et quelle résolution il y a à prendre dans une pareille situation. Pour mon compte, j'en vois deux bien distinctes; une radicale et énergique, embrassant dans sa rigueur la généralité des Etats du Zollverein; l'autre plus tempérée dans ses effets, et ne frappant que 1e Hanovre. La première serait d'adresser aux ouatre signataires du Traité une Note identique dans laquelle, après leur avoir rappelé les déclarations du Protocole de clòture et de l'échange de ratifications, qui font de la reconnaissance du Royaume d'Italie la condition sine qua non de l'application du Traité, l'on désignerait le Hanovre comme violant ouvertement, par son refus de recevoir un Agent ltalien, cette condition essentielle, en rejettant en mème temps sur lui seul la responsabilité des conséquences qui pourraient s'en suivre. L'on ajouterait que le Gouvernement du Roi aurait eu ipso facto le droit de suspendre les effets du Traité; mais que pour donner une preuve de sa modération et de ses sympathies envers l'Allemagne, avant d'en arriver à cette mesure, il avait cru devoir s'adresser aux signataires de la Convention commerciale, qui, ayant exprimé sur sa signification les mémes opinions que le Gouvernement Italien, et ayant agi comme mandataires, étaient mieux à mème que personne de rappeler le Hanovre au strict accomplissement de ses obligations. Cette démarche terminée, et le Hanovre ne s'exécutant pas, l'on prononcerait sans autre la suspension des effets du Traité pour tout le Zollverein.

La seconde combinaison serait d'adresser également la Note en question aux Puissances signataires, mais sans faire mention de la suspension des effets

du Traite qui serait ainsi laissée dans l'ombre. Puis, si à cette démarche de notre part il était répondu par l'impossibilité de y,aincre la résistance du Hanovre, il faudrait immédiatement procéder à des mesures de rigueurs fiscales envers sa marine. La première serait le retrait de l'Exequ.atur à tous ses Consuls en Italie; et la seconde J.'imposition d'une surtaxe de 30 ou 40 francs sur tous ses batiments à leur entrée dans un port Italien.

Pour mieux assurer le succès de cette dernière mesure, il serait essentiel d'entrer au plus tòt en négociation avec la Prusse, Oldenbourg et les Villes libres Hanséatiques pour la conclusion d'un Traité séparé de Navigation, qui mettrait le commerce maritime du Hanovre dans des conditions d'infériorité telles que, pour les faire cesser, le Gouvernement se verrait obligé de venir nous demander ce qu'aujourd'hui il a l'impudente audace de refuser. Il est bien vrai que le Commerce Hanovrien, ne pouvant plus s'abriter sous le pavillon de son pays, pourrait en emprunter un autre; mais ces complaisances se payent comme tout autre service, et donnent lieu, d'autre part, à des frais de commission, d'entrepòts et de transit, qui diminuent considérablement les bénéfices.

Avant, toutefois, d'adopter cette seconde combinaison, il importe d'attendre de connaitre la réponse des autres Etats du Zollverein; car si le Hanovre n'est pas le seul, et que d'autres Gouvernements suivent son exemple, il devient évident que nous ne pouvons pas atteindre ces derniers dans des intérèts semblables, et alors nous n'avons plus qu'à envelopper tout le Zollverein dans une mesure générale de suspension dont la responsabilité tombera sur ceux dont l'insigne mauvaise foi l'aura si légitimement provoquée.

(l) -T. 204, non pubblicato. (2) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 9, pp. 73-75. (3) -In L V 9 le parole fra asterischi sono sostituite dalle seguenti: • ma che mancando entrambi di ogni fondamento, dimostrano solo il mal volere del Governo annoverese •.

(l) In L V 9 qui è aggiunto il seguente periodo: « In ogni caso poi il Governo annoverese desidera che il negoziato relativo ai rapporti diplomatici rimanga in sospeso sinché la crisi politica presente tra la Prussia e l'Austria venga appianata od in qualsiasi modb definita», tratto dal r. 30 di Barrai del 9 aprile [Cfr. n. 468].

462

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 29. Berlino, 7 aprile 1866.

A mon retour à Berlin je n'ai pas trouvé la situation sensiblement modifiée. La plus grande incertitude continue à régner sur le point de savoir quel sera, en définitive, des deux courants de la paix ou de la guerre, celui qui aura le dessus. Après l'échange, entre les deux Grandes Puissances, de Notes qui ne mènent à rient, et où chacune des deux cherche à rejeter la responsabilité des événements qui doivent se produire, la préoccupation générale se concentre toute entière sur les dispositions intimes du Roi qui a réellement entre les mains la paix ou la guerre, et dont le dernier mot doit décider des destinées de l'Allemagne.

Sur ce point important il y a incertitude complète, et personne, pas mème, dit-on, Sa Majesté qui doit le prononcer, n'a une opinion bien arrètée.

Ce que l'on sait d'une manière certaine, c'est que, dans ce moment supreme, il se fait des efforts désespérés pour détourner le Roi de la guerre, et Lui représenter M. de Bismarck comme devant l'entrainer à sa perte. L'on peut dire que tout le mon.de s'en mele, y compris ceux que leur dignité devrait au moins engager à se tenir à l'écart. Ainsi, le Ministre des Affaires Etrangères d'Autriche, M. de Mensdorff, vient d'écrire au Prince de Cobourg une lettre de douze pages où il lui démontre les dangers de la guerre, et désigne plus spécialement M. de Bismarck comme le fauteur et l'instigateur de la violente situation actuelle. Le Prince de Cobourg a envoyé cette lettre au Roi qui, après l'avoir montrée au Comte Bismarck, s'est contenté pour toute réponse de la renvoyer sous enveloppe au Prince.

Il n'est plus douteux que c'est sur la demande officielle de l'Autriche, que l'Empereur de Russie a écrit au Roi de Prusse pour l'engager à faire la paix. Le Roi de Prusse a répondu, comme déjà cela avait eu lieu pour une démarche semblable faite par l'Angleterre, que c'était à l'Autriche qu'il fallait s'adresser, en lui demandant des preuves de la sincérité de ses intentions pacifiques. Le Czar a alors écrit à l'Empereur d'Autriche en Le priant de donner, pour gage de ses sentimens pacifiques, l'ordre de retirer ses troupes de Bohéme. A cela l'Empereur a répondu qu'il attendrait de connaitre la réponse du Cabinet de Berlin à la dernière Note remise par le Comte Karoly. Cette réponse a été faite; elle contient une nouvelle énumération très accentuée des griefs de la Prusse contre l'Autriche, et se termine par des déclarations, en comparaison assez faibles, à l'endroit de ses intentions pacifiques. Cependant lorsqu'on en a présentée la minute à l'approbation du Roi, Sa Majesté en a effacé de Sa propre main certaines expressions un peu dures et légèrement ironiques dues à la rédaction toujours incisive du Comte de Bismarck.

Tout cela, bien loin de détendre la situation, ne fait que l'aggraver par la conviction toujours plus profonde que l'on acquiert, de l'impossibilité d'arriver à un dénouement aut:ement que par la guerre ou la reculade de l'une des deux parties. Du reste, l'on sait déjà que le Ministre d'Autriche a paru fort peu satisfait de la Note Prussienne qu'il se serait attendu à étre plus amicale, a-t-il dit, si réellement la Prusse n'a pas d'intentions belliqueuses.

Quant aux mouvemens et aux préparatifs militaires, il est vrai qu'ils se poursuivent dans une certaine mesure, mais cependant sans étre encore à la hauteur d'une prochaine entrée en campagne. Cinq régimens d'artillerie seulement sont sur pied de guerre; les divisions sur les frontières de Silésie et de Saxe ont été renforcées de 16 mille hommes; les places fortes sur ces mèmes frontières ont été armées également sur pied de guerre, et si l'on ajoute que de nouvelles troupes vont renforcer celles déjà établies dans le Schleswig et auxquelles l'on ajoutera des recrues prises parmi les habitants mémes du Pays, l'on peut se former une idée assex exacte de tout ce qui s'opère, pour le moment, en fait de préparatifs militaires.

En joignant ici une pièce chiffrée... (1).

(l) Annotazione marginale: «Atti di S. E.•. Si pubblica qui un brano del r. 31 dt Barrai dell'B aprile: • Pour ne rien omettre de ce qui peut servir d'éléments d'appréciations dans une situation aussi grave, je dois encore ajouter qu'à Berlin l'opinion publique se prononce avec un ensemble que l'on ne saurait contester contre la guerre; que l'on pacle d'une pétition signée des principaux commerçants de la ville pour demander la paix, et quedans l'armée m eme elle n'est pas précisément populaire •.

463

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 11. Monaco, 7 aprile 1866 (per. il 13).

M. Von der Pfordten m'a donné lecture ce matin, d'une manière très confidentielle, d'un télégramme qu'il a adressé le 5 de ce mois au Comte de Hompesch, afin qu'il eut à appe1er l'attention du Gouvernement du Roi sur les conséquences des engagements prématurés que l'Italie pourrait prendre visà-vis de la Prusse en faisant valoir surtout l'impopularité dont se trouvait frappée en Allemagne la politique suivie aujourd'hui par le Comte de Bismarck.

• Je connais les aspirations de l'Italie -m'a-t-il dit -j'admets meme qu'un gouvernement qui ne profiterait pas d'une occasion favorable pour les traduire en fait pourrait courrir la chance d'etre débordé par l'opinion nationale, mais enfin ce que je souhaite c'est qu'on ne s'engage pas avec la Prusse avant que la guerre soit éclatée •.

En référant à V. E. les paroles de M. de Pfordten je dois constater que dans les nombreux entretiens que j'ai eus dernièrement avec ce Ministre des Affaires Etrangères il s'est toujours exprimé d'une manière très bienveillante envers l'Italie et que si je me suis trouvé obligé bien souvent de juger d'une manière opposée à la sienne la conduite que suivrait l'Allemagne du Sud dans la guerre qu'on craignait, il m'a affirmé que ce n'était pas par prédilection qu'il se serait allié à l'Autriche mais parce qu'il y aurait été entrainé par la force des événements.

464

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 206. Monaco, 8 aprile 1866, ore 14,15 (per. ore 16,15).

Armement mentionné dans mon télégramme du 3 (l) a été motivé par la note prussienne du 24 mars, ainsi que j'ai eu l'onneur de l'indiquer à V. E. par ma dépeche réservée du 4 courant (2). Gouvernement bavarois continue préparatifs militaires y signalés, car si les négociations diplomatiques paraissent éloigner momentanément conflit, rien assure qu'elles aboutiront à la paix (3).

(l) -Cfr. n. 448. (2) -Non pubblicato. (3) -Con t. 207 pari data Centurione comunicò l'adesione prussiana alla riforma federale proposta dalla Baviera.
465

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST,

TECCIO DI BAYO

(Ed. in LV 9, pp. 327-329)

D. 3. Firenze, 8 aprile 1866.

Vous trouverez ci-joint ampliation d'une résolution prise par la Conférence dans sa séance du 4 de ce mois (1). Vous y verrez qu'en face des événements qui se sont accomplis à Bukarest, elle a jugé convenable d'attendre des renseignements ultérieurs avant d'aviser aux mesures à prendre. La Conférence est trop peu instruite des circonstances qui ont accompagné les derniers actes du Gouvernement provisoire pour en apprécier sainement la cause et la portée, ainsi elle en laisse toute la responsabilité à ceux qui les ont conseillés; mais il est très nécessaire que ni le Gouvernement provisoire, ni les populations moldo-valaques ne se trompent sur leur véritable position.

Vous profiterez donc de toute occasion pour rappeler aux membres du Gouvernement et aux notables du pays les transactions internationales et pour les dissuader de tout acte tendant à changer les relations existant entre les Principautés et la Cour Suzeraine.

Mais tout ce qui sera fait par la nouvelle Assemblée comme représentant les voeux des populations, conformément à ces relations et à ces transactions internationales, sera l'objet d'une attention bienveillante de la part des puissances représentées dans la Conférence et toujours animées du désir d'arriver à un état de choses qui conso1ide le repos, le bien-Nre et la prospérité des Principautés Moldo-Valaques.

Vous voudrez bien donner connaissance au Gouvernement Provisoire de

la résolution ci-annexée.

ALLEGATO.

RÉSOLUTION

Parigi, 4 aprile 1866.

La dissolution de l'Assemblée moldo-valaque par le Gouvernement provisoire de Bukarest, et la convocation d'une nouvelle Assemblée ayant été portées à la connaissance de la Conférence comme des faits accomplis, la Conférence a cru devoir se réunir pour délibérer sur un état de choses aussi imprévu.

Dans l'ignorance des motifs qui ont donné lieu à cette mesure, la Conférence en laisse au Gouvernement provisoire toute la responsabilité ainsi que celle des conséquences qui pourraient en résulter.

Mais la Conférence croit devoir rappeler à l'attention du Gouvernement provisoire et des populations moldo-valaques que, si d'un còté les privilèges et les immunités des Principautés sont placés sous la protection collective des Puissances signataires du Traité de Paris, ces Puissances ne sont pas moins liées par le mème Traité au devoir de veiller à ce que l'état des relations entre les Principautés et la Cour suzeraine soit rigoureusement maintenu, ainsi que les engagements qui subsistent entre les Puissances et la Sublime Porte.

Les Puissances ont assez témoigné de leur bon vouloir envers les Principautés Unies de Moldavie et de Valachie pour attendre de leur part que rien ne soit fait de nature à provoquer un dissentiment quelconque sur des devoirs également compris par tous.

La Conférence attend des nouvelles des Principautés pour reprendre ses séances, sauf à se réunir à la demande de l'une ou de l'autr~ des Puissances.

466

IL CONTE ARESE

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA (l)

(AS Biella, Carte La Marmora; ed in CHIALA, p. 126)

T. Parigi, 9 aprile 1866, ore 18 (per. ore 19,30).

L'Empereur m'a dit ce matin que le Roi de Prusse convoquait à Francfort le parlement allemand sur la base du suffrage uni:versel. Il m'a demandé à plusieurs reprises si notre traité était signé. Je partirai jeudi soir sauf avis contraire.

467

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in CurALA, p. 126)

T. Firenze, 9 aprile 1866, ore 20,30.

Reçu le télégramme du comte Arese (2). Nous avons été informés ce matin seulement que le traité a été signé hier soir dans la teneur que vous connaissez, sauf que le passage à la fin de l'artide deux sur les gouvernemens allemands a été supprimé sur le désir du Roi de Prusse.

468

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 30. Berlino, 9 aprile 1866.

Dans ma dépeche d'avant hier (3) je me suis empressé de porter à la connaissance de V. E. le contenu d'une Note qu'était venu me lire, la veille, le Ministre de Hanòvre, et dans laquelle se trouvaient exprimés les motifs qui, au point de vue du Gouvernement Hanovrien, s'opposaient à ce qu'il reçut en ce moment un Représentant d'Italie. lVIalgré le trouble visible et les hésitations

du Baron de Stockausen, j'avais parfaitement saisi et retenu la teneur de cette communication que, aussitòt après sa lecture, il avait repliée et remise dans sa poche comme quelqu'un auquel l'on aurait recommandé de ne pas en laisser copie. Je ne puis avoir le moindre doute à cet égard.

Que s'est-il passé depuis lors et quelles nouvelles instructions M. de Stockausen a-t-il pu recevoir? Le fait est que hier soir il m'écrivit un petit billet où il me dit: • que pensant qu'il pourra m'ètre agréable d'avoir sous les yeux la copie de la dépéche qu'il m'a lue, pour faire mon rapport, il prend la liberté de m'envoyer cette pièce en me priant toutefois de ne pas en garder copie, et de la lui renvoyer aussitòt que j'en aurais fait usage •.

Or, dans ce document, après l'exposé des motifs en question tel que je l'ai relaté à V. E., il se trouvait la phrase suivante qui ne m'a pas été lue la première fois, ou dont tout au moins la rédaction a été bien positivement remaniée: • Le Gouvernement Hanovrien désire en tout cas que la négociation au sujet des rapports diplomatiques reste ajournée jusqu'au moment où la crise politique actuelle sera aplanie ou vidée d'une manière ou de l'autre •.

Cette phrase, tout insidieuse qu'elle soit, me semble cependant modifier sensiblement la situation. Il n'y a pas la moindre illusion à se faire sur la mauvaise foi persistante du Hanovre; mais, d'un autre còté, l'on ne saurait nier que, sans reconnaitre en termes formels le Royaume d'Italie, la condition suspensive qu'il met à la réception d'un Envoyé Italien implique cependant en elle-mème la reconnaissance. Tout cela, il est vrai, n'est pas nettement exprimé, ne repose que sur de simples inductions, et devient par conséquent inacceptable dans sa forme actuelle.

Mais avant d'en venir à l'adoption de mesures de rigueur telles que j'ai eu l'honneur de les proposer à V. E. dans mon rapport du 7 courant, ne pourrait on pas recourir à la mesure suivante:

Dans une Note que j'adresserai au Gouvernement Prussien, je lui ferai part de la réponse faite par le Gouvernement Hanovrien à notre demande d'accréditer un Représentant d'Italie, et j'ajouterai que la condition suspensive, qu'il y a mise, pouvant faire naìtre le doute que le Hanovre eùt réellement accepté les engagemens formels résultant du Protocole de clòture et d'échange des ratifications, le Gouvernement du Roi, avant de prendre une détermination à cet égard, priait le Cabinet de Berlin, en sa qualité de Mandataire, de vouloir bien interpeller officiellement le Gouvernement de Hanovre sur le point de savoir si oui ou non il reconnaissait le Royaume d'Italie, la question d'envoi d'un Représentant Italien restant, bien entendu, formellement réservée, et de nous faire connaitre ensuite sa réponse écrite.

Je n'ose pas, en matière aussi délicate, trop insister sur cette manière d'envisager la situation; il me semble cependant qu'en procédant ainsi, nous conserverions notre position intacte; et pour peu que le Hanovre tergiverse ou réponde d'une manière évasive à cette dernière mise en àemeure de se prononcer, nous aurions alors bien plus de droits pour prendre à son égard des mesures de rigueur qui, en présence d'une mauvaise foi aussi patente, seraient pleinement sanctionnées par l'opinion publique de l'Allemagne.

*Le Due de Brunnswick, ayant fait répondre par son Envoyé ici qu'il recevrait avec le plus grand empressement le Représentant de Sa Majesté, je

me propose d'aUer Lui présenter mes lettres de créance le 24 de ce mois, jour

de la fète de Son Altesse qui à cette occasion reçoit le Corps diplomatique * (1).

Je n'ai pas manqué de faire les démarches nécessaires auprès des Ministres

dont les Gouvernements n'ont point encore fait parvenir leur réponse afin de

la recevoir le plus tot possible.

(l) -Il telegramma fu trasmesso tramite la legazione a Parigi. (2) -Cfr. n. 466. (3) -Cfr. n. 461.
469

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 14. Berlino, 9 aprile 1866.

Je profite du départ du Courrier Villa pour transmettre ci-joint à V. E. le texte originai de notre Traité d'alliance offensive et dé:llensive avec la Prusse (2), ainsi que du Protocole de cloture portant que le Traité restera secret, et que les ratifications en seront échangées aussitot que possible.

Au moment où nous étions réunis au Ministère des Affaires Etrangères pour procéder à la signature, le Comte de Bismarck nous dit que, d'après le <iésir qu'en avait exprimé le Roi, il aurait bien voulu que nous prissions sur nous de supprimer le passage faisant mention, à la fin de l'article 2, des Gouvernements Allemands auxquels il s'agirait de déclarer la guerre du moment qu'ils s'allieraient à l'Autriche contre la Prusse. Pour mon compte, j'ai trouvé que cette suppression éta.i<t, au contraire, très favorable à notre politique envers les Etats secondaires, puisque, sans rien changer au but de l'alliance, on évitait de les désigner à l'avance comme des ennemis; et le Général Govone étant du mème avis, nous avons cru pouvoir y consentir, sans demander l'approbation de V. E., ce qui aurait dù retarder la signature.

Le Comte Bismarck a paru extrèmement satisfait de la conclusion du Traité; et il n'est pas douteux qu'il espère en tirer un grand parti sur l'esprit du Roi, pour donner à Sa Majesté confiance dans l'avenir, et l'engager à prononcer ce dernier mot qui doi t amener la guerre avec l'Autriche.

470

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 108. Londra, 9 aprile 1866.

Ieri andai a Richmond per veder Lord Russell non che avessi qualcosa a dirgli non avendo vicevuto da qualche tempo nulla in riguardo alle vertenze

21 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

che occupano il mondo politico ma piuttosto pel caso in cui egli avesse creduto

dover esprimere qualche opinione sulle voci che corrono che interessasse V. E.

di conoscere.

Difatti egli spontaneamente mi propose di venir in camera sua dopo cola

zione e mi disse che da quanto gli si scriveva da Firenze non era ben deciso se

occorrendo una gu2rra fra le potenze germaniche potessimo far altrimenti che

prendervi parte. E disse non potersi ben render conto se fosse questo per obbe

dire alle tendenze supreme, a tendenze irresistibili della nazione o se fosse

per inclinazione del Ministero. Risposi che era inclinazione generale di chi si

chamava Italiano d'arrivar alla soluzione di quelle quistioni ancor indecise e

che perciò difficilmente avrebbe qualunque Ministero potuto agir differente

mente. Soggiunsi che non avendo ricevuto una riga lo pregavo a prender qua

lunque cosa dicessi come mia opinione personale senza attaccarvi inutile im

portanza. Ma non potei a meno che dolermi che, sia che parlassimo aggiusta

menti pacifici, sia che accettassimo vie guerresche sempre l'Inghilterra ci con

sigliasse d'astenerci da tutto come se dovesse capitar qualcuno dal cielo a compir

l'ardua impresa.

Egli ragionò allora del noto progetto di cambio fra la Venezia ed i Prin

cipati ricordandomi di averne scritto al signor Stuart a Costantinopoli prima

vi capitasse Lord Lyons.

Ma aver Ali Pacha rigettato qualunque presa in considerazione pretestando

rsser questo un iniziar della caduta dell'Impero Ottomano. Disse che Lord

Palmerston informato di questo avea osservato che non era il caso di scorag

giarsi essendo questa una delle questioni che forse riescono perseverando.

Queste dichiarazioni essendo precisamente quanto desideravo, dissi allora che amavo di sentirgli a rammentar questi dati poiché mi dava occasione di dirgli quanto da gran pezza mi stava sul cuore cioè che trovando Lord Clarendon così avverso a un tal progetto, talmente pronto a saltar sulle furie e così deciso a credere dalle sue conversazioni a Vienna che fosse uguale a voler prendere siccome disse la luna coi denti che finalmente mi ero persuaso che a vece di andar avanti il Governo Inglese dimenticando essere stato questo p::-ogramma messo avanti da Lord Palmerston e Lord Russell battesse in ritirata. Citai però anche il modo poco piacevole in cui eransi accettate al Foreign Office le proposizioni dell'Ambasciatore di Francia. Aggiunsi che naturalmente siccome era dover mio avevo dovuto informar di tutto questo V. E. non potendo a meno d'ammettere che non fosse opinione del Governo della Regina quanto mi era espresso dal suo Ministro degli Esteri del quale non eran segreti gl'istinti Austriaci ed ad ogni modo non Italiani.

Lord Russell parve un po' imbarazzato a rispondere. Ammise esser vero che aveva egli medesimo osservato che il progetto non andava a genio a Lord Clarendon. Ma però avendo il Consiglio avuto ad occuparsene, Lord Clarendon aveva parlato quasi fosse desideroso della riuscita benché non credesse la cosa fattibile. Che del resto avevo ragione di star a quanto mi diceva il Ministro degli Esteri. Ma evidentemente intendeva che io capissi che egli Lord Russell la pensava molto più a modo nostro.

Disse che era d'opinione che l'Austria finirebbe per far le cose troppo

tardi e rimetterebbe a decidersi a saper se realmente nella complicazione

attuale si troverebbe minacciata ad un tempo dalla Francia e dall'Italia (1).

Poi passò ad esaminare la politica della Russia e confessò che a forza di procrastinare la Russia potrebbe ottener i suoi fini parlando con linguaggio seducente alla Turchia e persuadendola essere i tempi cambiati e la sua politica pure.

Nessuna potenza esser miglior amica della Turchia. Voler proteggerla con qualche reggimento ecc. ecc. Come nei tempi antichi protessero la Polonia. Io risposi che v~devo con piacere che egli si rendesse ragione di quanto stava per accadere. Del resto se la Hussia, appena abdicato Couza, avesse occupato i Principati li avrebbe messi in un fiero imbroglio con tante complicazioni in occidente. E con quel modo di Lord Clarendon di accogliere proposte pacifiche egli ci spingeva a casser les vit1·es, egli centuplicava i pericoli di una guerra europea e dava il colpo di grazia all'influenza Inglese nelle cose d'Italia spingendoci nelle braccia della Francia che almeno poteva vantar d'aver fatto e mostrava di capir che non con l'inoperosità si fanno le grandi cose in questo mondo.

Lord Russell disse allora queste parole che mi sembrano dover notarsi specialmente. Disse che realmente nessun potrebbe muoverei rimproveri qualunque fosse il partito che prenderessimo in sì gravi circostanze. Dandoci così carte bianche. Ed ad ogni modo me ne ricorderò a tempo e luogo parlando con altri membri del Ministero. Lord Russell osservò anche quanto da tutti ci si rimarca doversi cioè badare a non restar noi impegnati con l'Austria dopo che questa si fosse messa d'accordo con la Prussia. Disse però che gli veniva riferito che la Francia si mostrava avversa al nostro armare. E risposi che non ero al caso di dargli informazione di sorta. E terminai col pregarlo di considerare come confidenziale quanto gli aveva detto di Lord Clarendon poiché non era mia intenzione far un requisitorio contro al Ministro degli Affari Esteri: ma pregarlo con quella benevolenza che mi mostrava sempre a volere all'occasione mettere una parola per fargli prendere le cose sotto un punto di vista più Italiano. Almeno dicesse di voler fare il possibile per far riuscire certi progetti benché non dipendesse poi da lui la loro realizzazione.

L'ambasciatore di Francia essendo stato allora annunziato si passò nella camera di ricevimento, e finita la visita stavo per partire col Principe quando Lord Russell mi ricondusse nel suo Gabinetto per farmi leggere una lettera di Odo Russell al quale egli avea scritto che partiti i Francesi gli parea che il potere temporale cadrebbe per se stesso. Odo Russell risponde che era della medesima opinione. Ma che cercava di persuadere al partito nazionale doversi preparare questa caduta organizzandola con mezzi quieti evitando perturbazioni. Essere capitato a Roma per tre giorni il Barone Ricasoli, ed aver egli cercato di fare che tenesse un linguaggio consimile col partito nazionale e così avea fatto. Cosa ottima per la grande influenza che il Barone esercita su quel par

tito; aggiungeva che il partito degli Italiani del Nord era il più imprudente, mostrandosi impaziente di liberarsi dei preti. Cosa singolare! Odo Russell par persuaso che Pio Nono è qu~llo che mantiene il basso Clero nelle sue idee attuali, mentre sotto al suo successore quel medesimo clero si trasformerà più liberamente. Mostrandosene già segni precursori.

Ringraziai Lord Russell di queste interessanti comunicazioni e me ne tornai a Londra.

Da quanto sento il Ministero si crede assicurato sulla mozione Grosvenor, di una maggioranza fra 15 e 20 voti nella battaglia parlamentare di questa settimana.

(l) -Il brano fra asterischi è edito in italiano in L V 9, p. 75. (2) -Annotazione marginale: • Il testo originale del trattato si trova unitamente alle ratifiche in un incartamento speciale intestato "Negoziati e trattato segreto d'alleanza con la Prussia 1866" •.

(l) Cfr. il seguente brano del r. 398/141 di d'Azeglio del 12 aprile: " Lord Russe!l che vidi ieri sera al suo ricevimento alludendo alla nostra conversazione di Domenica mi disse aver Lord Cowley parlato all'Imperatore a Parigi del ceder l'Austria la Venezia e che Sua Maestà aveagli risposto temer che non fosse ancor disposta l'Austria a prestar l'orecchio a simili proposte. E soggiunse Lord Russeli, l'Imperatore è al caso di saperlo •.

471

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 128. Firenze, 10 aprile 1866, ore 11,15.

Donnez moi promptement détails sur la portée et l'effet de la proposition prussienne d'un parlement allemand sur la base du suffrage universel (1).

472

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 32. Berlino, l0 aprile 1866.

Ainsi que je me suis empressé d'en informer V. E. par mon télégramme de ce matin (2), le Comte Karoly a donné hier soir letcure et laissé copie au Comte de Bismarck, d'une Note du Cabinet de Vienne, dans laquelle, après avoir rappelé les récentes déclarations échangées entre les deux Souverains de n'avoir aucune intention agressive, il est dit que l'Autriche s'attend à ce que le Gouvernement Prussien rapporte les ordonnances d'armemens insérées dans la Gazette officielle de Berlin. La Noie ajoute que l'Autriche, n'ayant fait aucun armement, n'a pas, par conséquent, à désarmer, et que son Ministre est chargé de solliciter une assurance conforme à l'attente du Cabinet de Vienne.

Il est facile de comprendre ce qu'une pareille communication, qui rassemble beaucoup à une sommaUon, et rappelle un peu l'époque qui a précédé la guerre de 1859, est venue apporter d'aggravation dans une situation déjà si tendue. M. de Bismarck la regarde comme un défi injurieux porté à la Prusse,

et il n'est pas douteux que, si l'on écoute ses conseils, l'on y répondra par une Note énergique et de nouveaux armemens. Au milieu de ses irrésolutions le Roi est très chatouilleux à l'endroit du point d'honneur militaire, et il est à prévoir que le Comte de Bismarck ne manquera pas de faire un appel à ce sentiment très prononcé de Sa Majesté pour repousser la demande Autrichienne, et prendre une attitude plus ouvertement belliqueuse. Que fera alors l'Autriche? L'on dit que, en présence d'un refus caiégorique de la Prusse, elle portera la question à la Diète de Francfort, et fera la proposition d'une mobilisation de l'armée fédérale.

Mais déjà la Prusse, ainsi que je me suis empressé de le mander par télégraphe à V. E, a saisi hier la Haute Assemblée de sa proposition d'une Convocation de Parlement National, élu directement par les populations et destiné à procéder à la révision du Pacte fédéral. Une circonstance mème digne de remarque, qui se rapporte à cette proposition, c'est que la Prusse, contrairement à l'usage traditionnel établi entre les deux Grandes Puissances, n'en a point fait part à Vienne, et qu'elle l'a lancée tout-à-coup à Francfort sans que personne en fut prévenu. Il n·y a pas de doute que l'Autriche et ses alliés du Mid,i repousseront saus hésiter une proposition qui les prend à l'improviste, et représente à leurs yeux la révolution ayant cette fois la Prusse à sa tète. Que fera alors cette dernière Puissance? Provoquera-t-elle un grand déchirement entre le Nord et le Midi de l'Allemagne? Se retirera-t-eUe de la Confédération, et aura-t-elle recours aux armes pour faire prévaloir ses propositions ainsi que cela parait ètre l'intention du Comte de Bismarck? Ce sont là des points d'interrogation auxquels l'avenir peut seui répondre.

Quoi qu'il en soit, il devient évident que nous arrivons à cette situation troublée, dont me parlait il y a à peine un mois le Comte de Bismarck, et d'où, suivant ses prévisions, doit infailliblement sortir la guerre. Pour le moment, il n'y a qu'à attendre la réponse du Cabinet de Berlin à la Note Autrichienne. Cette réponse va inévitablement obliger l'Autriche à accentuer davantage sa politique, et l'engager à faire prochainement un pas de plus dans la voie qui doit révéler ses véritables intentions.

En parlant des violents dissentiments politiques entre les deux Cabinets de Vienne et de Berlin, je ne dois pas oublier de faire mention d'un incident d'une nature très vive qui s'est passé dernièrement entre le Comte Karoly et le Comte Bismarck. Le Ministre d'Autriche ayant, dans le cours d'une conversation, interpellé le Président du Conseil sur le point de savoir si en définitive la Prusse entendait s'en tenir à la Convention de Gastein, ce dernier lui répondit que oui, mais que, à la veille d'une bataille, il pourrait ,encore en dire autant. Le Cabinet de Vienne ayant relevé ce propos et demandé des explications, le Comte Bismarck l'a nié; le Comte Karoly en a soutenu la parfaite exactitude; et il en est résulté un échange de propos très aigres, à la suite desquels le Comte Bismarck a déclaré qu'il ne recevrait plus de communications, et n'y répondrait plus que par écrit.

Dans ma dernière dépèche chiffrée (l) j'avais eu soin de faire part à V. E. des informations transmises au Comte de Bismarck par le Comte d'Usedom,

et d'après lesquelles le Prince Napoléon se serait autorisé du nom de l'Empereur Napoléon pour déconseiller au Gouvernement du Roi une alliance offensive et défensive avec la Prusse. L'Ambassadeur de France, interpellé à ce sujet par le Président du Conseil, a été autorisé à lui donner lecture d'une dépeche officielle qui dément complètement ce fait, en affirmant que le Gouvernement Français entend laisser entièrement à l'Italie sa liberté d'action, et n'a jamais essayé d'influencer le Cabinet de Florence dans un sens plutòt que dans un autre.

(l) -Con t. 129, pari data, La Marmora chiese a Nigra informazioni circa l'opinioné francese su questa proposta prussiana. (2) -Cfr. LA MARMORA, p. 153.

(l) Non pubblicato.

473

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 397/140. Londra, 11 aprile 1866.

Il Principe Latour d'Auvergne trovò i,eri Lord Clarendon molto malcontento delle notizie che riceveva da Berlino e da Vienna le quali indicavano sempre più alla guerra. Mentre non si tenevan per serie le parti della corrispondenza diplomatica che potevan al pubblico parer indizii di pace. Diffatti nè la diplomazia nè gli uomini politici prendon sul serio un Parlamento col suffragio universale sotto gli auspicj del Conte Bismarck il quale è accusato di voler intorbidare e pescare.

L'ultima nota Prussiana a Vienna produsse pessimo effetto, e scrive Lord Bloomfield che il Conte Mensdorff, dopo presane lettura, dichiarò che dovea oramai consigliar all'Imperatore d'andar avanti con gli armamenti.

Mentre scrive Lord Loftus che il Conte Bismarck è più che mai padrone della situazione e che disse al Re due partiti rimanergli: o far la guerra o mandar lui a spasso riconvocando il Parlamento fra un mese, ed aver il Re preferito il primo partito.

La Corte d'Inghilterra che prende le ispirazioni dalla Principessa di Prussia maltratta assai la politica di quel Ministro. E Lord Clarendon lascia in mezzo a molte frasi agrodolci trasparire quando discorre coll'Ambasciatore di Francia che in fondo il suo Governo è favorevole alle idee di guerra, che Bismarck si vanta di una segreta approvazione delle Tuileries, che la Francia volendolo si potrebbe impedir quella guerra in Germania non solo ma esercitar pressione a Firenze onde impedir che s'aggiunga olio alle fiamme. Clarendon torna continuamente alle allusioni sulle dichiarazioni francesi fatte anteriormente che ove avessimo fatto guerra all'Austria lo avremmo fatto ai nostri risques et périls.

Il Principe risponde non essere identiche le circostanze. Trattarsi allora di una guerra mossa da noi e nella quale avressimo messa a repentaglio la pace d'Europa. Invece qua chi metteva la pace in pericolo erano i Tedeschi. Potevasi dunque dar consigli. E non dubitava che si dessero, ma non trovar strano che si cogliessero le opportunità. Lord Clarendon rispose esser queste sottigliezze ed arguzie che lasciavan la cosa all'istesso punto. Ma il Principe ripetè il suo asserto. Naturalmente quel che conturba Lord Clarendon si è il diventar il conflitto austro-prussiano una guerra universale in cui potrà pur anche trovarsi in ballo l'esistenza del Belgio. E credo che nella sua visita in questi giorni, il nuovo Leopoldo siasi mostrato non poco inquieto di tutte queste complicazioni: ed abbia presa anche questa occasione per mettersi personalmente in comunicazione coi Ministri Inglesi onde saper il loro modo di pensare.

Dimenticavo di aggiungere che quando Lord Clarendon andava sottomano spingendo l'ambasciatore a consigliarci l'astensione, questi rispose che questo sarebbe possibile ove ci si potesse far veder prossimo il completarci con uno scambio. Non altrimenti.

474

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 78. Pietroburgo, 11 aprile 1866 (per. il 19).

M'É:tant rendu, avant-hier, chez le Prince Gortchacow sous le prétexte de le féliciter à l'occasion des fetes de Pàques, j'ai amené la conversation sur les rapporis e n tre l'Autriche et la Prusse.

Voici dans Quels termes il s'est exprimé à cet égard.

« Les déclarations réciproques des deux Cabinets -chacun rejetant loin de soi le soupçon de vouloir viole:r la paix -ont écarté pour le moment le danger d'une guerre imminente. Mais la situation est toujours très tendue, inquiétante. Au lieu de restreindre le différend dans les limites les plus étroites, le Comte de Bismarck vise à lui donner une extension déplorable par un pian de réforme fédérale. Il se dit mon élève, mais il a mal profité de mes leçons. Je ne lui ai pas caché ma manière de voir. Pour un homme d'état conservateur et monarchique, il jouerait un ròle aussi étrange que dangereux. Il ne saurait compter sur les Souverains et les Gouvernements des Etats secondaires, intéressés à la conservation de leur autonomie. Pour faire triompher sa politique, pour écarter du pacte fédéral les dispositions qui contrarient la Prusse, il devrait donc s'appuyer, à défaut du paPti libéral dont il s'est aliéné les sympathies, sur des partis plus avancés, et provoquer ainsi une manifestation d'un caractère passablement révolutionnaire. Au milieu des récriminations sur l'initiative et le chiffre des armements, il est assez malaisé de démeler la vérité. L'Autriche prétend n'avoir envoyé que 10 bataillons en Boheme, tandis que la Prusse soutient que 80/m hommes y ont été concentrés dans un but évidemment agressif. Je viens d'expédier au Comte de Stackelberg l'ordre de se mettre sans retard en mesure de me faire connaitre ce qui en est réellement. En attendant, un fait essentiel c'est qu'on a gagné du temps. Un esprit de sagesse, ou bien le simple hasard, amènera peut-etre quelque transaction acceptable. Au reste, tant que les premiers coups de canon n'auront pas été échangés, je me refuse à croire à la guerre. Aussi, jusqu'à preuve contraire,

je suis d'avis que le Charivari juge fort bien la situation par un des croquis

de so n dernier numéro •.

Quoique la citation de Cham rentre dans le genre bouffon, je joins ici

son croquis, parceque le Prince Gortchacow s'y est en quelque sorte référé (1).

Plaisanterie à part, le langage du Vice-Chancelier, surtout quand je le compare à celui qu'il a tenu au Baron de Talleyrand, m'a laissé l'impression que, vis-à-vis de moi, de crainte de jeter de l'huile sur le feu, il évitait de trop assombrir le tableau. En effet, d'après ce qu'il a dit à l'Ambassadeur de France, • M. de Bismarck, après avoir lu la dépeche autrichienne du 31 mars, s'est écrié: « ce ne so n t que d es mensonges ". Sa réplique à Vienne a été tres sèche. C'est le triomphe de la démence qui pousse l'une contre l'autre les Puissances Germaniques. Du reste, il n'y a rien qui doive nous étonner si M. de Bismarck continue à aller de l'avant. Sauf l'Autriche, la plupart des autres Etats ne cherchent pas sérieusement à enrayer sa marche •.

Le jugement du Ministre lmpérial des Affaires Etrangères n'est pas sans valeur, car il doit refléter les premières nouvelles reçues de Berlin et de Vienne sur l'accueil fait aux lettres autographes adressées par le Czar, en date du 2 avril, à l'Empereur François-Joseph et au Roi Guillaume, pour precher la concorde. Mais l'autorité de l'Empereur Alexandre n'est pas celle qu'exerçait son Auguste Père aux journées d'Olmutz. Le prestige de la Russie, depuis la guerre de Crimée, a considérablement faibli, et chacun sait que, si elle travaille au maintien de la paix, c'est bien plus par nécessité de position, que miìe par les intérets de ses voisins. Aussi, en recevant la missive qui lui était apportée par le Général Richter aide de camp de l'Empereur Alexandre, l'Empereur d'Autriche avait-il laissé entendre qu'avant d'y répondre il devait attendre la réplique du Cabinet de Berlin à la Note du Comte Karoly, du 31 mars. Nous apprenons que cette réplique a été raide, lors meme que le Colone! de Schweinitz, attaché militaire de Prusse à St. Pétersbourg, eiìt déjà remis à son Souverain la lettre de son Auguste Neveu. Au reste, les critiques du Prince Gortchacow à l'adresse de M. de Bismarck, prouvent assez qu'on est mécontent ici de ce Ministre, qui tenu compte d'aucun des conseils de la Russie sur la question des Duchés de l'Elbe, qui s'est prononcé pour la réunion des conférences à Paris avant que d'ici on y eiìt donné l'assentiment, et qui se range du còté de la France en faveur de l'union des Principautés Danubiennes.

Certaines personnes prétendent que, par sa démarche auprès des Cours de Vienne et de Berlin, le Czar aurait eu pour mobile le désir de rétablir les bases de la Sainte Alliance. Mais cette supposition me parait absurde. Ce serait méconnaitre complètement l'esprit de notre époque et préparer une coalition de l'Occident. Cette tentative, le bon sens l'indique, n'a d'autre but que de prévenir l'incendie dans l'Europe Centrale, d'éloigner les chances de graves complications qui imposeraient à la Russie tout en la laissant sur l'arrière plan, des dépenses considérables et doublement onéreuses dans l'état actuel de ses finances, pour la siìreté de ses frontières. On parle également d'une mé

diation offerte par la Russie et acceptée par la Prusse. Je n'ai rien appris de

semblable, ni auprès de mes collègues, ni au Ministèl'e des affaires étrangères.

Dans mon entretien avec le Prince Gortchacow, j'ai parlé de mes soins scrupuleux à renseigner mon Gouvernement sur la situation, pour lui écrire la vérité, rien que la vérité. En effet, disais-j,e, nous continuons à nous abstenir de tout ròle provocateur, mais, si une lutte éclatait entre la Prusse et l'Autriche, nous devrions prendre conseil de nos intéréts, conformément à notre programme, dicté non seulement par un esprit national, mais par le sentiment de notre sécurité. Dans tous les cas, la présence aux affaires du Général de La Marmora est une garantte contre des coups de tète, contre toute attitude imprudente •.

Le Prince Gortchacow me laissait clairement entendre que nous n'atten

dions que le moment des hostilités pour opérer contre les Autrichiens dans

la Vénétie.

N'ayant pas un seui mot d'instruction sur cette phase importante que nous traversons, je. me suis abstenu de toute autre considération. Qu'il me soH cependant permis, vu l'expérience que j'ai pu acquérir après un séjour de plus de 12 années en Prusse, d'inviter V. E. à se faire remettre deux dépéches, d'une nature très secrète, que j'ai remises moi-méme à M.le Comte Pasolini à la fin de 1862. Elles portent la date des 20 et 22 décembre, Série Politique, confidentielle et réservée, N. 434 ,et 435 (1). Elles semb1ent écrites pour la situation actuelle. Approuvées alors par le Conseil des Ministres, elles tracent la marche à suivre, soit vis-à-vis de la Prusse, soit vis-à-vis de l'Autriche, dans des circonstances analogues.

En attendant, l'Ambassadeur de France a parié pour la paix et le Ministre de Prusse pour la guerre. Il est vrai que l'enjeu n'est que de 40 francs!

(l) Non si pubblica.

475

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 12. Monaco, 12 aprile 1866 (per. il 16).

La proposta fatta dalla Prussia alla Dieta federale nella seduta del 9 aprile, tendente a radunare un Parlamento tedesco, sortito dal suffragio universale, che esamini e deliberi sui progetti di una nuova Costituzione federale, concertata tra i Governi di Germania, non è stata accolta col massimo favore in Baviera.

Dopo che i gabinetti di Vienna e Berlino avevano aderito al progetto conciliativo, presentato dal Barone von der Pfordten, nella sua nota del 31 Marzo, si lusingava questo Ministro degli Affari Esteri di vedersi conservare l'iniziativa dei negoziati, sia sulla riforma federale, sia sulle cause stesse che minacciano sempre di una guerra tra le due grandi Potenze. Allorché il Ministro Prussiano, qui residente, venne a informarlo nella sera dell'8 corrente, della intenzione del suo Governo di fare a Francoforte la proposta soprain

dicata, il Barone von der Pfordten non poté nascondere la sua, poco gradita, sorpresa per vedersi torre così bruscamente dal Conte Bismarck il frutto di quella iniziativa, direi quasi di mediazione, che il giorno innanzi era riuscito a fare accettare; ma, onde non correre il rischio di una contradizione che avrebbe potuto avel'e le più serie conseguenze, dichiarò al Principe di Reuss che era disposto ad accettare l'esame della proposta Prussiana.

Questa stessa mozione che, nell'animo del Ministro Prussiano, sembra avesse per iscopo di assicurarsi l'appoggio del partito liberale germanico, non raggiunse pienamente il suo effetto, almeno fino ad ora, in Baviera. Mi risulta infatti da diverse conversazioni a tal uopo, avute con alcuni capi di quel partito, che molto si diffidano di una proposta, sebbene in se stessa popolare, ma presentata da un Ministro che non isdegna ricorre ai mezzi più retrivi nella interna amministrazione: come mai, essi mi dicevano, ammettere che il Conte Bismarck si sottometterà a Francoforte alla decisione di quegli stessi deputati ai quali non concede neppure la libertà della parola a Berlino?

Molti poi sospettano non sia questa una di quelle manovre, così famigliari all'abile Ministro Prussiano, per ottenere ciò che nol poterono le sue note diplomatiche, e rifiutano per ciò di prendere sul serio la sua ultima proposta fatta alla Dieta federale.

Che giusti siano o no i calcoli che la prevenzione sa qui creare contro tutto ciò che in questo momento viene da Berlino, credo mio debito di farne cenno a V. E. come uno dei sintomi della situazione attuale, la quale fino ad ora è lungi dall'essere rassicurante, sia per l'attitudine sempre bellicosa che conservano fino ad oggi tanto l'Austria che la Prussia, sia per tutte quelle complicazioni, anche interne, alle quali può dar luogo la riforma propugnata dal Conte di Bismarck.

(l) Cfr. Serie l, vol. III, nn. 265 e 271

476

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CTFRATO S.N. Belgrado, 12 aprile 1866.

J'ai eu un long entretien intime avec Garachanine sur la situation politique du pays et en voici, Excellence, le résumé.

La politique que suit dans ce moment la Russie dans les Principautés Danubiennes n'est pas en harmonie avec celle que cette puissance suit vis-à-vis de la Serbie. Garachanine a déjà eu l'occasion de le faire remarquer à mon collègue de Russie. L'intéret incontestable de la Servie, dit Garachanine, veut que les Principautés soient unies, sagement gouv,ernées, et fortement organisées.

Cet intéret doit etre, selon lui, aussi, celui de la Turquie; tandis que la la Russie a un intéret contraire, elle doit vouloir que la porte des bouches

d.u Danube ne lui soit pas fermée.

• Je ne vous cache pas, dit il, que je suis inquiet sur la situation réservée à la Serbie. M. Longworth parle beaucoup d'une combinaison, par la quelle la Sublime Porte céderait les Principautés Unies à l'Autriche, ou consentirait à leur union, mais à la condition que l'état politique actuel de la Serbie soit modifié. Le Pacha de la forteresse dit la meme chose. Je veux bien croire que tout ceci ne soit que la désir ou l'opinion particulière de M. Longworth, et du Pacha; mais alors comment se fait-il que l'Indépendance Belge prétendait que l'Angleterre avait proposé à la conférence de Par,ìs l'annexion des dites Principautés à l'Autriche, pour arranger la question de la Vénétie? Il se peut que ceci ne soit qu'un canard; mais ce canard viendrait si bien à l'appui des paroles de M. Longworth et du Pacha, qu'il justifierait jusqu'à un certain point mes appréhensions. Qu'on ne s'y trompe pas, la Serbie veut rester tranquille, elle ne veut pas commettre des imprudences; elle ne veut rien brusquer, elle n'est pas impatiente; elle veut attendre le cours naturel des événements, et s'occuper en attendant du progrès et de la prospérité du pays; car elle pourra recueillir le fruit de sa persévérance et de sa sagesse. Aussi, aux offres d'alliance que le Gouvernement provisoire de Buckarest m'a fait faire en prévision de certains événements, j'ai répondu qu'une alliance entre les deux pays m'était chère,

mais que le temps n'était pas opportun; seulement lorsqu'il y aura dans les Principautés Unies un Gouvernement régulier bien stable et fort, il sera temps de penser à une alliance; que pour le moment ce qu'il y avait de plus pressant à faire c'était de bien gouverner le pays, de maintenir l'ordre afin de aider les efforts que font les puissances qui sont favorables à l'union pour la réaliser. Je lui ai recommandé de se tenir tranquille, car nous devons etre heureux, à moins de circonstances imprévues tout à fait favorables, de rester pour longtemps encore sous le vasselage de la Turquie. Il faut moraliser le pays, il faut l'organiser. Voila ce que je pense ètre le plus urgent. Mais la Serbie, tout en étant disposée à observer strictement, comme elle l'a fait jusqu'ici ses devoirs de vassale de la Sublime Porte et à ne créer aucun embarras à sa Suzeraine, ni aux Puissances garantes, est cependant bien décidée à verser sa dernière goutte de sang pour deféndre sa nationalité et ses franchises. Si on y toucherait nous embraserions l'Ori!ent. Supposez, me dit-il, qu'on annexe les Pdncipautés à l'Aurtriche; ce serait un malheur pour nous. Mais comme nous ne pourrions à nous seuls l'empecher, si personne ne nous aide, nous en ferions notre deuil. Mais si comme compensation de cette annexion ou du consentement que la Sublime Porte pourrait donner à l'union des Principautés, on ferait des concessions à la Turquie à notre préjudice, il ne resterait à la Serbie qu'à choisir entre une mort lente et indigne d'un peuple brave et une mort violente, mais glorieuse; et soyez en bien sur, elle préfèrera toujours cette dernière. Jamais nous ne sacrifierons volontairement nos aspirations de nationalité et d'indépendance ».

Garachanine ne comprend pas l'entente qui paraìt exister actuellement entre la Russie et la Turquie; mai il ne la croit pas favorable à la Serbie, à moins de certains événements qu'il ne m'a pas expliqués. Je crois qu'il veut faire allusion à une guerre où la Turquie et la Russie seraient alliées pour se défendre contre l'annexion des Principautés, car, dit-il, dans ce cas la Serbie serait avec ces deux puissances.

Garachanine m'a dit aussi qu'il a conseillé au Gouvernement de Buckarest de proclamer un Prince, n'importe s'il n'appartient pas à des familles Souveraines, pourvu qu'il soit intelligent et énergique: mais pour cela il faut qu'on soit assuré d'avance de son adhésion et qu'il ait le courage de se mettre à la tete

de la nation, sans attendre l'issue des conférences. Voila Excellence l'opinion

de Garachanine.

Par quelques mots échappés à Garachanine je me suis persuadé qu'il existait vraiment une alliance entre 1e Prince Couza et le Prince Michel: alliance qui comme V.E. le sait, n'a jamais été avouée par Garachanine.

J'ai demandé au Consul Russe ce qu'il pensait du rapprochement, voir meme de l'intimité qui existe maintenant entre la Russie et la Turquie, • Je crois, me dit-il, que cela n'est pas sérieux •. Je lui ai répondu • Je crois que la Turquie veut se faire payer par ce moyen plus chères les concessions que dans le fond de son coeur elle est peut-etre déjà disposée à faire à l'égard deS! Principautés Roumaines.

Ainsi, Excellence, j'ai eu raison de croire que l'inquiétude que les paroles de M. Longworth et du Pacha ont fait naitre dans Garachanine n'était pas étrangère à l'envoi de M. Marinovitch à Paris. (Voir rapport confidentiel du 2 courant) (1).

477

KOSSUTH AL SEGRETARIO GENERALE DEGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 12 aprile 1866. La situation est assez tendue pour permettre d'envisager la possibilité d'une guerre e n tre l'Autriche et la Prusse. Il arrive quelque fois en politique, qu'on se trouve trop avancé pour pouvoir reculer. Il se pourrait donc, qu'on en vienne aux mains, si toutefois on obtient l'assurance qu'on n'aura pas la France contre soi. Et pourquoi ne l'obtiendrait on pas? Si les deux grandes puissances Allemandes veulent bien se charger du soin de s'affaiblir réciproquement la France ne saurait ne pas s'en féliciter. Elle n'a que rester neutre et quelle que puisse etre l'issue de la guerre quelque chose lui en l'eviendra, sans avoir à bouger du camp de Chalons. Jamais l'intérét n'était plus clair; jamais ligne de politique mieux dessinée. C'est surtout cette considération qui me fait pencher à croire à la possibilité d'une guerre. Je ne dis que • possibilité •. Je dirais: «probabilité » si l'Empereur Napoléon n'était toujours fourré dans cette malencontreuse affaire de Mexique. Et si cette guerre se faisait je ne puis m'empècher de croire que l'Italie, ne le voudrait elle pas meme, serait entrainée par la force des événements à en profiter; à moins que l'Autriche ne veuille lui vendre Vénice -c'est ce qu'elle ne fera certes pas. Il est donc naturel M. le Commandeur, que je sois anxieux de savoir si dans l'hypothèse d'une guerre éventuelle U est ou non dans l'intention du Gouvernement de donner suite • en principe • à l'accord que j'avais eu l'honneur

d'arranger avec feu le Comte de Cavour au mois de Septembre 1860; accord, qui approuvé par le Conseil des Ministres (dont M. le Ministre actuel des

travaux publics faisait partie) et sanctionné per S.M. le Roi se trouve dans les Archives secrètes de l'Etat.

Je dois etre d'autant plus anxieux de m'orienter à cet égard puisque, en vue des tentatives de transaction qui se poursuivent en Hongrie, j'ai cru devoir interpeller mes amis politiques, de me faire savoir à quelle conduite ils s'étaient décidés pour le cas d'une guerre.

Ainsi interpellés ils viennent me mander qu'avant de répondre à ma question, ils tiennent à savoir s'ils peuvent encore compter ou non sur le maintien de l'accord de 1860.

Les terribles malheurs domestiques qui m'ont frappé m'ayant empèché de présenter mes respects à M. le Général La Marmora, je n'ai pas l'honneur de Lui ètre personnellement connu.

Je ne puis donc pas m'adresser directement à S. E. Mais personne mieux que Vous, lVI. le Commandeur, n'est instruit des antécédents.

Vous connaissez la nature de mes relations antérieures avec le Gouvernement Italien. Vous connaissez à fond la politique que le Comte de Cavour avait adoptée, et à la quelle quatre Ministères qui lui succédèrent avaient en principe toujours adhéré, à l'égard de la Hongrie. Vous Vous étiez mème dévoué avec toute l'énergie patriotique qui Vous est habituelle à seconder cette politique.

Il se pourrait bien que lVI. Le Général, Président du Conseil des Ministres ne soit pas tout à fait instruit de ces antécédents.

Permettez moi de Vous prier de vouloir l'en informer.

Et accordez moi la g:-ace de m'orienter (ne serait ce q_ue par un simple oui ou non) s'il est dans l'intention du Gouvernement de tenir encore compte en principe des arrangements convenus en 1860 ou bien les avons nous à considérer comme non avenus?

Je tiens à me préserver de tout malentendu. Je n'ai pas la moindre prétention de pénétrer les secrets du Gouvernement par rapport à la situation. La confiance ne se commande point. D'ailleurs -pour parler franchement -je suis convaincu que concernant la question: s'il y aura ou non une guerre? personne meme à Florence ne sait rien de positif. Ca dépend des circonstances, dont la tournure peut changer d'un moment à l'autre. Donc la q_uestion que je me suis permis de vous adresser est entièrement indépendante des complications actuelles. J'en fais abstraction. Tout au plus me servent elles comme un « àpropos • pour tacher de m'éclaircir sur ce qui me regarde.

Il y a deux motifs qui m'y poussent.

D'abord il y a celui: Beaucoup de choses ont changé dépuis la mort du Comte de Cavour, tant ici qu'en Hongrie. Là comme vous savez le parti de transaction a le dessus, pour le moment. Ceux qui ne sont pas favorables à une transaction se trouvent condamnés au silence. Mais le moment approche où eux aussi dev~;ont faire leur choix. Pendant des années je me suis efforcé de soutenir leur foi chancelante dans les suites logiques de la communauté des intérets de nos deux pays. Mais il se peut que ma manière d'envisager l'avenir, n'est pas celle du Cabinet actuel de Florence. En tout cas, des raisonnements théoriques, des vagues espérances ne sauraient plus répondre aux exigences impérieuses de la crise, où la Hongrie se trouve engagée. Ma conscience ne

me permet pas de bercer mes amis politiques dans les illusions. Si je ne leu::

peux pas dire sur quoi ils peuvent compter de dehors, je dois leur dire, que,

abstraction faite des éventualités, que personne ne saurait prévoir, ils n'ont

qu'à compter sur eux mèmes. Et alors, comme alors.

J'ai encore un autre motif qui m'est particulier. En venant habiter l'Itali6

sur l'invitation du Comte de Cavour j'ai brisé tous les liens sociaux, qui adou~

cissaient ma vie d'exilé. L'homme et le père de famille s'effaça devant le

patriote. C'était mon devoir et quand il s'agit d'un devoir je n'ai pas coutume

de compter les sacrifices.

Mais du moment où mon séjour en Italie ne peut servir à ma patrie; je n'ai

aucun motif pour le prolonger.

En m'en allant je n'emporte que des douleurs inconsolables, désormais

les seuls compagnons de ma vie désolée; je n'emporte avec moi le moindre

souvenir de consolation, de sympathie.

En Angleterre je n'étais pas un étranger.

Ici je le suis.

Aucun lien ne m'attache à I'Italie, si le devoir de patriote a cessé.

C'est pourquoi je Vous demande la grace de m'orienter.

Dans l'espoir que Vous ne me refuserez pas la lumière qui doit guider ma

résolution...

(l) Non pubblicato.

478

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 134. Firenze, 13 aprile 1866, ore 14,10.

Attendons purement et simplement réponses autres Etats; ensuite nous prendrons décision probablement pour retard exéquatur et interdiction pavillon dans nos ports, mais veuillez ne pas reparler de reconnaissance, ni interpeller à ce sujet ministre de Hanovre ni Bismarck (1).

479

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 213. Francoforte, 13 aprile 1866, ore 14,05 (per. ore 15,10).

On a cru ici que la motion prussienne portée le 9 à la Diète serait un dérivatif dans la crise actuelle. Maintenant d'après ce qui est écrit de Vienne et surtout de Paris la guerre est considérée comme inévitable, imminente.

(l) Con r. 34 del 16 aprile Barrai informò di non avere parlato più di questa que~ stione col ministro di Hannover né con Bismarck e aggiunse: « En venant me faire part de l'empressement que mettrait son Souverain à recevoir un Représentant d'Italie, le Ministre d'Oldenbourg m'a confié (sous le plus grand secret, m'a-t-il dit) que le Hanovre, avec une perfidie qui ne peut se comparer qu'à sa mauvaise foi, avait mis tout en oeuvre auprès de la Cour d'Oldenbourg pour lui faire adopter son inqualifiable ligne de conduite dans son récent procédé à notre égard, mais que le Due avait refusé de s'associer à une politiqueaussi peu loyale, et avait tenu ferme •.

480

!L PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL (A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 155)

T, Firenze, 13 aprile 1866, ore 21.

Vous me dites que M. de Bismark aurait repoussé déjà, s'il n'était pas indisposé, l'intimation de désarmement faite par l'Autriche; mais dites-moi où en sont les armements de la Prusse, car nous l'ignorons.

Croit-on que M. de Bismark, par sa proposition d'un Parlement allemand, se ralliera l'opinion publique allemande? Est-il vrai que Bavière, Bade et Weimar ont accepté cette meme proposition?

Vous connaissez l'énorme baisse de tous les fonds publics et surtout des n6tres, causée par la croyance à une guerre imminente, comme Rati entre autres le mande de Francfort. Qu'en pensez-vous? Répondez par télégraphe.

481

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, TECCIO DI BAYO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 215. Bucarest, 14 aprile 1866, o1·e 7,10 (per. ore 8,25).

Pour empecher désordres qu'on craint voir éclater et vu refus belge, lieutenance princière et Ministère proposent prince de Romanie Hohenzollern. On m'assure que troubles sérieux ont eu lieu hier à Jassy.

482

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 320. Parigi, 14 aprile 1866 (per. il 17).

Le grandi discussioni sulla politica estera ed interna sono terminate e le due Camere si occupano attualmente dell'esame di leggi speciali che attirano meno delle altre la pubblica attenzione. Credo tuttavia opera non inutile di riassumere brevemente i risultati delle discussioni dell'indirizzo, per desumere qualche criterio abbastanza sicuro sullo stato attuale degli animi in Francia.

Due questioni preoccuparono soprattutto il Senato ed il Corpo legislativo:

la questione romana e le riforme interne. Dopo la lunga ed animata discussione

che la Convenzione del 15 settembre aveva suscitato l'anno scorso nelle due

Camere francesi, si sarebbe potuto sperare che quest'anno vi fosse una sosta

nella lotta dei partiti su questo argomento. Forse lo stesso Governo imperiale

divideva questa speranza, ed infatti niuno dei ministri oratori prese la parola

sul medesimo. Invece, non solo non si evitò la discussione, ma le tendenze

clericali si manifestarono con maggiore forza dell'anno scorso, ed il Corpo legi

slativo pronunciò quest'anno apertamente quelle parole di • sovranità tempo

rale » che l'anno scorso erano state abilmente eliminate dal testo dell'indirizzo.

Molte sono le cause di questo fatto, ed io mi limiterò ad accennare solo le

principali.

Il suffragio universale ha dato alle popolazioni rurali la prevalenza numerica sulle popolazioni delle città. Ora, se in queste le tendenze liberali sono largamente rappresentate. presso gli abitanti delle campagne il clero ha conservata gran parte della sua influenza. Ma oltre a c1ò una parte rilevante della borghesia è spinta a fal'e alleanza col clero dalla paura che nuove rivoluzioni vengano a sconvolgere l'ordine sociale ed a rimettere in questione la famiglia e la proprietà. Dura tuttora, malgrado che sieno trascorsi più di tre lustri, la memoria delle agitazioni provate nel 1848, e questa mantiene in coalizione permanente tutte le frazioni del partito conservatore. Nella questione romana soprattutto occorre un'elevatezza d'idee non comune per comprendere che non si tratta solo dell'interesse d'Italia, ma di quello della libertà e della civiltà d'Europa. Agli occhi di molti uomini di Stato francesi, anche di quelli che hanno convinzioni liberali, il diminuire l'autorità del Papato equivale a rinunciare ad una delle più potenti dighe che possano opporsi al disordine ed all'anarchia. Inoltre è vecchia tradizione della politica francese di fare dell'alleanza col Papato uno dei mezzi d'influenza della Francia all'estero; acconsentire alla caduta del potere temporale è per questi uomini politici rinunciare a gran parte dell'influenza francese sulle popolazioni cattoliche, specialmente in Levante.

Queste ragioni spiegano perché la Francia sia in realtà meno avversa alle tendenze clericali di quanto lo si pensi generalmente in Italia. Rimane a spiegare perché queste tendenze si sieno manifestate quest'anno con impeto anche maggiore degli anni scorsi. Ma anche di ciò non è difficile, secondo me, di trovar ragione. Quanto più si avvicina l'epoca in cui pel richiamo delle truppe francesi il Papato non potrà più fare assegnamento che sulle forze proprie, tanto più si fa vivo nel partito ultra-cattolico il sentimento dei pericoli a cui rimane esposta l'istituzione che è di quel partito la personificazione completa. Dall'un lato infatti, il Governo italiano mantenne l'interpretazione da lui data alla Convenzione del 15 settembre; dall'altro il tempo trascorso da quella memorabile stipulazione non recò con sé un progresso notevole nella via della riconciliazione fra l'Italia ed il Papato. Il sentimento dei pericoli che si credono imminenti accresce naturalmente la veemenza della difesa. E neppure si deve dissimulare che qui si è piuttosto propensi a giudicar l'Italia più severamente che nel passato. Noi non dobbiamo né stupirei né lagnarci di ciò. È naturale che all'Italia, che ha ormai conquistata la propria indipendenza, si attribuisca quella responsabilità morale e politica che incombe ad ogni popolo ch'è signore di sé: è naturale che ci si chieda conto delle nostre condizioni interne, delle nostre finanze, dell'uso che l'Italia fa della propria indipendenza. Alla simpatia viva e profonda che niun popolo incivilito, e la Francia meno che gli altri, niega ad una nazionalità infelice ed oppressa, succede ora un esame, che non sempre può essere abbastanza accurato· ed imparziale, di quelle infinite difficoltà d'ordine secondario che ogni Governo trova sulla sua via quando si passa dalla fase entusiasta della rivendicazione dell'esistenza nazionale all'opera lenta e penosa del riordinamento interno. In tal modo io comprendo che essendo cresciuta la veemenza dei nostri avversari, non cresciute forse d'altrettanto le simpatie per la causa italiana, il partito ultracattolico abbia potuto ottenere nel Corpo legislativo una dichiarazione più esplicita dell'anno scorso in favore del potere temporale del Pontefice.

Queste considerazioni mi parvero necessarie per spiegare in qual modo sia avvenuto che il Corpo legislativo siasi mostrato più favorevole all'istituzione politica della Chiesa romana nel tempo stesso in cui si ridestavano in molti dei deputati francesi gli spiriti liberali e si fecero più numerose e solenni le domande per l'ampliamento delle libertà all'interno. Certo io non assumerò di giustificar la condotta di quegli uomini politici che vogliono negare ai romani il diritto alle franchigie politiche di cui chiedono in Francia il più completo svolgimento: né la logica né l'imparzialità sogliano essere le qualità dei partiti. È noto che parecchi fra i più veementi fautori del partito clericale votarono in favore dell'emendamento proposto dal Signor Buffet ed accettato da sessantatre deputati. Non è infatti il numero, ma la qualità dei votanti che costituisce l'importanza di questo voto. Oltre i diciotto membri dell'estrema sinistra, votarono per l'emendamento molti deputati dei quali il Governo favorì l'elezione e che furono finora ed intendono rimanere devoti alla persona dell'Imperatore. Quei deputati dichiararono di non voler costituire un'opposizione al Governo, ma di volere anzi atteggiarsi come mediatori fra il Governo stesso e la nazione la quale reclama un'applicazione più larga e sincera dei principii dell'89. Ho segnalato nei miei precedenti dispacci l'importanza della formazione di questo partito e l'influenza ch'esso può essere chiamato ad esercitare nell'avvenire. È innegabile infatti che da qualche anno in qua si ridesta nelle popolazioni francesi un bisogno vago ed indefinito di maggiori libertà; questo desiderio non è provato solo dagli uomini appartenenti agli antichi partiti ed irreconciliabili col Governo imperiale; esso si manifestò dapprima nelle elezioni di Parigi, di Lione, di Marsiglia, poi in altre città di provincia, e qualche volta avviene che anche nelle campagne il Governo non riesca ad escludere i deputati dell'opposizione. L'Imperatore ha già fatto spontaneamente una concessione grandissima a queste tendenze liberali accordando col decreto del 24 novembre 1862 la discussione dell'indirizzo; il moto in favore delle riforme si estese d'allora in poi sempre più e si fece di quella concessione un argomento assai efficace per attenerne altre ulteriori. All'Imperatore non sfugg,e quanto è pericoloso il lasciare che i partiti nemici della sua dinastia si attribuiscano il monopolio esclusivo di queste idee liberali le quali esercitano pur sempre una seduzione irresistibile. Dall'altro canto gli ripugna di rinunciare a quell'iniziativa personale che gli pare necessaria per la grandezza e la dignità della Francia. Ma se le preoccupazioni della politica estera non creano una potente diversione alle inquietudini della politica interna, l'Imperatore s'indurrà forse a modificare le leggi sulla stampa e ad accordare alle Camere il diritto d'interpellanza. Tale almeno è il giudizio che uomini non avversi al Governo imperiale fanno dell'odierna situazione politica della Francia, e mi pare opportuno che il Governo del Re la conosca con esattezza nel momento in cui importanti avvenimenti politici paiono prossimi a compiersi in Europa.

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IL MINISTRO A BERNA, MAMIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 3. Berna, 14 aprile 1866 (per. il 18).

Chiedo scusa a V. E. di aver differito di più giorni a rispondere al suo telegramma delli 10 corrente (1), ma stimai necessario di attinger notizie da Ginevra medesima dove è supposto dover accadere il congresso dei capi della demagogia europea. Ora, per mancanza di cifra, io non potetti telegrafare colà al nuovo Console Signor Gambini, com'egli pel difetto medesimo ebbe a usare della via della posta corriere, né prima d'oggi m'è pervenuta la lettera sua. Da questa risulta che la nuova del congresso non ha fondamento; « cette réunion, scriventi egli, ne saurait échapper à l'investigation toujours très éveHlée des habitants de notre vil1e et alors, par mes rapports avec diverses classes de la société, il est probable que j'en serais immédiatement prévenu.

En résumé si cette réunion, suivant moi peu probable, devait avoir lieu

V. E. peut-ètre assurée que je m'empresserai de l'en aviser sans perdre un instant ».

Non saprei che cosa levare alle negazioni del Signor Gambini, salvoché per l'avvenire io non giudico al par di lui poco probabile il raduno dei demagoghi in Svizzera e segnatamente in Ginevra. Là è un forte partito ultrademocratico capitanato dal Fazy e vi dimora buon numero di rifugiati polacchi e ungheresi, dirimpetto ai quali è un governo assai debole e di questa fatta cose tollerantissimo e di sua natura inchinato alla propaganda repubblicana. Ché anzi dove i timori e i preparativi di guerra aumentassero, credo al contrario del Signor Gambini, che in Ginevra o in Lugano raduni, congreghe, e cospirazioni di Mazziniani diventerebbero probabilissime; il che non vuol dire poi che se ne abbia a fare un gran caso e ad averne viva apprensione.

Ma come ciò sia non ho negletto dalla mia parte di spiar la faccenda per altri lati. E veramente, nessun indizio e sospetto ne aveva questa Legazione francese; invece l'austriaca n'era informata dal suo Governo forse nel giorno stesso che giungevami il telegramma di V. E. e so di buon luogo che nessuna conferma ha raccolto quella Legazione del fatto supposto. Per simile, inter

rogato da me il Signor Consigliere Federale che ha il carico della polizia m'ha risposto pure negativamente e aggiungeva ch'egU crede essersi preso un abbaglio e incontrato un equivoco. E vale a dire che alcuno abbia reputato congresso di demagoghi politici quell'adunanza internazionale di capi lavoranti la quale sta in fatto per radunarsi in Ginevra e forse nell'ora che scrivo è già congregata a discutere sugli interessi morali ed economici della classe operaia. Sul che avendo io mosso qualche dubbio al Signor Consigliere e mostratogli che la cosa potrebbe essere assai diversa dal nome che porta e sotto sembianza di congrega internazionale di lavoranti appiattarsi altra specie d'uomini o per lo manco altra specie di pensieri e discorsi, egli levatosi in piedi e cercato fra le sue carte, mi pose in mano la lettera del Signor Camperio, Direttore attuale della Polizia in Ginevra, e nella quale io lessi che realmente il Camperio è sicuro dell'innocenza di quel congresso e non vi entrare per niente la demagogia politica. Dopo ciò debbo soltanto porre in memoria a V. E. che questo Camperio medesimo è stato altra volta di pensieri eccessivi e legato a fildoppio con molti mazziniani.

V. E. giudichi di tutto ciò con la sua saviezza. A me par di conchiudere che in Ginevra per ora non sia indizio che succeda alcuna adunanza speciale di mestatori europei e molto meno sia per arrivarvi il Mazzini, che al presente credo di salute troppo mal .ferma. Quanto al congresso internazionale dei commissarj delle classi operaje, sarà utile di averci l'occhio. Non debbo dar fine a questi particolari senza avvertire V. E. d'una comunicazione fattami da persona autorevole e molto istruita e cioè che a questi giorni in !svizzera i cervelli più caldi in materia politica hanno per indiretto o per diretto buone e strette relazioni col gabinetto di Berlino. Sia la cosa strana quanto si voglia e incredibile, io ho stimato opportuno di farne a Lei questo cenno.

(l) Richiesta di informazioni su una riunione a Ginevra di estremisti di varii paesi con la partecipazione di Mazzini.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 155-156)

T. Berlino, 15 aprile 1866, ore 8,40 (per. ore 12,15).

La situation s'est de nouveau modifiée. L'Autriche a fait savoir à la Bavière qu'elle est prete à retirer ses troupes si simultanément la Prusse désarme.

M. de Pfordten en trasmettant cette déclaration à la Prusse lui a demandé en son nom que tout au moins elle consentit à suspendre ses armements, en faisant en meme temps paraìtre dans le Moniteur Prussien l'ordre de suspension.

L'on suppose que pour faire une pareille proposition il faut que la Bavière se soit mise d'accord avec l'Autriche qui se contenterait de cette petite satisfaction.

Reste à savoir ce que va faire Bismark. De toute manière nous n'avons pas à presser nos préparatifs militaires.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 155-156)

T. Firenze, 15 aprile 1866, ore 12,30.

Courrier arrivé hier au soir porteur votre expédition. Sa Majesté a signé ratification du traité et du protocole qui repartiront ce soir pour Berlin. J'ai lu projet convention militaire (l); la t~neur en général en est bonne, et le projet sauf quelque modification serait admissible le cas échéant.

Mais comme l'éventualité où les deux armées agiraient ensemble, est si non impossible, du moins très-éloignée, je crois, plus que jamais, qu'il ne nous convient de prendre actuellement aucune .initiative pour la conclusion d'une convention militaire.

Hier j'ai reproché à d'Usedom d'avoir écrit à Berlin que nous traitons avec l'Autriche. Il a voulu se justifier mais il était fort embarrassé. Tàchez pourtant qu'il ne soit pas rappelé pour cela car c'est un très brave homme mais il a été trompé (2).

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IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. P. 5. Carlsruhe, 15 aprile 1866 (per. il 19).

L'importante proposizione fatta dalla Prussia alla Dieta di convocare un parlamento Germanico eletto dal suffragio universale onde procedere col concorso di questo alla riforma della Confederazione, benché da taluno preveduta qual conseguenza della Nota Prussiana 24 marzo u.s., presentita da altri siccome l'unica via che restasse aperta innanzi al Signor di Bismark prima di scendere nell'agone, ha cagionato una viva sorpresa nel popolo, e nei Governi della Germania.

Il primo, poco fidente nel ridestato liberalismo del Conte Bismark, perché memore della condotta da lui tenuta rimpetto alle Camere Prussiane, dubita della di lui sincerità, e teme di avere a trovare in fondo a quella proposta nient'altro che un tranello.

I secondi, ignari per anco dell'estensione e della natura delle riforme che verranno proposte, intimoriti dal sospetto di vedere scatenata come nel 1848

t. -pari data (cfr. LA MARMORA, pp. 156-157): • C'est dans un moment d'humeur que M. Bismarck m'a parlé de rappeler Usedom, il n'y pense plus •.

la Democrazia, ravvisano in quella proposta una rappresaglia del Capo del Gabinetto di Berlino contro la fredda accoglienza fatta all'invito di dichiararsi in suo favore contro l'Austria. Per essi la proposta Bismark equivale al seguente dilemma: o accettarla, e così esautorarsi dinanzi un parlamento nel quale la Prussia avrà un'imponente maggioranza sia per causa della forza numerica della sua popolazione, sia perché incontestabilmente, venendo dal suffragio universale eletti gli uomini più liberali ne' diversi Stati, questi saranno inclinevoli alle tendenze Prussiane; o rigettarla, e così andar a ritroso della corrente della pubblica opinione, inimicarsela perciò, e suscitare probabilmente disordini e guai ne' proprii Stati.

Cotali dubbj, timori e sospetti ampiamente esposti e discussi in una numerosa adunanza di Membri della l" e della 2" Camera Badese, si concretizzarono in una interpellanza mossa jeri al 1\Iinistro degli Esteri dal Signor Ruies nella seconda Camera allo scopo di chiarire le intenzioni del Governo Granducale in ordine alla proposta Prussiana.

Il Barone di Edelsheim sorse due volte a rispondere. Dapprima disse, che la simpatia ed il desiderio dal Governo Badese nutriti per una rappresentanza nazionale popolare erano da lungo tempo conosciuti, e che perciò un tale proposito non avrebbe mai dal canto suo incontrata alcuna opposizione; che per quanto riguarda particolarmente la proposta or ora dalla Prussia fatta il Governo Granducale era 'disposto a trasmetterla ad un Comitato speciale perché fosse presa in considerazione: che per altra parte egli era evidente, come nello stato attuale delle cose il Ministero non potesse spiegarsi maggiormente. La seconda volta poi disse, che la convocazione di un parlamento nazionale popolare avrebbe sempre incontrato l'appoggio del Governo Granducale: che del resto, esso nulla avea in contrario alla mozione del Signor Ruies, la quale correva ne' seguenti termini: La Camera prendendo atto delle dichiarazioni fatte dal Ministro esprime la sua fidente aspettazione che il Governo Granducale darà opra efficace alla ristorazione d'una rappresentazione nazionale e centrale.

Questa mozione del Signor Interpellante fu votata da tutti i membri presenti, meno tre, i quali, dichiarandosi soddisfatti delle dichiarazioni del Barone Edelsheim, la ravvisarono superflua.

In questa tornata, che fu affollatissima, ancorché quasi improvvisata (giacché tale discussione venne intavolata senza essere stata il giorno innanzi posta all'ordine del giorno) ben sedici oratori sorsero a parlare, tra i quali taluno, e questi tra i più liberali, non risparmiò acri invettive all'indirizzo del Signor Bismark: l'opinione di tutti i varj membri si chiarì in massima favorevole alla proposta Prussiana.

Simili discussioni si apriranno, ed identici voti si emetteranno senza dubbio ne' varii Stati Germanici retti a Parlamento. Ma che perciò? Potrassi avere fondata speranza che popoli e Governi, convinti dell'utilità di un parlamento nazionale, edotti finalmente della necessità di recare nuova vitalità all'invalida Confederazione, sappiano alla fine decidersi a ridurre in atto quel potente ed universale desiderio? Non si può, non si deve egli prevedere e temere che tutto il buon volere, tutti gli sforzi dei patrioti tedeschi non vadano di bel nuovo ad urtarsi e far naufragio contro lo scoglio del dottrinarismo, od arenarsi contro la secca dell'egoismo dei singoli Governi?

Se m'avessi a rispondere a queste due questioni e lo facessi appoggiato alle impressioni che tutto dì ricevo nel piccolo Stato in cui mi trovo non esiterei un istante ad emettere un giudizio, che, almeno pel momento, sarebbe lontano assai dal corrispondere all'aspettazione, alle aspirazioni della Germania. Purtroppo vedo attorno a me formarsi una corrente d'opinioni che mostra trascurare il bene reale e possibile, mentre va in cerca d'un meglio immaginario! Putroppo giunge al mio orecchio, tra l'altro clamore d'entusiasmo sollevato nelle turbe dalla prospettiva di grandezza e potenza della madre patria, ove essa giungesse a costituire un parlamento nazionale ed un governo centrale supremo, il sommesso mormorio della diffidenza che spera di balzare quest'uno dal potere, si propone di vendicarsi di quell'altro, formola il programma di abbattere, distruggere rinnovare ogni cosa!

Sarà mai egli dato al Signor di Bismark, contro cui converge quell'universale diffidenza, di porre un argine a quella corrente riducendola a tentare il solo possibile? Riuscirà egli a sventare le trame arditegli contro dai liberali e soprattutto dai dottrinarj? Non sarà egli pel primo travolto nella bufera ch'egli stesso ha sollevato? In tal caso chi verrà dopo lui? Qual direzione prenderà il nuovo nocchiero?

Ecco i quesiti che si affacciano alla mente di chi tenta fissare lo sguardo nell'avvenire per potervi leggere la sorte della proposta Bismark, e quella, che ne dipende, della Germania: ma per quanto grande sia la curiosità, e scrutatore lo sguardo non è dato a nessuno di penetrare il velo che copre gli avvenimenti, dai quali la soluzione di quei quesiti dipende.

Quanto alla probabilità dei risultati finali della fase attuale, le persone, che si occupano di politica, colle quali ho avuto occasione di ragionare sull'argomento, mi hanno esternate tali idee e tali timori da suggerirmi la sintetica definizione di ottimiste e pessimiste. Alle prime sorride l'apologo: parturient montes .etc. Alle seconde sta continuo innanzi agli occhi lo spauracchio di una rivoluzione generale, di cui, a detta di molti, sono in ogni dove agglomerati e pronti gli elementi, e la prospettiva d'un cataclisma sociale in Germania.

Nella dolce lusinga di vedere dall'E. V. accolte colla solita indulgente be

nevolenza le sovraesposte mie apprezzazioni...

(l) -Ed. in GovoNE, pp. 477-480. (2) -Il telegramma è parzialmente edito anche in CHIALA, p. 121. Barrai rispose con
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 33. Berlino, 15 aprile 1866 (per. il 20).

La situation se modifie d'un moment à l'autre, et quoique mes télégrammes aient sommairement fait connaitre à V. E. les fluctuations auxquelles est incessamment soumis le conflit entre les deux Grandes Puissances Allemandes, je crois cependant devoir préciser avec un peu plus de détails la position médiatrice qu'a prise la Bavière entre les deux parties.

En adressant sa première Note à Vienne et à Berlin pour recommander la conciliation, le Baron de Pfordten avait pris pour point de départ les assurances données simultanément par les deux Grandes Puissances de n'avoir aucune intention agressive l'une contre l'autre. Cette première tentative n'ayant pas eu le succès qu'il en attendait, le Ministre des Affaires Etrangères de Bavière, qui, par parenthèse n'est pas faché de jouer un ròle dans les émouvantes circonstances du moment, est revenu à la charge, et, prenant toujours la meme base, a proposé un désarmement simultané. Sur ces entrefaites est arrivée la Note Autrichienne du 7, dont j'ai transmis la copie à V. E. (1), et à laquelle le Comte de Bismarck aurait immédiatement répondu négativement si une malheureuse indisposition ne l'avait mis dans ,l'impossibilité absolue de s'occuper de toute affaire. Toutefois, cette dernière Note était prete à partir hier au soir, lorsque le Baron de Pfordten a télégraphié que l'Autriche acceptait le désarmement simultané, en prenant en meme temps sur lui d'ajouter que la Prusse pourrait meme laisser ses armements dans l'état où ils se trouvaient actuellement, pourvu que par une Ordonnance Royale insérée dans le Moniteur Prussien, il fut expressement déclaré que l'on suspendait tout armement ultérieur.

Pour que M. de Pfordten, comme je l'ai mandé à V.E., se soit décidé à faire une semblable proposition, il faut évidemment qu'il se soit mis d'accord avec l'Autriche qui, à ce qu'il parait, se contenterait de cette légère satisfaction. Il est très probable que le Cabinet de Vi,enne s'est aperçu du mauvais effet produit par sa Note du 7 qui avait fait regarder la guerre comme inévitable par tout le Corps diplomatique ici, et que, mieux avisée aujourd'hui, elle veut en atténuer la portée dangereuse en se montrant prete à accepter les propositions Bavaroises.

L'on ne sait point encore ce que va répondre le Comte Bismarck, et quel accueil il va faire à cette nouvelle tentative de conciliation; mais l'on regarde cependant la situation comme étant quelque peu détendue, au moins en ce qui concerne le danger immédiat résultant de la question toujours si brulante d'armements.

D'un autre còté la malencontreuse indisposition du Comte de Bismarck rend la tàche beaucoup plus facile aux partisans de la paix à tout prix, et ici il y en a be,aucoup. La Reine et tout le parti de la Cour ont profité, avec beaucoup d'ensemble, de ces quelques jours où le Premier Ministre ne pouvait parler au Roi, pour peser sur l'esprit de Sa Majesté. Tous les efforts son1l concentrés pour amener la chute du Comte de Bismarck avec laquelle l'on est convaincu de voir disparaitre tout danger de guerre. Mais jusqu'à présent, malgré les bruits que l'on fait courir, il n'est pas encore ébranlé, et trouvera peut-etre bien, dans les immenses ressources de son esprit, un moyen de parer aux feintes douceurs de l'Autriche. Il est à présumer que, gràce à son initiative hardie, l'incident soulevé par M. de Pfordten ne marquera qu'un tems d'an·et, et qu'en supposant (ce qui est probable sans etre sur) qu'il abandonne le terrain des armements, il va donner uhe très grande impulsion à sa proposition de Parlement National, dont je me réserve de faire connaitre le véritable ca

ractère dans un prochain rapport, et qui, d'après l'aveu que m'en a fait, du reste, le Comte Bismarck lui-mème, est bien plus destiné à provoquer une lutte avec l'Autriche qu'à amener une entente, à peu près impossible entre tant de Gouvernemens, sur la Réforme fédérale.

P. S. -Aux détails donnés au commencement de cette dépèche sur la teneur du télégramme adressé hier soir par le Baron de Pfordten au Comte de Montgelas pour en donner lecture au Comte Bismarck, je dois ajouter que

M. de Pfordten appuie sur l'inutilité de se quereller sur la priorité des armemens après les déclarations pacifiques faites des deux còtés, et que maintenant toute raison plausible de guerre ayant disparu, la Bavière se mettrait contre l'agresseur.

(l) Con r. confidenziale 15, non pubblicato.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Pietroburgo, 15 aprile 1866.

En présence des allures hardies du Cabinet Prussien, l'Autriche gagne du terrain près la Cour de Russie. La situation est ,envisagée ici comme devenant de plus en plus grave et devant fatalement aboutir à la guerre, si Bismarck reste au pouvoir. Le Ministre Impérial à Berlin a été chargé de démontrer tous les dangers d'une politique taxée de aventureuse et de révolutionnaire. D'autre part, si le Roi congédiait son premier Ministre, Sa Majesté se trouvoerait rejetée vers le parti Autrichien. Les Etats secondaires paieraient les frais de la réconciliation, et la France y trouverait peut-etre aussi un prétexte d'intervention. Ainsi, les deux alternatives conduiraient également à la guerre.

On continue à ètre fort mécontent de la marche des Conférences du Danube: entre autres l'attitude de notre plénipotentiaire est critiquée. Au lieu de se borner à énoncer que l'Italie, conformément à ses principes de droit public, demande que les populations soient librement consultées, il a soutenu avec une insistance marquée la combinaison du Prince étranger. Il aurait mème fait bon marché d'un appel aux voeux des Principautés, en déclarant que ceci étant connu d'avance il serait superflu de recourir à une votation. On ne peut supposer qu'il veuille préparer la candidature d'un Prince de la maison de Savoie. Il jouerait le ròle d'un porte-voix de la France. Ce serait fournir les armes aux adversaires de l'Italie, lesquels cherchent à faire prévaloir l'idée que ce Royaume compromet l'équilibre Européen, au lieu d'en ètre une des conditions 'essentielles, puisqu'il se constitue le champ.ion et en quelque sorte l'appendice des vues françaises.

J'ai repoussé avec dignité ces critiques et ces insinuations qui m'ont été signalées par des persornnes ayant la confiance du Prince Gortchacow. Mais j'ai dit une fois de plus que l'Autriche était la seule barrière existante entre nous et la Russie: tant que nous ne posséderions la Vénétie nous avons à garder certains ménagements, qui contrarieraient notre vif désir d'une intimité de mieux en mieux dessinée envers ce pays notre allié nature!. Ces memes personnes disent aussi que, quelque soit le besoin de la paix en Russie pour conduire à bon terme la réforme intérieure, le Cabinet Impérial devrait se demander, plutòt que de laisser se former à ses portes une seconde Pologne, s'il ne vaudrait pas mieux courir les chances d'une guerre qui ralliérait d'ailleurs l'e sentiment de la nation.

Il y a décidément rupture diplomatique entre le St. Siège et la Russie.

(l) Al r. confidenziale 82, che non si pubblica.

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L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 219. Costantinopoli, 16 aprile 1866, ore 18,30 (per. ore 1,48 del 17).

Aali pacha attendu candidature prince Hohenzollern dans les Principautés Danubiennes a envoyé ordre ambassadeur ottoman à Paris de provoquer immédiatement réunion conférence pour protester contre cette éventualité. Ministre de Prusse adhère pour appuyer, cas écheant, notre participation affaires de Syrie.

490

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 35. Berlino, 16 aprile 1866 (per. il 21).

Je n'ai que l'e temps, avant le départ du courrier, de transmettre ci-joint à

V.E. la copie de la Note Prussienne adressée hier au Gouvernement Autrichien (l) en réponse à celle de ce dernier en date du 7 (2). Ainsi que me l'avait

Cette manoeuvre, qui avait évidemrnent pour but de peser sur les résolutions du Cabinet de Berlin, et d'ébranler en meme temps le Comte de Bismarck, a eu précisémentl'effet tout contraire. Le Roi en a été vivement froissé, et le Comte de Bismarck en est sorti plus fort, puisque d'un còté la rédaction de sa dépeche a été plus accentuée, et que

fait prévoir le Comte de Bismarck, elle est négative et repousse les assurances pacifiques données par l'Autriche comme n'étant pas conçues en termes assez positifs et pretant trop à des interprétations élastiques qui ne sont pas propres à donner une teinte précise à la situation. Elle semble également contenir à l'avance une réponse déclinatoire à la proposition d'un désarmement simultané présentée par la Bavière, dont je me suis empressé de donner connaissance à

V. E. par mon télégramme d'hier (1). En résumé, d'après l'opinion arretée du Cabinet de Berlin, c'est à l'Autriche et non pas à la Prusse à prendre l'initiative d'un désarmement en rétablissant le status qua ante.

De toute manière il paraìtrait que, après cet échange de déclarations, (l'on pourrait dire de démentis), .formulés en termes si aigres, et qui jusqu'à présent n'ont abouti qu'à démontrer d'une manière plus évidente le profond abime qui sépare les deux grandes Puissances Allemandes, il paraitrait, dis-je, que le période des Notes diplomatiques doit cesser pour faire piace à des actes plus significatifs.

L'opinion générale en effet est que maintenant l'Autriche est mise en demeure d'agir, et il devient extremement important de savoir à quelle résolution elle va d'arreter, soit, comme j'avais l'honneur de le mander à V.E., qu'elle croie pouvoir co~pter sur ses propres forces pour parer aux dangers de la situation, soit qu'elle s'adresse à la Diète de Francfort pour réclamer l'appui fédéral.

(l) -Non si pubblica. (2) -Con r. 36 del 17 aprile Barrai comumco: « Par une de ces maladresses qui prennent habituellement leur source dans la volonté impérieuse du Chef de l'Etat, le Cabinet de Vienne avait cru fort habile de communiquer sa Note aux Cours Allemandes, en meme temps que, grace au concours du Due de Saxe-Cobourg, qui dans tout le conflit joue le ròle de la mouche du coche, il la faisait publier dans la Gazette de Cobourg.
491

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 110. Londra, 17 aprile 1866.

Ho ricevuto jeri la circolare diretta da V.E. alle RR. Legazioni, come pure il dispaccio n. 52 (Gabinetto) in data 12 p.p. (2).

Andai al Foreign Office jeri stesso, e comunicai quest'ultimo a Lord Clarendon il quale non fece osservazione essendo quanto è contenuto in quel dispaccio in conformità a quanto erasi prestabilito dalla conferenza di Parigi ora sedente. Diedi parimenti comunicazione della circolare e feci notare a Lord Clarendon quanto in principio di essa si contenesse riguardo alla vertenza Austro-Prussiana e facendogli noto esser questa la prima informazione che dal Governo mi perveniva, gli dissi che da quanto egli potrebbe in essa discernere,

de l'autre l'on vient d'apprendre qu'un Corps de troupes, composé de réserves de l'Infanterie, a été dirigé sur le Schleswig.

Bien plus, il est à remarquer que la dépéche Autrichienne du 7 avril a eu pour résultat de produire une certaine irritation sur l'opinion publique, quelque opposée qu'elle soit, en principe, comme j'ai eu l'honneur d'en invormer V.E., à la guerre.

L'on y a retrouvé l'outrecuidance du Cabinet de Vienne comme en 1859, et l'intention clairement manifestée d'isoler diplomatiquement et militairement la Prusse, de manière à la maitriser dans la crise actuelle, et maintenir, comme par le passé, en Allemagne son infériorité vis-à-vis de l'Autriche,,

il Governo, tuttoché mantenendo un'attitudine di osservazione, non erasi punto messo in quegli impegni che in pubblico gli si attribuivano, parendo disposto a lasciarsi determinar dagli avvenimenti.

Lord Clarendon espresse la sua soddisfazione a questo riguardo. E senza precisamente pronunciarsi sui meriti della quistione per noi di far guerra, se così gli istinti o le necessità nazionali lo portavano, osservò che a parer suo egli era meglio per noi far quello che decideremmo. Ma senza legarci con trattati alle sorti altrui. Poiché se gli altri finivano per intendersela fra loro saremmo noi a pagar la Nota.

Io gli risposi che questa combinazione la considerava come ,elementare e, come si dice, saJltando agli occhi. Si ricordasse che gli Italiani, da secoli, non aveansi precisamente acquistata la riputazione d'inavvedutezza, ed anche nei tempi nostri avean saputo disc!'etamente condur la loro barca, onde non dubitavo che, in qualunque cosa si facesse, non si perderebbe di vista di non rimaner corbellati nel modo che si diceva: ma che appunto un trattato in certi casi avrebbe avuto per mira sia di definire i casi in cui le potenze contraenti si obbligay,mo a non cessar la guerra finché si fosse raggiunto un tal oggetto, sia di metter più efficacia alla medesima guerra, oprando dietro a un piano combinato. Ma certamente non sarebbe stato male se s'avesse potuto vedere se l'armata prussiana non avesse preso un po' di ruggine coll'inazione prima di associarsi alle sue sorti. Egli mi disse che i Prussiani non avean chi li comandasse ed inoltre che in Prussia stessa manifestavasi opposizione alla guerra. Dipender tutto da Bismarck che faceva agire quel debole stromento che era S.M. Prussiana e poter da un momento all'altro succeder qualche trambusto che mutasse l'aspetto delle cose.

Naturalmente la conversazione si portò frequentemente sulla cessione della Venezia, ed egli mi ripetè ad un dipresso quanto ebbi l'onore di scrivere a V.E. ultimamente avendolo saputo d'altrove. Cioè d'aver scritto e rispondergli che nessuno ardiva parlarne all'Imperatore che lo prendeva per un insulto; aver egli risposto a Bloomfield che gli amici dovean farsi coraggio per dar buoni consigli.

Io aUora gli rammentai quando m'avea detto Lord Russell l'altro giorno parlando di Lord Palmerston che diceva che bisognava " senza scorag · giarsi, insistere , . Ed avendogli citato il rifiuto di Ali Pacha, Lord Clarendon mi disse che quanto allo scambio coi Prinoipati la cosa non gli parea

fattibile.

Bensì con pagar una somma di denari. Al che risposi che diffatti non

vedevo che quanto erasi fatto per lo Schleswig fosse da considerare come un

disonore per la Venezia. Lord Clarendon m'interrogò sulle nostre forze militari

in questo momento: mi disse essere le notizie dalla Germania più pacifiche

e quindi m1 congedai, dovendo egli ricevere l'Ambasciatore Turco che da quanto

seppi poi veniva a dargli notizie della nomina del Principe di Hohenzollern

a Buckarest.

Lord Clarendon par talmente mal soddisfatto dell'elezione del principe di Hohenzollern che era d'opinione stamane che la conferenza dovrebbe protestare. Egli preferirebbe provar ancor qualche anno un ospodaro indigeno.

Ieri sera i Tories eran trionfanti. Par indubitato che la maggioranza del Governo nella quistione di riforma va scemando di giorno in giorno 'e potrebberidursi a 5 o 6.

(l) -Cfr. n. 484. (2) -Cfr. n. 460. Il d. 52 non è pubblicato.
492

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 222. Monaco, 18 aprile 1866, ore 17 (per. ore 19,30).

Bavière vient de proposer à Vienne et Berlin désarmement simultané. Autriche a accepté. On ne doute point ici que la Prusse accepte proposition bavaroise.

493

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 83. Pietroburgo, 18 aprile 1866.

Gortchacow tout en convenant que la situation actuelle des choses est toujours très tendue en Allemagne, croit, ou affecte de croire au maintien de la paix. Mais dans son entourage immédiat on prévoit la guerre qui pourra ètre ajournée, il est vrai pendant des semaines, pendant des mois, mais qui devra finalement éclater surtout si M. Bismarck reste au pouvoir. Prusse a fait savoir ici qu'elle n'avait aucunement favorisée candidature Prince Hohenzollern, et mème qu'elle l'engagerait à la décliner. Prince Gortchacow a reçu de Constantinople des renseignements d'après lesquels on nous suppose des menées révolutionnaires dans les Principautés du Danube. J'aurai soin de repousser ces insinuations.

Je crois de mon devoir donner avis au Gouvernement du Roi de se tenir en garde à ce sujet vis-à-vis du Ministre de Turquie à Florence.

494

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. LA MARMORA

T. 225. Parigi, 19 aprile 1866, ore 16,40 ( per. ore 18,25).

On m'assure que l'Autriche répond à la dernière note prussienne en se déclarant prete à désarmer mème la première et demandant que la Prusse désarme dans un délai fixé (1).

495

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 226. Parigi, 19 aprile 1866, ore 15,50 (per. ore 18,40).

M. Drouyn de Lhuys parait disposé à accepter comme transaction la nomination dans les Principautés d'un Hospodar indigène pour trois ans. Veuillez me dire votre avis à ce sujet. Mon opinion est que nous devons maintenir notre manière de voir favorable aux voeux populations sauf à ne pas faire une opposition absolue à cette transaction si elle est acceptée.

496

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 227. Londra, 19 aprile 1866, ore 16,20 (per. ore 18,50).

Ce que j'ai pu savoir par police française ici, c'est que Mazzini parait trop malade pour bouger, mais qu'un de ses agents les plus actifs est parti pour Florence et Italie pour travailler à sa réelection, non pour siéger mais pour avantage parti (2).

497

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 138. Firenze, 19 aprile 1866, ore 21,15.

Je suis entièrement de votre avis qu'il faut maintenir notre manière de voir favorable aux voeux populations sauf à ne pas faire d'opposition absolue

· à la transaction, le cas échéant, d'autant plus que Kisselef est venu me lire

une dépeche du prince Gortchacow où il se montre lui meme disposé à toute

transaction.

(l) -Questa notizia fu comunicata in pari data anche da Barrai (cfr. LA MARMORA, p. 158). (2) -Questo telegramma risponde al t. 131 del 10 aprile, non pubblicato con cui La Marmora aveva richiesto di verificare la notizia della partecipazione di Mazzini ad una riunione di estremisti a Ginevra.
498

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

D. 35. Firenze, 19 aprile 1866.

Vos rapports de la Série Confidentielle nn. 78, 79, 80 e 81 me sont réguliè

rement parvenus (1). Je vous remercie des informations qu'ils contiennent à

propos du conflict Austro-Prussien et je compte que vous voudrez bien conti

nuer à me renseigner à cet égard avec empressement, ce qui forme actuellement

la partie principale de votre mission sous le rapport politique. Mon intention

est que vous continuiez à n'engager dans aucun sens, par votre langage la

politique du Gouvernement du Roi, et c'est pourquoi je n'ai pas jugé à

propos de vous donner des directions déterminées au sujet des affaires d'Alle

magne. Celles-ci ont d'ailleurs un cours si irrégulier et un caractère si complexe

que les informations que je pourrais vous envoyer seraient nécessairement

insuffisantes, et il est peut-etre encore plus siìr pour vous de vous guider

d'après votre propre jugement. Mais ces directions ne vous feraient du reste

pas défaut le jour où elles deviendraient opportunes. En attendant je vois par

vos rapports que votre langage est ce qu'il doit etre, et je l'approuve en

tièrement.

Les protocoles des Conférenc,es de Paris vous ayant été envoyés aussitòt

qu'ils sont parvenus de Paris au Ministère, vous aurez pu fair usage au moins

aussitòt que vos collègues du Corps Diplomatique, des données qu'ils contien

nent. Sur cet objet encore je compte, M. le Ministre, sur la suite de vos in

formations et je donne mon approbation à votre langage.

Les dernières communications qui m'ont été faites par M. Kisseleff et les

rapports du Chev. Nigra indiquent que la Russie et la France ne sont pas

éloignées d'une transaction sur la question du prince à élire pour les Princi

pautés. Si une transaction est en effet acceptée par les intéressés, nous n'y

ferons d'opposition; mais nous maintenons en principe dans son intégrité

notre manière de voir favorable aux voeux des populations.

(l) E' edito solo il r. 78 al n. 474. Questi rapporti furono trasme"si a Nigra con d. 173, del 19 aprile.

499

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 163)

T. Londra, 20 aprile 1866, o1·e 16,30 (per. ore 20,55).

Lord Russell m'écrit un mot, pour m'informer que bien qu'il n'ait pas cru à propos de proposer à la Reine d'autoriser une dépeche officielle, pour que l'ambassadeur d'Angleterre propose au Gouvernement autrichien, que la cession de la Vénétie en de certaines éventualités soit adoptée en principe, pourtant lord Clarendon a donné pour instruction à l'ambassadeur d'Angleterre à Vienne, de faire des dforts en voie privée et confidentielle dans ce but, et lord Russell a adressé ici au comte Appony une longue lettre dans le meme sens, rédigée en langage amicai.

Lord Russell désire que je vous informe de la manière dont lui et lord Clarendon evisagent la question et des démarches qu'ils ont faites en ce sens.

500

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 38. Berlino, 20 aprile 1866.

* Ainsi que j'ai eu soin d'en informer V.E. par mon télégramme d'hier, le Ministre de la Resse Electorale est venu me dire que, dans l'état de violente crise où se trouvaient les rapports des deux grandes Puissances Allemandes, son Gouvernement * (l) croirait compmmettre son existence en faisant quelque chose de désagréable à l'Autriche, qui seule pouvait le sauver des griffes de la Prusse; et que, comme le réception d'un Représentant Italien à Casse! blesserait profondément la Cour de Vienne, il * avait jugé prudent d'attendre la fin du conflit pour répondre à notre démarche. « Oette décision du Gouvernement Electoral, a ajouté le Baron de Schachten, n'a absolument rien d'hostile contre le Royaume d'Italie que nous avons reconnu, et n'est absolument dictée que par les circonstances critiques où nous nous trouvons •.

Comme déjà je l'avais fait observer au Représentant de Ranovre, j'ai répondu à celui de la Resse que je ne voyais pas la moindre analogie entre la situation politique d'un pays vis-à-vis d'un autre, et ses engagements personnels envers un troisième, résultant des stipulations formelles d'un Traité; qu'au surplus, je ne voulais pas accepter de discussion à ce sujet, et que je me bornais à prendre acte de ses déclarations que j'allais transmettre à mon Gouvernement *.

M. -de Schachten était évidemment fort embarrassé d'une mission qu'il ne remplissait que par devoir, et en se retirant il a de nouveau protesté des bons sentiments de son Gouvernement envers l'Italie.

Il n'est pas douteux que le Hanovre ait fait de la propagande contre nous à Cassel comme H a essayé de le tenter à Oldenbourg, et qu'il n'ait réussi à faire adopter à l'Electeur sa pitoyable et déloyale excuse. Ce sera, je crois, un nouveau motif pour le Gouvernement du Roi, aussitòt que les autres Cours auront reçu les Représentants Italiens, de prendre à l'égard du Gouvernement Hanovrien des mesures d'une rìgueur telle qu'elles soient à la hauteur de son insolence et de sa mauvaise foi.

* Ainsi que j'avais eu l'honneur d'en informer V. E., le Due de Brunswick m'avait fait dire, par son Envoyé ici, qu'il me recevrait le 25 de ce mois. Mais avant-hier Son Altesse Serenissime m'a fait savoir qu'ayant dù partir le jour meme pour ses terres de Silésie, Elle se voyait à regret obligée de renvoyer mon audience à son retour. Son Ministre, le Baron de Lohneysen, ajoutait dans sa lettre que, si je le désirais, Son Altesse l'avait autorisé à Lui adresser mes lettres de créance *. J'ai immédiatement répondu que le Roi d'Italie, mon Auguste Souverain m'ayant chargé de remettre en personne les lettres qui m'accréditaient auprès de Son Altesse Serenissime je ne croyais pas pouvoir me dispenser de cet honneur, et que j'attendrai son retour pour remplir la mission qui m'a été confiée.

Je ne crois pas que le Due ait mis à son départ une intention malveillante. Il y a de mes Collègues ici qui ont employé plus de six mois à remettre Jeurs lettres de créance auprès de ces petits Souverains dont le plus grand plaisir est de quitter leurs Etats. Au reste, comme je devais me rendre à Brunswick avec plusieurs de mes Collègues également accrédités auprès du Due, il n'y a rien là, meme en apparence, qui puisse etre interpreté dans un sens hostile. De toute manière cela ne changera rien a mes projèts de départ pour Oldenbourg, Francfort et Darmstadt, où je suis attendu à jour fixe. Je ferai une nouvelle démarche auprès de M. de Beust pour avoir, de la part de Saxe Cobourg et Meiningen, une réponse qui d'ailleurs ne saurait ètre douteuse.

(l) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 9, pp. 76-77, dove a questo puntosi trovano le seguenti parole: « non credeva di poter fare atto che potesse spiacere all'Austria• .
501

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 228. Francoforte, 21 aprile 1866, ore 18 (per. ore 20,35).

Ainsi que je le mandais à V. E. dans mon télégramme du 19 (l) la proposition prussienne a été prise en considération et renvoyée à un comité composé de neuf membres. A la séance l'Autriche a fait des déclarations pacifiques et de bon vouloir pour le projet de réforme. L'Autriche a mème parlé de désarmement.

(l) T. 224, non pubblicato.

502

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 39. Berlino, 21 aprile 1866.

Mes télégrammes d'hier et d'avant-hier (l) ont fait connaitre à V. E. les courants pacifiques qui au dernìer moment avaient décìdément pris le dessus à Vienne (2), et se sont complétés par la proposition de l'Autriche de rétablir le statu suo militaire ante dans les provinces de Bohème, pourvu que cette mesure fut immédiatement suivie, le lendemain, 26 du désarmement de la Prusse.

Ainsi que me l'a dit le Comte de Bismarck, il est bien difficile de 1'efuser une pareille proposition; et bien qu'il soit entré dans de très grandes 'explications pour me démontrer que la Prusse ne désarmerait, pour ainsi dire, que pas-à-pas, et aufur et à mesure que s'opérerait le mouvement de retraite des troupes Autrichiennes, il n'en est pas moins évident que le fait de l'acceptation de la proposition par la Prusse, va dominer la situation, et lui imprimer un caractère éminemment pacifique sur lequel il est impossible désormais de se meprendre (3).

Le Comte de Bismark l'a bien senti ainsi, et l'abattement qui se voyait hier soir sur sa figure pale et contractée en dLsait plus long que ses paroles. Si le Roi veut me suivre, disait-il, à propos d'une mesure destinée à maintenir le chiffre des chevaux d'artillerie, et dans l'intonation de cette phrase il y avait bien plus de doute que d'espérance. L'Ambassadeur de France qui a vu le mème soir le Comte de Bismarck a rapporté de son entretien la mème impression, et en a rendu compte dans le mème seris à son Gouvernement.

La vérité comme j'avais l'honneur de le mander à V. E., est que sans que le fond de la question Holsteinoise soit changé, la perspective cependant d'une lutte armée entre les deux grandes Puissances est pour le moment écartée. De nouvelles contestations ne tarderont pas à s'éleV1er, une nouvelle crise pourra se produire, mais l'imminence d'une guerre n'est plus dans la situation, et pour nous c'était le fait capita! à constater.

Tous les regards maintenant vont se tourner vers Francfort, où la proposition de réforme fédérale présentée par la Prusse, est destinée à soulever bien

ZZ -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

des orages sans obtenir probablement de grands résultats. La ligue des Etats secondaires est déjà formée: leurs Ministres les plus influents se sont réunis hier soir à Augsbourg pour s'entendre sur la marche commune à suivre; et sans connaitre encore leur délibération, l'on peut étre sur à l'avance que ce qui sortira de cette réunion sera une pensée profondément hostile à la PrusY~ et à ses projets. Leur première mauvair,e volonté se manifestera par l'obligation qu'ils imposeront à la Prusse de faire connaitre en entier son programme avant la réunion du Parlement, et comme de son còté la Prusse n'entend le soumettre que lorsque le Parlement sera réuni, il se dressera tout d'abord une énorme difficulté qui, la lenteur traditionnelle des Commissions aidant, va absorber un certain espace de temps. L'autre condition sine qua non d'une entente préalable entre les trente deux Gouvernements de l'Allemagne sur les propositions à soumettre au futur Parlement, constituerait ensuite un de ces obstacles tellement insurmontables qu'il suffirait à lui seui pour faire avorter une oeuvre enveloppée encore de ténèbres et dont le Gouvernement Prussien, ou plutòt .iv.f. de Bismarck, est accusé d'avoir conçu l'idée, bien plus en vue d'amener un grand déchirement entre le Nord et le Midi, que dans un but sérieux de réforme Allemande.

Frappée de ces considérations l'opinion publique dévance déjà les événements, et prévoyant le moment où les propositions de la Prusse seront définitivement rejetées, elle se demande ce que fera cette Puissance. DéclareTa-t-elJ:e qu'elle veut sortir de la Confédération, et entrainera-t-elle à sa suite les petits Etats du Nord qui, quoique Autrichiens de coeur, sont trop faibles pour avoir une opinion? Se décidera-t-elle à faire la guerre à l'Autriche, comme l'espère positivement le Comte de Bismarck? Ce sont là de grosses questions dont la ~0lution dépendra essentiellement des circonstances du moment au milieu desquelles elles se produiront, et qui échappent aux prévisions des plus habiles.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. il seguente brano di una l. p. di Visconti Venosta al fratello Gino, datata Vienna 23 aprile: " Qui lo sforzo che si fa è quello di aver pazienza, si cerca di evitare la guerra col togliere alla Prussia ogni pretesto. La risposta prussiana è cortese nella forma, cortese per modo che se ne diffida assai. Qui però si è disposti a prendere qualche iniziativa di disarmo perché l'altro seguiti. Ma gli armamenti per cui Bismarck fece tanto chiasso eran poca cosa ed ora in fondo si fa sottomano di più. Le notizie di preparativi militari in Italia suscitarono un panico alla Borsa e preoccuparono assai il mondo politico. La partenza dell'Arciduca Alberto fissata dapprima, fu però a quanto pare sospesa, ma si manderanno dei reggimenti in Italia, si dice dei reggimenti croati. Ciò farà da noi una viva impressione. Credo però che si debba contare su un contegno prudente per parte dell'Austria che teme la guerra, che si preoccupa di noi e che si trova per di più in imbarazzi finanziari più gravi dei nostri, se avremo patriotismo ed energia. Qui la Prussia ispira una tale antipatia che l'antipatia per noi ne è di molto eclissata, e v'è là una situazione che si potrebbe col tempo e coi mezzi acconci coltivare». (3) -Con r. 40 del 23 aprile Barrai trasmise copia della nota austr;aca e della risposta prussiana.
503

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA (A S Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, pp. 133-134)

L. P. Parigi, 21 aprile 1866.

* La ringrazio della sua ultima lettera che mi fu rimessa dal corriere Anielli * (1). La situazione a Parigi rimane la stessa. L'Imperatore conserva la sua posizione di stretta neutralità. Non creda che vi sia un accordo fra lui e Bismarck. Posso affermarle ben positivamente che questo accordo non c'è. Nelle mie lettere precedenti Le scrissi ciò che s'era passato fra la Francia e la Prussia. Non v'è nulla di più. L'Imperatore promise la neutralità finché gl'interessi francesi non saranno in giuoco. Quando questa eventualità si verificasse, disse che c'era modo d'intendersi; e toccò di passaggio la questione di frontiera. Ecco tutto. È possibile che abbia dichiarato all'Austria che conserverebbe la

neutralità, salvo sempre il caso degl'interessi francesi implicati. L'Imperatore conserva quindi la sua libertà d'azione completa. Desidera che la guerra abbia luogo; ma non desidera che la Francia abbia a tirar la spada. Spera di poter tirar partito dalla guerra, senza farla esso stesso. Non è che in caso di necessità e all'ultimo momento che non rifuggirebbe dal tirar la spada.

Ella saprà a quest'ora la nuova proposta dell'Austria, fatta alla Prussia oggi soltanto o jeri sera. L'Austria propone il disarmo reciproco. È disposta a cominciare essa per la prima, ma domanda che il giorno stesso (che è il 25 corrente) o al più tardi il giorno dopo la Prussia disarmi essa pure, ossia che rimetta le cose nello statu quo ante. Bismarck è malato di gotta, ed è a letto. Si prevede che farà il possibile per dare una risposta evasiva; ma questa è difficile a darsi in presenza dei termini molto precisi della nota austriaca. Intanto l'Austria contrae in questo momento ad Amburgo una specie d'imprestito o fa una combinazione finanziaria che le assicura il denaro necessario per cominciar la guerra ove sia forzata a farla. Ritirerà il denaro entro un mese circa.

Quanto alla Francia nessun armamento fu fatto. Ma si profittò del cambiamento ordinario di guarnigioni che ha luogo in primavera per sostituire ad una parte della guarnigione della frontiera dell'Est truppe scelte, e per far rivedere con diligenza i magazzini e le provvigioni delle piazze orientali.

* Le mando qui uniti i dispacci di Londra che D'A2leg1io m'inviò a sigillo alzato*.

(l) I brani fra asterischi sono omessi in CHIALA.

504

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 140. Firenze, 22 aprile 1866, ore 11,15.

Rustem bey est venu me prier de m'associer à demande de prompte convocation de la conférence. Si autres puissances consentent vous pouvez faire de meme.

505

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

'T. 141. Firenze, 22 aprile 1866, ore 13,50.

Il nous revient de tous les points de la frontière autrichienne que l'Autriche rappelle sous les armes les contingents, prépare l~s logements pour l'arrivée de nouvelles troupes, et procède avec plus d'activité à l'armement de ses places.

506

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 142. Firenze, 22 aprile 1866, ore 14.

Reçu votre annexe chiffré du 15 (1). Instructions de Nigra que vous connaissez n'ont point été modifiées, et je ne vois pas sur quoi repose reproche qu'il aurait chaleureusement pròné élection prince étranger. Quant à la candidature d'un prince de la maison de Savoie, il suffit de dire qu'elle ne serait pas acceptée (2).

507

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 22 aprile 1866, ore 20,35 (per. ore 22,40).

Je vous ai écrit hier (3) sur la situation actuelle des choses qui demeure ici toujours la meme. Le Gouvernement français garde une attitude passive en attendant une solution qui ne peut venir que de l'Allemagne. Visconti Venosta est parti; il n'a vu ici personne en dehors de la légation. J'espère que vous répondrez à Londres et à Pétersbourg que le plénipotentiaire du Roi dans les conférences ne pouvait se prononcer qu'en faveur des principes qui constituent notre droit public. Je n'ai pas prononcé un seul mot qui put donner lieu à l'absurde supposition d'une candidature italienne. Dans une conférence où les avis sont différents il est fort difficile de contenter tout le monde. De mon còté je pourrais me plaindre que les plénipotentiaires de Russie et d'Angleterre se sont trop avancés dans le sens de la séparation des principautés. Je vous remercie du reste de m'avoir averti.

M. -le Chev. Nigra dont les instructions, ici connues, n'avaient pas été modifiées. Le Prince Gortchacow n'a nullement maintenu que ce diplomate eùt pròné avec insistance l'élection du Prince étranger, mais S.E. avait été suprise de lire dans les protocoles qu'il eùt parlé comme s'il voulait établir l'inutilité d'un nouvel appel aux suffrages des populations. J'ai soutenu de mon còté que je n'avais rien remarqué de semblable dans les protocoles, rédigés par le Secrétaire de la Conférence •.
(l) -Cfr. n. 488. (2) -Cfr. il seguente brano del r. confidenziale il9 di Launay del 25 aprile: < J'ai profité de l'occasion pour dire que, ni V.E., ni moi, ne comprenions le reproche énoncé contre (3) -Cfr. n. 503.
508

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 165 e in CHIALA, p. 137)

T. Berlino, 23 aprile 1866, ore 11 (per. ore 15,55).

Le ministre d'Autriche a dit hier à l'ambassadeur de France, qu'en présence des concentrations de troupes italiennes à Bologne et à Plaisance, l'Autriche ne pouvait pas rester sans prendre quelques mesures de précaution.

509

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LA MARMORA, p. 166)

T. Firenze, 23 aprile 1866, ore 17,15. Reçu votre télégramme (1). Vous pouvez déclarer de la manière la plus formelle qu'il n'y a pas la

moindre concentration de troupes ni à Bologne ni à Plaisance, ni nulle part,. malgré que l'Autriche ait depuis le 17 appelé sous les armes les contingents (2).

510

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi. Nigra, pp. 163-165 e in CHIALA, pp. 138-139)

L. P. Parigi, 23 aprile 1866.

* Le spedisco il corriere Anielli giunto testé da Berlino. Vedo dai dispacci di Barrai che le notizie di Allemagna hanno decisamente un carattere pacifico. Avrei creduto che anche questa volta Bismarck avrebbe respinto la proposta austriaca. Ma le esitazioni * (3) del re, i consigli d'Inghilterra, di Russia e· di tutta l'Allemagna hanno ancora prevalso. * Ci sarà dunque un nuovo mese· a passare pieno d'incertezze *.

Qui l'Imperatore continua nella sua attitudine passiva aspettando una soluzione che non può venire che d'Allemagna. Le dissi in una lettera precedente a che cosa si erano limitate le misure militari prese sulla frontiera dell'Est.

* Del resto non bisogna dissimularsi che la Prussia è in questo momento molto impopolare in Francia. Il Conte Walewski m'ha detto che teme discorsi violentissimi al Corpo Legislativo * all'occasione della legge sulla leva. * Gli uomini d'affari, i banchieri, i commercianti, gli speculatori d'ogni genere sono ostilissimi alla guerra *, che nuocerebbe naturalmente ad una massa enorme d'interessi. *Ne consegue che il Governo franc,ese si conferma sempve più nell'attitudine di neutralità e di libertà d'azione da esso presa *, benché l'Imperatore desideri sempre con eguale vivacità che la guerra scoppii. Per conto nostro noi dobbiamo deplorare che l'Imperatore non siasi deciso e non voglia decidersi a far nulla e ad impegnare la sua azione. È a temersi che questo stato di cose si prolunghi indefinitamente con danno di tutti. Ad ogni modo il dover nostro l'abbiamo fatto per quanto ci concerne e lo faremo; e quale che possa essere l'avvenire non sarà stato poco merito il suo d'aver fatto riconoscere in un atto solenne della Prussia la necessità della cessione della Venezia. Dico che non è poco merito, perché non è lontano il tempo in cui noi temevamo ogni giorno che la Prussia guarentisse all'Austria i suoi possessi extrafederali. D'altra parte l'Austria stessa ha potuto convincersi una volta di più di quanto peso sia l'ostilità permanente dell'Italia, e da ogni parte giungono notizie che lasciano travedere come a Vienna le opinioni si siano profondamente modificate intorno alla questione veneta. Per ora ci tocca aspettare che cosa uscirà dalla proposta di riforma Prussiana e dalla convocazione del Parlamento germanico. Ogni speranza d'una soluzione bellicosa non è perduta, ma è per un certo tempo allontanata, a meno che un nuovo incidente o fortuito o uscito dalla testa feconda di Bismarck non venga a precipitare gli eventi.

Visconti è partito con Marco Arese. Qui non ha visto nessuno all'infuori della Legazione 'e impiegò il suo tempo a far acquisti di mobili e d'altro. Non ha appreso da me, sulla questione austro-prussiana, più di quello che sapeva già. Bensì l'ho minutamente istrutto di tutte le fasi della questione dei Principati e gli feci anche conoscere l'ultima proposta che Drouyn de Lhuys pare voglia fare alla Conferenza, quella cioè della nomina per tre o quattro anni d'un ospodaro, che potrebbe poi essere rieletto allo spirare dei suoi poteri.

Le profonde divergenze manifestatesi nella conferenza, e la vivacità delle discussioni che ebbero luogo fra la Francia e la Russia, mi spiegano naturalmente come la Russia specialmente non sia stata soddisfatta del mio linguaggio. Ma se la Russia fosse stata soddisfatta, la Francia dal suo lato avrebbe manifestato il suo scontento. La mia condotta nella conferenza fu logica e conforme alle istruzioni ch'Ella mi mandò. Io mi pronunziai costantemente per la conciliazione dei due principii, che furono quelli per cui fu fatta la guerra di Crimea, cioè: integrità dell'Impero Ottomano e soddisfazione del voto delle popolazioni. Quanto al voto (che fu il punto di disaccordo) dissi che per me era evidente che le popolazioni desideravano un principe estero e l'unione, ma accettai che si consultassero le popolazioni e vedendo nella stessa prima seduta· che l'accordo era impossibile, fui il primo a proporre che si sospendesse la questione del principe e si esaminasse quella dell'unione. Ma anche sulla questione dell'unione senza principe estero il disaccordo fu completo. Perfino sulla questione del modo di consultare le popolazioni non vi fu intelligenza possibile. La Russia sostenne la convocazione di due assemblee e provocò l'idea di riferire ai proprii Governi sui cinque punti, il che fece perdere un tempo prezioso e intanto i rumeni fecero quello ch'Ella sa. Ora io prevedo che vi sarà nuovo disaccordo sulla proposta d'una nomina triennale. Del resto non bisogna dimenticare che i protocolli saranno pubblicati e che noi anche in ciò dobbiamo contare col nostro Parlamento. Spero che il mio linguaggio non Le susciterà interpellanze imbarazzanti. Se poi nella seduta di domani verrà fatta una proposta pratica e ragionevole che sia accettata dalle altre Potenze, io vi aderirò con premura.

P.S. -Non ho bisogno di dirle che non solo non mi passò mai pel capo nemmeno la possibilità d'una candidatura d'un principe italiano, ma non dissi verbo che anche da lontano potesse far nascere una così assurda supposizione. Si figuri poi, se in ogni caso, mi sarei arbitrato di fare una menoma allusione a quest'ipotesi senz'averne da Lei una precisa istruzione! In ciò, come nel resto, non fo né dico nulla senza ordine suo, o senza il suo avviso. Quanto alla questione in sé concordo pienissimamente con Lei nel pensare che una candidatura di tal genere è cosa talmente assurda da non meritar che un uomo serio vi possa pensare anche per un momento.

(l) -Cfr. n. 508. (2) -Analogo telegramma fu inviato in pari data a Parigi e il 26 a Monaco e Londra.. (3) -I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, pp. 170-171.
511

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. Firenze, 24 aprile 1866, ore 13,35.

Je vous confirme que l'Autriche a positivement ordonné le rappel de toutes les classes et la mise sur pied de guerre de l'armée en Vénétie. Or si ces ordres ne sont pas révoqués, il nous est impossible de ne pas nous mettre sur le pied de guerre. Dites le à l'Empereur.

512

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. Firenze, 24 aprile 1866, ore 20,30.

Je regrette vivement que Stakelberg se soit laissé tromper de la sorte, il est positif que l'Autriche arme en Vénétie, tandis que chez nous pas la moindre concentration de troupes n'a eu lieu et pas un soldat en congé n'a été appelé sous les armes.

513

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 237. Parigi, 24 aprile 1866, ore 17,20 (per. ore 21,05).

La conférence a décidé que chaque plénipotentiaire demanderait à son Gouvernement s'il approuve projet suivant de déclaration que les consuls à Bukarest seraient chargés de remettre au Gouvernement provisoire. Je vous prie de m'envoyer votre opinion par le télégraphe. Tous le plénipotentiaires paraissent disposés à accepter cette déclaration, sauf baron Budberg qui attend nouvelles instructions. Voici le projet: L'assemblée qui va ètre réunie à Bukarest est appellée à procéder à la élection Hospodar et le choix ne pourra tomber que sur un indigène, aux termes de l'art. 13 de la convention de 1858. Si la majorité des députés de la Moldav,ie le demandera ils auront la faculté de voter séparément, dans le cas où la majorité moldave se prononcerait contre l'union ce vote impliquerait la séparation. Les consuls sont chargés de veiJJJ.er d'un commun accord à la libre expression du vote et signaleront immédiatement à la conférence toute atteinte qui y serait portée.

514

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 171 e in CHIALA, pp. 140-141)

T. Parigi, 24 aprile 1866, ore 18,50 (per. ore 21,45).

Je n'ai pu voir l'Empereur; j'ai vu M. Drouyn de Lhuys et je lui ai communiqué votre dernier télégramme sur les armements de l'Autriche (1). M. Drouyn de Lhuys en parlera demain à l'Empereur. Mon opinion et celle de

M. Drouyn de Lhuys est que nous ne devons pas armer; que nous devons nous borner à faire constater armements de l'Autriche. Il est d'une très grande importance qu'il soit bien constaté que l'Autriche appelle tandis que nous restons tranquilles. Si l'Autriche prend l'initiative nous pouvons compter sur la France et sur l'opinion publique. Plut à Dieu que l'Autriche nous attaque, mais nous ne pouvons pas l'espérer. Je crois plutòt que l'Autriche veut jouer avec nous la mème comédie qu'elle vlent de jouer habilement à Berlin. Elle veut nous forcer à désarmer et à déclarer nos intentions pacifiques en se montrant prete à en faire autant et mème avant nous. Ne donnons pas dans ce piège.

(l) Cfr. n. 511.

515

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

L. P. Francoforte, 24 aprile 1866.

Come avevo l'onore di annunziarle col mio telegramma di questa mattina (1), il dispaccio qui annesso del giornale serale di Francoforte, il quale annunziava che • il Conte Arese ed il Cav. Visconti Venosta trovansi da due giorni a Vienna incaricati di una missione secreta •, ha gettato l'allarme in questa Legazione Prussiana. Mi trovavo precisamente dal Signor di Savigny, quando gli fu rimesso il giornale che conteneva l'anzidetto dispaccio. Naturalmente mi domandò tosto che cosa tutto ciò voleva dire, io gli risposi che ciò non voleva dir niente, e che quantunque giovane nella carriera non davo però alcuna importanza ai telegrammi dei giornali. Che del resto, il Cav. Visco;nti Venosta, nominato Ministro a Costantinopoli avrà con ragione deciso di passare per Bukarest, e che quindi l'itinerario per Vienna era indispensabile (2). Che quanto al Conte Arese, arrivava a lui ciò che arriva a tutti i personaggi marcanti in questi tempi, che cioè non possono far un passo senza che il giornalismo dia loro tosto una missione qualunque, probabile o no poco importa, purché sia secreta.

In tutto ciò la sola cosa che mi diè a riflettere si fu l'agitazione paurosa di questo Ministro Prussiano. L'insistenza colla quale ripeteva che il Conte Arese era l'amico dell'Imperatore Napoleone, mi fa credere che egli suppose tosto un riavvicinamento tra noi e l'Austria, di cui la Francia si faceva il trait d'union ed il cui prezzo si era per noi la Venezia, per la Francia il Reno. Nel fondo detta combinazione non la trovo cosa nuova, l'ebbi anche io, ma vista la mia posizione la guardai sempre gelosamente tra me, e solo mi son permesso di !asciarla intravedere nel mio dispaccio conf. n. 13 in data del 14 scorso novembre, ed ultimamente nel mio dispaccio n. 3 in data del 21 febbraio (3).

Pertanto parlando col Signor di Savigny mi mostrai così sorpreso quanto egli, solamente trattai la cosa senza accordargli l'importanza che egli pareva dargli.

L'agitazione di questo Ministro mi conferma nell'opinione che la Prussia deve essere ben isolata. È isolata politicamente all'estero, è isolatissima poi in Germania. Ciò non astante la diplomazia Prussiana non nasconde punto che lo scopo finale della proposizione del 9 corrente si è quello di sloggiare

l'Austria dalla posizione che questa Potenza occupa in Germania. A questo

riguardo non penso ingannarmi avanzando che l'Austria sacrificherà mille volte

la Venezia piuttosto che perdere un dito della sua posizione politica in

Germania.

Del resto sino dal 10 di questo mese so che a Bruxelles si pretendeva

che l'Austria avea fatto al Gabinetto dell'E V. la seguente proposta • che l'Italia

si unisca meco contro la Prussia, e a guerra fatta cedo la Venezia •. Stimai

presuntuoso parlar di tutti questi rumori all'E. V. e La prego scusarmi se ,}o fo

in questa lettera particolare, ma dovendo parlare dell'agitazione prodotta in

questo Ministro Prussiano dal dispaccio del giornale di ieri, ho creduto mio

dovere il dire all'E. V. tutto quello che è arrivato a mia conoscenza in questi

ultimi tempi.

Profitto poi di questa circostanza per pregare l'E. V. di volermi continuare

la Sua benevolenza.

(l) -T. 236, non pubblicato. (2) -Cfr. il seguente brano di una l. p. di Visconti Venosta al fratello Gino (AVV) del 26 aprile: • Ho veduto sui giornali non so quante ridicolaggini sul mio conto, ma che ponno avere i loro inconvenienti. Non so che abbiano detto i giornali italiani che non vedo da un secolo. Ma se non è troppo tardi e se lo credi opportuno, puoi in qualche corrispondenza da Vienna far mettere in ridicolo questa missione per la cessione pacifica che mi si affida e dire ch'io con due segretari di legazione, mi fermai due giorni a Vienna per aspettare la coincidenza dei viaggi celeri per Costantinopoli, che non vidi alcuno del mondo politico, eccetto qualche diplomatico, con cui avevo prima delle relazioni personali. Sarà vero e sarà conveniente •· (3) -Non pubblicati.
516

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 147. Firenze, 25 aprile 1866, ore 12,55.

Projet de déclaration proposé par conférence est acceptable comme simple constatation de situation légale aux termes des traités quant au choix du prince et comme reconnaissance du droit qu'auraient les populations de se désunir si telle venait à etre leur tendance spontanée. Vous pouvez l'admettre dans ce sens, mais sous la réserve que le Gouvernement du Roi n'entend point manifester en cela une opposition de principe contre tel choix quelconque que l'Assemblée pourra faire, ni se montrer favorable de parti pris à une séparation des Principautés. Faites bien sentir que nous n'avons aucune préférence préconçue et aucun intéret particulier à l'égard du régime à établir dans les Principautés et que le mobile purement moral de notre conduite est le juste désir de voir prévaloir au profit de ces populations les principes de notre droit public.

517

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 173 e in CHIALA, p. 142)

T. Firenze, 25 aprile 1866, ore 17.

Le bruit d'une échauffourée à Rovigo, qu'on a laissé se répandre pendant un jour entier à Vienne, n'a pas le moindre fondement. On semble à Vienne vouloir faire des dupes. Pas la moindre réunion de volontaires n'a eu lieu jusqu'ici et n'a lieu actuellement en Italie.

518

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 86. Pietroburgo, 25 aprile 1866 (per. il 2 maggio).

En date du 14 mars dernier, Rustem Bey a écrit à Aali Pacha une dépeche, dont lecture a été donnée au Prince Gortchacow, mais sans en laisser copie. Après avoir engagé ma parole que nous ne laisserions jamais transpirer ni vis-à-vis de Rustem Bey, ni vis-à-vis du Gouvernement Turc que les renseignements qui suivent nous fussent parvenus par la voie de Saint Pétersbourg,_ j'ai obtenu d'une tierce personne le résumé de cette dépeche:

• Plus d'une fois, écrit de Florence cet agent diplomatique, j'ai appelé l'attention de la Sublime Porte sur des idées très en vogue en Italie, de faire des Principautés Danubiennes un objet de compensation envers l'Autriche pour la cession de la Vénétie. Sir James Hudson, grand ami du Comte de Cavour, m'avait meme fait des insinuations dans ce sens. Des personnes influentes m'ont tenu récemment un langage analogue. D'après des indications que je reçois, le Général de La Marmora caresse ce meme projet et il travaille à sa réalisation. S'il est resté au pouvoir, ce serait pour garder entre les mains tous les fils de cette affaire. Il aurait, toujours d'après ces indications, contribué à la chute du Prince Couza; il aurait meme donné de l'argent pour maintenir l'agitation dans la Moldo-Valachie. Je ne garantis pas ces données, mais ce que j'ai lieu de croire parfaitement exact, c'est que le plan de compensation existe, qu'on cherche à le faire prévaloir dans les conseils de l'Europe, et que les agents diplomatiques Italiens ont été instruits dans ce sens. Il est donc de mon devoir de fixer l'attention de V. A., sur une semblable combinaison, sur les moyens immoraux mis en oeuvre par le Cabinet de Florence, afin que les Légations Ottomanes informées de la chose soient en mesure de démasquer ce jeu et de le combattre •.

Si ma mémoire ne m'a pas fait défaut, telle est à peu près la substance si non le texte meme de ce document. On aurait peine à croire qu'il émane d'une personne d'origine Italienne. Mais comme ce diplomate affiche des sentiments sympathiques pour sa première patrie, il est bon que nous sachions les estimer à leur juste valeur.

Quoi qu'H ,en soit, ces détails secrets expliqueront à V. E. pourquoi j'ai jugé à propos de mettre le Prince Gortchacow en garde contre des accusations formulées d'une manière si odieuse et pourquoi par ma dépeche confidentielle et chiffrée n. 83 (1), je-donnais l'avis de nous méfier de Rustem Bey.

Au reste, en réponse à mes objections et à mes critiques indirectes sur de semblables attaques, le Vtice-ChanceHer a émoussé lui-meme le trait comme ne pouvant atteindre un Cabinet présidé par V. E.

(l) Cfr. n. 493.

519

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 165-166)

L. P. Parigi, 25 aprile 1866.

Oggi dopo il consiglio dei Ministri il Signor Drouyn de Lhuys comunicò all'Imperatore quanto Ella mi aveva telegrafato jeri (l) sugli armamenti dell'Austria in Venezia e sulla necessità in cui questi armamenti ci ponevano d'armarci anche noi. L'Imperatore incaricò il Signor Drouyn de Lhuys di dirmi che la sua opinione era che il Governo Italiano doveva limitarsi a constatare con una certa solennità, ma senza enfasi, per esempio in un dispaccio circolare, che l'Austria armava in Venezia, fondandosi su una pretesa concentrazione di truppe italiane a Bologna e a Piacenza mentre in realtà l'Italia non aveva fatto nessuna concentrazione e non aveva richiamati soldati nuovi sotto le armi. L'Imperatore ci consiglia a non armare e a mettere così il torto dal lato dell'Austria. I fatti che il Governo Italiano dovrebbe constatare in questo dispaccio dovrebbero essere precisi ed esatti, in guisa da non lasciar luogo ad interpretazioni dubbie. Eccole la risposta quasi testuale dell'Imperatore. * Io sono del medesimo avviso. Dubito che l'Austria colle misure prese voglia provocare uno scambio di spiegazioni per sapere se noi abbiamo impegni colla Prussia e per ottenere da noi una dichiarazione analoga a quella che ha abilmente ottenuto a Berlino.

Le notizie di quest'ultima città danno alla risposta della Prussia il significato d'uno scacco subito da Bismarck e sono concordi nell'affermare che l'eventualità della guerra è allontanata.

Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse che ha ricevuto notizie nel medesimo senso. Esso ignora però come la risposta Prussiana sia stata giudicata a Vienna * (2).

520

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 243. Belgrado, 27 aprile 1866, ore 1,47 (per. ore 10).

* Les bataillons du régiments * (3) la Ville de Mitrovitz * refusent marcher * contre Italie. Ils ont insulté le baron Filipovitch (gouverneur de Semlin) et l'Empereur. * Mais malheureusement finiront pour partir. Tous les bataillons des régiments * P·ersavie, * Titel et Slavonie sont partis ou partent. Avancement de presque tous ses supérieurs et inférieurs. Baron Filipovitch nommé feldmaréchal et commande une division qui part pour Italie. Baron Filipovitch

était aide-de-camp de Benedeck à S. Martino *. Je crois, Excellence, que les événements nous ont trouvés sans aucune entente avec les frontières militaires, sans quoi peu de bataillons seraient partis. Ils se seraient plutòt tournés contre l'Autriche. M. Garachanine pense que nous avons laissé échapper l'occasion.

(l) -Cfr. n. 511. (2) -Il brano fra asterischi è edito anche in CHIALA, p. 141. (3) -I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, p. 176.
521

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA,

AL ,PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed in LA MARMORA, p. 184)

T. Berlino, 27 aprile 1866, ore 14,35 (per. ore 18,10).

Bismark m'a dit qu'il sait aussi que les armements autrichiens redoublent, non seulement en Vénétie, mais partout.

Que jusqu'à présent il n'a pas encore de réponse officiel1e à sa note du 21, et que l'Autriche donne pour prétexte de ses armements l'attitude de l'Italie.

M. de Werther doit déclarer aujourd'hui officiellement sans Jaisser pouvtant copie de la dépeche qu'il est inadmissible qu'on prenne pour prétexte à conserver les armements l'attitude de l'Italie; que la Prusse considère, dans l'état actuel, l'Italie comme nécessair·e pour l'équilibre européen, et qu'elle ne pourrait pas rester indifférente à une attaque contre l'Italie.

Bismark s'est mis d'accord avec le ministre de la guerre et il espèr~ obtenir aujourd'hui meme l'assentiment du Roi pour effectuer de nouvelles mesures défensives.

522

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 182)

T. Londra, 27 aprile 1866, ore 15,40 (per. ore 20).

Ayant communiqué votre dépeche télégraphique (l) à lord Clarendon, il s'est borné à y opposer les questions suivantes:

• Le Cabinet italien a-t-il fait mystève de son intention de déclarer la guerre à l'Autriche dès que la lutte aurait commencé avec la Prusse?

N'a-t-il pas dégarni la basse Italie de troupes, pour les réunir vers le nord?

Et en présence de la mission Govone et des bruits non contredits de guerre depuis deux mois, 'est-il étonnant que l'Autriche se mette en mesure?

Pouvons nous croire qu'avec tant d'embarras elle cherche à vous attaquer la première? •.

(l) Cfr. p. 607, nota 2.

523

VITTORIO EMANUELE II A NAPOLEONE III (Ed. in Le Lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 869)

T. Firenze, 27 aprile 1866.

Je n'ai pris aucune disposition belliqueuse, je n'ai point appelé de soldats sous les armes. L'Autriche au contraire arme à force surtout vis-à-vis de nos frontières. Ma responsabilité en face de la nation, qui commence à s'émouvoir, est bien grave. Je ne veux pas attaquer le premier, mais je veux pouvoir défendre mon pays. J,e crois necessaire de prendre des mesures dans ce sens. Je vous prie de me donner votre avis (1).

524

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, A TUTTE LE LEGAZIONI (Ed. in LV 9, pp. 660-662, e in LA MARMORA, pp. 180-181)

CIRCOLARE. Firenze, 27 aprile 1866.

È noto alla S. V. come in questi ultimi tempi le preoccupazioni del Governo del Re e del Parlamento avessero sopratutto per oggetto il riordinamento dell'amministrazione interna, nonché le riforme e le economie ad introdursi nelle Finanze.

I provvedimenti intesi a ridurre i pubblici pesi erano stati recentemente spinti, per quanto concerne l'esercito, fino al punto cui consentiva il piede di pace normale; il Governo del Re si era anche indotto a sospendere provvisoriamente le operazioni della leva ordinaria del 1866, allorquando gravi complicazioni sopravvennero tra la Prussia e l'Austria.

Il Governo del Re, senza punto sconoscere l'importanza delle eventualità che potevano affacciarsi, non istimò tuttavia di dover distogliere il paese dall'opera sua di consolidazione interna, e si limitò a prendere taluni provvedimenti elementari, che la prudenza impone ad ogni Governo in casi somiglianti. Così, egli ebbe naturalmente a rivocare le restrizioni eccezionali da alcuni mesi arrecate allo stesso piede di pace, e lasciò che avessero seguito le consuete operazioni della leva.

Ognuno ebbe agio di constatare che veruna concentrazione di truppe non ebbe luogo in Italia e che le classi di riserva ed i soldati in congedo non furono richiamati sotto le bandiere.

La più perfetta calma non cessò di regnare tra le nostre popolazioni; non fu visto prodursi per parte di privati incominciamento alcuno o preparazione di imprese dirette contro i territorii limitrofi.

Si-fu in codesto stato di tranquillità e di riserva, e nel momento appunto in cui erasi dappertutto in attesa di un disarmo che sembrava convenuto tra i Gabinetti di Berlino e di Vienna, che l'Italia si vide d'improvviso fatta segno a minacce dirette dell'Austria.

Il Gabinetto di Vienna, in documenti ufficiali, pretese contro l'evidenza che concentrazioni di truppe e chiamate di riserve avevano luogo in Italia, e trasse argomento da codeste supposizioni infondate per continuare i suoi armamenti.

Il Governo Austriaco non si limitò a siffatte accuse, colle quali poneva egli stesso l'Italia in causa nella sua vertenza colla Prussia: esso moltiplicò i suoi apprestamenti militari e diede loro nel Veneto, un carattere a noi apertamente ostile.

Dal 22 in poi la chiamata di tutte le classi di riserva si effettua colla massima alacrità in tutto l'Impero; i reggimenti dei confini militari sono chiamati sotto le armi ed avviati verso le provincie venete. In queste specialmente i provvedimenti bellicosi procedono con straordinaria precipitazione; perfino disposizioni che non soglionsi prendere se non a guerra già cominciata vi si pongono in atto: così, per esempio, la spedizione delle merci è del tutto sospesa sulle ferrovie del Veneto, l'amministrazione militare avendo riservato a sé tutti i mezzi disponibili di trasporto, pei movimenti di truppe e del materiale da guerra.

Ella ha incarico, Signor Ministro, di segnalal"e codesti fatti all'attenzione del Governo presso cui Ella è accreditato. Esso apprezzerà ne ho la fiducia, i doveri che circostanze così gravi impongono al Governo del Re.

Si è fatto indispensabile per la sicurezza del Regno che le nostre forze di terra e di mare, rimaste fino ad oggi sul piede di pace, siano senza ritardo aumentate. Prendendo quei provvedimenti militari cui reclama la difesa del paese, il Govrerno del Re non fa che corrispondere alle esigenze della situazione che gli è creata dall'Austria.

* P.S. [Le segno ricevuta dei rapporti] :

(per Parigi) dal n. 322 al n. 328 Politici (l); (per Berlino) dal n. 29 al n. 40 Politici n. 15 confidenziale (2); (per Londra) dal n. 108 al n. 111 confidenziale, n. 140 al n. 144 Politici (3); (per Monaco) dal n. 11 al n. 12 confidenziale, n. 11 al n. 17 Politici (4) * (5).

(l) L'Imperatore rispondeva lo stesso giorno col telegramma seguente: • En armant vous joueriez le jeu de l'Autriche. Cette puissance ne peut songer à vous attaquer car elle sait que dans ce cas nous serions de votre còté. Il faut attendre et voir venir • . (Le Lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 869). Il giorno seguente Vittorio Emanuele Il inviò a Napoleone III quest'altro telegramma (ibid., p. 870): c Je remercie V.M. pour Ies assurances si amicales qu'Elle veut bien me donner dans le cas que l'Autriche nous attaque. J'irai avec beaucoup de prudence en fait d'armements, mais je suis toutefois forcé de prendre quelques mesures dans ce genre pour calmer l'opinion publique surtout ayant appris ce matin quela Prusse continue à armer •.

(l) -Non pubblicati. (2) -Cfr. nn. 462, 468, 472, 487, 490, 500, 502. (3) -Cfr. nn. 473, 491. (4) -Cfr. nn. 463, 470, 475. (5) -Il brano fra asterischi non è edito.
525

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 185)

T. Berlino, 28 aprile 1866, ore 1,25 (per. ore 8,45).

M. de Werther a télégraphié ce soir avoir communiqué à M. Mensdorff le contenu de la dépeche prussienne dont je vous ai envoyé le résumé aujourd'hui. Le comte de Mensdorff a écouté la déclaration avec calme et se réservant d'en parler à l'Empereur.

Il a dit en attendant au ministre prussien, que l'Autricbe à la suite d'informations précises venues d'Italie, ne pouvait s'empecher d'augmenter ses armements; que pourtant elle ne voulait attaquer ni la Prusse ni l'Italie.

Demain arrive la réponse officielle de l'Autriche, motivant maintien des armements sur l'attitude de l'Italie.

M. de Werther écrit aussi qu'elle doit contenir une proposition d'arrangement définitif sur la question des duchés. Ici la situation est jugée grave, mais il m'est impossible pour le moment de vous dire ce qu'il en sortira.

Je ne verrai Bismark qu'après demain pour lui laisser le temps de prendre les ordres du Roi.

526

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 152. Firenze, 28 aprile 1866, ore 11,15.

Reçu votre télégramme (1). Tachez par votre influence et par le bienveillant concours de M. Garachanine de mettre des obstacles au départ d'autres confinaires. Suggérez-moi les moyens les plus promptes pour déterrniner une résistance dans les régiments des frontierès, et si c'est possible démonstrations en notre faveur. Tenez moi au courant de tout ce qui se passe. Cultivez bienveillance du prince et assurez-le de notre amitié.

(l) Cfr. n. 520.

527

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 10. Atene, 28 aprile 1866 (per. il 7 maggio).

Riferendomi al mio dispaccio politico confidenziale delli 17 marzo n. 7 (1), ho l'onore d'informare l'E. V. che i comitati per la grande idea, nella lusinga che la vertenza Austro-Prussiana abbia a degenerare in una guerra da estendersi oltre i limiti della Germania, hanno già da qualche giorno principiato a spedire per varie vie piccoli drappelli di uomini i quali devono penetrare nella Macedonia nella Tessaglia e nell'Epiro onde far insorgere quelle popolazioni che secondo le loro asserzioni o speranze vi sarebbero disposte.

A capo di questi è il noto Leonidas Bulgaris il quale parti giorni sono per Zea, preceduto da una quarantina di uomini, ,e questi a quanto dicesi provveduti di regolari passaporti per l'estero. Il suo obbiettivo pare sia di sbarcare in qualche punto del litorale della Macedonia. Sebbene finora il numero di questi volontarj sia a quanto pare ristretto assai, tuttavia la partenza furtiva del Bulga!"is e de' piccoli drappelli comincia a preoccupare il pubblico, e dirò anche a destare una certa inquietudine per le conseguenze che in generale temonsi assai pericolose (2).

Intanto questo Ministro Turco ha telegrafato ai Pacha di Salonicco e di Volo ed una cannoniera turca sta da più giorni in crociera in traccia di coloro che volessero avventurarsi per mare.

Mi giunge notizia da Corfù che si prepara colà egual spedizione con mezzi non dissimili sulle coste dell'Epiro.

I membri di questi comitati, alcuni dei quali appartengono al partito Ottoniano danno per sicuro che tutti i concerti sono stati presi nel Montenegro nella Serbia nell'Albania e nella Bosnia onde agire simultaneamente.

La pubblicazione nei giornali di Atene di una lettera del Generale Garibaldi del 10 aprile tolta dal giornale greco Clio che si stampa a Trieste, in cui egli promette la sua cooperazione per la liberazione de' Greci, fa supporre a taluni che intelligenze esistano pure coi comitati italiani e che da questi ricevano qualche poco di denaro. Se quella lettera è stata per la prima volta pubblicata nel giornale di Trieste, non è inverosimile il sospetto di taluni che dessa sia apocrifa, siccome proveniente da fonte austriaca.

Non è però men vero che prima e dopo il mio precitato dispaccio delli

7 Marzo agenti Garibaldini o sedicenti tali percorrono la Grecia continentale e

le Isole Ionie promettendo l'aiuto dei comitati italiani e del Generale.

Ciò è quanto ha luogo finora poiché non si ha ancora sicura notizia né

della direzione precisa che abbiano preso queste piccole spedizioni né se abbiano

riuscito a penetrare entro le provincie Greco-Ottomane.

La gente savia disapprova questi tentativi fatti senza previa alcuna organizzazione militare, con piccoli mezzi, con poca gente, e più ancora senza conoscere quale piega prendono le gravi questioni della Germania e dei Principati Danubiani, e se in caso abbiano certezza di essere seriamente appoggiati. E rammentandosi dell'infelice sorte toccata a quelle Provincie dalle spedizioni elleniche del 1854 non senza ragione si teme che le popolazioni di quelle pro

vincie vedendo in sì poco numero e con così piccoli mezzi i loro nuovi liberatori si mostrino se non ostili certo indifferenti onde non andar incontro alli stessi disinganni ed alle stesse sventure da cui furono colpite nel 1854 per parte dei loro confratelli.

Che se poi un qualche piccolo ed isolato tentativo avesse luogo, e le truppe turche, riuscissero subito a reprimerlo, non corre dubbio che non pochi di questi infelici andranno ad aumentare le numerose schiere di briganti che desolano le provincie limitrofe.

Il Ministero Ellenico sebbene dia le più ampie assicurazioni di essere totalmente estraneo a tali movimenti pur tuttavia non lascia di esser molto preoccupato per le complicazioni che potrebbero sorgere o quanto meno per gli imbarazzi, le admonestazioni ed i consigli che gli procurano.

(l) -Non pubblicato. (2) -Bulgaris ed i suoi seguaci furono arrestati appena sbarcati a Salonicco e condotti a Costantinopoli per essere giudicati (cfr. r. 13 di Della Minerva del 19 maggio, non pub:blicato).
528

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA (Ed. in CHIALA, p. 149)

T. Firenze, 29 aprile 1866, ore 16.

Hier nous avons appelé les classes sous les armes ce qui nous donne renfort de 130.000 hommes outre les 70.000 hommes de recrues qui rejoignent déjà les dépòts. Dites nous ce que fait la Prusse et quand elle serait prète le cas échéant. Il faudrait général Govone fùt actuellement à Berlin.

529

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA

T. Firenze, 29 aprile 1866, ore 23,15.

Entente avec Hongrie est urgente pour Prusse et pour nous. Les résultats nous seront aussi avantageux que l'alliance d'une troisième puissance militaire, et acquis à bien bon marché. Ne négligez rien personnellement pour hater sur ce point un accord entre Prusse et nous. Nous veillerons en commun à nous assurer des garanties solides de la Hongrie avant de faire des sacrifices. Il s'agit ici d'avoir dans les Hongrois des alliés fidèles ou des ennemis redoutables, et de diminuer beaucoup effusion du sang en 6tant à Autriche grande partie

de ses forces. Demandez confidentiellement à Bismarck s'il serait disposé à y allouer 5 millions de francs. Les charges que nous nous sommes imposées pour faire face dignement à nos engagements envers la Prusse, la part qui nous revient dans les efforts à faire rendront je l'espère ce sacrifice aussi équitable qu'utile aux yeux du Cabinet de Berlin. Nos frégates cuirassées, qui pourront aller défendre còtes prussiennes nous coùtent 7 millions et demi chacune. Depuis 1848 Italie a fait annuellement grands sacrifices pour préparer en Hongrie une aide dont la Prusse n'a presque plus aujourd'hui qu'à cueillir les fruits avec nous. Faites sentir délicatement ce qui précède à Bismarck. Il n'y a pas de temps à perdre. Parlez en au général Govone.

530

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, ~UIGINI PULIGA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 185 e in CHIALA, p. 149)

T. Berlino, 29 ap1·ile 1866, ore 23,40 (per. ore 7 del 30).

En présence de la dépeche autrichienne du 26 remise ici hier et qui prend prétexte des armements de l'Italie pour refuser de désarmer, la Prusse refuse de son còté de désarmer.

M. Bismark a proposé au Roi la mise sur le pied de guerre de toute l'ar

tillerie ainsi qu'on a pratiqué pour les corps de frontière. Il doit y avoir demain conseH de généraux présidé par le Roi. Bismark m'a dit que le cas echéant il faudra à la Prusse 15 jours pour

l'achat des chevaux et 10 jours pour l'appel des réserves. Faut-il écrire à Govone de revenir?

531

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, QUIGINI PULIGA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 42. Berlino, 29 aprile 1866 (pe1·. il 5 maggio).

J'ai l'honneur de transmettre ci-joint à V. E. la traduction de la dépèche Autrichienne en date du 26 avril, dont j'ai eu l'honneur de Lui envoyer les traits essentiels par mon télégramme d'avant-hier soir (1), et qui répond à la Note Prussienne du 21. Deux circonstances me paraissent ressortir de cette

dépeche, la première c'est l'insistance avec laquelle l'Autriche parle de désarmement simultané, tandisque la Prusse n'avait accepté qu'un désarmement graduel et pas-à-pas des désarmements Autrichiens. Le second c'est la perfidie avec laquelle elle tente de nous isoler de la Prusse, et de ménager la possibilité de tomber sur nous de toutes ses forces sans craindre une diversion de la part de son ancienne alliée (1).

Conjointement à cette dépeche, le Ministre Autrichien a également donné lecture d'une seconde dépeche, dont je n'ai pas encore pu me procurer copie, mais dont o n m'a assuré l'analyse suivante: l'Autriche eroit que la question des Duchés de l'Elbe doit etre définitivement résolue dès à présent, pour éviter de nouvelles complications; elle propose, par conséquent, à la Prusse de déférer, de commun accord, la question du Holstein à la Diète Germanique qui déciderait lequel des Prétendans aurait le plus de droits. La Prusse pourrait naturellement se réserver plusieurs des avantages qu'elle avait elle-mème proposés dans sa dépeche du 22 février de l'année dernière. Dans le cas où la Prusse ne voudrait pas marcher d'accord avec elle, l'Autriche se verrait alors forcée de céder ses droits à la Confédération Germanique; et mes Collègues prétendent mème savoir que l'Autriche ne se refuserait pas à permettre que les populations soient consultées par le moyen du suffrage universel. V. E. remarquera sans doute que ce mode de solution n'est pas nouveau, et qu'il ne satisfait aucunement aux aspirations de la Prusse. Cette manière, en outre, de la lui imposer les armes à la main, ne peut manquer de la confirmer dans sa résistance.

(l) Non pubblicato.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 330. Parigi, 29 aprile 1866.

La notizia degli armamenti straordinari dell'Austria nella Venezia produsse a Parigi la più viva impressione. Tutti si chiedono se la Corte di Vienna, la quale si era mostrata così arrendevole dal lato della Prussia nella questione degli armamenti, stia ora per cedere ad un movimento irreflessivo di collera e provochi ella stessa in Italia quella guerra che seppe finora evitare in Germania. Nelle regioni ufficiali, come ebbi cura d'informarne V. E. per telegrafo,

non si crede ad un'aggressione dell'Austria contro l'Italia. Si è piuttosto propensi a supporre che il Gabinetto di Vienna voglia ripetere verso di noi lo stratagemma adoperato verso la Prussia, e costringere noi a fare dichiarazioni specifiche e a disarmare, disarmando esso pure. La situazione però si complica in Italia di elementi affatto diversi e tali che questo stratagemma potrebbe difficilmente condurre allo stesso risultato. Per l'opposto, la Prussia dichiarò di non poter considerare come sincero il disarmo dell'Austria verso la Boemia e la Sassonia se coincide cogli armamenti straordinari nel Veneto. Ad ogni modo, reputo mio dovere di riferire di nuovo a V. E. quanto consta a me sull'atteggiamento che il Governo francese assumerebbe qualora la guerra scoppiasse fra l'Italia e l'Austria.

Se l'Italia aggredisce per la prima l'Austria, il Governo Francese dichiara che l'Italia dovrà assumere essa sola la responsabilità del suo operato. Essa agirà, in questo caso, secondo l'espressione di S. E. il Signor Drouyn de Lhuys, a suo rischio e pericolo. Se per contro l'Austria aggredisce l'Italia per la prima, il Governo Francese non ci negherà il suo aiuto. Egli impedirebbe che fossero distrutti i risultati della guerra del 1859, e questo sarebbe un compito imposto al Governo Imperiale dalla tutela dei suoi proprii interessi. In questo caso, secondo l'espressione del Ministro Imperiale degli Affari Esteri, il passato dev'essere per l'Italia garante dell'avvenire. Per queste ragioni, quando io annunziai ufficialmente al Signor Drouyn de Lhuys gli armamenti dell'Austria nella Venezia e la necessità in cui questi armamenti mettevano l'Italia d'armare essa pure, il Governo francese ci consigliò, come ebbi cura d'annunziarlo a V. E. per telegrafo, di non armare e di limitarci a constatare pubblicamente gli armamenti dell'Austria e l'attitudine tranquilla dell'Italia. Questo consiglio però, dettato dal benevolo interesse che la Francia porta all'Italia, non ha e non può avere altro carattere che quello che è proprio d'un consiglio amichevole. Il Governo Francese, in questa come in ogni altra circostanza, non intende fissare all'Italia una linea di condotta che essa sola deve prefiggersi secondo i suoi interessi. Il Governo Italiano in presenza di fatti che pongono in gioco i destini della nazione, deve poter liberamente provvedere, sotto la propria responsabilità, alla salute dello Stato.

(l) Cfr. il seguente brano della nota austriaca: • Les dernières nouvelles d'Italie prouvent en effet que l'armèe du Roi Victor Emmanuel est mise en état d'attaquer la Vénétie. L'Autriche est donc obligée de mettre, par l'appel des réserves, son armée Italienne sur le pied de guerre, et de veiller à la sécurité, non seulement de sa frontière le long du Po, mais encore de son litoral si étendu, ce qui ne peut avoir lieu d'une manière efficace sans qu'on opère des mouvemens de troupes considérables dans l'intérieur de la Monarchie. Nous croyons nécessaire d'en informer le Cabinet Royal afin de couper court aux fausses appréciations auxquelles pourrait donner lieu la nouvelle qu'à l'instant meme où nous contremandons les dislocations ordonnées en Boheme, nous armons dans d'autres partiesde l'Empire. V. E. est chargée de déclarer au Gouvernement Royal que ces préparatifs ne répondent qu'à l'éventualité d'une lutte contre Ics ltaliens, et que nous commencerons sur le champ à mettre à exécution la proposition de notre désarmement simultané, dès que nous aurons reçu l'assurance que le Gouvernement Royal ne se laissera pas détourner, par Ies dispositions prises en vue de repousser une agression de notre voìsin méridional, de sa promesse de rétablir un état de choses norma! entre l'Autriche et la Prusse •.

533

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, pp. 182-183 e in CHIALA, p. 150)

T. 251. Parigi, 30 aprile 1866, ore 10,15 (per. ore 13,45).

Votre circulaire (l) résumée par télégraphe produit profonde impression. En général opinion publique nous est favorable, bien qu'on eut désiré que l'on eut attendu avant d'armer. J'ai dit à Drouyn de Lhuys que la situation

faite à l'Italie par les armements autrichiens était telle qu'il n'est pas possible de ne pas prendre les mesures que l'on prend. Drouyn de Lhuys a demandé à prince Metternich dans une conversation pourquoi Autriche avait armé et si elle a intention attaquer Italie. Metternich a dit Autriche craignait une attaque de l'Italie. Drouyn de Lhuys répliqua que l'on savait bien qu'Italie n'aurait point attaqué la première. Metternich demanda si la France pouvait lui garantir cela. Drouyn de Lhuys répéta que l'Italie n'aurait point attaqué la première (1). La conversation en resta là. Drouyn de Lhuys m'a dit qu'il lui semble impossible Autriche put se contenter de la dernière réponse de la Prusse.

(l) Cfr. n. 524.

534

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI

T. 156. Firenze, 30 aprile 1866, ore 16,15.

J'attends vos renseignements circonstanciés sur la situation et les intentions de la Bavière. Vous ferez ensuite très rapidement votre tournée auprès des autl"es Cours pour revenir au plus tòt à Munich (2).

535

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R.s.N. Darmstadt, 30 aprile 1866.

* Je suis arrivé ici avant-hier et ce matin à midi, j'avais l'honneur de remettre mes lettres de créance à S.A.R. le Grand-Due qui m'a fait le plus bienviellant accueil * (3). Répondant à l'expl."ession des sentiments du Roi, Notre Auguste Souverain, dont je m'étais rendu l'interprète, Son Altesse m'a chargé d'offrir à Sa Majesté les assurances de sa très haute estime et de sa sincère affection, en ajoutant qu'Elle était très heureuse du rétablissement des rapports diplomatiques entre les deux Cours. Son Altesse Royale a prononcé les derniers mots avec un tel accent de franchise qu'il est impossible de douter de la sincérité. Au reste, * ici comme à Oldenbourg, j'ai été reçu avec tous les honneurs dus au représentant d'une Grande Puissance *: les voitures de la Cour en grand gala sont venues me chercher à mon hotel et en entrant au

Palais j'ai trouvé une compagnie de la garde qui m'a rendu les honneurs militaires. * Si je donne ces détails à V.E. c'est pour bien La convaincre * (l) camme je suis convaincu moi-mème, que la Cour de Darmstadt a bien positivement rompu avec ses anciennes antipathies du passé et que son Gouvernement a * la franche intention de se mettre dans les meilleurs termes avec l'Italie *.

Avant camme après mon audience, pendant les trois jours que j'ai passés ici, j'ai eu des entretiens extrèmement intéressants avec le Président du Conseil qui m'a parlé avec le plus entier abandon sur la politique Allemande. Les paroles du Baron de Dalvigk méritent d'autant plus d'ètre rapportées que partageant avec le Ministre des Affaires Etrangères de Saxe et de Bavière la mission de diriger la politique des Etats secondaires, elles acquièrent par cela mème une très grande importance. Bien plus il a sur ces deux Ministres l'immense avantage qu'étant exempt de la vanité du premier et de la fougue passionnée du second, il juge des choses (à son point de vue bien entendu) avec ce calme, oette netteté d'esprit et ce sens pratique dont l'ensemble constitue le véritable homme d'Etat.

• Nous ne nous méprenons point, m'a-t-il dit, sur les intentions secrètes de la Prusse dans sa fameuse proposition de réforme fédérale. Ce qu'elle veut c'est d'en arriver insensiblement à l'absorption pure et simple de la plus grande partie du territoire Allemand, en substituant son action violente à celle de la Diète et en créant une situation révolutionnaire semblable à celle de 1849 dont elle espère, bien à tort, pouvoir diriger le courant au profit de son ambition. Aujourd'hui, camme première préparation à ses projets, sans vouloir absolument consentir à nous faire part de son programme, elle exige impérieusement la convocation immédiate d'un Parlement qui se changerait instantanément en Constituente et dont le premier acte, la révolution aidant, serait de prononcer notre arrèt de mort. Nous ne donnerons pas dans le piège: nous nous sommes tous mis d'accord à Augsbourg pour résister à une aussi perfide intention; nous sommes prèts à procéder à une réforme fédérale dont nous sommes les premiers à reconnaitre l'urgente nécessité, mais nous voulons agir avec tout le calme et toute la mesure que réclame une si importante modifìcation des institutions fédérales; et si la Prusse s'imagine pouvoir nous violenter, elle se trompe: nous sommes 14 millions d'habitants

et nous voulons vivre sans subir le joug Prussien. Aujourd'hui mème, a ajouté le Ministre des Affaires Etrangères, l'Envoyé Prussien est venu me lire une dépèche du Cabinet de Berlin dans laquelle il est dit que la Prusse désirant éviter à la réalisation de ses projets de réforme les lenteurs traditionnelles de la Diète, insiste pour que l'an fìxe dès à présent une date à la réunion du futur Parlement auquel elle soumettra son programme. J'ai répondu à M. de Wentzel tout ce que je viens de vous dire; de plus, en lui faisant observer qu'un pareil Parlement ramènerait infailliblement la crise révolutionnaire de 1849, je lui ai dit qu'il était bien étrange de voir la Prusse VI)Uloir par son initiative isolée, provoquer une situation qu'elle avait, à cette époque, combattue et renversée à l'aide de ses armes. Je ne doute pas que les Envoyés Prussiens aux autres Cours d'Allemagne aient fait auprès d'elles

la mème démarche, mais ils trouveront partout la mème réponse, et nous verrons bien en définitive qui sera le plus fort •.

M. de Dalvigk m'a parlé ensuite de l'Autriche leur alliée naturelle, mais qui depuis sept ans commet faute sur faute. « L'Empereur, m'a-t-il dit, n'a aucune fixité d'esprit; il passe d'une extrémité à l'autre et finit toujours par ètre dupe. Au lieu de se maintenir ferme et solide sur le terrain fédéral qui constitue sa véritable force, il s'est séparé de nous dans l'affaire des Duchés et s'est sottement allié à la Prusse. Aujourd'hui il sent l'énorme faute qu'il a commise et veut revenir à nous. Ce n'est pas avec une Puissance aussi fausse et aussi perfide que la Prusse qu'il faut jouer de ces jeux-là, ils coutent trop chers et sont trop dangereux. Je n'ose pas me permettre de vous donner un conseil, a fini par me dire le Baron Dalvigk, mais croyez-moi, méfiez-vous extrèmement de la Prusse; elle est perfide et traìtre par nature; elle serait votre alliée, que si c'est son ,intérèt, elle vous lacherait en pleine alliance •.

J'avais jusque là écouté le Baron Dalvigk sans lui répondre autrement que par ces répliques insignifiantes destinées à alimenter sa conversation, mais arrivé à cette dernière observation qui ressemblait beaucoup à une insinuation, j'ai cru devoir lui répliquer tout simplement que notre programme était tellement connu que ne voulant tromper personne nous n'étions pas en état d'ètre trompés par qui que ce soit, et la conversation en est restée là.

Un détail important que toutefois je ne dois pas omettre, c'est qu'en me parlant de la Bavière. M. de Dalvigk m'a dit qu'à Augsbourg le Baron de Pfordten lui avait déclaré de la manière la plus formelle qu'au milieu de la crise actuelle, la Bavière n'ambitionnait aucun agrandissement territorial; qu'elle était pour le respect le plus absolu du droit et de la Souveraineté de chacun et le maintien intact du lien fédéral.

Tel a été en résumé, M. le Ministre, la langage du Baron Dalvigk. Il confirme pleinement ce que j'ai eu souvent l'honneur de mander de Berlin à

V. E. sur le nouveau pacte d'alliance des Etats secondaires avec l'Autriche, le refus de la Bavière de se laisser séduire par les offres de la Prusse, et la résolution bien arretée de tous de résister énergiquement aux projets du Cabinet de Berlin.

Je porterai ce soir cette lettre à Francfort d'où j'aurai encore l'honneur d'écrire à V.E.

(l) -Con t. 253 pari data, Nigra comunicò a questo proposito: • Drouyn de Lhuys m'a dit qu'il n'avait donné aucune garantie formelle, qu'il avait exprimé une opinion suggérée par le bon sens •. (2) -Anche Barrai venne invitato con t. 157, pari data, ad affrettare la presentazione delle credenziali ed il suo rientro a Berlino. (3) -I brani fra asterischi sono editi in italiano in L V 9, p. 78.

(l) In L V 9 il periodo continua cosi c che quei Governi nutrono...•.

536

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in CHIALA, pp. 151-154)

L. P. Parigi, 30 aprile 1866.

Avant'jeri l'Imperatore ha ricevuto un telegramma del re, relativo agli armamenti dell'Austria (1). L'Imperatore rispose nel senso stesso del telegramma ch'io le inviai il giorno prima, cioè sconsigliando il re dall'armare, e dicendo

che non bisognava fare· il giuoco dell'Austria. Le indico ciò per semplice sua informazione, e pregandola di tenere la cosa per sé, quantunque io pensi che il re prima di mandare il telegramma ne avrà conferito con Lei.

Un dispaccio dell'lndépendance Belge annunzia che l'Imperatore Napoleone avrebbe guarentito all'Austria che l'Italia non l'avrebbe aggredita per la prima. L'origine di questa notizia, tolta dalla P1·esse di jeri è una conversazione che si passò fra Drouyn de Lhuys e Metternich. Drouyn de Lhuys disse a Metternich che l'Austria aveva avuto torto d'armare nella Venezia, mentre poteva essere certa che l'Italia non avrebbe attaccato l'Austria per la prima. Metternich domandò se la Francia poteva guarentir ciò, Drouyn de Lhuys disse che egli credeva la cosa certa perché 1ndicata dal buon senso. Naturalmente io non posso che ripeterle quanto Drouyn de Lhuys m'ha detto egli stesso in risposta alle domande da me fattegli in proposito. Drouyn de Lhuys mi soggiunse, che aveva detto a Metternich che in caso di guerra fra la Prussia e l'Austria, non sapeva dirgli qual partito avrebbe preso l'Italia, che in tal caso il Governo Italiano avrebbe preso liberamente quelle determinazioni che avrebbe giudicato conformi al proprio interesse. Oggi Drouyn de Lhuys mi ripeté che la Francia non aveva a dare alcuna guarentigia sul conto nostro.

Drouyn de Lhuys m'ha ripetuto oggi pure che l'Imperatore parlando con lui questa mattina s'era rammaricato dei nostri armamenti. L'Imperatore persiste a credere che noi armando facciamo il giuoco dell'Austria. Io dissi a Drouyn de Lhuys che giudicando le cose di qui, ove tutto è tranquillo, può parer naturale il consiglio di non armare; ma che in Italia la situazione è ben diversa. • L'Austria, diss'io, ha preso tutte le misure militari che si pigliano soltanto alla vigilia delle ostilità; queste misure sono offensive, non difensive, giacché per la difesa basta il Quadrilatero e la guarnigione ordinaria; l'Italia non ha frontiera militare; un esercito austriaco può marciare su Milano in poche ore; e l'ajuto della Francia è lontano. È quindi naturale che il Governo del re abbia dal suo canto provvisto alla difesa del paese •.

Drouyn de Lhuys m'ha detto e ridetto che positivamente l'Austria dichiara nel modo il più formale che non intende assalir l'Italia. Io domandai a Drouyn de Lhuys quale adunque poteva essere, a suo giudizio, l'intenzione dell'Austria. Egli mi rispose che forse l'Austria volle con questa manovra forzare la Prussia a dichiararsi per l'Italia, affine di rendere così la Prussia più impopolare in Germania, e di poter dire che la Prussia sacrifica gl'interessi tedeschi a quelli d'un paese straniero.

Durante la conversazione feci notare a Drouyn de Lhuys che nel 1859 chi aveva attaccato era l'Austria, e che noi non potevamo dimenticarlo.

Ho dimenticato di dirle a proposito della notizia data dall'Indépendance Belge che io non feci nessuna dichiarazione, non dissi nessuna parola che potesse autorizzare l'Imperatore o il suo Ministro a dare all'Austria la guarentigia che l'Italia non avrebbe aggredito l'Austria per la prima. Non dissi nulla né pro, né contro a questo riguardo. Solamente ho comunicato a suo tempo all'Imperatore e a Drouyn de Lhuys la dichiarazione ch'Ella m'aveva incaricato per telegrafo di fare, che cioè l'Italia non aveva (alla data del 23 corrente) fatto alcuna concentrazione a Bologna e a Piacenza e non aveva richiamato nessun soldato in congedo. Forse fu questa dichiarazione, che comunicata all'Austria

ha potuto dar luogo alla notizia predetta, secondo cui l'Imperatore Napoleone avrebbe guarentito all'Austria che l'Italia non attaccherà. Ma Le ripeto che Drouyn de Lhuys non mi disse nulla che possa far credere ad una guarentigia simile, ed oggi si espresse così: La Francia non ha a dare simili guarentigie a nessuno e per nessuno.

Giovedì vi saranno al Corpo Legislativo interpellanze a proposito della Leva. Nel Consiglio dei Ministri tenuto oggi fu deciso, contro l'avviso di Walewski che conveniva rispondere a queste interpellanze. La risposta sarà fatta da Rouher. Il linguaggio ministeriale sarà: che il Governo francese desidera vivamente la pace; che l'ha sempre consigliata e continuerà a consigliarla e a fave anche dei passi presso le Potenze interessa,te, perché seguano consigli :pacifici; che se la guerra scoppia, la Francia manterrà una neutralità stretta ed assoluta, finché gl'interessi francesi non venissero minacciati. Quanto all'Italia non fu ancora ben deciso se e quali dichiarazioni il Governo debba fare. Ciò non sarà deciso che mercoledì prossimo. Ma è probabile che il Governo dirà che se l'Italia dichiara la guerra per la prima, lo farà a suo rischio e pericolo e sotto la sua responsabilità. Rouher dichiarerà pure che la Francia non ha preso nessun impegno, di qualsiasi genere, né colla Prussia, né coll'Austria né coll'Italia, in guisa che la sua libertà d'azione non è e non sarà vincolata. L'opinione generale è qui talmente dichiarata contro la guerra, che io temo· forte che vi siano discorsi violenti contro la Prussia e contro di noi. Però gli armamenti austriaci sono d'altra parte generalmente disapprovati, e molti giornali si espressero in un senso favorevole all'Italia, quando videro che le minacce venivano dall'Austria.

Non mi stupirebbe che l'Imperatore mettesse di nuovo in campo l'idea d'un congresso, convinto però che non sarebbe accettata. Attendo con impazienza la sua circolare che m'arriverà, spero, domani.

(l) Cfr. n. 523.

537

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO

T. 160. Firenze, 1 maggio 1866, ore 11,50.

Reçu votre lettre, pas temps de répondre. Je regrette que lord Clarendon ne veuille pas se persuader que nous n'avons rien fait pour provoquer Autriche, d'autant plus que j'a.i lieu de croire qu'Elliot est tout à fait de mon avis là dessus (1). Impossible de vous tenir au courant plus que je ne le fais puisque les conditions politiques changent de jour en jour.

c Del resto l'opinione pubblica non ci abbandona. Tutt'al più esprime rammarico di vederci imbarcati colla Prussia che detesta e più ancora con Bismarck che detesta sopradi ogni cosa. Ma in fin dei conti si sente sempre a esprimere questo concetto che almeno possa l'Italia non essere jouée e che possa finalmente compire la sua unità.

Del resto il giornalismo si conduce ottimamente da qualche giorno ed il corrispondentedel Times a Firenze scrive meglio di quello che era uso a fare in questi ultimi tempi •.

(l) Cfr. il seguente brano del r. 408/145 di D'Azeglio del 2 maggio:

538

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 91. Pietroburgo, l maggio 1866, ore 3 (per. il 7).

Je rentre à l'instant d'un bal à la Cour, et je m'empresse de rapporter les

indications que j'ai été à meme d'y recueillir.

Le Prince Gortchacow ne m'a pas caché qu'il était très préoccupé des nouvelles inquiétantes qui lui étaient parvenues aujourd'hui meme de Berlin, ainsi que de la situation en Italie. J'ai vivement insisté sur la maladresse commise par l'Autriche invoquant la nécessité d'adopter des mesures défensives dans la Vénétie, au moment meme où elle venait de s'engager à des désarmements vis-à-vis de la Prusse. Le Vice-Chancelier a été complètement de mon avis à cet égard, et il attendait impatiemment les renseignements qu'il avait demandés par voie télégraphique à M. de Kisseleff, et qui apporteraient, il le souhaitait, quelque lumière au milieu de la confusion. Il comptait sur la loyauté de V. E.

L'Empereur m'a témoigné 1es memes appréhensions, et je lui ai tenu le meme langage que la veille. Je me suis nouvellement référé au dernier télégramme de V. E., qui s'appliquait d'ailleurs à un état des choses antérieur aux nouvelles, vraies ou fausses, d'une mobilisation en Italie. Cependant il ne serait pas improbable que, en présence des dispositions militaires ordonnées par le Cabinet de Vienne vers nos frontières, nous eussions depuis lors jugé nécessaire de pouvoir également à notre sureté. Je m'en remettais entièrement à l'esprit impartial de Sa Majesté.

Elle m'a répondu qu'il y aurait encore moyen de s'entendre, si de part et d'autre on agissait en toute sincérité. Sous ce rapport Elle avait lieu de douter de la franchise des allures de la Prusse. Elle croyait meme que de notre còté, sans vouloir porter contre nous une accusation, nous avions peutetre contribué par notre attitude à mettre l'Autriche en demeure de se prémunir contre toute éventualité.

J'ai combattu de mon mieux cette supposition, non sans faire ressortir les exigences de notre position.

Je sais que Sa Majesté s'est aussi prononcé dans un sens analogue vis-à-vis du Comte de Redern, qui le matin meme avait fait au Vice-Chancelier une communication exposant le point de vue de la Cour et du Gouvernement de Berlin. Cette communication disait en substance que le Roi Guillaume maintenait ses dispositions de désarmement, pour autant que l'Autriche en donnerait sérieusement l'exemple. Mais il faisait appel aux sentiments du Czar pour apprécier, lui-meme, s'il pouvait accepter en parfaite confiance des déclarations pacifiques, auxquelles la conduite postérieure de l'Autriche donnait presque un démenti. Le Comte de Bismarck savait notamment que cette Puissance armait depuis le 17 en Vénétie, tandisque jusqu'à ce jour nous n'avions eu recours à aucune mesure extraordinaire. Que devient, en présence de ce fait,

l'assurance que la Cour de Vienne n'a en vue que la protection de ses possessions dans la Péninsule, et ne nourrit aucune arrière-pensée vis-à-vis de la Prusse?

V. E. le voit, M. de Bismarck ne saurait prescrire à un Agent Diplomatique un langage plus précis et plus correct à notre endroit.

Ayant raconté ma conversation avec l'Empereur à un Secrétaire intime du Prince Gortchacow, il n'a pas hésité à me déclarer que, en attribuant un manque de sincérité à la Prusse, Sa Majesté avait sans aucun doute prononcé un mot pour un aut!"e, et qu'Elle avait entendu désigner l'Autriche. D'après ce qui m'a été dit par le Secrétaire général, que j'ai cherché également à gagner à notre cause, il ne comprenait pas l'esprit d'aveuglement du Cabinet de Vienne, qui paraissait le pousser à commettre les mèmes fautes qu'en 1859, époque à laquelle le parti militaire élevait la voix au-dessus des hommes d'Etat.

L'Empereur m'a laissé entendre en outre que, d'après des nouvelles dont l'exactitude n'était pourtant point prouvée, l'Autriche aurait fait savoir à Paris qu'elle serait prète à désarmer dans la Vénétie, si la France consentait à lui garantir la possession de cette Province.

Un dernier détail à propos des Prindpautés Danubiennes. Dans une conversation avec le Prince Gortchacow, le Baron de Talleyrand développait l'idée, disait-il, à lui personnelle, qu'un Prince étranger serait la meilleure combinaison pour les conditions de ce Pays. Le Vice-Chancelier répondait que, s'il était Moldave ou Valaque, il penserait de mème, mais a_ue cette combinaison amènerait le démembrement de l'Empire Ottoman, et il ajoutait ces mots:

• cependant, si vous voulez ce démembrement, causons sur ce sujet •.

L'Ambassadeur de France n'a pas cru devoir prolonger l'entretien sur une matière aussi délicate, mais il a constaté par devers moi que c'était la seconde fois que semblable insinuation lui était faite.

539

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Monaco, l maggio 1866.

Reçu télégramme (2). Je m'y conformerai après l'audience Royale. La situation et l'attitude de la Bavière me semble généralement telle quelle

M. le Marquis Centurione l'a désignée. Je ferai un rapport détaillé dès que je pourrai mieux juger et apprécier.

Quant à la nouvelle phase Italo-Austro-Prussienne mon impression d'après le premier entretien avec le Ministre des Affaires Etrangères et d'autres per

sonnages c'est la suivante: • Neutralité bienveillante envers l'Autriche, hostile envers la Prusse et malveillante envers l'!talie •.

M. Von der Pfordten voudrait nous donner la responsabiHté des armements autrichiens provoqués dit-il par notre attitude d'agression (sic) affirmant que la Prusse et l'Autriche avaient donné dernièrement l'assurance formelle de ne pas attaquer et de désarmer. S. E. m'a dit et répété que dans le cas de guerre entre l'Italie et l'Autriche la Bavière ne s'en mèlera pas, mais si la Prusse intervient, elle réserve sa liberté d'action.

L'opinion ici de plusieurs collègues non Allemands, et par conséquent désintéressés, c'est qu'en cas de guerre Austro-Prussienne ou Italo-Autrichienne la Bavière sera entraìnée par l'opinion publique déjà très prononcée à prendre fait et cause pour l'Autriche.

En résumé ne pas compter sur Bavière, ne pas se fier à Von der Pfordten et ne pas attaquer les premiers si possible le cas échéant.

(l) -Al r. 9. (2) -Cfr. n. 534.
540

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 189-190 e in CHIALA, pp. 155-156)

L. P. Parigi, l maggio 1866.

Jeri sera al ricevimento delle Tuileries l'Imperatore, vedendomi, mi si accostò e mi disse: • C'était bien la peine de me demander conseil pour faire tout le contraire de ce que je conseillais ». lo spiegai lungamente all'Imperatore le ragioni che avevano spinto il Governo ad armare, cioè l'attitudine minacciosa dell'Austria, le misure militari da essa prese, misure che si pigliano appena alla vigilia delle ostilità; il carattere offensivo di queste misure, giacché per la difensiva basta il quadrilatero e la guarnigione ordinaria; la mancanza di frontiera militare dalla parte dell'Italia; la lontananza del soccorso francese in caso di attacco dell'Austria infine l'opinione pubblica in Italia, che imperiosamente esigeva che il Governo provvedesse alla sicurezza dello Stato. Quest'ultima ragione fu ammessa dall'Imperatore, ma quanto all'idea di un'aggressione per parte dell'Austria, l'Imperatore persiste a dire che è infondata, avendo l'Austria ripetutamente dichiarato che non ha nessuna intenzione d'attaccare l'Italia. L'Imperatore soggiunse che sarebbe desiderabile che se la rottura ha luogo, questa venga dal Nord, cioè dall'Allemagna. Raccomandò la prudenza e di non precipitar nulla.

Il Governo Francese è preoccupato delle interpellanze che verranno fatte giovedì al Corpo Legislativo. I nostri armamenti rendono la sua situazione più difficile. Si esigerà da lui una dichiarazione esplicita intorno all'attitudine che piglierà relativamente all'Italia. Se l'Italia non avesse armato la sua risposta sarebbe stata facile. Esso avrebbe forse detto: se l'Austria aggredisce l'Italia, la Francia vi si opporrà anche colle armi; se per contro l'Italia aggredisce per la prima, lo farà a suo rischio e pericolo. Ora in presenza di armamenti che gli amatori della pace ad ogni costo hanno interesse a presentare come simultanei, la risposta del Governo francese sarà più imbarazzata. Questa è la ragione principale per cui qui si è disapprovato che l'Italia abbia ordinato immediati armamenti.

* Del resto io sto qui sulla breccia combattendo, per quanto posso, ogni tendenza a noi ostile. Abbiamo contro di noi la massa enorme d'interessi che la guerra metterebbe in giuoco. Ma abbiamo per noi la benevolenza e l'interesse dell'Imperatore; ed io soggiungo anche gl'interessi commerciali, industriali e bancarii, giacché è per me indubitato che anche al punto di vista di questi interessi val meglio una guerra· che ha per risultato una soluzione definitiva delle questioni vertenti, che lo stato d'orribile inquietudine e d'incertezza in cui si vive da due mesi * (1).

Ricevo con piacere vivissimo in questo momento i due telegrammi con cui mi si annunziano le votazioni unanimi d'entrambi i rami del Parlamento intorno alle misure di finanza straordinarie. Ne do comunicazione al Signor Drouyn de Lhuys e come pure della circolare.

541

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 191-192, in GOVONE, pp. 492-493 e in CHIALA, p. 164)

T. Berlino, 2 maggio 1866, ore 2,35 (per. ore 13,50).

Bismark m'a dit qu'on a décidé en principe d'augmenter l'armement. Le conseil des généraux voudrait acheter tous les 50,000 chevaux pour l'artillerie, munitions et cavalerie de réserve, tandis que le Roi toujours hésitant veut armer en moindre proportion.

La décision ne sera prise que dans deux ou trois jours au plus tard.

Pour connaitre l'extension qu'on donne ici aux engagements pris avec nous, j'ai dit au comte de Bismark que l'Autriche et nous serions prets dans un mois au plus tard, et QU'alors la guerre pourrait éclater en ItaHe, et lui ai demandé si ~a Prusse ne fait pas le meme calcul pour ses armements, et si elle sera prete à déclarer la guerre à l'Autriche d'après le traité d'alliance, si l'Autriche la déclare à l'Italie.

Il m'a dit que le Roi ne donne pas au traité cette portée et qu'il ne croyait pas que cette obligation fUt réciproque, d'après le texte 1ittéral. J'ai ajouté alors si on ne pourrait pas compléter les stipulations et y introduire complète réciprocité dans une convention militaire.

Il m'a dit que le Roi refuserait de s'engager à déclarer la guerre à l'Autriche dès qu'elle éclaterait en Italie; ne voulant pas nous encourager à pousser les choses à bout.

Que cependant le Ministère prussien croyait que cette éventualité serait forcément amenée par Ies circonstances, et attacherait son existence à ne pas

laisser engager la lutte entre l'Italie et l'Autriche sans prendre part au meme moment.

Il m'a autorisé à le déclarer à V. E. en ajoutant de nous fier à la force des circonstances et des intérets prussiens les plus graves, meme si les hésitations du Roi ne lui permettaient pas d'obtenir sa si~ature.

Je lui ai demandé si la Prusse serait disposée à sacrifier cinq millions pour la Hongrie. Il répondit qu'on ne connait ni le pays ni les hommes, qu'on craignait de jeter l'argent inutilement surtout que formalités minutieuses du Gouvernement prussien rendaient absolument impossible de détourner une telle somme, meme pour un objet de cette importance.

(l) Il brano fra asterischi non è edito.

542

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL GENERALE GOVONE (l)

(Ed. in LA MARMORA, pp. 198-199 e in CHIALA, pp. 165-166)

T. Firenze, 2 maggio 1866, ore 16,50.

Dites à Bismark que l'Italie n'a nullement l'intention d'attaquer Autriche, mais que pour le cas d'une agression autrichienne contre Italie, l'alliance offensive et défensive obligerait la Prusse à engager de son còté les hostilités et à les poursuivre * en conformité du traité * (2).

Comme nos engagements envers la Prusse, et la politique que nous devons suivre en conséquence seraient la cause unique de l'attaque de l'Autriche contre nous, je ne vois pas comment le Roi de Prusse pourrait se croire libre d'obligation, envers l'Halie, ni comment Prusse pourrait se soustraire aux obligations réciproques de l'alliance offensive et défensive.

Ne laissez aucun doute que le Gouvernement du Roi est ici parfaitement maitre de la situation, et qu'il n'y a pas à craindre que ce soit nous, mais au contraire l'Autriche qui pourrait pousser les choses ·à bout (3).

543

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 2 maggio 1866, ore 14,50 (per. ore 21,30).

Demain auront lieu interpellations au Corps législatif. Rouher déclarera que l'attitude de la France est pacifique, neutre et libre d'engagements. Il déclarera en outre que si l'Italie attaque elle le fera à ses risques et périls. On r'attend à une discussion orageuse.

(l) -Il telegramma fu trasmesso tramite la legazione a Berlino. In LA MARMORA risulta diretto a Barrai ma la minuta conservata in ASME è diretta a Govone. (2) -Le parole fra asterischi ~ono omesse in LA MARMORA e in CHIALA. (3) -Con t. pari data La Marmora informò Nigra del t. di Govone pubblicato al n. 541 e <li questa sua risposta.
544

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 258. Belgrado, 2 maggio 1866, ore 15,35.

J'ai accompagné chevalier Visconti Venosta de Cassias près de Widdin. Hier matin mon retour trouvé télégramme de V. E. 28 avril (1). J'ai parlé de suite à Garachanine. V o ici la conclusion de notre entretien: C'est trop tard car Italie n'ayant pas voulu aider Garachanine à préparer Grentzer, et lui ne pouvant supporter tout seul ce fardeau, faute argent, a du abandonner le fil de la toile qu'il tenait et tout s'est décousu (2). Cependant nous tacherons de faire ce qui est possible de faire et je vous télégraphierai notre plan, mais en attendant il faut m'autoriser à quelque dépense pour envoyer émissaire pour connaitre manière exacte mouvement des troupes frontière, car officiers àe ma connaissanc'e ont été éloignés de Pancsova et Semlin. Après ce que je vous ai mandé sur le mouvement des Grentzer beaucoup de contre ordres sont arrivés de manière que parmi les bataillons que j'ai indiqué à V. E. comme étant déjà partis, beaucoup n'ont pas bougé.

545

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 261. Monaco, 2 maggio 1866, ore 23 (per. ore 3,50 del 3).

Je viens de recevoir télégramme de V. E. (3). J'ai signalé dimanche mon

arrivée avec rapport en chiffre (4). Dépèche chiffrée détaillée partie également

hier soir par poste après entretien avec collègues et Pfordten. Celui-ci reçoit

maintenant très rarement. Ministre de Prusse absent est attendu demain. Jour

nal officiel de Bavière dément aujourd'hui bruits d'une sommation de la Prusse

à la Bavière pour désarmement Etats secondaires, espérant faire tomber Bis

mark et croyant paix assurée tandis qu'ils avouent autrement guerre inévitable.

Eventualité de la guerre austro-italienne fait craindre pour Trieste et Tyrol.

Autriche exploite ces craintes allemandes en sa faveur.

Il est difficile d'obtenir ici des renseignements exacts en ce moment.

« Nous avons négligé toujours les Serbes. A différents intervalles, lors que nous croyons avoir besoin d'eux, nous leur avons fait des promesses et des protestations: mais aussitòt que le Gouvernement du Roi changeait d'avis on ne répondait méme plus aux demandes que M. Garachanine était en droit de nous faire, et qu'il a faites par mon intermédiaire. Il faut le reconnaitre, Garachanine ne se contente plus de vains mots. Nous lui avons parlé beaucoup mais jusqu'ici pas un fait n'a suivi nos paroles. Cependant, demai~ je Vous télégraphierai ce que Garachanine répondra. Lui, il a fait tout son possible, et mm aussi, pour déterminer le Gouvernement lorsqu'il en était temps à préparer les choses dans la Croatie de manière que les événements ne nous eussent pas dévancés. Mais le Gouvernement n'a pas méme répondu a nos sollicitations ».

(l) -Cfr. n. 526. (2) -Cfr. il seguente brano del r. cifrato s. n. di Scovasso del 1° maggio. (3) -T. 163 pari data, con cui La Marmora chiedeva notizie circa l'arrivo di Oldoini a Monaco e l'ingiunzione di disarmare fatta dalla Prussia alla Baviera. (4) -Cfr. n. 539.
546

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 193-194, in GOVONE, pp. 457-458 e in CHIALA, pp. 166-167)

T. Berlino, 2 maggio 1866, ore 23,30.

Bismark m'a fait appeler en toute hate ce soir.

J'ai soumis au Roi, m'a-t-il dit, les deux questions que vous m'avez posées hier soir. 1° Que ferait la Prusse si Italie attaque Autriche? 2° Que ferait Prusse si Autriche attaque Italie?

Et je lui ai dit qu'à la seconde question j'avais répondu que la Prusse entrerait en lutte contre Autriche.

Le Roi a complètement approuvé cette réponse.

Quant à la première question le Roi conseille franchement Italie de s'abstenir de toute attaque. J'ai demandé à Bismark s'il avait pris un parti quant aux armements prussiens.

Bismark répondit qu'on décidera demain en conseil des ministres; que cependant le Roi avait dit aujourd'hui qu'il ne trouvait plus personne autour de lui qui ne lui dìt qu'il trahirait son pays s'il n'armait pas. Ainsi, Bismark croit que demain il va signer ordre mobilisation.

J'ai encore demandé à Bismark si nous avions à retenir pour impossible un arrangement entre Prusse et Autriche qui nous laissat isolés. Il répondit au'aucune concession autrichienne ne pourrait désormais compenser la Prusse des inconvénients d'un arrangement.

Que toutefois si l'Autriche faisait des concessions qu'on ne peut absolument refuser, en ce cas il nous préviendrait à temps et loyalement, et qu'en aucun cas les arrangements ne seraient tels que l'Italie put se trouver seule vis-à-vis de l'Autriche armée.

547

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LV 9, pp. 338-340)

R. 331. Parigi, 2 maggio 1866 (per. il 5).

La Conferenza pei Principati danubiani si radunò oggi al Ministero degli Affari Esteri. Fu risoluto d'inviare direttamente ai Consoli a Bukarest per via telegrafica la dichiarazione che era stata convenuta nella seduta precedente,

23 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

aggiunte però alcune modificazioni proposte dal Plenipotenziario britannico. La dichiarazione fu difatti spedita oggi stesso dopo la seduta, e fu accompagnata da un breve dispaccio in forma d'istruzione pei Consoli stessi. Ho l'onore d'unire al presente dispaccio la copia dell'uno e dell'altro documento.

Ho annunziato alla Conferenza che il Governo del Re aderiva alla proposta fatta dal Plenipotenziario britannico d'estendere fino ad Ibraila la giurisdizione della Commissione europea.

ALLEGATO l

NIGRA A TECCIO DI BAYO

T. Parigi, 2 maggio 1866.

La Conférence, instruite des événements qui viennent de se passer dans les Principautés, a jugé nécessaire de faire la dédaration annexée à cette dépeche et que vous etes chargé de remettre en copie au Gouvernement provisoire de Bukarest.

Le désir de la Conférence est de laisser aux Principautés-Unies toute la liberté d'action compatible avec les engagements internationaux qu'elle est appelée à faire respecter.

La Conférence aime à croire que le Gouvernement provisoire et les populations comprendront ses intentions bienveillantes à leur égard et que l'Assemblée conformera ses actes au sens de la déclaration.

La dédaration prescrit la ligne de conduite que les Consuls ont à suivre, et la Conférence ne doute pas du zèle que vous mettrez conjointement avec vos collègues à veiller à l'exécution de la décision qu'elle porte à votre connaissance.

Vous voudrez bien inviter le Gouvernement provisoire à insérer dans le journal officiel le texte du document ci-annexé et m'informer par télégraphe de cette publication.

ALLEGATO II

DÉCLARATION

Le Gouvernement provisoire de Bukarest, en provoquant par un récent plébiscite la nomination d'une Prince étranger, a contrevenu à la Convention du 19 aoùt 1858, laquelle par l'artide 12 défère à l'Assemblée l'élection hospodarale.

La Conférence décide, en se référant à la résolution du 4 du mois dernier, que le soin de résoudre la question du maintien de l'union doit etre laissé à l'Assemblée qui va se réunir.

Si la majorité, soit des députés moldaves, soit des députés valaques le demandait, les uns ou les autres auraient la faculté de voter séparément. Dans le cas où la majorité, soit moldave, soit valaque se prononcerait contre l'union, ce vote aurait pour conséquence la séparation des deux Principautés.

Cette question vidée, l'Assemblée procédera à l'élection hospodarale qui, aux termes de l'artide 13 de la Convention, ne doit tomber que sur un indigène.

Les Consuls sont chargés de veiller d'un commun accord à la libre émission des votes et de signaler immédiatement à la Conférence toute atteinte qui y serait portée.

548

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 43. Berlino, 2 maggio 1866 (per. il 7).

Je suis de retour depuis ce matin à Berlin et je m'empresse de transmettre ci-joint à V. E. la copie de la dépèche Prussienne en réponse à celle de l'Autriche du 21 et dans laquelle le Cabinet Prussien insiste sur le désarmement complet de l'Autriche dans toute l'étendue de l'Empire en demandant le rétablissement du statu qua ante (1).

D'après ce document il semblerait que le Gouvernement Prussien aurait l'intention de régler son attitude militaire sur la réponse de l'Autriche, mais le ton conciliant que l'on y remarque, et qui se traduit à plusieurs reprises par l'expression de simples espé1·ances, fait prévoir, que, meme dans le cas d'un refus péremptoire de la part de l'Autriche de désarmer en Vénétie, le Gouvernement Prussien ne se déciderait point à l'adoption d'une mesure énergique telle que la mobilisation complète de l'armée Prussienne, la seule qui aurait vraiment une signification belliqueuse. C'est surtout dans ce moment critique qu'il faut faire la part des hésitations du Roi, dont plus que jamais l'on continue à mettre en doute l'intention de faire la guerre à l'Autriche.

Ainsi donc, comme je le mande par télégramme à V. E., il n'y a pour le moment qu'à att.endrc la réponse de l'Autriche, qui, en se prononçant sur la demande de désarmement, mettra à son tour la Prusse en demeure de prendre une décision significative dans le sens de paix ou de guerre.

549

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 3 maggio 1866, ore 4 (per. ore 8,28).

Je crois utile que le Gouvernement français puisse déclarer aujourd'hui au Corps législatif que l'Italie n'a pas intention d'attaquer Autriche. Pouvez vous m'autoriser à faire immédiatement cette déclaration officielle? Il faut que la réponse m'arrive avant midi.

(l) L'allegato non si pubblica.

550

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. Firenze, 3 maggio 1866, o1·e 9,30.

Vous pouvez déclarer officiellement au Gouvernement français que l'Italie n'a aucune intention d'attaquer. Mais pour votre règle je ne dois pas vous laisser ignorer que vu l'élan qui règne à la suite des provocations de l'Autriche, je ne sais comment nous ferons pour empecher des volontaires de passer la frontière ou de commettre peut-etre de graves désordres à l'intérieur.

551

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 263. Pietroburgo, 3 maggio 1866, ore 14,45 (per. ore 21,50).

Hier matin attaché militaire prussien est de nouveau parti pour Berlin avec seconde lettre au Roi de Prusse de la part de l'Empereur Alexandre (1). On s'agite ici plus que jamais pour la pacification. Ministre de Prusse vient de recevoir circulaire déclarant nettement que la Prusse ne doit pas laisser Italie isolée.

552

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 264. Monaco, 3 maggio 1866, ore 17,40 (per. ore 23,45).

Von der Pfordten vient de m'assurer que aucune sommation ou demande de désarmement a été adressée jusqu'ici à Dresde. Cette légation prussienne l'affirme aussi. Prusse a communiqué au Gouvernement bavarois dépeche prussienne du 21 à Vienne exprimant simplement espoir que les états secondaires allemands désarmeraient aussi. Von der Pfordten m'a dit que si le's deux grandes puissances auraient désarmé, Bavière aurait fait autant, mais que

• -Le Comte de Berg, Lieutenant Impérial en Pologne, particulièrement apprécié par S. -M. le Roi de Prusse, avait offert de se rendre à Berlin, car il voyait que le meilleur moyenétait celui d'agir sur le Roi de Prusse. L'Empereur Alexandre ne l'a pas voulu; mais il a écrit une seconde !ettre particulière au Roi •.

tel n'est pas le cas. Légation de S.M. Prussienne croit ou du moins espère que Von der Pfordten maintiendra le cas échéant, neutralité Bavière, malgré déclaration de se ranger contre agresseur allemand (1). Saxe elle meme le croit aussi. Ministre des Affaires étrangères vient de me confirmer explicitement de nouveau que Bavière ne se melera de la guerre italo-autrichienne tant qu'il n'y a pas des conséquences allemandes, et se réserve liberté d'action. Il croit fermement que l'Autriche n'attaquera première ni Prusse ni l'Italie. Il m'autorise à démentir formellement bruit rappel ou changement de Hompesh exprimant désir continuation bons rapports avec nous. S.E. croit que Tyrol, mommément Trieste, impliquent et compliquent nécessairement question vénitienne et admet celle-ci réglée, Allemagne alliée naturelle de l'Italie. J'ai déjà eu soin d'écrire à V.E. d'après les renseignements que je me suis procurés antérieurement que cette question preoccupe beaucoup diplomatie allemande.

(l) Cfr. il seguente brano dell'annesso al r. 111, pari data, di Launay:

553

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 200-201 e in CHIALA, pp. 168-169)

T. Berlino, 4 maggio 1866, ore 1,10 (per. ore 5,25).

L'ordonnance de mobilisation de 150 mille hommes a été signée par le Roi et est déjà expédiée. Bismark pense que la mobilisation complète est retardée par les allures mystérieuses de Napoléon, dont il a été impossible jusqu'ici de pénétrer les intentions, et qui pourrait fort bien, au milieu de la lutte, venir exig,er la rive du Rhin ,et écoute en ce moment sans les avoir encore définitivement répoussées les propositions d'arrangement poursuivies activement par l'Autriche.

Il croit que les dépenses énormes, dans le cas de mise sur pied de guerre par l'Autriche, la forceront à attaquer la Prusse qui est décidé~ à ne pas attaquer la première, à ri!oins que Italie ne soit attaquée, ce qui déciderait seulement alors la Prusse à prendre offensive.

Des corps de troupes prussiennes vont etre massés sur la frontière de

Saxe pour pouvoir immédiatement l'occuper, en cas d'agression autrichienne.

Bismark m'a de nouveau parlé de tentatives secrètes signalées par ses agents diplomatiques, pour un accommodement e n tre l'l!talie et l'Autriche pour la cession de la Vénétie.

Enfin il m'a dit qu'il y avait une proposition de Congrès faite par l'Angleterre à la France et à l'Italie qui pourrait amener un temps d'arret * dans la négociation * (2).

• Dans guerre austro-prussienne mfnistre de Prusse persiste croire lui aussi qu'endéfinitive Bavière sera alliée Autriche •.

639'

(l) Ma con t. 273 del 4 maggio, Oldoini comunicò:

(2) Le parole fra asterischi non sono edite.

554

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 269. Belgrado, 4 maggio 1866, ore 5,30 (per. ore 11,15).

Garachanine m'a assuré que huit régiments croates et trois slavons, un serbe Banat tous Grenzer sont partis ou ont ordre de partir. Quatre bataillons chaque régiment (Zeclerdeutch Banat Roumains Banat) sont prèts. Les bataillons ne sont pas de 2000 hommes mais environ de 1100. Chemins de fer de Vienne et Pesth à Trieste son encombrés de soldats. Les Grenzer sont partis presque tous pour Italie. Il paraìt qu'on concentre beaucoup de troupes en Dalmatie entre Grenzer allemands et Autrichiens, car Autriche n'a pas trop de confiance dans les Grenzer, et pour cela elle les mela aux autr,es. Presque tous les Grenzer sont partis à contrecoeur. On n'a jamais vu dans les régiments frontière un aussi grand nombre d'hommes ètre mobilisés et se mettre en route en si peu de temps comme cette fois. On promet que malgré ce ressemblement de troupes la Dalmatie sera en cas d'attaque défendue faiblement. Les autrichiens disent que du còté du quadrilatère sont sùrs, mais qu'en Dalmatie ils se croient faibles. Garachanine, Orescovitch et moi nous cherchons un moyen pour empecher le départ des autres bataillons Grenzer, mais la chose est maintenant très difficile. J'espère demain pouvoir dire à V. E. quelque chose à ce sujet.

555

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 112. Londra, 4 maggio 1866.

Sono stato jeri da Lord Clarendon ed ebbi con lui un abboccamento di quasi un'ora. A dir il vero ero stato sul punto di telegrafare a V. E. che la circolare parendomi una ripetizione più esplicita di quantò Lord Clarendon avea così accolto, sembravami inutile il motivare una seconda sparata di cose disaggradevoli e di nessuna utilità in questo senso che non ci avrebbero impedito di far quanto pareva utile mentre il Ministro Inglese poteva dir « a che pro venirmi a dir questo subito che non intendete seguir i miei consigli •.

Andai però riflettendo che quantunque potesse esser per me cosa poco aggradevole, era però utile il cercar di fargli capire il nostro punto di vista in codesti gravi momenti e presi la circolare quasi più come un pretesto poiché, essendo stata, lungo tempo prima mi capitasse, pubblicata nei giornali pensavo l'avrebbe già letta da un pezzo. Non era però così e gliela posi sotto gli occhi dicendogli che quantunque non avendone l'ordine pensavo meglio evitar qualunque rimprovero di celare o starmene in disparte.

Letta che l'ebbe Lord Clarendon si limitò a dir che parea strano che mentre tutti professavano voler la pace si armasse dovunque e che fosse particolar studio di tutti il persuader a sé e agli altri che stavan in pericolo di un attacco.

Io gli risposi che ero sicuro che non poteva a meno di riconoscere ora l'esattezza di quanto V. E. m'incaricava fargli sapere sia sul non armar noi oltre a certi limiti e sul repentino armar in guerra dell'Austria gli citai le corrispondenze del suo agente diplomatico a Firenze che pensavo dovesse scrivere nell'istesso senso. Gli citai gli articoli del Times giornale da qualche tempo piuttosto severo contro l'Italia. Gli citai il giornalismo Inglese ed Estero. Aggiunsi che non era mia abitudine far l'ipocrita onde ,ero pronto a ammettere che per lo imbrogliarsi degli avvenimenti nel Nord dell'Europa erasi da noi creduto dover prendere disposizioni che ci mettessero poi in grado di tutelare e promuovere ciò che una politica mista d'energia e di prudenza ci avrebbe consigliato. Ma eravi lungi da un simil stato di cose a un attacco. L'Austria avea preso il pretesto di un attacco di volontarj per quanto avea fatto nella Venezia, ma pareva una vera commedia, non essendo il confine in paese cosi selvatico e lontano che non esistessero telegrafi per sapere se non vi fossero corpi franchi, e quindi se avessero attaccato. Inoltre neppur un simile attacco che legittimamente si poteva respingere essere tale da necessitare il casus belli. Non era dunque sul serio che si poteva mettere innanzi simili storie, ma doversi vedere in questo un impulso come al solito di S. M. Imperiale; intanto se il Governo di Sua Maestà avea già difficoltà prima a dirigere le masse, questa avventatezza lo rendeva quasi impossibile ora e potea Lord Clarendon vedere prima di tutto quanto concitata era l'opinione pubblica ed inoltre quanto popo

lare fosse la guerra, e quanto ferma, checché se ne dicesse l'idea dell'unità, poiché perfino in Sicilia si gridava in piazza • Viva la guerra! • dicendosi di levare le truppe che le città si sarebbero rette da per se stesse. A qualche osservazione sulla non probabilità di un attacco austriaco, risposi citando certe corrispondenze che supponevano nell'Imperatore d'Austria l'idea di prendere la rivincita di Solferino, e nel corso del ragionamento Lord Clarendon ammise che oltre ad una innegabile stupidità nei consigli dell'Austria, l'Imperatore era sicuramente uno dei più ostinati fra i mortali. Applicò questo suo giudizio sul fatto della cessione della Venezia poiché consigliato da tanti non si faceva progressi. Si difese anzi del rimprovero che pare V. E. avesse mosso al signor Elliott che fosse l'Inghilterra più fredda nell'agire a Vienna che non la Francia. Disse che egli avea scritto e riscritto, e lasciando agli altri il merito loro, che aveva cercato sempre di prendere la questione da un lato più elevato che non il rispondere sempre a chi vi parlava punto d'onore cacciandogli sotto al naso motivi interessati. Questi mi portò a parlargli della lettera di Lord Russell al Conte Apponyi e siccome il Conte Russell è ammalato gli chiesi cosa si fosse risposto. Disse aversi da 3 giorni una risposta del Conte Mensdorff il quale tra le altre cose, rinnegando il principio delle nazionalità, ricusava la cosa principale. Ma soggiunse che non poteva a meno di credere che anche là si fosse sbagliato il modo di presentare la quistione. Citò poi il detto di James Rothschild a Parigi l'anno scorso, al quale Lord Clarendon esprimeva dubbi sul trovar noi il denaro necessario, nel riscatto della Venezia, cioè • che qualunque casa bancaria in Europa sarebbe ansiosa di concorrere per un tal imprestito che assicurerebbe la pace d'Europa e la ripresa degli affari •. Disse del resto che queste considerazioni agivano anche in Francia sull'Imperatore che gran parte dei Ministri francesi cercavano a frastornarlo da idee di guerra con i richiami del commercio francese. Osservò che anche qua il commercio ed il paese soffrirebbero da un tale stato di cose. Al che risposi che con le idee dominanti qua di non intervento anzi l'Inghilterra profitterebbe da una guerra, anzi sentisse il Gladstone ieri e vedrebbe quale fosse il surplus del budget Inglese.

Ma se non volevano denari gli Austriaci, proposi tornare all'idea dello scambio coi Principati e mostrandovisi avverso Lord Clarendon, citai Lord Palmerston. Ma mi si rispose che a quest'ultimo erasi combattuto questo piano dicendogli fra le altre cose che l'Austria stessa non voleva rendersi limitrofa della Russia e cambiare i Veneti con popoli selvaggi. Del resto trovai strano questo esigere l'Austria compensi paragonandola ad un uomo che domandasse compensi per lasciarsi tagliare una gamba colla cancrena. Ma rispose Clarendon che l'Austria preferiva morire colla gamba ammalata. Ad osservazioni sulle velleità guerresche del nostro Governo risposi citando per secoli i fasti di casa Savoia che appunto erano quali eran per aver sempre mostrato coraggio energia ed aver sempre saputo cogliere il momento opportuno. Se no saressimo ancora nei dirupi della Maurienna, mentre invece avevamo una storia paragonabile a poche!

Mi raccomandò allora Clarendon almeno di presentare a V. E. tutti gli inconvenienti che avrebbe per noi l'essere i primi ad attaccare l'Austria. Mi disse che siccome giustamente avevo osservato, l'opinione pubblica c·i favoriva in Inghilterra, ma. sarebbe contraria al primo che facesse scoppiare la guerra, e volentieri m'incaricai trasmettere queste raccomandazioni che oggi vedo simili a quelle venute da Parigi. Nel congedarmi gli chiesi se vi fosse qualche idea di congresso. Mi rispose che jeri avendo pranzato all'ambasciata di Francia eranvi giunti telegrammi quasi per iscoprire terreno se vi sarebbe utilità a proporre simili cose, e che l'Inghilterra che aveva detto di no quando temea che un congresso eccitasse gli animi ora che si trattava calmarli non vi sarebbe avversa. Ma convenir che un congresso non si mostrasse impotente; epperciò doveansi stabilire le basi onde, l'Inghilterra e la Francia non volendo far guerra contro l'Austria per la Venezia né ammettere la cessione dei Ducati senza il voto popolare occorrerebbe dico che si fissasse dapprima una base.

Ma vidi subito dopo il Principe La Tour d'Auvergne il quale mi indicò qualche modificazione importante perché la proposizione del Congresso sarebbe venuta dalla Germania e non dalla Francia e i telegrammi ricevuti gli indicavano da Parigi di stare anzi sulla riserva.

Del resto il Principe mi disse di aver detto senza ambagi al Conte Apponyi che il non intervento della Francia cesserebbe ove l'Austria non contentandosi dello statu quo volesse carpir la Lombardia e mutar l'ordine di cose a Firenze. Dichiarazione che parve poco gradita. Pare che le stesse esortazioni di non attaccare Lord Clarendon le abbia fatte anche a Vienna.

Ecco da quanto parmi un résumé esatto della mia conversazione di jeri.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 332. Parigi, 4 maggio 1866.

*In seguito al telegramma che l'E. V. m'inviò jeri mattina (1), ho annunziato a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys con un biglietto particolare che io ero autorizzato a dichiarare che il Governo del Re non avea l'intenzione di pigliare l'iniziativa d'una guerra contro l'Austria* (2), e che non vedeva inconveniente a che ciò fosse detto dal Ministro di Stato in seno al Corpo legislativo.

Difatti il Signor Rouher fece nella seduta di jeri una dichiarazione in questo senso. Però i termini di cui si servì l'onorevole Ministro di Stato non furono molto precisi, giacché parlò d'un impegno che il Governo del Re avrebbe preso di non attaccar l'Austria e presentò la nostra dichiarazione come un fatto nuovo.

Ho creduto utile di rilevare queste inesattezze in una lettera particolare che diressi oggi a S. E. il Signor Drouyn de Lhuys, e di cui pregiomi di mandar coptia qui unita. In questa lettera * ho constatato che non si trattava d'un impegno, giacché nessuno ce l'aveva chiesto; che si trattava invect! d'una dichiarazione spontanea delle nostre intenzioni passate e presenti fino al giorno di oggi; che questa nostra dichiarazione non costituiva un fatto nuovo che mutasse la situazione, la quale rimaneva la stessa, cioè: che l'Italia aveva armato perché l'Au&tria aveva armato per la prima. *

ALLEGATO

NIGRA A DROUYN DE LHUYS

L. P. Parigi, 4 maggio 1866.

Je viens de lire le Moniteur de ce matin qui rend compte de la séance de hier au Corps Législatif. J e prends la liberté de vous soumettre pour toute bonne fin quelques remarques sur la déclaration faite par M. Rouher à l'égard de l'intention manifestée par l'Italk de ne pas prendre l'initiative d'une attaque contre l'Autriche.

lo M. Rouher parle d'un engagement. Or, il n'est pas question d'engagement puisque personne ne nous a rien demandé. C'est une déclaration spontanée de nos intentions. Il ne faut pas nous òter le mérite de cette spontanéité.

2° Il paraitrait, d'après les paroles de M. Rohuer que cette déclaration constitue un fait nouveau qui change la situation. Rien de tout cela. La situation a toujours été la mème. La circulaire du Général La Marmora ne parle que de mesures prises dans un but de défense et non pas dans un but agressif. La déclaration que j'ai été autorisé à vous faire par un télégramme du Général La Marmora en date de hier n'est donc qu'une constatation nouvelle du fait suivant savoir: que l'Italie n'a eu et n'a pas (jusqu'à présent et tant que la situation ne viendrait pas à s'aggraver par l'attitude de l'Autriche) l'intention de prendre l'initiative de la guerre contre l'Autriche.

J'ai pris la liberté de vous écrire ces quelques mots dans le but de bien préciser les faits.

(l} Cfr. n. 550.

(2) I brani fra asterischi sono editi in L V 9 p. 669.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 333. Parigi, 4 maggio 1866 (per il 7).

La seduta di ieri al Corpo legislativo era aspettata con molta impazienza. In occasione della discussione della legge sul contingente militare alcuni deputati dovevano prender la parola per interpellare il Governo sulla condotta che intendeva tenere nelle presenti complicazioni politiche. In due Consigli dei Ministri tenutisi appositamente questa settimana si era discusso se il Governo dovesse dare le chieste spiegazioni, oppure rifiutarle come contrarie all'interesse del paese. Sulla proposta del Signor Rouher fu scelta una via di mezzo. Si decise cioè che il Ministro di Stato farebbe sin dall'aprirsi della seduta, una breve dichiarazione sulla politica del Governo, e rifiuterebbe in seguito di entrare in ulteriori spiegazioni sulle diverse questioni politiche.

La discussione si inaugurò adunque con un breve discorso letto dal Signor Rouher. Esso dichiarò che la Francia desidera il mantenimento della pace, e la considera necessaria allo svolgimento della prosperità interna. Ben lungi dunque dal fomentare sottomano, come lo si accusa, i dissidii fra le Potenze estere il Governo dell'Imperatore cercò di prevenirli, per quanto era possibile, senza impiegar troppo la sua azione. Parlando quindi dell'Italia, colla quale ci legano, disse il Signor Rouher, simpatie più strette e vincoli di confraternità militare, aggiunse che la Francia non aveva cercato di esercitare sovra il Governo Italiano alcuna pressione volendo lasciare ad esso tutta la libertà necessaria per la responsabilità dei suoi atti. Però l'Imperatore non aveva omesso di far conoscere che come disapproverebbe un'aggressione dell'Au<:tria contro l'Italia, così lascerebbe che la guerra fosse intieramente a rischio e pericolo dell'Italia, se questa pigliasse l'iniziativa dell'aggressione. Il Signor Rouher riassunse dunque la politica francese dichiarando che essa è pacifica, sinceramente neutrale, libera da ogni impegno.

Prese quindi la parola il Signor Thiers e fece una vera e completa requisitoria contro la Prussia. Risalì all'origine della questione dei Ducati, biasimò la Francia di non essersi opposta alla violazione del Trattato del 1852, dichiarò odiose e ridicole le pretese prussiane sui Ducati. La conquista dello Schleswig e dell'Holstein non è per la Prussia che un passo alla conquista del Nord della Germania, anzi all'unificazione dell'Allemagna intiera sotto un nuovo impero, dannoso alla Francia, come fu quello di Carlo V. Per giungere a questo scopo la Prussia vuole servirsi dell'Italia, la cui unità, secondo il Signor Thiers già contraria agli interessi francesi sarà fatale ad essi, quando sarà fiancheggiata dall'unità germanica. La Francia deve dunque piuttosto far causa comune coll'Austria, opporsi alle tendenze invaditrici della Prussia, impedire l'Italia di contrarre un'alleanza che è contraria alla politica francese. La Prussia cerca di unirsi coll'Italia perché spera di guadagnarsi cosi anche il favore della Francia. Ma il Governo francese deve troncare ogni equivoco

di tal genere: deve parlar chiaro alla Prussia, parlar chiaro all'Italia, quest'ingrata alleata, ed impedire ch'essa creda di poter trar seco a rimorchio la Francia in queste complicazioni funeste per l'equilibrio europeo.

La maggioranza dei deputati decisamente contraria alla guerra, accolse con molti applausi il discorso del Signor Thiers, specialmente quando trafisse di sarcasmi la pO'litica della Prussia. Le parole ingrati alleati indirizzate agli Italiani furono accolte con un mormorio di disapprovazione.

Dopo Thiers prese la parola il Signor Favre, si espresse non meno severamente circa la Prussia, ma dichiarò nel tempo stesso che l'Italia aveva il diritto di rivendicare la Venezia. Interrotto dai mormorii dell'Assemblea, l'oratore si limitò ad aggiungere che niuno poteva far carico all'Italia, di prendere sotto la propria responsabilità e ad intiero suo rischio e pericolo quelle determinazioni che erano richieste dal suo interesse e dalla propria dignità.

Il Signor Rouher sorse allora a chiedere che si ponesse fine alla discussione, comunicando la dichiarazione del Governo ItaLiano, di non voler turbare pel primo la pace. Di questa comunicazione ho discorso a V. E. col mio dispaccio confidenziale d'oggi.

Il Signor Ollivier allora dichiarò che egli ed i suoi amici, soddisfatti delle dichiarazioni del Governo, rinunciavano alla discussione anche sull'Art. l o del progetto di legge che fu adottato.

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L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 277. Francoforte, 5 maggio 1866, ore 18,08 (per. ore 24).

A la séance d'aujourd'hui la Saxe a invité la Diète à demander à la Prusse une déclaration assurante au sujet des armements prussiens. Le ministre de Prusse revenu de Berlin ce matin, a déclaré les armements prussiens étre purement défensifs à cause des armements saxons et autres (1). Alors le ministre d'Autriche a déclaré les armements autrichiens étre seulement contre l'!talie. On votera sur la demande saxonne mercredi 9.

(l) Con t. 276, pari data, Oldoini comumco: c Bismarck vient de faire déclarer à Pfordten que Prusse piace corps d'observation frontière saxonne, mais il n'envahira pa• Saxe tant qu'Autriche s'abstiendra de son còté. Pfordten vient de me dire que si Prusse occupe Saxe, Bavière serait obligée de déclarer guerre à cause de pacte fédéral auquelBavière restera fidèle en paix comme en guerre, en Allemagne comme en Italie. II m'a dit aussi que si Bavière n'était pas état confédéré sa neutralité serait siìre. Pfordten espère encore la paix surtout allemande. Pfordten vient de me dire que la Bavière sera la dernière à mettre armée sur pied de guerre et que Parlement sera convoqué en cas de guerre •.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed in LA MARMORA, p. 206 e in CHIALA, pp. 170-171)

T. Firenze, 5 maggio 1866.

Reçu votre importante dépikhe (1). J'attends avec impatience le courrier. Ma première impression est que c'est une question d'honneur et de loyauté, de ne pas nous dégager avec la Prusse, surtout qu'elle vient d'armer, et de déclarer à toutes les puissances qu'elle attaquera l'Autriche, si l'Autriche nous attaque. Mais comme le traité expire le 8 juillet, on pourrait arranger la chose avec un congrès. Empereur n'oubliera pas qu'il nous a conseillé le traité avec la Prusse. Vous ne me dites rien du congrès dont il est question à Londres.

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IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 279. Pietroburgo, 5 maggio 1866, ore 20,15 (per. ore 0,30 del 6).

D'après langage Gortchakoff j'ai lieu de croire que Russie fait parvenir nouveaux conseils pacifiques à Vienne, Berlin et Florence. Au reste je n'accuse pas Italie, disait Gortchakoff, à la piace du général La Marmora je n'aurais pas agi autrement. Il connaissait circulaire 27 avril (2). Mon télégramme du 3 mai (3) vous est-il parvenu?

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 208-210)

L. P. R. Parigi, 5 maggio 1866.

Jeri sera l'Imperatore mi fece chiamare alle Tuileries. Le ho annunziato per telegrafo il sunto di ciò che l'Imperatore mi disse. Vengo ora a narrarle questo colloquio in tutti i suoi particolari.

L'Imperatore mi disse che l'Austria gli aveva fatto la proposizione seguente: • L'Austria è disposta a cedere la Venezia quando essa si sarà impadronita * della Silesia Prussiana * (1). La Francia e l'Italia prometterebbero di non soccorrere la Prussia rimanendo neutrali. La cessione della Venezia sarebbe fatta alla Francia, la quale ne farebbe la retrocessione all'Italia senza condizione. Il quadrilatero sarebbe, ben inteso, compreso nella cessione. L'Italia pagherebbe una somma di denaro, da fissarsi: la oual somma sarebbe destinata alla costruzione di fortezze austriache sulla nuova frontiera dell'Austria verso l'Italia •. Ho domandato all'Imperatore se questa proposta era veramente seria. Mi rispose che era formale. Mi disse che aveva risposto pigliando tempo a riflettere, ma dichiarando che in ogni caso la cessione avrebbe dovuto .farsi nrima che l'Austria occupasse le Silesia. L'Austria non aveva ancora risposto a quest'ultima considerazione che può considerarsi come una controproposta. L'Imperatore mi chiese di ripetergli il testo del trattato, e domandò se era possibile per noi lo svincolarci dagl'impegni presi colla Prussia. Io gli dissi che ne avrei scritto a Lei, confidenzialmente e segretamente. Intanto gli feci conoscere la dichiarazione ultimamente fattaci fare dal re di Prussia intorno al modo d'interpretazione ch'esso dà al trattato, secondo la quale interpretazione il re di Prussia non si crederebbe obbligato a soccorrer l'Italia se questa fosse assalita dall'Austria. Parve strana all'Imperatore questa dichiarazione e disse che era da esaminarsi se in presenza di essa il Governo Italiano non fosse in diritto di denunciare il trattato.

Ora tocca a Lei l'esaminare seriamente questo nuovo aspetto della questione. Io aspetto la sua risposta per comunicarla all'Imperatore. La cosa è estremamente delicata. Tutto ciò deve rimanere segreto per tutti, tranne il Re e Lei.

La proposta dell'Austria fu dettata dalla persuasione che in caso di guerra l'Italia sarebbe colla Prussia, e la Francia serberebbe neutralità benevola per l'Italia. Questa proposta, ove fosse possibile per noi d'accettarla, non è scevra d'inconvenienti. Anzitutto la Venezia essendo ceduta alla Francia, noi contrarremmo con questa un nuovo gravissimo obbligo. L'Austria rimarrebbe, dopo la guerra, egualmente forte per l'acquisto * della Silesia *, e più ostile di prima all'Italia. La Prussia ci diventerebbe nemica. L'Allemagna tutta quanta dividerebbe questi sentimenti d'inimicizia. L'esercito nostro ne sarebbe malcontento, e forse anche il Paese. La Francia (parlo della nazione, non già dell'Imperatore che fu e sarà sempre amico all'Italia) farà pesare su noi in modo intollerabile il nuovo benefizio. Finalmente, comunque la condotta della Prussia sia sconveniente ed ingrata verso di noi, non potremmo evitar la taccia di fedifraghi.

D'altra parte le esitazioni e le ultime dichiarazioni della Prussia non ci lasciano sicuri ch'essa dichiari la guerra per la prima, o che ci segua se noi saremo forzati ad intraprenderla o a subirla in seguito ad un'aggressione dell'Austria. Far la guerra da soli parmi talmente pericoloso che non so veramente ammettere una tale eventualità. Se poi la guerra non avesse luogo, la nostra situazione sarebbe disastrosa politicamente e finanziariamente. Final

mente non bisogna dimenticare l'incertezza della fortuna guerriera. L'Impero austriaco ha ancora tali elementi militari in sé, che la possibilità d~una sconfitta per l'Italia, o sola o anche accompagnata dalla Prussia, è nel novero degli eventi prevedibili.

Queste considerazioni sono, sì le une come le altre, d'una straordinaria gravità. Gliele sottometto perché rifletta e deliberi.

Badi bene però che l'Austria non si mostra disposta a cedere la Venezia che per indennizzarsi sulla * Silesia Prussiana *, cosicché d'una mano firmerebbe la cessione e dall'altra tirerebbe la spada; i due fatti sarebbero instantanei.

La prego di mandarmi la sua risposta per corriere espresso, essendo sommamente importante che questa corrispondenza non sia affidata che a mani sicure. Le sarò grato poi se vorrà avvertirmi per telegrafo della partenza del corriere.

(l) -Non pubblicata perché è il riassunto del n. 561. Cfr. LA MARMORA, pp. 204-205. (2) -Cfr. n. 524. (3) -Cfr. n. 551.

(l) Le parole fra asterL~chi sono omesse in LA MARMORA.

562

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL (Ed. in CHIALA, pp. 172-173)

T. Firenze, 6 maggio 1866, ore 16,25.

Déchiffrez vous seul.

:Etes vous bien sur que la Prusse attaquera aussitòt Autriche si Autriche nous attaque? Car cela ne me résulte jusqu'ici que d'une conversation que Bismarck vous a dit avoir eue avec le Roi comme vous me l'avez télégraphié le 2 mai (1).

563

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed in LA MARMORA, pp. 210-211)

T. Berlino, 6 maggio 1866, ore 16,35.

La réponse de l'Autriche à la demande de désarmement général, est décidément négative.

M. de Bismark vient de me dire que dès à présent l'on pouvait regardeil." l'armée prussienne comme entièrement mobilisée. Deux grandes concentrations de troupes auront lieu à Wetzlar et à Coblentz pour surveiller les mouvements des États secondaires.

Deux autres corps d'armée seront réunis à Erfurt et à Gorlitz préts à envahir la Saxe au premier signe hostile de l'Autriche, qu'il suppose toujours devoir infailliblement prendre l'offensive la première.

* La Reine douairière de Prusse extrèmement irritée de n'avoir pu empecher la mobilisation part aujourd'hui meme pour Bade * (1). Malgré la gravité des dernières mesures le Roi a encore des accès pacifiques, mais Bismark se croit désormais à peu près certain de l'entrainer.

Toutefois la Prusse n'attaquera pas la première, à moins de provocation directe * comme serait la mobilisation et l'envoi de contingent fédéral en Saxe ce qui ne pourrait absolument pas étre * .

. . . (2) excessivement préoccupé des négociations très-actives, lui assure-t-on, qui se poursuivent entre la France et l'Autriche pour désintéresser l'Italie, et qui seraient allées jusqu'à l'offre de la ligne du Rhin à la France.

A l'observation que je lui ai faite sur le danger d'une pareille offre par une puissance allemande, Bismark m'a répondu par un mouvement d'épaules, indiquant très-clairement que le cas échéant il ne reculerait pas devant ce moyen d'agrandissement.

(l) Cfr. n. 546.

564

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 207 e in CHIALA, p. 172)

T. u. Parigi, 6 maggio 1866, ore 13,27 (per. ore 23,05 dell'B) (3).

Déchiffrez vous méme.

Empereur m'a fait dire ce matin avant de partir, que prince Metternich avait reçu autorisation formelle de signer la cession de la Vénétie, contre la simple promesse de neutraLité.

Vous enverrai demain soir une lettre.

Je vous prie de répondre le plut tòt possible.

Veuillez me dire par le télégraphe, si Roi de Prusse a positivement promis de défendre si nous sommes attaqués. On ne m'a pas dit un mot du congrès jusqu'ici.

565

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 5-6 maggio 1866 (per. il 16).

M. Garachanine m'a dit: «Il y a deux ans, lorsque le Gouvernement Italien par votre intermédiaire, m'avait engagé à traiter avec les Grenzer Croates, je m'en suis occupé tellement que j'avais toutes les peines du monde à les retenir, les Grenzer, pour qu'une explosion n'éclatàt avant le temps. Mais depuis, le Gouvernement Italien ayant changé politique et ne voulant pas méme partager la charge trop onéreuse pour la Serbie des dépenses nécessaires, et

ne répondant plus aux sollicitations que, par votre intermédiaire je lui ai faites de continuer à cultiver ce terrain en prévision d'éventualités possibles afin que les événements nous trouvassent prets, j'ai du malgré moi abandonner cette affaire de manière que tout a ruiné depuis. Maintenant il est très difficile de réprendre le fil de cette toile car les officiers de confiance sont partis avec les bataillons, ou ont été envoyés dans des autres régiments autrichiens et nous n'avons presque plus personne à qui nous diriger. Quatre bataillons pour chaque régiment étant déjà loin il nous reste peu de choses à faire. Cependant nous tacherons de notre mieux pour voir si nous pouvons empecher le départ des autres bataillons qui sont restés dans la frontière. Mais je vous avoue que cela me parait presque impossible. D'ailleurs la Serbie qui a en vain cherché un appui tant6t dans la France, tant6t dans la Russie, tant6t dans l'Italie a du prendre une autre route pour arriver à son but; elle a fini pou!" se diriger aux peuples chrétiens de la Turquie, et elle a trouvé plus de facilité auprès d'eux, de manière qu'elle espère pouvoir parvenir par ce moyen à réaliser ses aspirations. Seulement ce travail n'est pas avancé car elle n'a fait que le commencer et ce serait compromettre son avenir si elle se jettait dans une affaire hasardeuse sans Hre préparée. Je ne vous cacherai pas non plus m'a-t-il dit que s'il est vrai que nous nous sommes armés contre la Turquie, il n'est pas moins vrai, maintenant que la situation politique en Orient est tellement changée que nous ne pourrions pas assurer que nos forces ne combattraient pas en faveur de la puissance Suzeraine •.

(Je crois que ceci est purement de la diplomatie et que si M. Garachanine voit une pe!"spective favorable pour la Serbie, entrerait dans tout autre projet que celui de combattre à c6té de la Turquie).

Je lui ai dit qu'il ne s'agit de jetter la Serbie dans des aventures ni de la compromettre, mais seulement de tacher avec l'influence du Gouvernement Serbe d'empecher les Grenzer qui sont encore dans le pays de partir; de faire s'il est possible une révolution en Croatie et Slavonie contre l'Autriche; qu'on pourrait alors moyennant un débarquement de volontaires ou d'autres troupes dans quelque point de la cote de Dalmatie donner la main à la révolution et de cette manière appeler les bataillons Grenzer qui sont déjà partis dans leur patrie ou les induire à déserter ·en Ita1ie. Si on peut faire cette révolution, bien; sans cela et en dernier lieu on pourrait jetter en Bosnie tout ce qui reste de bataillons dans la frontière, arrive ce qui pourra. Que le Gouvernement Serbe nous demande des à présent ce qu'il prétend de l'Italie pour prix de son concours moral dans le cas que celle-ci sortait triomphante de la lutte contre l'Autriche; que je soumettrai sa demande et le plan que lui croyait plus sur pour réussir à V. E. « Rappelez Vous, je lui ai dit, en le quittant, que aus:;:i longtemps que l'Autriche sera forte la Serbie ne pourra pas réaliser ses aspirations •. M. Garachanine m'a dit qui il me donnerait une réponse après en avoir causé avec Son Altesse.

Je dois vous avouer, Excellence, qu'en cette occasion je me suis aperçu que M. Garachanine en vieillissant il perd l'énérgie qui était une qualité de son caractère et cette hardiesse si nécessaire dans les grandes occasions. On dirait qu'il est devenu timide et irrésolu. Le Prince Michel est une nullité sans Garachanine, d'autant plus qu'on le dit tout absorbé de ses amours pour sa jeune cousine, la fille de Madame Anha Costantinovitch née Obrenovitch. Cependant je ne désespère pas d'entrainer Garachanine.

M. Orescovitch est un habile officier des Grenzer rémarquable pour son énergie. C'est la créature de Monseigneur Strossmayer. Il est venu en Serbie depuis trois ans pour tacher d'entrainer la Serbie, ou pour mieux dire,

M. Garachanine, à entrer dans la ligne Croate pour s'emparer de la Bosnie et constituer le Royaume Slave qui est le r·ève des Croates aussi bien que des Serbes de la Principauté. Cependant les Serbes diffèrent des Croates dans le nom à donner au futur Royaume qui se composerait de la Croatie, Slavonie, Dalmatie, Herzégovine, Bosnie et de la Serbie. Les Croates désirent l'appeler

• Royaume Slave •, les Serbes veulent l'appeler • Royaume Serbe •. M. Garachanine d'après ce que j'ai pu comprendre il serait heureux d'avoir l'aide des Croates, Slavons et Dalmates, mais il craint que les Serbes Autrichiens absorbent les Serbes de la Principauté, car les Croates, les Slavons et les Dalmates sont sans comparaison bien plus aVlélncés que les Serbes de la Principauté. Mais dans tous les cas on pourrait proclamer comme Roi le Prince Michel. Néanmoins M. Garachanine voudrait pouvoir trouver le moyen de constituer le Royaume Serbe de manière à ce que la Serbie en eusse la gioire et le profit. Il en voudrait la base de ce còté et non du còté gauche de la Save ou du Danube.

Pour le moment il me parait que je ne dois pas entretenir V. E. de ce qui peut arriver aux Serbes ou aux Croates, mais seulement à lui signaler l'existence de leurs aspirations. Ceci constaté, permettez-moi, Excellence, de Vous ébaucher mon plan.

Si la révolution a lieu, alors l'Autriche est privée d'une réserve de 22 à 24 mille hommes, plus, il lui en faudra 15 à 20 mille pour les soumettre, sans compter que les 42 bataillons croates et slavons qui sont déjà partis pourraient revenir pour aider leurs frères, ou déserter. Si au contMire la révolution est impossible on pourrait lancer les Croates et les Slavons qui sont restés chez eux sur la Bosnie. Dans ce cas il faudra bien que la Serbie s'en mele aussi. Il y a lieu d'espérer que des 42 bataillons qui sont partis, quelqu'un reviendrait.

Orescovitch, dans tous les cas, il devrait au plus tòt possible ramasser autant d'hommes qu'il lui sera possible, un ou deux mille, et commencer la lutte soit en Bosnie, soit en Croatie et tacher de gagner au plus tòt la Dalmatie où un corps de troupes ou de volontaires qui débarqueraient dans un point de la còte de la Dalmatie qu'on indiquerait d'avance, lui viendrait en aide.

Le Monténégro, l'Herzégovine, l'Albanie, la Bosnie et la Dalmatie en feu, ouvriront les portes du Danube ou de la Save à un corps de troupes ou de volontaires pour entrer par la Hongrie dans le coeur de l'Autriche.

Orescovitch me parait disposé à tout. C'est un homme hardi et de résolution.

Mais tout cela puorra bien couter à l'Italie un ou deux millions de francs. Si la guerre n'aura pas lieu, l'argent ne sera dépensé qu'en petite partie et cette petite somme ne sera pas perdue, car nous pourrons jetter les fondements d'une entente avec les Croates et Slavons et Dalmates, et faire enfin ce que

nous aurions du faire il y a deux ans, meme deux mois, pour nous trouver prets le jour que nous devrons combattre l'Autriche.

Probablement il me faudra supprimer dans mon Rapport Confidentiel du 4 avril dernier le passage suivant: « Les hommes intelligents de cette principauté et particulièrement l'vi. Garachanine préféreraient rester indéfiniment sous la Turquie plutòt que d'etre redevables de leur indépendance à la Russie •. Car je crois m'apercevoir que le Gouvernement Serbe est plus lié à la Russie de ce qu'il ne le faut pour un simple appui diplomatique; il doit y avoir un arret et des engagements mutuels en cas de certaines éventualités. Il me sera bien difficile de connaitre la vérité mais j'espère que j'arriverai à me procurer quelques éclaircissements.

Me réservant de porter à la connaissance de V. E. la réponse que j'attends de l'vi. Garachanine, j'obéis en attendant, à ce que V. E. m'a mandé par son télégraphe du 28 avril (1), lui soumettant r.espectuesement à grand trait ma modeste pensée.

P. S. -Si Garachanine refuse on pourrait essayer tout de meme. La chose sera beaucoup plus difficile, mais pas impossible si on pourra se procurer des armes.

Belgrado, 6 maggia 1866.

J'ai eu à l'instant un long entretien avec l'vi. Garachanine et en présence d'Orescovitch. Je mande à V. E. par télégraphe le résultat. Je dois avouer qu'ayant vivement pressé M. Garachanine sur l'entente que je suppose exister entre la Russie et la Serbie, il m'a déclaré qu'il n'en était rien et il m'a de nouveau assuré qu'il préférerait que son pays restM indéfiniment vassal de la Turquie plutòt que devoir son indépendance absolue à la Russie. M. Orescovitch était présent.

(l) -I brani fra asterischi non sono stati editi. (2) -Gruppo indecifrato. (3) -Sic. nel telegramma conservato in Carte La Marmora ma il n. 562 sembrerebbe spedito a Barrai in seguito all'arrivo di questo telegramma.
566

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA (AVV)

L. P. l. Costantinopoli, 6 maggio 1866.

Intendevo scriverle alcune impressioni politiche sul mio viaggio ma gli eventi che si svolgono ed incalzano in Italia, fecero ad esso perdere quell'attualità e quella importanza pratica ed immediata in nome della quale è soltanto lecito ora di venire a richiamare la di lei attenzione.

Una sola di queste impressioni mi credo in debito di comunicarle ed è q_uella che raccolsi dai discorsi che ebbi l'occasione di tenere a Pest con qualche uomo politico di quel paese e qualche membro della Dieta. Comincio dal dire che essi mi parlarono con lealtà e schiettezza e come uomini che senza

farsi illusioni conoscono lo stato pratico delle cose nel loro paese. In Ungheria la nazione è alquanto stanca e scoraggiata dalle sue tristi condizioni economiche. Non v'ha probabilità alcuna di moti insurrezionali a meno di qualche provocazione dell'Austria, ora improbabile, o di qualche scossa potente ed imprevedibile. Il grosso del paese crede di trovare le ragioni del poco florido stato in cui si trova in quella lunga precarietà di condizioni politiche in cui visse da tanti anni, aspira ad uscirne, non vuole fare il sagrificio dei suoi diritti, ma tende piuttosto ad uscirne colla riconciliazione che colla rivoluzione. Malgrado questo il paese seguita la Dieta e il parmo Deak, che è il padrone del

paese e della Dieta non cederà d'un palmo dal suo programma legale e dalle

condizioni d'avvicinamento da esso in ultimo formulate. Queste condizioni si

riassumono nel Ministero responsabile e nella r.innovazione delle Municipalità.

Gli ungheresi non accresceranno le loro pretese a cagione delle complicazioni

estere dell'Austria, ma rimangono irremovibili su questo terreno. Se l'Austria

non cede le cose rimarranno come ora sono vale a dire in uno stato di resi

stenza legale, ma ostinata ·ed assoluta. Ma mi si diceva, se l'Imperatore, anche

costretto dalle presenti difficoltà venisse a Pest, ed accordasse le concessioni

domandate, le accordasse in un modo largo ed alquanto spettacoloso, esse sarebbero accolte con entusiasmo e nei primi impeti di questa riconciliazione, gli ungheresi col loro carattere terrebbero a dar prova di generosità. Allora la Dieta voterebbe le reclute domandate e, mi si soggiungeva, si potrebbe forse anche costituire qualche legione per prendel"e parte alla guerra contro la Prussia.

Le faccio grazia dei lunghi ragionamenti ch'io feci a questi signori per mo

strare ad essi l'errore e l'illusione di questa poliitica. Ma essi non mi parlavano

delle loro particolari disposizioni, ma di quelle che credevano essere, anche loro

malgrado le disposizioni del paese. È vero che l'Italia è popolare in Ungheria,

che l'idea di battersi volontariamente contro gli Italiani ripugna ad essi, ma

mi permetta di toccare una ipotesi della quale non conosco la probabilità,

ma che si presenta come possibile alla mente. Se la guerra scoppiasse se si

trattasse di qualche diversione di volontari e di truppe regolari che toccassero

all'Ungheria sarebbero necessarie prima delle intelligenze delle spiegazioni per

non esporsi a qualche disinganno. Gli esuli ungheresi non hanno ora influenza

e non sarebbero nemmeno intermediarii opportuni per simili trattative.

Non le posso parlare di politica turca, perché cogli usi del paese rimane

estranea alle prime cerimonie. Feci ieri l'altro le mie visite ufficiali alla Porta

e fui accolto da Aalì Pascià, dal Gran Vizir e dagli altri con dimostrazioni di

particolare cortesia. Ricevetti ieri la Colonia che accorse numerosa e le tenni

un breve discorso che fu bene accolto.

Qui il Governo si mostrò molto preoccupato degli avvenimenti d'Italia.

Vidi io stesso una lettera d'Alì Pascià nella quale si annunziavano come no

tizie giunte alla Porta le voci le più esagerate che possano correre sui giornali.

Per questo le telegrafai al Ministero.

Qui non giornali, perché giungono ogni quattro o cinque giorni, non

agenz1e telegrafiche non telegrammi di giornali locali, perché escono raffazzonati dai bureaux della Porta. La prego dunque vivamente perché dia l'istruzione di tenermi informato e sull'indirizzo generale della politica e sulle principali misure prese pubblicamente dal Governo. È una vera questione di dignità per me il poter rettificare le notizie sparse sia dal Governo sia dal corpo diplomatico, e il non essere obbligato d'andare a chiedere ai Ministri Turchi e all'Ambasciata di Francia le notizie del mio paese.

Dovrei anche parlare d'altre cose che si riferiscono alle condizioni esterne della Legazione d'Italia di quanto è necessario per porla in quello stato di decoro che pure è indispensabile, anche per migliorarne le condizioni di legittima influenza ma non sono questi né i momenti, né le circostanze. :"Te scriverò a Cerruti.

Dio voglia che mi si offra il destro di non rimanere inoperoso, mentre si decidono forse le sorti del mio paese!

(l) Cfr. n. 526.

567

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 173. Firenze, 7 maggio 1866, ore 15,50.

Vous pouvez consacrer 5 ou 6 mille francs à agir en Croatie et Slavonie si succès sérieux sont obtenus on pourra ensuite y mettre plus d'argent. Mais bornez vous à agir sur chefs régiments frontières pour les amener à résistance; abstenez vous absolument de toute action contre provinces ottomanes. Informez moi si le moment venu la Hongrie pourrait acheter et exporter des armes de Serbie, mais ne prenez à oe sujet aucun engagement.

568

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA (l)

T. 174. Firenze, 7 maggio 1866, ore 17,30.

Vous savez par ma circulaire du 27 (2) que l'Italie menacée par armements et concentrations de troupes de l'Autriche s'est mise sur pied de guerre. La Prusse se fondant sur armements redoublés de l'Autriche vient d'en faìre autant et il est possible que les hostilités éclatent en Allemagne. Quant à nous, nous avons constamment déclaré garder jusqu'ici l'attitude purement

défensive accentuée par la circulaire du 27 avril. Cependant nous n'avons pris aucun engagement qui lie nos déterminations à venir, quoique les paroles peu précises de M. Rouher au Corps législatif semblent indiquer de nostre part des promesses qui n'ont été ni demandées ni faites. L'Italie n'a pris les armes que pour sa défense, mais les événements ont rendu indispensable la solution de la question vénitienne et dans de telles circonstances nous ne saurions cqnsentir à désarmer. L'Itulie prendra les résolutions exigées par sauvegarde de ìa complète indépendance nationale. Outre l'armée Ì:égulière qui est déjà concentrée darns nord :J.e Gouvernement entend utiliser, au besoin, concours volontaires organisés avec garanties sérieuses et placés sous sa direction. La Turauie n'a plus à s'en préoccuper que toute autre puissance neutre. Je sais qu'à Constantinople l'on accuse l'Italie, surtout d'après les rapports de Rustem bey, de chercher dans des intrigues en Orient la solution de la question vénitienne. Vous pouvez dire au Gouvernement ottoman qu'il aurait dù s'apercevoir depuis longtemps du peu de valeur des informations toujours malveillantes de cet agent.

(l) -Questo telegramma risponde al t. 283 del 6 maggio con cui Visconti Venosta aveva richiesto informazioni sulla situazione. (2) -Cfr. n. 524.
569

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 224)

T. Parigi, 7 maggio 1866, ore 15,30 (per. ore 21,45).

Je signale à V.E. la gravité du discours de l'Empereur inséré dans le Moniteur d'aujourd'hui (1). Je vous recommande très vivement d'empecher toute démonstration garibaldienne; c'est de la plus grande importance.

570

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 213 e in CHIALA, p. 173)

T. u. Parigi, 7 maggio 1866, ore 13,35 (per. ore 2,20 dell' 8).

J'ai vu Empereur aujourd'hui, il convient que la situation est très délicate. Il m'a dit que pour gagner du temps il fera son possible pour remettre sur le tapis idée de congrès.

(l) Cfr. n. 573.

571

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, p. 227)

T. 287. Pietroburgo, 7 maggio 1866, ore 18 (per. ore 4,15 dell' 8).

Cabinet français jugeant insuffisant désarmement simultané proposé par Angleterre s'il n'y a entente sur la question vénitienne, des duchés et réforme allemande a fait demander son opinion au Gouvernement russe. Le prince Gortchakoff a répondu aujourd'hui que l'Empereur serait favorable à l'idée de se concerter pour le règlement des différends entre Italie, Prusse et Autriche, mais que Sa Majesté insiste pour le désarmement afin que les puissances s'occupent avec plus de tranquillité des solutions. L'Angleterre aussi parait favorable à un congrès. Je désire instructions.

572

IL CONSOLE GENERALE A BELGRAD_Q, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 288. Belgrado, 7 maggio 1866, ore 22,30 (per. ore 9 dell' 8).

J'ai eu hier soir entretien avec Garachanine en présence Oreskovitch. Garachanine est bien disposé: il parait meme qu'il ne craigne pas que le Gouvernement du Roi pourrait se retirer à moitié chemin comme la dernière fois; car qu'il fasse ou non la guerre, il devrait (le Gouvernement de Sa Majesté) selon Garachanine, suivre ce travail jusqu'à ce qu'une entente solide soit établie entre l'Italie, la Croatie, la Serbie, Slavonie. Pour le jour où Italie commence lutte contre Autriche, il serait Garachanine prèt à se lancer dans l'affaire avec plus de courage, et les difficultés ne l'arrèteraient pas trop. Nous avons donc convenu que Oreskovitch et Garachanine se chargent Croatie et Slavonie, les albanais etc., mème les dalmates. On a déjà envoyé des émissaires; d'autres sont partis cette nuit. Garachanine a mis à disposition Oreskovitch 12.000 francs pour ces premières dépenses, dans l'espoir que Gouvernement de Sa Majesté le rembourse de la somme qu'on justifie dépensée. Le plan d'Oreskovitch consiste à s'emparer par astuce ou argent des forteresses Gradiska, Brood, très bien armées très petite garnison, Grenzer amis, en faire la base d'opération et de la marche en Dalmatie par la Bosnie ou par un autre chemin à la rencontre d'un italien qui débarquerait en Dalmatie ou Albanie. M. Garachanine dfsire connaitre si le Gouvernement du Roi est disposé à fournir fonds nécessaires pour cette entreprise, et ensuite que j'aille moimème expliquer à V. E. le plan en détail et combiner le tout. Veuillez Excellence télégraphier réponse, car si on doit agir on ne doit pas perdre un seui instant puisque tout est à faire.

573

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 334. Parigi, 7 maggio 1866.

L'imperatore si recò ieri ad Auxerre ad assistere all'inaugurazione del Concorso regionale, e trovò in quella cerimonia l'occasione di rispondere con una significantissima frase al discorso del Signor Thiers. li Sindaco d'Auxerre avendo rammentato che le popolazioni avevano 51 anni fa salutato con grande entusiasmo Napoleone Io, l'Imperatore rispose che egli • al pari della Francia detesta quei Trattati del 1815 di cui oggi si vorrebbe far la base della politica estera francese •. E come per far sentire ancor meglio la gravità di queste parole rispetto alle tendenze dei fautori ed approvatori del Signor Thiers aggiunse che il suo cuore è colle popolazioni delle campagne, che serbano più schietto il culto e l'amore della patria.

L'impressione prodotta a Parigi da questo discorso è immensa, e non sarà minore all'estero. È questa la prima volta che l'Imperatore si pronuncia, ed a fronte delle complicazioni che sorgono all'orizzonte quelle parole saranno da tutti interpretate come foriere di fatti importanti. E perciò le dichiarazioni officiali del Signor Rouher, che già avevano fatto sì poca impressione fuori del recinio del Corpo Legislativo, saranno dimenticate avanti a questa prima ed inattesa manifestazione del pensiero personale del Sovrano.

574

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 44. Berlino, 7 maggio 1866 (per. il 12).

Les télégrammes à peu près quotidiens que j'ai l'honneur d'adresser à

V. E. sur la situation, laissent presque sans intérét Les détails dont je pourrais les accompagner par la poste. Il en est un cependant qui, quoique rétrospectif, mérite toutefois par son importance une mention spéciale.

En apprenant que l'Autriche se décidait à désarmer le 25, et que la Prusse n'avait pu faire autrement que de consentir à suivre son exemple le 26, les Etats secondaires et le parti de la Cour avaient manifesté une de ces joies bruyantes se ressentant évidemment du sentiment du danger auquel ils croyaient avoir échappé. Les premiers étaient tellement convaincus qu'ils se trouvaient hors des atteintes de la Prusse, que déjà ils s'appretaient à appuyer de leur vote à la Diète la combinaison secrètement préparée avec l'Autriche pour ramener la question des Duchés sur le terrain fédéral par une proposition dont le Cabinet de Vienne vient de se faire l'interprète auprès de celui de Berlin.

Mais quelle n'a pas été leur stupéfaction d'abord, et leur colère ensuite, lorsqu'ils apprirent qu'en retirant ses troupes de la frontière de Boheme, l'Autriche les avait portées sur celle de l'Italie, et que, par suite de cette énorme faute elle avait donné motif à la Prusse d'insister sur un désarmement général, et avait rapidement amené une situation beaucoup plus grave qu'auparavant. Certains Représentants des Etats secondaires en ont été tellement irrités, qu'ils ne craignaient pas d'accuser ouvertement de démence l'Empereur François-Joseph auquel ils font remonter exclusivement la responsabilité de cette incroyable décision si fatale, à leur point de vue. Il est donc très clairement établi aujourd'hui que, en portant sans aucune raison ses troupes sur la frontière d'Italie, l'Autriche a agi sans consulter ses Confédérés, et qu'en cela comme en beaucoup d'autres circonstances, elle n'a tenu aucun compte des dangers qui pourraient en résulter pour leur existence.

Maintenant, sous la pression rapide exercée par l'attitude inopinée de l'Autriche, la situation est entrée dans sa crise supreme, et ne parait pas pouvoir se dénouer autrement Que par une lutte prochaine. A la demande de désarmement, adressée par la Prusse à la Saxe, M. de Beust a répondu par un long Mémorandum d'avocat, où il dit, en résumé, que la Saxe n'a fait que préparer son contingent fédéral, et que si la Prusse croit avoir à se plaindre de la Saxe, c•e'st à la Diète qu'elle doit porter l'exposé de ses griefs. Mais ces raisons, tout au plus bonnes en temps de paix, n'ont aucune valeur dans un moment aussi critiQue. La Prusse y a déjà répondu par l'envoi de deux corps d'armée qui, en se concentrant à Erfurt et à Gorlitz, sont prets au premier moment à étreindreJa Saxe comme dans un étau; et ce n'est pas une vaine demande d'explications rassurantes à obtenir de la Prusse qu'elle a réclamée à la Diète de Francfort dans sa Séance de Vendredi dernier, qui pourra la sauver du danger imminent d'etre tout à coup envahie par les armées Prussiennes.

C'est, en effet, sur le territoire Saxon que, d'après l'opinion générale, la grande lutte doit s'engager entre la Prusse d'une part, et l'Autriche et ses Confédérés du Midi de l'autre. Quoique si près d'un dénouement belliqueux, personne ne prévoit encore cependant l'incident qui doit mettre le :lleu au premier coup de canon. Comme j'ai eu soin de le mander plusieurs fois à V.E., l'opinion la plus accréditée ·est que l'Autriche, forte de l'appui qu'elle va se hàter de demander à la Diète sous une forme ou sous l'autre, prendra l'initiative des hostiHtés. L'Autriche, assure-t-on, sentant bien qu'elle ne peut plus faire face aux dangers, qui de tout còté la menacent sans chercher à se relever par une grande action militaire, a résolu de jouer sa dernière carte en ramassant dans un supreme effort et son dernier homme et son dernier écu. C'est aussi l'opinion du Comte de Bismarck qui m'a dit, à plusieurs reprises, que toutes ses informations le portaient à croire q_ue l'Autriche en était venue positivement à vouloir entamer sérieusement la lutte avec la Prusse, tout en maintenant sa position purement défensive en Vénétie. Au reste, il devient évident maintenant que l'Autriche, dont les finances so n t dans un état désespéré, n'aurait certainement pas mobilisé une armée, dont on porte le chiffre à 500 mille hommes, pour faire simplement une démonstration militaire, et retomb:=r politiquement et financièrement plus bas que jamais, après. Enfin, une remarque importante qui vient à l'appui des probabilités belliqueuses, c'est que l'Ambassadeur d'Ang1eterre, dont les efforts constants n'ont cessé d'agir dans le sens de la paix, semble avoir renoncé à ·cette entreprise difficile, et parle maintenant de l'intervention des Grandes Puissances après une première bataiHe.

Au risque de me répéter, mais pour bien préciser la position militaire des deux grands adversaires, je dois ajouter que bien positivement tous les Etats secondaires du Midi, à commencer par la Saxe et à finir par la Bavière, preteront l'appui de l,eurs armes à l'Autriche dans laquelle, tout en reconnaissant l'absurdité de sa politique, ils croient voir cependant le seui et dernier refuge de leur existence. C'est cette conviction qu'exprimait dernièrement un des Représentants les plus autorisés de ces Etats, en disant avec assez d'originalité:

• Nous sommes fatalement placés entre deux tigres dont l'un veut nous dévorer, et l'autre se borne à nous donner des coups de griffes; nous préférons encore ce dernier •.

Dans un moment où, selon toute probabilité, la parole va apparteriir aux événements, l'incident d'une Note diplomatique offre peu d'intéret; cependant, camme cela se rattache au fond meme de la question pendante, je termine en disant qu'en réponse à la dépikhe Autrichienne du 26 avril dernier sur l'opportunité de déférer à la Diète la solution du conftit Holsteinois, le Cabinet Prussien s'occupe de la rédaction d'une Note dans laquelle il sera déclaré expressément que la Prusse doit, avant tout, maintenir dans les Duchés le principe de sa suprématie militaire, et qu'elle ne pourrait plus désormais admettre l'établissement d'un Etat indépendant dans le Nord, camme étant opposé aux intérets Prussiens. L'Autriche ne peut pas évidemment accepter une pareille théorie, et le maintien d'opinions si contraires ne pourrait, si c'était possible, qu'agraver la situation.

575

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 289. Belgrado, 8 maggio 1866, ore 5,20 (per. ore 9,30).

Je sais qu'on a concentré beaucoup de troupes à Pesth. Une guerre contre la Prusse est très populaire en Autriche, meme parmi les Grenzer, qui, d'après ce qu'on dit, en protestant de ne vouloir pas se battre contre les italiens, demandent à etre envoyés contre les prussiens. Les informations secrètes que Garachanine a reçues de l'Albanie disent que les italiens travaillent beacoup là bas. Metternich s'est plaint avec M. Marinovitch que la Serbie et l'Italie conspirent ensemble contre la Turquie et l'Autriche. Garachanine a dit, il y a 20 jours, à Milivoi, qu'il faut Que l'armée soit prete d'ici à trois ou quatre mais. J'ai reçu votre télégramme d'hier (1). J'attends réponse au mien du meme jour (2).

(l) -Cfr. n. 567. (2) -Cfr. n. 572.
576

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 175. Firenze, 8 maggio 1866, ore 13,20

L'Italie acceptera le congrès si les puissances amies y voient un moyen d'amener des solutions parmi lesquelles celle de la Vénétie du moins, ne pourrait plus etre différée. Mais il ne nous serait pas possible dans l'état de choses actuel de remettre nos forces sur pied de paix et vous le déclarerez au besoin en toute loyauté au prince Gortchacow.

577

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 176. Firenze, 8 maggio 1866, ore 13,20.

On me mande de St. Pétersbourg et de Londres qu'il est vaguement question de projets de congrès. Voyez ce que pense le Gouvernement prussien d'une telle éventualité.

578

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 290. Stoccarda, 8 maggio 1866, ore 11,15 (per. ore 14,35)..

Hier j'ai communiqué officiellement au ministre des affaires étrangères mon arrivée et serai reçu par lui aujourd'hui. En attendant, renseignements particuliers dignes de foi assurent que Wurtemberg encore plus hostile à Prusse et à Italie que la Bavière. On ne doute point ici qu'il prendra fait et cause pour l'Autriche. Témoigne ouvertement en toute occasion sympathie autrichienne meme journal officiel. De mème je tiens de bonne source qu'Angleterre encourage contre Prusse ligue états secondaires dans laquelle Clarendon fonde grand espoir pour conservation paix. Pendant que je chiffre cette dépeche je reçois lettre de ce ministre des affaires étrangères qui m'annonce contrairement à celle de Varnbuler reçue hier au soir, fixant ma réception aujourd'hui, que ce ministre des affaires étrangères est malade et condamné au lit pour quelques jours (sic) et je serai reçu par conséquence par sous secrétaire d'état. Après réception je télégraphierai résultat à V.E.

579

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 214 e in CHIALA, p. 174)

T. u. Parigi, 8 maggio 1866, ore 12,15 (per. il 9).

Attitude de l'Empereur jusuu'à présent est qu'il n'a de parti pris ni pour

l'Autriche, ni pour la Prusse; mais il est évident que s'il pouvait accepter pro

position autrichienne, il se prononcerait du céìté de l'Autriche.

Je doute que Govone porte la solution de la question, qui est extrémement délicate et qui implique parole du Roi. L'Empereur m'a dit hier qu'il désire ne pas voir Govone pour éviter les commentaires des journaux. Ce que je crains c'est que la Prusse n'attaque pas et que tout tombe dans l'eau.

580

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, TECCIO DI BAYO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 297. Bucarest, 8 maggio 1866, ore 15,40 (per. ore 5,25 dell'11).

Moniteur publie aujourd'hui déclaration de la conférence (l) précédée par considération du Gouvernement exprimant conviction que Roumains sachant comprende aussi bien les actes diplomatiques que leurs droits et devoirs, apprendront décision avec respect et confiance que puissances garantes sanctionneront volonté exprimée sans cesse par la nation.

581

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO

T. 177. Firenze, 9 maggio 1866, ore 15,15.

Je vous renouvelle l'avertissement de ne pas trop pousser les choses et surtout de ne rien faire absolument contre les provinces ottomanes.

(l) Cfr. n. 547, allegato II.

582

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 292. Stoccarda, 9 maggio 1866, ore 13,30 (per. ore 18,50).

Sous secrétaire d'état m'a très bien reçu hier. Il m'a renouvelé excuses Varnbuler souffrant, et m'a dit que j'étais attendu, par conséquent agréé, que question personnelle était séparée de question politique, que situation actuelle des choses était trop tendue pour aborder conversation politique, que Wurtemberg fidèle à pacte fédéral s'y maintiendra comme autres confédérés, finalement prendra ordres pour prompte audience royale. Convaincu inutilité discussion, mais but important pour nous de prendre position ici, j'ai répondu que ma mission était ouvrir et entretenir bons rapports officiels entre Wurtemberg et Italie. J'ai fait ensuite, selon usage diplomatique et de Cour, après l'audience royale, demande réception autres membres famille régnante. En attendant je m'annoncerai à Saxe Weimar, baron de Watzdorf m'ayant témoigné désir par l'entremise de ministre de Saxe, d'en prévenir d'avance. D'après les renseignements que je me suis procurés dernierèment je confirme informations dont il est question dans mon télégramme d'hier; de plus mobilisation imminente ici de toute l'armée si parlement consent, lequel sera convoqué inoessamment. Parti libéral et majorité diplomatie croient que parlement votera fonds pour neutralité armée, mais pas pour coopération guerre. Il y a bien pays moins autrichien que Gouvernement tandis qu'en Bavière viceversa (1).

583

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmom; ed. in LA MARMORA, p. 214 e in CHIALA, p. 174)

T. Firenze, 9 maggio 1866, mattino.

Naturellement Govone ne peut pas voir l'Empereur mais certes il est très utile que vous lui parliez; car personne mieux que lui ne peut apprécier les dispositions de la Prusse et la portée qu'on donne à Berlin à nos engagements.

(l) Con t. 294, pari data, ore 19,30, per. ore 21, Oldoini comunicò di essere stato ricevuto dal Re del Wurtemberg per la presentazione delle credenziali e di aver ricevuto cortese accoglienza.

584

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 214-215 e in CHIALA, pp. 174-175)

T. Parigi, 9 maggio 1866, ore 20,56 (per. ore 24).

Govone croit aussi très difficile et peu loyal de nous ~égager envers la Prusse; il est convaincu que la Prusse est décidée tout-à-fait à tirer l'épée au plus tard vers le commencement du mois prochain, et que la Prusse en tout cas déclarerait la guerre si n.ous étions attaqués. En attendant la France fera la proposition du congrès. L'une des bases sera 1a cession de la Vénétie. Govone retoume demain à Berlin. (l)

585

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 225)

T. Berlino, 9 maggio 1866, ore 23,10 (per. ore 5 del 10).

Le Gouvernement prussien n'accepterait le congrès dont il a été réellement question entre les grandes puissances, que sur la base d'une entente préalable avec l'Italie et la France.

M. de Bismark ne croit pas du reste à sa possibilité. Voici au surplus ce qu'il m'a dit sur l'ensemble de la situation.

• Afin d'avoir l'opinion du pays et d'obtenir les fonds néoessaires pour faire la guerre nous allons convoquer un nouveau parlement prussien.

La mobilisation complète de l'armée sera achevée dans 15 jours, et alors le moindre incident militaire en Saxe ou plutòt en Hanovre, qui parait s'armer pour l'Autriche déterminerait l'explosion.

On m'écrit de Florence que c'est par vous que l'on pourrait commencer, et alors vous pouvez compter sur notre action immédiate n'en doutez pas.

Le vote d'aujourd'hui à Francfort nous indique que c'est contre nous que les Etats secondaires arment, mais nous serons prets avant eux, et nous sommes bien décidés à sortir de la confédération organisée uniquement contre la Prusse •.

La guerre parait ici à tout le mond inévitable.

(l) Cfr. in proposito una memoria di Govone per Nigra ed. in LA MARMORA, pp. 215-222 e in GOVONE, pp. 500-507.

586

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 45. Berlino, 9 maggio 1866 (per. il 16).

L'anathème solenne! lancé à Auxerre par l'Empereur des Français contre les traités de 1815 a produit une sensation d'autant plus grande en Allemagne que personne dans ce moment ne s'attendait à la brusque manifestation, dans des termes aussi accentués, de la pensée Napoléonienne sur les frontières naturelles de la France. Quelques journaux de Paris ont bien essayé, après coup, de faire croire que les paroles de l'Empereur étaient une réponse au discours de M. Thiers, mais le sentiment public en Allemagne ne s'est point mépris sur leur véritable portée, et y a vu la consécration officielle d'un programme depuis longtemps médité. Toutefois, il y a à faire sur la différence des temps la remarque capitale que voici: si Sa Majesté avait, il y a seulement une année, fait une allusion aussi catégorique à la possession de la rive gauche du Rhin, nul doute qu'Elle eut spontanément réveillé contre Elle l'esprit anti-français de 1813; et que, sous l'impulsion de ses Gouvernemens, toute l'Allemagne se fUt soulevée pour protester contre une pareille prétention. Mais l'Empereur a pris admirablement son temps; aujourd'hui les circonstances sont profondément modifiées; les deux grandes Puissances sont à la veille d'entamer une lutte décisive, et dans le secret de leur pensée chacune d'elle ferait volontiers le sacrifice de l'objet des convoitises de la France pour avoir raison de sa rivale. D'autre part les Gouvernements Secondaires tremblant pour leur existence, qui, si la guerre éclate, sera enlevée à plusieurs d'entr'eux, bien loin de nourrir des sentiments hostiles à la France tournent volontiers au contraire leurs regards vers elle, comme étant encore un dernier élément de salut. Quant aux populations elles sont trop préoccupées des grands événernents aux quels va donner lieu le conflit survenu entre les deux grandes Puissances, pour apporter dans leur antique haine contre la France cette rnèrne vivacité qui ne leur aurait pas fait défaut dans une situation moins profondérnent troublée. Enfin, il faut bien le reconnaitre, et c'est là une considération extrèrnement importante, que j'ai eu plusieurs fois l'occasion de signaler de Francfort à l'attention du Gouvernement du Roi, il s'est fait depuis plusieurs années dans les Provinces Rhénanes un travail d'assimilation française, qui, à un mornent donné devait produire ses résultats. Aujourd'hui, dans les principales villes des bords du Rhin, comme dans le Palatinat, il y a un parti français, et si l'on ajoute que de grands intérèts industriels s'attachent à une réunion à la France, l'on comprendra aisément que les grandes animosités politiques d'autrefois se sont sensiblement

amoindries, et qu'elles ne tiendraient pas devant une corr,binaison où chacun,

après la guerre, trouverait ses intérèts satisfaits.

Quoi qu'il en soit les ambitions territoriales de l'Empereur Napoléon, que jusqu'à présent l'on n'avait fait que deviner, sont aujourd'hui ouvertement proclamées; et si la lutte qui parait inévitable s'engage, son programme doit sans coup férir se réaliser. La diplomatie allemande elle-meme ne se fait plus illusion sur cette conséquence obligée de la guerre, quelque soit du reste son issue, et le Ministre de Saxe me disait hier avec un accent mélancolique qui m'inspirait des sentimenrts bien différents:

• -Voilà ce que le conflit armé entre les deux grandes Puissances Allemandes aura amené: La France aura la rive gauche du Rhin, et vous, vous aurez Venise •. P. -S. -La Note par laquelle l'Autriche répond négativement à la demande de désarmement général formulée par la Prusse, porte la date du 4 mai. Comme ce refus que je m'étais empressé de faire connaitre par télégramme à V. E., avait déjà été notifié officiellement au Baron de Werther à Vienne, le document n'a plus d'intéret et se borne à reproduire les arguments répétés à satiété par l'Autriche sur ses intentions purement défensives. Il y a cependant à la fin un passage assez singulier où en parlant des armements faits en vue de l'attitude de l'Italie, il est dit que l'Autriche s'étonne que la Prusse puisse lui adresser des reproches au sujet des mesures militaires prises pour la défense des frontières de l'Allemagne!

J'avais également eu soin de faire connaitre par télégramme à V. E. l'irritation Qu'avaient produite ici les armemens du Hanovre auxauels est venu s'ajouter son récent vote à Francfort. J'apprends maintenant que M. de Thile a dit aujourd'hui à plusieurs diplomates allemands que ce pourrait bien etre par le Hanovre que commenceraient les opérations militaires de la Prusse.

587

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 226)

T. Firenze, 10 maggio 1866, o1·e 12.

Par votre télégramme de ce martin (1), Bismark vous aurait dit, que de Florence on lui écrit, que c'est par nous que pourrait commencer la guerre.

Il m'importe de savoir ce que Bismark a voulu dire: d'autant plus que la Prusse nous recommandait il y a peu de jours de ne pas attaquer les premiers.

* Eclaircissez cela avec beaucoup d'adresse et sans lui donner de soupçons * (2).

(l) -Cfr. n. 585. (2) -Il brano fra asterischi non è edito in LA MARMORA.
588

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 226-227)

T. Berlino, 10 maggio 1866, ore 17,18 (per. ore 19,45).

Il y a eu évidemment erreur dans la transmission d'un chiffre. Bismark ne m'a pas dit que la guerre pourrait commencer par nous, mais que l'Autriche pourrait commencer par nous, ce qui signifie tout le contraire, et n'est nullement probable.

589

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 296. Pietroburgo, 10 maggio 1866, ore 18 (per. ore 19,50).

Hier matin avant réception télégramme de V. E. (l) est parti courrier pour Vienne et Florence chargeant comte Stackelberg agir pour le désarmement, mais avec ordre de retenir dépéche pour le comte de Kisseleff dans le cas où tentative échouerait auprès du cabinet autrichien. Dans l'état actuel de choses nouvelle démarche à Berlin a été jugée inutile.

590

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 298. Belgrado, 10 maggio 1866, ore 15,50 (per. ore 18 dell' ll).

Ne cra.ignez pas Excellence aue je . . (2) avant tout j'obéis militairement à mes chefs, et ,ensuite je ne 1e pourrais pas, car Garachanine et Orescovitch,, aux conditions de ne rien entreprendre contre les provinces ottomanes, veulent rien faire. Ce sont eux que moyennant quelque argent peuvent faire beaucoup en Croatie et Slavonie, car moi je n'ai aucun chef sous la main. Aujourd'hui je parlerai de . . (2) à Garachanine; mais d'après ce Q.ue Orescovitch m'a dit, le président du conseil croit que l'Italie a l'arrière pensée de céder Herzé

govine et Bosnie à l'Autriche en échange de la Vénétie, et d'ailleurs, dit-il, un service en vaut bien un autre; qu'il ne peut pas servir l'Italie sans faire en meme temps reculer intérets de la Serbie. Les choses étant ainsi les Grenzer feront ce que les serbes voudront, et n'écouteront guère l'Italie. D'ailleurs les officiers de ma connaissance sont tous partis. Je vois quelque chose qui m'indique que notte parti d'action compromet Gouvernement du Roi en Turquie. Orescovitch est en correspondance avec général Turr, et dernièrement il a reçu de Paris avis qu'un italien et un officier prussien sont partis pour Belgrade pour s'entendre avec lui. Je soupçonne Gouvernement prussien avoir ... (l) ici, car il a mi à disposition de ... (l) de son consulat une petite somme d'argent que celui-ci pense destiner pour l'officier précité. Orescovitch attend lutte. Je me réfère à mon rapport que j'envoie aujourd'hui par la poste.

(l) -Cfr. n. 576. (2) -Gruppo indecifrato.
591

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 10 maggio 1866 (per. il 20).

Je viens de parler à M. Garachanine. Je lui ai dit que le Gouvernement Italien ne voulait absolument rien entreprendre contre les provinces Ottomane~, mais qu'en dehors de cela il était disposé à tout faire pour que les Grenzer, qui sont encore dans la frontière n'allassent pas réjoindre l'armée autrichienne, et je l'ai prié de m'aider à travailler dans ce but. Il m'a répondu:

• -Je ne vois pas d'autres moyens que celui de les lancer en Bosnie, et si la nouvelle qu'on m'a donnée que le Gouvernement autrichien avait l'intention de faire marcher les deux bataillons de chaque régiment qui restent encore le long des frontières militaires et envoyer à ces frontières des troupes autrichiennes se confirme, nous n'aurons meme plus ce moyen. D'ailleurs l'Italie ne voulant pas adhérer à ce projet, il ne reste plus rien à faire •. • -Je crois, lui ai-je dit, que mon Gouvernement doit avoir intéret à etre bien renseigné sur les mouvements des troupes autrichiennes, dans ce cas je vous prierais de m'a,ider •. Il m'a répondu: • .Te le ferai avec plaisir en contròlant les nouvelles de vos émissaires avec les nouvelles qui me donneront les miens •.

Donc, si V. E. désire que j'envoi·e des émissaires, les choisissant parmi les personnes les plus sures possible, je prie V. E. de m'eu donner les ordres.

Je suis informé que M. Garachanine travaille beaucoup avec des Agents de l'Albanie, du Monténégro, de l'Herzégovine et Bosnie et je crois aussi de l'Epire, et je suis persuadé que si l'Autriche fait la guerre à la Prusse et à l'Italie, une levée de boucliers aura lieu depuis l'Epire jusqu'en Bosnie y compris le Monténégro. Dans ce cas la Serbie pour ne pas se laisser déborder, elle devra aussi entrer av·ec toutes ses forces dans la lutte. Cependant j'ai

24 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

demandé à M. Garachanine ce qu'il ferait si une partie des provinces Ottomanes depuis l'Epire jusqu'à la Bosnie se soulèveraient? Il m'a répondu: • Je n'ai pas besoin de Vous le dire; Vous le comprenez, il ne serait pas possible à la Serbie de se tenir à l'écart •.

Je crois aussi que la Prusse veut travailler à Belgrade par l'entremise d'agent secret que Orescovitch attend.

Dans ce cas une révolution en Turquie est encore plus probable, et si elle éclate Vous pouvez etre siìr, Excellence, que si le Gouvernement Autrichien n'a pas rétiré les Grenzer de la frontière en les relevant par des troupes autrichiennes, les Grenzer prendront une parte active à la révolution en Turquie. Des proclamations seront distribuées parmi les bataillons des Grenzer déjà partis qui les pousseront à la désertion en leur promettant que les italiens et les prussiens les embarqueront pour les conduire au secours de leurs frères, les Serbes.

Attendons donc les événements et peut-etre nous pourrons profiter des circonstances qui malgré nous surgiront.

Beaucoup de troupes se concentrent en ce moment en Dalmatie.

L'état mayor du génie qui était à Ragusa s'est établi à Cattaro.

Les troupes qui étaient à Ragusa sont parties pour Vénise; des Grenzer croates les relèvent à Ragusa.

Le Gouvernement Autrichien fait récruter le long du Danube et de la Save tous les bons matelots qu'il peut trouver. Ils sont engagés à Pola, Vénise et Trieste.

Depuis la Gallicie jusqu'à la Vénétie les chemins de fer sont encombrés de Wagons chargés de munitions de guerre et de bouche et de soldats. Pesth est toujours remplie de troupes qui arrivent et partent. Petervaradino a été approvisionnée de munitions de guerre et de bouche pour un an.

Telle a été la précipitation de la mobilisation et du départ des Grenzer et si grand leur nombre que les uniformes sont manqués. Beaucoup de Grenzer sont partis sans uniforme. On a si peu de confiance dans le dévouement des Grenzer que le Général de Semlin lorsqu'il passa en revue les bataillons du Deutsch Banat à Panesova leur fit preter serment de fidélHé à l'Empereur.

Le Consul Général de Russie à Bukarest a dit à l'Agent Roumain Manesclo qui se plaignait de retourner à Belgrade • Retournez à Belgrade car sous peu des grands événements auront lieu en Serbie •.

Le bruit s'est répandu avec insistence à Belgrade que M. de Budberg aurait parlé à M. Marinovitch de l'existence d'un projet qui unirait la Serbie à la Bosnie et à l'Herzégovine sous un P11ince étranger. Cependant M. Garachanine m'a assuré qu'il n'a jusque là été question d'une pareille chose.

Tandis que les Russes sont révolutionnaires en Moldavie ils se montrent ici dans ce moment tout-à-fait conservateurs. Ils ont l'air de faire croire qu'ils ne sont pas trop satisfaits des Serbes et qu'ils craignent que ceux-ci ne veuillent profiter de l'occasion où l'Autriche serait engagée dans une guerre sérieuse pour essayer, d'accord avec une partie des provinces ottomanes et du Monténégro, une levée de boucliers. Le Consul de Russie dit que les Serbes, n'étant pas encore préparés, seraient battus et réculeraient de vingt ans. Il se peut que ce langage soit sincère, mais il pourrait aussi n'etre qu'une ruse pour masquer leurs batteries. Cependant je crois plutòt à la première hypothèse. Le Consul Russe semble penser que c'est nous qui encourageons les Serbes à la révolution, mais je crois de l'avoir persuadé du contraire.

Le Consul de France a demandé à M. Garachanine ce que le Gouvernement Serbe pense de faire dans le cas d'une guerre de l'Autriche contre l'Italie et la Prusse. M. Garachanine lui a dit que la Serbie se maintiendra tranquille. Garachanine ne le sait pas lui-meme ce qu'il fera. Avec moi il a été plus frane, mais je me suis bien gardé de le dire à mon collègue.

Le Consul d'Angleterre observe et se tait.

Le Gérant du Consulat Prussien doit avoir interpellé M. Orescovitch car il m'a dit: • Je pense qu'avec de l'argent on pourrait faire beaucoup ici •. Je sais qu'il a parlé à M. Garachanine et oelui-ci doit lui avoir fait entrevoir quelque espoir, mais, à coup sur, à la condition que la Prusse lui pretera son appui pour la Révolution en Turquie.

Le Gérant du Consulat d'Autriche surveille le Gouvernement Serbe, le Consulat de Prusse et le nòtre. Il a dit à une personne de ma confiance que son Gouvernement a eu vent d'un projet de débarquement de volontaires italiens en Dalmatie pour marcher ensuite en Croatie et qu'il prend toutes les mesures nécessaires pour l'empecher.

P. S. -En attendant, le haut personnage que V. E. connait, me demande si l'Herzégovine est aussi bien disposée qu'elle l'était en 1863. Je lui ai répondu que je le croyais et je lui ai envoyé mon plan. Mais aussitòt reçues les instructions de V. E. je me suis empressé de lui écrire que mon pian n'ayant pas été agréé par le Ministère, il était inutile de penser à troubler la Turquie.

(l) Gruppo indecifrato.

592

IL GENERALE KLAPKA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 318-319)

L. P. Bruxelles, l O maggio 1866.

Nous nous approchons du moment suprème qui décidera de l'avenir de l'Italie aussi bien que de l'existence de la Hongrie.

Je mets mes services à la disposition de Sa Majesté le Roi, et serais heureux s'il m'était permis de contribuer dans la faible mesure de mes forces à la réalisation du grand but que se propose l'Italie en ce moment.

Le comte Csaky vient de me prévenir des démarches qu'il a faites auprès de V. E. afin de mettre en accord le travail et les préparatifs du Comité national de Pesth avec les plans et projets du Gouvernement Italien.

En effet c'est de ce noyau là que doit partir en Hongrie le signal de la lutte. C'est ce noyau patriotique qui, avec ses nombreuses ramifications dans le pays, avec l'organisation de 1863 et 1864 toute faite, ou très-facile à refaire, doit conserver entre ses mains la direction. Sans lui, sans sa participation directe toute levée de boucliers échouerait infailliblement.

Pour entrainer la Hongrie, pour la convaincre de la nécessité d'une lutte supreme, je me permettrais donc de prier V. E. de ne rien négliger pour se mettre parfaitement d'accord avec le Comité national de Pesth, en sanctionnant la Convention qui en principe fut déjà acceptée par le Gouvernement Italien, et qui seule parait offrir aux chefs du parti national en Hongrie la garantie suffisante, pour exposer, avec une conscience pure et nette, l'avenir de leur patrie au sorts des armes.

Le temps presse. Plus tòt que V. E. s'entendra avec les représentants du Comité de Pesth, plus tòt il y aura à espérer de trouver la Hongde prete d'entrer en lice pour seconder vos efforts en Italie.

Nous avons encore nos armes dans les Principautés. Précieux avantage, que nous n'avions pas en 1859.

J'ai rempli mon devoir de patriote en attirant l'attention de V.E. sur toutes ces questions, et je serais heureux si j'étais bientòt appelé à remplir mes devoirs de soldat sur le champ de bataille.

593

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 227-228)

T. Parigi, 11 maggio 1866, ore 20 (per. o1·e 23,40).

Le Gouvernement français propose un congrès pour trois questions, savoir: Vénétie, Schleswig, et réforme de la Confédération germanique. Les idées de l'empereur seraient la cession de la Vénétie à l'Italie, de la Silésie à l'Autriche. La Prusse aurait les duchés et quelques principautés germaniques de sa convenance. Sur le Rhin on établirait trois ou quatre petits duchés faisant partie de la confédération germanique, mais sous la protection de la France. Des princes germaniques dépossédés par la Prusse iraient dans les principautés du Danube. Ces idées sont celles de l'empereur, mais je n'ai pas besoin de vous dire que leur application rencontrerait l'opposition de la majorité des puissances dans le cas où elles seraient émises au Congrès.

594

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA

(Ed. in LV 9, pp. 669-670 e in LA MARMORA, pp. 229-230)

D. 6. Firenze, 11 maggio 1866.

L'attitudine difensiva che io ebbi a constatare nella mia Circolare del 27 Aprile p.p. (l) persiste pur sempre per parte del Governo del Re. Noi abbiamo avuto occasione di confermarne l'assicurazione alle potenze arniche. Però facendo risultare così del suo presente contegno, il Governo del Re non intese punto, e lo spiegò chiaramente, di prendere impegno di sorta per l'avvenire. L'Italia non armossi che per la propria difesa, ma intanto gli avvenimenti hanno provato essere indispensabile pel ristabilimento della tranquillità in Europa che la soluzione della questione veneta non sia più oltre differita. Che se le Potenze amiche saranno per suggerire mezzi atti a risolvere pacificamente le questioni pendenti in Italia ed altrove, come per esempio un Congresso Generale, noi non li respingeremo, ed anzi nulla tralasceremo ove tali proposte diventassero pratiche per agevolarne la buona riuscita.

In quanto però agli armamenti cui noi ci trovammo costretti, le Potenze intenderanno ne ho la fiducia come essi non potrebbero più essere da noi rivocati finchè dura l'attuale condizione di cose, e V. S. vorrà francamente esprimersi in questo senso ove se ne presenti l'occasione (2).

595

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA (AVV)

L. P. CONFIDENZIALE. Firenze, 11 maggio 1866.

Je profite avec un véritable plaisir de votre permission et de celle du Général La Marmora pour commencer ma correspondance avec vous; et pour ne pas abuser de vos instants, je vais droit aux événements, en vous demandant pardon d'avance pour les négligences d'une lettre écrite au grand coulant de la plume.

L'effet produit dans la diplomatie par le discours de l'Empereur Napoléon à Auxerre est très grand: o n regarde généralement la question du Rhin comme posée. La France n'a pas cessé d'ètre neutre dans la querelle austro-prusiennè,. mais il est devenu évident que cette neutralité approche de son terme, et qu'il dépend de la Prusse qu'elle se change pour celle-ci en bienveillance ou en

hostilité. Il ne parait pas qu'on soit encore tombé d'accord entre Berlin et Paris sur la question de savoir si la Prusse a une Nice et une Savoie d'étendue suffisante et dont la destinée soit de changer de maìtre. Là est la grande question; selon qu'il y sera trouvé ou non une solution amiable, des alliances actuellement formées se maintiendront ou devront se dissoudre.

A Vienne, l'on voit distinctement le danger supreme de l'isolement où la politique suivie jusqu'ici envers l'Italie place aujourd'hui l'Empire. On craint pour tout le ' ,toral autrichien de l'Adriatique, pour la Croatie, pour la Hon

e; on ::t vu avec étonnement l'explosion du sentiment national en Italie, où, sur les rapports des Chambellans et des Archiducs en correspondance avec notre réaction, l'on pensait que le désordre se répandrait partout à la première alarme; la rapide et facile concentration de seize divisions du l•r au 5 mai sur les bords du Pò, où dix divisions se trouveront aussi réunies avant la fin du mois, a fait comprendre de quel poids l'Italie pouvait peser dans les destinées allemandes de l'Autriche, grandement menacées au Nord; l'on sent que la Vénétie est un obstacle à toute entente avec la France. Des hommes qui s'approchent de l'Empereur commencent à oser parler tout haut d'une cession de la Vénétie. Mais il n'est pas besoin de dire que si, à Berlin, la conscience germanique, en quelque sorte, lutte dans l'àme du Comte de Bismarck contre l'idée de céder la rive gauche du Rhin, à Vienne l'amour-propre de Cour et l'orgueil militaire s'opposent tout aussi énergiquement, quoique certes avec moins de bonnes raisons, aux concessions qui pourrait sauver l'Empire.

Et cependant les événements grossissent. Le Gouvernement de Berlin, sans doute dans la sage pensée de chercher dans le sentiment public un appui qui diminue les hasards de sa situation, convoque un nouveau Parlement prussien après avoir promis à l'Allemagne entière un Parlement national, en meme temps qu'il pousse avec actfvité ses armements, qui seront complètement terminés à la fin du mois. L'Autriche, depuis quelques jours, supprime en Vénétie toute apparence d'intentions agressives contre l'Italie, et dégarnit meme les rives du Pò; mais ses journaux dans leurs articles, ses officiers memes dans leur langage déclarent qu'il faut porter au Nord tout l'effort de la Monarchie et écraser la Prusse. Les Etats secondaires, avec une résolution qui ne leur est pas habituelle, se mettent assez gaillardement sur le pied de guerre, et cela ouvertement contre la Prusse, qu'ìls rappellent à l'exécution de l'art. 11 du pacte fédéral; celle-ci montre l'intention de sortir de la Confédération, ou plutòt de dénoncer le pacte fédéral, formé, dit-elle, dans un système contraire aux intérets et aux droits de la Prusse.

Les choses en sont venues au point qu'à Berìin les plus incrédules, meme dans la diplomatie, qui a toujours douté que le Comte Bismarck parvint à entrainer le Roi jusqu'au-bout, pensent aujourd'hui que la guerre est inévitable.

La situation est donc à la fois violente et sans issue, parce que ni l'Autriche ni la Prusse ne se risquera à tirer le premier coup de canon avant d'etre assurée que la France ne sera pas contre elle; et ni l'une ni l'autre n'est patrvenue encore à s'en assurer.

Mais cette incertitude universelle ne saurait durer indéfiniment. Le discours

d'Auxerre est une première mise en demeure à l'adresse de la Prusse et de

I'Autriche; la proposition d'un Congrès, qui va etre faite ou par la France elle-meme ou par quelque autre Puissance à son instigation, va poser nettement le programme de la France. Il parait qu'avant de réunir le Congrès l'on négociera pour en déterminer ~,es bases. Ces bases doivent en principe, suivant le Gouvernement Français, la substitution d'un nouvel ordre de choses à celui qu'ont établi les traités de 1815, aujourd'hui à peu près entièrement déchirés (c'est à cette phraséologie qu'on se borne pour le moment). On est plus précis en ce qui regarde l'Italie: La cession de la Vénétie serait l'une des bases à adopter.

A quoi aboutiront ces négociations en vue d'un Congrès? tout au moins à une consécration de plus des droits de la Vénétie par les Puissances. Il est plus que probable que la guerre n'en sera que retardée: ce retard, qui a pour l'Italie des inconvénients évidents, trouvera sa compensation en tout cas dans des démonstrations diplomatiques d'une incontestable valeur faites à Vienne et ailleurs en faveur de la solution de la question vénitienne, qui se trouve en ce moment la clé des complications européennes.

L'Angleterre, quoique naturellement· contrariée de notre liaison actuelle avec la Prusse et de notre politique décidée, reconnait pourtant que le grand tort revient à l' Autriche, qui a résisté aux conseils répétés venus de Londres, de céder la Vénétie, et quì a dernièrement aggravé sottement la situation par ses armements maladroits. Contraire au Congrès en 1863, l'Angleterre l'accepterait aujourd'hui, parceque l'incendie qu'elle craignait de voir s'allumer en 1863 au signal donné par le Congrès, existe aujourd'hui, et qu'il s'agit d'aviser à l'éteindre. Sir H. Elliot déclare que si c'est la guerre qui est au bout de tout ceci, l' Angleterre, après avoir fait son possible pour nous détourner de la faire, n'aura plus qu'à nous accompagner de ses voeux.

La Russie continue à s'employer en faveur du désarmement et de la paix; son attitude envers nous est réservée, mais sans aucun signe de défaveur à notre égard. La concession qui lui a été faite par la France dans la dernière conférence, parait avoir produit un bon effet sur les rapports des deux Gouvernements.

Les éventualités guerrières n'ont point mis sur le tapis la question d'Orient; le Gouvernement a rigoureusement veillé à empecher toute menée contre les possessions de la Sublime Porte; aujourd'hui moins que jamais il convenait

de faire de la question d'Orient un moyen de solution de la question vénitienne; cela eut au contraire tout gàté. Mais l'on s'en occupera sans aucun doute dans les négociations relatives au Congrès, et l'on aura soin ici\ Monsieur le Ministre, de vous fournir tous les éléments utiles à l'importante action que vous aurez à exercer, si toutefois des événements d'un tout autre ordre ne viennent pas vous appeler, comme beaucoup le prévoient ici, à servir le pays d'une autre manière.

Veuillez, Monsieur le Ministre, m'indiquer au besoin les points sur lesquels je dois appuyer dans les lettres que j'aurai l'honneur de vous écrire. Mon voeu serait qu'en tant qu'il dépend de moi, vous ne fussiez pas trop mécontent du Cabinet, qui doit, d'après les intentions du Général, vous renseigner exactement.

(l) -Cfr. n. 524. (2) -Analogo dispaccio venne spedito il 12 maggio alle legazioni a Londra e Pietroburgo.
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L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 18. Francoforte, 11 maggio 1866 (per. il 15).

Avant hier j'ai cru de mon devoir de transmettre à V. E. le résultat de la séance diétale par dépèche télégraphique (1), me réservant de la compléter par la dépeche d'aujourd'hui.

A la séance donc de Mercredi dernier M. de Savigny a lu un long mémoire, par lequel on soutenait en définitive: • que les armements prussiens étaient purement défensifs en vue des armements de la Saxe et de l'Autriche; que la Prusse n'avait aucunement l'intention d'attaquer, qu'elle pourvoyait seulement à sa défense, et que par conséquent c'était elle qui avait à se plaindre à la Diète à cause de la malveillance et à cause des soupçons dont le cabinet de Berlin était en butte •. L'envoyé prussien finissait en disant • qu'il ne doutait point que cette formelle et officielle déclaration de son Gouvernement aurait été considérée par l'Assemblée fédérale, comme rassurante et comme satisfaisante ». Le mémoire lu par M. de Savigny était presque menaçant, car la Prusse y parlait tellement de sa position européenne, que de là à dire qu'elle pourrait bien se retirer de la Confédération Germanique, il n'y avait que l'absence du mot catégorique • se retirer •, mot qui n'a pas été prononcé.

A la suite du langage de l'envoyé prussien on proposa que la demande de la Saxe fut soumise au vote fédéral. Ont voté pour la Saxe l'Autriche, la Bavière, la Saxe Royale, les Saxes Ducales (moins Altenbourg) le Hanovre, le Wurtemberg, Baden, Resse Darmstadt, Nassau et la 16ème Curie. La réponse Prussienne a été trouvée satisfaisante par la Prusse, le Mecklembourg, l'Oldembourg et la 17ème Curie. Ce qui donne le résultat suivant: 10 voix contre la Prusse (y compris la voix de la Saxe) 4 voix pour la Prusse (y compris sa propre voix). Le Luxembourg, comme d'habitude, s'est abstenu de voter, 1a Hesse Electorale proposa de renvoy·er l'incident au comité des 9, Brunswig n'envoya pas d'instruction. La ville de Francfort vota contre la Prusse, mais comme cette ville ne vote que dans la 17ème Curie, qui renferme aussi les voix de Lubeck, de Bremen et de Hambourg, le vote de Francfort s'est trouvé en minorité, car les trois villes anséatiques se sont prononcées pour la Prusse.

Ce vote de la Diète Germanique, pour ce qui regarde la demande qu'on réadresse à la Prusse, aura sans faute un résultat négatif; mais on ne saurait pas nier l'importance des conséquences auxquelles il va très probablement donner lieu.

I) Il dessine clairement la position de l'Allemagne qui, moins trois petites fractions Mecklembourg, Oldenbourg, les villes Anséatiques se pose en ouverte hostilité diplomatique avec la Prusse.

II) Ce vote donne indirectement déjà à l'Autriche le mandat de la résistance fédérale. III) Ce vote peut motiver de la part de la Prusse la résolution de se retirer de la Confédération Germanique.

Néanmoins 1°: quant à la position hostile que ce vote vient de dessiner si clairement au sujet des rapports entre les Etats Moyens et la Prusse, ce vote n'est qu'une manifestation superflue. Dès le commencement du conflit actuel, cette opposition s'était manifestée déjà plus ou moins ouvertement, et je ne pense pas que le Cabinet de Berlin se soit jamais fait la moindre illusion là dessus. Dans le cas contraire il aurait été mal renseigné par les Légations en Allemagne.

2° Quant au mandat de résistance fédérale qu'on viendrait par ce vote à donner indirectement à l'Autriche, je me demande jusqu'à quel point et dans quelle mesure, une union militaire active des Etats Moyens pourra-t-elle avoir lieu? D'abord les petits Etats du Nord, Mecklembourg, Oldenbourg, les Villes Anséatiques et la Hesse Electorale seront forcément entrainés par la Prusse. Car si ces Etats n'ont pas osé opposer une résistance poHtique au Cabinet de Berlin, d'autant moins oseront-ils opposer une résistance militaire aux troupes du Roi Guillaume. Par là le Hanovre se trouvera isolé et presque coupé. Plus les Corps Prussiens placés entre Coblentz et Mayence, peuvent très facilement se rendre maitres du Nassau et de la Hesse Darmstadt. Ainsi cette grande masse de contingents fédéraux se réduit à une masse disponible bien amoindrie, c'est à dire aux contingents de la Bavière, du Wurtemberg, du Baden et de lo Saxe. Or, les mesures militaires du Baden me paraissent assez douteuses, et quant aux ressources militaires de la Saxe, je n'ai pas le moindre doute sur leur nullité. La Bav,ière et le Wurtemberg sont donc les seuls états allemands qui puissent etre un sérieux secours militaire pour l'Autriche. Car les forces militaires de la Confédération prises dans leur ensemble, ainsi que je l'annonçais dans ma dépeche confidentielle n. 11 en date du 30 mars (l) • elles ne sauraient ètre un secours véritable pour l'Autriche que lors seulement que l'Autriche serait arrivée à battre l es généraux Prussiens •. Et je crains que cette supposition ne se réalise, si par malheur a lieu le bruit qui court que le Roi Guillaume veuille prendre en personne le commandement des troupes Prussiennes.

3o Qu'en face de cette opposition fédérale la Prusse puisse se retirer de la Confédération, je ne crois pas encore que le cabinet de Berlin pense sérieusement à réaliser cette menace. Brùler ainsi ses vaisseaux me parait une faute que le cabinet de Berlin commettrait au pur profit de son adversaire. Si la guerre est heureuse la dissolution du Corps Germanique actuel arrivera naturellement, sans courir les risques d'une dissolution prémature. Cette observation m'est personnelle, ainsi je ne m'y appésantis pas trop, car je n'ai pas des données positives sur certains plans et projets qui ne peuvent etre connus qu'à Berlin seulement. Peut etre si les rapports diétaux s'enveniment, la Prusse,

pourrait bien occuper Francfort. Alors naturellement la Diète Germanique

déménagerait, et peut etre la Prusse installera ici une Anti-Diète composée

de la Prusse, du Mecklembourg, de l'Oldenbourg, du Brunswig et des autres

états qu'elle aurait occupé militairement.

Si l'occupation de Francfort par la Prusse avait lieu et que par conséquent cette Diète se retirat à Wurzbourg ou ailleurs, alors se réaliserait ce que j'avais l'honneur de mander à V. E. dans ma dépeche confidentielle

n. 13 (l); et je crois que le corps diplomatique étranger non lié avec la Prusse suivra la Diète actuelle dans son déménagement.

Cette supposition de l'occupation de Francfort par la Prusse m'est aussi personnelle, car dans la séance d'avant hi·er la Prusse a renouvelé l'assurance que les contingents Prussiens à Mayence et à Francfort ne seraient pas augmentés. J'avoue cependant que je n'attache pas une foi aveugle à cette assurance, et je suis sur que le 8ème corps d'armée qui a son centre à Coblence agira sUi!' Francfort dès que le Cabinet de Berlin le croira nécessaire.

Les événements se déroulent donc dans un sens tel ici et chez nous, que {!es diplomates allemands ne savent plus se faire d'illusions sur l'existence d'un accord tacite ou présumé avec la Cour des Tuileries. Malgré les assurances officielles des Ministres à Paris et malgré ìe langage du Représentant de la France auprès de cette Diète, non seulement il leur parait que l'entente entre Berlin, Florence et Paris ait eu lieu, mais ils pensent que les retards n'ont plus d'autre cause que le mode d'exécution pour entrer enfin en campagne. Ils prétendent que la Prusse aurait acheté la coopération de la France par des cessions au delà du Rhin. Cette coopération française serait tacite si la guerre est favorable à la Prusse; cette coopération se démasquerait le jour où le sort de la Prusse serait en danger.

J'écris ceci, non pour donner une nouvelle, mais pour marquer toutes les phases des appréciations des diplomates allemands à Francfort. Il y en a encore seulement deux ou trois d'une foi assez robuste pour croire encore que le Roi de Prusse reculera au dernier moment. Je ne le crois plus; au demeurant a1nsi que je le disais le 7 de ce mois, dans ce cas il faut qu'il abdique.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 439.

597

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S.N. Belgrado, 11 maggio 1866.

Je viens d'apprendre d'une source digne de foi que Aali Pacha est déjà informé qu'agent italien et prussien doivent arriver à Belgrade pour conspirer contre Autriche.

Les plaintes faites par M. de Metternich à M. Marinovitch avant meme

que la pensée de inon plan me soit passée par la tete, et les allusions que hier

au soir mon coflègue de Russie m'a fait, démontrent clairement qu'il soupçon

ne que l'Italie veut provoquer une levée de boucliers en Serbie. Le Corps

d'armée qu'on dit avoir l'Autriche concentré à Lugos Hongrois près des fron

tières Moldaves et Valaques, et la pensée qu'on lui prete de vouloir faire partir

tous les Grenzer qui restent encore dans la frontière militaire, (les cinquièmes

et sixièmes bataillons de chaque régiment) et les remplacer par des troupes

régulières, tout ceci ne peut s'expliquer que de cette manière: Probablement

le parti d'action a eu la meme pensée que moi, c'est à dire de provoquer des

troubles en Turquie, occuper dans ces troubles les Grenzer, et avec un corps

de volontaires italiens entrer en Autriche par la frontière de la Save du Da

nube et un autre corps y entrer par la Serbie et les Principautés Unies.

Vous savez, Excellence, que l'Autriche est très bien servie par ses espions, surtout on ne peut mieux, par ceux qui entourent Garibaldi, et so n parti; en Prusse elle n'est pas moins bien servie, et de cette manière elle a pu connaitre les projets du parti d'action italien et de la Prusse, et donner l'alarme à la Turquie, qu'à so n tour en aura informé l'Ambassadeur de Russie à Constantinople.

Malgré tout cela et malgré l'abstention de 1'1talie et de la Prusse, je suis persuadé que si l'Autriche sera fortement engagée dans une guerre, et si il'Epire, l'Albanie, l'Herzégovine, le Monténégro insurgent, la Serbie fera cause commune avec eux.

(l) Non pubblicato.

598

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'AGENTE E

CONSOLE GENERALE AD ALESSANDRIA D'EGITTO, G. DE MARTINO

T. 179. Firenze, 12 maggio 1866, ore 11.

N'encouragez pas maintenant engagement ni départ volontaires. La guerre n'est pas encore sur le point d'etre déclarée et en tout cas les volontaires d'Alexandrie auron t le temps plus tard d'y prendre part.

599

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 304. Stoccarda, 12 maggio 1866, ore 12,50 (per. ore 16,30).

J'ai de nouveau preuves certaines ici et ailleurs qu'Angleterre pousse de toutes ses forces états secondaires allemands à ligue armée et résistance contre Prusse. Wurtemberg vient de décider convocation imminente du Parlement pour successive mobilisation complète qui sera, si accordé€, de 28 mille hommes. Prince Wurtemberg est déjà désigné comme commissaire au quartier général autrichien. Reine de Wurtemberg reviendra par Vienne au lieu que par Berlin comme toujours. Entière mobilisation prussienne a fait grande impression parmi les états secondaires allemands, surtout l'armée rhénane qui menace directement Allemagne méridionale. Personnage connu que j'ai rencontré ,et en correspondance avec le Roi de Prusse, m'assure que Sa Majesté est tout à fait d'accord avec Bismarck, et que Prusse bientòt prete militairement. Je vais partir et je télégraphierai des duchés de Saxe au besoin.

600

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 307. Belgrado, 12 maggio 1866, ore 12,05 (per. ore 22,55 del 13).

L'Autriche, la Turquie, la Russie à Constantinople disent que Gouvernement italien et Gouvernement prussien conspirent avec la Serbie contre la Turquie, et que Metternich s'en est plaint à Marinovich, et celui-ci l'a rassuré. Aali Pacha en a informé ambassadeur de Russie qui à son tour doit avoir écrit, à son consul à Belgrade, et ils savent aussi que des agents itaEens et prussiens sont ,en route pour Belgrade dans ce but. Moi je suppose que c'est notre parti d'action et le Gouvernement prussien qui a ce projet. L'Autriche doit très bien savoir que ce n'est pas Gouvernement italien, car notre parti d'action est exploré par les plus habiles espions auxquels rien n'échappe. Il faut que les chefs de ce parti le sachent.

601

IL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R.R.S.N. Atene, 12 maggio 1866.

Non appena giunsero in Atene le prime notizie di un probabile conflitto fra l'Austria e la Prussia al quale poteva prender parte l'Italia, si rese generale l'opinione (ed era cosa naturale) che questa circostanza sarebbe favorevole per tentare qualche colpo ardito sulle Provincie confinanti della Turchia, ed ivi rialzare nuovamente la bandiera dell'insurrezione per riconquistare la loro nazionalità. Nella gioventù, nella truppa, ed anche nel popolo lo spirito

si è riacceso, e non so con quanto fondamento qui si ha l'idea che i loro tentativi dovrebbero essere una diversione utile all'Italia. A quest'oggetto, ma più per sapere se l'Italia fosse propensa a questi movimenti qualcuno venne da me per parlarmene.

Io non potevo se non tenermi sulla massima riserva inculcando la massima prudenza onde non venisse il caso di esporsi ad attirare sul paese nuove sciagure e nuovi disinganni.

Con quell'immaginazione che è propria dei Greci essi portano a grandi proporzioni gli elementi di cui potrebbe disporre, ma confessano che due Ior fanno difetto, armi, e sopra,tutto denari.

Malgrado che la mia estrema riservatezza non abbia dovuto incoraggiare tali speranze, non è però men vero che sarà difficile il distruggere l'idea che l'Italia non debba non vedere volentieri siffatti tentativi ove avessero luogo, in certe favorevoli circostanze, ed anche secondarli ed ajutarli.

Io mi credo in debito di ciò riferire a V.E. ond'Ella sappia quale sia lo spirito di questo paese.

So pure che in Corfù si prepara qualche cosa per valersi dell'opportunità.

Ignoro quali siano gli intendimenti del R. Governo circa l'utilità che possa arrecare all'Italia se nel caso di guerra risorgesse la questione Orientale,

o quanto meno se sia utile il fare una diversione che faccia nascere il timore che l'incendio possa prendere grandi proporzioni.

Non mi credo perciò lecito il fare sopra ciò commento alcuno, solo mi basta l'indicare la possibilità che qui il fuoco possa appiccarsi anche contro il volere dei governanti e della corte. * Général Kalergi conseille il est vrai tranquillité et de attendre, mais il dit que le Roi est jeune et il n'est pas à la portée de la situation actuelle des choses. * (1).

602

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LV 9, pp. 78-79)

R. 47. Berlino, 12 maggio 1866.

Conformément aux instructions renfermées dans le télégramme d'avant hier de V. E. (2), je me suis empressé de faire parvenir par l'intermédiaire de Son représentant ici, avec lequel je me suis entendu à cet effet, les lettres qui m'accréditent auprès de S.A.S. le Due de Brunswick.

Ainsi que V.E. l'avait prévu, il m'a été impossible, faute de temps, de présenter mes lettres de créance au premier Bourgmestre de la Ville Libre de

Francfort. Cette présentation exige trois ou quatre jours, attendu qu'il est d'usage qu'une députation du Sénat vienne le lendemain rendre visite à l'Envoyé étranger. Pressé comme je l'étais, j'ai demandé à un Sénateur de ma connaissance, si je n'aurais pas pu envoyer de Berlin mes lettres; il m'a répondu que le Gouvernement était extremement susceptible à l'endroit de cette formalité, et que cela pourrait produire mauvais ,effet. Il ne me reste donc qu'à profiter des premiers jours de liberté qui s'offriront pour me rendre à Francfort, ou de remettTe cette course à plus tard lorsque les circonstances me permettront de quitter mon poste.

* -J'attendrai les instructions que V. E. voudra bien me donner à cet égard, et en ayant l'honneur de Lui accuser réception de Sa dépeche, Cabinet n. 34 en date du 27 avril . . . (1). P. -S. -Je n'ai point manqué d'adresser à toutes les Cours qui nous ont reconnu les Lettres de Notification du décès de S.A.R. le Prince Odon * (2).
(l) -Il brano fra asterischi fu trasmesso in cifra. (2) -Non pubblicato.
603

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(Ed. in Carteggi Nigra, pp. 177-178)

T. Firenze, 13 maggio 1866, ore 14,30.

Govone arrivé hier au soir. Il me confirme que l'Empereur n'a encore aucun parti pris; qu'il est encore parfaitement libre de s'accorder, ou avec l'Autriche, ou avec la Prusse et qu'il se décidera pour celle qui lui offrira davantage. D'Usedom qui jusqu'à hier au soir ne savait rien, a dit ce matin au Roi qu'à Paris on mettait en avant certain projet qui équivaudrait au démembrement de la Prusse. Le Gouvernement prussien connait donc le danger qu'il va courir, s'il ne se décide à satisfaire l'Empereur par des sacrifices sur le Rhin. Est ce que l'Empereur ne se contenterait pas de la rive gauche du Rhin jusqu'à Mayence? Mais la Prusse devrait l'accorder. Si la question en est arrivé au point que ou l'Autriche ou la Prusse doit etre démembrée il me parait bien plus conforme à l'intéret général que ce soit l'Autriche. Si la Prusse a des ennemis en Allemagne je crois que cette meme Allemagne se révolterait toute entière à l'idée de passer sous le joug de l'Autriche. Je suis d'accord avec Govone qu'à la rigueur on pourrait se dégager de la Prusse; mais ce serait un role peu digne que jouerait l'Italie. En tout cas nous devons marcher d'accord avec la France.

(l) -Cfr. n. 524. (2) -Il brano fra asterischi è omesso in L V 9.
604

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 231-232 e in CHIALA, p. 193)

T. Firenze, 14 maggio 1866, ore 9,15.

De Londres on me mande que le bruit s'était répandu de la cession de la Vénétie à la France; comme cela est d'accord avec les projets de l'Empereur, je dois vous dire de tacher que si la Vénétie est cédée elle nous revienne par le suffrage universel et non par une cession à la France, ce qui serait humiliant et ferait un effet déplorable en Italie, ayant plus de 300.000 hommes prets à marcher. La France aurait une part tout aussi glorieuse en décidant l'Autriche à appliquer le suffrage universel; la situation de l'Italie serait alors satisfaisante vis-à-vis de l'Europe et particulièrement de l'Autriche, dont les relations à venir avec l'Italie seraient compromises par la rétrocession. Franchement, moi qui ai toujours cherché à facmter une solution pacifique de la question vénitienne, je préférerais peut-etre la guerre à une pareille combinaison.

605

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, ... maggio 1866, ore 15,45 (per. ore 19,50) (1).

Reçu votre télégramme. Permettez moi de vous rappeler les termes précis de la question, l'Autriche ne veut pas traiter avec l'Italie. Elle est disposée à céder la Vénétie aux conditions suivantes, savoir: 1° que la cession sera faite à la France; 2<> que l'Autriche se dédommagera sur la Prusse les armes à la main; 3o que la France promette sa neutralité pour elle et pour l'Italie. L'Autriche ne veut jusqu'ici entendre parler ni de cession directe ni de cession pacifique, et moins encore de suffrage universel; elle n'a pas encore accepté le congrès; d'autre part l'Empereur n'a pas accepté jusqu'ici la propostion autrichienne. Moi aussi je préférerais la guerre si l'Empereur était décidé à y prendre part au moins éventuellement, mais cela est fort douteux à mes yeux. Dans cet état de choses mon avis serait que le congrès se réunit et que l'Aurtriche fasse la cession de la Vénétie non plus à la France mais à toute l'Europe, contre compensation. Naturellement ce serait plut6t ailleurs qu'à Paris qu'il faudrait agir en ce sens; il y a des choses que nous ne pouvons pas convenablement dire ici.

(l) Il telegramma è privo di data. Si inserisce qui perchè risponde con ogni probabilità al numero precedente.

606

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 312. Pietroburgo, 14 maggio 1866, ore 22,30 (per. ore 12,10 del 15).

Hier Russie a adhéré à proposition réunion à Paris avec Angleterre et France pour aviser aux moyens de conciliation.

607

VITTORIO EMANUELE II A GUGLIELMO I (Ed. in Le Lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 884-885)

L. Firenze, 14 maggio 1866.

J'ai particulièrement apprécié les qualités personnelles du major de Burg, que Votre Majesté vient de rappeler. Le major de Lucadou, qu'Elle lui a donné pour successeur, trouvera ici tout l'accueil que comportent nos relations amicales et ma haute estime pour l'armée de Votl'e Majesté.

Mon voeu est que ces relations puissent s'affermir encore davantage dans les graves circonstances qui semblent s'annoncer, et que la mission départie par la Providence à nos Maisons Royales s'accomplisse en Allemagne comme en Italie.

L'Autriche, en cherchant, par ses mouvemens menaçants, à entrainer le Gouvernement de Votre Majesté et le Mien hors de leur ligne de modération, n'a fait que déterminer de notre part des armemens devenus indispensables. Mon armée a été mise sur le pied de guerre, préte soit à repousser une agression autrichienne, soit à coopérer· le cas échéant avec l'armée de Votre Majesté à des opérations combinées contre l'adversaire commun.

Après avoir ainsi fait prévoir une attaque contre la Prusse et contre l'Italie, l'Autriche aujourd'hui semble vouloir prolonger la durée de la situation difficile qu'elle a créée. Elle affecte une attitude défensive en présence des armemens dont elle est la cause. En ce qui concerne les forces italiennes, elles ont pris dans la vallée du Pò des positions purement défensives.

Si cependant la Prusse et l'ltalie doivent se trouver ensemble en lutte contre l'Autriche, je tiendrai à honneur que Mon armée rivalise avec la vaillante et fidèle armée de Votre Majesté, dont le général Govone a pu apprécier l'organisation accomplie et l'excellent esprit.

Je partage avec Votre Majesté la conviction que rien ne rompra les liens qui unissent l'Italie et la France. L'amitié de la France sera regardée aussi par la Prusse, j'en ai la confiance, comme un gage de plus de l'efficacité de notre alliance.

J'éprouve une sincère gratitude pour les sentiments que Votre Majesté veut bien m'exprimer (1), et de mon còté, j'aime à lui renouveler en cette occasion l'assurance de l'amitlé cordiale et de la parfaite estime avec lesquel:les je suis ...

608

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 49. Berlino, 14 maggio 1866 (per. il 18).

Ainsi que j'ai eu l'honneur d'en informer V. E. par mon télégramme d'hier (2), la Prusse vient de répondre négativement à la dennière note Autrichienne du 26 Avril rélative à un arrangement dans l'affaire des Duchés. Ce refus conçu en termes péremptoires, et qui du reste, dans la situation belliqueuse du moment ne formait plus l'objet d'un doute, va mettre l'Autriche eu demeure d',agir, et l'on a tous les motifs de croire qu'elle va, comme elle s'y est engagée formellement avec les petits Etats, ramener toute la question sur le terrain fédéral en la portant devant la Diète à Francfort. C'est à cette condition, sine qua non, comme j'ai eu l'honneur d'en informer plusieurs fois

V. E., que les Cours Sécondaires se sont engagées à lui prèter leur appui armé, et elle se trouve dans des circonstances trop critiques pour faillir à sa promesse.

Jusque là rien de plus simple, mais voici où les plus graves complica,tions commencent. Pour déférer la question à la décision de la Diète, l'Autri.che n'est pas seulement obligée de violer le traité de Gastein tel qu'il est connu de tout le monde; elle doit en outre transgresser un article secret de ce mème traité, d'après le quel les deux Puissances sont expressément convenues de ne faire isolément près de la Diète aucune démarche de nature à régler définitivement le sort des Duchés, sans l'assentiment formel de l'autre.

L'Autriche ne sera certainement point embarrassée d'expliquer ce manque à la foi jurée; sa chancellerie a pour des situations de ce genre des phrases toutes faites. Mais la dignité de la Prusse lui permettra-t-elle de les accepter, et n'y trouvera-t-elle pas au contraire un de ces casus belli parfaitement justifiés qu'on la soupçonnait de vouloir à tout prix provoquer? Les personnes les plus autorisées du corps diplomatique ici croyent qu'il y aurait en effet dans cette nouvelle situation faite par la mauvaise foi de l'Autriche un motif suffisant pour la Prusse de déclarer la guerre; et connue d'Wl autre còté l'attitude hostile de la Saxe et du Hanovre semblent lui commander impérieusement de prendre les devants pour empécher les deux armées d'opérer leur jonction avec celles de l'Autriche, l'on s'attend à voir la Prusse prendre bientòt, so i t en Saxe, soit plutòt en Hanovre, une initiative que ses intérèts aussi bien que sa propre dignité lui conseillent de ne pas ajourner trop longtemps.

Au reste il faut bien le reconnaitre, l'Autriche est décidée à tenter encore une fois le sort des batailles; toutes les correspondances de Vienne s'accordent à dire que le moment supreme de la lutte approche, et entre deux grandes Puissances également animées du désir de faire prévaloir leurs prétentions par la force des armes, il devient évident qu'il n'y a plus pour engager la lutte que l'épaisseur d'une occasion.

(l) Cfr. in Le Lettere d·l Vittorio Emanuele II, vol. II, pp. 885-886 la lettera di Guglielmo I a Vittorio Emanuele II del 6 maggio.

(2) Ed. in LA MARMORA, n. 230.

609

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 314. Stoccarda, 15 maggio 1866, ore 9,10 (pe1·. ore 20,15).

Parlement badois prendra incessamment initiative contre ligue des états secondaires par une déclaration parlementaire de neutralité en cas de guerre austro-prussienne et de ne laisser engager Bade dans une politique hostile et agressive envers Prusse. J'ai vu particulièrement en passant hier par Carlsruhe prince Guillaume que je savais positivement dans ces idées, ainsi que Roggenbach et homme influent de ma connaissance. Prince Guillaume m'a assuré grand due et le pays maintiendront politique suivie jusqu'ici, malgré offerte pour rallier Bade à la ligue antiprussienne. En effet Edelsheim a été blamé pour son adhésion à la conférence d'Augsbourg et est parti pour nouvelle conférence à Bamberg des états secondaires avec instructions dans le sens de déclaration parlementaire ci-dessus. Roggenbach m'a dit confidentiellement que le Nationalverein est désormais entièrement convaincu, malgré le peu de constitutionalisme de Bismarck, que prépondérance autrichienne tuerait à jamais aspirations nationales et libérales allemandes. Que lui Roggenbach a déclaré il y a peu de jours, personnellement au Roi de Prusse, prince héréditaire et à Bismarck nécessité absolue de solution question allemande et question italienne. D'autres chefs du parti libéral que j'ai rencontrés sorut dans les memes idées et ils espèrent qu'initiative badoise ci-dessus produira vote pareil dans le parlement Wurtemberg, et ces votes feront réfléchir Bavière sur le danger de rester seule avec Autriche; finalement rendra impossible ainsi ligue antiprussienne des états secondaires projetée à Augsbourg et patronnée par l'Angleterre, et empechera Gouvernements, du moins Allemagne méridionale, devenir solidaires de l'Autriche. Je crois que Bade tient bon, et surtout fait vite son initiative... (l) influence sur situation des choses malgré que hostilité prussienne soit forte dans ce pays plus qu'auparavant. Je suis arrivé hier au soir et serai reçu bientot. Chev. Seebach revenu de Bambei'g m'a dit que les duchés de Saxe sont tous sous le canon prussien pour risque d'etre ennemis de la Prusse et meme de rester neutres, avoir déclaré cela nettement à Augsbourg et confirmé déclaration. Il m'a témoigné bons sentiments envers l'Italie. Il m'a dit à plusieurs reprises etre faute de l'Autriche situation actuelle des choses en Allemagne que désormais guerre parait inévitable éclater selon lui dans une quinzaine.

(l) Gruppo indecifrato.

610

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. Firenze, 15 maggio 1866, ore 21.

M. de Usedom me communique télégramme de Bismarck exprimant son opinion qu'il importe que Prusse, Italie et France se mettent d'accord sur leurs intentions avant les conférences ou le congrès qui pourra avoir lieu, et que cette entente préalable doit etre négociée à Paris. Bismarck demande si nous partageons cette opinion et si vous aurez des instructions en ce sens. Je crois qu'il nous convient réellement d'amener cette entente s'il est possible avant de se présenter au congrès.

611

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 315. Parigi, 15 maggio 1866, ore 21,10.

La réponse de l'Autriche sur le congrès est attendue demain. La conférence sur Principautés se réunira jeudi. Il est probable que le plénipotentiaire turc propose une occupation ottomane dans Principautés. Veuillez m'envoyer instructions.

612

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 317. Costantinopoli, 15 maggio 1866, ore 16,45 (per. ore 11,20 del 16).

Sublime Porte concentre troupes sur frontière Moldavie et Valachie et semble avoir des projets d'occupation des Principautés (1).

Il Signor Golesco si fece quindi ad enunciare le deplorabili conseguenze che tale atto avrebbe portato al paese e la necessità in cui si trovava il Governo di disporsi alla resi· stenza, non fosse che per il sentimento dell'onor nazionale di non piegarsi, senza contrasto, ad esigenze che troppo ferivano la volontà emessa più volte dalla nazione, e sanzionata legalmente dall'Assemblea nella seduta del 13 corrente>.

(l) Si pubblica qui un brano del r. 32 di Teccio di Bayo, Bucarest 17 maggio: c Il Governo si mostra assai preoccupato di una voce che fino da jeri ha preso qualcheconsistenza, della probabilità cioé di una imminente occupazione per parte della Turchia. Stamane il Generale Golesco è venuto a chiedermi se avevo notizie da Costantinopoli a questo riguardo, e sulla mia negativa mi espose essere stato assicurato, che il Marchese di Moustier e Lord Lyons eccitano la Porta a dar ordine alle truppe, concentrate a Choumla ed a Rusciuk, di passare il Danubio, e che questo dovesse avere immediata esecuzione. Gli risposi, che a termine della Convenzione la Turchia non poteva arbitrarsi ad invadere il territorio dei Principati senza il consenso delle Potenze garanti, e che d'altronde siffatta misura dovrebbe essere preceduta da una sommazione al Governo Provvisorio, e dall'invio di un Commissario della Porta, accompagnato fors'anca dai sei delegati delle rispettive Potenze. Il Generale Golesco mi soggiunse aver creduto finora alla esecuzione preventivadi tali formalità, ma che l'Agente dei Principati in Costantinopoli assicurava il contrario, affermando che l'Ambasciatore di Francia agiva in questa emergenza di proprio arbitrio, e che anzi tradiva l'Imperatore.

613

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Firenze, 15 maggio 1866.

Je vous prie instamment de bien vouloir m'envoyer le Mémoire que je vous ai remis il y a quelque temps (1), j'en ai absolument besoin, je vous le rendrai demain.

M. U. a du vous dire aue l'ayant rencontré j'ai eu occasion de lui demander une entrevue qui doit avoir lleu à 3 heures. A midi je vais chez le Baron Ricasoli et à 2 heures je viendrai vous rendre compte de l'entretien que j'aurai eu ainsi que de ma conversation d'hier avec le Comte Castiglione dont je suis très satisfait.

614

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 3. Firenze, 16 maggio 1866, ore 12.

Exprimez avis que occupation turque dans Principautés serait non seulement atteinte portée au principe respect voeu populations, mais cause de complications peu farvorab1es aux dro.its de Sublime Porte, dont 'la situation envers Principautés ne saurait avoir de meilleure garantie que l'influence conciliante de la conférence.

Veuillez prier Provenza! de s'assurer et de préciser les faits qu'il énonce avec des • on dit • dans son rapport que vous m'avez trasmis par dépeche du 7 (2).

615

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 234-235)

T. Parigi, 16 maggio 1866, ore 15,37 (per. ore 19,30).

L'entente entre la France, l'Angleterre et la Russie est très probable, mais pas faite. Ce n'est qu'aujourd'hui que M. Drouyn de Lhuys communique à Londres et à Pétersbourg la formule de la proposition de congrès. La proposition est celle-ci: Le congrès se réunirait à Paris, serait composé des repré

sentants de l'Italie, France, Angleterre, Autriche, Prusse, Russie et d'un représentant de la Confédération germanique. Le congrès examinerait trois questions: Vénétie, Duchés, et réforme de la Confédération. Aucune solution n'est proposée d'avance. Jusqu'au moment où je vous écris on ignore encore la réponse de l'Autriche.

(l) -Del 29 aprile, conservata in Carte La Marmora: situazione in Ungheria, mezzi e garanzie chiesti al Governo italiano. (2) -Non pubblicato.
616

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 51. Berlino, 16 maggio 1866.

Mon télégramme d'hier soir (l) a fait connaitre à V. E. l'accueil négatif que, d'après un télégramme du Ministre Prussien à Vienne, l'Autriche a fait à la proposition d'un Congrès discutée, à ce qu'H paraitrait, à Paris, entre la France, la Russie, l'Angleterre, et ayant entr'autres pour base la cession de Venise contre une compensation territoriale à déterminer plus tard. Les choses reprennent donc leur aspect belliqueux qu'en réalité elles n'ont jamais abandonné, et les bruits de Congrès, dont il avait été vaguement question depuis quelques jours, et qui un moment av;J.ient fai,t croire à un temps d'arret dans le sens de la paix, tombent devant l'évidence d'une situation ne paraissant plus pouvoir se résoudre autrement que par la guerre. Du còté de la Prusse, comme de celui de l'Autriche, les armements se poursuivent avec une vigueur qui ne laisse plus aucun doute sur la volonté bien arrètée des deux grandes Puissances de vider une bonne fois par les armes leur éternelle querelle; et la décision du Hanovre qui, comme je viens d'en informer par télégramme

V. E., s'est décidé, sur les représentations du Cabinet de Berlin, à rentrer dans les conditions d'une stricte neutralité, va singulièrement renforcer la position de la Prusse en lui permettant de porter toutes ses forces sur les frontières de la Boheme et de la Saxe. Déjà l'on annonce que le quatrième corps d'armée va samedi prochain prendre position à Torgau petite ville fortifiée appartenant à la Prusse, mais formant une enclave qui s'avance très avant dans le territoire Saxon; et si l'on considère que d'autres corps d'armée sont concentrés dans la mème direction à Jute1·borg, l'on en revient forcément à croire (maintenant que l'incident du Hanovre est vidé), que la Sa~e et la Bohème deviendront prochainement le champ de bataille, où la première rencontre avec l'armée Autrichienne doit avoir lieu.

A mesure que le danger de la lutte approche, l'attitude des Etats secondaires se dessine plus nettement contre la Prusse. Si l'on en excepte le Hanovre, dont la décision de neutralité n'a été uniquement inspirée que par la peur, tous les autres s'apprètent à voler au secours de l'Autriche. Le plus important d'entr'eux, la Bavière, sur laquelle le Comte Bismarck s'était fait tant d'illusions, vient de se prononcer en termes qui n'admettent plus aucun doute à cet égard. L'Envoyé de cette Puissance s'est présenté avant hier soir chez

le Comte Bismarck, et lui a donné lecture d'une dépeche de son Gouvernement dans laquelle il était dit que la Bavière, après avoir vainement tenté de ramener la concorde entre les deux Grandes Puissances Allemandes, avait jugé que dans l'intéret de sa propre défense le moment était venu de s'armer pour etre prete à se mettre contre l'agresseur: L'on sai t à qui revient ce nom dans le langage des Cours secondaires. Au reste le Comte Montgelas m'a dit hier meme, en me parlant de cette démarche, que le Comte Bismarck s'était fait de grandes illusions au sujet de la Bavière, et que uniquement préoccupé du but qu'il désirait atteindre, il prenait volontiers pour des cerUtudes ce qui n'aurait pas meme diì ·etre une espérance. L'on ne peut pas etre plus clair; au reste il était facile de prévoir ce dénouement lorsque le moment définitif serait venu de se prononcer. L'on avait un moment espéré en Prusse que pour se donner un élément de force vis-à-vis de la nation dans des temps aussi critiques, le Comte de Bismarck modifierait le Ministère actuel en remplaçant quelques uns de ses membres par des personnages appartenant à l'opinion libérale; mais un communiqué officiel de la Gazette Nationale dément ce matin tous les bruits d'un changement de Ministère, aussi bien que toutes les nouvelles d'après lesquelles le Gouvernement aurait entamé des négociations pour se rapprocher du parti libéral.

Pour donner un résumé de la situation politique du moment, je dois encore ajouter que, dans certaines villes des Provinces Rhénanes, et à Berlin meme, l'opinion publique se prononce avec une certaine vigueur contre la guerre dans laquelle elle croit voir la ruine de l'industrie du pays; mais il fallait bien s'attendre à ce cri de douleur des portefeuilles, et de pareilles manifestations ne peuvent rien changer à une situation tellement complexe que, de l'avis de tout le monde, elle ne peut plus désormais se dénouer autrement que par les armes.

P. S. -La feuille officielle du Hanovre nie qu'il ait été fait à son Gouvernement aucune pression de la part de la Prusse pour désarmer. C'est là une petite altération de la vérité permise au Hanovre pour ne pas trop humilier la personne du Roi.

(l) Ed. in LA MARMORA, p. 233.

617

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE l. Costantinopoli, 16 maggio 1866.

Dinnanzi alle notizie che giungono dalla Germania e dall'Italia, alla possibilità di avvenimenti che deciderebbero di alcune fra le più gravi quistioni europee e potrebbero avere con altre una inevitabile attinenza, è naturale che la politica del Governo Ottomano e delle maggiori Potenze in questo paese consista nell'attendere e nel prepararsi.

Gli uomini di Stato della Turchia vedono incalzare gli avvenimenti con quel sentimento che in essi è agevole di supporre. Il Governo Ottomano, il

quale vive di statu quo considera con viva inquietudine l'eventualità di un

vasto conflitto europeo dal quale tutto ciò che gli può esser lecito di sperare,

è di uscirne senza danno. Esso si appresta dunque, a premunirsi contro i pos

sibili pericoli, a porsi anche in misura di svolgere quell'azione politica che le

circostanze potranno permettere od agevolare.

Le maggiori preoccupazioni della Porta si rivolgono a due oggetti, la quistione de' Principati e il timore del contraccolpo che una guerra in Italia e gli avvenimenti, di cui l'Adriatico sarebbe il teatro, potrebbero cagionare nell'animo delle popolaZiioni cristiane dell'Arcipelago e dell'Adriatico, fra le quali non mancano i sintomi d'agitazione.

Dalla parte de' Principati il Governo turco va operando un forte concentramento di truppe e prende tutte le misure che sarebbero necessarie se un intervento militare nella Rumenia entrasse nelle prossime previsioni della sua politica. Fra Schoumla e Rutschuk si riunisce sulle rive del Danubio un corpo d'esercito che raggiungerà presto l'effettivo di quarantamila uomini, e si spediscono colà piccoli vapori pel passaggio del fiume.

Aali Pacha inviò ai Gabinetti delle Potenze garanti una circolare di cui il Ministro Turco a Firenze darà comunicazione a V. E., e nella quale viene altamente affermata l'assoluta opposizione della Porta all'intronizzarsi d'un Principe straniero ne' Principati. Il Governo Ottomano non terrebbe un linguaggio cosi risoluto se non si sentisse appoggiato da altre Potenze e non fossero già in corso con esse formali intelligenz,e. Si ritiene che questi progetti d'intervento sieno formati d'accordo colla Russia. La Conferenza di Parigi, non essendosi potuta accordare in una modificazione de' trattati esistenti di natura a soddisfare ai voti delle popolazioni rumene, tracciò ad esse colla sua ultima deliberazione il modo legale di procedere ed escluse il principe straniero. Ma la Conferenza non pose, nè parmi probabile si possa accordare nel porre, una sanzione alle sue decisioni. Frattanto l'Assemblea di Bukarest proclama il Principe di Hohenzollern e cerca di prevenire i tardi negoziati della diplomazia, creando de' fatti compiuti che spera di vedere ammessi alla fine. È dunque abbastanza conforme alla politica della Russia, cosi ostile all'unione ed al principe straniero, il consigliare alla Turchia un intervento giustificabile dalla parte della potenza suzeraine e che provvederebbe allo scopo presente che la Russia si propone di raggiungere senza compromettere la sua azione avvenire. La Porta, dal canto suo, che da tanti anni subisce una serie di atti compiuti suo malgrado e accettati per necessità, è tentata dall'ambizione di riprendere un'iniziativa e un'azione sua propria e crede che le preoccupazioni cosi gravi dell'Europa, probabilmente anche la guerra, le lasceranno una libertà d'azione che finora non ebbe. Non ho, del resto, bisogno di osservare all'E. V. che un intervento della Turchia ne' Principati in tali condizioni sarebbe direttamente contrario all'articolo XXVII del Trattato di Parigi, il quale esige per un intervento l'accordo preventivo delle Potenze garanti.

Ho detto all'E. V. che la Turchia non era senza inquietudine sulla influenza che una guerra di nazionalità in Italia poteva esercitare sulle sue popolazioni cristiane dell'Arcipelago e dell'Adriatico. V. E. sa che, a questo riguardo, i dubbii e gli allarmi della Porta sono d'antica data. Dalla costituzione, può

dirsi, del Regno d'Italia, i Ministri Turchi hanno sempre sospettato che l'Italia cercasse un'occasione per se medesima sollevando la quistione d'Oriente, e hanno sempre temuto i rapporti che potevano esistere tra le popolzaioni cristiane dell'Impero e il partito d'azione italiano. L'E. V. sa che in questi sospetti va cercata la principale ragione di quello spirito diffidente col quale il Governo Ottomano ha cercato d'osteggiare la nostra naturale influenza in Oriente, come una influenza ostile ad esso, e di disputarci, per quanto era possibile, il pieno esercizio di quei didtti che pure erano la conseguenza della nostra situazione diplomatica come Potenza garante. D'altra parte è anche d'uopo riconoscere che gli attuali timori della Porta sono resi più vivi dalle condizioni agitate di alcune fra le sue Provincie. Da qualche tempo una piccola spedizione di insorti, condotti da Bulgaris, nipote dell'ex-presidente del Consiglio in Grecia, entrò nelle Provincie turche per tentarvi una insurrezione. Nell'isola di Candia l'agitazione è vivissima, secondo i rapporti che mi giungono da quel Consolato e dal Consolato di Smirne, e minaccia di scoppiare in aperta rivolta.

La Porta dunque fa dei preparativi militari anche per premunirsi da questo lato, ed era accreditata in questi giorni la voce, anche presso il Corpo Diplomatico, che si trattasse d'inviare una forte squadra d'osservazione nell'Adriatico. Ho voluto avere a questo riguardo qualche informazione e qualche spiegazione. Che il Governo Turco credesse bene di far navigare nell'Adriatico qualche legno della sua marina era per noì un fatto abbastanza indifferente; solo mi pareva opportuno il verificare se si trattava di qualche inutile parata che sarebbe parsa una misura di precauzione diffidente verso l'Italia, un nuovo atto di deferenza della Turchia alle suggestioni ostili colle quali la diplomazia austriaca cerca di occupare l'animo dei Ministri della Porta.

Essendomi dunque trovato con Aali Pacha, presi occasione deUa circolare del 27 aprile dell'E. V. (l) per determinare quale era l'attitudine del Governo del Re, attitudine fortemente difensiva provocata dagli armamenti dell'Austria, e che lasciava intatta la libertà delle sue determinazioni avvenire. Dissi che si prendevano le misure militari richieste dalle circostanze, che si sarebbero fors'anco costituiti dei corpi di volontarii, ma organizzati con serie guarentigie, sotto il comando del Governo del Re, il quale era e intendeva di rimanere padrone della situazione, che, dunque se il conflitto fosse scoppiato fra l'Italia e l'Austria, la Turchia non aveva a preoccuparsene più di qualunque altra Potenza neutrale. Soggiunsi che sapevo quali erano i sospetti che si erano lungamente nudriti in Turchia a nostro riguardo, ma che l'esperienza avrebbe dovuto mostrare ai Ministri Ottomani quanto fossero infondati gli allarmi a cui non era mai seguito un fatto che li giustificasse, e che bastava esaminare le attuali condizioni europee per convincersi come l'Italia non avesse alcun motivo che la spingesse a complicare con quistioni di cui non si poteva misurare la portata, una situazione grave sì, ma che le era nota e le permetteva di affrontare con calma e sicurezza le eventualità

dell'avvenire.

Credetti bene di far precedere un'esplicita spiegazione a questo proposito,

uniformandomi del resto alle mie istruzioni e al telegramma dell'E. V., in

data del 7 maggio corrente (1). E perché la spiegazione fosse più franca ag

giunsi che se a Costantinopoli ci si sospettava d'intrighi in Oriente, in Italia

prevaleva l'opinione che la Turchia fosse ligia all'influenza austriaca e si

prestasse doc;Imente alle ostilità della nostra nemica.

Aali Pacha mi rispose che, nel caso d'una guerra, la condotta della Turchia

era nettamente tracciata, ch'essa avrebbe conservata l'atti-tudine di una asso

luta neutralità, e che delle tendenze che noi a torto supponevamo alla politica

turca, l'Austria non avrebbe ricevuto alcun pegno materiale. In alcune Pro

vincie turche, egli disse, esiste una certa agitazione rivoluzionaria c la Turchia

dovrà prendere qualche misura di precauzione in vista di questa agitazione,

ma quando si parla d'una squadra d'osservazione si danno a queste misure

proporzioni esagerate, poichè il Governo non farà altro che stabilire nei porti

turchi dell'Arcipelago e dell'Adriatico dei bastimenti stazionarii posti in comu

nicazione fra di essi, e la natura dei bastimenti impiegati sarà in rapporto

collo scopo che loro s'assegna, non inviandosi alcun legno corazzato. Del resto,

mi soggiunse Aali Pacha, il Governo Ottomano è pienamente sicuro delle

intenzioni del Gabinetto presieduto dall'E. V., ma se dei corpi volontarii do

vessero operare sulle rive dell'Adriatico qualche inquietudine sarebbe giu

stificata dalle note tendenze e dal carattere del Generale che probabilmente

ne avrebbe il comando. E mi citò in prova come gli constasse che quel Bulgaris,

la cui spedizione fu poc'anzi accennata, si fosse posto prima di tentarla in

comunicazione con Garibaldi. Io non credetti insistere su queste precauzioni

militari della Porta, lasciando anzi ad Aali Pacha l'iniziativa delle spiegazioni

datemi, non volendo lasciar supporre ch'esse c'.ispirassero qualche seria preoc

cupazione, ma non volli lasciare senza risposta l'allusione al Generale Gari

baldi, e gli dissi che se il Generale Garibaldi avesse ricevuto qualche comando,

le sue opinioni politiche non potevano discutersi più di quelle di qualunque

altro generale, poichè quando l'ufficiaie superiol'e riceveva un comando in

Italia gli era anche tracciata una sfera d'azione determinata, e la politica era

riservata alla esclusiva competenza del Governo del Re.

Trovai un'eco di questa conversazione nelle parole che mi indir,izzò oggi il Sultano nell'udienza solenne nella quale gli presentai le mie credenziali. L'accoglienza fattami dal Sultano e le sue parole furono oltremodo benevole, dirò anche più cordiali che non sia nell'etichetta della Corte Ottomana e nel -carattere del Sultano. Rispondendo colle frasi usuali a quelle che io gli aveva rivolte, il Sultano entrò d'un tratto nel campo della politica: • Se io devo prendere in presenza degli avvenimenti alcune precauzioni militari, assicurate il vostro Governo che ciò io faccio esclusivamente in vista della sicurezza

interna del mio Stato •.

Il Governo del Re può considerare come superflua una simile dichiara

zione, era evidente che il Sultano pronunciava queste parole nel desiderio

di manifestare una disposizione d'animo amichevole.

(l) Cfr. n. 524.

(l) Cfr. n. 568.

618

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, TECCIO DI BAYO

(AVV)

L. P. Pera, 16 maggio 1866.

La ringrazio della sua lettera particolare in data del 12 corrente, de' suoi rapporti e de' suoi telegrammi.

Benché la questione de' Principati si tratti dalla Conferenza di Parigi, pure è necessario che la R. Legazione in Costantinopoli si mantenga esattamente e sollecitamente informata dei fatti che avvengono costì, della situazione politica interna dei Principati, delle disposizioni del Governo e del paese in vista delle eventualità che si possano prenotare. Per quanto io mi confido pienamente nella di Lei esperienza e nel provato di lei zelo, desidero soprattutto ch'Ella mi ragguagli delle intenzioni e dei preparativi dei Rumeni nel caso che il Governo ottomano incoraggiato dalle presenti circostanze europee, e dai consigli di alcune potenze si disponesse all'occupare militarmente i Principati.

Duolmi che il Ministero lo abbia lasciato senza istruzioni e quelle indicazioni generali che potevano servirle per regolare la sua condotta ed il suo linguaggio.

Il Governo italiano non aveva che una sola condotta da tenere, quella che le era naturalmente tracciata dane sue obbligazioni come segnataria dei trattati in vigore e nello stesso tempo, dalla logica de' suoi principi e della sua situazione politica. Nessuno poteva attendersi da noi che volessimo, nei limiti degli accordi internazionali, disconoscere quei principii che fanno la nostra forza e che vogliamo veder applicati alle nostre istesse questioni. Una condotta diversa non solo ci avrebbe alienato l'animo delle popolazioni e le simpatie liberali, ma sarebbe parsa così poco naturale a quelle istesse potenze che sostenevano una tesi opposta da far sorgere in esse il sospetto di secondi fini e di mire occulte da parte nostra. Il plenipotenziario italiano dunque sostenne che per norme delle deliberazioni della Conferenza dovessero sopratutto prendersi i voti e i bisogni delle popolazioni; sostenne l'unione e senza toccare ai legami che uniscono i Principati alla Porta si pronunciò perché non fosse esclusa la ammissibilità della nomina di un Principe straniero.

La Conferenza può dirsi che abbia ammesso la unione poiché adottò per la manifestazione dei voti del paese la forma che più poteva assicurarla cioè la deliberazione dell'Assemblea. Ma la questione del Principe straniero in presenza dell'assoluta opposizione di alcune potenze, fu abbandonata da tutti gli altri plenipotenziari. In tale stato di cose che ci rimaneva da fare? Non ci rimaneva da fare che delle riserve relative al punto di vista da noi sostenuto, senza persistere in una opposizione assoluta che essendo isolata, sarebbe stata anche inefficace.

La posizione presa dal Governo e che ora le indicai mi pare che consiglia quale possa essere la sua attitudine per ora. Associarsi a' suoi Colleghi per quanto concerne la deliberazione della Conferenza di Parigi, avvicinandosi a quelli le cui istruzioni hanno un carattere più conciliante; ne' rapporti col Governo e cogli uomini politici far sentire con moderazione e con riserva la situazione del rappresentante d'un Governo il cui avviso non prevalse e che avrebbe voluto fare di più pel bene dei Principati.

Ecco quanto parmi esigere da Lei la condizione attuale delle cose. Se si annunceranno e si presenteranno nuovi casi, non mancherò d'informarla assumendo sulla mia responsabilità le istruzioni che giudicherà poterle riuscire di qualche utilità.

619

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, pp. 235-236)

T. 322. Londra, 17 maggio 1866, ore 16,25 (per. ore 19,30).

J'ai vu Clarendon à l'instant. Il allait délibérer au conseil sur l'opportunité d'adresser à Vienne et à Berlin communication relative au congrès d'après conférence d'hier à Paris. Les prédilections pour l'Autriche reparaissent au moment d'imposer à l'Autriche responsabilité du refus, d'autant plus que les nouvelles de Berlin sont moins à la guerre. Il a paru douter plus que jamais du succès de cette démarche. Je lui ai rendu compte de la dépeche du 12 (l) qui n'a pas soulevé d'observation.

620

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed .in LA MARMORA, p. 236 e in CHIALA, pp. 176-177)

T. Parigi, 17 maggio 1866, ore 18,50 (per. ore 23,30).

Govone arrivé m'a mis au courant de votre manière de voir. Je la partage complètement, excepté que je préférerais aux chances de la guerre lme solution obtenue pacifiquement et honorablement. Le congrès devient douteux.

* Dans la conférence d'aujourd'hui la Turquie a fait la proposition de nommer un hospodar temporaire; la conférence s'est bornée à en prendre acte. * (2).

(l) -Non pubblicato (2) -Il brano fra asterischi non è edito.
621

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 325. Meiningen, 17 maggio 1866, ore 18 (pe1". ore 2,05 del 18).

J'ai quitté hier Saxe Cobourg après présentation lettre de créance et réception officielle la plus distinguée. Hier au soir j'ai notifié ici mon arrivée et transmis copie d'usage en demandant audience. De Uttenhoven venu m'informer peu après que Due de Saxe Meiningen souffrant ne peut pas me recevoir et m'aurait écrit quand plus ·tard à Munich refusant mon offre d'attendre ici. J'ai répondu au ministre en séparant question du Souverain de celle politique. Je lui ai demandé si Gouvernement Saxe Meiningen voulait considérer, après ma notification légation de Sa Majesté comme établie de fait et à droit; ou s'il prenait responsabilité de retarder rétablissement rapport officiels. Uttenhoven se réserva prendre ordres souverain avant de me répondre. Ce matin S. E. en me renouvel1ant excuses du Due m'a assuré que Son Altesse considère légation de Sa Majesté avec plaisir comme accréditée et bons rapports établis malgré manque formalité d'audience immédiate. Mitlistre de Belgique à Berlin accrédité ici se trouva dans ce cas pendant six mois. J'espère que V. E. m'approuvera afin d'éviter précédent dangereux du retard indéfinitif rétablissement légation équivalent à refus poli, car actuellement essentiel pour nous c'est prendre position en Allemagne, tout en sauvegardant dignité royale et nationaie. Je vais demain à Saxe Weimar.

622

L'INCARICATO D'AFFARI A COPENAGHEN, GERBAIX DE SONNAZ, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO 3. Copenaghen, 17 maggio 1866 (per. il 24).

Le bruit qui a couru à Berlin et ici qu'une alliance avait été conclue entre l'Autriche et le Danemarck est faux. Je suis en mesure d'assurer à V. E. qu'aucune négociation n'a eu lieu à ce sujet entre l'Autriche et le Danemarck. Il en est de mème inexact que le Danemarck comme prétendent les journaux· ait mis sa flotte sur le pied de guerre. Les Danois ont à peine quelques navires armés. Il est vrai pourtant qu'au lieu d'aller comme toutes les années à faire des voyages lointains ils sont restés dans la Baltique-mer.

623

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO AD ATENE, DELLA MINERVA

T. 7. Firenze, 18 maggio 1866, ore 14,45.

N'encouragez aucunement projets tentatives contre territoire ottoman. Ils ne pourraient que causer complications nuisibles {1).

624

IL CONSOLE GENERALE A NIZZA, BENZI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. R. S. N. Nizza, 18 maggio 1866 (per. il 21).

Già prima che mi giungesse il rispettato dispaccio di V. E. del 14 stante Riservato (2) io mi guardai bene dall'incoraggiare l'arruolamento dei volontarii e dal suggerire ad essi di recarsi in Italia; molto meno, poi, mi permisi di dare loro sussidj riservando questi pei soli soldati in congedo illimHato che rispondevano solleciti all'appello della Patria, e molti dei quali lasciano qui moglie e figlj. Ad ogni modo stimai mio dovere chiedere telegraficamente, stante l'urgenza, le di Lei istruzioni in proposito.

Ora debbo informare V. E. che ricevo quest'oggi una lettera riservata in data di jeri del Signor Prefetto di Genova con cui mi annunzia che il Ministero decise di non accettare volontari Nizzardi (3), e mi prega, nell'intendimento di far cessare spiacevoli inconvenienti, di far capire qui la determinazione presa, e di concertarmi, inoltre, coll'Autorità locale onde impedire, occorrendo, la partenza dei volontarii.

Mi affretto di far conoscere a V. E., sperando ch'Ella vorrà approvare il mio operato, che nello stato di esaltazione in cui sono gli animi qui in Nizza sopratutto stimo prudente di non fare conoscere le determinazioni del Governo del Re relativamente ai Nizzardi ed ancor meno di mettermi d'accordo coll'Autorità Francese per impedirne la partenza. Ho, così facendo, la convinzione di risparmiare al Governo scandali ed imbarazzi, persuaso d'altronde che qualunque avvertimento o misura non impedirà alla gioventù nicese di partire, ed i fatti mi hanno già dato ragione, giacché per eludere la vigilanza della polizia essa parte tutta per la via di terra.

Credo per gli anzi esposti motivi di tenermi sulle generali senza compromettere in alcun modo il R. Governo (4).

Solo mi ero permesso di farle conoscere le tendenze degli spiriti in Atene, dopo le notizie delle gravi complicazioni Europee».

(l) Della Minerva rispose con r. 14 del 26 maggio: «Non sarà certo per parte mia, né per quella di persone da me dipendenti che la Grecia possa ricevere incoraggiamentiad imprese delle quali più che ogni altro riconosco l'inopportunità, la veruna utilità e la certezza di un esito infelice.

(2) -Non pubblicato. (3) -Con t. 8 pari data il console a Corfù fu informato dell'intenzione del Governo di non accettare volontari greci e corfìoti. (4) -Annotazione marginale: «Approvare invitandolo a continuare a calmare gli animi e ad impedire per quanto possibile nuove partenze».
625

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA (AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 19 maggio 1866, ore 16,35 (per. ore 19,30).

* Govone part ce soir pour Berlin. Les réponses de l'Angleterre et de la Russie sur le congrès sont favorables. La proposition aux autres puissances sera faite bientòt * (1). Le syndic des agents de change est venu déclarer à la légation que si l'impòt sur la rente est adopté, la cote de la Bourse de Paris sera refusée à toutes les valeurs italiennes. On écrit ce soir à Barcelone pour faciliter visa passeport.

626

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 98. Pietroburgo, 19 maggio 1866.

J'ai été reçu hier par le Prince Gortchacow qui a bien voulu me tenir au courant de la situation, en me faisant l'exposé suivant. Quelques uns de ces détails seront déjà à la connaissance de V. E., mais il me semble utile de les transmettre, ne fut-ce qu'à simple titre de contròle.

• Ensuite d'une autorisation de leurs Gouvernements respectifs, Lord Cowley, le Baron de Budberg, et M. Drouyn de Lhuys se sont réunis le 15 mai en conférence. Le Ministre Impérial des Affaires Etrangères de France a ,indiqué, dans une certaine mesure, aux deux Ambassadeurs quelles seraient ses vues sur les différends entre l'Italie, la Prusse, l'Autriche et les autres Etats de la Confédération germanique. La question de la Vénétie devrait etre résolue par un système de compensation. La Russie, la France et l'Angleterre convoqueraient efles-memes un Congrès, qui devrait siéger à Paris le plus tòt possible, au plus tard le }er juin. Les Puissances seraient représentées par leurs Ministres des Affaires Etrangères.

Lord C~wley et le Baron de Budberg, comme de raison, prirent ad referendum ces communications. Il fut entendu que M. Drouyn de Lhuys rédigerait à cet effet un mémoire, qui serait envoyé à Londres et à St. Pétersbourg.

Cependant le télégraphe m'annonée de Paris qu'on vient de transmettre à M. de Talleyrand un formulaire pour la convocation du Congrès. Je ne m'explique pas cette précipitation, quand nous ne sommes pas encore d'accord sur les bases de nos délibérations. Quoi qu'il en soit, il me semble que mon projet, en me ralliant en principe à la réunion d'un aréopage européen, était meilleur que celui de circonscrire les pourparlers aux questions pendantes. J'eusse voulu laisser toutes les entrées ouvertes, sans fermer aucune issue et sans rten préjuger. La conciliation serait moins malaisée, les chances de réussite moins incer

taines. Mais si la France propose la Bosnie, si l'Angleterre désigne la Silésie, comme des territoires à échanger contre la Vénétie, il n'y aurait pas lieu de s'attendre à une entente. Je commence à croire que les Cabinets de Londres et de Paris se rendent compte de la difficulté de leur tàche, mais vu la gravité de la crise financière, industrielle et commerciale, méme dans leur propre Pays, vu l'intensité des désirs pacifiques parmi leurs populations, ils tiennent du moins à dégager leur propre responsabilité. Ils veulent prouver à tous et à chacun, jusqu'au dernier moment, qu'ils n'ont rien négligé pour prévenir, si possible, l'explosion d'un confl.it aussi redoutable. Je ne parle pas des sacrifices énormes que la perspective d'une guerre impose à l'!talie, à l'Autriche et à la Prusse. Cette dernière dépense journellement 500.000 thalers pour l'entretien de-son armée; elle a déjà grévé de 12 millions son trésor, pour les frais de mobilisation. Pour obtenir avec plus de probabilité gain de cause, il eut fallu recourir à une démarche comminatoire au nom des trois Puissances, mais comment M. Gladstone accueillerait-il une semblable proposition? On ne le trouverait certes pas d'humeur à dégainer. Bref, je vois une grande incertitude et un grand danger dans la situation. Il y a cinquante ans que je travaille dans la diplomatie. Jamais je n'ai assisté à un tel spectacle. J'avoue ne pas comprendre pourquoi la Prusse et l'Autriche en viendraient aux mains. Ce serait une véritable démence, quand l'une et l'autre déclarent ne pas vouloir attaquer. Dans une certaine mesure, je me rends compte de votre attitude. Vous cherchez à tirer profit de l'éventualité d'une lutte entre les deux grandes Puissances germaniques. Cependant il entrait dans mes intentions de peser aussi à Florence en faveur du maintien de la paix, si le Comte de Stackelberg parvenait à induire le Gouvernement Autrichien à désarmer. Mais, jusqu'ici du moins, il semble que ses efforts ont été infructueux; dans ce cas, le courrier, au lieu de se diriger vers votre capitale, se bornera à la première partie de so n voyage, et reviendra ici par la voie de Berlin •.

De mon còté, j'ai dit au Vice-Chancelier qu'il savait déjà par moi, et sans doute aussi par M. de Kisselew, quelles étaient nos dispositions. Nous ne faisions pas une politique de circonstance, mais une politique de principes. L'Italie n'a jamais dissimulé son intention de profiter du premier moment favorable pour achever son unité, et pour assurer ainsi la sécurité de ses frontières. Ensuite des armements de l'Autriche, qui nous a preté le flanc et donné du meme coup un nouvel aliment au patriotisme de la nation, la situation s'est engagée au point, qu'il ne s'agit plus aujourd'hui d'un problème à discuter, mais d'une question dont la solution ne saurait etre différée. • Vous avez d'ailleurs, ai-je ajouté, trop de perspicacité pour ne pas comprendre que vous n'avez aucun intéret à contrarier un programme, dont l'accomplissement aurait pour effet de nous rapprocher toujours davantage de la Russie. En vous rangeant, moralement au moins, de notre còté, vous serviriez votre propre cause • .

• Mais, répondait le Prince, il y a le chapitre des revers •.

J'ai répliqué que, ayant pleine confiance dans nos destinées, dans la justice de notre cause, je ne doutais pas, comme tous mes concitoyens, d'un résultat fina! conforme à nos ardents désirs, soit que ce résultat fUt amené à l'amiable par l'action diplomatique, soit qu'une impérieuse nécessité nous con

traignìt à trancher le noeud gordien. Dans ce dernier cas si nous devions cependant, contre toute attente, essuy,er des défaites, le Pays entier s'écrieraiJI d'une seule voix: « Nous recommencerons •. Toute la question italienne se résume dans no,tre ténacité.

Le Vice-Chancelier m'a répété que, en se plaçant à notre point de vue, il était loin de sa pensée de vouloir récriminer sur notre conduite. Il m'a seulement dit, sans fournir aucune preuve à l'appui de son assertion, que nous cherchions à agiter dans quelques Provinces turques. Je me suis borné à nier toute connivence de la part du Gouvernement; si agitation il y avait, c'était la conséquence d'une situation dont le contrecoup devait aussi se faire sentir en Orient.

Je n'ai pas besoin de faire remarquer qu'il ressort assez clairement de cet entretien que le Vice-Chancelier est loin d'etre optimiste à l'égard d'une entente. Je sais d'autre part qu'il persiste à se montrer fort peu enclin aux projets de compensations territoriales qui auraient pour objectif les Principautés Danubiennes. C'est bien là un lot convoité par la politique traditionnelle russe. Tant que le Cabinet de St. Pétersbourg ne se sentira pas assez fort pour se l'adjuger, il tiendra à le laisser entre les mains de la Turquie. A cet effet je serais assez porté à donner raison à ceux qui prétendent qu'il pousserait secrètement la Sublime Porte à faire acte d'autorité à Bucharest. Il redoute pour le meme motif de voir soulever d'autres problèmes de la question d'Orient. Ainsi un aréopage européen, où la France du moins élèverait l'idée d'une compensation, ne saurait lui sourire que fort médiocrement. En présence de ces dispositions, et de celles surtout de l'Angleterre décidément contraire à des remaniements territoriaux, on ne voit pas trop quelles chances de réussite pourrait offrir, avant la guerre, une délibération des Puissanoes autour du tapis vert. D'ailleurs, ne conviendrait-il pas davantage à l'Empereur Napoléon de laisser un libre cours aux événements, plutòt que de ralentir inutilement ,leur marche? Il semblerait donc dans ces circonstances que nous ne devons pas attacher une grande valeur à l'ouverture de négociations pacifiques, dont au reste on parviendra difficilement à régler le programme.

Les journaux parlent de la formation chez nous d'une légion polonaise. J'espère que cette nouvelle ne se confirmera pas, et je tiendrais meme beaucoup à en recevoir l'assurance (1). Sans refuser le concours des individus de cette nationalité, au lieu de les constituer en corps distinct, ne pourrait-on pas se contenter de les disséminer dans les régiments de volontaires? V. E. n'ignare pas que, dans les préliminaires de la reconnaissance de notre Royaume par le Cabinet Russe, celui-ci nous avait demandé tout d'abord de faire fermer à Gènes une école militaire de Polonais. Nous avions déjà pris les devants de cette mesure. Vu l'animosité qui règne dans cet Empire contre tout ce qui rappelle de loin ou de près le polonisme, il serait de notre part de bonne politique, dans les conjonctures présentes, de ne pas fournir au Cabinet de St. Pétersbourg un prétexte de mauvais vouloir. Jusqu'ici il se montre assez impartial à notre égard. Il convient de l'entretenir dans ces dispositions, et partant de ne pas poser un fai·t dont nos adversaires se prévaudraient pour nous desservir.

(l) Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p. 239.

(l) Con t. 27 del 27 maggio La Marmora comunicò a Launay: « Il n'a aucunement été question ici de former une légion polonaise •.

627

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 239)

T. Parigi, 20 maggio 1866, ore 15,50 (per. ore 19,25).

Jusqu'à présent on n'a rien reçu de Vienne à l'égard du congrès. La question de compensation est la pierre d'achoppement. Govone est parti. Je suivrai les instructions qu'il m'a portées de votre part. Je ferai le possible pour décider l'Empereur à une entente avec la Prusse et nous.

628

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ·ed. in LA MARMORA, pp. 239-240)

T. Firenze, 20 maggio 1866, ore 21,45.

Reçu votre télégramme (1). Bismarck a dit à Barrai (2) que la Prusse a accepté congrès sans désarmement, et que l'Autriche revient de son premier refus.

Moi je crois que l'Autriche n'a jamais catégoriquement refusé, comme Bismarck nous l'a fait dire deux fois, mais qu'elle a hésité et probablement elle hésite encore.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 52. Berlino, 20 maggio 1866 (per. H 26).

J'ai eu l'honneur de recevoir hier martin la Lettre Royale destinée à S. M. le Roi de Prusse (3), et je me suis empressé d'aUer la vemettre au Comte de Bismarck, qui après avoir pris connaissance de la copie qui y était jointe, s'en est montré extremement satisfait.

Ainsi que j'ai eu soin d'en informer V. E. par mon télégramme d'hier soir, la Prusse acceptera le Congrès tel qu'il a été proposé par la France, l'Angleterre et la Russie, mais sans désarmement. D'après ce que m'a dit le Comte de Bismarck les bases primi•tives en auraient été singulièrement adoucies

25 -Documenti diptomatici -Serie I -Vol. VI

en ce sens que, dans la communication officielle qui est incessamment attendue, l'on y ferait simplement mention des questions de Venise, des Duchés et de la Réforme fédérale sans indiquer les solutions qui peuvent s'y rattacher. L'Autriche avait d'abord refusé; mais, en présence de l'acceptation probable de l'ltalie et de la Prusse, elle parait s'etre au dernier moment ravisée; et, d'un autre còté, les hésitations qui depuis la Conférence de Bamberg se sont produites parmi les Etats secondaires, ne sont certainement point étrangères au consentement à peu près certain que l'on attend maintenant du Cabinet de Vienne. A ce propos l'on assure que dans une conversation toute récente qu'il a eue à Londres avec le Ministre des Affaires Etrangères, le Comte Apponyi aurait vivement insisté pour obtenir comme condition de l'adhésion de l'Antriche au Congrès sur la base d'un arrangement au sujet de Venise, l'assurance d'un dédommagement territorial en Allema.gne. Le Chef du Foreign Office aurait eu beaucoup de peine à lui faire comprendre qu'une pareille prétention pourrait tout au plus s'expliquer par un droit de conquète, et que dans les circonstances actuelles, il ne pouvait d'aucune manière en ètre question.

Je ne veux pas insister davantage sur des détails qui doivent ètre connus de V. E., et j'en viens immédiatement à ce que l'on pense ici sur les chances de réussite ou d'insuccès du Congrès dans les conditions évidemment un peu tardives où il se présente. Le Comte de Bismarck ne croit pas à son efficacité; il y voit tout au plus un tems d'arrèt d'une semaine ou deux qui permettra à tout le monde de compléter ses armemens. Toute sa pensée, en défìnitive, s'est traduite par ces mots signifìcatifs: Nous partirons du Congrès pour la guerre. L'opinion du Président du Conseil a certainement une très grande autorité, et l'on ne saurait méconnaitre qu'elle a toutes les probabilités de se réaliser. Cependant il y a une observation capitale à faire, et c'est celle-ci: dans la proposition de Congrès si chaudement appuyée par la Russie et l'Angleterre, l'Empereur des Français a-t-il véritablement l'intention arrètée d'arriver à une solution paci:flque? La question de paix ou de guerre est attachée à la réponse à cette question, et quelque puissants que soient les efforts du Comte de Bismarck pour amener une collision avec l'Autriche, ils devront nécessairement tomber devant la volonté contraire de l'Empereur Napoléon. C'est là du moins l'opinion qu'a fait naitre immédiatement la première nouvelle du Congrès parmi les Membres du Corps diplomatique, et il est impossible de ne pas en reconnaitre la justesse. Toutefois, je suis heureux de pouvoir l'ajouter, qu'il y ait Congrès ou guerre, l'opinion diplomatique n'est pas moins positivement fixée sur ce point capitai pour nous, que: de toute manière, et dans l'intérèt supreme de la paix Européenne, au point où en sont arrivées maintenant les choses, Venise est à jamais perdue pour l'Autriche, et irrévocablement acquise, dans un avenir prochain, à l'Italie. Nous n'avons donc qu'à attendre le développement des événemens dans la posit.ion si bien calculée qu'ont su préparer à l'Italie la sagesse et l'énergie de son Gouvernement.

En faisant parvenir au Gouvernement Prussien sa déclaration de neutralité, le Hanovre l'a subordonnée aux ordres qu'il pourrait recevoir plus tard de la Diète. C'e~t toujours la mème idée des petits Etats de vouloir à tout prix se maintenir sur le terrain fédéral. Mais dans la formidable crise actuelle, de semblables réserves sont sans valeur et peuvent, au contraire, facilement se tourner contre celui qui les formule. C'est aussi dans les non-valeurs qu'il faut ranger le futur vote de la Diète de Francfort sur la proposition faite dans sa séance d'hier relativement aux explications à demander sur les armements et successivement sur l'opportunité d'un désarmement général.

Dans une conversation qu'il a eue hier avec_ un personnage de sa Cour, le Roi a parlé avec une ceriaine complaisance du Congrès et des perspectives de paix qu'il est venu ouvrir; mais demain peut-etre, en se trouvant en présence d'un bataillon, Sa Majesté pourra prononcer une harangue belliqueuse.

Tous les journaux Prussiens parlent d'un Traité d'alliance offensive et défensive qui aurait été conclu entre la Prusse et l'Italie, et s'appuient d'un article de l'Opinion pour démontrer que les deux questions de Venise et des Duchés doivent etre résolues en meme temps.

(l) -Cfr. n. 627. (2) -Cfr. il t. ed. in LA MARMORA, pp. 238-239. (3) -Cfr. n. 607.
630

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, CENTURIONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 15. Monaco, 20 maggio 1866 (per. il 25).

Le voci che alla conferenza di Bamberg si sia preso qualche concerto sopra una neutralità armata fra gli Stati Secondarii della Germania del Sud non sembra fossero fondate, o se pure quella proposta venne inoltrata da qualche Ministro non sortì favorevole accoglienza. In questo senso infatti si espresse meco questa mane il Barone von der Pfordten. Egli mi disse che a quella conferenza si deliberò di proporre per mezzo della Dieta un disarmo generale, e che se tale proposta, che deve aver avuto luogo oggi a Francoforte, non ottenesse un felice risultato, come è probabilissimo, gli armamenti degli Stati rappresentati a Bamberg avrebbero per iscopo di difendere quel Confederato che primo venisse aggredito da altro Stato Confederato. • Se il patto federale, soggiunse S. E., non ci prescrivesse una simile condotta, la nostra condizione di piccolo Stato ce la additerebbe come l'unica onde sottrarci al pericolo che le potenze contendenti conchiudessero la pace a nostre spese. Se gli sforzi continui che facciamo per mantenere la pace riescissero vani la Baviera s'atterrà strettamente ai doveri che le impone il patto federale. La questione della Venezia ci troverà neutrali non volendo noi immischiarci in affari che non riguardano la Germania ma nella questione Tedesca difenderemo con tutta l'energia possibile ed anche con le armi il diritto contro la prepotenza •.

Nell'assenza del Marchese Oldoini ho creduto mio dovere di non frapporre indugio nel rendere informato V. E. di questa dichiarazione che credo

riassuma la linea di condotta che adotterà il Gabinetto di Munich negli eventi che si preparano.

Il Barone von der Pfordten mi annunzw che probabilmente l'apertura officiale del Parlamento non avrà effetto prima del 26 corrente. Le discussioni che ivi avranno luogo si preconizzano molto passionate.

631

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 333. Francoforte, 21 maggio 1866, ore 16,55 (per. ore 17,40).

Séance députés differentes parties de l'Allemagne orageuse, hostile querelle puissances allemandes surtout à la politique de Prusse (1).

632

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 336. Costantinopoli, 21 maggio 1866, ore 21,04 (per. ore 10,10 del 22).

Gouvernement ottoman d'après les déclarations qui m'ont été faites par Aalì-pacha, adressera une dernière sommation au Gouvernement des Principautés Unies pour lui proposer acceptation Hospodar temporaire. Si on refuse et si conférence ne procède pas aux mesures coercitives, Turquie est décidée à agir (2).

Cfr. il seguente brano del r. confidenziale 23 del 29 maggio di Rati: « L'Assemblée des députés allemands et la réunion démocratique du 20 courant, auront peut étre, fait du bruit dans la presse étrangère, mais ici en Allemagne elles n'ont pas laissé la moindre trace. On y a rabiìché le thème de la guerre fratricide, on y a été hostile à la politique Prussienne, sans oser cependant faire des voeux pour l'Autriche, ou se déclarer pour la Diète. Je juge donc peine perdue rapporter un abrégé de quelques discours marquants que on y a prononcé; car le caractère d'une assemblée ne résulte pas de trois ou quatrediscours seulement, mais il résulte du frottement général de beaucoup d'opinions différemment débattues. Or ni la réunion des députés ni celle des démocrates n'ont donné un pareilrèsultat. Au demeurant l'idee unitaire, telle qu'on l'entend chez nous, par rapport à l'Unité Italienne, est une idée qui n'existe pas encore de ce còté du Rhin. Je dirai méme que l'ìdée de l'Unité absolue allemande est une idée très anti-populaire aux masses allemandes •.

(l) Questo telegramma fu inviato in seguito al t. 13, pari data, con cui La Marmora chiedeva sollecite informazioni sulla riunione dei deputati tedeschi.

(2) Con altro telegramma pari data Visconti Venosta dette notizia dell'ingresso del principe Hohenzollern nel territorio dei Principat1 Danubiani.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERNA, MAMIANI

(Ed. in LV 9, p. 676)

D. 2. Firenze, 21 maggio 1866.

Il signor Pioda venne ieri da me, 'e mi intrattenne delle preoccupazioni di codesto Governo a fronte delle presenti congiunture, preoccupazioni di cui

V. S. Illustrissima ebbe a discorrere ne' suoi interessanti rapporti *di Serie politica del 16 e 18 corrente nn. 8 e 9 * (1).

Il Ministro della Confederazione avendomi rivolta la domanda se il Governo del Re avrebbe rispettata in caso di guerra la neutralità del territorio elvetico, io gli dichiarai che non dubitavo la neutralità della Svizzera sarebbe stata rispettata da qualunque Potenza; ed in quanto all'Italia, tale esserne l'interesse ed il desiderio; e che per parte sua il Governo del Re si comporterebbe in piena conformità di cotali sue disposizioni.

Approvo pienamente le considerazioni che Ella nei suoi rapporti mi riferì (2) intorno alla mancanza di qualsivoglia fondamento per cui si abbiano a prevedere eventualità di violazione della neutralità del territorio svizzero per parte di truppe regolari o di volontari italiani (3).

634

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. Firenze, 22 maggio 1866, ore 7,30.

Qu'est ce qui se passe, que pensez vous du retard excessif de la réponse de l'Autriche? Tachez de me tenir bien au courant par télégraphe car la situation pourrait devenir difficile si cette incertitude se prolongeait.

cavalli •·

(l) -Le parole fra asterischi sono omesse in L V 9. (2) -In L V 9 qui aggiunto « aver esposto •. (3) -Lo stesso 21 maggio La Marmora inviò a Mamiani un altro dispaccio in cui comunicava la sfavorevole impressione prodotta in Italia dalla proibizione dell'esportazione dei cavalli decisa dal Consiglio Federale e aggiungeva: « E' difficile supporre che codesta misura abbia ad essere attribuita alle esigenze del servizio militare della Confederazione. E' forza invece il ravvisarvi un effetto di poco benevole disposizioni verso l'Italia, per quanto dessa abbia l'apparenza della neutralità. Nessuno diffatti ignora come un simile divieto nuoccia quasi esclusivamente all'Italia, poichè l'Austria non ricorre alla Svizzera per incette di
635

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 15. Firenze, 22 maggio 1866, ore 11,35.

Tàchez savoir ce que Gouvernement russe pense d'arrivée inattendue du prince Hohenzollern à Bukarest et des dispositions que la Turquie montre à agir. Vous pouvez déclarer formellement à l'occasion que nous n'entrons pour rien dans tout cela. Tàchez savoir ce que pense Gortchakoff de la communication qui va etre faite pour congrès par Russie, Angleterre et France à l'Italie, Prusse et Autriche. Répondez par télégraphe.

636

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 22 maggio 1866, ore 9,36 (per. ore 12,30).

L'Empereur m'a dit hier soir que jusqu'à présent la Prusse n'est pas disposée à faire une cession sur le Rhin, si minime qu'elle soit. L'Empereur est du reste retenu lui-meme par la considération du principe de nationalité; il attend l'issue de la proposition du congrès; il m'a dit qu'il croyait que l'Autriche accepterait le congrès.

637

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carta La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 240)

T. Parigi, 22 (l) maggio 1866, ore 13,45 (per. ore 15,45).

L'Autriche n'a pas * encore répondu parcequ',elle n'a pas * (2) encore été interpellée. La proposition du congrès doit etre présentée par les trois puissances médiatrices qui doivent d'abord s'entendre entre elles. Or cette entente, quoique très probable, ne sera certaine que lorsque la réponse de la Russie sera arrivée à Paris, *c'est à dire jeudi seulement *.

(l) -Nella copia conservata in Carte La Marmora il 22 è corretto in 21 ma si è conservata la data 22 perché questo telegramma sembra rispondere al n. 634. (2) -Le parole fra asterischi non sono edite in LA MARMORA.
638

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in GOVONE, p. 507 e in CHIALA, pp. 187-188)

T. Berlino, 22 maggio 1866, ore 9,15 (per. ore 19,15).

Bismarck m'a dit ce soir que dispositions militaires seraient terminées :1iin mois et que Prusse pourrait ètre forcée si 1e congrès ne venatt pasl trop entraver marche des choses à faire éclater 'la guerre par quelque déclaration de la Diète germanique, ou armement du Hanovre ou de la Hesse, etc. Sur Etats secondaires il ,espère encore que Bavière reste neutre.

Il est très inquiet de la France dont agents auprès des cours secondaires, dit-il, agissent en faveur de l'Autriche. J'ai répondu: • mais je croyais que

V. E. avait des arrangements avec la France •. Il répliqua qu'il y a six mois l'Empereur lui avait paru content de certains arrangements qui convenaient aussi à la Prusse: aujourd'hui qu'il faudrait stipulations définltives l'Empereur refuse absolument toute explication. J'ai répondu que toute l'Europe croyait comprendre les vues de l'Emp~reur; et que c'était une nécessité de les satisfaire. Bismarck a fait des objections en ajoutant toutefois sans en repousser l'idée qu'après une défaite la Nation comprendrait l'offre de ces concessions pour obtenir l'aide de la France, mais qu'il serait plus difficile les faire avant le combat.

J'ai longuement discuté dispositions militaires.

On concenrtre 60 mille hommes à Neisse, 40 mille à Gi:irHtz, 130 mille vis-à-vis de Leip21ig. J'ai fortement combattu cette dissémination. Bismarck est convaincu du danger et me pria de soutenir des idées plus saines auprès du chef d'État Major. Ce que je ferai demain.

639

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 337. Weimar, 22 maggio 1866, ore 16,05 (per. ore 9,20 del 23).

Reçu ici de la manière la plus distinguée par Grand Due Cour et Gouvernement. Baron de Watzdorf m'a exprimé sentiments favorables envers Italie; il partage l'opinion de Seebach que j'ai signalée par télégramme en cas de guerre austro-prussienne. Prusse vient de faire communication au Duché de Saxe et probablement aux autres Etats secondaires, déclarant dans éventualité attitude hostile des Etats secondaires sera forcée franchir limite désiré, élargissant programme national Quant à proposition réforme fédérale non plus dans l'intérét dynastique et allemand, mais seulement dans celui des peuples. Baron de Larisch absent sera de retour à Altembourg incessamment. J'attends sa réponse pour me rendre dans ce Duché.

640

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 118. Londra, 22 maggio 1866.

Le feste di Pentecoste avendo come al solito reso Londra deserta, non sono stato al caso di ottenere informazioni, della cui esattezza non potessi dubitare. Jeri intanto sul tardi si ricevette nella City un dispaccio telegrafico col quale pareva certa l'accettazione del Congresso per parte dell'Austria, fissandosene anzi la prima riunione a venerdì. Questo telegramma avidamente accettato dalle principali case bancarie, diede speranza di soluzione pacifica, e venne persino da Qualche diplomatico tedesco citato con esultanza come vero. Questa mattina invece trovo che non sapendosi ancora se la risposta della Russia fosse arrivata a Parigi, la comunicazione non aveva potuto ricusarsi, per non esserne stata fatta partecipazione ufficiale a Berlino ed a Vienna.

Devo vedere Lord Clarendon più tardi. Intanto seppi da buona fonte che il Gabinetto Inglese non ricusando, nella proposta redazione del dispaccio mandata dal signor Drouyn de Lhuys, !a parte concernente la cessione della Venezia, aveva semplicemente cercato qualche modificazione sul modo in cui l'Austria avrebbe adottato il principio del compenso, onde renderglielo più facile.

In quanto alla condizione spettante la sovranità temporale del Papa, il Governo inglese aveva preferito starsene all'infuori, tuttochè non abbiasi a credere a proteste per parte sua. Ma osservò essere simili questioni più adattate a convenzioni speciali fra la Francia, l'Italia e l'Austria piuttosto che da sottomettersi ad un congresso.

Intanto da quanto mi si assicura, i Ministri Inglesi stanno in gran tremore della supposta intervenzione della Francia nei casi nostri; e vorrebbero far di tutto per disinteressarla. Onde Lord Clarendon informato da Lord Cowley dell'idea espressa dal Principe di Metternich di un rimettere la Venezia a disposizione dell'Imperatore di Francia per parte dell'Austria, onde ottenere la neutrtllità della Francia e dell'Italia, a condizione di !asciarla in possesso di quanto otterrebbe in una guerra colla Prussia, Lord Clarendon, dico, avrebbe accettato di tutto cuore questa proposizione che a Parigi si disse venuta un mese troppo tardi. In tutti i modi cercasi di persuadere il non intervento alla Francia, met

tendo anche in campo la promessa dell'Austria di non perturbare l'ordine di cose attuale in Italia. La Russia lavora indefessamente nello stesso senso, e si è osservato in questi giorni una grande attività nel promuovere idee di pace all'unisono coll'Inghilterra.

Benehè non si dica a me, sembra che nelle regioni ministeriali s'abbino idee poco lusinghiere sulla forza della nostra armata, e che da diverse fonti s'abbino ragguagli in quel senso. Se non sbaglio uno dei nostri detrattori sarebbe il Generale Stackelberg venuto non ha guari a Parigi e che discorse con Lord Cowley. Pur troppo tra i Francesi, anche più amici nostri, regna a un dipresso la stessa persuasione. Onde dovunque pare esistere l'idea che saremo, per dir la parola testuale, écrasés; e che volendo prendere il quadrilatero, ci accorgeremo della verità di queste predizioni. Sono persuaso che i fatti proveranno le cose diversamente; ma è necessario non dissimulare le cose come stanno onde possano apparire più evidenti le conseguenze di un tal modo di sentire.

Non mi estenderò sull'articolo che concerne il papato, essendo questo all'infuori di quanto mi spetta. Ma sicuramente chi parla per la Francia si esprime in modo assoluto sulla necessità di un adottarsi e guarentirsi a Roma il temporale del Papa. Come la pensino i Ministri Inglesi è appunto quanto cercherò di sapere e per questo vedrò oggi il Ministro degli Esteri. Intanto diventa ognora più dubbia l'azione della Prussia. Se non vere le notizie, il Re è molto scoraggiato e dappertutto dimostrasi grande avversione a Bismarck.

Frattanto sorge un'altra complicazione nei Principati Danubiani coll'arrivo del Principe Hohenzollern malgrado le promesse Prussiane, e saprò oggi da Lord Clarendon come la pensi a questo riguardo. In generale gli uomini d'affare serj non credono ad un congresso prima della guerra.

P. S. -Unisco una lettera pel generale Pettinengo la quale mi vien raccomandata con qualche premura (1).

641

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 247)

T. Parigi., 23 maggio 1866, ore 14,15 (per. ore 16,35).

Je suis convaincu que l'Autriche en se présentant au congrès a l'intention d'exclure la question vénitienne en s'appuyant sur l'exécution du traité de Zurich. J'ai aussi quelques doutes sur l'attitude de la Russie. Mais je vous réponds des intentions de l'Empereur, qui sont bien décidément dans le sens de la cession de la Vénétie.

(l) Annotazione n1arginale «consegnata».

642

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 248)

T. Berlino, 23 maggio 1866, ore 16,10 (per. ore 19,20).

Le Roi de Prusse a dit hler soir à un de ses intimes qu'il ne croyait pas à la réussite du congrès, et que J.es difficu1tés faites par l'Autriche pour l'acceptation de ses bases n'avaient pour but que de se donner le temps de compléter ses armements.

Sa Majesté est très-émotionnée de la situation, dont il parlait avec de grosses larmes dans les yeux.

L'ambassadeur de France m'a dit aujourd'hui en confidence que la grande préoccupation de l'Empereur Napolépn dans toute cette affaire, n'était que de vider la question de Venise, et qu'il ne voyait point d'intéret pour la France de terminer les querelles des deux grandes puissances all:emandes.

Aucune communication. officielle n'a encore été faite ici pour la convocation du congrès.

643

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 338. Londra, 23 maggio 1866, ore 17,53 (per. ore 20,10).

Une entente étant difficile quant à ce qui se passe dans Principautés Danubiennes tout porte à croire que chaque puissance agira à son point de vue. Lord Clarendon hier paf\aissait croire à une occupation immédiate par la Turquie.

644

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 247-248)

T. Pietroburgo, 23 maggio 1866, ore 16,30 (per. ore 1 del 24).

Relativement au formulaire de convocation, la Russie désire une modifi.cation de rédaction pour faoiliter r,entrée de l'Autriche au congrès. Ainsi les mots question de la Vénétie seraient remplacés par différend austro-italien.

Elle décline comme l'Angleterre la garantie du pouvoir temporel du Saint Père. Donc en principe elle accepte 1e congrès, cependant le prince G<lrtchakoff donnera soulement demain réponse définitive aux ambassadeurs d'Angleterre et de France (1). Quant au prince de Hohenzollern, le Cabinet russe est très contrarié, mais semble vouloir attendre quelle sera l'attitude de la conférence, sauf à aviser si les autres puissances tolèrent cette grave infraction aux traités, où il soupçonne le doigt de la France.

645

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 340. Costantinopoli, 23 maggio 1866, ore 15,50 (per. ore 1,40 del 25).

Le prince Hohenzollern vient d'adresser une lettre en date du 21 mai au Sultan pour lui exprimer sa ferme décision de respecter les droits de suzeraineté de la Sublime Porte.

646

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. R. S. N. Berlino, 23 maggio 1866.

Je profite d'une occasion sure au moyen de laquelle cette dépeche pourra etre mise à la poste de Chambéry pour venir appeler l'attention de V. E. sur un point extremement délicat de la situation critique du moment, et dont il eut été trop dangereux d'écrire d'ici par la voie ordinaire.

J'ai déjà fait une légère mention dans un de mes précédents rapports des manifestations faites par le Commerce et plusieurs Municipalités de la Prusse contre la guerre. Quelques unes se sont meme produites sous la forme solennelle de pétitions au Roi. Si ces manifestations s'étaient renferrnées dans ce cercle d'intérets 'en souffrances, elles se seraient infailliblement perdues dans les grands courants d'une politique qui aspire à l'extension du territoire de la Prusse et à une augmentation considérable de sa prépondérance en Allemagne. Mais d'autres symptomes d'une nature extremement décourageante sont venus immédiatement se joindre à cette première expression d'intérets froissés, et ont déterminé une prostration très prononcée dans l'esprit public et les appréciations des masses. A Berlin l'opinion contraire à la guerre a pris insensiblement de si grandes proportions qu'aujourd'hui l'on peut dire qu'elle est

devenue générale. Au lieu d'acclamer les troupes continuellement de passage dans la capitale pour se rendre R lo. frontière T'J.enacée, ainsi que cela a lieu dans tous les pays en pareille circonstance, la population les voit passer dans le plus morne silence, et semble par son attitude impassible regretter leur départ.

Dans les J>rovinces les chose·s ont pris un aspect bien autrement lamentable. L'appel sous les armes du 2me et 3me ban de la Landwehr a rencontré de sérieuses difficultés; il y a eu dans beaucoup de gares de chemins de fer des cris de désespoir et des scènes publiques lorsque les soldats ont du partir; des groupes de femmes se sont formés sur la voie pour empecher les trains de s'éloigner, et l'Autorité a du intervenir.

Si de ces milieux de la population l'on passe à l'armée l'on observe un manque total d'enthousiasme qui pour le plus souvent se traduit par des secrètes confidences faites par des officiers à leurs parents et intimes. Chacun fera certainement son devoir avec courage et abnégation, guidé par son dévouement au Roi et le sentiment du devoir; mais il est certain que l'officier pas plus que le soldat n'aiment à aller combattre l'armée Autrichienne à còté de laquelle ils se battaient il y a à peine deux ans; et pour tout dire, si l'on devait en croire certaines expansions échappées à regret, il y aurait dans ces épanchements secrets de la pensée militaire, comme un sentiment d'infériorité, et une vague craintP-d'avoir le dessous.

Cet état de choses fait un étrange contraste avec ce qui se passe en Italie, où l'enthousiasme national ne connait plus de limites, et où tout le monde demande à combattre l'Autriche. Il y aurait beaucoup à dire sur les causes qui ont provoqué chez les deux peuples des résultats si différents; mais pour le moment, il suffit de constater le fait, et par suite de la combinaison qui lie dans une certaine mesure notre future action militaire à celle de la Prusse, il était de mon devoir, quoique à mon grand regret, d'en informer V. E.

(l) Il giorno seguente Launay telegrafò: « Modification demandée par la Russie ayantété accordée par la France et l'Angleterre, le prince Gortchakoff expédie aujourd'hui de son còté à Florence une note identique proposant une conférence sur les questions pendantes •.

647

IL MINISTRO RESIDENTE A CARLSRUHE, GIANOTTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO (1). Baden, 23 maggio 1866 (per. il 28).

Baron de Edelsheim m'a dit Qu'il venait d'apprendre de bonne source, quoique non officielle, que le Roi de Prusse s'était refusé à signer le Traité conclu avec l'Italie. Voici le moment, a-t-il dit, où vous devriez faire des ouvertures à l'Autriche. Je sais Que l'Empereur d'Autriche ne veut guère entendre parler cession de la Vénétie, mais Mensdorf et autres membres du Cabinet Impérial sont disposés à faire bon accueil à des ouvertures là dessus. Il faudrait toutefois

que vos propositions fussent acceptables. Le rachat par l'argent serait infailliblement repoussé, mais si vous faites des proposi:tions mi-territor,iales, mi politiques on les écouterait pour sur. J'ai cru à propos lui faire expliquer plus clairement cette phrase mais il n'a fait que la répéter. Je lui ai fait observer que lors du passage de Visconti Venosta à Vienne l'occasion favorable s'était présentée, mais que les journaux de Vienne avaient rapporté avec vanterie que ce diplomate n'avait été reçu par personne hormis les Ambassadeurs de France et d'Angleterre. C'est qu'il n'a pas cherché, répondit Edelsheim, à voir d'autres; d'ailleurs c'était un Milanais et l'Empereur n'aurait voulu traiter avec lui. Mais, dis-je, Arese père a aussi été à Vienne d'après les journaux. Non, me dit-il, avec un ton de regret, il n'y est pas allé, j'en suis sur, non pas d'après les gazettes mais d'après ma correspondance.

Ce discours du Ministre Grand Ducal connu comme grand partisan et ami de l'Autriche mérite l'attention de V. E.

(l) Al r. p. 7.

648

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 120. Londra, 23 maggio 1866.

Lord Clarendon che vidi jeri mi parlò del punto delle proposte francesi relativo alla guarentigia del Governo Papale in termini da indicare che il Governo Inglese voleva aver nulla da far con questi impegni. Confermò all'incirca quanto io avea scritto nel mio dispaccio di jeri con questa differenza che pareva dir «Se voi altri p;_ù tardi essendo colla Francia e l'Austria, potenze cattoliche e potenze interessate, credete convenga alle vostre viste prender simili impegni, fate a modo vostro. Ma noi, sia come non cattolici, sia perché simili patti ci ripugnerebbero non ne vogliamo sapere •.

Del resto non credetti avanzarmi troppo affermando che non credevo che qualunque Ministero potesse prender su di sè in Italia di promettere di farsi lo sbirro dei Romani nè imporre loro un governo che non volessero. E inoltre facessimo quanto vorremmo, e credendo anche far per il meglio, ma tosto o tardi come avvenne pel risorgimento d'Italia, gli avvenimenti correggerebbero quanto avean fatto le previsioni umane.

Del resto egli Lord Clarendon parve persuaso che se seguitavamo a esser prudenti, la quistione romana si svolgerebbe, diss'egli, anche prima di quel che vi ci saressimo aspettati.

Egli non mi parlò punto della quistione di guerra nè d'intervento francese nè di funesti presagj. Disse qualche parola quasi ammirativa sullo slancio nazionale e l'abnegazione a sopportar sagrifizii. Ma contrastò questo con quanto si passava in Prussia ove si scorge ogni giorno più l'impopolarità che colà

regna per la guerra. Lord Clarendon mi diede un sunto in questo senso di quanto gli si scriveva.

Gli parlai poi del Principe di Hohenzollern e chiesi se avesse già determinato qualche misura. Mi disse che appena allora avea ricevuto informazione dell'accaduto. Esser questo un nuovo tratto di slealtà di Bismarck desideroso di mettere una spina di più nel fianco dell'Austria, con insurrezione anche da quel lato.

Lasciò scappar che riconoscevasi anche il dito della Francia. Gli dissi che nello stato di confusione attuale la fortuna era di chi sapeva prendersela e che a vece del Principe Iìe avrei fatto altrettanto, come pure se la Russia avesse occupati i Principati, erasi troppo impegnati in occidente per combinare un'azione comune per andarnela a sloggiare. E mi rispose che probabilmente da quanto era stato informato la Turchia stava per occupare i Principati. Del resto lodò l'energia dimostrata nelle circostanze attuali dall'Austria e si mostrò dolente che non potesse conchiudersi il progetto di cessione della Venezia per disimpegnare l'Italia e la Francia. Continua poi in tutte le classi l'odio contro la Prussia.

649

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A BUCAREST, TECCIO DI BAYO,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LV 9, pp. 356-358)

R. 34. Bucarest, 23 maggio 1866 (per. Ìl 29).

Il Principe di Hohenzollern giunto il 20 corrente, in stretto incognito, a Turn Severin col Vapore della Compagnia Austriaca-Danubiana, non si fece conoscere, se non quando, posto il piede sul suolo rumeno, venne salutato col grido di evviva Carlo I dal Signor Bratiano, che lo aveva accompagnato da Dusseldorf.

Jeri verso le tre pomeridiane egli giungeva in questa capitale, e vi fece il suo solenne ingresso preceduto e seguito da distaccamenti dei diversi corpi di cavalleria qui stanziati, mentre altre truppe della guarnigione stavano schierate nei siti stati ad esse destinati. Il Principe era in abito borghese, in carrozza scoperta, in compagnia di un suo ajutante, e dei Signori generale Golesco e Ion Ghica, i quali si erano portati ad incontrarlo a Pitesti, e si recò direttamente alla Metropolitana.

Dopo aver ivi assistito alla funzione religiosa, solita delle circostanze, passò all'attigua camera dei deputati, dove prestò giuramento, e lesse quindi un discorso *con tuono enfatico e declamatorio* (1), col quale dichiarò che mettendo il piede sul suolo della Romania era pur divenuto rumeno d'animo

e di cuore, e che nell'istesso modo che esso poteva fare assegnamento sulla nazione, questa poteva avere piena fiducia in lui che l'unico suo scopo sarebbe stato la felicità della Romania.

Col medesimo corteggio il Principe si recò quindi al suo palazzo, dal quale assisté allo sfilare delle truppe.

Durante il lungo tragitto che egli ebbe a percorrere sia nell'andata, come nel ritorno, il Principè fu oggetto di una clamorosa e continua ovazione, per parte dell'immenso popolo che si era affollato, e che non si stancava d'acclamarlo, * gettando fiori dalle vie e dalle finestre.

A parte di questa schietta manifestazione, il rimanente non corrispose all'importanza di tanto avvenimento. Le misure prese dal Governo e dal Municipio per festeggiare l'arrivo del Principe eletto furono insufficienti, meschini gli addobbi e gli apparati per riceverlo, e povera egualmente riuscì l'illuminazione, che ebbe luogo jeri sera, con scarso concorso, e senz'altra dimostrazione di gioja popolare.

Sarebbe temerario il portare giudizio sin d'ora sulla impressione prodotta nell'animo della popolazione dagli avvenimenti di jeri; non si è però lontani dal vero nel giudicarla di poca fiducia nella stabilità del fatto che viene da compiersi, e le voci persistenti di prossime intervenzioni straniere nei Principati, non possono che giustificarla.•

Nissuno degli Agenti e Consoli Esteri prese parte ufficiale alla suddetta solennità quantunque avessimo ricevuto l'invito di assistervi, con nota del Ministero degi Affari Esteri, di cui copia trovasi qui unita (1).

Oltre a tale comunicazione, il Signor Demetrio Stourdza, Ministro dei Lavori Pubblici, coll'interim provvisorio di quello degli Esteri, per la momentanea assenza del Signor Ion Ghica, era venuto da me nel giorno precedente per annunziarmi l'arrivo del Principe a Turn Severin ed il suo ingresso nella Capitale. fissato per l'indomani, senza però farmi menomo cenno di invito a questo riguardo.

Mi espresse soltanto la fiducia che R. Governo avrebbe accolto con quella deferenza, che ha sempre mostrato verso la Romania, l'atto importante che stava per compiersi, siccome il solo che può assicurare il prospero avvenire della nazione, e che la Conferenza non vorrà contrastarlo, tenendo a conto la persistenza unanime di un popolo, edotto dalla esperienza del passato, che vuoi fondare sopra più stabiLi basi le sorti del paese (2).

Ho sempre risposto al Principe con quella riserva che mi era dalle circostanze comandata, non nascondendogli però il desiderio di veder realizzati i suoi voti, e rammentando i vincoli simpatici e di comunanza d'origine, che uniscono le due nazioni.

(l) Le parole fra asterischi sono omesse in L V 9.

(l) -Non si pubblica. (2) -Si pubblica in nota un brano del r. 37 di Teccio di Bayo del 2 giugno: • Ieri mi recai a far visita, in forma tutt'affatto privata, al Principe di Hohenzollern, il qualemi ricevette con molta affabilità e gentilezza. Cominciò col dirmi che sperava .quanto prima di potermi ricevere in modo ufficiale, ma che intanto era lieto di esprimere i sentimenti di simpatia che portava all'Italia ed al suo Governo. Mi aggiunse che aveva spedito una lettera a S. M. il Re nostro Augusto Sovrano, incaricandone per la presentazione, il Conte Pepoli, suo parente, onde annunziargli la sua assunzione al trono della Romania, e che si lusingava verrebbero tra non molto, tolti gli ostacoli che si frappongono al suo riconoscimento. Mi parlò quindi delle sue sincere intenzioni di rivolgere le sue cure al ben essere materiale e morale del paese, e si espresse in modo tale còme se avesse la ferma convinzione di star saldo e sicuro nella sua nuova posizione.
650

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, p. 249 e in Govone, p. 514)

T. Berlino, 24 maggio 1866, ore 11.

Je prie V. E. instamment d'envoyer ici sans retard un commissaire militaire, car j'ai lieu de croire que la Prusse fera éclater la guerre au commencement de juin soit à propos de la brigade autrichienne du Holstein qui doit se retirer sur Francfort; soit en envoyant une sommation à la Saxe, ou au Hanovre, ou de toute autre manière.

Driquet serait désormais très-utile en Italie, et je le ferai partir.

* Je demanderai moi-mème audience de congé au Roi, car il doit quitter Berlin pour visiter ses troupes concentrées. Je prie V. E. de répondre * (1).

651

IL PRESIDENTE DEI. CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 16. Firenze, 24 maggio 1866, ore 20,15.

Demain ou après demain directeur dette publique Mancardi partira pour Paris pour partage dette pontificale (2).

Ero appena ritornato alla mia abitazione, che il Principe mi faceva restituire la visita dal Barone di Werner e dal Barone di Mayenfisch, venuti con esso da Dusseldorf, e che ha l'intenzione di qui ritenere.

I soli tra gli Agenti che non furono finora a visitare Il Principe sono quelli di Russia e di Inghilterra.

Poco dopo venne da me il Signor Maurojeni, Ministro degli Affari Esteri, per notificarmi che domani parte per Costantinopoli il Principe Jon Ghica, ultimamente Presidente del Consiglio, e suo predecessore al Ministero, con missione di adoperarsi ad appianare le difficoltà sollevate dal Governo Ottomano, al punto a cui è ridotta la questione dei Principati. Egli mi espresse la fiducia che nessuno meglio di lui sia in grado di riuscire nell'intento, per la conoscenza degli uomini e delle cose, contratta nelle sue frequentidimore in quella città, e per le relazioni amichevoli da esso continuamente tenute con Fuad P a scià ed Aali Pascià •.

(l) -II brano fra asterischi è omesso in LA MARMORA. (2) -L'invio di un incaricato a trattare questa questione era stato sollecitato da Nigra con t. 323 del 17 maggio.
652

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

ANNESSO CIFRATO. (l) Pietroburgo, 24 maggio 1866.

Dans la note identiQue des Puissances médiatrices pour convocation conférence à Paris Prince Gortchacow a fait substituer aux mots c cession ou question de la Vénétie • ceux • différend italien •. Je me réfère à ma dépeche confidentielle d'hier (2). J'ai dit ce matin au Prince Gortchacow que, n'étant pas en désaccord vis-à-vis de nous-memes, ces derniers mots ne pourraient s'appliquer qu'à nos relations avec l'Autriche. Je regrettais néanmoins que selon la suggestion faite par moi au Secrétaire Général on n'eiìt pas adoptée une meilleure rédaction. S. E. m'a répondu qu'elle n'aurait eu aucune difficulté à écrire c différend austro-italien • si elle avait connu le désir que j'avais exprimé en son absence au Secrétaire , Q-énéral, mais la dépeche approuvée par l'Empereur était signée et allait etre expédiée à la poste. Qu'au reste ce n'était là qu'une affaire de mots. On lisait suffisamment entre les lignes la question Venitienne.

653

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 249-250)

L. P. Parigi, 24 maggio 1866.

*Le mando qui unito, coll'occasione del Generale Angelini, un rapporto che Govone m'ha fatto rimettere per Lei. Le mando pure un altro rapporto del R. Console Generale in Serbia * (3).

La nostra situazione diplomatica è buona. Si abbia pace o guerra, ormai la causa della Venezia è vinta nella coscienza pubblica. Se la si può ottenere pacificamente e onorevolmente in seno al Congresso o per negoziati particolari, una tale soluzione sarà spero accettata in Italia con soddisfazione. Se i tentativi pacifici naufragheranno com'è più probabile, si tenterà la sorte delle armi e Dio ci ajuti.

*Io ho spinto qui per un'alleanza triplice fra l'Italia, la Prussia e Francia. L'Imperatore non sarebbe alieno dall'entrare in questa combinazione ove la Prussia gli promettesse in compenso dell'ajuto francese, il territorio compreso

fra la Mosella e il Reno, esclusa Coblenza. Tale almeno è la mia convinzione. Ma la Prussia pare decisa a non domandare un'alleanza francese che in caso di una prima sconfitta. Adunque questa combinazione, che ai miei occhi è la migliore, perché la più sicura, dovrà rinviarsi a tempo più favorevole *. Del resto anche all'Imperatore ripugna l'annettere provincie tedesche alla Francia e il creare una Venezia renana. Però la ripugnanza non sarebbe invincibile. D'altra parte egli dice che la Francia non vuole che si faccia una guerra gratuita per lei.

L'Imperatore s'è perciò rivolto con più ardore all'idea del Congresso. Egli mi disse che credeva che l'Austria spaventata dall'idea d'esser sola a rifiutare forse si deciderebbe ad accettare. L'invito parte stasera da Parigi. La formula primitiva fu modificata in seguito alle osservazioni della Russia, la quale per rendere più possibile l'accettazione dell'Austria * ottenne che invece di nominare la questione della Venezia si nomini in termine più generico le difjérend italien. * Il Signor Drouyn de Lhuys mi disse però che è ben inteso fra le tre potenze neutrali che si tratta della cessione della Venezia. A noi conviene assolutamente il non far difficoltà per l'accettazione del Congresso, dal momento che la questione nostra vi è trattata, il che implica necessariamente l'esame della sola soluzione possibile, quella della cessione.

Termino questa lettera come l'ho cominciata, constatando che la' nostra situazione diplomatica è eccellente. Non bisogna guastarla. Perciò è necessario: accettare il Congresso (stando in arme); rimaner assolutamente padroni della nostra azione non !asciandoci trascinare dai volontari o dai clamori di piazza e di tribuna, e a questo riguardo ho la più grande fede nella di Lei energia e prudenza; infine non pigliar l'iniziativa delle ostilità, e !asciarla pigliare alla Prussia o all'Austria.

(l) -Al r. 114. (2) -R. confidenziale 99, non pubblicato. (3) -I brani fra asterischi sono omessi in LA MARMORA.
654

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 344. Parigi, 25 maggio 1866, ore 16,30 (per·. ore 19.,05).

Dans la séance d'aujourd'hui la conférence a pris les résolutions suivantes que je prie V. E. de porter à la connaissance du consul du Roi à Bukarest. La conférence a donné acte de la protestation de M. le plénipotentiaire de Turquie contre la prise de possession du Gouvernement à Bukarest par le prince Charles de Hohenzollern.

Reconnaissant l'illégalité de cet acte la conférence a décidé que les agents résidents à Bukarest s'abstiendront de toute démarche impliquant la reconnaissance du prince d'Hohenzollern. En conséquence les relations de ces agents avec l'administration ne pourront avoir qu'un caractère purement officieux (1).

(l) La Marmora informò Teccio di Bayo del contenuto di questo telegramma con t. 23, pari data, ore 21,30.

655

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 251)

T. Parigi, 25 maggio 1866, ore 17,05 (per. ore 19,40).

Les trois puissances médiatrices font tous leurs efforts pour la réunion du congrès. On voudrait pouvoir réunir à Paris les premiers ministres afin d'augmenter les chances d'une entente.

656

IL CAPO GABINETTO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, BLANC, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA (AVV) (l)

L. P. [Firenze], 25 maggio 1866.

Le sembrerà impossibile, ma le assicuro che nella corrispondenza di Londra non v'è nulla che possa esserle trasmesso. Il Marchese d'Azeglio non vede nulla di notevole nelle disposizioni di quel Governo riguardo all'Odente. Indifferenza ed inazione in pratica, rimostranze e manifestazioni verbali di rincrescimento per ogni difficoltà che sorge, ecco tutta la politica Inglese sotto lord Clarendon e lord Russell.

A Parigi, non si disse finora una parola sola che accenni a disegni o propositi definiti circa la questione dei principati. Sembra quasi che la sia come un appoint un elemento di combinazioni lasciato intatto per future eventualità. Evidentemente la Francia non vede con dispiacere l'insediazione del Hohenzollern; ma nello stesso tempo non volle che quel fatto costituisse come un trionfo suo contro la politica Russa, e perciò probabilmente aderi alle proposte teoriche della Russia nell'ultima Conferenza di Parigi. Ora dinanzi al fatto compiuto la Russia accenna al desiderio di rompere le conferenze di Parigi; vedremo cosa succederà nella seduta della conferenza d'oggi stesso. In ogni caso, se mi fosse lecito, in mancanza d'ogni indicazione, di esprimere un parere personale, direi che forse non si vedrà con dispiacere a Parigi e a Berlino che la Russia, approfittando di certe tendenze separatiste manifestatesi in Moldavia colga l'occasione del primo conflitto che scoppierà in Europa per compensarsi con parte di quella provincia del grief di cui vuoi prendere atto oggi, protestando contro l'insediamento del Hohenzollern, ciò potrebbe essere un adden

tellato all'indennizzazione dell'Austria nella Bosnia od altrove per la cessione del Veneto.

La gran quistione che occupa la diplomazia è questa: proponendo il Congresso, e facendolo accettare dalla Russia e dall'Inghilterra, l'imperatore Napoleone intese egli di procurare veramente una soluzione pacifica? ovvero non cerca che di guadagnar tempo per qualche combinazione segreta, e di sciogliere intieramente la responsabilità della Francia dai conflitti che possono scoppiare, desiderando in fondo la guerra? Gli avvenimenti soli risponderanno. Fin d'ora, però, qualunque siano le intenzioni dell'imperatore, la proposta di una Conferenza per deliberare sui Ducati, sulla riforma federale e sul Veneto non è presa molto sul serio, né sembra provare altro se non l'impotenza in cui è l'Europa di riavere la tranquillità finchè non sia sciolta la questione del Veneto. L'Austria si mantiene in un assoluto silenzio: accenna a pieghevolezza verso la Francia riguardo al Veneto nelle relazioni confidenziali e riservate, ma nulla permette di credere che possa cedere prima d'aver perduto o forse guadagnato qualche battaglia contro l'Italia. La questione veramente grave, e che durerà un pezzo, assai più anzi della questione v,eneta, è la questione Germanica. Ogni componimento su quel terreno è presentemente impossibile per l'Austria e la Prussia. Questa forse perchè teme che perdendo tempo fugga l'occasione offerta dall'Italia, e venga sciolta la questione Veneta, la Prussia, dico, sembra voler precipitare le cose, e cogliere qualche pretesto per far scoppiare la guerra verso la seconda settimana di Giugno. La guerra allora non si limiterebbe evidentemente alla Germania.

Tutto è incertezza e dubbio in Europa; solo in Italia si ha fede in una prossima soluzione bellicosa o pacifica, della questione Veneta; e non vi è tamburino nell'esercito che non parli d'andare a Vienna.

Finora non si tratta di modificazioni Ministeriali.

P. S. -Cosa sarà della Turchia d'Europa di tutte quelle popolazioni più

o meno soggette alla potenza alto sovrana quando la guerra scoppii fra l'Austria e l'Italia? Su quel punto importan~e non si sa altro se non che v'hanno Delazioni tra esse ed il nostro partito d'azione, e che queste popolazioni fondano speranze più o meno precise su quella eventualità.

(l) La minuta è in Carte Blanc.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 252-253)

T. Parigi, 26 maggio 1866, ore 14,10 (per. ore 16,30).

Lorsque j'ai demandé à M. Drouyn de Lhuys si la lettre d'invitation au congrès fait mention de la question romaine iÌ m'a répondu négativement. Toutefois je ne m'étonne pas qu'il en ait parlé. Il est possible que l'Autriche tache de la mettre sur le tapis. Pour ma part j'ai déclaré à Drouyn de Lhuys aue nous ne pourrions prendre aucun engagement avec l'Autriche sur cette question que nous considérons camme arrangée par la convention de septembre, et j'ai ajouté que pour arriver à un résultat il ne faut pas compliquer les questions pendantes avec question romaine.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA

T. 25. Firenze, .26 maggio 1866, ore 17,30.

Rustem bey est venu hier me dire que Turquie serait obligée d'intervenir: dans Principautés (1). Je lui ai répondu que la Porte consulterait probablement mieux ses intérets avant de prendre cette décision.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 16. Berlino, .26 maggio 1866.

Par mon télégramme de ce matìn (2), je me suìs empressé de faire connaitre à V. E. que, à la suite d'un Conseil de guerre tenu hier sous la présidence du Roi, les armements prussiens viennent d'entrer dans leur dernière phase,

douteux que, si on les laisse opérer, les troupes Turques auront facilement raison des popu

lations Moldo-Valaques qui n'ont que l'insurrection à leur opposer. D'après ce que les Chefs de la Députation qui est allée à Diisseldorf offrir la Couronne au Prince Charles ont dit lors de leur séjour dans cette ville, c'est mème là une sanglante éventualité à laquelleils s'attendent. Mais ils ont la conviction que lorsque le sang Chrétien aura coulé par le fait de la cruelle répression des Tures, il s'élévera en Europe un tel cri de réprobation, que leur martyre sera le commencement du retour à leur indépendance.

Le Ministre de Turquie est dans un état d'extrème irritation contre le Cabinet de Berlin. Ce dernier lui avait donné l'assurance que le Prince n'obtiendrait jamais ni du Roi ni du Gouvernement l'autorisation dont il avait besoin pour accepter la Couronne Roumaine. En réalité il ne l'a pas obtenue, mais le fait contre lequel protestait à l'avance le Ministre Ottoman ne s'en est pas moins accompli, et il prétend qu'il a été joué par le Gouvernement Prussien qui. effectivement, comme j'ai eu l'honneur d'en informer V. E., était tout au moins dans la confidence des projets du Prince de Hohenzollern. L'on dit mème que le Comte de Bismarck, à la veille d'une lutte de la Prusse avec l'Autriche, n'aurait pas été fàché de lui jeter ce nouvel embarras sur les bras, et cette supposition a toutes les apparences de la vérité.

Une autre supposition qui pourrait bien aussi ne pas ètre dénuée de fondement, c'est que la Russie n'imitàt prochainement l'exemple de la Turquie en envahissant à son tour les Principautés. L'Envoyé de Russie interrogé hier sur cette éventualité ne s'en est défendu que très mollement et en termes tellement évasifs que son langage peut donner lieu à toutes les interprétations •.

et Que l'on peut regarder le commencement de la lutte comme étant désormais imminent. L'équipement de campagne du Roi part de ce soir pour Goerlitz où se trouvera toute la Garde, et il est très probable que Sa Majesté n'attend que l'insuccès constaté du Congrès pour se rendre à l'armée.

Ainsi que j'ai eu l'honneur de le mander également par le meme télégramme à V. E., le Président du Conseil regarde l'oeuvre du Congrès comme radicalement impuissante, en supposant meme que les intentions pacifiques de certaines Puissances soient réellement sincères. Les premières Conférences démontreront immédiatement qu'H est impossible de s'entendre, et que le sort des armes peut seui trancher des questions absolument insolubles par la diplomatie.

Le Congrès aura toutefois cet immense avantage qu'en constatant solennellement et à la face de l'Europe l'inutilité des efforts réunis pour arriver à la paix, il accordera une espèce d'autorisation morale aux futurs belligérants de ne plus écouter que leurs propres convenances pour commencer la guerre, en les relevant tous trois de leurs déclarations pacifiques antérieures. Sous ce rapport l'insuccès du Congrès a une très grande importance puisqu'il viendra rendre à chacun sa pleine et entière liberté d'action.

La question de guerre une fois posée sur ce terrain et délivrée de toutes les considérations politiques qui jusqu'ici en avaient retardé l'explosion, n'est donc plus qu'une affaire de convenances stratégiques; et soit que l'Autriche pense qu'elle a plus de chances en prenant l'initiative de l'attaque, soit que la Prusse fasse le meme raisonnement, l'on croit etre siìr ici que c'est du 10 au 15 du mois prochain que s'ouvriront les premières hostilités. L'opinion générale également est que la grande masse de troupes concentrées de part et d'autre sur la frontière Saxonne amènera immédiatement une de ces rencontres formidables dont le résultat sera décisif.

Je n'ose pas naturellement dans une affaire d'une aussi haute importance exprimer une opinion, mais les dates citées plus haut semblent indiquer que c'est aussi à cette époque que l'Italie doit ètre prete à faire l'effort supreme qui doit enfin arracher Veni.se à l'Autriche.

(l) Cfr. quanto scriveva Barral nel r. 54 dello stesso 26 maggio: «Il n'est pas

(2) Cfr. LA MARMORA, p. 254.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 28. Firenze, 27 maggio 1866, ore 22.

Tachez de me dire, sans pourtant le demander quelle sera la réponse de la Prusse à la proposition du congrès.

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IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 349. Costantinopoli, 27 maggio 1866, ore 16,05 (per. ore 0,40 del 28).

Le Gouvernement ottoman a adressé à toutes les puissances garantes la dépeche télégraphique circulaire dont Rustem bey a donné communication à

V. E. Veuillez me dire sl on a l'intention de réunir la conférence pour délibérer sur la communication faite par la Porte, ou si meme en dehors de la conférence les Gouvernements qui désapprouvent l'intervention vont établir une entente dans le but de faire parvenir une réponse par l'entremise de leurs ministres à Constantinople. Mon langage a été jusqu'ici conforme à celui tenu par V. E. Je pourrai peut-etre déployer une action plus efficace, mais je garde beaucoup de réserve à cause de l'importance actuelle de nos rapports avec la Russie, et je me borne à sauvegarder dans mon langage les principes généraux de notre politique. Je désire avoir à ce sujet les instructions de V. E.

J'ai reçu hier l'expédition du onze (1).

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL GENERALE GOVONE

D.P.S.N. Firenze, 27 maggio 1866.

Il Conte Enrico Avet, Colonnello nello Stato Maggiore Generale del R. Esercito, che Le rimetterà questa mia lettera è dal Governo del Re inviato in missione militare in Prussia.

Nel caso in cui la guerra scoppi tra la Prussia e l'Austria, egli assumerà il carattere di Commissario italiano presso l'Armata Prussiana (2).

La prego Signor Generale di voler adoprarsi per agevolare i primi rapporti del Colonnello Avet colle Autorità militari prussiane, colle quali Ella ebbe occasione di trovarsi in contatto.

Ella potrà quindi lasciare Berlino, per rientrare nel Regno.

Mi riservo di esternarLe la mia soddisfazione per il modo distinto con

cui Ella ha adempiuto agli incarichi statile commessi dal Governo del Re (3).

(l) -Cfr. n. 594. (2) -Con t. 56 del 7 giugno Barrai venne invitato a presentare Avet in qualità di addetto militare. (3) -In pari data venne spedito un dispaccio a Barrai con l'invito a presentare Avet a Bismarck e a richiedere per lui un'udienza dal Re di Prussia.
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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE l 7. Berlino, 27 maggio 1866.

Au moment où une dernière lutte va infailliblement fixer les destinées de l'Italie, je crois devoir appeler l'attention de V. E. sur un point extremement important de la situation relativement à la coopération que la Prusse attend de nos armes.

Depuis quelques jours déjà le bruit s'est vaguement répandu que l'Italie serait la première à attaquer l'Autriche en lançant ses bataillons de Volontaires sur le territoire Vénitien. Ces rumeurs, qui d'abord n'avaient pas d'autre portée Q.ue celle de simples appréciations personnelles, ont acquis aujourd'hui assez de consistance pour que des Membres du Corps diplomatique, des Officiers supérieurs, et meme des Aide-de-camp du Roi, d'après ce que je sais de bonne part, présentent cette éventualité comme ayant de grandes chances de probabilité.

Il ne m'appartient certainement pas de discuter sur l'opportunité d'une attaque de l'!talie contre l'Autriche. Dans sa sagesse, le Gouvernement du Roi saura mieux que personne choisir le moment le plus favorable; cependant, en partant de la certitude que, désormais, soit par la paix soit par la guerre, Venise nous est infailliblement acquise, il me semble qu'il est de mon devoir d'exprimer l'opinion qu'une initiative de notre part dans des circonstances aussi délicates, pourrait peut-etre se tourner contre nous, sinon en compromettant l'issue de la qwestion, du moins en contribuant à la résoudre dans des conditions beaucoup moins favorables à nos intérets.

Ainsi que j'ai eu l'occasion d'en écrire plusieurs fois à V.E., notre ròle est d'attendre, et nous avons tout à gagner à ne commencer nos opérations militaires qu'après l'initiative d'une attaque prise entr'elles par l'une des deux Grandes Puissances Allemandes.

Cette conviction que je me permets de soumettre à l'appréciation de V. E., l'ambassadeur de France, frappé comme moi des bruits mis 'en circulation dans ces derniers jours, me l'a exprimée aujourd'hui meme en termes tellement nets et précis qu'ils ne me laissent aucun doute sur la pensée de son Gouvernement à cet égard: • Quelques vives que soient les impatiences en Italie, m'a-t-il dit, et quelques pressantes que pourraient etre les excitations venant d'ici, ne vous laissez pas entraìner, sous aucun prétexte, à commencer les hostilités: ce serait une faute. De quelque manière que les choses tournent, Venise ne peut plus vous échapper; vous n'avez plus longtemps à attendre; sachez etre patients » (1).

la Prusse •·

L'autorité de la parole de M. Benedetti, aussi bien que l'attachement sincère qu'il porte à l'Italie, mé paraissent etre un double garant de la justesse de ses appréciations.

(l) Cfr. quanto comunicò Barrai con r. 56 del 4 giugno: « Il faut bien toutefois l'ajouter, il s'est produit depuis quelque temps un apaisement remarquable dans le Iangage des partisans de l'Autriche au sujet de Venise: il semble que sans vouloir la céder sans compensat.ion, l'Autriche en a cependant fait son deui! dans un prochain avenir, et que la plus grande partie de son ancienne haine contre l'Italie s'est reportée aujourd'hui contre

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IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 27 maggio 1866.

Je crois que M. de Bismarck désire agir secrètement sur les Grenzer par l'intermédiaire de M. Orescovitch et peut etre du Gouvernement Serbe.

Orescovitch a proposé au Gouvernement Prussien par l'entremise de son Agent Consulaire de soulever les Grenzer qui sont restés dans la frontière m1Litaire, faciliter le chemin en Croatie et en Hongrie à un Corps de volontairés italiens et slaves qui débarqueraient en Dalmatie et faire déserter les Grenzer déjà partis. L'exécution de ce plan demande 200 ou 300 mille thalers prussiens (800 mille ou un million 200 mille francs). Si M. de Bismarck veut fournir cette somme sous toutes les garanties possibles Orescovitch qui a dit etre d'accord avec M. Garachanine se charge de l'exécution de ce plan. L'Agent Consulaire prussien en a référé il y a quelques jours à son Gouvernement. Cela était aussi mon plan, mais ce plan n'a pas été agréé par V. E. à cause qu'il troublerait la tranquillité des provinces Turques de la frontière Croate et Slavonne. Ceci est en effet le mauvais còté de ce plan. Mais il est c,lair que le parti Strossmayer représenté par Orescovitch en veut bien plus à la Turquie qu'à l'Autriche. Cependant il passerait peut-etre sur le corps de l'Autriche pour arriver à conquérir (et dans cette oeuvre il serait aidé par la Serbie toute entière) la Bosnie, l'Herzégovine, la Dalmatie et avec la principauté Serbe constituer le Royaume Jugo-Slave, dont j'ai déjà entretenu V. E.

Si le Gouvernement Français voulait il pourrait dans ce moment réacquérir au détriment de la Russie toute l'influence qu'il a perdue depuis 3 ans et demi, car la politique russe est maintenant en désaccord avec la politique Serbe particulièrement dans les Principautés Unies.

Dans un long entretien que le Consul Général de France a eu hier avec

M. Garachanine celui-ci répondant à cette demande un peu nai:ve • Que pourrait faire la France pour etre influente en Serbie et dans les autres provinces Slaves de la Turquie? • lui a dit: • Ne laissez pas que la Russie soit la seule à Constantinople à nous protéger, que l'Ambassadeur de France soit en première ligne à défendre les Slaves, et la France sera influente •. Moi, j'en suis sO.r, la France sera bien plus influente que la Russie seulement qu'elle veuille accorder à la Serbie une partie de la bienveillance et de l'énergique protection qu'elle accorde aux Principautés Unies.

Garachanine lui a dit encore: • Dans les Principautés Unies vous avez dévancé la Russie; tout ce qu'ont les Principautés: l'union, le Prince étranger etc. est l'oeuvre de la France. L'infl.uence de la France a chassé des Principautés l'influence russe et s'y est enracinée. Que la France ne se laisse pas dévancer par la Russie dans les provinces Slaves et son infl.uence y sera aussi puissante et aussi solide •.

Mais je ne crois pas, pour les raisons que j'ai exposées à V. E. dans mon rapport politique d'aujourd'hui, que le Consul Français soit disposé à démontrer à son Gouvernement toute l'utilité qu'il y aurait pour la France de profiter de la situation pour supplanter la Russie dans les provinces slaves, et meme s'il était disposé à le faire, je ne sais pas si le Gouvernement français profiterait de la situation à cause peut-etre qu'il croit la Serbie et les autres provinces Slaves trop russes; mais dans ce cas je crois qu'il serait en erreur.

Si je dois en juger par une lettre particulière de l'Ambassadeur de Russie à Vienne et par les propos du Consul Russe à Belgrade, il est évident que la Russie a une grande méfiance à l'égard de l'Empereur des Français, et je crois qu'elle ne serait pas fàchée de prendre contre la France sa révanche de Crimée.

Le Gouvernement Russe d'après le langage de son Consul serait très irrité de l'arrivée inopinée du Prince Hohenzollern à Bukarest.

Les autorités turques d'ici s'en montrent étonnées.

Le bruit s'est répandu que l'Autriche veut faire marcher le 5ème baiiiTilon de tous le 14 Régiments des frontières militaires. (Sans compter les Zecler en Transylvanie). Il ne resterait alors aux frontières que des enfants au dessous de 16 ans et des vieux au dessus de 50 ans.

La guerre contre la Prusse est très populaire en Autriche, en Hongrie et partout. Si nous avions du faire la guerre seuls il ne nous aurait suffi 4 mois de travail assidu auprès des Grenzer, des Bohèmes, des Hongrois, des Galliciens et quelque manifeste à ces nationalités pour les avoir avec nous, il est naturel qu'il nous aurait fallu beaucoup de temps pour organiser ce mouvement. Mais nous aurions pu mettre le feux aux quatre coins de l'Empire autrichien et le vaincre. Dans ce cas nous aurions eu la Vénétie, mais notre infl.uence auprès de toutes les nationalités, meme de celles qui sont en Orient, aurait été plus grande que l'influence de la France.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA

T. 29. Firenze, 28 maggio 1866, ore 13,15.

Jusqu'ici on n'a pas proposé de réunir conférence à cause de l'intention manifestée par Porte d'occuper militairement Principautés. Les plénipotentiaires de France, Angleterre, Prusse, Russie à Paris exprimaient ces jours derniers opinion que résolution si grave de Turquie obtiendrait difficilement consentement de leurs Gouvernements; ceux-ci ne semblent pas s'etre encore préoccupés de cette éventualité. Je vous ferai connaitre aussitòt les dispositions qu'ils pourront manifester à cet égard. En attendant j'approuve entièrement votre attitude. Notre intéret jusqu'à nouvel ordre est de nous borner à sauvegarder les principes et de garder une certaine liberté. Retard inexplicable des expéditions du 11 et du 18 très régulièrement faites sera l'objet d'une enquete.

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IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AI MINISTRI A BERLINO, DE BARRAL, A LONDRA, D'AZEGLIO, E

A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 30. Firenze, 28 maggio 1866, ore 14,30.

La Porte vient de déclarer aux puissances garantes et entre autres à l'Italie d'avoir l'intention d'occuper militairement Principautés (1). (Pour Londres et Pétersbourg) Veuillez m'informer de la manière de voir du Gouvernement russe-anglais à cet égard. (Pour Pétersbourg). Ministre de Russie à Paris croi:t que son Gouver1.. nement consentira difficilement. (Pour Berlin) Reçu lettre Govone du 24. J'avais reçu régulièrement celles du 3, 17, 22 et 23. Avet part demain pour Berlin.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 256)

T. Parigi, 28 maggio 1866, ore 16 (per. ore 19.30).

Colonel Driquet part aujourd'hui pour Florence avec dépèches de Berlin et de Paris. Probablement je verrai empereur ce soir. Je voudrais pouvoir' lui donner assurance que vous acceptez congrès et empècherez tout acte d'hostmté pendant les conférences. Je vous prie de télégraphier si je puis donner ces assurances · à l'Empereur.

(l) Questo primo capoverso fu inviato anche a Nigra con t. 31, pari data.

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IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, pp. 254-255)

T. 353. Francoforte, 28 maggio 1866, ore 17 (per. ore 20).

Les représentants des cours de France Angleterre et Russie viennent de remettre simultanément note identique pour réunion congrès. Comte Bismarck leur a fait pressentir acceptation en ajoutant qu'après demain il leur donnera lecture de la réponse qui serait transmise par agents prussiens aux Gouvernements respectifs. * Ce pourrait ètre Pfordten qui sera plénipotentiare de la Confédération Germanique * (1). Par suite du temps d'arrét occasionné par congrès départ de la garde a été ajourné.

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IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi NigTa, pp. 166-168)

L. P. Parigi, 28 maggio 1866.

Il colonnello Driquet che parte stassera per Firenze le rimetterà questa lettera insieme ai dispacci interessanti di Berlino, dei quali ho preso notizia. Questi dispacci sono importanti sopratutto perché assicurano che oramai le cose in Prussia sono giunte a tal segno che una riconciliazione fra la Prussia e l'Austria è diventata assolutarnente impossibile.

L'Imperatore è stato lungamente incerto fra due combinazioni, cioè, fra la soluzione pacHica del Congresso, e fra un'alleanza colla Prussia e con noi fon,. data sulla cessione di qualche provincia Renana. Ma le aperture fatte alla Prussia in quest'ultimo senso, senza essere assolutamente ed irrevocabilmente negative, non furono accolte finora. Quindi * l'Imperatore si decise pel Congresso. Egli lo desidera ora sinceramente, e ci lavora lealmente e coscienziosamente. Egli si contenterebbe d'una soluzione pacifica, che non gli fa guadagnare nessun territorio, ma che avrebbe per risultato la liberazione della Venezia ed aumenterebbe l'influenza morale della Francia nel mondo.

È per me evidente che se il Congresso si raduna senza che le tre grandi potenze neutrali siansi messe d'accordo non solo per determinare le questioni ma per risolverle, non si conchiuderà nulla. Ed allora il Congresso avrebbe avuto per risultato di disimpegnare le potenze belligeranti dalla specie di pro

messa data da ciascuna di esse che non sarebbe la prima ad attaccare. Per giungere ad un risultato è indispensabile quest'accordo * (l) delle tre potenze intorno alla soluzione. *Io lo predico qui a tutti. E come elemento* principale * di soluzione deve ammettersi la cessione della Venezia. L'Imperatore ammette la necessità della cessione. L'Inghilterra, da quanto mi disse Layard che è qui* da qualche giorno, *pare anche disposta nel medesimo senso. Non so bene le intenzioni della Russia. Spero che la questione romana non sarà introdotta nel Congresso. Se lo fosse, mi pare che l'Italia potrebbe rispondere quanto ha risposto così nettamente alla Spagna *. Ad ogni modo dobbiamo attenderci dall'Austria ad ogni cosa sgradevole. Malgrado ciò, malgrado gl'inconvenienti e i pericoli del Congresso, noi dobbiamo tuttavia accettarlo. Noi camminammo finora di consèrva coll'Imperatore; sappiamo ch'esso desidera la cessione della Venezia; non dobbiamo quindi rifiutare il suo invito. *Aspetteremo con calma sì, ma coll'armi in pugno, il risultato delle conferenze. Dissi con -calma. È diffatti indispensabile che l'Italia superi quest'ultima prova mantenendo un contegno di tranquilla securità, contegno che non esclude se pur non aumenta la fermezza del proponimento, l'irrevocabilità della risoluzione *. L'Imperatore, non devo celarglielo, non vide con piacere l'evocazione di Garibaldi. A me non ne parlò. Ne parlò ad altri che me lo ripeterono. Io dimostrai la necessità dell'armamento dei volontarii (benché nel mio foro interno avrei desiderato che questa misura non fosse presa che all'ultimo momento e quando fosse diventata veramente indispensabile). Ho assicurato l'Imperatore, i ministri e tutti quanti, che il Governo del Re era perfettamente padrone della situazione e che non si sarebbe lasciato soverchiare dal partito d'azione. La mia inquietudine però si porta verso il periodo in cui Ella vorrà venir qua al Congresso. Senza volerle fare un complimento fuor di luogo, mi rammento di quando in quando il motto di Dante: « Se vo, chi resta? Se resto, chi va? •. Ma la sua presenza qui è indispensabile se vengono gli altri ministri degli affari esteri. Converrà adunque ch'Ella pensi seriamente a provvedere perché nella sua assenza, non ci guastino costì le ova nel paniere. È di tutta neces~ità che durante le conferenze i volontarii rimangano tranquilli e disciplinati.

Ho veduto il Signor Layard. È ben disposto per noi. Credo molto importante ch'Ella sappia alcune cose che egli mi ha detto. M'ha domandato se noi ci contenteremmo della Venezia, senza il Tirolo italiano. Risposi che io non potevo dirgli che la mia opinione personale, giacché toccava a Lei il risolvere una questione così grave. Gli dissi quindi che, a mio avviso, noi non potevamo dispensarci dal domandare tutto il versante italiano delle Alpi; che una tale soluzione sarebbe stata la più ragionevole giacché avrebbe scartato ogni pericolo di collisione futura, e avrebbe provato che l'Austria rinunciava definitivamente ad ogni intenzione di tornare in Italia. Soggiunsi però che se ci avessero offerto pacificamente la sola Venezia, cioè il territorio indicato colla ufficiale denominazione di Regno Lombardo Veneto, mi pareva difficile che noi potessimo ricusare. Il Signor Layard mi domandò ancora che cosa avrei pensato della proposta di fare della Venezia uno stato libero, come Amburgo

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per esempio. Dopo aver fatto la medesima riserva, risposi che se la cosa dipendesse da me, non esiterei ad ammettere anche questa soluzione, a condizione però, che il Governo Italiano fosse lasciato libero d'accettare l'annessione quando le popolazioni verrete l'avessero pronunziata, il che sarebbe inevitabile. Il Signor Layard nel parlarmi di questi progetti si mostrò preoccupato sopratutto del modo di rendere all'Austria, almeno nella forma, più facile e meno umiliante il sacrifizio. Io dissi a lui che c'erano due modi per ottenere questo scopo, cioè: la cessione della Venezia, non all'Italia, ma all'Europa, la quale la retrocederebbe all'Italia; e in secondo luogo l'indipendenza della Venezia data alle stesse popolazioni Verrete, le quali si sarebbero pronunziate secondo la loro libera e spontanea volontà. Tutta questa conversazione fu affatto confi.denziale. La impegno a riflettere a queste cose fin d'ora, perché è possibile che esse vengano messe avanti più tardi.

Che se il Congresso venisse a sciogliersi senza risultato, converrà esser pronti alla guerra, e ad una guerra rapida e vigorosa. Noi tenteremo ancora di combinare la triplice alleanza, la quale renderebbe l'esito del tutto sicuro. Ma se la triplice alleanza venisse a mancarci per la insuperabile ripugnanza della Prussia, tenteremo il cimento in due contro uno.

Il grosso affare pel Congresso si è n trovare un compenso territoriale per l'Austria in cambio della Venezia. Io avrei preferito che le ricerche delle potenze si volgessero ad Oriente invece del Settentrione. Ma anche un compenso in territorio tedesco non mi pare affatto impossibile se si cerca bene. Si ha il precedente delle mediatizzazioni. Parmi che potrebbe essere utilmente praticato. E certamente la gravità delle circostanze presenti lo renderebbero pienamente giustificato. Se non che la presenza d'un rappresentante della Confederazione in seno al Congresso, troppo leggermente ammessa, renderà la combinazione difficilissima o impossibile.

Quello che intanto è oramai incontestato si è il mirabile progresso avvenuto nella pubblica opinione rispetto alla questione veneta. Quali che possano essere le tergiversazioni diplomatiche, essa s'impone di per sé. Prima ancora che il Congresso o la guerra l'abbia decisa, essa è già risolta dalla

coscienza del mondo civile.

(l) Il brano fra asterischi è omesso in LA MARMORA. Con t. 352, pari data, Rati Opizzoni dette notizia dell'invito a partecipare al congresso rivolto alla Confederazione Germanica aggiungendo: « Outre l'indication de la question des Duchès et àe la question italienne l'invitation porte qu'on s'occupera de la réforme fédèrale Allemande en tant ou'elle intéresse l'équilibre européen •. ·

(l) I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA. pp. 255-256.

670

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 256-257)

T. Parigi, 29. maggio 1866, ore 12,40 (per. ore 15,25).

L'Empereur a reçu avec satisfation les assurances que je lui ai données en votre nom. Il m'a dit que si le congrès devait avoir un résultat, ce résultat serait la cession de la Vénétie, et que son intention était bien arretée là dessus. Il est très probable mais pas encore certain que les ministres des affaires étrangères des puissances assistent à la conférence.

671

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 33. Firenze, 29. maggio 1866, ore 21,30.

Faites savoir au besoin au Gouvernement français que le retard de l'arrivée de la note russe qui empeche la présentation des notes française et anglaise est seule cause que nous n'ayons pas encore adhéré officiellement à réunion conférence.

672

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 356. Pietroburgo, 29 maggio 1866, ore 16,15 (per. ore 8,40 del 30).

D'après télégramme hier au baron de Budberg Gouvernement russe préférait à OC\:!upation militaire Turquie tout autre moyen assez efficace pour faire respecter les décisions des puissances garantes, mais il ne s'y opposera pas si la conférence reste où elle est, et meme il demandera en ce cas dissolution. Quant au congrès si les autres ministres des affaires étrangères s'y rendent Gortchakow y ira aussi. Il demande de son còté de savoir ce que fera V. E. Il a été très satisfait télégramme au sujet de légion polonaise.

673

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

T. 36. Firenze, 30 maggio 1866, ore 15,10.

Ministre de France m'a invité de la part de l'Empereur à me rendre au congrès. Ayant pris les ordres du Roi j'ai répondu que je m'y rendrais (1).

Tachez de m'indiquer époque probable de la réunion. Il semble qu'on veuille décider dès à présent de faire venir la question vénitienne la dernière au Congrès; si c'est vrai il pourrait en résulter des inconvénients.

(l) Con telegrammi 34 e 39, pari data, La Marmora informò De Launay e D'Azeglio di aver accettato l'invito al congresso.

674

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, p. 258)

T. 358. Berlino, 30 maggio 1866, ore 13,52 (per. ore 15,41).

Bismark a accepté invitation officielle faite hier par ambassadeur de Franoe de se rendre au congrès, en exprimant désir que la durée en sera courte. Il n'est plus douteux que tous les différents ministres d'état se rendront à Paris (1).

675

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, pp. 251-252, con data 25 maggio)

T. 360. Parigi, 30 maggio 1866, ore 16,55 (per. ore 17,30).

Gouvernement français est contraire à toute intervention armée dans les Principautés. M. Drouyn de Lhugs a rappelé dans la dernière séance que la Porte ne peut pas procéder à une occupation sans le consentement et l'accord des puissances. Le Gouvernement français fait des démarches à Constantinople pour dissuader la Turquie. Si toutefois malgré les conseils de l'Europe la Porlte procède à l'occupation, je ne crois pas que la France soit disposée à l'empecher par la force.

Cette confidence jointe au langage de l'Ambassadeur de France jusqu'ici aussi belliqueux, indique que depuis quelques jours, il s'est fait à Paris un revirement dans le sens pacifique •.

7JU

(l) Con t. del giorno precedente (cfr. LA MARMORA, p. 257) l::larrat aveva mrormaw che Bismarck gli aveva detto • avec un accent de profond mécontentement: l'Empereur des Français veut maintenant la paix à tout prix.

676

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 362. Londra, 30 maggio 1866, ore 18,45 (per. ore 20,50).

Clarendon a engagé Gouvernement ottoman avant d'occuper Principautés s'entendre avec ,les puissances; si cette entente ne s'établit pas on lui reconnait le droit d'agir. Lord Clarendon ayant reçu avis que sa présence à Paris serait agréable a accepté dans le cas que les autres ministres des affaires étrangères viendront. Gouvernement anglais paraìt savoir que les ministres des affaires étrangères de Russie, de Prusse et Autriche et V. E. viendront.

677

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AVV)

L. P. 3. Pera, 30 maggio 1866.

Non spedisco col corriere d'oggi al Ministero che un dispaccio il quale non aggiunge nulla di nuovo a quanto già le feci conoscere per telegrafo, ed è solo destinato a completare la serie della corrispondenza (1).

La Porta ha consentito. sulle istanze specialmente dell'Ambasciatore di Francia a far comunicare officialmente alla Conferenza la dichiarazione relativa a' suoi progetti di intervento, facendo sentire che è disposta a soprassedere da ogni misura per quindici giorni, ma dichia!'ando nello stesso tempo che se le potenze riunite nella Conferenza non trovano modo per far rispettare con una sanzione positiva le loro deliberazioni il Governo turco è deciso a passare oltre e ad occupare i Principati. Ma Aalì Pascià risponde che nella loro giustizia le potenze tratteranno la Turchia come trattano ora i principati vale a dire dichiareranno che l'atto è illegale, ma lasceranno fare. Il fatto è che la Conferenza si trova impegnata in una gravissima difficoltà. Bisognerebbe che essa potesse dichiarare la verità vera, cioè che la nomina del Principe straniero è illegale ma che non si ha il coraggio di sacrificare al protocollo n. 22, un popolo intero e negargli la sola condizione possibile della sua tranquillità interna e della sua prosperità avvenire. La ringrazio delle indicazioni ch'ella ha voluto darmi per telegrafo sulla condotta da tenersi. Io non mi dipartii finora da una grande riserva per più ragioni, perché ero il rappresentante d'un paese troppo impe

26 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

gnato in casa sua e che non poteva quindi esercitare una grande azione al di fuori di quelle questioni che direttamente occupano tutta la sua attività, perché di tutte le parti che si possono rappresentare quella della Mouche du Coche mi è la più antipatica, infine perché non volevo per avventura guastare l'azione del Ministero per ciò che riguarda i rapporti colla Russia. Sinché dichiaravo quali erano i principi della nostra politica e consigliavo a non far nulla al di fuori della Conferenza, non v'era alcun serio inconveniente. Ma se mi fossi fatto l'editore responsabile di qualche combinazione positiva, se avessi spiegato un'azione pratica per trovare qualche mezzo termine favorevole al Principe di Hohenzollern, avrei certamente eccitato il malcontento della Russia. Su questo punto però le istruzioni ch'Ella vorrà darmi anche più dettagliatamente mi riusciranno utilissime.

La riserva mi era d'altronde consigliata dalle nostre particolari condizioni a Costantinopoli. Qui ho trovato una situazione assai compromessa in fatti di prestigio e di influenza, e una ostilità latente nel Governo Ottomano, per ridurre la quale meglio delle mie parole varranno i fatti che si stanno ora compiendo, e i risultati della grande questione posta ora dall'Italia in faccia al mondo.

Affermarci nei principi, conservarci una certa libertà d'azione e lasciare le porte aperte per tutte le combinazioni che sono sul tappeto è dunque il miglior partito.

Le aggiungerei qualche cosa sulle disposizioni dei Ministri che qui rappresentano le maggiori potenze, sui timori dell'Inghilterra che dubita, quando il suo appoggio alla Turchia non sia così assoluto come nel passato di veder questa gettarsi sotto l'influenza della Russia, e su altri minori aspetti delle questioni che qui si agitano, ma quando penso che questa lettera giungerà fra sette giorni e che frattanto gli eventi in Italia prendono ogni giorno un nuovo aspetto, la penna mi cade dalle mani.

Indurre l'Austria a discutere intorno a un tavolo la questione del Veneto è già un risultato immenso. La questione è posta e non dubito o in un modo 0 nell'altro dell'esito. Sono lieto di vedere data questa suprema soddisfazione in premio ai grandi e lunghi servigi da Lei resi all'Italia.

(l) Non pubblicato.

678

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora)

T. Parigi, 31 maggio 1866, ore 2,50 (per. ore 5,45).

* L'époque de la réunion de la conférence dépend de l'arrivée du prince Gortchakoff qui est le plus éloigné. On pense que l'on pourra se réunir du 8

au 10"' (1). Veuillez me dire si je dois faire retenir dès à présent appartemens pour vous et quel hòtel vous préférez. • Nous devons nous attendre à bien des désagrémens dans les conférences, mais vous pouvez etre sur que si le congrès a un résultat, ce doit étre la oession de la Vénétie •. L'Empereur m'a dit hier soir qu'il est cevtain que nous aurons la Y.énétie avec ou sans guerre. Ayez donc confiance et préparez vos malles; munissez-vous des pleins pouvoirs. Il n'y a pas de lettre de créance. Tàchez que pendant les conférences les volontaires restent tranquilles.

679

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 364. Pietroburgo, 31 maggio 1866, ore 16,50 (per. ore 10 dell' l giugno).

Prince Gortchakoff ira à la conférence et il compte partir fin sem.aine p1•ochaine. Ses pleins pouvoirs porteront au lieu de différend italien, différend austro-italien. Russie pourrait ainsi exclure discussion pouvoir temporel. Réponse Autriche pas encore arrivée. Prince Gortchakoff ne voudrait pas seconds plénipotentiaires.

680

IL MINISTRO DI PRUSSIA A FIRENZE, USEDOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (2)

L. CONFIDENZIALE. Firenze, 31 maggio 1866.

Au commencement de ce mois je reçus un avis de la part du Ministère des Affaires Etrangères, d'après lequel un certain M. Moracchi à Piacenza, Contrada del Guasto N. 4, avait fait des révélations au Comte de Bismarck, au sujet d'un attentat projeté contre sa vie, surtout s'il se rendait dans une des villes de bains du duché de Nassau. Des communications ultérieures parvenues de Naples au Ministère sur des projets criminels de la meme nature, formés surtout par des allemands méridionaux, firent croire au Ministère, que

les faits révélés par M. Moracchi, n'étaient pas tout-à-fait dénués de fondement. Il me chargea donc de prendre des informations sur le nommé Moracchi, ce que je fis dans l'entretien que j'eus avec V. E. à ce sujet vers le milieu de ce mois.

Ces bruits vagues d'attentat et de projets criminels prennent cependant, d'après de nouveaux avis officieux, qui viennent de me parvenir de Berlin une consistance ultérieure et je me crois obligé d'attirer la sérieuse attention de

V. E. sur ces nouvelles.

Ainsi que différents rapports affirment d'une manière analogue, une conspiration allemande parait s'étendre jusqu'à Naples, dont le but serait l'assassinat de personnes marquantes. Une liste de proscription, composée par les membres du complot, contiendrait les noms de princes allemands et celui du Comte de Bismarck. Vers 1e 9 de ce mois deux de ces membres dont l'un porterait le nom de Ulrich, Wurtembergeois, seraient partis pour Berlin.

Vers le 27 de ce meme mois un autre membre de cette conspiration démocratique, du nom de Rauscher ou Kascher, désigné par le sort, se serait rendu de Palerme en Allemagne.

Quoique peut-etre toutes ces données ne soient que les produits d'une époque aussi agitée que la présente, la coi:ncidence et l'analogie des avertissements qui parviennent de différents còtés au Ministère des Affaires Etrangères leur donnent une certaine gravité. En les portant donc à la connaissance de V. E., j'ai la ferme conviction en sa bienveillante sollicitude, qu'Elle voudra bien faire établir une surveillance efficace à Naples et à Palerme pour que la conspiration, si elle existe, soit paralysée dans ses menées.

Dans ce but j'ose surtout Lui recommander de vouloir bien, si Elle le juge utile, soumettre le nommé Moracchi à Piacenza à un interrogatoir,e qui pourrait peut-etre conduire à la découverte du complot.

(l) -I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, p. 258. (2) -Annotazione marginale: <Urgente all'Interno •.
681

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LA MARMORA, p. 271, con data 2 giugno)

T. Firenze, l giugno 1866, ore 12.

Nous ne prendrons point initiative d'hostilités. Les volontaires sont sous la main du Gouvernement et nous en répondons. Si quelques individus tentaient une équipée ils seraient abandonnés à leur sort. Dites le bien à Benedetti.

682

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 266-267)

T. Berlino, l giugno 1866, ore 16,20 (per. ore 21,10).

Bismark, celui-ci lui a dit en termes extrement exaltés que la position était réponse prussienne en spécifiant que le conflit ne devait point etr'e attribué à la question des duchés, mais aux armements de l'Autriche.

Après cette communication l'ambassadeur de France étant resté seui avec Bismark, celui-ci lui a dit en termes extrement exaltés que la position était devenue intolérable et qu'il fallait en finir à tout prix.

Il n'est pas douteux, m'a dit l'ambassadeur de France, que le comte Bismark parte avec la volonté arretée de mettre le feu aux poudres.

D'après les rapports de la police l'on a des craintes sérieuses pour le renouvellement de l'attentat contre Bismark. Il ne sort plus qu'étant accompagné, et des agents de police français viendront jusqu'à la frontière pour veiller à sa sureté pendant tout le voyage.

L'on ne pense pas que le congrès puisse etre réuni avant le 10.

683

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 266)

T. Pietroburgo, 1 giugno 1866, ore 11 (per. m·e 11,50 del 2).

Ensuite de déclaration du Cabinet autrichien de n'accepter conférence qu'à la condition qu'il ne serait question, méme sous la forme la plus déguisée, d'aucune cession de possession autrichienne, le prince Gortchakoff a fait demander à Paris et Londres si l'on considère encore conférence comme ayant but pratique.

684

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, A PARIGI, NIGRA, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

(Ed. in LV 9, pp. 682-683 e in LA MARMORA, pp. 260-261)

D. (1). Firenze, 1 giugno 1866.

Les Représentants de la Grande Bretagne, de la France et de la Russie auprès du Gouvernement du Roi sont venus aujourd'hui me remettre des Notes idellltiques (2), au nom de leurs Gouvernements respectifs pour inviter l'Italiie à prendre part à délibérations qui auraient lieu à Paris à l'effet de résoudre, par la voie diplomatique, les trois principales questions qui menacent d'une guerre prochaine l'Italie et l'Allemagne.

Le Gouvernement du Roi adhère à cette proposition avec l'empressement que réclame l'urgence des complications actuelles. Il apporte d'autant plus volontiers son concours à la noble entreprise des trois grandes Puissances neutres, qu'il est loin de craindre, pour les intérets qui le concernent le plus directement, l'épreuve d'un débat solenne!.

C'est un devoir, selon nous, pour les Gouvernements engagés dans le conflit de ne point éluder les difficultés qui l'ont provoqué; l'efficacité de l'oeuvre de la Conférence est à ce prix. Pour notre part la netteté de notre situation vis à vis de l'Autriche nous rend ce devoir facile à remplir.

Le double objet du différend existant entre la Prusse et l'Autriche a été précisé dans les notes que les Ministres des trois puissances ont bien voulu me remettre; à défaut de bases de solution reconnues d'un commun accord, c'est là du moins un point de départ qui permettra à la Conférence de donner dès l'abord une direction utile à ses discussions. Le Gouvernement du Roi ·désire pouvoir contribuer à ce que la réunion des Plénipotentiaires des Puissances ait des conséquences favorables aux intérets de l'Allemagne.

Quant au différend qui divise depuis longtemps l"Autriche et l'Italie, il semble qu'il n'ait pas meme été jugé nécessaire d'en déterminer l'objet.

Sous quelque point de vue qu'on le considère, il est impossible de méconnaitre ce fait, que la domination de l'Autriche sur des provinces italiennes crée entre l'Autriche et l'!talie un antagonisme qui touche aux bases memes de l'existence des deux Etats. Cette situation après avoir constitué pendant de longues années un danger permanent pour la paix g-énérale vient d'aboutir à

une crise décisive.

L'Italie a du s'armer pour assurer son indépendance; elle est persuadée

d'autre part que la réunion convoquée à Paris aidera à la solution déjà jugée

indispensable, il n'est pas téméraire de le dire, dans la conscience de l'Europe.

Je vous prie, M. le Ministre, de donner sans retard communication du

contenu de la présente dépéche à S. E. M. le Ministre des Affaires Etrangères.

*P. S. Je vous accuse réception de vos rapports.

(Pour Londres) n. 146-147 po1itiques et du n. 114 au n. 120 de la Série

Confidentielle (1).

(Pour Paris) nn. 340-341 Politique (2).

(Pour Pétersbourg) nn. 99 et 100 Confidentiels (2) * (3).

(l) -Il dispaccio venne inviato a Londra col n. 55, a Parigi col n. 179 e a Pietroburgo col n. 45. (2) -Cfr. L V 9 pp. 680-681.
685

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA

D. CONFIDENZIALE 15. Firenze, 1 giugno 1866.

* I suoi pregiati Rapporti N. 4 Politico e N. 2 Confidenziale (2) chiariscono quali sieno gli intendimenti del Governo Ottomano in ordine ai Principati, e mi fanno conoscere altresì il linguaggio che V. S. tenne a tal riguardo con S. A. Aalì Pascià; linguaggio che completamente approvo. Il suo telegramma poi del 29 corrente (4) mi annuncia che la Sublime Porta, pur continuando ad esprimere il proposito di occupare i Principati se le Potenze non Le porgono altro mezzo, incaricò però il suo Ambasciatore a Parigi di sottomettere la questione alla Conferenza * (5).

L'avviso manifestato già dalle singole Potenze in ordine alla eventualità di una occupazione dei Principati per parte della Turchia in seguito alla comunicazione indicata di cui furono incaricati telegraficamente i Rappresentanti Ottomani presso le Potenze garanti, fornisce giusto c11iterio per presumere quale sarà il voto dei Plenipotenziarii in seno alla Conferenza, allorquando la proposta Ottomana vi sarà officialmente enunciata. Secondo le informazioni pervenutemi dalle RR. Legazioni in Parigi, Londra, Pietroburgo e Berlino, questi sarebbero gli intendimenti di quei Governi a fronte di tale eventualità.

La Francia è contraria a qualsivoglia intervento armato nei Principati: Il Signor Drouyn de Lhuys ricordò espressamente a ,tal riguardo nell'ultima seduta della Conferenza quanto Ella appunto fece giustamente osservare ad Aalì Pascià, che la Porta non può procedere ad una occupazio111e senza il consenso e l'accordo di tutte le Potenze garanti. Il Governo francese si adopera presso la Sublime Porta per dissuaderla dalla progettata occupazione: se però

malgrado tutti i consigli contrarii essa vi procedesse, sembra che la Francia non si risolverebbe punto ad impedirla colla forza.

L'Inghilterra raccomanda bensì al Governo Ottomano di non procedere alla occupazione dei Principati se non previo accordo colle Potenze: se però tale accordo non si potesse conseguire, Lord Clarendon propende per l'avviso che alla Sublime Porta non possa contestarsi in tal caso il diritto di agire.

Sembra tuttavia che il Governo Inglese voglia limitarsi a prendere atto delle nuove dichiarazioni che potranno essere fatte dalla Porta in tal senso, consigliando la moderazione e rappresentando i pericoli cui potrebbe dar luogo l'esercizio di uno stretto suo diritto per parte della Porta.

La Russia dichiara di preferire alla occupazione militare turca qualsivoglia altro mezzo abbastanza efficace a far rispettare le deliberazioni delle Potenze garanti; ma se la Conferenza si restringerà alle dichiarazioni fatte fin qui, pare che il Governo Russo cesserà di scorgere in essa una guarentigia della condi

zione di cose stabilita col Trattato del 1856. e ne proporrà la dissoluzione, non

opponendosi poi, in principio, a che la Sublime Porta usi del suo diritto d'in

tervento.

Infine in ordine alli intendimenti della Prussia, mi limito a riferirmi al

Rapporto che il Conte di Barrai mi diresse a tal riguardo in data del 26 corrente

e che mi pregio di unirle in copia.

Da quanto precede e dagli estratti di carteggi dei RR. Ministri in Londra

e Pietroburgo che pure Le trasmetto per maggiore informazione di Lei, V. S.

Illustrissima rileverà come decisamente (l) * la questione dei Principati possa

assumere in un dato momento,. tale carattere da somministrare l'occasione di

modificare il regime Convenzionale stabilito dal Trattato del 1856.

Ella ha perfettamente compreso come il nostro interesse sia in tale que

stione invariabilmente d'accordo coi principii costanti della nostra politica.

Preoccupandoci meno della esecuzione effettiva per parte d'altrui, dei Trattati

del 1856, che furono dalla Turchia stessa in varie circostanze sconosciuti a

nostro disfavore, e ritenendo come norma delle nostre disinteressate delibera

zioni il principio della non-coazione della volontà delle popolazioni, noi saremo

sempre rispetto alle Potenze a noi specialmente amiche, in conveniente situa

zione a fronte degli avvenimenti che forse in termine non remoto potrebbero

svolgersi in Oriente *.

(l) -Cfr. nn. 640 e 648. Gli altri rapporti non sono pubblicati. (2) -Non pubblicati. (3) -Il brano fra asterischi è omesso in L V 9 e in LA MARMORA. Copia di questo dispaccio fu inviata in pari data a Barrai e Visconti Venosta. (4) -Non pubblicato. (5) -I brani fra asterischi sono editi in L V 9, p. 361.
686

PROMEMORIA (2)

l giugno 1866.

Depuis la malheureuse issue de la guerre de Hongrte de 1848 et 1849, l'émigration hongroise se dispersa en Europe et en Orient sans jamais perdre

l'espoir de quelque combinaison politique, propre à amener un meilleur avenir pour leur patrie.

La guerre de la France et de l'Italie contre l'Autriche en 1859 avait ranimé cet espoir, mais la paix de Villafranca vint mettre de nouveau un point d'arrèt aux aspirations des Hongrois.

En attendant il s'était formé en Italie une légion hongroise qui n'a plus

cessé d',ex.ister et qui, quoique réduite à un petit nombre, est encore débout.

En 1860 l'émigration hongroise sentit la nécessité d'ètre représentée par un Comité, et il ne tarda pas à s'en former un composé de trois membres, l'illustre Kossuth, Ladislas Teleky et le Général Klapka. Ce comité qui jouissait de toute la confiance du Comte de Cavour, fit les plus grands efforts pour tenir vivant en Hongrie l'esprit national, mais il fut malheureux dans quelques tentatives d'action pour des motifs qu'il est inutile de reproduire ici.

P eu après, Ladislas Teleky arrété en Saxe et consigné à l'Autriche, se donna la mort, et le Comité dont il faisait partie se trouva dissous par ce triste événement.

M. Kossuth assailli par des malheurs domestiques, diìt pour quelque temps renoncer aux travaux actifs du service secret hongrois, et le Général Klapka aidé de quelques uns de ses amis, fit d'autres efforts pour amener un mouvement en Hongrie sans toutefois aboutir à un résultat.

C'est vers ce temps là (1863) que quelques éminents patriotes hongrois

à Pesth conçurent l'idée de former à l'intérieur un nouveau Comité peur pré

parer une organisation nationale prète à tout événement. Ce comité disposant,

ou croyant disposer, de toutes les forces vives de la Hongrie eut l'idée d'envoyer

à Turin (1864) deux Agents M. Komaromy et M. le Comte Csaky, pour s'en

tendre avec le Gouvernement Italien en vue des éventualités politiques d'alors.

Le Général Klapka et d'autres personnages compétents furent loyalement infor

més de cette nouvelle disposition intérieure, et avec une égale loyauté ils s'y

soumirent se déclarant prèts à offrir leurs bras sitòt qu'ils seraient appelés.

Kossuth n'en fut pas informé, et il fut malheureusement laissé de còté.

Cette exclusion peut bien avoir ses raisons, mais toujours est-elle difficile à

s'expliquer!

Un des deux Agents du Comité, M. Komaromy retourna en Hongrie, et

l'autre resta à Turin et se trouve maintenant à Florence. C'est une personne

de la plus parfaite éducation et douée d'un rare bon sens. Cet Agent s'est

appliqué depuis lors à entretenir les meilleurs rapports entre son pays et l'Italie,

et à faire naitre auprès du Gouvernement Italien la conviction de la nécessité

d'aider la Hongrie. Est-ce aux préoccupations politiques du Gouvernement

Italien ou à un principe loyal de réserve, que le Cabinet de Florence voulait

encore ma.intenir, qu'on doit attribuer I'éiat d'inaction dans lequel ce Cabinet s'est tenu jusqu'à présent? Toujours est-il que les rapports d'entente entre les deux pays n'ont pas eu dans ces derniers deux ans ce dégré d'activité que les circonstances semblaient reclamer. Disons-le franchement, les Ministères se succédant l'un à l'autre, chaque nouveau Ministre a cru, peut ètre, ne pas ètre suffisamment édifié sur la réalité de l'existence d'un Comité en Hongrie, et

sur la légalité de son Agent en Italie. C'est ainsi que dans les vicissitudes politiques, l'incertitude et le doute paralysent l'effet des combinaisons les plus sages.

Une autre raison est venue peut etre s'ajouter à l'hésitation du Gouvernement Italien -l'action de M. Kossuth lui meme. Cet illustre émigré n'étant pas tenu au courant du travail du Comité de Pesth a cru qu'on ne faisait rien ou qu'on faisait mal, et il s'est dès lors mis en mouvement pour gagner à la cause de son pays des sympathies non seulement en Italie mais aussi ailleurs.

Voilà donc deux centres d'action, dirigés par des personnes fort honorables,

visant au meme but, animées des memes sentiments mais qui s'élident faute

de s'entendre.

Tel est l'état actuel des choses. Il àrrive ce qui arrive toujours en pareils

cas c'est à dire, que pour renforcer sa propre action on tombe des deux còtés

dans des appréciations personnelles peu équitables et peu fondées sur le compte

de ses confrères, triste moyen lorsqu'on se prépare à lutter contre un ennemi

qui a pour dévise, viribus unitis.

Le Cabinet Prussien doit sentir l'importance de réconcilier les deux parties.

Cette tache lui sera d'autant plus facile que l'Agent du Comité hongrois M.

Csaky, n'avait nullement l'intention d'exclure M. Kossuth, et il lui réservait

au contraire la part la plus belle, celle de donner sa haute sanction aux com

binaisons qu'on aurait préparé. Il a eu peut etre le tort de ne pas le lui faire

connaitre plus tòt.

Sans nous perdre en regrets rétrospectifs qu'y-a-t-il à faire pour le mo. ment?

L'Autriche vient de masser contre la Prusse presque toutes les forces de

sa rédoutable armée Hongroise, armée qui connait les lois de l'honneur mili

taire et qui n'a jamais .failli à ses devoirs. Attachée traditionnellement à la

maison d'Autriche l'armée Hongroise verse sa dernière goutte de sang pour

l'honneur du drapeau qu'on lui confie. Une seule chose, une seule peut l'émou

voir, une révolution dans l'intérieur de la Hongrie. C'est ainsi qu'en 1848 les

soldats Hongrois répondirent à l'appel de M. Kossuth, et quittèrent les garni

sons de l'Empire pour se rendre dans leur pays défendre les droits de la Cou

ronne de Saint Etienne.

Si le Cabinet Prussien réussit à déterminer un mouvement insurrectionnel

dans le centre de la Hongrie avant que la guerre commence, il aura fait plus

que gagner une bataille, et il peut étre siìr qu'il y aura dans les rangs hongrois

des désertions en masse. Voilà à Quoi doit se concentrer maintenant, et sans

perdre du temps, l'éminent homme d'Etat qui dirige avec autant de sagesse et

de fermeté les destinées de la Prusse.

Résumons nous. Il faut:

l) Opérer une réconciliation entre Kossuth et le Comité.

2) Leur donner des moyens pécuniaires et des armes s'il est nécessaire.

3) Combiner avec eux le moyen d'un mouvement insurrectionnel im

médiat dans le coeur de la Hongrie.

Nous avons cru superflu de meler à cette esquisse historique le nom de Deak, car ce personnage s'est toujours tenu à l'écart des difl'érents partis, et par ce sage moyen il a rendu possible le tiiomphe de la cause hongroise.

M. Deak est resté toujours à cheval de la légalité. En demandant à l'Empereur d'Autriche la complète restauration d es anciens droits de la Hongrie, il a rendu impossible jusqu'à présent l'exécution des projets unitaires du Cabinet de Vienne. Cette conduite lui a valu une immense popularité en Hongrie qui reconnait en lui le véritable Leader du moment. Si le Cabinet Prussien a des moyens d'entrer en communication avec lui sa tàche sera de beaucoup facilitée, et certainement cet éminent patriote qui a toujours conservé le champ libre à un mouvement national IÌongrois, ne s'opposera pas, (et il ne pourrait pas s'opposer) aux efforts de ses concitoyens dans le noble but de l'indépendance de son pays so i t par une séparation complète de la maison d'Autriche, soit dans la conquete des anciens droits autonomiques de la Hongrie.

(l) -In L V 9 il periodo fra asterischi è preceduto dalle seguenti parole: « Non è quindi impossibile che '. (2) -Il documento è anonimo; dal testo sembra destinato alla Prussia.
687

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 268-269)

T. Firenze, 2 giugno 1866, ore 20,30.

Usedom me dit que Werther annonce que réponse autrichienne à invitation congrès fait réserves entre autres que Autriche n'entrera en conférence que sous condition de ne pas aborder question de cession de Vénétie. Si malgré ce:tte réserve, continue Werther, conférence a lieu, Mensdorff s'y rendra. Là dessus Bismarck demande par télégraphe à Usedom si l'Italie malgré cette réserve de l'Autriche paraitra à la conférence. Je vous prie de poser la question franchement à l'Empereur. Il comprendra combien ma position devient difficile, ayant moi-meme la direction de l'armée.

688

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 371. Monaco, 2 giugno 1866, ore 11,30 (per. ore 5,40 del 3).

Pfordten accepte nomination plénipotentiaire germanique au congrès, choix agréé d'avance par toute la Confédération Germanique y compris l'Autriche et la Prusse. Cette dernière l'a meme fait prier d'accepter. Il ira jeudi à

Francfort pour prendre ses instructions et de là à Paris sans revenir à Munich. Si V.E. a des ordres, j'aurai le temps de les remplir. Pfordten m'a dit que le plénipotentiaire germanique au congrès avait seulement des devoirs à remplir tandis que les autres avaient des droits et des intéréts à soutenir. S. E. m'a confirmé que la Bavière veut la paix et qu'on ne peut, ni on ne veut avoir (sic) d'autre programme que le droit fédéral. Il vient de me dire aussi que méme en cas de guerre austro-italienne, la Bavière n'interviendra pas tant que la question vénitienne se localisera au territoire non fédéral, et soit par la guerre, soit par la paix S.E. m'a semblé tenir à me laisser l'impression que la Bavière ne serait plus contraire en principe à l'accomplissement du programme national italien, pourvu qu'il n'empiète pas sur le territoire fédéral. Le ministre a ajouté que si les événements de la guerre devaient séparer la Bavière de l'ltalie nous serions momentanément adversaires et non ennemis (sic) et qu'en tout cas les bavarois ne croiseront pas le fer avec les italiens. J'ai répondu, comme toujours, que l'ltalie ne peut qu'étre arnie de ceux qui faciliteront son programme, et ennemie de ceux qui l'entraveront. Les craintes sur Trieste sont vrai effroi pour la Bavière, comme pour toute Allemagne. Ici le pays et le Parlement sont plus belliqueux que le Gouvernement, et le Roi est personnellement encore plus pacifique que le Ministère.

Une dépéche explicative est en route avec longs et importants détails chiffrés sur la situation et la politique des Etats secondaires. Le ministre d'Autriche ici, le méme qui a signé le traité de Gastein, a été appelé hier par télégraphe à Vienne. Pfordten m'a assuré étre persuadé que la question vénitienne est la clef de voùte de le paix générale, et que sans cette solution préalable aux autres, le congrès échouera.

Ma triple impression sur tout ce Qui précède, c'est grande crainte de perdre Trieste, grand désir de la paix germanique, et tentative de nous détacher de la Prusse, dans l'intéret austro-allemand (1).

689

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

Belgrado, 2 giugno 1866 (per. il 9).

R. CIFRATO S.N.

M. le Comte de Bismarck a répondu aujourd'hui au gérant du Consulat

• Certainement si la guerre éclatait un corps de Slaves agissant contre l'Autriche serait très utile; mais pour ce qui régarde la subvention les choses ne so n t pas eneore mùres •.

L'Agent priera M. Orescovitch d'expliquer d'abord son plan et, d'après re qu'il m'a dit, il demandera à M. de Bismarck une petite subvention pour

J\1unich cn n'a plus autant de confiance dans puissance autrichienne. Cultivez ces bonnes dispositions •.

préparer en attendant les éléments pour les avoir préts si la guerre aura lieu. Le Gouvernement Serbe a vu avec grand plaisir l'arrivée du Prince de Hohenzollern à Bukarest. Si je dois en juger par le langage du Consul Russe je serais porté à croire que la Russie n'est pas hostile au Prince de Hohenzollern.

M. Garachanine m'a dit qu'il y a des agents italiens en Albanie et beaucoup de troupes turques.

(l) La Marmora rispose con t. 44 del 3 giugno: «Votre télégramme prouve qu'à

690

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 271-272)

T. Firenze, 3 giugno 1866, ore 8.

Le comte d'Usedom me demande au nom du comte Bismark s'il est vrai que l'Italie ait l'intention d'attaquer le 10 juin. Dites au comte de Bismark que l'ltalie n'a jamais pensé attaquer; d'autant moins que nous avons accepté le congrès. Certes que si l'Autriche maintient ses prétentions, je ne vois pas trop quel but peut avoir le Cnngrès. Mais en tout cas, après avoir accepté, il faut avant tout persuader les puissances neutres que tout le tort est du còté de l'Autriche.

691

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 271-272)

T. Pietroburgo, 3 giugno 1866, ore 0,30 (per. ore 13,30).

Aujourd'hui les nouvelles atténuent celles d'hier. L'Autriche semble ne pas faire de sa déclaration une question préjudicielle; s'étonne, s'agissant du différend italien, qu'un délégué du pape n'ait pas été invité à la conférence. Stakelberg parait croire que le Cabinet autrichien veut la guerre. Il aura dans les premiers jours 370.000 hommes vers les frontières prussiennes. L'ambassadeur de France a été chargé de s'unir à l'ambassadeur de Prusse pour hater la réunion de la conférence. Le prince Gortchakoff n'espère presque plus qu'elle se réunisse. * Les autres légations reçoivent chaque jour télégrammes ce qui permet rapports avec le prince Gortchakoff * (1).

(l) Il brano fra asterischi non è edito in LA MARMORA.

692

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 272)

T. Berlino, 3 giugno 1866, ore 15,40 (per. ore 19,45).

Bismark sait parfaitement que nous n'attaquerons pas les premiers, ni le 10, ni plus tard; mais il cherche à nous pousser en avant dans l'espòir d'entrainer à notre suite le Roi toujours indécis et qui à son insu avait cesl jours demiers encore entamé avec l'Empereur d'Autriche des négociations secrètes, qui ont avorté.

Je verrai ce soir Bismark et je lui ferai la communication prescrite.

La réponse autrichienne au sujet du congrès n'est pas encore parfaitement connue, mais si elle contient la moindre réserve, Bismark fera que les puissances neutres la regarderont comme un refus, et ne prolongeronrt pas les négociations à l'avantage de l'Autriche.

La proposition de l'Autriche à Francfort, est considérée comme le gage du concours armé des Etats secondaires. Mais le Roi a été tellement blessé de cette violation du traité de Gastein, qu'il serait très-possible que la Prusse y répondìt par l'occupation du Holstein, ce qui amènerait infaiHiblement la guerre.

La garde part aujourd'hui pour Gorlitz, où se fait la grande concentration de l'armée.

693

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 279-280)

T. Firenze, 3 giugno 1866, ore 21,45.

Je crois devoir vous avertir que sur les difficultés que soulève l'attitude de l'Autriche on semble mieux informé à Pétersbourg et à Londres que vous ne paraissez l'etre à Paris. Azeglio me télégraphie que les ambassadeurs d'Autriche à Paris et à Londres ayant fait connaitre hier intention de leur Gouvernement de rayer question vénitienne des délibérations, Lord Clarendon a télégraphié à Vienne qu'à Paris camme à Londres on regarde la chose camme empechement à la conférence dont un des buts essentiels serait manqué. La raison de l'attitude récalcitrante de l'Autriche est sans doute qu'elle à réussi à donner une idée exagérée de ses forces. Ainsi d'après ce que Launay me mande l'Autriche aurait fait croire à Pétersbourg qu'elle a 370.000 hommes à la frontière prussienne, tandis que je sais positivement qu'elle a toutes les peines à en réunir 200.000 de ce coté-là. Quant à nous, je tiens à ce que vous disiez à l'Empereur que non seulement nous ne craignons pas les forces autrichiennes qui sont en Italie, mais que nous nous sentons assez forts pour entrer dans le quadrilatère; et si l'Empereur n'y voit pas d'inconvénients nous pourrions nous avancer près de la frontière bien entendu sans la dépasser.

694

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (Ed. in LA MARMORA, pp. 274-277 e in Govone, pp. 516-520)

L.P. Berlino, 3 giugno 1866.

Avendo chiesto al conte di Bismark un'udienza di congedo prima di ripartire per l'Italia, il Presidente del Consiglio mi ha ricevuto ieri sera alle 9 nel giardino del Ministero di Stato, e mi trattenne fino alle 10. Annunziai a

S. E. l'imminente arrivo del colonnello Avet, ufficiale stimatissimo dell'esercito italiano, destinato dal Re a seguire l'esercito prussiano in caso di guerra. Aggiunsi che gli avvenimenti facendosi ogni giorno più gravi ho dovuto rinunziare ad attendere per presentare io stesso quest'ufficiale superiore. Il conte Bismark mi rispose: Ora, chi metterà fuoco alle polveri, la Prussia o l'Italia? Io chiesi al Presidente del Consiglio se si conosceva esattamente la redazione della risposta fatta dall'Austria alla proposta del Congresso, e se il Governo Prussiano aveva preso qualche nuova deliberazione in seguito a tale risposta, per rispetto alla sua partedpazione alla Conferenza, e se egli, conte di Bismark, rinunziava a recarsi a Parigi.

Il Presidente del Consiglio mi rispose:

• Credo sapere esattamente la risposta austriaca; essa esclude ogni· trattativa atta a cambiare lo stato di potenza delle parti, quindi se non si può trattare della cessione della V~nezia, se non si può trattare della cessione dei Ducati dell'Elba, la Conferenza rimane inutile. Attendiamo d'altronde per domani di conoscere ufficialmente il testo austriaco, per decidere. Speriamo che la Francia, rimpetto a questa risposta, rimpetto al prestito forzato nel Veneto, rimpetto all'ultimo atto dell'Austria che deferisce la questione dei Ducati alla Dieta e viola il trattato di Gastein, riconoscerà il fermo proposito dell'Austria di rifiutarsi ad ogni aggiustamento, e non cercherà di prolungare più oltre trattative inutili e dannose per noi. Questa condotta della Francia ci darebbe una prova della sua lealtà verso di noi; che se essa agisse altrimenti, ci da

rebbe sospetti sulle sue intenzioni. Per una cosa sola mi avrebbe giovato

recarmi a Parigi. Avrei desiderato abboccarmi coll'Imperatore onde conoscere

il massimo delle concessioni che desidera da noi per la Francia •.

Io chiesi se oltre il Reno vi fosse qualche parte di paese, ove una vota

zione per la annessione alla Francia potesse in qualche modo riuscire. Il conte

di Bismark rispose: • Nessuna; gli stessi agenti francesi che percorsero il paese

per conoscerne le disposizioni riferirono tutti che nessuna votazione, la quale

non fosse affatto fittizia, potrebbe riuscire. Nessuno ama il proprio Governo

o la dinastia regnante sul proprio territorio, ma tutti sono e vogliono rimanere Tedeschi; talché non rimarrebbe che indennizzare la Francia colle parti francesi del Belgio e della Svizzera (1).

Replicai questo essere sommamente difficile, ma che se non si poteva far valere la volontà popolare, altrove forse si poteva inalberare qualche altro principio, come p. es., quello dei confini naturali; aggiunsi tosto che io non intendeva alludere a tutta la sponda sinistra del Reno, ma non vi è egli qualche Tedeschi; talché non rimarrebbe che indennizzare la Francia colle parti francesi del Belgio e della Svizzera • (1}.

Il conte di Bismark disse:

• Sì, vi sarebbe la Mosella. lo sono, aggiunse, molto meno Tedesco che Prussiano; e non avrei alcuna difficoltà a sottoscrivere la cessione alla Francia di tutto il paese compreso fra il Reno e la Mosella: Palatinato, Oldemburgo, una parte di paese prussiano, ecc. Il Re però, * sotto l'influenza della Regina, che non è prussiana, * (l) avrebbe gravissimi scrupoli, e non vi si deciderebbe che in un momento supremo, quando fosse al punto o di tutto perdere o di tutto guadagnare. Ad ogni modo, onde lavorare lo spirito del Re per un aggiustamento qualunque colla Francia, sarebbe necessario conoscere il limite minimo delle sue pretensioni. Giacchè se si trattasse di tutta la sinistra del Reno, Magonza, Coblentz, Colonia, meglio varrebbe intendersi coll'Austria e rinunciare ai Ducati ed a molte altre cose •.

Ma dissi, coll'Austria non vi è altro aggiustamento che una capitolazione; giacché le questioni in litigio implicano i suoi più vitali interessi ed il suo avvenire, onde non può transigere.

• È vero, replicò il conte di Bismark, ma l'opinione tedesca assolverebbe il Re di questa capitolazione se fosse giustificata dal proposito di non cedere territorio tedesco ad una potenza straniera •. Poi aggiunse: • che il Re non ha abbandonato le speranze di pace; che in ultimo condusse trattative segrete coll'Austria per un aggiustamento, e codeste ad insaputa di lui conte Bismark. Fortunatamente che erano destinate a fallire, disse, e così il Re sarà meglio convinto che non è possibile intendersi coll'Austria in modo conveniente: anche indipendentemente dalla mia personalità, in questo momento ancora il

* duca di Baden *, è a Dresda per trattave la pace » •

• Appena sorse la proposta della Conferenza di Parigi, il Re volle sospendere la partenza della guardia da Berlino, onde far prova di sincero desiderio di pace. Oggi abbiamo dovuto lottare io e molti generali per decidere il Re

a far partire la guardia. *Egli si adirò ed infine ha ceduto * e la guardia parte domani •.

• E i corpi del Reno? • chiesi io. • Essi sono da tre giorni sulla frontiera Sassone •, replicò il Presidente del Consiglio.

Qui il conte di Bismark tornò sull'argomento con cui aveva cominciato la sua conversazione, cioè chi, dell'Italia e della Prussia, comincerebbe le ostilità. Disse che a lui sarebbe di~cilissimo decidere il Re a prendere l'offensiva; essere per il Re una religione, anzi una superstizione codesta di non dover prendere la responsabilità di una guerra europea; ed intanto che si sarebbe perduto il tempo, e l'Austria e gli Stati secondarii compivano i loro armamenti, le probabilità di successo diminuivano per la Prussia. L'interesse italiano essere anche per tal modo compromesso se la vittoria restasse all'Austria.

« L'Italia, aggiunse, può facilmente rompere la guerra, preparare all'uopo essa stessa una provocazione per parte di qualche corpo croato sedotto, ed allora essa può star sicura che il giorno dopo noi passeremmo la frontiera •.

Io risposi che l'Italia era in posizione delicatissima, essa aveva fatto dichiarare a Parigi in piena seduta del Corpo Legislativo, che non avrebbe preso l'iniziativa di alcun attacco, ed aveva dipoi ripetuto in ogni modo questa dichiarazione. L'Italia doveva contare assai sull'opinione pubblica francese, e non rendere difficile od impossibile l'azione amichevole dell'imperatore Napoleone in suo favore, volgendo, con una imprudenza, contro di sè quell'opinione pubblica che giudicava l'Imperatore. Avere ta!!to più l'Italia bisogno di mostrare all'Europa la sua saggezza e la sua moderazione, quanto meno in alcune parti d'Europa si conosceva il vero stato ordinato dell'Italia, e l'assoluta autorità del Governo sull'intero paese, sull'esercito come sui volontarii.

Il conte di Bismark insistè ancora lungo tempo su quest'oggetto, e mi pregò di parlarne a V. E. ed al Re; onde imprendendo noi i primi la guerra, si decidesse il re Guglielmo a rompere gli indugi, totalmente favorevoli agli avversarii, soprattutto ora che tutti gli Stati secondarii si sono dichiarati per l'Austria o staranno per farlo. Io promisi di riferire i suoi desiderii, senza lasciare intravedere alcuna speranza che fossero esauditi; ond'egli terminò dicendo che quando avesse deciso il Re a prendere l'offensiva ne avrebbe dato avviso per telegrafo e per varie linee a Firenze. Quanto all'attitudine militare dell'Austria essere finora affatto difensiva e di aspettazione, e non accennare ad una aggressione pTossima.

Tale è il sunto dell'ultima conversazione che io ebbi col conte di Bismark; e la mia impressione è che egli cercherà ogni modo per precipitare le cose e giungere presto alle ostilità.

È soprattutto notevole pel Governo di Firenze la dichiarazione che fece il conte di Bismark delle trattative che in questi ultimi giorni ancora fece il re Guglielmo per un aggiustamento pacifico coll'Austria, e di quelle tuttora pendenti. Esse o le altre potranno riuscire difficilmente, è vero: ma la sola possibilità, anche lontana, di un tale aggiustamento, deve faT seTiamente TifletteTe l'Italia, e faTlene misurare per tempo le incalcolabili conseguenze.

(l) Le parole fra asterischi sono omesse in LA MARMORA.

695

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, p. 282)

T. 374. Francoforte, 4 giugno 1866, ore 10,10 (per. ore 12,10).

Dans la réponse d'acceptation à l'mvitation des trois Cours, la Diète réserve la question du Holstein comme question allemande; réserve la question de la réforme comme question intérieure; déclare la question italienne comme intéressant les intéréts allemands (l) .

696

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 280)

T. Parigi, 4 giugno 1866, ore 12,20 (per. ore 15,15).

J e fais de mon mieux pour vous informer exactement mais je ne puis vous dire que ce que j'ai appds de Drouyn de Lhuys. Je vous prie de ne pas oublier que je ne puis pas aUer chaque jour chez l'Empereur, privilège qui n'est réservé qu'aux ambassadeurs. Je vous répète que la réponse de l'Autriche n'est arrivée que hier, je ne verrai Drouyn de Lhuys qu'aujourd'hui. La réponse autrichienne réserve question vénitienne. Le congrès est donc retardé et probablement n'aura pas Iieu. Je crois qu'en faisant un mouvement en avant vous commettriez une faute, à moins que vous ne soyez décidé à prendre l'initiative de la guerre, ce que je ne conseillerais pas. En tout cas veuillez songer que si on demande conseil à l'Empereur on ne pourra pas convenablement faire le contraire de ce qu'il aura conseillé.

Cette déclaration sera très agréée à Vienne, et c'est là un signe de plu& de l'entente qui existe entre Vienne et Francfort. Cette entente a été cimentée davantage par la déclaration autrichienne faite le premier de ce mois, par laquelle le Gouvernement impérial remet à la Diéte le différend Schleswig-Holsteinois, et par laquelle il annonçait que le lendemain on aurait convoqué les états du Holstein. Cette déclaration a été une véritable déclaration de guerre à la Prusse: pour ce qui regarde l'Allemagne le coup est adroit mais par contre cette détermination du cabinet de Vienne n'indisposera-t-elle pas le cabinet des Tuileries? Je l'espère, mais je n'ai pas des données à cet égard; au demeuranìt. Nigra en aura référé à V. E. En tout cas un point est acquis, et c'est que l'Autriche a préjugé la question avant que le Congrès qui devait s'en occuper ait pu s'en saisir ».

(l) Si pubblica qui un brano del r. confidenziale 25, pari data, di Rati Opizzoni: • La réponse de la Diète Germanique, qui est écrite en allemand quant au troisi.ème point, porte textuellement " nous ne trouvons point d'obstacle à ce que la Confédération Germanique participe à la discussion du différend italien, qui regarde non seulement les intéréts européens mais aussi les intéréts allemands" •.

697

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 281)

T. Parigi, 4 giugno 1866, ore 17,40 (per. ore 20,45).

Ce n'est qu'hier soir que Drouyn de Lhuys a eu communication de la réponse autrichienne dont il avait été informé comme vous par Londres et Pétersbourg avant que par Vienne. En présence de cette réponse, le prince Gortchakoff et lord Clarendon ont déclaré le congrès impossible. Drouyn de Lhuys vient d'en fç~ire autant. Il télégraphie aujourd'hui aux représentants de France que du moment où l'Autriche a déféré la question des Duchés à la Diète Germanique et exclus la question vénitienne, et que la question de la réforme fédérale n'est qu'éventuelle, la conférence ne pourrait plus se réunir utilement; que la France se dégage et rend justice à l'esprit de conciliation et d'empressement des autres puissances. L'Empereur est furieux contre l'Antriche. Drouyn de Lhuys conseille de ne faire aucun mouvement en avant et il m'assure que ~l était l'avis de l'Empereur. Goltz m'a dit qu'il croyait que les hostilités en Allemagne commenceraient par l'occupation du Holstein.

698

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 283)

T. Berlino, 4 giugno 1866, ore 22,30 (per. ore 2,45 del 5).

L'ambassadeur de France a reçu de son Gouvernement un télégramme annonçant que l'Autriche est décidée à maintenir ses réserves, excluant toute cession de Vénétie et remaniement territorial.

Les Cabinets de Londres et de Pétersbourg avaient reconnu avec la France que le congrès n'avait plus d'utilité pratique.

Une note vient d'ètre expédiée par la Prusse à Vienne pour protester contre la proposition faite à Francfort et annonçant que le traité de Gastein étant rompu et l'indivision des duchés rétablie, les troupes prussiennes allaient entrer pacifiquement dans le Holstein.

Or, comme l'Autriche en envoie elle-mème pour renforcer sa position, confiit devient fort probable.

De toute manière guerre est inévitable, et le moment de nous préparer est, je crois, arrivé.

699

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 344. Parigi, 4 giugno 1866 (per. il 7).

Oggi si riunì al Ministero Imperiale degli affari esteri la Conferenza pei Principati Danubiani, in seguito al desiderio manifestato dal Plenipotenziario di Russia.

Il Barone di Budberg propose, a nome del suo Governo, l'invio d'un Commissario Ottomano accompagnato dai Delegati delle Potenze garanti, conformemente al disposto del protocollo del 6 settembre 1859, allo scopo d'annullare quanto fu fatto a Bukarest in contravvenzione delle stipulazioni internazionali.

Il Plenipotenziario Ottomano espose che la Sublime Porta era d'avviso che il miglior modo di restituire le cose nell'ordine legale era l'occupazione armata dei Principati Uniti, ma che per ispirito di conciliazione e di deferenza alle Potenze Garanti, essa si rimetteva alla Conferenza per trovare un altro mezzo che conducesse a questo risultato.

Il Plenipotenziario Austriaco disse alla sua volta che, nel pensiero del suo Governo, la conferenza doveva o inchinarsi dinnanzi al fatto compiuto

o ricorrere ai mezzi di coercizione; se si escludevano entrambe queste alternative, le Potenze più specialmente inter·essate non avevano più che a provvedere separatamente ai loro interessi. Aderì del resto alla proposta del Plenipotenziario Russo.

Il Plenipotenziario Francese osservò che l'invio d'un Commissario accompagnato dai Delegati, se dovesse essere efficace traeva necessariamente seco l'occupazione, come sanzione coercitiva. Combattè per ragioni d'opportunità e d'alta convenienza il progetto d'occupazione.

Il Plenipotenziario Britannico si pronunciò egualmente contro l'occupazione. Il Plenipotenziario Italiano disse pure che il Governo del Re credeva l'occupazione inopportuna.

Il Plenipotenziario Russo consentì a sottomettere di nuovo al suo Governo la questione d'opportunità, ma lasciò prevedere che probabilmente avrebbe ricevuto l'ordine di cessare dal pa~:tecipare alle conferenze.

Il Signor Drouyn de Lhuys soggiunse che la cessazione delle Conferenze poteva diffatti essere conveniente, ma dichiarò che non per questo la Francia cesserebbe dall'esercitare la sua azione sulle questioni dei Principati Uniti.

700

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LV 9, pp. 690-692)

R. 345. Parigi, 4 giugno 1866 (per. il 7).

Il Governo austriaco accompagnò la risposta alla Nota d'invito del Congresso con delle istruzioni speciali dirette ai suoi Ambasciatori a Parigi, a Londra ed a Pietroburgo. Avendo potuto procurarmene un sunto che credo abbastanza esatto, mi affretto a comunicarlo a V. E.

« L'Austria non si dissimula che la sua risposta fa dipendere la sua adesione alla Conferenza da condizioni che possono renderne impossibile la riunione. Ma il Gabinetto di Vienna preferisce que::to partito, perché non ispera alcun risultato favorevole dalla Conferenza. Malgrado i riguardi con cui fu formulato l'articolo relativo all'Italia, egli è evidente che le parole différend itaHen significano la cessione della Venezia, e l'Austria non potrebbe che opporre un rifiuto assoluto a codesta domanda. Cedere una provincia così importante sotto il punto di vista militare, marittimo, sarebbe un suicidio che farebbe decader l'Austria dal suo rango di grande potenza. L'Austria non può accettare in compenso della Venezia un'indennità pecuniaria: è questa per lei una quest:one d'onore e di dignità su cui non v'ha transazione possibile. Quanto ad un compenso territoriale esso non sarebbe possibile che dopo la guerra. D'altronde, ove trovar questo compenso? Lo smembramento della Turchia non è all'ordine del giorno: i Principati Danubiani, la Bosnia, l'Erzegovina non sarebbero per l'Austria un equivalente della Venez.ia: queste provincie povere e rozze sarebbero per l'Austria una cagione di debolezza, e scemerebbero le sue risorse anziché aumentarle.

Si è insinuato altresì che la Slesia potrebbe indennizzare l'Austria. Il Gabinetto di Vienna è lungi dal desiderare codesta combinazione, esso preferisce che ogni Potenza conservi ciò che legalmente le appartiene. Se la guerra scoppiasse, se grandi successi militari consolidassero la potenza dell'Austria, e lasciassero nelle sue mani delle conquiste sicure, allora l'Austria potrebbe rinunciare ad un'antica provincia per conservarne una nuova, giacché una potenza vittoriosa può fare nell'interesse della pace delle concessioni che sono impossibili a fronte delle minacce, e che avrebbero solo per effetto di indebolirla e di incoraggiare i suoi nemici. Il Gabinetto di Vienna offenderebbe il sentimento dei suoi popoli e del suo esercito, se acconsentisse a negoziare l'abbandono della Venezia. Una soluzione di questo genere essendo impossibile, l'Austria sarebbe costretta a proclamare questa impossibilità in seno al Congresso, il che farebbe cadere su lei la responsabilità dell'insuccesso dei negoziati.

L'Austria non può considerar gli affari d'Italia che sotto il punto di vista dei trattati: per conseguenza il preteso diritto di nazionalità non esiste per essa. Il Gabinetto di Vienna non può accettare per la discussione degli affari d'Italia altro punto di partenza che il trattato di Zurigo, la cui non esecuzione è l'origine della situazione che preoccupa l'Europa.

Quest'argomentazione in seno alla Conferenza creerebbe delle difficoltà ad ogni momento: l'Austria fornirebbe cosi delle armi ai suoi nemici, i quali rigetterebbero su lei la responsabilità dell'insuccesso, e quanto più grandi sarebbero state le speranze concette colla riunione del Congresso, tanto più vivi sarebbero stati i rimproveri all'Austria, e le recriminazioni contro di lei, se i capi dei diversi Gabinetti e·uropei dovessero separarsi senza alcun risultato.

Il Gabinetto di Vienna accetterebbe il Congresso e lo desidererebbe eziandio, se avesse la guarentigia che niuna Potenza ha l'intenzione di servirsene come di un !!lezzo per raggiungere più comodamente lo scopo ch'essa esita a cercar d'ottenere colle armi.

Il Gabinetto austriaco spera che le Potenze veramente neutrali e disinteressate capiranno che non è sperabile una soluzione pacifica di questa questione, ammeno di reprimere le aspirazioni che sono incompatibili collo stato di pace; e se le Potenze neutrali non vogliono o non possono risolvere la questione opponendo una barriera a delle incessanti pretese, e a dei disegni continuamente aggressivi, esse debbono almeno lasciar la difesa libera quanto l'attacco. L'Austria è forte del suo diritto, essa non invoca il soccorso d'alcuno, ma reclama la facoltà di conservare ciò che le appartiene, finché non le sarà strappato dalla forza •.

Tale è, a quanto mi si assicura, il senso del dispaccio austriaco. * Non è improbabile che il testo stesso sia pubblicato fra breve nei giornali inglesi* (1). Intanto mi parve opportuno che V. E. conoscesse subito con esattezza il punto di vista a cui si è collocata l'Austria, rifiutando il Congresso.

701

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 4 giugno 1866 (per. il 13).

Dans une conversation que j'ai eu avec le Consul Général de Russie en parlant des relations qui existent entre l'Italie et la Russie, je crois, m'a-t-il dit que mon Gouvernement se méfie un peu de l'Italie; il croit que le parti d'action et le parti mazzinien sont trop puissants; que le Gouvernement Italien n'est pas maitre de la situation, il est obligé de satisfaire leurs exigences. En effet vous voyez que le Gouvernement appelle le Général Garibaldi pour lui donner le commandement des volontaires; le parti mazzinien aussi se remue. Enfin Votre Gouvernement met en mouvement les partis révolutionnaires et cela

donne des inquiétudes à la Russie. Elle craint que ces éléments pourraient un jour etre tournés contre elle.

Je lui ai répondu que ceux qui craignent que le Gouvernement n'est pas maìtre du pays étaient dans une grande erreur. Lorsque le Général Garibaldi a voulu envahir le Tyrol le Gouvernement l'en a empeché. Lorsque le Général Garibaldi a voulu aller à Rome le Gouvernement l'a arreté -donc le Gouvernement est fort et la Nation est avec lui.

Il est évident, je lui ai dit, que lorsqu'un Gouvernement Constitutionnel se prépare à une grande guerre comme celle de l'Italie contre l'Autriche il fait acte de saine politique en appelant tous les partis du pays à diviser avec lui les responsabilités qui en découlent.

Il m'a dit: • mais on prétend à tort ou à raison que l'Italie pousse les aventuriers comme Bulgaris et travaille pour faire naitre des troubles en Turquie •. • Cela n'est plus un erreur, lui dis-je, mais une calomnie puisque j'ai pour instruction d'employer en cas de besoin toute mon infl.uence pour empecher qu'aucun trouble n'arrive dans ces provinces turques. Vous connaissez mieux que moi l'esprit des Grenzer, eh bien, un jour je disais au Ministre: "Il est probable qu'un jour ou l'autre nous devrons faire la guerre à l'Autriche pour la Vénétie ne serait-il donc pas utile de mettre à profit le mécontentement qui règne dans les Grenzer contre l'Autriche et les préparer d'avance pour faire cause commune avec nous?. Le Ministre m'a répondu: • La révolution est une roue, cette roue nous a porté au sommet où nous sommes et si nous n'arretons pas la roue elle nous précipitera. Il faut donc arreter la roue" •. Mon collègue m'a répondu: • Cependant cela est un droit de la guerre •, et après il continua: • Alors Votre Gouvernement a deux politiques une ici et l'autre ailleurs; car les journaux prétendent que l'expédition de Bulgaris est l'reuvre de l'Italie et il me conste que l'Italie envoie des Agents dans les provinces turques •. • Le Gouvernement Italien est loyal et n'a qu'une seule politique celle d'un Gouvernement digne qui a droit au respect des toutes les Puissances » •

• Du reste, m'a-t-il dit, cela n'est que mon opinion personnelle •.

Cependant je dois observer à V. E. que le Consul Russe à Belgrade reçoit copie de tous les Rapports que les Ambassadeurs à Constantinople et à Vienne dirigent à son Gouvernement et de ceux que celui-ci leur écrit.

M. Garachanine a reçu hier de son Agent des nouvelles du Monténégro les plus importantes; elles se résument: que l'Autriche a tàché de faire une alliance avec le Prince Nicolas Ier mais elle a échoué.

Le Chef des Officiers instructeurs que le Gouvernement Serbe a envoyés au Monténégro se loue des progrès que les Monténégrins font dans l'instruction des armes. Ils apprennent avec beaucoup de facilité l'exercice etc. En cas de besoin le Monténégro pourra mettre sous les armes 20 mille hommes bien exercés ayant des bons fusils rayés en nombre suffisant et la fabrique de fusils qui est au Monténégro travaille très bien. Entre le Prince Nicolas Ier, Mirko Petrovitch et le Prince Michel règne la plus cordiale, la plus complète

entente. Ni le Prince Nicolas Ier ni Mirko Petrovitch ne se serviront plus de Zega dans leurs correspondances avec le Prince Michel. S'il le faut, l'Agent

envoyé par le Prince Miche! pourra servir de secrétaire. Il parait que M. Garachanine a des preuves que Zega est un espion autrichien. Enfin M. Garachanine m'a dit: • Ce n'est pas exact que le Monténégro a offert 4 mille hommes à l'Autriche contre les Italiens. Les fusils Monténégrins et Serbes pourraient se diriger contre l'Autriche jamais contre l'Italie •. C'est que peut-ètre il pense que jamais l'Italie ne se prètera à l'annexion à l'Autriche de quelques provinces Slaves de la Turquie en échange de la Vénétie car si nous faisions la guerre en faveur d'une pareille annexion ils seraient contre nous.

Le Consul Général de France après les observations que nous avions échangées sur la situation politique à Belgrade s'est décidé d'écrire à son Gouvernement pour lui démontrer que le moment est favorable pour rétablir ici l'influence de la France. J'espère que le jour n'est pas loin ou au lieu de pousser l'agent français, camme je le fais, à profiter des circonstances pour rétablir dans ce pays l'influence de la France je l'en détournerai au profit de l'Italie, puisque c'est l'Italie qui est la plus sympathique à Belgrade.

(l) Il brano fra asterischi è omesso in L V 9.

702

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 283)

T. Firenze, 5 giugno 1866, ore 11,45.

Quoique nous n'ayons aucune intention d'attaquer les premiers, s'il se vérifie que de nouvelles troupes autrichiennes arrivent en ltalie, il est indispensable de faire avancer nos corps d'armée au moins vers le Chiese. Si l'Empereur s'en préoccupait, vous devez lui faire observer que maitres de Mantoue et de Peschiera les autrichiens pourraient impunement venir nous faire sauter les ponts, rompre les chemins de fer et porter l'alarme en Lombardie. Vous pouvez encore ajouter que c'est le meilleur moyen d'empècher les volontaires de pénétrer en Vénétie. Garibaldi est toujours à Caprera. De Toulon on me signale le départ de l'escadre française; tachez de véri:fiier la chose. Je comprends que l'Empereur soit furieux surtout après la décision de la Diète de Francfort.

703

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI

T. 48. Firenze, 5 giugno 1866, ore 16,45.

Je désire savoir comment les déclarations favorables à vous faites récemment par Pfordten sur question vénitienne s'accordent au récent vote Diète

déclarant que question vénitienne intéresse Allemagne. Dites moi aussi s'il est vrai, comme dit télégraphie privée, que des troupes autrichiennes traversent des territoires bavarois.

704

IL GENERALE GOVONE AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA (l)

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 290 e in Govone, p. 522)

T. Pa1·igi, 5 giugno 1866, ore 14,30 (per. ore 18).

J'arriverai le 8 matin. Bismarck a beaucoup insisté pour que l'Italie attaque la première afin d'entraìner le Roi de Prusse. Je ne lui ai laissé aucun espoir à cet égard, mais il serait urgent aujourd'hui que la Prusse engage la lutte, car avant deux semaines l'Autriche sera aussi forte qu'elle. Les nouvelles militaires de Berlin portent que le corps de Holstein sera bientòt transporté à l'armée du nord. Bismarck fera tout son possible pour entraìner le Roi; il a terminé en disant qu'à peine il aura dédaré la guerre,

il en préviendra V. E. par télégraphe. Bismarck m'a avoué négociations secrètes du Roi avec l'Autriche qui se poursuivent encore, mais il n'y attache pas grande importance.
705

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 383. Pietroburgo, 5 giugno 1866, ore 15,30 (per. ore 22).

* Russie comme France· et Angleterre renoncent conférence * (2) dans un pareil état de choses. Le Roi de Prusse écrit à l'Empereur ses regrets de la non réussite de cette tentative de conciliation. Vent tourne contre l'Autriche. On ne s'explique pas ici l'absence de dépéche télégraphique de la part du Gouvernement du Roi. Députation de Bukarest reçue ici particulièrement, elle espère une attitude passive de la Russie.

(l 1 Il telegramma fu inviato tramite la legazione a Parigi.

(2) Il brano fra asterischi è edito in LA MARMORA, p. 283.

706

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, p. 284)

T. 386. Monaco, 5 giugno 1866, ore 18,55.

Pfordten vient de me dire après nouvelle avortement conférence, * qu'il n'avait aucune confiance dans le succès et* (l) que l'Autriche en présence de l'esprit militaire de l'armée et l'enthousiasme des populations, n'aurait jamais pu céder Vénétie pacifiquement: qu'à son avis et de celui meme des autrichiens les plus favorables à pareille solution, cette cession ne peut avoir lieu qu'après guerre non seulement désastreuse mais meme victorieuse. * Pfordten m'a confirmé * Bavière suivra politique ,initiée et se déclarera contre l'agresseur. *Il m'a assuré avoir reçu de Vienne l'assurance positive, postérieure à la rupture du congrès, que l'Autriche n'attaquera pas pour sur la première ni la Prusse ni l'Italie *. Pfordten m'a répété ce dont il est question dans mon dernier télégramme * au sujet de la politique bavaroise envers l'Italie en cas de guerre austro-italienne *, en accentuant davantage cette fois neutralité impossible si territoire fédéral est attaqué par nous, nommément Trieste. * Des instructions ont été déjà envoyées en ce sens au comte Hompesch pour demander explications et se tenir prèt à partir* (2).

707

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 286-287)

L. P. Parigi, 5 giugno 1866.

Il Duca di Gramont è partito jeri per Vienna, dopo aver avuto una lunga conferenza coll'Imperatore e con Drouyn de Lhuys. Il Principe Napoleone che vide Gramont prima della sua partenza, mi disse che quest'Ambasciatore è incaricato di proporre al Gabinetto di Vienna quanto segue: L'Austria prometterebbe la cessione della Venezia nel caso in cui essa fosse vincitrice contro la Prussia; dal lato suo l'Imperatore prometterebbe la neutralità della

Francia. Quanto all'Italia, essa farebbe la guerra come se nulla fosse, giacché l'Imperatore non piglierebbe impegni che per sé.

Oramai parmi che sia venuto il tempo di rompere gli indugi. L'Austria s'è messa nel suo torto rifiutando il Congresso e deferendo alla Dieta la questione dei ducati. Io penso ch'Ella dovrebbe quindi spingere risolutamente Bismarck a dichiarare la guerra, essendo d'assoluta importanza che l'iniziativa non venga da noi.

Quanto alla Francia, il di Lei intervento in Italia non è reclamato da noi; e l'alleanza Prusso-francese non mi pare attuabile prima dell'apertura delle ostilità; sarà in ogni caso molto difficile perché dall'una parte alla Prussia ripugna il cedere provincie tedesche, e dall'altra l'Imperatore non è molto portato in questo momento a crearsi difficoltà. L'Imperatore, secondo ogni probabilità, aspetterà quindi prima di tutto la risposta alle proposizioni portate da Gramont. Se questa risposta è affermativa, rimarrà tranquillo; se invece la risposta è negativa rifletterà di nuovo. Avrò cura di vedere l'Imperatore quando questa risposta sarà arrivata, e le scriverò per telegrafo. Parmi ad ogni modo che per noi la guerra cominci sotto buoni auspizii. Le notizie militari mandate da Smith sono buone, ed hanno rassicurato l'Imperatore il quale non era senza inquietudine.

Le raccomando di nuovo, anche a costo d'annojarla, d'impedire che i volontari commettano qualche atto d'indisciplina o d'ostilità. Io qui dico a tutti che il Governo del Re è assolutamente padrone della situazione, e lo dico tanto più alto, quanto più ne sono convinto.

*P. S. -L'Austria nella sua risposta all'invito pel Congresso fece allusione, a quanto mi disse Drouyn de Lhuys, alla convenienza che ci sarebbe stata di invitare anche la Santa Sede* (1).

(l) -I brani fra asterischi non sono editi in LA MARMORA. (2) -Cfr. il t. 385, pari data, di Oldoini; « Je crains que V. E. n'interprete par ma rédaction pressée, paroles de Pfordten comme menace. Au lieu de Hompesch pret à partir, il m'a dit qu'il ne restera à Florence, et meme ajouté après la guerre il y a la paix ».
708

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 292-293)

T. Parigi, 6 giugno 1866, ore 5,55 (per. ore 7,55).

L'Empereur a l'intention de faire un message aux Chambres pour exposer ses tentatives pacifiques et les causes qui ont fait avorter le congrès. Dans ce message l'Empereur dirait qu'en désirant complète indépendance de l'Italie, il ne convoite pas d'agrandissement territorial pour la France.

(l) II brano fra asterischi è omesso in LA MARMORA.

709

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI. LA MARMORA, AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 51. Firenze, 6 giugno 1866, o1'e 9,30.

La nouvelle du refus de l'Autriche de discuter question vénitienne nous est venue d'abord de vous et j'ai vu par vos télégrammes successifs que vous étiez très bien informé, Kisseleff n'a fait ici aucune démarche relative à l'abandon du projet de conférence. Par dépèche du l•r Juin (l) adressée à vous et communiquée à Kisseleff, ayant accepté invitation nous n'avions qu'à attendre qu'on nous dégageat. C'est pourquoi je n'ai rien eu à vous télégraphier. Aujourd'hui que projet conférence est officiellement abandonné il reste à surveiller de près l'action exercée par la Russie sur l'Autriche et la Prusse, entre lesquelles on pourrait bien tacher à St. Pétersbourg d'amener un rapprochement. Je m'en rapporte à vous pour y faire attention. L'attitude de l'Italie ne change pas.

710

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI

T. 52. Firenze, 6 giugno 1866, ore 12,15.

D'après vos derniers télégrammes il parait que la Bavière se préoccupe beaucoup moins du Tyrol italien que de Trieste, quoique le Tyrol aussi soit territoire fédéral. Tachez avec les précautions convenables de bien éclaircir cela. Tachez aussi de vous assurer si cette opposition, quelle qu'elle soit, ne concerne que l'éventualité d'une réunion définitive de tels ou tels territoires fédéraux à l'Italie, ou si l'on a la prétention que les hostilités mèmes soient localisées au territoire non fédéral.

711

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 292)

T. Firenze, 6 giugno 1866, ore 13,20.

Tachez de voir ou de faire savoir à l'Empereur que le comte d'Usedom vient de me lire un télégramme de Bismarck d'apYès lequel les troupes prus

siennes vont entrer dans le Holstein, et qui ajoute que d'après le langage du comte Karoly, les hostilités peuvent s'ensuivre immédiatement. Vous savez que le traité nous oblige à déclarer la guerre aussitòt après. Il me semble que nous ne pouvons plus différer de nous rapprocher de la frontière.

(l) Cfr. n. 684.

712

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 291-292)

T. Berlino, 6 giugno 1866, ore 14,30 (per. o1·e 19).

Le ministre de Prusse à Vienne télégraphie au comte Bismark, que le due de Gramont est attendu aujourd'hui porteur de nouvel1es propositions relatives au congrès.

Bismark a immédiatement télégraphié à Paris, qu'il ne croyait pas possible de revenir là-dessus, et que ce serait contraire aux intentions de la Prusse.

Cet incident ne parait pas avoir de portée sérieuse. L'Autriche a contremandé l'envoi de troupes en Holstein, mais a maintenu la convocation des États pour le onze. En meme temps le ministre d'Autriche a déclaré hier au comte Bismark que par sa proposition à Francfort, l'Autriche ne croyait pas avoir vlolé le traité de Gastein. Bismark a décliné toute espèce d'explication, et a maintenu ses précédentes déclarations. La situation l'este donc la méme, et le ministre d'Autriche fait ostensiblement ses préparatifs de départ.

L'on croit toujours que la guerre commencera sous peu, par des collisions en Holstein, qui va etre occupé par de nombreuses troupes prussiennes, ou bien par ultimatum de 'la Prusse au sujet de la convocation des États.

Cependant Bismark * toujours doutant du Roi * (l) m'a dit encore au moment où je sortais: Vous nous rend1·iez un fameux service en attaquant les premiers.

* D'après ce que m'a dit Bismarck il vaudrai·t mieux que le colone! Avet, qui ne lui est pas présenté portat le titre d'attaché militaire au lieu de commissaire royal qui en Allemagne a une signification moins relevée. J'attends réponse pour adresser demande de présentation au Roi *.

(l) I brani fra asterischi non sono editi.

713

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 290-291)

T. Monaco, 6 giugno 1866, ore 19,45 (per. ore 0,25 del 7). * En réponse au télégramme de V. E. * (1). M. de Pfordten vient de me dire Que dans nos entretiens a parlé

comme ministre bavarois et comme tel il m'a autorisé à renouveler l'assurance qu'il n'est pas hostile à l'Italie, tant qu'elle respecte le territoire fédéral, et qu'en ce cas la Bavière comme État indépendant n'interviendrait pas dans le conflit austro-italien.

Mais que comme membre de la Confédération, la Bavière doit respecter et accepter les votes de la Diète et défendre ses intérets et ses droits, et que l'intéret fédéral en cette occasion comme en 1859, pourrait bien voir dans la perte de la Vénétie, un dang,er pour la siìreté des frontières fédérales.

Quant au passage exceptionnel de troupes autrichiennes, Pfordten m'a dit ignorer complètement le fait. Il a ajouté que l'Autriche a droit route militaire en Bavière pour garnisons forteresses fédérales. Quant aux changemens de ses propres garnisons coupées par les territoires bavarois, nommément le Tyrol, ce droit lui est acquis en fait. Pfordten m'a dit contrairement aux assertions télégraphiques des journuax, que la Bavière n'a pas conseillé à l'Autriche pour ou contre réserves à son acceptation du congrès. Pfordten a terminé l'entretien en me disant sans y etre provoqué que les momens sont trop graves pour ne pas me prier de m'abstenir le cas échéant de lui demander ce que fera la Bavière, toujours pret à répondre à des faits, mais non à des éventualités.

S. E. ajouta de son chef avec vivacité: ayez donc patience, et ne vous pressez pas de faire la guerre. Ensuite se reprenant d'un ton amica! il me répéta que Hompesh avait ses instructions conformément à mon télégramme d'hier, et que si territoire fédéral est respecté, son désir comme ministre bavarois serait de conserver de bons rapports avec l'Itatlie. Le ministre de Russie aujourd'hui en ville m'a dit qu'à son avis particulier la Russie ne se mèlerait pas le cas échéant de la guerre générale si c'est possible, mais qu'elle ne pourrait jamais laisser amoindrir la Prusse en fait de puissance et de territoire. Il est très difficile en ce moment d'avoir ici des renseignemens exacts; plusieurs diplomates so n t à la campagne *.

L'opinion générale est que la guerre est inévitable et les diplomates mèmes non allemands croient impossible pour le Gouvernemenrt bavarois si meme il le voulait, de rester neutre désormais.

M. Pfordten m'a dit que maintenant sa responsabilité était couverte par le Parlement.

(l) Cfr. n. 703. I brani fra asterischi non sono editi.

714

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 57. Berlino, 6 giugno 1866.

J'ai l'honneur d'accuser réception à V. E., et je m'empresse de La remercier de sa dépeche du ler couranJt (Cabinet N. 35) contenant copie de la réponse faite par le Gouvernement du Roi à la proposition de Congrès qui lui avait été adressée par les trois Puissances neutres (1). L'opinion publique en Allemagne, aussi bien que celle de la diplomatie, ont beaucoup approuvé la spontanéité avec laquelle le Cabinet de Florence a accueilli cette proposition; toutes deux y ont vu une nouvelle preuve de la confìance qu'avait l'Italie dans son bon droit et dans le jugement favorable à ses unanimes aspirations nationales que n'aurait pas manqué de prononcer le Congrès.

J'ai eu soin précédemment d'appeler l'attention de V. E. sur le peu de sympathie que rencontrait en Prusse et surtout à Berlin la perspective d'une guerre· avec l'Autriche. Aujourd'hui que la lutte est devenue imminente, ce sentiment a pris un caractère encore plus prononcé; et ce qui est bien autrement signifìcatif, c'est que l'autorité municipale, bien loin de chercher par son attitude à relever le moral de la population et de donner à cette dernière du travail, semble au contraire s'associer à ses répugnances en restant dans une complète inaction. Les souffrances inévitables du commerce et de l'industrie jointes à cette inertie déplorable de l'administration, ont nécessairement amené le chòmage dans la classe ouvrière qui supporte difficilement un pareil état de choses et, par des rassemblements tumultueux sur quelques points de la capitale, a déjà donné des signes publics de son profond mécontentement. Si malheureusement la crise actuelle devait se prolonger encore quelque temps, il est à craindre qu'avec une masse flottante de 45 mille ouvriers, à peu près sans travail, des troubles sérieux viennent à éclater. L'autorité a bien pris des précautions, mais au plus petit échec éprouvé par l'armée Prussienne, l'opinion générale est que ces précautions deviendraient insuffisantes et ne résisteraient pas à l'explosion de l'irritation populaire.

Ce tableau de la physionomie de la capitale serait bien décourageant s'il n'était tempéré par l'attitude de l'armée dont l'esprit, d'abord peu porté pour une guerre contre l'Autriche, s'est sensiblement relevé à mesure qu'elle s'est avancée vers la frontière. Sous ce rapport il s'est produit une amélioration notable et l'espérance de vaincre l'armée autrichienne a visiblement gagné du terrain.

Toutes les chances d'un Congrès ayant disparu, et toutes les tentatives secrètes ou apparentes de conciliation étant venues échouer devant les impossibilités d'une situation sans issue, la grande préoccupation du moment se concentre tout entière sur la prévision de l'incident qui doit amener le com

mencement de la lutte. Ainsi que j'ai eu l'honneur de le mander à V. E. c'est dans le Holstein où la Prusse va envoyer des troupes, que l'on suppose devoir éclater la première collision avec l'Autriche. Il est difficile que les troupes Autrichiennes voient arriver de sang-froid les bataillons Prussiens, elles ne peuvent pas davantage se retirer devant eux. Il y a là une situation militaire des plus critiques d'où il est bicn difficile qu'il ne sorte pas quelques coups de fusil suivis immédiatement d'une conflagration générale.

A un autre point de vue les deux Puissances vont se heurter à un conflit tout aussi redoutable dans ses conséquences belliqueuses. Sùre comme elle l'est de l'appui des populations unanimement hostiles à la Prusse, l'Autriche a convoqué pour le 11 de ce mois les Etats Généraux qui devront émettre leurs voeux et proclameraient indubitab1ement, meme en présence des troupes Prussiennes, la souveraineté du Due d'Augustenbourg. La Prusse dans l'intéret de sa dignité, aussi bien que de sa politique, ne peut souffrir la réalisation d'un pareil projet qui aux difficultés déjà si grandes de sa position ajouterait, aux yeux de l'Europe, l'autorité si décisive du fait accompli. Au point où les choses en sont arrivéés, une protestation de la part de la Prusse, quelque énergique qu'elle pùt etre, serait sans effet, et il est fort probable qu'elle y substituera un véritable ultimatum se terminant par une déclaration de guerre.

Je ne parle pas des probabilités de collision bien autrement redoutabl,es résultant de la présence de près de six cents mille hommes en armes sur la frontière Saxonne et que quelques lieues à peine séparent. Il est évident que dans cette position l'on n'attend de part et d'autre qu'un premier coup de fusil dans le Holstein pour engager une grande action militaire. Mais, si l'étincelle qui doit partir du Holstein se fait trop longtemps désirer, n'est-il pas à présumer que d'un comrnun accord l'on fera naìtre une occasion de conflit?

De quelque còté donc que l'on envisage la situation l'on n'aperçoit que

la guerre comme solution inévitable de tant de complications; et si l'on en

croit les prévisions générales, il ne se passera que quelqucs jours avant de

la voir éclater.

(l) Cfr. n. 684.

715

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 125. Londra, 6 giugno 1866.

Mi pervenne avant'jeri notte la risposta che Ella mi fece l'onore di indirizzarmi col dispaccio di Gabinetto n. 55 per essere comunicata a Lord Clarendon circa l'accettazione della conferenza (1). Aveva appunto scritto per

veder quest'ultimo, il quale mi rispose che sopra carico con consigli di Gabinetto e camera dei Pari non potrebbe ricevermi che questa mane alle 12. Pensai utile di trasmettergli confidenzialmente subito copia della risposta,

sapendo che il consiglio doveva parlare appunto di quella materia.

Questa mattina Lord Clarendon mi ha espresso la sua soddisfazione di veder accolte da noi senza reticenze queste proposizioni. Tornò a ridire quanto gradisse il non recarsi a questa ardua impresa e riparlò dell'equivalente a tornar a mettersi al pilori.

Espresse la sua opinione che l'Austria fosse stata molto male ispirata col farsi imputare la caduta della conferenza (1). Disse che sarebbe stato più abile il venire a sentire quanto aveva a proporglisi e poi, se voleva, dire ai plenipotenziarii quanto scrisse nel dispaccio.

Gli domandai se questo giravolta nella politica austriaca egli lo attribuisse a qualche motivo speciale, come per esempio a qualche riavvicinamento alla Russia. Mi disse di no: che bastava il dire che l'Austria con seicento mila armati non credesse poter cedere ad una minaccia senza arrischiare una rivo1uzione in casa.

Aggiunse che da quanto gli si scriveva esisteva in Austria contro la Prussia una detestazione che non si aveva per l'Italia. Del resto aver sempre l'Austria progredito in questo affare con riserve e titubanze. Essersi dovuto cambiar la redazione della nota comune. Se no non l'avrebbe accettata. Aver la Russia suggerito questo è vero, ma temer questa potenza di trovar antecedenti per altre questioni sue.

. Parlò in modo lusinghiero della politica francese però esprimendo qual

che timore su i risultati di un suo intervento in Italia, e disse di averne

scritto al Signor Elliot coll'ultimo corriere. Osservò che sarebbe stato essen

ziale il sapere quale fosse in queste quistioni il fondo vero del pensiero impe

riale in Parigi. Ma parve crederlo portato a conciliarsi il partito clericale

prendendo in mano una più gran estensione del potere temporale.

Mi si dice da buona fonte che gran parte dell'avversione che aveva questo

Ministro degli Esteri ad andare alla conferenza era la necessità di prendere

una posizione accentuée contro l'Austria, poiché andava coll'intenzione di cam

minar d'accordo col Gabinetto di Parigi. E che temeva inoltre di trovarsi far

una figura poco brillante dal momento che dopo gran perorare, egli avesse

dovuto contentarsi di tornir frasi mentre la Francia avrebbe unito i detti ai

fatti. Avrebbe avuto dunque il difficile incarico di andar d'accordo senza ren

dersi solidario e senza gli si potesse poi rinfacciare di aver agito in modo

da rendersi complice di quanto il Gabinetto Francese avesse tentato di poco

consono alle idee Inglesi.

E questa sarebbe l'interpretazione del famoso pilori e spiegherebbe la

gioia di starsene all'infuori di tali complicazioni.

Pare che la Francia abbia qualche desiderio di constatare a danno del

l'Austria che essa sia stata la cagione della caduta della conferenza fissando

certi punti che sarebbero poi i punti di partenza per ulteriori negoziati in caso

27 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

che la guerra andasse male. Pur troppo mi tocca dirlo una volta di più che a Parigi non si perde mai di vista l'ipotesi di una nostra non riuscita.

Oercai di sapere quali fossero questi punti ma Lord Clarendon non parve ammettere che le cose stessero come mi era stato detto da altra fonte che credo ottima. La Francia invece insiste dicendo che se non si vogliono stabilire queste basi allora non gli si rimproveri poi d'agire per conto suo. Parve molto poco sicuro di quanto accadrebbe ora. Ma non aveva ricevUll;o stamane notizie che indicassero avvenimenti immediati e rotture o ostilità.

Parlò del suo diverbio con Disraeli di lunedì sera, e gli dissi che appena la politica estera diventava minacciosa la Camera dei Comuni escludeva subito l'idea dei Tories al potere; essendo stato così nel 59 e così nel momento attuale. E sopra tutto la politica verso l'Italia non volersi a nes~un patto mettere in mano di Lord Derby. E così presi commiato.

(l) Cfr. n. 684.

(l) Un estratto di questo passo del rapporto è edito, profondamente modificato, in L V 9, pp. 695-696.

716

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 104. Pietroburgo, 6 giugno 1866.

Peu après l'expédition de mes derniers rapports confidentiels du 2 de ce mois (1), les nouvelles de Vienne laissaient clairement entrevoir que la diplomatie allait etre à bout d'expédients. Le surlendemain, le Gouvernement Russe envisageait la Conférence comme très prob~ématique, et dès lors la guerre camme étant presque inévitable. Hier, il n'y avait plus aucun doute sur la non réussite des tentatives pacifiques.

Les télégrammes de Londres et de Paris portaient que Lord Clarendon et

M. Drouyn de Lhuys avaient déjà fait notifier à Vienne qu'ils renonçaient à leur oeuvre de médiation. Le Prince Gortchacow s'est associé à leur manière de voir. En effet, du moment où l'Autriche s'opposait à tout remaniement territorial, en écartant ainsi la question de la Vénétie, du moment où elle déférait l'affaire des Duchés de l'Elbe à la Diète Germanique, en la rayant ainsi du programme formulé par les trois Puissances neutres, il ne serait resté sur le tapis vert que la question des réformes fédérales, sur laquelle la compétence de l'Aréopage européen n'était pas absolue. A quoi bon, dès lors, ouvrir des conférences dont les délibérations eussent été d'avance frappées de stérilité?

Aussi, le Vice Chancelier s'est empressé de s'exprimer dans ce sens auprès de l'Empereur, qui s'est rangé à son avis, non sans regretter vivement que ses démarches fussent restées infructueuses.

S. E. m'a confirmé ce matin de vive v o ix ces renseignements: • Eh bien! disait-elle, bella, horrida bella! La. guerre va se déchainer •. Il m'a donné lecture des différents télégrammes qui se référaient à la dernière phase des négociations.

J'ai fait observer que, dans tous les cas, l'exeat avait été signé par l'Autriche. Elle avait sans doute bien fait d'épargner une plus Iongue perte de temps, de mettre un terme à des espérances illusoires de sa part, et d'empecher un déplacement inutile des Ministres des Affaires Etrangères. Mais l'opinion publique peut lui reprocher, puisqu'elle était fermement résolue à ne pas accepter de transaction, que l'·expression nette de sa pensée bien arretée se soit ainsi faite attendre. Quoi qu'il en soit, la Russie, aussi bien que la France et l'Angleterre, devront reconnaitre que la comparaison est à l'avantage de l'Italie et de la Prusse, qui n'ont pas hésité, elles, à se rendre aux désirs des trois Puissances. Sans demander officiellement une réponse au Ministre Impérial, j'ai du moins manifesté l'espoir qu'au fond de son ame il réserverait quelque sympathie pour l'Italie, dont la cause par elle-meme était noble et belle. • A votre avis, ai-je ajouté, la lutte est inévitable. Ce sera alors notre troisième guerre punique, et nous l'entreprendrons avec une ardeur d'excellent augure pour notre triomphe définitif •.

S. E. espérait que la guerre serait de courte durée, et que le Gouvernement Russe, de concert avec les Cabinets de Paris et de Londres, pourrait bient:Ot reprendre le fil des négociations interrompues. C'est probablement pour rester fidèle à ce role de médiateur passé et futur, que le Prince Gortchacow s'est abstenu de critiquer la conduite de la Cour de Vienne. Il attribuait les retards de celle-ci à se prononcer, au motif assez explicable de trainer les choses en longuer jusqu'au moment où elle aurait achevé les préparatifs indispensables pour soutenir avec vigueur le choc de ses deux ennemis.

Le Secrétaire Général, que j'avais vu la veille, s'exprimait plus ouvertement. Selon sa manière de voir, l'Autriche a trompé les Puissances neutres sur ses intentions. Le parti militaire, tout puissant aujourd'hui comme en 1859, veut la guerre. En outre, il se ferait l'illusion de croire qu'il parviendrait, comme la .Russie lors des affaires de Pologne, à maintenir complètement la situation, et cela sans se rendre compte que les conjonctures ne sont pas les mémes.

J e sais par une autre source que, depuis le départ de la Reine Olga de Wi.irtemberg, qui rompait bien des lances en faveur de son Royaume dont elle croyait le sort lié à celui de l'Autriche, cette dernière Puissance a perdu du terrain ici, surtout ensuite de ses tergiversations récentes. Sans doute, on ne porte pas aux nues la politique du Comte de Bismarck, mais du moins maintenant la Prusse n'est plus aussi distancée dans les préférences un moment accordées ici à sa rivale. D'ailleurs, on ne saurait oublier à St. Pétersbourg les services rendus par le Ministre du Roi Guillaume, lorsque la Russie était menacée d'une coalition européenne en 1863; et, fùt-on disposé à les méconnaitre, on serait retenu par la considération que l'inimitié de la Prusse créerait les plus graves embarras dans le Royaume de Pologne. Il est vrai que l'Autriche de so n còté €galement pourrait réveiller, au besoin, cette question. Dans ces prévisions, la Russie est tenue en échec, et c'est là une garantie de plus de son attitude passive dans le conflit actuel, surtout si on le localise autant que possible.

Il y a toujours une correspondance assez suivie entre les Souverains de Russie et de Prusse. D'une part, exhortations empreintes d'un mysticisme religieux et philosophique: conseils de s'adresser à Dieu et d'écouter la voix de la conscience, avant de faire appel à l'ultima ratio: tableaux déchirants d'une guerre, qui serait un crime de lèse-humanité. Un directeur spirituel, ou Bernardin de St. Pierre, ne parleraient pas mieux. D'autre part, explications sur la nécessité de régler les différends actuels; défaut de condescendance à Vienne. Parfois l'oncle se révolte poliment contre les prédications du neveu. Il rappelle son age avancé, son expérience, qui le prédisposent à s'adresser à la Providence, et à écouter la voix de la raison et non celle de l'ambition.

De son còté, M. d'Oubril a de fréquents entretiens avec M. de Bismarck; récemment encore, pour sonder le terrain, il faisait allusion à la possibilité de désintéresser la Prusse moyennant les Duchés. Le Président du Conseil répondait qu'il avait des alliés qu'il n'abandonnerait pas. Ce propos donne beaucoup à penser ici.

Le Comte de Stackelberg a mandé que l'Autriche, vers le 10 Juin, disposerait de 370/m hommes concentrés vers la frontière Prussienne. D'un autre còté, il me revient que cette Puissance placerait 250/m hommes dans la Vénétie, et garderait 150/m hommes pour la réserve et pour les garnisons à l'intérieur de l'Empire. Le Prince Gortchacow semble croire aux succès contre la Prusse de la part de l'Autriche, dont les armées sont mieux aguerries, et les généraux plus expérimentés. Le Général Totleben, de défenseur de Sébastopol, parie au contraire pour des premières victoires du còté de la Prusse, dont les armements sont si perfectionnés et dont le fusi! à aiguille surtout produira un grand effet sur l'ennemi. Mais il ne répond pas de la suite des événements, vu la ténacité des troupes autrichiennes, mieux commandées, et leur organisation qui comporte avec plus de facilité des appels successifs sous les drapeaux. Quant à l'Italie, le Général Totleben sans nier que depuis 1859, les Autrichiens eussent fait de notables progrès donnait de 'grands éloges à nos troupes, formées sur le modèle de celles qu'il avait vues à l'oeuvre en Crimée.

Jusqu'ici le bureau de St. Pétersbourg expédiait mes télégrammes par la voie de l'Autriche, camme étant la plus directe. J'ai cru à propos, dans les circonstances actuelles, de les faire acheminer par la voie de France, de préférence aussi à celle de la Suisse. Je prie V. E. de donner des ordres en conséquence (1).

Néanmoins ces députés vont partir avec la conviction, résultant de l'ensemble des paroles du Vice-Chancelier, que la Russie gardera pour san compte une attitude expectante, et que les Principautés peuvent dès lors etre rassurées contre un projet d'intervention armée, de ce còté aussi bien que du còté de la Sublime Porte. Le Baron de Talleyrandcroit aussi à cette attitude expectante de la Russie.

Le Cabinet de St. Pétersbourg n'insiste pas moins pour la dissolution de la Conférence.

En attendant, le Gouvemement Prussien a cru à propos de faire donner lecture ici d'une dépéche, pour dégager la Cour de Berlin de toute connivence, meme indirecte, avec la résolution prise par le Prince de Hohenzollem. Mais il laissait en meme temps entrevoir qu'une 'semblable résolution présenterait certains avantages, et que la Russie nommément aurait un intéret à ne pas s'opposer à l'installation du nouvel Hospodar. Le Ministre impérialdes Affaires Etrangères s'est borné à répondre par ces mots: c an v erra •.

(l) Non pubblicati.

(l) Si pubblica qui un brano del r. confidenziale 105, pari data. di Launay: c Une députation Moldo-Valaque, munie d'anciens pouvoirs du Gouvemement provisoire, confirmés cependant par le Prince Charles de Hohenzollem, vient d'arriver ici. Elle a été reçue privatim par le Prince Gortchacow, qui lui a tenu un langage analogue à celui que la diplomatie a déjà entendu de sa bouche.

717

IL GENERALE TDRR AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. Torino, 6 giugno 1866.

Abiate la bonta di vedere al piu presto Sua Maestà.

l) Il Governo del Re deve far conoscere al Principe di Serbia le sue intenzione e far tutto onde ingagiare il Principe di esserci buono e di agevolarci senza comprometersi.

2) Importante di mettere una somma di almeno 500 mille franchi ala disposizione del ambasciata Italiana a Costantinopoli dalla quale io possa tirare i necessari fondi. Finalmente desidererei che Caranti sia poi specialmente incaricato della sorveglianza amministrativa insoma una specie Comissario Governativo.

Ho visto Bosio io credo ch'eg1i :lìara bene ma per operare veramente concordemente sarebbe necessario che voi meteste in luogo di Durando Brunenghi a Bosna Seraj, allora io sono persuaso che Scovasso Bosio e Brunenghi concordemente faranno tutto per agevolarci le nostre operazioni. Giacche Durando domanda un permesso accordatelo e metete temporariamente Brunenghi al suo posto.

Parto questa sera spero di ritornare prima che il canone parlasse. Oggi i ministri devono sentirsi colpevo1i giacche il tempo ci stringe talmente che non so come combinare in fretta tutto.

P. S. -Bisogna domandare un berat per Cav. Bosio con telegrama dal Visconti come pure non bisognerebbe perdere tempo, ma partire Bosio imediatamente con un vapore se non da guerra qualche altro vapore di Socetà quale si trova in servizio di Stato, il stesso vapore dovrebbe riportare Durio per avere il mano libero.

718

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 293)

T. Berlino, 7 giugno 1866, ore 16,40 (per. ore 20,45).

La prétendue proposition dont le due de Gramont devait etre porteur n'existe pas.

Les troupes prussiennes entrent aujourd'hui dans le Holstein.

Le général Manteuffel, qui en donnera avis au général autrichien, a pleins pouvoirs pour agir suivant les circonstances, et pour s'opposer meme parla force, à la convocation des états sans une entente préalable entre les deux puissances. Les autrichiens se concentrent à Altona, avec l'intention d'y établir le siège

du Gouvernement.

Le ministre d'Autriche a donné à entendre au comte de Bismark qu'à la moindre collision en Holstein, l'Autriche y répondrait par l'entrée en Silésie.

Le Roi partira lundi pour Gorlitz en Silésie. Bismark l'accompagne.

Le colonel Avet sera reçu demain par le Roi, qui a exprimé le désir de me voir en meme temps.

719

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 395. Monaco, 7 giugno 1866, ore 18,30 (per. ore 21,30).

Je viens d'apprendre de bonne source que von der Pfordten, après l'avortement du congrès, a émis l'idée, envers les ministres de Prusse et d'Autriche ici, de réunir une conférence allemande à trois, nommément entre Bismarck, Mensdorff et un représentant des Etats secondaires allemands, pour le différend austro-prussien, mais il ne veut faire de proposition sans l'assurance d'acceptation d'avance (1). Pfordten dans mes récents entretiens, et la légation de Prusse ce matin, ne m'ont rien dit à ce sujet; cette dernière meme dit n'avoir aucune nouvelle; le premier est très réservé envers nous. Ici la commission militaire des Etats secondaires est tombée d'accord au sujet des deux corps, septième et huitième, de l'armée fédérale. Le maréchal prince Charles de Bavière est commandant du septième et en chef des deux; le prince de Hesse est commandant du 8ème. Le général bavarois Tann chef de l'état major. Le 8ème corps d'armée dans le Palatinat, le 7ème bavarois, plus nombreux, à la frontière de Hesse et spécialement de Saxe; le corps d'armée exclusivement saxon au sud de la Saxe, pret à se replier sur les bavarois ou sur les autrichiens. Des nouvelles particulières de Berlin arrivées ici dans le corps diplomatique ennemi font espérer aux intéressés que le Roi de Prusse ne veut pas prononcer le dernier mot pour la guerre, et qu'on fait en ce moment de grands efforts pour l'empecher.

720

IL CONSOLE GENERALE A BELGRADO, SCOVASSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CIFRATO S. N. Belgrado, 7 giugno 1866 (per. il 15).

L'Agent envoyé en Croatie est revenu à Belgrade. Il a dit qu'il n'y a rien à faire, presque tous les chefs du parti contre l'Autriche so n t partis.

M. Garachanine prétend meme que l'argent qu'on dépenserait pour rénouer des relations ce serait de l'argent perdu. M. Orescovitch pense au contraire que

si on avait de l'argent et que la Serbie voulut se preter pour fournir les fusils et les munitions on pourrait encore rassembler ici, en. Serbie, un corps de cinq à six mille Grenzer meme plus pour les lancer en Croatie et Slavonie; mais maintenant, dit M. Orescovitch, M. Garachanine ne veut plus se preter à aucune entreprise ni contre la Turquie ni contre l'Autriche.

En effet je crois observer que le Gouvernement Serbe n'est plus si animé comme ill'était encore ces jours derniers en prévoyance d'une grande révolution en Turquie au moment où l'Autriche serait en guerre avec l'Italie et la Prusse; et quoique Garachanine ait reçu hier de Paris l'assurance que le congrès a échoué et la guerre aura lieu, il ne se ranime pas. Il me paraìt avoir pour le moment renoncé à ses idées belliqueuses contre la Turquie.

Il se peut que deux causes aient contribué à réfroidir le Gouvernement Serbe: l) Les conseils et peut-ètre aussi les menaces de la Russie qui probablement ne désire pas qu'il y ait pour le moment des troubles en Turquie.

2) La Serbie n'est pas encore bien préparée pour commencer la lutte.

Cependant si M. Garachanine ne pourra pas empecher la révolution d'éclater depuis l'Epire ou l'Albanie jusqu'à la Bosnie, et le Montenegro d'appuyer une pareille révolution, la Serbie sera forcée de prendre part à la lutte, mème contre les conseils et la volonté de la Russie.

Le Consul de France ne fait que recommander de la part de son Gouvernement au Gouvernement Serbe de se tenir tranquille, de civiliser son pays, le faire prospérer et d'attendre.

Les 5èmes bataillons des régiments se disposent à marcher. On me dit qu'en 1848 les régiments des Petervardeiner et des Lihhaner ont fourni sept bataillons chacun -chose extraordinaire -mais tous les régiments ne peuvent pas fournir le meme contingent.

P. S. -Prego instantemente l'E. V. di voler avere la degnazione di farmi segnar ricevuta dei miei Rapporti Confidenziali Cifrati dei 4, 8, 9, 12 Aprile, l, 5, 7, 10, 11, 27, 30 Maggio, 2, 4 Giugno corrente (l) ed alt11i antecedentemente spediti.

(l) Con t. 400 dell'S giugno Oldoini confermò la notizia di questa conferenza a tre.

721

IL GENERALE TORR AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

L. P. S. Michel, 7 giugno 1866.

Jeri ebbi tanto d'affare in Torino che mi era impossibile di scrivervi ala sera per dirvi che la Contessa parlo con Kossuth come io pure gia da varii giorni gli scrissi della necessita onde tutte le gare di partito devono cessare. Mi pare che jeri fu fatto un grande passo giacche Kossuth stesso a visto Csàky. Non posso ancor dire che fu stabilito un perfetto accordo tra di loro ma il giaccio è rotto, ambedue pero sono rimasti contenti uno del altro questo io so giacche

tutte due tanto Kossuth che Csàky mi facevano la loro confidenza, ed ora io

credo se Ricasoli o ancor meglio se il Re volesse ricevere il Kossuth i dissidi

cesserebbero. Le ultime notizie d'Ungheria sono buone la gioventu comincia

scaldarsi. L'Infanteria anche nel armata da segni di patriotismo la Cavalleria

per un innato speciale orgoglio si battera bene sinche non sentirano che in

Ungheria a cominciato qualche movimento.

Fatte tutto per Bosio onde possa partire prontamente. Andate al più presto

al Palazzo Pitti.

Senza perdita di tempo viaggio giorno e notte, e faro tutto onde essere il

14 a Firenze.

Conto sopra di voi che farette tutto per il mio ritorno, onde non abbia di

.sofrire nuova perdita di tempo.

Al Kossuth non dissi nulla del mio viaggio per Berlino, gli parlai soltanto

di Parigi, più tardi potro dire che a Parigi ebbi l'ordine di portarmi sino Berlino.

P. S. -Fatte che la legione riceva con grande publicita l'organizazione sopra vasta scala come pure che Kossuth sia ricevuto dal Re e dal Ricasoli.

(l) Cfr. nn. 476, 591, 597, 664, 701. Gli altri rapporti non sono pubblicati.

722

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 293-294)

.. T. Berlino, 8 giugno 1866, ore 16,50 (per. ore 23,30).

Les princes sont repartis ce matin pour leurs destinations.

Le départ du Roi fixé d'abord à lundi est retardé de quelques jours

pour... (1).

Sa Majesté m'a dit que le moment d'entrer en campagne, n'était plus qu'une

question de jours; qu'il avait pleine confiance dans la justice de sa cause, et

la bravoure de son armée; mais que la victoire était dans les mains de Dieu.

Heureusement a-t-il ajouté d'un air ému, et en portant la main sur son

creur, j'ai la conscience nette. Longtemps l'on m'a accusé de vouloir la guerre

dans des vues ambitieuses; mais maintenant après le refus de l'Autriche d'aUer

au congrès, son indigne violation du traité de Gastein et les violences de sa

presse, le monde entier sait quel est l'aggresseur.

En me disant cela le Roi m'a paru décidé à ne pas différer longtemps le

commencement de la lutte. Toutefois il y avait dans sa voix quelque chose de

triste, indiquant clairement la décision d'un homme résigné, qui ne croit pas

pouvoir faire autrement.

Au moment où finissait l'audience, comme j'exprimais à Sa Majesté la confiance de la voir bientòt revenir victorieuse: 1la vie, comme la victoire, me répondit~elle en élevant les yeux, est entre les mains de Celui qui est là-haut.

Les prussiens sont entrés hier en Holstein.

Les autrichiens s'étaient déjà retirés à Altona.

La question est maintenant de savoir, si contrairement à la protestation, on :maintiendra la convocation des États pour lundi.

La Prusse ne peut accepter un pareil affront, et en s'y opposant par la force, déterminera probablement une collision qui deviendrait le signal de la grande lutte sur la frontière de Saxe et de Silésie.

(l) Gruppo indecifrato.

723

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 295)

T. Parigi, 8 giugno 1866, ore 24 (pe1·. ore 3 del 9).

L'Empereur connaissant depuis quelques jours le projet de mouvement ne m'ayant rien fait dire en contraire vous etes parfaitement en règle. Décidez Bismarck à tirer l'épée, et une fois la guerre éclatée allez-y vivement comme si nous ignorions entièrement la démarche que l'Empereur fait à Vienne pour nous assurer la Vénétie en cas de victoire de l'Autriche sur la Prusse (l).

724

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA AL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 59. Firenze. 10 giugno 1866, ore 15,30.

J'ai lu avec intéret votre expédition du 2 comme elle n'indique pas que Russie montrat alors dispositions nouvelles envers Autriche et surtout que votre télégramme du 5 (2) disait que le vent tournait con<tre l'Autriche, je pense que les bruits de rapprochement entre Autriche et Russie sont sans fondement. Prusse et Autriche semblent hésiter de nouveau à ouvrir les hostilités; elles ont pourtant bien des motifs de s'y décider.

(l) -Con altro t. pari data, ore 15,50 per. ore 18,30 (Carte La Marmora) Nigra aveva comunicato: • Le due de Gramont a télégraphié qu'il n'a pas encore vu l'Empereur François· Joseph mais que le terrain lui parait favorable •. (2) -Cfr. n. 705.
725

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI

D. 7. Firenze, 10 giugno 1866.

I dispacci che V. S. mi diresse in questi ultimi tempi mi fecero conoscere l'accoglienza cortese che Le fu fatta presso le varie Corti di Germania colle quali Ella ebbe missione di inaugurare il ristabilimento di rapporti diplomatici normali. Siffatte dimostrazioni che furono prodigate altresì al Conte di Barrai da quelle Corti presso le quali egli ebbe ad adempiere eguale incarico, riescirono grate al Governo del Re. Il ristabilimento dei Rapporti diplomatici cogli Stati medi di Germania, condizione indispensabile per la pratica efficacia delle relazioni economiche create dal nuovo Trattato è ora un fatto compiuto.

Non è di lieve momento che i negoziati aperti da oltre un anno per la conclusione del Trattato di Commercio Italo-Germanico, abbiano condotto alla risultanza che siano così amichevolmente riprese le relazioni tra gli Stati Germanici e l'Italia nell'istante appunto in cui è irrevocabilmente posta in termini decisivi la questione del Veneto (1). Il Governo del Re confida che crescano in Germania le simpatie per l'Italia e vi si faccia universale l'opinione che la completa unità della patria nostra costituisci;' un evento fortunato per la nazionalità tedesca.

Segnandole ricevuta per la regolarità della corrispondenza dei Rapporti di codesta Legazione nn. 13, 14, 15 e 16 serie Confidenziale e di quelli della serie politica dal n. 18 al n. 25... (2).

726

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 300-301)

T. Firenze, 11 giugno 1866, ore 13.

Barrai me mande que Bismark est furieux contre Manteuffel qui n'a pas su en occupant le Holstein provoquer un conflit. Je ne vois pas trop comment Manteuffel pouvait tirer sur les autrichiens qui se retiraient sans résistance.

Quoi qu'il en soit Barrai signale un nouveau temps d'arret, disant que toU:t est plus embrouillé que jamals. Le Roi ici me redemande à chaque instant ce qu',en pense l'Empereur, et je crois qu'il a ce matin télégraphié au prince Napoléon. D'un autre còté je reçois de l'armée les plus vives instances pour que j'aille à mon poste. * Tachez de savoir aussi de l'Empereur si, la guerre éclatant dans le nord, nous devons faire une déclaration de guerre. Il me semble que nous devions la faire, en avertissant qu'après trois jours nous nous considérevions en état de guerre* (1).

(l) -In L V 9 è qui aggiunto il seguente periodo: < In quanto agli Stati che non ristabilirono i loro rapporti col Governo del Re, cioè l'Hannover, il Nassau e l'Assia Cassel, essi mancarono ad impegni implicitamente da essi consentiti nell'atto di ratifica del Trattato, e solo per tolleranza del Governo del Re tale infrazione non ebbe per risultato di annullare per la Germania tutta i benefici del Trattato stesso. Tal fatto non è privo di significato, in un momento soprattutto in cui per forza di cose è posta innanzi dalla Prussia stessa la questione della riforma della Confederazione germanica. Non vi ha miglior prova della necessità di tal riforma che la esistenza in mezzo allo Zollverein di piccoli Stati i quali, sottomessi all'influenza austriaca, servono a mire politiche direttamente contrarie agli interessi essenziali delle nazioni italiana e germanica •. (2) -Cfr. n. 630. Gli altri rapporti non sono pubblicati.
727

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

T. 60. Firenze, 11 giugno 1866, ore 13.

S'il est vrai comme le dit télégraphie privée que l'Empereur d'Autriche est parti pour Olmlitz cela ne correspond guère au retard mis par Roi de Prusse à partir pour Silésie.

728

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 300)

T. Parigi, 11 giugno 1866, ore 16,55 (per. m·e 19,20).

Le prince Napoléon a reçu le télégramme du Roi (2). Il a vu l'Empereur qui lui a dit qu'il n'y a rien de nouveau de Berlin et de Vienne et que l'Italie avait tout à gagner à attendre (3). Le prince Napoléon télégraphiera à Sa Majesté.

de ce que l'Empereur d'Autriche à répondu à Gramont. Je désirais savoir quand on pourra commencer les hostilités ou s'il faut encore attendre • (Le !etteTe di Vittorio Emanuele 11,

vol. II, p. 897).

aussi perplexe que vous en présence des atermoiemens de la Prusse •.

7H

(l) -Il brano fra asterischi non è edito in LA MARMORA. (2) -Il telegramma del Re al principe Napoleone, pari data, ore 10 era il seguente; • A quel point en sommes nous de la politique? Demandez à l'Empereur de ma part ce qu'il e,n pense soit pour nous, soit à l'égard de la question prussienne, afin que je sache commenlt agir. J'ai avancé 220.000 hommes sur le Po et le Mincio, l'Autriche ne bouge pas et moi non plus. Je te prie d'une réponse par lettre ou par télégraphe. Je ne sais encore rien:

(3) Con altro t. pari data Nigra comunicò relativamente all'Imperatore: c Je le crois

729

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 305-306)

T. Firenze, 12 giugno 1866, ore 11,30.

Malaret vient de me communiquer un télégramme de Drouyn de Lhuys et le Roi en reçoit un du prince Napoléon. Il s'agirt d'une dépèche de Gramont qui assure que la Reine de Prusse écrivant à l'Empereur d'Autriche l'aurait assuré que le Roi de Prusse lui avait donné sa parole qu'il n'existait pas de véritable traité entre la Prusse et l'Italie, et que si l'Italie attaquait l'Autriche, la Prusse n'était pas tenue de la suivre. Ce sera le cas de poser carrément la

·question à Bismarck; mais comme celui-ci pourrait nous répondre qu'il y a eu entre nous et l'Autriche des propositions pour la cession de la Vénétie, je désire savoir si l'Empereur admet que nous puissions riposter que l'Autriche nous fit réellement la proposition de céder la Vénétie si nous restions neutres, mais que nous avons refusé pour rester fidèles au traité.

730

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A PARIGI, NIGRA (AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 304)

T. Firenze, 12 giugno 1866, ore 12,25.

n est très important que l'Empereur sache aussi que Bismarck a plusieurs fois proposé à Barrai et à Govone d'attaquer nous les premiers l'Autriche. Vous nous rendriez un grand service, disait-il.

731

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ,ed. in LA MARMORA, p. 304)

T. Berlino, 12 giugno 1866, ore 12,28 (per. ore 15,55).

Bismark m'a dit qu'il ne doute pas que dans la séance d'après-demain à Francfort la majorité de la Diète se prononcera pour la mobilisation de l'armée fédérale, et que comme cette mobilisation ne peut ètre dirigée que contre la Prusse, l'intention du Gouvernement prussien est de protester en adressant en mème temps une sommation de démobilisation.

Dans l'opinion de Bismark la Diète répondra par un refus formel, et alors les hostilités pourraient bien commencer lundi prochain, soit que l'Autriche se prévalant du vote de la Diète, ne trouve plus d'inconvénient à attaquer la première, soit que la Prusse juge de son intérét de prendre l'initiative.

C':est par la Saxe, peut-étre, et simultanément par le Hanovre que commenceront les premières opérations de la Prusse.

732

IL CONTE CSAKY AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI

T. Berlino, 12 giugno 1866, ore 14.

Le Roi a autorisé à offrir la participation en moitié pour les frais hongrois. Le président du Conseil a approuvé le projet du comité (1). Je serai à Flo-rence le 15. Je prie le ministre de Prusse de ne point faire de démarches avant mon arrivée (2). J'apporte des renseignemens détaillés. Veuillez retenir Tiirr.

733

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 303)

T. Parigi, 12 giugno 1866, ore 14,50 (per. ore 18,40).

Aujourd'hui Rouher doit faire au corps législatif une déclaration plus accentuée que la précédente dans le sens de la neutralité de la France, ce qui ferait prévoir que la réponse de l'Autriche aux propositions portées à Vienne par le due de Gramont n'est pas défavorable. Mais cette réponse quelle qu'elle soit ne doit pas changer votre programme qui doit etre de pousser la Prusse à tirer l'épée et de la suivre aussitòt. * Je verrai l'Empereur aujourd'hui * (3).

On aurait besoin:

l. d'un million de francs pour le prime abord et les préparatifs;

2. de deux millions pour le moment d'une entrée en campagne effective de la part

des populations en question.

Ce serait dane pour chaque Gouvernement respectif un million et demi.

Le comte Bismark, dans le cas que la proposition fO.t acceptée de la part du Gouverne

ment italien, pour venir en aide à une entreprise d'un intéret commun aux deux pays, ne sait pourtant comment faire parvenir avec la célérité nécessaire ces sommes, à leur destination. Il serait fort obligé à V. E. si elle voulait faire faire l'avance de la moitié prussienne par le trésor italien, et je suis autorisé dans ce cas de donner promesse ofticielle du remboursement par mon Gouvernement •.

(l) -Sull'argomento cfr. n. 686. (2) -Lo stesso 12 giugno Usedom scrisse a La Marmora: • ... le comte de Bismark m'ordonne en ce moment meme de communiquer à V. E., que le Gouvernement est pret à fournir une moitié des fonds nécessaires à l'affaire hongroise et slave, si le Gouvernement italieiii veut se charger de l'autre.

(3) Il brano fra asterischi non è adito in LA MARMORA.

734

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 407. Monaco, 12 giugno 1866, ore 19,20 (per. ore 23,35).

* Pfordtén m'a dit que la situation est devenue tellement lourde qu'il faut en sortir. Bavière votera jeudi à Francfort pour la mobilisation de l'armée fédérale * (1), sans tenir compte des considérations autrichiennes sur le traité de Gastein, mais comme légalisation des mesures de mobilisation anticipées et comme seui moyen d'une prompte action fédérale. Le ministre d'état m'a dit qu'il y a encore un seui moyen d'éviter la guerre allemande (il n'a plus dit guerre austro-prussienne): c'est que la Prusse renonce formellement au Schleswig-Holstein, ce que la Diète lui a demandé, et méme la Bavière pourrait bien prendre cette initiative à Francfort. Le chef d'état major Tann est parti ces jours derniers pour Vienne avec mission militaire concernant éventualité d'une coopération armée des bavarois et avec mission pour établir les cas d'action commune, que je sais la Bavière avoir réduit à deux, savoir si la Prusse attaque ou si la Diéte l'ordonne. * Pfordten m'a répété * que Hompesch a reçu des instructions précises; * qu'en cas d'attaque quelconque du territoire fédéral de notre part il n'y a besoin de délibération de la Diète, mais simplement d'application du principe de la défense de la Confédération *, tandis qu'autrement c'est douteux. Il a ajouté d'une manière courtoise sans aucune provocation: en tout cas ce n'est pas l'!talie, mais nous Allemagne qui avons créé situation actuelle. Si les événements exigent le départ du ministre italien de Munich, j'espère que vous nous reviendrez cet hiver. En sortant du ministère des affaires étrangères ministre de Prusse et de France m'ont dit, le premier:

• c'est la guerre et il ne s'agit plus que de choisir l'heure •; et le second, sans s'expliquer, n'avoir plus de doute sur la décision sérieuse de la Bavière.

735

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 305)

T. Parigi, 12 giugno 1866, ore 17,40 (per. ore 24).

J'ai vu l'Empereur; je lui ai répété ce qu'il avait déjà appris * par les rapports de Govone * (2), que Bismarck nous pousse à attaquer les premiers, promettant de nous suivre, et lui ai demandé si dans certains cas ·il ne con

vient pas que nous prenions l'initiative. L'Empereur m'a dit que nous ne devons pas prendre l'initiative et donné nouvelle du rappel de l'ambassadeur d'Autriche à Berlin. Lui ayant demandé la réponse du due de Gramont, il m'a dit que l'Autriche avait assuré qu'en tout cas elle respecterait le statt~ quo ante beUum * en Italie. Aujourd'hui Rouher a lu à la Chambre une lettre de l'Empereur exprimant les efforts faits pour la paix, déclarant neutralité et dit que rien ne se fera sans avoir consulté l'Empereur en tout cas respecte le statu quo en Italie *.

(l) -I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, p. 327. (2) -I brani fra asterischi non sono editi in LA MARMORA.
736

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 306)

T. Parigi, 12 giugno 1866, ore 17,38 (per. ore 0,30 del 13).

Votre dernier télégramme (l) m'arrive après l'audience de l'Empereur.

ll n'est pas besoin de demander à l'Empereur ce que nous aurions a répondre à Bismarck s'il nous accuse de négocier avec l'Autriche. Veuillez vous rappeler que l'Autriche ne nous a fait aucune proposition et que nous n'avons pas eu à lui répondre. Les propositions autrichiennes ont été faites à la France. L'Autriche n'a jamais voulu traiter avec nous.

737

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 303)

T. Berlino, 12 giugno 1866, ore 21 (per. ore l del 13).

Je viens à l'instant de rencontrer le ministr,e d'Autriche, qui m'a abordé, et en m'annonçant son départ m'a dit: Nous ne serons pas toujours ennemis, et si, comme je l'espère, nous battrons la Prusse, le puis vous confier que nous nous arrangerons avec vous pour la cession de la Vénétie.

(l) Cfr. n. 729.

738

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 409. Pietroburgo, 12 giugno 1866, ore 20,20 (per. ore 9,45 del13).

Hier en suite de démarche de l'ambassadeur d'Angleterre pour la reconnaissance du prince de Hohenzollern, le prince Gortchakoff a dit ne pouvoir conseiller la Turquie, qui est juge de ses intérets. Aujourd'hui le prince Gortchakoff a télégraphié au baron de Budberg d'insister pour dissolution de la conférence sans quoi se retirerait en réservant déterminations ultérieures.

739

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 59. Berlino, 12 giugno 1866 (per. il 18).

L'on a beaucoup parlé ces temps derniers dans la presse étrangère d'un rapprochement qui se serait tout-à-coup opéré entre la Russie et l'Autriche, et auquel l'on est allé jusqu'à donner les proportions d'une alliance. Il importe dans les circonstances actuelles de savoir à quoi s'en tenir sur ces rumeurs qui portent évidemment le caractère de l'exagération.

Si j'en crois des renseignemens puisés à bonne source, la vérité serait

que d'un còté la Russie aurait été assez vivement blessée de l'élection du

Prince de Hohenzollern, dans laquelle le Cabinet de Pétersbourg a vu une

intrigue Prussienne; et que, de l'autre l'Empereur Alexandre n'a pu qu'etre

froissé de ce que ses conseils pacifiques à la Cour de Berlin n'aient pas trouvé

cette soumission à laquelle il était habitué. Enfin l'amour propre de la

Russie, qui est dans l'impossibilité absolue de prendre une attitude militaire

en rapport avec les événemens qui vont se produire sur ses frontières, souf

frirait beaucoup, dit-on, de ce que la lutte qui, par suite des ambitions de

la Prusse, va s'engager entre les deux Grandes Puissances Allemandes, vienne

mettre de plus en plus en évidence son impuissance.

C',est à ce concours de circonstances qu'il faut attribuer le refroidissement

réellement survenu entre les Cabinets de Pétersbourg et de Berlin, et, par

suite, l'espèce de rapprochement que l'on a remarqué dans les rapports de la

Russie avec l'Autriche. Mais si une communauté de vues et d'intérets poli

tiques en Orient ont pu surtout rendre moins tendues les relations des deux

Cab:tnets, il y a loin de là au fait d'une alliance dont le premier élément, en

tout cas, devrait etre un appui militaire dont on n'aperçoit aucun indice à

l'horizon.

Pour tout dire, je dois ajouter que le langage du Ministre de Russie d'ordinaire extremement réservé, est devenu très amer, souvent méme piquant à l'endroit de la Prusse, et semble indiquer que dans le conflit actuel, les sympathies de sa Cour penchent plutòt du còté de Vienne que de celui de Berlin.

740

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in Carteggi Nigra, pp. 169-171)

L. P. CONFIDENZIALE. Parigi, 12 giugno 1866.

Le lettere e i dispacci oramai giungono tardi in presenza del celere avvicendarsi degli avvenimenti, i quali mutano la situazione per così dire ad ogni istante. Quindi più col telegrafo che colla corrispondenza ordinaria sono forzato a mandarle ogni cosa che giunga a mia notizia. Tuttavia credo indispensabile il renderle conto per lettera degli ultimi incidenti, benché questi Le siano già conosciuti pei telegrammi che Le ho spedito oggi stesso, essendo importante ch'Ella abbia sott'occhio un'esposizione esatta della situazione.

*Oggi vidi l'Imperatore alle 2. Scopo della visita era il rispondere ai telegrammi ch'Ella mi spedì nei due ultimi giorni e coi quali mi domandava il modo di vedere dell'Imperatore. Ecco quanto ho raccolto, sia dalla bocca dell'Imperatore, sia per altri mezzi.

Quando l'Austria mandò la risposta all'invito pel Congresso, la accompagnò con istruzioni, delle quali Le mandai il contenuto con un dispaccio d'uf~ ficio. In queste istruzioni l'Austria lasciava travedere la possibilità della cessione della Venezia, quando avesse fatto, colle armi, conquiste sicure ed equivalenti in Germania. L'Imperatore pigliò occasione da questa frase per fare all'Austria alcune proposte, e ne incaricò il duca di Gramont che trovavasi in congedo a Parigi e che partì quindi per Vienna nei giorni scorsi. Ella si ricorderà che sei settimane or sono, all'incirca, l'Austria aveva proposto di cedere la Venezia alla Francia, quando si fosse impadronita* (l) della Silesia Prussiana,

* a condizione che l'Imperatore Napoleone guarentisse la neutraLità della Francia e dell'Italia. L'Imperatore Napoleone non accettò la proposta, non potendo egli guarentire in allora la neutralità dell'Italia. Ora, per contro, riprendendo egli stesso per suo conto la proposta Austriaca, incaricò Gramont di domandare a Vienna: l) che l'Austria prometta di cedere la Venezia se è vittoriosa e conquistatrice in Germania; 2) che in ogni caso l'Austria prometta di rispettare lo statu quo territoriale in Italia. Se l'Austria fa queste promesse, l'Imperatore starebbe neutrale. La risposta del Gabinetto di Vienna è giunta. Credo non errare, affermando che l'Austria promise senza riserve il mantenimento dello statu quo in Italia, che è la seconda delle domande fattele. Quanto ana

prima domanda, la risposta non fu negativa, ma non fu nemmeno esplicitamente affermativa; giacché l'Austria avrebbe detto che a questo riguardo non avrebbe fatto nulla senza consultare l'Imperatore Napoleone. Quando quest'ultimo ebbe una tale risposta, pensò che gli era sufficiente per promettere la neutralità e la promise *. Ed oggi il Signor Rouher lesse una lettera dell'Imperatore nella seduta del Corpo Legislativo, colla quale dopo aver esposto gli sforzi fatti pel Congresso, l'Imperatore dichiara di rimaner neutrale, essendo certo che nulla si farebbe, come risultato della guerra, senza che fosse consultato in tutto quanto tocca gl'interessi francesi, e che in ogni caso sarebbe rispettata l'opera della Francia in Italia.

Io riferisco, non giudico. Certo la situazione della Francia è tale che l'Imperatore Napoleone avrebbe potuto seguire una politica conducente a risultati più sicuri. Ma anche qual è, la situazione fatta da queste dichiarazioni non è cattiva né per la Prussia né per noi. Non lo è per la Prussia, perché la Francia proclama H suo disinteresse e non domanda territorii sul Reno. Non lo è per l'Italia, perché in ogni caso vi si rispetterà lo statu quo, e la dichiarazione è esplicita per la cessione della Venezia.

* L'Imperartore mi disse che il Re di Prussia aveva dato all'Imperatore d'Austria l'assicurazione d'onore che non aveva firmato nessun trattato coll'Italia, e che se l'Italia aggrediva l'Austria per la prima, la Prussia non era obb1igata a dichiarar la guerra *. Dissi all'Imperatore che trattandosi di trattato segreto, il Re di Prussia non aveva fatto che il dover suo negandone l'esistenza. Quanto all'obbligo di dichiarar la guerra se l'Italia pigliasse l'iniziativa delle ostilità, dissi che diffatti questo obbligo non esisteva pel Re di Prussia; ma soggiunsi che se la cosa accadesse la Prussia, quantunque non obbligata formalmente, sarebbe forzata da' suoi interessi e dal proprio onore a non !asciarci soli, e ricordai le istanze più volte fatteci da Bismarck perché cominciassimo le ostilità promettendo di seguirei. *A questa occasione domandai all'Imperatore, se all'ultima estremità e quando fosse dimostrato che non c'è altro modo d'impegnar lotta, non credesse utile e forse necessario che l'Italia pigliasse l'iniziativa, a condizione ben inteso che avesse promessa formale dalla Prussia che la seguirebbe il giorno dopo. L'Imperatore mi rispose senza esitare che mai non avrebbe consigliato tal cosa. Del resto mentre appunto io era dall'Imperatore giunse la notizia che l'Austria richiama il proprio Ambasciatore da Berlino. L'Imperatore crede che ciò fa presagire prossime le ostilità e quindi crede più che mai che noi commetteremmo un errore grave pigliando la risponsabilità dell'iniziativa delle ostilità *.

L'Imperatore si mostrò meco inquieto di quanto farebbero i volontarii e Garibaldi dopo la guerra. Esso teme che non tentino un moto su Roma. Rassicurai l'Imperatore a questo riguardo e gli dissi che avremmo fatto eseguire scrupolosamente la Convenzione di Settembre contro Garibaldi medesimo, se per avventura volesse ritentare l'avventura di Aspromonte.

L'Imperatore mi disse che, fatta la pace, l'Italia avrebbe dovuto badare agli affari interni, rimediare le sue finanze, e non mettere in campo altre pretensioni per avere il Tirolo e Trieste. Risposi molto nettamente a questo proposito: la cosa dipendere dall'esito della guerra; se la guerra è fortunata per l'Italia, questa reclamerà e terrà tutto il versante Italiano dell'Alpi.

Quanto alla dichiarazione di guerra, di cui Ella mi parla nell'ultimo suo telegramma, l'Imperatore crede che basterà il pubblicare sulla Gazzetta ufficiale un manifesto, salvo a mandarne copia per mezzo d'un ufficiale al Comandante Austriaco nella Venezia.

* L'Imperatore mi disse una parola, che mi apri un vasto orizzonte; egli disse che durante la campagna potrebbe accadere che fosse utile che l'Italia non facesse la guerra con troppo vigore. Ma io dissi all'Imperatore che noi avremmo cominciato la guerra con grande energia; che noi ignoriamo le assicurazioni dell'Austria alla Francia, e che se durante la guerra ci si farà delle proposte, allora sarà il caso d'esaminare la condotta da tenersi*.

Eccole, caro Generale, in breve la situazione d'oggi. Le ripeto che non mi par cattiva: l'Austria richiama la Legazione Imperiale da Berlino; le ostilità cominceranno in Allemagna come noi desideriamo; la Francia non interviene in Italia, ma fa dichiarazioni pubbliche e solenni che ci sono altamente favorevoli; la cessione della Venezia è considerata nella lettera dell'Imperatore come una necessità per l'Italia e per l'Europa, l'Imperatore non reclama territori per sé, finché l'equilibrio europeo non è rotto; guarentisce, in ogni peggiore evento, lo statu quo in Italia.

Se in tali condizioni, non ne sortiamo colla Venezia in pugno, converrà dire che o siamo molto inetti o molto sfortunati. Ma non saremo, per Dio, né l'un né l'altro.

Non ho tempo di far copiare questa lettera. Le sarei grato se vorrà farne far copia e mandarmela.

(l) I brani fra asterischi sono editi in LA MARMORA, pp. 309-310.

741

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. 346. Parigi, 13 giugno 1866 (per. il 15).

* La discussione generale· del bilanc·io mise di nuovo il Governo Imperiale nella necessità di fare una dichiarazione delle sue idee e della sua condotta a fronte delle eventualità che stanno per verificarsi in Europa* (1). L'Imperatore esitò lungo tempo circa la forma che convenisse di dare a codesta dichiarazione. Alcuni proponevano un messaggio Imperiale al Senato ed al Corpo Legislativo, altri si limitava invece ad una semplice dichiarazione analoga a quella fatta da S.E. il Signor Rouher nella seduta del 4 maggio. L'Imperatore credette necessario d'intervenire egli stesso e lo fece con una forma meno solenne, ma tale che riveste nullameno di una grande autorità le idee in essa contenute. * Il Signor Rouher lesse ieri infatti al Corpo legislativo la lettera dell'Imperatore a S.E. il Signor Drouyn de Lhuys di cui ho trasmesso ieri a V.E. il sunto per telegrafo.

L'impressione prodotta da questo documento il cui testo sarà ora sotto gli occhi di V.E. fu immensa e mi affretto a dire che essa fu favorevole all'Italia. Era infatti difficile di esprimere con maggior efficacia il desiderio dell'Imperatore che la Venezia sia ricong,iunta all'Italia*, sia pacificamente sia per mezzo della guerra: * ma inoltre non può non esercitare una grande influenza sull'opinione pubblica la dichiarazione che S.M. Imperiale riconosce la necessità in cui si trova l'Italia di assicurare la propria indipendenza, e l'altra, non meno importante che la guerra qualunque ne possa essere l'esito, non potrà distruggere quell'edificio che la Francia ha contribuito ad edificare in Italia *. Con una redazione molto Jìelice l'Imperatore riuscì a trovare delle espressioni favorevoli alla Prussia ed alla Confederazione Germanica, e quantunque non sia sperabile che egli riesca a distruggere la diffidenza irremediabile dei Tedeschi contro la Francia e contro i Bonaparte, niuno potrà negare che l'Imperatore conosce le aspirazioni dei popoli Germanici, e ne ammette la legittimità molto meglio che non lo facciano i francesi in generale e particolarmente il Signor Thiers. Due altre dichiarazioni di grande importanza sono contenute nella lettera di cui si tratta. L'una concerne l'accordo stabilito fra le Potenze neutrali: quest'accordo, a quanto pare, non cessò d'esistere benché i negoziati del Congresso siano andati a vuoto, e questa è una garanzia che non v'è alcuna alleanza offensiva o difensiva fra l'Austria e la Russia. L'altra dichiarazione si è che l'Imperatore desidera che l'Austria conservi la sua grande influenza in Germania. Con ciò si volle evidentemente indicare che l'Austria deve cercare altrove che in Italia i mezzi di conservare la sua potenza, e di accrescerla. Ei volle altresì impedire che lo spauracchio dell'unità germanica risuscitato artificiosamente dal Signor Thiers, spaventi la maggioranza del Corpo Legislativo. Non sono però ancora in grado di dire a V.E. se colla lettera stampata nel Moniteur l'Imperatore sia riuscito a convincere l'opinione pubblica ch'egli brama che la Francia sia costretta prima o poi a prender parte alla guerra. A quanto mi si afferma il Signor Thiers avrebbe detto • queste dichiarazioni significano che fra alcuni mesi la Francia sarà involta nella guerra •. Si afferma altresì che egli prenderà la parola contro il Governo nel seguito della discussione del bilancio; dubito però che il Governo e la Camera gliene offrano l'occasione.

(l) I brani fra asterischi sono editi in L V 9, pp. 697-698.

742

IL MINISTRO A PIETROBURGO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

R. CONFIDENZIALE 107. Pietroburgo, 13 giugno 1866 (per. il 20).

J'ai déjà annoncé par ma dépeche en date du 8 Juin, n. 57, Série Politique (1), la remise de notre réponse à l'invitation qui nous avait été adressée, de prendre part à la conférence projetée par les trois Puissances neutres. Ce

document, véritable modèle du genre, a été fort goùté par le Vice-Chancelier, quant à la forme du moins. Quant au fond meme, il s'est abstenu de tout jugement. Il ne m'a pas mème chargé de remercier le Gouvernement du Roi d'un concours aussi empressé, tandisque le Cabinet de Vienne y mettait des conditions inadmissibles.

Cet excès d'impartialité, cette réserve outrée, m'avaient parus étranges, De plus, je devais en noter la coi:ncidence avec des bruits de rapprochement entre la Russie et l'Autriche, bruits propagés, il est vrai, d'une manière intéressée par la presse de Vienne, et sur lesquels V.E. appelait d'ailleurs mon attention, par son télégramme du 10 de ce mois (1).

Voulant en avoir le coeur net, j'ai sondé adroitement le terrain auprès du Secrétaire général. Il n'hésitait pas à démentir les assertions des journaux autrichiens, qui • faisaient flèche de tout bois • pour faire croire que les Cabinets de Vienne et de St. Pétersbourg • cuisinaient • en commun. L'attitude ici n'avait pas varié. La guerre étant désormais inévitable de la part des trois Puissances armées, l'orchestre ayant en quelque sorte préludé, la rampe étant allumée, on ne comprenait pas en Russie pourquoi le drame tardait à commencer. On espérait seulement que la guerre serait de courte durée, et que bientòt les négociations pacifiques pourraient etre reprises d'un commun accord.

J'ai fait des investigations analogues auprès de mes collègues de France et de Prusse. Aucun d'eux n'admettait qu'il se fùt opéré un revirement dans les dispositions actuelles de l'Empereur Alexandre. Il avait activement travaillé à prévenir le conflit; sa soeur la Reine de Wurtemberg avait été l'un de ses interprètes à Vienne; il n'avait rien négligé pour faciliter une acceptation par l'Autriche du programme de la Conférence. Sans doute, le Prince Gortchacow est enclin à considérer l'affaire de la Vénétie comme une question de politique intérieure, sur laquelle l'Empereur François-Joseph est libre de prendre la résolution qui lui paraitrait la plus convenable, mais dans laquelle aucune autre Puissance n'aurait le droit de s'immiscer par une proposition quelconque de cession, d'échange, ou d'indemnité pécuniaire. On doit se prémunir contre un principe qui pourrait etre invoqué plus tard contre la Russie, dans le cas où elle aurait concouru directement à son application. En outre, une certaine irritation existait, et existe, contre la Prusse qui a voté avec la France dans les Conférences Danubiennes, et qui a permis au Prince de Hohenzollern de s'introniser à Bucharest, tandisque l'Autriche s'est mise moins en évidence. Malgré tous les rtorts de cette derniève Puissance, le Gouvernement Russe, si contraire à l'explosion des hostilités, condamne de préférence le Comte de Bismarck, à ses yeux le véritable instigateur. Au reste, ses plans hardis de réformes fédérales, lui prétent une couleur révolutionnaire, et le Comte de Mensdorf s'en prévaut, en se donnant les airs d'un petit saint.

Il résulte de ces détails que certainement, en principe, il court moins de distance entre les vues de St. Pétersbourg et de Vienne. Mais il y a loin de là à une entente réelle. La question de Pologne, à elle seule, prescrit ici de tenir autant que possible, dans le domaine des faits, la balance égale entra

l'Autriche et la Prusse. Peser davantage d'un còté, aurait pour conséquence

inévitable de provoquer la France et l'Angleterre. D'ailleurs, s'il y a mauvaise

humeur contre les allures du Comte de Bismarck, le Prince Gortchacow doit

tenir compte de l'opinion publique d'un Pays qui n'a jamais pardonné à la

Maison de Habsbourg son ingratitude. Outre les sentiments, les intérets divisent

profondément les deux Cours, du moment où la question d'Orient se présente

avec toute sa gravité. La possibilité que l'Autriche gagne du terrain dans la

Bosnie, dans la vallée du Danube, etc., c'est là un véritable cauchemar pour

le Vice-Chancelier. Toute autre combinaison lui est préférable. Comment s'ex

pliquer autrement pourquoi son langage s'est tellement radouci, quand le

Prince de Hohenzollern a jeté hardiment son dévolu sur le trone vacant de

cette Roumanie tant convoitée ici? La députation Moldo-Valaque y aura con

tribué, en donnant les meilleures promesses; mais je pense etre dans le vrai

en croyant que, à défaut de mieux, S. E. espère du moms que le successeur de

Couza sera la pierre d'achoppement à l'idée d'échanger la Vénétie contre les

Principautés Danubiennes.

Dans ces circonstanoes, on serait autorisé à ajouter foi au Journal de St. Pétersbourg d'aujourd'hui, qui réfute les dissertations de certaines gazettes sur une alliance Austro-Russe. Aussi longtemps, dit-il, que ses intérets nationaux ne seront pas en jeu, désintéressée comme elle l'est dans la guerre qui menace, la Russie conservera sa liberté d'action. Après avoir fait tout ce qui lui a paru possible pour maintenir la paix, elle n'a pas plus le gout qu'elle n'a le devoir de se meler à une lutte qu'elle estimait pouvoir etre évitée et qu'elle déplore.

Mon rapport de ce jour, Série Politique, n. 58 (1), indique assez qu'en effet la Russie, en suite de ses circonstances financières, ne saurait, qu'à toute extrémité, sortir de son attitude expectante. Je ne surveillerai pas moins avec soin sa marche politique vis-à-vis de l'Autriche, aussi bien que vis-à-vis de la Prusse.

Quant à l'Italie, le courant de la Cour Impériale ne nous est pas aussi sympathique que je le voudrais. Le Prince Gortchacow, lui-meme, a fait quelques allusions au langage qu'il eut tenu à la Conférence; il ne peut s'habituer à l'idée d'une Italie unitaire, quand ses anciens souvenirs de diplomate lui représentent à la mémoire les anciennes séparations. Une Italie du Nord, du Centre et du Midi, tel serait son idéal. Quand il m'en parle, je brise toujours l'entretien. Je ne veux pas dire pour autant qu'il existe un mauvais vouloir, mais il y a une certaine défiance de la France, qu'on suppose sinon avec nous, du moins derrière nous.

Raison de plus, puisque la guerre est inévitable, de l'entreprendre avec une vigueur et une intelligence qui nous assurent en définitive un triomphe. Quand l'armée Italienne aura fait ses preuves glorieuses, -il ne pourra en etre autrement -la tache de notre diplomatie sera complétée, et personne n'osera plus douter de l'avenir de notre nation.

(l) Non pubblicato.

(l) Cfr. n. 724.

(l) Non pubblicato.

743

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AVV)

L. P. 4. Pera, 13 giugno 1866.

Le scrivo solo due righe perché la mia lettera giungerà forse in Italia in circostanze tali da non lasciare campo a soverchie parole. Dai dispacci che mandai cogli ultimi corrieri, risulta ch'io adempii già al debito che avevo di tener qui sulla questione dei Principati un linguaggio conforme alle istruzioni ricevute ed ai principi della nostra politica. Da questo lato siamo in regola. Non mi rimane che a sorvegliare gli avvenimenti e ad informare, quando occorrerà, per telegrafo. Il Governo ottomano è sempre molto inquieto per le conseguenze della guerra italiana specialmente per quanto riguarda le sue provincie ·dell'Adriatico sulle quali per verità la nostra guerra può avere un'influenza diretta. Io ho fatto qui al Governo le dichiarazioni alle quali fui autorizzato e che le esigenze della nostra politica ad ogni modo mi consigliavano di fare. Dissi che non avressimo autorizzata alcuna impresa contro il territorio turco e che era estraneo al nostro pensiero, il cercare una soluzione della nostra politica nella questione d'Oriente. Siccome però l'occasione di simili discorsi, si presenta sovente e qualche possibile fatto militare da parte nostra sulle coste dell'Adriatico potrebbe avere delle conseguenze indirette, ma pure prevedibili, desidererei sapere fino a che punto potrei anche oggi accentuare simili dichiarazioni. Desidero saperlo per regolarmi perché se nuove ed esplicite dichiarazioni sono possibili, credo che potrei cavarne qualche partito se non lo sono mi terrei in una grande riserva personale e diminuirei le occasioni di simile discorso. Ora la questione tocca ad un complesso di considerazioni militari e politiche che da qui non posso adeguatamente giudicare. Una semplice indicazione per telegrafo mi basterà.

744

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 229)

T. Berlino, 14 giugno 1866, ore 9,25 (per. ore 12,30).

L'impression produite par le message de l'Empereur, est que la question de Venise doit etre en tout cas définitivement résolue en faveur de l'Italie, et que la Prusse, victorieuse ou vaincue, ne pourra conserver ses agrandissements, ou arreter l' Autriche qu'en accordant à la France de larges compensations sur le Rhin.

L'on attend avec impatience le vote de Francfort, et l'on crolt, que si~ comme c'est à peu-prés siì.r, la majorité se prononce pour la proposition de l'Autriche la Prusse prendra l'initiative de l'attaque.

Le départ du Roi coi:ncidera avec le commencement des hostilités.

745

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA

(AVV)

T. Firenze, 14 giugno 1866, ore 14..

Déchiffrez vous meme. Ricasoli vous fait dire d'après ce qui suit. • Dans le cas où Lamarmora allant prendre direction État Major Général je me trouvasse chargé de composer le cabinet je voudrais vous proposer à Sa Majesté pour le portefeuille affaires étrangères. J'espère pouvoir compter sur votre adhésion et sur votre utile concours •.

746

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, p. 329)

T. 411. Francoforte, 14 giugno 1866, ore 16,05 (per. ore 19,20).

* Je viens de chez le ministre de Prusse * (1). La proposition de l'Autriche d'une action militaire immédiate de la Confédération Germanique contre la Prusse a emporté la majorité de la Diète. Le ministre de Prusse a quitté la séance en protestant au nom de son Roi, et en déclarant pacte fédéral rompu (2). Ministre de Prusse partira de Francfort.

747

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A.S. Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 331-332 e in CHIALA, pp. 281-282)

T. Berlino, 15 giugno 1866, ore 0,40 (per. ore 9,45).

Voici ce que Bismark vient de me dire à l'instant sur la situation. D'après le vote d'aujourd'hui la Diète de Francfort comme l'a déclaré notre représentant, a cessé d'exister pour la Prusse.

De plus ce vote est à nos yeux, une véritable déclaration de guerre. Nous avons résolu immédiatement de les devancer et nous ouvrirons les hostilités mardi prochain.

Le secret des premières opérations militaires n'est pas le mien, et je ne puis vous le confier, mais il suffit pour le moment que vous connaissiez le jour précis de notre •entrée en campagne.

Je regrette, je dois vous le dire, d'apprendre que chez vous l'on paraisse vouloir commencer par attaquer le quadrilatère, au lieu de se porter au fond de l'Adriatique, et ob1liger l'Autriche à accepter un combat en rase campagne. Il y a là une pensée qui m'inquiète.

D'un autre còté je ne vous cacherai pas que j'aurais voulu voir accepter, par le général La Marmora, la combinaison, qu'au moyen de quelques millions fournis en commun, nous aurait procuré une puissante insurrection en Hongrie.

Les chefs hongrois que j'ai vus sont .tout à fait de mon avis.

J'ai répondu en quelques mots, qu'il me semblait que nous étions assez forts sans faire appel à l'élémenrt hongrois *qui, par son mélange infaillible de Polonais nous attirerait l'hostilité de la Russie; et qu' * (l) en ce qui concernait les opérations je pourrais sans les connaitre J.ui donner !l'assurance ·qu'elles seraient c<:mduites avec toute l'énergie et * toute l'intelligence dont les chefs de l'armée avaien t donné de si nombreuses preuV'es *.

Tout en paraissant satisfait de l'imminence de la lutte, Bismark ne semblait pas aussi sur que de coutume de son résultat. Le sort en est jeté, m'a-t-il dit, au moment où je sortais; ayons bonne confiance, mais n'oublions pas que le Dieu tout-puissant est capricieux.

(l) -Il brano fra asterischi è omesso in LA MARMORA. (2) -In LA MARMORA qui aggiunto: • comme base de la future organisation de l'Allemagne •·
748

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LA MARMORA, p. 333)

T. Firenze, 1.5 giugno 1866, ore 12.

Reçu votre télégramme (2).

L'essentiel pour nous est de savoir si la Prusse fera précéder les hostilités par une déclaration de guerre, et * dans ee cas il faut que je sache * (3) quand elle aura lieu.

Je n'entends pas discuter le plan de campagne, car d'après ce que dit Bismark je vois qu'on ne connait pas là-bas notre position.

Quant aux hongrois, il parait qu'on ignore à Berlin, que la Hongrie est presque dégarnie de troupes, et que par conséquent, elle pourrait bien se soulever, si elle y était disposée.

* Vous pouvez encore faire sentir qu'on a mal fait de ne pas tenir Tiirr là bas qui aurait pu agir sur les régimens hongrois qui sont presque tous vis à vis de l'armée prussienne *.

(l) -I brani fra asterischi non sono editi. (2) -Cfr. n. 747. (3) -I brani fra asterischi sono omessi in LA MARMORA. Il telegramma è parzialmente edito anche in CHIALA, p. 285.
749

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA, AI MINISTRI A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, E A PIETROBURGO, DE LAUNAY

T. 67. Firenze, 15 giugno 1866, ore 12,10.

Baron Malaret vient de me lire un télégramme d'après lequel la Turquie aurait de nouveau déclaré vouloir occuper les Principautés, et que la France aurait protesté.

(Pour de Launay). Ceci pour votre information.

750

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, AI MINISTRI A LONDRA, D'AZEGLIO, E A PARIGI, NIGRA

T. 68. Firenze, 15 giugno 1866, ore 14,40.

On me suppose qu'escadres française et anglaise se proposent d'aUer à Ancòne. Veuillez vous en informer avec reserve et dans le cas affirmatif veuillez faire entendre que sous peu de jours peut etre note escadre devra se trouver à Ancòne dont le port ne suffit meme pas pour contenir tous nos batiments. Nous pourrions à l'occasion ménager mouillage pour un navire étranger, mais il nous serait impossible d'en recevoir plusieurs.

751

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 330)

T. Berlino, 15 giugno 1866, ore 17,17 (per. ore 21,30);

Sur le désir du Roi, Bismark vient encore d'adresser au Hanovre, à la Saxe et à Hesse-Cassel une dernière sommation, les invitant à marcher avec la Prusse.

Cette proposition qui sera infailliblement repoussée exigeant cependant le temps matériel d'y répondre pourra cependant retarder d'un jour ou deux l'invasion des troupes prussiennes, mais ne change rien à la situation (1).

(ol) Con precedente telegramma pari data Barrai aveva invece comunicato che l'invasione della Sassonia e dell'Hannover avrebbe avuto luogo l'indomani.

752

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, pp. 333-334 e in CHIALA, p. 307)

T. Parigi, 15 giugno 1866, ore 20,35 (per. ore 24).

On m'assure de bonne part que le pian de campagne des autrichiens en Italie est une défensive absolue. Ils se renfermeront dans les forteresses sans défendre le pays et éviteront une bataille. L'armée autrichienne ne dépassera pas le chiffre de cent vingt mille hommes. La D<dmatie sera très dégarnie. L'effort de l'Autriche se concentrera contre la Prusse, espérant nous battre séparément. J'espère que nous ne lui en laisserons pas Je temps.

753

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL,

AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 330)

T. Berlino, 15 giugno 1866, ore 22,17 (per. ore .2,30 del 16).

Si demain à trois heures du matin le Hanovre, la Resse et la Saxe n'ont pas adhéré à la sommation prussienne l'ordre sera donné aux troupes prussiennes d'envahir immédiatement les territoires respectifs. Je télégraphierai à quatre heures du matin.

Bismark me dit qu'il n'y aura plus de manifeste de guerre mais simplement proclamation aux populations à mesure qu'on entrera sur leur territoire.

Le comte Usedom fera à V. E. une communication sur la Hongrie.

754

IL MINISTRO A COSTANTINOPOLI, VISCONTI VENOSTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(AVV)

T. Costantinopoli, 15 giugno 1866.

Je remercie le baron Ricasoli du témoignage de confiance qu'il me donne. S'il juge utile mon concours je le lui offre avec le plus entier dévouement (1). Si V. E. part pour l'armée j'espère pouvoir toujours compter sur ses conseils et sur sa bienveillance.

(l) Con t. 74 del 17 giugno Ricasoli invitò Visconti Venosta a partire il più prestopossibile, lasciando Della Croce incaricato della legazione.

755

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 415. Londra, 16 giugno 1866, ore 9,40.

Il est tellement peu question d'envoyer escadre anglaise à Ancòne, que Clarendon m'a dit tantòt que de crainte d'etre supposé de se meler des nos affaires, récemment il a spécialement recommandé à amiral de Malte de ne point approcher de nos còtes, et si évolution étaiot nécessaire d'aUer à Corfou,. excepté cas bombardement où l'on enverrait un vaisseau de guerre pour protéger nationaux.

756

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(A S Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 337)

T. Berlino, 16 giugno 1866, ore 14,11 (per. ore 17)..

La Saxe, le Hanovre, et la Hesse ayant répondu négativement à la sommation de la Prusse, ordre a été donné ce matin aux troupes pl"UISSiennes de franchir la frontière.

Les fils télégraphiques ayant été coupés, en plusieurs endroits, l'on n'a pas encore la nouveHe officielle de leur entrée, mais le fait doit etre, en ce moment accompli, et l'on croit que les prussiens ont pénétré en Saxe par Wurtzen.

M. de Bismark me dit qu'au premier coup de canon échangé en Saxe, où l'on va rencontrer les autrichiens, la guerre sera déclarée de fait, et que· dès lors l'Italie doit immédiatement ouvrir les hostilités.

Ce n'est plus, a-<t-il ajouté, qu'nne question d'heures. Je prie V. E. de m'accuser réception de ce télégramme.

757

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL (Ed. in LA MARMORA, p. 337)

T. Firenze, 16 giugno 1866, ore 21,40. J'ai reçu votre télégramme (1).

Dès que le Gouvernement prussien nous avertira que les hostilités sont engagées, nous déclarerons la guerre à l'Autriche.

(l) Cfr. n. 756.

758

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, p. 338 e in CHIALA, p. 288)

T. Berlino, 17 giugno 1866.

Bismark me dit que la Sax,e ayant demandé aujourd'hui m~me à la Diète, l'assistance fédérale, et conformément au vote de la majorité, la Bavière et l'Autriche, s'étant chargées de l'exécution fédérale il en résulte qu'en dehors des actes de guerre, qui ont dù se passer aujourd'hui, en Saxe, la guerre se trouve déclarée de fait, entre l'Autriche et la Prusse.

En conséquence Bismark me charge d'informer officiellement V. E. que la Prusse s'attend, à ce que l'Italie commence immédiatement les hostilités contre l'Autriche. Réponse par télégraphe.

759

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI,

LA MARMORA,

AL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL

(Ed. in LA MARMORA, p. 340 e in CHIALA, p. 288)

T. Firenze, 17 giugno 1866, ore 9,15.

Reçu votre télégramme (1).

Je parts immédiatement pour l'armée (2).

Le Roi s'y rendra dans deux jours.

Comme je ne doute pas que les hostilités soient réellement commencées, ainsi que vous l'annoncez de la part du comte de Bismark, fidèles au traité nous déclarerons demain la guerre à l'Autriche (3).

760

L'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

T. 417. Francoforte, 17 giugno 1866, ore 7 (per. ore 14,30).

Francfort est occupé ce soir militairement par les troupes de la Bavière et de 1a Resse grand ducale qui se sont emparées du télégraphe chassant l'administration prussienne, ainsi je ne sais pas si cette dépeche arrivera. La Diète

vient d'adresser ce soir à tout le corps diplomatique étranger et à moi aussi, une note déclarant nulle la déclaration faite par le ministre de Prusse dans la séance du 14 relativement à la non plus existence de la Confédération Germanique. Ce corps diplomatique étranger sera de l'opinion de la Diète, moi je tiendrai la note comme si je ne l'avais pas reçue, mais en mème temps j'attends les ordres de V. E.

(l) -Cfr. n. 758. (2) -La notizia della partenza di La Marmora fu comunicata con t. 73, pari data, ore 12,45 a Costantinopoli, Londra e Pietroburgo. (3) -Con t. pari data, ore 12,40 La Marmora informò Nigra della corrispondenza con, Barrai (cfr. nn. 747, 748, 751, 753, 756, 757, 758 e 759).
761

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CERRUTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A FRANCOFORTE, RATI OPIZZONI

T. 75. Firenze, 17 giugno 1866.

La Diète n'ayant pas reconnu l'Italie, nous ne reconnaissons pas davantage la Diète, et n'avons pas à prendre acte de la déclaration qu'elle veut bien nous faire qu'elle existe encore.

762

IL MINISTRO DI PRUSSIA A FIRENZE, USEDOM, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in LA MARMORA, pp. 345-348 e in CHIALA, pp. 293-296)

RISERVATO. Firenze, 17 giugno 1866.

Le soussigné, Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire de S. M. le Roi de Prusse a l'honneur de présenter à S. E. M. le Général La Marmora, Président du Conseil et Ministre des Affaires Etrangères, les observations suivantes:

En peu de jours l'Italie et la Prusse, dans leur cause commune contre l'Autriche, en appelleront à la décision des armes. Le Gouvernement du Roi, non Auguste Maitre, croit par conséquent de toute urgence d'établir dès à present entre leurs mouvements militaires l'entente la plus stricte· et la coopération la plus efficace. Si une action commune et sur le mème théatre de guerre leur est interdite par les distances dans le commencement, il faudra chercher à y suppléer par la simultanéité des coups qu'on portera. Ainsi attaquée, l'Autriche devra d'abord partager ses forces: elle ne pourra jamais se servir des mèmes réserves tantòt contre l'une, tantòt contre l'autre partie. Enfin les coups portés se feront sentir non seulement sur le champ de bataille, mais au loin.

En premier lieu le Gouvernement du Roi est persuadé que le commencement des hostilités en Allemagne sera suivi immédiatement de la déclaration de guerre italienne; la Prusse connait trop les sentiments de loyauté qui animent le Gouvernement du Roi Victor Emmanuel pour en douter. Mais cette solidarité et simultanéité d'action devront, selon les vues du Gouvernement Prussien, se continuer et se reproduire dans tout le cours de la campagne: en bons alliés, les deux Puissances devront vouer à leurs operations respectives un intéret constant et réciproque. Cette tendance sera approuvée et partagée, comme la Prusse aime à supposer, de la part du Gouvernement italien.

Le système de guerre pour la campagne prochaine, que la Prusse propose à l'Italie, est celui d'une guerre à fond. Si au commencement le sort des armes leur était propice, les deux alliés ne s'arreteraient point aux obstacles intermédiaires: ils chercheront plutòt à pousser leur adversaire dans ses derniers retranchements et jusqu'à ses dernières ressources. Ils ne se contenteraient pas, après une victoire, d'occuper tel territoire qu'une paix favorable pourra leur faire garder. Au contraire, et sans égard pour la configuration territoriale future, ils tàcheront avant tout de rendre la victoire définitive, complète et irrévocable. Une telle défaite infligée à l'adversaire par leurs efforts réunis, leur donnera, à chacun dans sa sphère, un ascendant mora! et politique infiniment supérieur au gain matériel qui devrait également en résulter.

Ainsi, la Prusse ne devrait pas songer aux obstacles, que la nature ou l'art opposent depuis Linz jusqu'à Cracovie: elle poussera résolument vers Vienne les succès qu'elle pourra obtenir.

Quant aux opérations analogues des forces italiennes, on ne s'occuperait pas à faire le siège du Quadrilatère: o n préférerait de le traverser ou de le tourner pour battre l'armée ennemie en rase campagne. Il y a peu de doute que, vu surtout les proportions numériques, l'armée italienne se trouvera en peu de temps en possession du pays Vénitien, Venise, Vérone et Mantoue exceptées, et dont les garnisons, il est vrai, devraient etre paralysées par des corps d'observation d'une force considérable.

Les généraux italiens seront indubitablement les meilleurs juges des opérations dont il s'agit. Cependant, pour aller à l'unisson avec la Prusse, il faudra que l'Italie ne se contente pas de pénétrer aux frontières septentrionales de la Vénétie: il faut qu'elle se fraye le chemin vers le Danube, qu'elle se rencontre avec la Prusse au centre meme de la monarchie impériale, en un mot qu'elle marche sur Vienne. Pour s'assurer la possession durable de la Vénétie, il faut d'abord avoir frappé au cceur la puissance autrichienne.

Quelles seraient les conséquences si l'Italie voulait restreindre son action militaire à Udine et à Belluno, pour s'occuper ensuite du siège des places fortes? Elle arreterait inévitablement la guerre entière. Car elle permettrait à l'armée autrichienne de se retirer tranquillement vers le Nord pour renforcer Ies armées impériales contre la Prusse. A l'aide peut etre de la Bavière, ces forces réunies pourraient arreter l'offensive prussienne et la réduire à une défensive obligée. Frustrés ainsi des résultats de ses précédents succès, on conclura peut-etre une paix, laquelle, tant pour la Prusse que pour l'Italie, ne répondrait nullement aux idées primitives ni aux immenses sacrifices qu'on s'était imposés. Pour éloigner cette triste éventualité, qui tòt ou tard contraindrait les alliés à recommencer leur ceuvre, la Prusse ne croit pouvoir insister assez vivement

sur la nécessité de pousser l'offensive, des deux còtés, jusqu'aux dernières limites, c'est à dire sous les murs de la capitale.

En admettant pour un moment la possibilité contraire, et en envisageant en particulier la position de la Prusse, la coopération de l'Italie lui aurait fait, en effet, plus de mal que sa neutralité absolue. La neutralité aurait du moins retenu dans le Quadrilatère, et paralysé, au profit de la Prusse, toute une armée autrichienne: la coopération victorieuse, mais mal comprise et arretée dans sa carrière, refoulerait cette meme armée contre la Prusse, et cette dernière aurait moins de chances avec que sans son alliance italienne.

Mais le Gouvernement du Roi, mon Auguste Maitre se repose avec la plus entière confiance sur la loyauté de son allié, pour écarter toute possibilité d'une pareille éventualité.

Toutefois, sous le rapport stratégique, la marche sur Vienne de l'armée italienne pourrait parai,tre dangereuse·; l'échelle d'opérations semblerait trop longue, les ressources trop loin. Mais à mesure qu'on s'approche de l'armée prussienne le danger diminue et la victoire finale devient de plus en plus probable.

D'ailleurs, il existe une agence infaillible pour assurer aux deux armées leur coopération la plus efficace sur un terrain commun: ce terrain est la Hongrie. Le Gouvernement Prussien a fait étudier dernièrement avec soin la question hongroise; il a acquis la conviction que ce pays, soutenu également Pèlr l'Italie et par la Prusse, leur servira à son tour comme chainon de ralliement et comme appui stratégique. Qu'on dirige, par exemple, sur la còte orientale de l'Adriatique une forte expédition qui n'affaiblirait en rien l'armée principale, parcequ'on la prendrait pour la plupart dans Ies rangs des volontaires en la mettant sous les ordres du Général Garibaldi. D'après tous les renseignements parvenus au Gouvernement Prussien, elle trouverait parmi les Slaves et les Hongrois une réception des plus cordiales: elle couvrirait le fl.anc de l'armée s'avançant sur Vienne et lui ouvrirait la coopération et toutes les ressources de ces vastes contrées. Par contre, les régiments hongrois et croates dans l'armée autrichienne refuseront bientòt de se battre contre des armées qui ont été reçues en amis par leurs propres pays. Du Nord et des confins de la Silésie prussienne, un corps volant composé autant que possible d'éléments nationaux, pourrait pénétrer en Hongrie et y joindrait les troupes italiennes et les forces nationales qui n'auraient pas tardé de se former. L'Autriche perdrait à mesure que nous gagnerions, et les coups qui alors lui seraient portés ne frapperaient plus ses extrémités, mais son creur.

C'est par toutes ces raisons que le Gouvernement Prussien attache une

si haute valeur à l'affaire hongroise et à l'action combinée sur ce terrain avec

l'Italie, son alliée. Il propose au Cabinet florentin de pourvoir en commun

aux frais nécessaires pour préparer l'accueil des expéditions indiquées et de

leur assurer la coopération de ces pays.

Voilà l'idée générale du pian de campagne que le soussigné, selon les

instructions de son Gouvernement, à l'honneur de soumettre au Cabinet Italien.

Plus il s'applique aux intérets généraux, plus il assure le rapprochement des

deux armées vers une action commune, et plus le Gouvernement du soussigné

se flatte qu'il trouvera un accueil sympathique et qu'il contribuera puissamment au succès de cette grande entreprise. En priant S. E. M. le Général La Marmora de vouloir l'honorer au plutòt possible de sa réponse... (1).

763

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, LA MARMORA

(Ed. in italiano e con data 16 giugno, in LV 9, pp. 707-708)

R. 61. Berlino, 17 giugno 1866 (per. il 21).

Sans publier précisément un manifeste de guerre, le Moniteur Prussien d'hier soir contient cependant un exposé de motifs sur la situation belliqueuse du moment qui semble destiné à en tenir lieu. Ce document se complètera, du reste, par une communication adressée à toutes les puissances, dans laquelle la Prusse leur notifiera la dissolution de la Diète.

Pendant un demi-siècle, dit la feuille officielle, la Diète a représenté non pas l'unité mais la division de l'Allemagne. Non seulement elle ne possédait plus la confiance de la Nation, mais elle était une sorte de déclaration et de garantie d'impuissance vis-à-vis de l'étranger. Dernièrement l'on a voulu s'en servir pour armer l'Allemagne contre le seul Membre de la Confédération qui par la proposition d'un Parlement Allemand a tenté de donner enfin une satisfaction aux aspirations nationales. Mais par l'arrété de la Diète du 14 juin le Pacte fédéral est rompu et le lien fédéral brisé; il ne reste debout que l'unité vivante de la Nation, et c'est l'obligation des Gouvernemens aussi bien que du peuple de trouver une forme à cette unité. C'est dans ce but que la Prusse a fait un appel à toutes ses forces, et a proposé en méme temps aux Gouvernements la formation d'une nouvelle Confédération en rapport avec les tendances nationales. Mais cette proposition a été refusée, et dès lors la Prusse ne pouvant absolument plus tolél'er sur sa frontière, ni entre ses frontières, d'·ennemis déclarés, n'a plus eu à songer qu'à sa propre sécurité. En franchissant la frontière, les armées Prussiennes ne se présentent point en ennemies des populations dont elles

respectent l'indépendance, mias elles ont pour mission de hater le moment où leurs Gouvernemens pourront s'entendre avec la Prusse pour délibérer sur les nouvelles destinées de l'Allemagne. Puisse le peuple Allemand, en vue de ce grand but, venir avec confiance au devant de la Prusse, et s'unir à elle pour assurer le développement de la patrie commune!

28 -Documenti diplomatici -Serie I -Vol. VI

*Une autre partie du Moniteur, du meme jour, contient le résumé des dernières négociations tentées, pour ainsi dire, in extremis, avec la Saxe, le Ha-· novre et la Hesse, auxquels la Prusse avait, meme après leur vote du 14 Juin à la Diète, offert une alliance sur la base de la neutralité armée, de· la création d'un Parlement, et de la garantie de leur territoire et Souveraineté dans les limites à déterminer par ce Parlement. La Note ajoute que ces Etats ayant refusé, et la Prusse ne pouvant pas, au moment d'une guerre imminente, tolérer des ennemis déclarés ou cachés, cette dernière Puissance a dù envahir leur territoire pour prévenir le danger d'etre attaquée sur ses derrières, tandis qu'elle se défendrait contre l'Autriche. C'est à ces trois Etats à porter vis-à-vis de leur Pays la responsabilité de leur politique * (1).

Tels sont les points essentiels sur lesquels le Gouvernement Prussien a voulu appeler l'attention de l'Allemagne et surtout de l'Europe, au moment supreme où il va tenter de faire prévaloir ses idées par les armes. La parole maintenant est aux événements, et tout l'intéret politique va désormais se concentrer sur les opérations militaires * appelées une bonne fois à trancher l'éternelle querelle des deux Grandes Puissances Allemandes. Ainsi que l'avaient prévu les personnes au fait de la politique des Etats secondaires, les quatre Royaumes, la Bavière en tete, se sont nettement prononcés au dernier moment, en faveur de l'Autriche, et lui ont assuré par un vote solenne! l'appui de leurs armes. La haine du Hanovre contre la Prusse est meme tellement vivace que, malgré son isolement et la certitude de ne pouvoir etre secouru par la Coalition, il a préféré, plutòt que de céder, subir l'envahissement de son territoire, et laisser à découvert sa Capitale qui, d'un jour à l'autre sera occupée par les troupes Prussiennes, et qui déjà a été abandonnée par le Roi et le Prince Royal.

(l) Annotazione marginale: c Il .Generale La Marmora fu talmente sorpreso di questa nota, la quale è in contraddizione colle risposte sfavorevoli fatte a Berlino a proposte nostre per l'Ungheria e per una convenzione militare, che egli pregò il Signor Bernhardi di far sapere al conte Usedom che il Generale La Marmora non avrebbe risposto a quella comunicazione •·

764

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI E MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, JACINI

T. 421. Berlino, 18 giugno 1866, ore 5,15 (per ore 925).

Reçu votre télégramme (2). J'informerai Bismark. Prussiens sont entrés hier au soir sans résistance à Hanovre. Roi s'est embarqué pour Angleterre. L'on s'attend d'un jour à l'autre à un engagement avec les autrichiens devant Dresde. Roi de Prusse attend un premier succès pour se rendre à l'armée.

(l) -I brani fra asterischi sono omessi in L V 9. (2) -Cfr. n. 759.
765

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, OLDOINI, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI E MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, JACINI

T. 419. Monaco, 18 giugno 1866, ore 12,20 (per. ore 18).

A la suite du rappel du ministre bavarois à Berlin, Pfordten vient d'envoyer les passeports à ministre de Prusse ici, lequel quitte Munich mardi. Prusse confie protection nationaux à France si elle l'accepte. Ministre français demandera instructions à Paris. Départ aujourd'hui de Munich des troupes disponibles bavaroises pour la frontière nord et saxonne. Cercles conservateurs se vantent ici recevoir de Bologne renseignements exacts sur l'armée italienne, surtout sur le corps de Cialdini par correspondant qui est ou était au camp. Pfordten est encore invisible.

766

IL MINISTRO A LONDRA, D'AZEGLIO, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI E MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, JACINI

T. 424. Londra, 18 giugno 1866, ore 15,20 (per. ore 18,20)

Lord Russell m'a dit que le Gouvernement s'attendait à recevoir aujourd'hui communication officielle de la retraite de la Prusse de la Confédération Germanique. Il m'a dit également que le Gouvernement britannique avait fait réserve à Paris à l'égard des principes que l'Empereur Napoléon paraissait poser dans sa lettre au nom des trois puissances neutres.

767

IL MINISTRO A BERLINO, DE BARRAL, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI E MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, JACINI

T. 427. Berlino, 18 giugno 1866, ore 16,10 (per. ore 20,20).

Bismarck extrémement satisfait de déclaration de guerre de l'Italie, en a immédiatement informé le Roi. Voici les nouvelles qu'il a reçues sur la situation militaire. Contrairement aux prévisions les troupes prussiennes n'ont pas rencontré autrichiens devant Dresde où elles doivent étre entrées ce matin. L'on

croit maintenant qu'ils se sont portés dans la direction de Gorlitz et que c'est aux environs qu'aura Ueu la première bataille. Casse! a été occupé aujourd'hui sans la moindre résistance. Troupes prussiennes en nombre d'environ 50 mille hommes partiront de cette base d'opération pour marcher contre les bavarois, hessois et wurtembergeois qui s'avancent pour... (l) Gouvernement provisoire a été institué à Hanovre. Bàtiments prussiens ont été chargés de surveiller le départ du Roi de Hanovre qu'on laissera partir pour Angleterre mais après avoir séquestré les trésors qu'il emporte. Empereur d'Autriche a adressé aujourd'hui à ses peuples manifeste de guerre. Colone! Avet désirerait avo,ir au plus tòt possible les fonds qu'il a demandés au ministre de la Guerre.

768

IL MINISTRO DELLA GUERRA, PETTINENGO (2), AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, LA MARMORA, A CREMONA

(AS Biella, Carte La Marmora; ed. in LA MARMORA, p. 341 e in CHIALA, p. 289)

T. Firenze, 18 giugno 1866.

Sua Maestà m'incarica dirle che non vi sono notizie precise dall'estero, per conseguenza essere meglio sospendere per ora invio deNa dichiarazione di guerra.

Ministero non ancora totalmente costituito.

Subito avremo notizie sarà prevenuto. • Così pure quando Ministero sarà fatto * (3).

769

PROMEMORIA (4)

... (5)

l. -Décréter la réorganisation de la Légion Hongroise de manière à ce qu'elle se présente à l'esprit des régiments hongrois avec une signification politique. Il va sans dire que les Croates et les Serbes pourront etre compris dans cette organisation: -les détails d'organisation restent à concerter.

2. -En suite de cette mesure M. Kossuth publiera un manifeste préalable pour préparer l'esprit national et des proclamations aux régiments hongrois pour les engager à se ranger sous le drapeau national. Ces documents seront soumis à l'approbation du Gouvernement avant leur publication.

3. --Faire une expédition par les còtes de l'Adriatique vers la Hongrie et raffermir le Gouvernement Prussien dans les bonnes dispositions, qu'il a déjà manifestées, d'en faire autant de son còté vers la haute Hongrie. Il va de soimeme que la Légion Hongroise ferait partie de cette expédition. 4. --Aussitòt que l'expédition fera son débarquement, le Commandant devrait adresser au nom de S. M. le Roi une proclamation aux Hongrois, aux Croates et Esclavons; proclamation par laquelle on les invitera à s'affranchir de la domination autrichienne, on les assurera de l'aide et de l'amitié de l'Italie, et on leur dira que l'Italie, loin de songer à intervenir dans leurs affaires nationales, leur laisse à eux-mémes de régler leurs affaires et les rapports mutuels entre ìeurs pays respectifs. 5. --Le Comité d'action dans le pays, non seulement prendra soin à ce qu'à l'approche de cette expédition la Hongrie soit préparée à répondre universellement à l'appel qu'on lui adressera au moment opportun de se lever en masse, mais il fera éclater aussi le mouvement de manière à seconder la marche des opérations de l'armée expéditionnaire.

Envoyer avec cette expédition autant d'armes et de munitions que possible pour l'usage de l'insurrection hongroise.

6. --Pour donner une impulsion à la simultanéité du mouvement sur les différents points du pays, et pour constater par leur participation au mouvement l'entente entre les diverses nationalités, faire faire des préparatifs d'armements et d'organisation en Servie et dans les Principautés Unies. 7. --M. Louis Kossuth et le Comité national de Pesth s'engagent à éviter soit dans les préparatifs, soit dans le mouvement, tout ce qui pourrait donner ombrage soit à la Turquie soit à la Russie. 8. --Accorder les fonds détaillés dans l'annexe à charge de remboursement de la part de la Hongrie.

On s'entendra sur les détails de cette réorganisation sur la base des principes suivants:

a) L'organisation se fera selon le système de la formation des cadres au fur et à mesure que les éléments propres se présenteront. b) Le Gouvernement pourvoira à l'habillement, l'armement, la solde et l'entretien de la Légion jusqu'à sa rentrée en Hongrie.

c) Pendant tout le temps que la Légion restera sur le sol italien le Gouvernement l'employera de son gré et elle lui devra la plus parfairte obéissance. Ce devoir ne cessera que quand elle sera rentrée en Hongrte.

d) On devrait s'entendre sur l'avenir, les avantages et les dédommagements des officiers et soldats de la Légion pour le cas imprévu que l'Autriche l'emporterait dans la lutte qui se prépare, et que la Légion serait forcée de réémigrer.

e) On devrait permettre aux hongrois qui servent dans l'armée italienne de passer à la Légion s'ils le voulaient sans préjudice de leur rang et de leurs droits d'ancienneté dans l'armée.

Il y aurait eneore:

f) assurer aux officiers Hongrois soit en service actif soit en aspettative qu'on enverrait en Prusse leur position actuelle s'ils seraient forcés de retourner en Italie.

g) envoyer un officier supérieur Hongrois au Camp Italien, Officier que

M. Kossuth désignera (1).

ALLEGATO

RESUMÉ FINANCIER (2)

Firenze, 18 giugno 1866. l) À la disposition du Comité à Pesth pour l'insurrection à l'intérieur 2.000.000 fr. 2) Pour l'organisation en Servie 500.000 3) Pour l'organisation en Moldo Valachie 500.000 4) Pour les premiers frais d'administration civile et militaire à ma rentrée dans le pays de cette dernière somme une petite partie devrait et11e appropriée aux frais immédiats de mon activité, tel que le personnel dont j'ai besoin, les imprimés, les envois, les transports de quelque officiers etc. 2.000.000 • 5.000.000 fr.

A questo documento è allegato il seguente appunto che reca però l'annotazione • le projet n'a pas été agréé • :

• Le Gouvernement Italien a pris en sérieuse considération le pian que M. Kossuth

lui a soumis.

Le Gouvernement est prét à décréter dès à présent la réorganisation de la Légion Hongroise dans le sens proposé, et à se mettre en rapport avec les Hongrois pour concerter les détails de cette meme organisation. Une fois cette mesure prise, M. Kossuth publiera le manifeste dont il est question dans son programme.

Le Gouvernement ltalien est également décidé en principe de faire une expédition sur les còtes de l'Adriatique accompagnée par la proclamation demandée dans le programme sous le N. 4. Mais cette expédition devant faire partie, du plan général de la guerre, il est impossible d'assurer pour le moment autre chose que l'intention bien arretée de l'entreprendre en tems et lieu opportuns. En vue de cela le Comité d'action à Pesth doit bien considérer s'il lui convient vraiment de rester tout à fait dans l'attente de cette expédition, en se bornant à des préparatifs qui ne peuvent pas longuement rester cachés, ou si une agitation préalable ne serait pas plus opportune. Elle aurait l'avantage de préparer le pays, pour lequel l'appel aux armes ne serait pas une surprise, mais le dernier mot d'une action progressivement croissante.

Le Gouvernement en acceptant dès à présent d'augmenter la Légion Hongroise en lui donnant une signification politique, et M. Kossuth publiant son Manifeste commenceraient déjà cette agitation, puisque la Hongrie doit avoir les yeux ouverts du còté de l'Italie.

La première partie d'un versement que de moitié avec le Gouvernement prussien on devrait faire au Comité de Pesth pourrait etre employée à ces préparatifs. Les deux Gouvernements, à l'approche de l'époque des expéditions auraient acquis la conviction que le Comité de Pesth a trouvé dans le pays un écho dont il est inutile de fixer d'avance les signes et l'étendue. Vers cette meme époque les versements nécessairés au Comité devraient étre complétés.

La meme chose devrait se faire pour les autres versements dont il est question dans l'annexe: on en avancerait une première partie, et à l'approche des événements, à l'entrée de

M. Kossuth en Hongrie, à l'arrivée en Servie et en Moldo-Valachie des officiers qui ren

draient compte de l'état et du progrès de l'organisation on compléterait les versements promis.Tout cela devrait etre naturellement le sujet d'accords plus détaillés et précis •.

Le Gouvernement Prussien s'étant déjà engagé de pourvoir à la moitié de ses dépenses l'autre moitié tomberait seule à la charge du Gouvernement Italien. De cette moitié le Gouvernement Italien payerait:

l) Au Comité de Pest 500.000 fr. 2) Pour la Servie 500.000 • 3) Pour la Romanie 500.000 • 4) Au titre de point 4) 1.000.000 • 2.500.000 fr.

En outre il y aurait à supporter les frais d'achat d'armes dans les Principautés et en Servie, le Gouvernement Prussien se chargerait de ces frais dans les Principautés tandis que le Gouvernement Italien ferait de meme en Servie.

(l) -Gruppo indecifrato. (2) -Questo telegramma è attribuito da La Marmora e Chiala a Jacini. (3) -Il brano fra asterischi non è edito. (4) -Questo documento è formato da due parti su fogli diversi. La parte I è firmata da Csaky • Pour le Comité National Hongrois siégeant à Bude Pesth •. (5) -Il documento è privo di data; si inserisce sotto il 18 giugno, data dell'allegato.

(l) A matita è aggiunta la seguente frase: • Il faut ajouter ce qui a trait à la signification politique qu'on donnerait à la Légion •.

(2) Questo allegato reca la firma di Kossuth.

770

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, LA MARMORA, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI E MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, JACINI

(Ed. in LA MARMORA, pp. 341-342, in CHIALA, p. 290 e in JACINI, p. 240)

T. 429. Cremona, 19 giugno 1866, ore 15,15 (pe1·. ore 15,35).

Reçu votre télégramme. Si je ne reçois pas d'ordre contraire du Roi j'enverrai demain la déclaration de guerre à Mantoue (1). J'enverrai ce soir texte exacte de la déclaration pour etre inséré demain dans la Gazette officielle.

771

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, LA MARMORA, AL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI E DEGLI ESTERI AD INTERIM, J ACINI

T. 432. Cremona, 19 giugno 1866, ore 23,15 (per. ore 13,03 del 20).

La déclaration de guerre dont la copie vous arrivera demain matin à 11 heures porte la date de demain 20 parce que demain matin seulement elle peut etre remise à Mantoue.

(2) In pari data il Re trasmise l'autorizzazione ad inviare la dichiarazione di guerra.Cfr. Le lettere di Vittorio Emanuele II, vol. II, p. 906.

772

IL MINISTRO A PARIGI, NIGRA, ALL'ONOREVOLE MINGHETTI (BCB, Carte Minghetti)

L. P. Parigi, 19 giugno 1866.

Narra Omero nel libro primo dell'Iliade che Achille, quando udì che Agamennone voleva rapirgli la bella figlia di Briseo, ondeggiò fra due pensieri che si facevano tenzone nel suo animo corrucciato:

• O dal fianco tirar l'acuta spada

o frenar l'ira nell'irsuto petto •, ed aspettare che i Troiani respingano i Greci oltre il vallo delle navi.

Così l'Imperatore, fallito il Congresso per la risposta austriaca, stette lungamente perplesso fra i due partiti che si presentavano al suo spirito: o conchiudere una triplice alleanza con la Prussia e con noi, far la guerra in Allemagna, batter l'Austria da tre bande in rapida e sicura campagna, annettere alla Francia il territorio fra la Mosella e il Reno in compenso della sua cooperazione, afforzar la Prussia a settentrione, restituire la Venezia all'Italia; ricostituire la Confederazione germanica su basi nuove e non ostili alla Francia, ridurre l'Austria alla condizione di Potenza secondaria; tutto ciò in due mesi; ovvero conservare una neutralità osservatrice, badare che il risultato della guerra non tocchi agl'interessi francesi, tentare che la Venezia sia ceduta all'Italia, anche quando l'Austria sia vittoriosa in Allemagna; in ogni caso assicurarsi che l'Austria rispetterebbe, nel peggior evento, lo siatu quo in Italia. S'attenne a questo secondo partito, e scrisse la lettera che con ragione v'empie l'animo di grata meraviglia.

Certo è che nella storia nostra non troviamo esempio d'una guerra incominciata in così buone condizioni. La situazione presente non nacque di per sè, come voi ben potete immaginare. Fu creata in parte da Bismark, senza la cui opera audace, energica, perseverante tutto sarebbe stato indarno; in parte dall'Imperatore che seppe tutto e ci giovò col consiglio; e in parte, non minore, da noi, èlie per la nostra posizione verso la Francia e verso la Prussia, abbiam reso possibile, quanto pareva appena immaginabile.

Ora l'opera diplomatica è finita; comincia quella dei soldati; spero che questa sarà altrettanto fortunata quanto fu quella. Ben si può dire che la guerra. prima che sia vinta sui campi di battaglia, è per noi già vinta nella coscienza pubblica.

Non v'è che un punto nero sull'orizzonte che mi turbi: la quistione finan

ziaria. A questo bisognerà provvedere con sforzi supremi. Non è possibile, non

è ammissibile che l'Unità d'Italia si inauguri colla bancarotta. Ditelo per ca

rità a tutti.

Vi ringrazio della vostra lettera. Ricordatemi alla gentilissima signora Laura.

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APPENDICI

APPENDICE I

LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione all'aprile 1866)

ARGENTINA ULISSE BARBOLANI Raffaele, ministro residente (residente a Montevideo).

ASSIA (Elettorato e Granducato di)

DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

BADEN

Carlsruhe -GIANOTTI Felice, ministro residente; AVOGADRO DI COLOBIANO ARBORIO Francesco, segretario; LITTA BruMr RESTA conte Balzarino, addetto.

BAVIERA

Monaco -0LDOINI marchese Fi.Iippo, ministro residente, accreditato in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CENTURIONI marchese Enrico, segretario; TERZAGHI Carlo, addetto; TUGINI Salvatore, addetto.

BELGIO

Bruxelles -DoRIA DI PRELÀ conte Rodrigo, ministro residente, accreditato in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SPINOLA marchese Federico, segretario.

BRASILE Rio de Janeiro -FÈ D'OsTIANI conte Alessandro, ministro residente.

BRUNSWICK

DE BARRAL DE MONTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e m.inJistro plenipotenziario (residente a Berlino).

CHILI'

CAVALCHINI GAROFOLI barone Alber,to, ministro residente (residente a Lima).

CITTA ANSEATICHE Amburgo -GALATERI, dei conti di Genola, Gabriele, incaricato d'affari.

CONFEDERAZIONE GERMANICA E CITTA LIBERA DI FRANCOFORTE

Francoforte -DE BARRAL DE MONTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino); RATI OPIZZONI conte Luigi, consigliere, incaricato degli affari della legazione; MARTUSCELLI Ernesto, segretario; FRANCHETTI Leone Giulio, addetto.

DANIMARCA

Copenaghen -N.N. ministro residente; GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, segretario; CoTTA Francesco, addetto.

FRANCIA

Parigi -NIGRA Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ARTOM !sacco, consigliere; BoYL DI PuTIFIGARI conte Carlo Alberto, segretario; RESSMAN Costantino, segretario, AVOGADRO DI COLOBIANO ARBORIO Luigi, addetto; VIMERCATI conte Ottaviano, addetto militare col titolo di consigliere onorario di legazione.

GRAN BRETAGNA

Londra-TAPARELLI D'AZEGLIO marchese VIttorio Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenz,iario; MAFFEI Dr BoGLIO conte Carlo Alberto, segretario, MAROCHETTI barone Maurizio, segretario; BALBI SENAREGA marchese Giacomo, addetto; VIGONI Giorgio, addetto.

GRECIA

Atene -PEs DI SAN VITTORIO conte della Minerva, Domenico, ministro residente; ToRNIELLI BRusATI conte Giuseppe, segretario.

HANNOVER

DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte CamiLlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

MAROCCO

Tangeri -VERDINOIS Alessandro, agente re console generale; ToLEDANO Giuseppe, interprete; BENATAR Raffaele, interprete onorario.

MESSICO

Messico -SALLIER DE LA TouR conte Vittorio, ministro residente, accreditato in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CuRTOPAssr Francesco, segretario.

NASSAU

DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

OLDENBURG

DE BARRAL DE MoNTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenJipotenziario (residente a Berlino).

PAESI BASSI

Aja -CARUTTI DI CANTOGNO Domenico, i:nviato straordinario e ministro plenipotenziario; FAVA barone Saverio, segretario.

PERU'

Lima -CAVALCHINI GAROFOLI barone Alberto, ministro residente; GONELLA Alfonso, segretario.

PORTOGALLO

Lisbona -TALIACARNE marchese Andrea, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PATELLA Salvatore, segretario; CATALANI Tommaso, addetto.

PRUSSIA

Berlino -DE BARRAL DE MONTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; QurGINI PuLIGA conte Efisio, consigliere; ScoTTI Alberto, addetto; GALVAGNA barone Francesco, addetto.

RUSSIA

Pietroburgo -DE LAUNAY conte Edoardo, inviato straordinario e Ininistro plenipotenziario; INCONTRI marchese Ludovico, segretario, Tosr Antonio, segretario; CAVRIANI marchese Giovanni, addetto.

SASSONIA (regno di)

DE BARRAL DE MONTEAUVRARD conte Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino).

SASSONIA (Gran Ducato e Ducati di)

0LDOINI marchese Filippo, ministro residente, accreditato in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Monaco).

SPAGNA

Madrid -Dr BELLA CARACCIOLO marchese Camillo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CovA Enrico, segretario; ZANNINI conte Alessandro, segretario; CoNELLI DE PROSPERI Carlo, addetto.

STATI UNITI

Washington -BERTINATTI Giuseppe, inviato straordinario e Ininistro plenipotenziario; N.N., segretario; CANTAGALLI Romeo, addetto.

STATI UNITI DI COLOMBIA

CAVALCHINI GAROFOLI barone Alberto, ministro residente (residente a Lima).

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma-CoRTI conte Luigi, ministro residente; DE MARTINO Rlenato, segretario.

SVIZZERA

Berna -MAMIANI DELLA RovERE conte Terenzio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JoANNINI CEVA DI S. MICHELE conte Luigi, consigliere; RIVA Alessandro, addetto; VIsCONTI n'ORNAVAsso barone Carlo Alberto, addetto.

TURCHIA

Costantinopoli -VIsCONTI VENOSTA Emilio, inviato straordinario e ministro p1enipotenziario; DELLA CRocE DI DoJOLA conte Envico, consigliere; DI NoiA DE GREGORIO duca Leopoldo, segretario; PRAMPERO conte Ottaviano, addetto; ARESE conte Marco, addetto; DE NITTO Enrico, addetto; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoavdo, interprete; BARONE Aintonio, interprete; CHABERT Alberto, alunno interprete.

URUGUAY

Montevideo -ULISSE BARBOLANI Raffaele, m~nistro residente.

VENEZUELA

Caracas -DE LA VILLE conte Bavtolomeo, 1incaricato d'affari.

WURTEMBERG

0LDOINI marchese Filippo, ministro residente, accreditato in qualità di inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente à Monaco).

APPENDICE II

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione aL gennaio 1866)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO

FERRERO DELLA MARMORA Alfonso, generale d'armata, presidente del consiglio dei ministri, deputato.

SEGRETARIO GENERALE

CERRUTI Marcello, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, chiamato a compiere le funzioni di segretario generale.

SEGRETARIO PARTICOLARE

N.N.

DIRETTORI CAPI DI DIVISIONE DI l • CLASSE CAPuccro Alessandro; SusiNNO Romano.

DIRETTORE CAPO DI DIVISIONE DI 2• CLASSE CoRso Edoardo.

CAPI DI SEZIONE

CAVALLI D'OLIVOLA Giovanni; ARNAUD DI CHATEAUNEUF Felice; PEIROLERI Augusto; FALCONET Giuseppe; GAL Giovanni Battista; CANTON Carlo.

SEGRETARI DI l" CLASSE

DE GoYZUETA Francesco; FESTA Carlo Stefano; SANTASILIA Nicola; TROYSI Cesare; Mo Carlo Alberto; CARRERA Angelo Gustavo; BERTOLA Giuseppe; ScHMUKER barone Pompeo; BRASCHI conte Daniele.

SEGRETARI DI 2• CLASSE

CATTANEO Angelo; BIANCHINI Domenico; CAVACECE Emilio; AMATO Giuseppe; PUCCI BAUDANA Eugenio; MIRTI DELLA VALLE Achille; BARRILIS Diego Lorenzo; RADICATI DI BROZOLO conte Casimiro; BOREA D'OLMO marchese Giovanni Battista.

APPLICATI DI l' CLASSE

DoRIA DI DoLCEACQUA marchese Andrea; CAPELLO Carlo; LATTES Giuseppe; MoNTARSINo Francesco; BAZZONI Augusto.

APPLICATI DI 2" CLASSE

JACQUIER Vittorio; PAPINI Andr,ea; MARCARIA Augusto; BERNONI Luigi.

APPLICATI DI 3• CLASSE

BIANDRATE DI S. GIORGIO conte Luigi; PROMIS Vincenzo; LoNco-VAsCHETTI Gio,vanni; CICERO Carlo Federico; MALVANO Giacomo.

APPLICATI DI 4" CLASSE

ALBERGOTTI barone Tito; 0DETTI DI MARCORENGO Edoardo; DE MARI marchese Giovanni Battista; MARTIN LANCIAREZ Eugenio; CAPUCCIO Alessio; GAZELLI DI RossANA conte Alberto.

UFFICIALI A DISPOSIZIONE DEL MINISTERO CON SPECIALE INCARICO

CERRUTI Marcello, predetto; BLANC Alberto, segretario di legazione di l" classe, dirigente il gabinetto pavticolare del Mind.stro; ABRO barone Carlo Raffaele, addetto diplomatico presso il gabinetto particolare; NEGRI Cristoforo, facente funzioni d'ispettore generale dei consolati; SALVINI LUIGI, console generale di 2• classe; TRossr Giuseppe, direttore capo di divisione onorario pel notariato della Corona e il cerimoniale della Corte.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

PRESIDENTE

DEs AMBROIS DI NEVACHE Francesco Luigi, ministro di Stato, pvesidente del consiglio di Stato, senatore del Regno.

VICE PRESIDENTE

PINCHIA Carlo, consigliere di Stato.

CONSIGLIERE-SEGRETARIO

SUSINNO Romano, capo di divisione di l a classe nel ministero degli esteri.

CONSIGLIERI

BARBAROUX Carlo, consigliere della corte d'appello di Piemonte; MANCINI Pasquale, professore di divitto internazionale; ALFIERI DI MAGLIANO conte Carlo, deputato; GUERRIERI Gonzaga marchese Anselmo, deputato; D'ONDES REGGIO barone Vito, deputato, professore di diritto costituzionale e internazionale nell'università di Genova, CERRUTI Marcello, inviato straordinario e m~nistro plenipotenZJiario, facente funzioni di segretario generaLe del ministero degli esteri.

CORRIERI DI GABINETTO

di l" classe: BALLESIO Giovanni Battista; ARMILLET Giuseppe; ANIELLI Eugenio. di 2• classe: VILLA Antonio; LONGO Giuseppe.

APPENDCE III

LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA (Situazione all'aprile 1866)

Baden -ALESINA voN ScHWEITZER barone Ferdinand, ministro residente.

Baviera -HoMPESCH Ferdinand, conte von, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Belgio -SoLVYNS visconte Henri, inviato straordinarrio e ministro plenipotenziario; BouNDER DI MELSBROECK, Théodore, primo segretario; ORBAN Henri, secondo segretario.

Brasile -LouREIRo Joao Alves, ministro residente.

Danimarca -RosENKRANTZ Iwer Holger, barone di, ministro residente.

Francia -MALARET Joseph, barone de, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TREILHARD, visconte, primo segretario; LE SouRD Georges, secondo segretario; HocMELLE Paul, terzo segretario; BASSANO, marchese de, addetto; LAssus S. GENIES Pierre, barone de, addetto; Du CAssE barone Georges Hermann, cancelLiere.

Gran Bretagna -ELLIOT Henri George, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; HERRIES Edward, primo segretario; JocELYN Willian Nassau, secondo segretario; RussELL James Ferguson, secondo segretario; FANE Edmund Douglas Veitch, terzo segretario; SMALLWOOD Edward, cancelliere.

Grecia -N.N., mviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Messico -PEON DE REGIL Alonso. inviato straordinario e ministro plenipotenziario; YBARRONDO Domingo, de, secondo segretario.

Paesi Bassi -HELDEWIER Mauritius, ministro residente.

Perù -N.N., incaricato d'affari.

Portogallo -FERREIRA BoRGES DE CAsTRO José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SousA LoBo Joao, de, primo segretario; ALVES GuERRA Manuel, secondo segretario; PROENçA VIEIRA Joaquim José, de, addetto; BREDERODE DA CuNHA Antonio Zaverio, addetto.

Prussia -UsEDOM Karl Georg, conte con, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BuNSEN Karl, von, consigliere; DOENHOFF Karl, conte von, segretario; BRINCKEN Egon, barone von, segretario; WEBER Gustav, consigliere sanitardo, addetto.

Repubblica Argentina -BALCARCE Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Parigi).

Russia -KISSELEV Nikolaj, mviato straordinario e ministro plenipotenziario; OsTEN SACKEN Nikolaj, conte di, primo segretario; DoNAOUROV Sergej, secondo segretario; MEYENDORV Er:nst, barone di, secondo segretario; HASFORT Wsewolod, di, maggior generale, addetto militare; NECAEV Andrej, colonnello, addetto militare.

Spagna -ULLOA Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; REMON ZARCO DEL VALLE Mariano, primo segretario; NEIRA Dositeo, addetto; HEREDIA CARRION, marchese di, addetto.

Stati Uniti ~ MARSH George Perkins, inviato straordinario e ministro plenipotenZJiario; GREEN Clay, segretario; ARTONI Giuseppe, addetto.

Svezia e Norvegia -PIPER conte Karl Edward, inviato straord,inario e ministro plenipotenziario.

Turchia -RusTEM bey, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Venezuela-N.N. incaricato d'affari, SANCHEZ DE AGREDA J., colonnello, segretario.